Stratosfera Tropicale

Le modalità di variabilità nella stratosfera tropicale sono associate a picchi distinti nella densità spettrale, o potenza, nel periodogramma dei venti zonali medi mensili e zonali all’Equatore (Fig. 10, Pascoe et al., 2005). Il primo picco si verifica a 6 mesi e rappresenta la cosiddetta “oscillazione semiannuale (SAO)”, che è essenzialmente un fenomeno mesosferico che si estende nella stratosfera superiore. È principalmente guidata dal trasporto di momento zonale attraverso onde equatoriali e di gravità che si propagano verticalmente, oltre alla deviazione meridionale trans-equatoriale del momento medio che allinea la SAO al ciclo stagionale (Kawatani et al., 2020). Un secondo picco nella densità spettrale rappresenta il ciclo annuale ed è presente in tutta la stratosfera, sebbene l’ampiezza del ciclo sia molto inferiore rispetto a quella della SAO nella stratosfera superiore o della QBO (vedi sotto) nella stratosfera inferiore e media, almeno per il vento zonale medio zonale (Fig. 10). Tuttavia, per la temperatura media zonale, il ciclo annuale diventa il modo dominante alla tropopausa tropicale. È guidato dalle variazioni nell’ascesa adiabatica (raffreddamento) risultanti dal ciclo stagionale nella circolazione diabatica (Brewer-Dobson) (Yulaeva et al., 1994). Poiché questo ciclo stagionale è una conseguenza delle differenze interemisferiche nella guida delle onde extratropicali invernali (Sez. 2.2), il ciclo annuale nella temperatura della tropopausa tropicale è guidato dinamicamente (ad esempio, Jucker e Gerber, 2017), in contrasto con il ciclo annuale nei venti e temperature extratropicali (Sez. 2.1), che è determinato radiativamente. Il terzo picco nella densità spettrale nel periodogramma mostrato in Fig. 10 è più ampio di quelli della SAO e del ciclo annuale, indicando una gamma di frequenze o periodi – da 22 a 40 mesi, con una media di 28,5 mesi per gli anni 1958-2001 mostrati nella figura. È anche il segnale dominante di variabilità nei venti zonali equatoriali nella stratosfera inferiore e media, risultante dalla QBO.

Le tre mappe nella figura sono rappresentazioni delle diverse condizioni del vortice polare nell’emisfero nord (NH) a un livello di pressione atmosferica corrispondente a 850 K isotermico, che è una superficie di riferimento usata in meteorologia per studiare processi ad alta quota. Il Potenziale Vorticosità (PV) è un parametro utilizzato per caratterizzare la rotazione e la stratificazione di un fluido, in questo caso l’atmosfera.

  1. Vortice Tipico (a): Questa mappa mostra un vortice polare nell’emisfero nord in uno stato tipico o stabile. Si trova sulla superficie isentropica di 850 K (che corrisponde a una particolare superficie di pressione atmosferica dove il potenziale temperatura è costante). Il vortice è centrato intorno al Polo Nord, indicato dalla croce nera, e presenta una distribuzione circolare di potenziale vorticosità (PV). I contorni indicano livelli crescenti di PV verso il centro, che è la caratteristica di un vortice ben definito e concentrato. Questa struttura circolare e concentrica è tipica di un regime atmosferico in cui il vortice polare è forte e vi è poca perturbazione dal normale flusso atmosferico.
  2. Vortice Spostato (b): La seconda mappa rappresenta un vortice polare spostato. Qui, il centro del vortice, ovvero la regione con il massimo di PV, non è più sopra il Polo Nord (sempre indicato dalla croce nera) ma è stato deviato lateralmente. Questo può avvenire a causa di interazioni con onde planetarie o altri disturbi nella stratosfera, che possono alterare la posizione del vortice. Un vortice spostato può portare a condizioni meteorologiche insolite a latitudini medio-alte, come ondate di caldo o di freddo, a seconda di dove il vortice viene spostato e dell’interazione con altre caratteristiche meteorologiche.
  3. Vortice Diviso (c): Nella terza mappa si osserva un vortice polare che si è diviso in due distinti centri di alta PV, fenomeno noto come “split vortex”. Questo è un segno di un vortice polare significativamente perturbato e può essere il risultato di un riscaldamento stratosferico improvviso, durante il quale si verifica un rapido aumento della temperatura stratosferica. Come risultato, il vortice può frammentarsi e formare vortici secondari, come mostrato qui. I due centri di PV non sono centrati sul Polo Nord, ma si sono separati su lati opposti dell’Artico. Questo può avere effetti drammatici sul tempo atmosferico a latitudini medio-alte, spesso portando a condizioni più fredde e instabili a causa del flusso d’aria più meridionale dai poli verso le latitudini inferiori.

In sintesi, queste mappe mostrano le diverse configurazioni del vortice polare, che hanno implicazioni significative per i modelli di circolazione atmosferica e, di conseguenza, per i pattern meteorologici nelle latitudini medio-alte e in tutto il globo.

La figura mostrata è un periodogramma, che è un tipo di analisi di Fourier applicata ai venti zonali medi zonali all’equatore su un periodo di 44 anni, dal 1958 al 2001. L’analisi di Fourier è una tecnica matematica utilizzata per decomporre un segnale temporale in componenti di frequenza, che qui sono rappresentate come periodi di tempo (in anni).

Nel grafico sono evidenziati tre picchi principali:

  1. Asse delle Ascisse (Periodo): L’asse orizzontale inferiore indica il periodo di tempo in anni. Ogni punto lungo questo asse rappresenta la lunghezza di un ciclo completo di variazione nei venti zonali equatoriali. I periodi più brevi sono a destra e quelli più lunghi sono a sinistra.
  2. Armoniche di Fourier: L’asse orizzontale superiore mostra le armoniche di Fourier, che rappresentano il numero di cicli che un segnale periodico sperimenta in un determinato periodo. Questo ci dice quante volte un particolare segnale si ripete durante i 44 anni di dati analizzati.
  3. QBO (Oscillazione Quasi-Biennale): Il picco che si osserva intorno al valore di 2,5 sull’asse del periodo (circa 28-30 mesi) corrisponde al QBO. È un segnale forte come indicato dai contorni densi e chiaramente definiti, e rappresenta la variabilità biennale dei venti equatoriali che cambiano direzione da est a ovest e viceversa.
  4. Ciclo Annuale: Il picco netto vicino al valore 1 sull’asse del periodo mostra che c’è un’ampia variazione nei venti zonali equatoriali che si verifica una volta all’anno. Questo è il ciclo annuale, correlato alle stagioni e ai cambiamenti nella posizione del Sole e nelle zone di riscaldamento dell’atmosfera terrestre.
  5. SAO (Oscillazione Semiannuale): Il picco a 0,5 sull’asse del periodo corrisponde al SAO. La presenza di questo picco indica che c’è una variazione significativa nei venti zonali equatoriali che si verifica due volte all’anno.
  6. Contorni: I contorni tracciati nel grafico sono livelli di ampiezza di Fourier. Quando i contorni sono più vicini tra loro, ciò indica una maggiore potenza spettrale a quella frequenza, il che significa che il segnale è più forte e più coerente durante il periodo analizzato.

In sintesi, questo periodogramma illustra le principali modalità periodiche di variabilità nei venti equatoriali e la loro intensità relativa. La QBO, il ciclo annuale e la SAO sono modi dominanti di variabilità atmosferica che sono stati coerentemente osservati per il periodo di 44 anni dal 1958 al 2001.

3.1 Oscillazione Quasi-Biennale

Ebdon e Veryard (1961) e Reed e collaboratori (1961) sono stati riconosciuti indipendentemente come i scopritori delle inversioni quasi-periodiche dei venti dominanti all’Equatore da direzione est a ovest e viceversa, approssimativamente ogni 28 mesi, nella stratosfera inferiore e media. Sono state identificate oscillazioni corrispondenti anche nella temperatura e nell’ozono e, poco dopo la sua scoperta, questa oscillazione irregolare è stata denominata “oscillazione quasi-biennale” o QBO (Angell e Korshover, 1964). La scoperta originale si basava sui dati di una singola stazione vicina all’Equatore, ma un comportamento simile è stato osservato anche nelle medie zonali. Per il vento zonale medio zonale, il segnale è centrato sull’Equatore con una mezza larghezza latitudinale di circa 12 gradi (Baldwin et al., 2001). L’immagine più rappresentativa del QBO è quella di un diagramma di Hovmöller che mostra strati alternati discendenti di venti est-ovest, come nella Figura 11. In questa figura, le transizioni ripetute nei venti zonali medi zonali mensili all’Equatore sembrano avere origine nella stratosfera superiore e poi propagarsi verso il basso, almeno fino al 2016. Questi cicli irregolari e ripetuti sono stati, infatti, osservati ininterrottamente a partire dagli anni ’50 fino a quando non sono stati interrotti in modo inaspettato nel 2016 (Newman et al., 2016; Osprey et al., 2016). Una seconda interruzione è stata osservata nel 2019/2020 nel vento zonale sopra Singapore (Anstey et al., 2021, Figura 1a), anche se questa interruzione non è così evidente nel vento zonale medio zonale mostrato nella Figura 11. Negli anni successivi alla sua scoperta, sono stati proposti vari meccanismi dinamici per spiegare il QBO, ma era difficile rendere conto di aspetti fondamentali come (i) la propagazione verso il basso del QBO da 10 a 40 hPa senza perdita di ampiezza e (ii) la super rotazione dell’atmosfera all’Equatore durante la fase est-orientata senza il trasporto verticale di momento attraverso le onde equatoriali. Lindzen e Holton (1968) furono i primi a prendere in considerazione tali processi.

Sostenevano che, con un ampio spettro di onde di gravità che si propagano verso l’alto dalla troposfera, ci sarebbero stati: (i) un’accelerazione verso est del flusso medio nelle regioni con un taglio verticale verso est, causato dalle onde con velocità di fase verso est; e (ii) un’accelerazione verso ovest nelle regioni con un taglio verticale verso ovest, causato dalle onde con velocità di fase verso ovest. Inoltre, dato che la filtrazione selettiva operata dal flusso medio consentiva solo alle onde con velocità di fase verso ovest di propagarsi attraverso forti venti diretti verso est, e viceversa per le onde con velocità di fase verso est, le zone di taglio verticale sarebbero scese col tempo. Questo meccanismo proposto fu confermato dai risultati di esperimenti numerici idealizzati (Lindzen e Holton, 1968).

Invece di onde di gravità, Holton e Lindzen (1972) considerarono il trasporto verticale di momento attraverso onde planetarie di scala Kelvin e onde di gravità-Rossby che si propagano verso l’alto e sono smorzate termicamente e meccanicamente, ottenendo così un modello numerico idealizzato che riproduceva realisticamente il QBO. Tuttavia, studi successivi suggerirono che le onde di larga scala osservate non sono completamente in grado di spiegare le accelerazioni del QBO osservate (Dunkerton, 1997). Molto probabilmente, è una combinazione di onde equatoriali di Kelvin, onde di gravità-Rossby e onde di gravità di piccola scala a causare le alternate accelerazioni verso est e ovest; tuttavia, perché le zone di taglio scendano, le forzature delle onde (le accelerazioni) devono superare gli effetti dell’advezione media verso l’alto data dalla circolazione meridionale media residua o diabatica (Sez. 2.2), in particolare nella stratosfera inferiore (Match e Fueglistaler, 2020).

L’interazione reciproca tra il flusso medio e i flussi verticali del momento delle onde è ormai riconosciuta come il processo fondamentale alla base del QBO, ma restano sfide significative nel determinare i dettagli delle onde coinvolte. In particolare, le onde di gravità di piccola scala sono difficili da osservare (Hertzog, 2020), rendendo quindi incerta la precisa suddivisione dei vari tipi di onde nella forzazione del QBO. Anche la stima del flusso di momento delle onde a partire dalle osservazioni disponibili presenta problemi, in quanto si basa su numerose ipotesi (Vincent e Alexander, 2020). In aggiunta, l’importanza relativa dei diversi meccanismi di dissipazione delle onde (ad esempio, smorzamento o rottura dell’onda a strato critico che si verifica quando la velocità di fase è vicina alla velocità del vento) è scarsamente compresa (Anstey et al., 2022b).

Il QBO non è propriamente un’onda, ma una sequenza di regimi alternati di venti diretti verso est e verso ovest che si propagano verso il basso. Pertanto, i cicli non sono sinusoidi pure e mostrano variabilità da un ciclo all’altro (Pascoe et al., 2005). Molti cicli evidenziano il rallentamento nella discesa della regione di taglio verticale verso ovest intorno ai 30 hPa, seguito dalla persistenza più prolungata dei venti diretti verso est nella stratosfera inferiore (Fig. 11). Gran parte della variabilità deriva probabilmente dalle variazioni nelle sorgenti (per lo più convettive) delle onde tropicali (Schirber, 2015), che non sono ben comprese. Dunkerton (1983) suggerì che le onde di Rossby che si propagano lateralmente dall’inverno dell’emisfero nord potrebbero influenzare l’intensità del QBO durante la sua fase est-orientata, anche se le prove provenienti da simulazioni idealizzate (O’Sullivan, 1997) non sostengono questa teoria. Di conseguenza, prima del 2016, si riteneva che le onde di Rossby che si propagano lateralmente dalle regioni extratropicali avessero solo un piccolo effetto sul QBO (per esempio, Shuckburgh et al., 2001; Hamilton et al., 2004). Dal 2016, il trasporto orizzontale del momento dell’onda dall’emisfero invernale è stato implicato nell’iniziare le interruzioni al ciclo del QBO nel 2016 e nel 2019, e ciò ha suscitato un rinnovato interesse nel ruolo delle regioni extratropicali nella modulazione della variabilità stratosferica tropicale (vedi Sez. 4.2). Si pensa che la tendenza all’allineamento delle fasi del QBO e del ciclo annuale sia dovuta al ciclo annuale del sollevamento tropicale nella stratosfera equatoriale inferiore, che contrasta la progressione verso il basso del QBO (Hampson e Haynes, 2004; Rajendran et al., 2018).

A causa dell’equilibrio del vento termico, un segnale QBO corrispondente si osserva anche nelle temperature equatoriali, con anomalie calde e fredde dove esistono rispettivamente tagli verticali del vento diretti verso est e verso ovest (Baldwin et al., 2001). Il mantenimento dell’equilibrio richiede una circolazione meridionale residua secondaria con risalita all’Equatore nelle regioni di taglio verticale verso ovest e discesa nelle regioni di taglio verticale verso est (Fig. 12). Plumb e Bell (1982) osservarono che l’advezione verticale associata a questa circolazione secondaria potrebbe giustificare alcune delle asimmetrie di fase osservate, ad esempio rallentando la propagazione verso il basso della zona di taglio verso ovest (confronta con il rallentamento menzionato sopra) e accelerando la discesa della zona di taglio verso est.

La circolazione secondaria inoltre contribuisce a concentrare le più forti accelerazioni dirette verso est nelle vicinanze dell’Equatore (Dunkerton, 1991), che è ancora una volta coerente con la fase direzionata verso est osservata più ristretta meridionalmente rispetto alla fase diretta verso ovest (Coy et al., 2016; Pahlavan et al., 2021a).

L’advezione verticale operata dalla circolazione secondaria, insieme alle anomalie di temperatura del QBO, è la ragione principale per un’oscillazione di periodo simile nell’ozono, che fu inizialmente osservata nei dati subtropicali da Funk e Garnham (1962). All’Equatore, il trasporto (advezione) è il processo predominante nella stratosfera inferiore, e le anomalie di ozono e di vento del QBO sono generalmente in fase. Al di sopra di circa 15 hPa, gli effetti della chimica dell’ozono dipendente dalla temperatura diventano più significativi e le anomalie di ozono si invertono (Chipperfield et al., 1993). Le retroazioni di queste anomalie di ozono, a loro volta, influenzano la variabilità dinamica. Ad esempio, nelle simulazioni dei modelli, le retroazioni diabatiche legate all’ozono allungano il periodo del QBO e intensificano il segnale del QBO nella temperatura (Butchart et al., 2003) e nel vento zonale (Tian et al., 2006) nella stratosfera inferiore e media. Tuttavia, senza una comprensione più approfondita del ruolo preciso dei processi chimici nel QBO dell’ozono, permangono incertezze riguardo all’intensità delle retroazioni, e ciò rimane un campo di ricerca attivo (Zhang et al., 2021).

Il grafico è un diagramma di Hovmöller che rappresenta la variazione temporale e verticale del vento zonale medio sull’Equatore, basato sui dati ERA5 per il periodo dal 1979 al 2021. Ecco un’analisi dettagliata:

  • Asse orizzontale (Tempo): Va dal 1979 al 2021, visualizzando l’andamento temporale delle oscillazioni del QBO lungo questi anni.
  • Asse verticale (Pressione/Quota): Mostra l’altitudine espressa in hPa (ettropascal), che è inversamente proporzionale all’altitudine fisica. I valori più alti di pressione (fondo del grafico) corrispondono a quote più basse, mentre i valori più bassi (cima del grafico) corrispondono alle quote più alte nella stratosfera.
  • Colori: Indicano la velocità del vento zonale medio mensile. Le aree in blu mostrano venti che soffiano verso ovest (valori negativi), e le aree in rosso/arancio mostrano venti che soffiano verso est (valori positivi). La saturazione del colore indica l’intensità del vento: colori più scuri segnalano venti più forti.
  • Linee di contorno: Le linee contornate sono linee di flusso che indicano la discesa nel tempo delle oscillazioni del QBO. I contorni concentrici aiutano a visualizzare il movimento verticale delle fasce di vento est e ovest attraverso la stratosfera.

Il diagramma mostra chiaramente il fenomeno del QBO con bande di venti che si alternano tra est (rosso/arancio) e ovest (blu) e si propagano verso il basso nel tempo. Questo modello riflette le inversioni quasi-biennali del vento nella stratosfera equatoriale che si ripetono con un periodo medio di circa 28 mesi. Le bande di vento iniziano nella stratosfera superiore e si spostano gradualmente verso il basso, spesso raggiungendo un minimo nella stratosfera inferiore prima che il ciclo si ripeta.

Un aspetto notevole del grafico è la presenza di interruzioni o anomalie nel pattern regolare del QBO, come indicato dalle aree dove i contorni delle velocità del vento non seguono la discesa prevista o dove la sequenza delle bande di vento sembra interrompersi o alterarsi. Queste interruzioni sono oggetto di ricerca e possono essere causate da vari fattori, come l’interazione tra i venti equatoriali e le onde atmosferiche, cambiamenti nei processi di trasporto atmosferico o altri meccanismi dinamici non ancora completamente compresi.

Queste mappe sono rappresentazioni schematiche che illustrano la circolazione residua secondaria associata all’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) nella stratosfera equatoriale e le relative anomalie di temperatura, distinguendo tra le stagioni estive e invernali. Ecco un’analisi dettagliata:

  1. Schema (a) – Estate:
    • Direzione dei Venti: La banda blu indica venti zonali diretti verso ovest, come parte del ciclo QBO.
    • Anomalie di Temperatura: Le anomalie termiche sono mostrate con i termini “caldo” e “freddo”. Le anomalie calde sono indicate in rosso e si trovano sopra e sotto l’equatore, mentre le anomalie fredde sono in blu e si collocano nelle regioni intermedie.
    • Circolazione Secondaria: Indicata con le frecce grigie, rappresenta un movimento di aria ascendente in corrispondenza delle anomalie calde all’equatore e discendente nelle regioni subtropicali alle anomalie fredde.
  2. Schema (b) – Inverno:
    • Direzione dei Venti: La banda blu indica venti zonali diretti verso est, una fase alternativa del ciclo QBO.
    • Anomalie di Temperatura: Le anomalie di temperatura seguono un pattern simile a quello estivo ma possono essere posizionate diversamente o avere intensità diverse a causa del cambio stagionale.
    • Circolazione Secondaria: Le frecce grigie mostrano di nuovo il movimento ascendente all’equatore e discendente nelle regioni subtropicali.

Le linee continue e tratteggiate indicano rispettivamente le zone di taglio del vento diretto verso est e verso ovest. La dimensione del testo per “caldo” e “freddo” suggerisce l’intensità relativa delle anomalie termiche. Inoltre, l’asimmetria nelle circolazioni tra estate e inverno può essere attribuita alla variazione stagionale dell’insolazione e dell’interazione con i venti del QBO.

Questi schemi aiutano a comprendere come il QBO, un fenomeno caratterizzato da venti equatoriali stratosferici alternati che si propagano verticalmente verso il basso, influenzi la circolazione atmosferica e i pattern di temperatura. Questi fattori hanno implicazioni per il trasporto di ozono e altri traccianti atmosferici, nonché per le connessioni tra stratosfera e troposfera che influenzano i sistemi meteorologici globali.

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