Atmospheric specific humidity, updated to October 2023

http://en.wikipedia.org/wiki/Humidity http://en.wikipedia.org/wiki/Troposphere http://www.climate4you.com/ReferencesCited.htm http://www.esrl.noaa.gov/psd/cgi-bin/data/timeseries/timeseries1.pl

Il grafico rappresenta l’umidità specifica atmosferica, cioè la quantità di vapore acqueo presente in un’unità di massa d’aria, misurata in grammi per chilogrammo (g/kg). Sono mostrati i cambiamenti dell’umidità a tre diverse altitudini all’interno della troposfera, che è la parte più bassa dell’atmosfera terrestre:

  1. Il grafico superiore mostra l’umidità a un livello di pressione di 300 millibar, che corrisponde a un’altitudine di circa 9 km, tipicamente all’interno della media troposfera.
  2. Il grafico centrale mostra l’umidità a 600 millibar, circa 4.2 km di altitudine, un livello più vicino alla superficie ma ancora ad un’elevazione significativa.
  3. Il grafico inferiore rappresenta l’umidità a 1000 millibar, vicino alla superficie terrestre.

Ogni grafico contiene due linee:

  • La linea blu sottile rappresenta i valori mensili specifici di umidità, mostrando le fluttuazioni a breve termine di ogni mese.
  • La linea blu spessa è una media mobile di 37 mesi, che livella le variazioni mensili per illustrare la tendenza a lungo termine su circa tre anni.

I grafici si estendono da gennaio 1948 a ottobre 2023, fornendo un record a lungo termine che permette l’analisi di tendenze e modelli su decenni.

La fonte dei dati menzionata è il Laboratorio di Ricerca del Sistema Terrestre (NOAA), indicando che i dati sono stati raccolti dalla National Oceanic and Atmospheric Administration. Queste informazioni possono essere utilizzate per studi climatologici, inclusa la comprensione dei cambiamenti nel ciclo dell’acqua o delle tendenze climatiche a lungo termine.

La media mobile aiuta a identificare se c’è una tendenza all’aumento o alla diminuzione dell’umidità a diverse altitudini, che è importante per la scienza del clima. Ad esempio, un aumento dell’umidità specifica potrebbe indicare un’atmosfera che si sta riscaldando, poiché l’aria più calda può contenere più umidità.

Il vapore acqueo è il gas serra più influente nella Troposfera. La massima concentrazione si registra in una fascia di latitudine che va dai 50° Nord ai 60° Sud. Le regioni polari della Troposfera, in confronto, sono decisamente più aride. Il diagramma che abbiamo esaminato indica che l’umidità specifica atmosferica è rimasta stabile o ha mostrato un leggero incremento fino a un’altitudine di circa 4-5 km. A livelli superiori nella Troposfera (intorno ai 9 km), si è registrata una diminuzione dell’umidità specifica per tutto l’arco temporale documentato (a partire dal 1948), sebbene questa tendenza generale al calo sia stata intervallata da fluttuazioni di breve periodo. Un’analisi delle frequenze di Fourier (non presentata qui) indica che tali variazioni sono particolarmente influenzate da un ciclo periodico di circa 3,7 anni. Il calo persistente dell’umidità specifica a un’altitudine di circa 9 km è particolarmente significativo, poiché questa altitudine corrisponde grosso modo al livello dove si prevede che si manifestino per primi gli effetti teorici sull’aumento della temperatura dovuti all’incremento della CO2 atmosferica.

Atmospheric CO2, updated to October 2023

http://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/trends/

I due grafici visualizzano dati diversi relativi alla concentrazione di CO2 (biossido di carbonio) nell’atmosfera misurati dall’Osservatorio di Mauna Loa a Hawaii, USA, aggiornati fino a ottobre 2023.

  1. Primo Grafico (Concentrazione Mensile di CO2):
    • Questo mostra la quantità mensile di CO2 atmosferica in parti per milione (ppm) dal 1959 a ottobre 2023.
    • La linea blu sottile rappresenta i valori mensili, evidenziando le fluttuazioni di breve termine.
    • La linea blu spessa e tratteggiata è una media mobile semplice di 37 osservazioni, che corrisponde quasi a una media su 3 anni. Questa media mobile serve a levigare le variazioni stagionali e di breve periodo, mostrando una tendenza più generale.
    • Si nota un trend ascendente, indicando un aumento continuo della concentrazione di CO2 nell’atmosfera nel corso del tempo.
  2. Secondo Grafico (Tasso di Crescita Annuale di CO2):
    • Questo grafico rappresenta la variazione annuale della concentrazione di CO2, calcolata come la differenza tra la media degli ultimi 12 mesi e quella dei 12 mesi precedenti.
    • La linea blu sottile mostra questa variazione mese per mese, mentre la linea blu spessa e tratteggiata rappresenta ancora una media mobile di 37 osservazioni.
    • Il grafico mostra picchi e valli, indicando i periodi di crescita più rapida e più lenta della concentrazione di CO2. Questi possono essere influenzati da fattori naturali, come le eruzioni vulcaniche o fenomeni come El Niño, così come dalle attività umane.
    • Un’analisi di frequenza di Fourier, che non è mostrata nei grafici, indica che il cambiamento di 12 mesi del CO2 troposferico è particolarmente influenzato da variazioni periodiche della durata di 2,5 e 3,8 anni.

Questi dati sono cruciali per comprendere l’impatto umano sul clima globale e per monitorare come varia la concentrazione del principale gas serra in risposta sia alle attività antropogeniche che ai processi naturali.

The relation between annual change of atmospheric CO2 and La Niña and El Niño episodes, updated to October 2023

Questo grafico è diviso in due pannelli e mostra la relazione tra il tasso di cambiamento annuale della concentrazione di CO2 atmosferica e gli episodi di La Niña e El Niño fino a ottobre 2023.

  1. Pannello Superiore (Tasso di Cambiamento Annuale di CO2):
    • Il grafico superiore mostra la variazione annuale della concentrazione di CO2 atmosferica, misurata dall’Osservatorio di Mauna Loa a Hawaii.
    • L’area colorata in verde rappresenta il tasso di cambiamento della CO2, calcolato come la differenza tra la media degli ultimi 12 mesi e quella dei 12 mesi precedenti.
  2. Pannello Inferiore (Indice Oceanico Niño – ONI):
    • Il grafico inferiore visualizza l’Indice Oceanico Niño, che è un indicatore degli episodi di El Niño e La Niña, che sono fasi opposte dell’oscillazione meridionale El Niño (ENSO).
    • I valori positivi (in rosso) indicano gli episodi di El Niño, che sono associati a temperature superficiali del mare più calde del normale nell’Oceano Pacifico equatoriale.
    • I valori negativi (in blu) indicano gli episodi di La Niña, associati a temperature superficiali del mare più fredde del normale.

La correlazione visiva suggerisce che ci può essere una relazione tra i tassi di crescita annuale di CO2 e gli episodi di El Niño e La Niña. Generalmente, durante El Niño, ci possono essere maggiori emissioni di CO2 a causa di condizioni climatiche più secche e incendi, mentre La Niña potrebbe essere associata a una crescita minore o a un assorbimento maggiore di CO2 a causa di temperature più fresche e condizioni più umide che possono favorire la crescita delle piante e l’assorbimento di CO2.

Questi dati sono importanti per i climatologi e gli scienziati atmosferici poiché mostrano come fenomeni naturali a grande scala come ENSO possano influenzare la dinamica del gas serra più importante nel riscaldamento globale.

Cambiamenti nella concentrazione globale di CO2 atmosferica sembrano variare in modo grossomodo parallelo a quelli dell’Indice Oceanico Niño. La sequenza tipica è che i cambiamenti nella concentrazione di CO2 atmosferica globale seguono in una certa misura quelli dell’Indice Oceanico Niño, ma ovviamente non in tutti i dettagli. Molti processi, sia naturali che antropogenici, influenzano la quantità di CO2 nell’atmosfera, ma è evidente che i processi oceanografici sono particolarmente significativi (vedere anche il diagramma nella pagina successiva).

La CO2 atmosferica e l’attuale pandemia di coronavirus Le iniziative politiche moderne tendono generalmente a considerare l’influenza umana (soprattutto la combustione di combustibili fossili) come la causa principale dell’incremento della CO2 atmosferica osservato dal 1958 (diagrammi a pagina 44). La pandemia di coronavirus, iniziata nel gennaio 2020, ha comportato una netta riduzione del consumo globale di combustibili fossili. È quindi interessante osservare l’effetto di questa riduzione sulla quantità di CO2 atmosferica. Tuttavia, non si osserva ancora un effetto evidente di questa riduzione nelle emissioni di CO2 dai combustibili fossili. Probabilmente, la spiegazione principale è che il contributo umano è troppo piccolo rispetto alle numerose sorgenti e pozzi naturali di CO2 atmosferica per essere evidente nei diagrammi che mostrano le concentrazioni di CO2 atmosferica (vedi, per esempio, i diagrammi alle pp. 47-49).

The phase relation between atmospheric CO2 and global temperature, updated to September 2023

http://www.climate4you.com/GreenhouseGasses.htm#CO2%20Since1958 http://www.climate4you.com/SeaTemperatures.htm#HadSST2%20diagram http://www.climate4you.com/GlobalTemperatures.htm#HadCRUT%20TempDiagram

I grafici mostrano la relazione di fase tra la concentrazione di CO2 atmosferica e la temperatura globale, aggiornati a settembre 2023. Sono rappresentati due grafici sovrapposti:

  1. Cambiamento mensile della concentrazione di CO2 atmosferica globale (Mauna Loa; in verde):
    • Misura la differenza tra la media degli ultimi 12 mesi e quella dei 12 mesi precedenti per la concentrazione di CO2, indicando come cambia la quantità di CO2 in atmosfera nel tempo.
  2. Cambiamento mensile della temperatura superficiale del mare globale (HadSST4; in blu):
    • Analogamente, questo valore rappresenta la variazione nella temperatura superficiale del mare, calcolata come la differenza tra la media degli ultimi 12 mesi e quella dei 12 mesi precedenti.
  3. Cambiamento mensile della temperatura dell’aria di superficie globale (HadCRUT5; linea rossa tratteggiata):
    • Questo valore rappresenta la variazione nella temperatura dell’aria di superficie globale, anche questa calcolata come la differenza tra la media degli ultimi 12 mesi e quella dei 12 mesi precedenti.

Il grafico superiore rappresenta l’intera serie di dati dal 1958, mentre quello inferiore si concentra sugli ultimi 15 anni per evidenziare la dinamica moderna.

La DIFF12 è un modo per evidenziare le tendenze a breve termine nei dati, eliminando la variabilità stagionale e isolando i cambiamenti su base annua. Questo tipo di analisi aiuta a visualizzare se esiste una correlazione temporale tra l’aumento della CO2 e le variazioni di temperatura, che potrebbero indicare una relazione causale, dato che si prevede che l’aumento di CO2 porti a un aumento della temperatura globale a causa dell’effetto serra.

Nei grafici, è possibile osservare come variano tra loro questi tre parametri nel tempo e se ci sono dei pattern coerenti o delle discordanze che potrebbero indicare influenze esterne o ritardi nella risposta del sistema climatico.

La tipica sequenza di eventi osservata è che i cambiamenti nella concentrazione di CO2 atmosferica globale seguono i cambiamenti nella temperatura dell’aria superficiale globale, che a loro volta seguono i cambiamenti della temperatura superficiale degli oceani globali. Di conseguenza, i cambiamenti nella CO2 atmosferica globale generalmente si verificano con un ritardo di 9,5-10 mesi rispetto ai cambiamenti nella temperatura dell’aria superficiale globale, e con un ritardo di 11-12 mesi rispetto ai cambiamenti nella temperatura superficiale marina globale.

Riferimento: Humlum, O., Stordahl, K. e Solheim, J-E. 2012. La relazione di fase tra anidride carbonica atmosferica e temperatura globale. Global and Planetary Change, 30 agosto 2012. http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0921818112001658?v=s5

Global air temperature and atmospheric CO2, updated to October 2023

http://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/trends/

I cinque grafici rappresentano la relazione tra la concentrazione di CO2 atmosferica misurata all’Osservatorio di Mauna Loa (in rosso) e le stime della temperatura globale dell’aria (in blu) secondo diverse fonti di dati: UAH, RSS, HadCRUT5, NCDC e GISS. Ecco una spiegazione per ciascuno:

  1. UAH (Università dell’Alabama a Huntsville):
    • Mostra le anomalie di temperatura rispetto alla media del periodo 1981-2010.
    • La concentrazione di CO2 è in aumento, così come le anomalie di temperatura, che indicano un riscaldamento globale.
  2. RSS (Remote Sensing Systems):
    • Presenta le anomalie di temperatura rispetto alla media del periodo 1979-1998.
    • Anche qui, la CO2 mostra una tendenza al rialzo e le anomalie di temperatura seguono un pattern simile.
  3. HadCRUT5 (Met Office Hadley Centre e l’Unità di Ricerca Climatica dell’Università dell’East Anglia):
    • Rappresenta le anomalie di temperatura non riempite (senza interpolazioni per dati mancanti) rispetto alla media del periodo 1961-1990.
    • Si osserva un trend crescente sia nella CO2 che nelle temperature.
  4. NCDC (National Climatic Data Center, ora parte di NOAA NCEI):
    • Mostra le anomalie di temperatura rispetto alla media del periodo 1901-2000.
    • I dati riflettono un aumento sostenuto sia della CO2 che delle temperature globali.
  5. GISS (Goddard Institute for Space Studies della NASA):
    • Le anomalie di temperatura sono calcolate rispetto alla media del periodo 1951-1980.
    • Anche qui, si evidenzia l’aumento di CO2 atmosferica in parallelo con l’aumento delle anomalie di temperatura globale.

Tutti i grafici iniziano dal 1958, anno in cui iniziano le misurazioni della CO2 a Mauna Loa. Questi dati non includono le ricostruzioni storiche della concentrazione di CO2, le quali sono ottenute attraverso metodi diversi (come analisi dei nuclei di ghiaccio o misurazioni di stomi vegetali) e non sono direttamente confrontabili con le misurazioni atmosferiche dirette.

In generale, i grafici mostrano un chiaro trend di aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, parallelo all’aumento delle temperature globali. Questo è coerente con la comprensione scientifica dell’influenza dei gas serra sull’aumento delle temperature globali.

La maggior parte dei modelli climatici sono configurati per assegnare un’influenza significativa al gas serra anidride carbonica (CO2) sulla temperatura globale dell’aria calcolata. Di conseguenza, è pertinente confrontare le serie storiche delle temperature dell’aria con le misurazioni della CO2 atmosferica, come illustrato nei diagrammi presentati.

Tuttavia, un tale confronto non dovrebbe basarsi su dati mensili o annuali, ma dovrebbe estendersi su un arco temporale più lungo, poiché altri fattori (come quelli oceanografici, la copertura nuvolosa, ecc.) possono prevalere sull’influenza potenziale della CO2 su scale temporali brevi, come pochi anni.

È altrettanto improprio presentare nuovi valori record meteorologici, che siano giornalieri, mensili o annuali, come prova della validità dell’ipotesi che assegna un’alta importanza alla CO2 atmosferica per determinare le temperature globali dell’aria. Ogni nuovo valore record meteorologico potrebbe infatti essere il risultato di altri fenomeni. Sfortunatamente, è comune che molti media cadano ripetutamente in questo errore.

Definire esattamente la durata del periodo rilevante per valutare l’importanza attribuita alla CO2 è una questione ancora aperta e oggetto di dibattito.

Non di meno, la lunghezza del periodo critico da considerare deve essere proporzionale all’inverso della sensibilità della temperatura alla CO2, includendo gli effetti dei feedback. In altre parole, se l’effetto della CO2 atmosferica sulla temperatura è marcato, il periodo critico necessario per osservare tale effetto sarà più breve e viceversa.

Tuttavia, la storia della ricerca climatica passata offre alcune indicazioni su ciò che tradizionalmente è stato considerato il periodo di tempo rilevante su cui confrontare le temperature e la CO2 atmosferica.

Dopo circa dieci anni di contemporaneo aumento delle temperature globali e della CO2, l’IPCC è stato fondato nel 1988. Per ottenere supporto pubblico e politico per l’ipotesi relativa alla CO2, il periodo di riscaldamento di dieci anni che ha preceduto il 1988 è stato probabilmente ritenuto importante. Se, al contrario, la temperatura globale fosse stata in diminuzione in quel periodo, il supporto politico per l’ipotesi sarebbe stato probabilmente difficile da ottenere nel 1988.

Basandosi sui dieci anni precedenti di aumento concomitante di temperatura e CO2, molti scienziati del clima nel 1988 presumibilmente si sentivano sicuri che la loro comprensione della dinamica del clima fosse sufficiente per trarre conclusioni sull’importanza della CO2 nell’affectare le temperature globali osservate.

Quindi, si può concludere con fiducia che nel 1988 un periodo di dieci anni veniva considerato sufficientemente lungo per dimostrare l’effetto dell’aumento della CO2 atmosferica sulle temperature globali. Il periodo di dieci anni è anche il fondamento dei diagrammi delle anomalie di temperatura mostrati a pagina 4.

Latest 20-year QC1 global monthly air temperature changes, updated to October 2023

Il diagramma rappresenta l’analisi del trend ventennale delle variazioni della temperatura media globale dell’aria, aggiornata a ottobre 2023, secondo la Quality Class 1, che si basa su stime di temperatura mensili globali (da fonti come UAH e RSS, che vengono spiegate probabilmente alle pagine 6 e 9 del documento di origine).

Ecco una spiegazione dettagliata dei diversi elementi del grafico:

  • Linea blu sottile: Questa rappresenta i valori mensili della temperatura media dell’aria. Ogni punto sulla linea corrisponde alla deviazione della temperatura media in un dato mese rispetto a una baseline (che non è specificata nel grafico, ma spesso si tratta di una media su 30 anni).
  • Linea nera spessa (fit lineare): Questa è il risultato di un’analisi di regressione lineare sui dati mensili, che mostra la tendenza generale delle temperature nel periodo di 20 anni. Le linee nere sottili che fluttuano attorno alla linea di fit lineare rappresentano gli intervalli di confidenza al 95%, che indicano dove ci si aspetta che si trovino i veri valori della tendenza con un livello di confidenza del 95%.
  • Linea verde spessa (fit polinomiale a 5 gradi): Questa linea è il risultato di un fit polinomiale, che è un tipo di modello statistico che può adattarsi a dati più complessi e non lineari. Anche qui, le linee verdi sottili rappresentano gli intervalli di confidenza al 95%.
  • Statistiche chiave:
    • Coefficiente di determinazione, R-quadrato (per il fit lineare e polinomiale): Questo valore indica quanto bene il modello si adatta ai dati. Un valore di R-quadrato di 1 significherebbe una corrispondenza perfetta, mentre un valore di 0 significherebbe nessuna corrispondenza. Nel tuo grafico, il fit lineare ha un R-quadrato di circa 0.36, il che significa che circa il 36% della varianza nei dati può essere spiegato dal modello lineare. Il fit polinomiale ha un R-quadrato di circa 0.49, suggerendo una migliore adattabilità rispetto al modello lineare.
    • Equazione del fit lineare: È l’equazione matematica che descrive la linea di tendenza lineare. Può essere usata per prevedere i valori della temperatura basati sul tempo.

Il grafico mostra anche un’area blu che probabilmente rappresenta l’incertezza o la variazione dei dati attorno al valore medio.

In sintesi, il grafico è utilizzato per analizzare e visualizzare le tendenze nella temperatura media globale dell’aria su un periodo di 20 anni, mostrando sia una tendenza lineare semplice sia una più complessa rappresentazione polinomiale per catturare le variazioni più dettagliate nei dati.

Nel continuo dibattito scientifico riguardante il clima, si pone frequentemente la seguente domanda: la temperatura dell’aria superficiale sta ancora aumentando o è rimasta sostanzialmente stabile senza cambiamenti significativi negli ultimi 15-16 anni? Il diagramma precedentemente mostrato può essere utile in questo contesto e illustra le differenze tra due metodi statistici comunemente utilizzati per determinare le recenti tendenze delle temperature. È importante notare che tali metodi di adattamento cercano solamente di descrivere eventi passati e generalmente hanno una capacità predittiva limitata, se non nulla.

Inoltre, prima di utilizzare un’analisi di tendenza lineare (o di altro tipo) su serie temporali, è necessario scegliere un modello statistico adeguato, basato su giustificazioni statistiche valide.

Per le serie temporali delle temperature globali, non esiste una ragione fisica predefinita per cui la tendenza a lungo termine debba essere lineare nel tempo. Di fatto, le serie temporali climatiche spesso presentano tendenze per le quali una linea retta non è una buona approssimazione, come dimostrato chiaramente da diversi diagrammi presentati in questo rapporto.

Per una descrizione esemplare dei problemi comunemente incontrati nelle analisi delle serie temporali delle temperature, si rimanda a Keenan, D.J. 2014: “Analisi Statistiche delle Temperature Superficiali nel Quinto Rapporto di Valutazione dell’IPCC”.http://www.informath.org/AR5stat.pdf

Si veda anche i diagrammi a pagina 12 per ulteriori informazioni.

Sunspot activity (SIDC) and QC1 average satellite global air temperature, updated to October 2023

Il grafico presenta una complessa interazione tra l’attività delle macchie solari e le variazioni della temperatura globale dell’aria secondo i dati raccolti dai satelliti di Quality Class 1 (UAH e RSS). Ecco una spiegazione dettagliata:

  • Temperature globali (QC1): La linea sottile blu rappresenta le anomalie della temperatura media globale dell’aria per ogni mese, rispetto a un valore di base non specificato. Le anomalie di temperatura mostrano quanta variazione c’è rispetto a questa media di base.
  • Media mobile di 37 mesi: La linea spessa blu è la media mobile semplice di 37 mesi delle anomalie di temperatura, che liscia le variazioni a breve termine e evidenzia le tendenze a medio termine. Questa media è quasi equivalente a una media di 3 anni, che aiuta a visualizzare meglio le tendenze sottostanti al di là delle fluttuazioni mensili.
  • Attività delle macchie solari (SIDC): La linea sottile gialla e l’area colorata sottostante mostrano il numero di macchie solari osservate ogni mese, un indicatore dell’attività solare. Le macchie solari sono fenomeni temporanei sulla superficie solare che indicano regioni di intensa attività magnetica.
  • Correlazione tra temperature e macchie solari: Sebbene il grafico presenti sia i dati sulle temperature che sulle macchie solari, non è immediatamente evidente se esista o meno una correlazione diretta. Gli scienziati studiano queste relazioni per capire quanto l’attività solare influenzi il clima terrestre.
  • Eventi El Niño: Il grafico evidenzia gli eventi El Niño, particolarmente quelli del 1998 e del 2015-16, che sono noti per aver provocato aumenti temporanei della temperatura globale. Questi eventi sono contrassegnati da picchi nelle anomalie di temperatura.
  • Cicli solari: Le aree colorate in giallo sotto la linea delle macchie solari rappresentano i vari cicli solari, che durano circa 11 anni. Ogni ciclo ha un periodo di massima e minima attività solare, che può influenzare il clima terrestre.

In conclusione, il grafico fornisce una rappresentazione visiva di come le temperature globali e l’attività solare si siano comportate in un periodo di più di quattro decenni. La presenza di eventi climatici significativi come El Niño e i cicli solari suggerisce che tali fenomeni naturali possono avere un impatto notevole sulle temperature globali, al di là delle tendenze di riscaldamento o raffreddamento a lungo termine.

Monthly sunspot activity (SIDC) and average neutron counts (Oulu, Finland), updated to October 2023

Il diagramma è composto da due grafici principali che tracciano l’attività solare e i conteggi di neutroni sulla Terra su un periodo che va dal 1964 fino all’ultimo aggiornamento nell’ottobre 2023.

Parte Superiore: Attività delle Macchie Solari

  • Macchie Solari: Le macchie solari sono aree temporanee sulla superficie del Sole che appaiono scure perché sono più fredde rispetto alle zone circostanti. Sono causate da interazioni con il campo magnetico solare e sono indicatori dell’attività solare. Più macchie solari indicano maggiore attività solare.
  • Cicli Solari: I numeri 20, 21, 22, 23, 24, 25 rappresentano i cicli solari. Ogni ciclo dura circa 11 anni e mostra una variazione nell’attività delle macchie solari, passando da un minimo a un massimo e poi di nuovo a un minimo.
  • Variazioni Mensili: Le barre nere verticali indicano la variabilità mensile nel numero di macchie solari. Più lunga è la barra, maggiore è la variabilità osservata in quel mese.
  • Colorazione: I colori (giallo e arancione) rappresentano l’intensità dell’attività solare durante i vari cicli. Il giallo rappresenta una maggiore attività e l’arancione indica i picchi massimi all’interno di un dato ciclo.

Parte Inferiore: Conteggi dei Neutroni

  • Neutroni Monitorati: Questi dati provengono dal monitor di neutroni di Oulu, in Finlandia, che registra il numero di neutroni atmosferici. Questi neutroni sono prodotti quando i raggi cosmici colpiscono l’atmosfera terrestre.
  • Effetto Schermatura Solare: Il Sole, durante i periodi di alta attività (molti macchie solari), ha un campo magnetico più forte che agisce da scudo contro i raggi cosmici, riducendo il numero di neutroni rilevati. Questo è noto come effetto di modulazione solare.
  • Variazioni dei Conteggi: I conteggi dei neutroni variano in modo inversamente proporzionale all’attività solare. Quando ci sono poche macchie solari, il conteggio dei neutroni è generalmente più alto, come mostrato dalle aree più scure nel grafico.

Correlazione e Interpretazione:

  • Relazione Inversa: Noterai che quando il grafico superiore mostra un’alta attività solare (picchi gialli/arancioni), il grafico inferiore tende a mostrare un minor numero di conteggi di neutroni (aree più chiare). Questo conferma la relazione inversa tra l’attività solare e i conteggi dei neutroni.
  • Implicazioni: Questi dati sono fondamentali per comprendere l’interazione tra il Sole e il clima terrestre. Le variazioni nell’attività solare possono avere effetti a catena sull’atmosfera e sul clima della Terra.

Contesto:

  • Monitoraggio: I dati vengono monitorati e aggiornati continuamente perché l’attività solare è di grande interesse per molteplici settori, tra cui l’aerospaziale, per la pianificazione delle missioni satellitari, e per la ricerca sul cambiamento climatico, data l’influenza dell’attività solare sul clima terrestre.

In sintesi, il diagramma mostra che l’attività solare segue un ciclo periodico e che questa attività ha un impatto significativo sui fenomeni fisici misurabili sulla Terra, come i conteggi dei neutroni. La comprensione di questi cicli è vitale per molte aree di ricerca scientifica e tecnologica.

Monthly sunspot activity (SIDC), Oceanic Niño Index (ONI), and change rates of atmospheric CO2 and
specific humidity, updated to October 2023

Il grafico è un complesso diagramma che mostra la correlazione tra l’attività solare, misurata dal numero di macchie solari, il fenomeno climatico El Niño/La Niña, misurato dall’Indice Oceanico Niño (ONI), e i cambiamenti nel tasso annuo di CO2 atmosferico e umidità specifica a circa 9 km di altitudine.

Ecco una spiegazione dettagliata delle varie parti del diagramma:

  1. Numero di Macchie Solari (Linea gialla e arancione nella parte inferiore):
    • Rappresenta l’attività solare, con un ciclo approssimativamente di 11 anni, dove il picco indica un massimo solare e la valle un minimo solare.
    • Le aree gialle mostrano un’alta frequenza di macchie solari, mentre quelle arancioni rappresentano una bassa frequenza.
  2. Indice Oceanico Niño (Barre rosse e blu al centro):
    • Indica la forza e la durata degli eventi El Niño e La Niña.
    • Le barre rosse sopra la linea zero indicano gli episodi caldi (El Niño), mentre le barre blu sotto la linea zero indicano episodi freddi (La Niña).
  3. Cambio tasso annuale di CO2 atmosferico (Area verde nella seconda metà dal basso):
    • Mostra il cambiamento netto annuale nei livelli di CO2 atmosferico, misurato a Mauna Loa, Hawaii.
    • I picchi indicano un aumento più rapido della concentrazione di CO2 rispetto all’anno precedente, mentre le valli indicano un aumento più lento o una diminuzione.
  4. Cambio tasso annuale di umidità specifica a 300 mb (Area blu nella parte superiore):
    • Mostra la variazione annuale dell’umidità specifica intorno a 9 km di altitudine.
    • L’umidità specifica è la quantità di vapore acqueo nell’aria e i cambiamenti possono essere correlati a variazioni climatiche.

La sequenza tipica suggerita dal grafico è che, dopo un minimo solare, si verifica solitamente un episodio caldo El Niño, seguito da un episodio freddo La Niña. Questi fenomeni influenzano a loro volta l’umidità e i livelli di CO2 nell’atmosfera, come mostrato dalle variazioni nelle aree verdi e blu.

I linee verticali tratteggiate sottili indicano i minimi solari stimati visivamente, che corrispondono a periodi di bassa attività delle macchie solari. Dopo questi minimi, come descritto nel grafico, si possono osservare cambiamenti nelle altre variabili.

La correlazione visiva descritta suggerisce che gli eventi dell’ONI (El Niño e La Niña) hanno un impatto sull’umidità e sul CO2 atmosferico, con l’umidità che cambia prima e il CO2 che segue dopo. Questo è coerente con l’idea che le variazioni nella temperatura della superficie del mare possano influenzare l’umidità e, di conseguenza, i livelli di CO2 attraverso processi complessi che includono il rilascio o l’assorbimento di CO2 dall’oceano.

Il documento citato nel grafico, realizzato da Leamon, McIntosh e Marsh nel 2021, sembra fornire le basi scientifiche per le correlazioni osservate. Lo studio potrebbe esaminare come i termini dei cicli solari possano essere collegati a variazioni nella troposfera, che è la parte più bassa dell’atmosfera terrestre, dove si verificano la maggior parte dei fenomeni meteorologici e climatici.

Monthly lower troposphere temperature (UAH) and global cloud cover, updated to April 2021

Questo grafico presenta due dataset riguardanti il clima globale, aggiornati ad aprile 2021: https://doi.org/10.5676/EUM_SAF_CM/CLARA_AVHRR/V002_01

  1. Copertura Nuvolosa Globale (%) (Linea viola nella parte superiore del grafico):
    • I valori mensili e la media mobile di 37 mesi della copertura nuvolosa globale sono presentati in viola.
    • La linea sottile rappresenta i valori mensili della copertura nuvolosa, mentre la linea più spessa è la media mobile di 37 mesi che mostra una tendenza più liscia nel tempo.
    • Questi dati sono forniti dal Satellite Application Facility on Climate Monitoring (CM SAF) e rappresentano la percentuale di area terrestre coperta da nuvole.
  2. Anomalia della Temperatura della Bassa Troposfera Globale (Linea blu nella parte inferiore del grafico):
    • I valori mensili e la media mobile di 37 mesi delle temperature della bassa troposfera sono mostrati in blu.
    • La linea sottile rappresenta le anomalie mensili della temperatura, mentre la linea più spessa indica la media mobile di 37 mesi.
    • Le anomalie di temperatura sono relative al periodo di riferimento 1991-2020 e sono fornite dall’Università dell’Alabama a Huntsville (UAH).

Interpretazione del Grafico:

  • Trend della Copertura Nuvolosa: La copertura nuvolosa globale mostra una tendenza al ribasso nel periodo rappresentato, indicando che nel tempo c’è stata una leggera diminuzione percentuale della copertura nuvolosa della Terra.
  • Trend della Temperatura: L’anomalia della temperatura della bassa troposfera mostra fluttuazioni nel corso del tempo, con un trend generale all’aumento, come indicato dalla linea di media mobile.
  • Correlazione: Mentre il grafico non fornisce direttamente un’analisi statistica della correlazione, uno degli utilizzi di un grafico come questo potrebbe essere studiare la relazione tra la copertura nuvolosa e le anomalie di temperatura. Ad esempio, una diminuzione della copertura nuvolosa potrebbe permettere una maggiore irraggiamento solare sulla superficie terrestre, influenzando potenzialmente l’aumento delle temperature.

Le citazioni dei dati per la copertura nuvolosa fanno riferimento al dataset CLARA-A2.1 del CM SAF, che ha utilizzato i dati AVHRR per la sua analisi. Questi tipi di grafici sono di fondamentale importanza per i climatologi e i ricercatori che studiano i cambiamenti climatici, poiché forniscono visualizzazioni chiare di come variabili climatiche chiave stiano cambiando nel tempo.

Climate and history; one example among many
1812: Napoleon in Moscow

Le immagini raffigurano scene dell’incendio di Mosca nel settembre 1812, un evento storico durante l’invasione della Russia da parte di Napoleone. I dipinti di Vasilij Vasil’evič Vereščagin, un noto artista russo, sono famosi per la loro precisione storica e impatto emotivo.

Nell’immagine a sinistra, vediamo una vista generale di Mosca avvolta dalle fiamme. Questa rappresenta il vasto incendio che danneggiò gran parte della città, iniziato dopo l’ingresso delle truppe di Napoleone a Mosca. L’incendio fu così esteso da quasi distruggere la città e si discute se fu appiccato intenzionalmente dalle forze russe in ritirata o per un incidente.

L’immagine centrale sembra mostrare un gruppo di persone, forse incluso lo stesso Napoleone, all’interno di un edificio o palazzo, mentre osservano il caos o si preparano per un’azione. Le loro espressioni e posture possono suggerire preoccupazione, determinazione o riflessione.

L’immagine a destra mostra le truppe di Napoleone, riconoscibili dalle loro uniformi, presumibilmente di ritorno al Cremlino. L’atteggiamento delle figure e il tono cupo dell’ambiente trasmettono la gravità della situazione e la durezza della campagna.

Le opere di Vereščagin sono note per il loro dettaglio e per il modo in cui trasmettono l’atmosfera degli eventi che rappresentano, concentrandosi spesso sulla sofferenza e le difficoltà della guerra. Questi dipinti non fanno eccezione, offrendo una finestra viscerale su un momento cruciale della storia.

Nel pomeriggio del 14 settembre 1812, quello che rimaneva della Grande Armée dopo la battaglia di Borodino del 6 settembre entrò a Mosca. Napoleone stabilì il suo quartier generale al Cremlino il giorno successivo. Circa due terzi dei 270.184 abitanti avevano abbandonato la città e quelli rimasti si erano rifugiati nelle loro abitazioni. Non c’era nessuno con una carica ufficiale per gestire una resa formale e fare le disposizioni necessarie per nutrire i soldati, come sarebbe usuale in una guerra condotta secondo le convenzioni dell’epoca.

Per aggravare ulteriormente la situazione, prima di evacuare Mosca, il comandante russo della città, il conte Rostopchin, aveva ordinato al suo Sovrintendente della Polizia, Voronenko, di incendiare non solo le riserve di cibo rimaste, ma qualsiasi altra cosa fosse possibile. Voronenko e i suoi uomini iniziarono il loro compito, presumibilmente con l’aiuto degli elementi criminali della città. L’incendio che ne seguì si diffuse rapidamente fuori controllo, raggiungendo molti quartieri di Mosca. La mattina del 16 settembre, le fiamme stavano già lambendo le mura del Cremlino, costringendo Napoleone a evacuare e a trasferirsi al Palazzo Petrovsky, situato a qualche chilometro fuori dalla città.

Dopo tre giorni l’incendio iniziò a placarsi e il 18 settembre Napoleone fece ritorno a Mosca. Due terzi della città erano stati distrutti dal fuoco, privando l’imperatore francese di preziose risorse materiali. E ancora non vi era alcuna delegazione russa disposta a consegnare formalmente la città. Peggio ancora, lo zar Alessandro non sembrava comprendere che la Russia era stata sconfitta e quindi non aveva alcuna intenzione di negoziare la pace con Napoleone. Questo rappresentava per Napoleone una fonte di grande frustrazione, ed era chiaramente un tipo di guerra completamente nuovo.

Napoleone ora doveva valutare l’opzione di stabilire i quartieri invernali a Mosca. In alternativa, avrebbe dovuto ritirarsi verso ovest con il suo esercito, dove rifornimenti adeguati erano disponibili a Minsk e Vilna. Tuttavia, questa mossa ragionevole si dimostrava difficile per ragioni politiche.

Perciò, per quel momento, Napoleone scelse di rimanere a Mosca, nella speranza che Alessandro infine avrebbe avuto un ripensamento. Napoleone aveva esaminato le informazioni meteorologiche a sua disposizione, che indicavano che solitamente non faceva veramente freddo a Mosca fino all’inizio di dicembre, e perciò non percepiva una reale urgenza. Quello che non comprendeva era la rapidità con cui masse d’aria gelida potevano sopraggiungere in questa regione della Russia dal nord. Questo accade specialmente quando un’area di alta pressione si instaura sull’Europa orientale, aspirando verso sud masse d’aria artica attraverso la Russia, dove l’assenza di montagne elevate rende l’intero paese esposto alle masse d’aria artica provenienti dal nord, proprio come succede in Nord America a est delle Montagne Rocciose. Inoltre, probabilmente Napoleone aveva poca esperienza nel considerare che la temperatura è solo uno degli elementi meteorologici e che anche la forza del vento deve essere presa in considerazione a causa dell’effetto raffreddante che produce.

Nonostante ciò, nei primi giorni di ottobre 1812, il tempo rimase piacevole e caldo a Mosca, e Napoleone scherzava con Armand Caulaincourt, il suo più brillante aiutante civile, riguardo alle sue espresse preoccupazioni per l’arrivo dell’inverno.

Il 13 ottobre, però, il clima cambiò all’improvviso, facendo diventare freddo, e Mosca si trovò coperta da un velo di neve sottile. Questo probabilmente sorprese molto Napoleone dal punto di vista meteorologico, ma lo spinse rapidamente a prendere una decisione. Proprio in quel giorno, dichiarò che l’armata avrebbe lasciato Mosca nel modo più rapido possibile, per stabilire i quartieri invernali più a ovest, dove basi ben fornite erano disponibili a Minsk e Vilna. L’armata di Napoleone partì da Mosca il 20 ottobre.

References cited:
Zamoyski, A. 2005. 1812 – Napoleon’s Fatal March on Moscow. Harper Perennial, London, 644 pp.

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