El Niño-Southern Oscillation (ENSO), che è un fenomeno accoppiato oceano-atmosfera (Bjerknes 1969), rappresenta la principale forma di variabilità interannuale climatica (Trenberth 1997). La sua componente oceanica, è caratterizzata da anomalie della temperatura della superficie del mare (SSTA) nell’Oceano Pacifico equatoriale orientale. La sua controparte atmosferica, l’Oscillazione del Sud, è descritta come un cambiamento nella pressione al livello del mare (SLP) tra il Pacifico tropicale occidentale e orientale, tra Darwin (12ºS, 131ºE) e Tahiti (17ºS, 149ºW) (Walker 1923, 1924).Il ciclo ENSO oscilla tra fasi calde (El Niño) e fredde (La Niña), con un periodo che va da 2 a 7 anni. Le anomalie legate all’ENSO, come le SSTA, iniziano a svilupparsi tra luglio e ottobre e raggiungono la loro fase matura durante l’inverno boreale (NH), tra novembre e febbraio (Rasmusson e Carpenter 1982).Il fenomeno ENSO è associato a impatti climatici a livello globale (Trenberth et al. 1998; Alexander et al. 2002). I primi studi hanno mostrato anomalie di precipitazione e di temperatura superficiale su larga scala legate all’ENSO sia in Australia che in diverse regioni comprese tra il Nord e il Sud America e nel subcontinente indiano (Ropelewski e Halpert 1987, 1989; Aceituno 1988; Kiladis e Diaz 1989; Halpert e Ropelewski 1992).Una rappresentazione schematica delle anomalie di temperatura e precipitazione associate agli episodi ENSO caldi che si verificano durante l’inverno del NH, è mostrata nella Figura 1.1. Impatti sono stati osservati anche su Europa e Africa (Lloyd-Hughes e Saunders 2002; Moron e Plaut 2003).

El Niño

In condizioni normali gli alisei o trade winds soffiano verso ovest nel Pacifico tropicale e questo flusso pressoché continuo genera una circolazione oceanica (circolazione di Walker) che determina un accumulo di acqua sulla costa occidentale del Pacifico. La circolazione di Walker provoca anche temperature superficiali dell’acqua del Pacifico occidentale maggiori di circa 8 °C rispetto a quella delle coste orientali, dove il deflusso delle acque superficiali viene compensato dalla risorgiva di acque fredde profonde. Queste acque fredde sono ricche di nutrienti e risalendo fino a circa 50 m di profondità sostengono la vita marina del Pacifico orientale. Durante un fenomeno di El Niño gli alisei nella parte centro-occidentale del Pacifico tropicale diminuiscono di intensità indebolendo la circolazione oceanica descritta in precedenza. La conseguenza di ciò è un riscaldamento delle acque superficiali nel Pacifico orientale.(Bjerknes 1969). Ciò è illustrato nella figura 1.2, la quale mostra temperature superficiali del mare (SST) positive durante un tipico evento di El Niño nel Pacifico equatoriale orientale, associate a uno stress anomalo causato da venti superficiali occidentali.

Questi cambiamenti nei trade winds ossia gli alisei spostano la zona convettiva climatologica, che è situata sul Pacifico occidentale, verso est. Allo stesso modo, anche la circolazione di Walker, guidata termicamente, viene trasportata verso est dal continente marittimo verso l’Oceano Pacifico orientale (Walker e Bliss 1932). In questa regione, l’eccesso di rilascio di calore latente porta ad un aumento della convezione profonda e delle precipitazioni sul Pacifico centrale e orientale, causando un riscaldamento dell’atmosfera e una divergenza della troposfera superiore. Questi cambiamenti da inverni caratterizzati da condizioni di enso neutrali , a condizioni ENSO calde, sono illustrati nella Figura 1.3.

La risposta atmosferica al riscaldamento tropicale è descritta da GillMatsuno (Matsuno 1966; Gill 1980). Essa è caratterizzata da due anticicloni su entrambi i lati dell’equatore nella troposfera superiore e due cicloni nella troposfera inferiore. Le onde Kelvin equatoriali si propagano verso est e causano correnti easterly ad est della fonte di riscaldamento, mentre le onde Rossby si propagano verso ovest e sono associate a correnti westerly ad ovest della fonte di riscaldamento. .Allo stesso tempo, il ramo downwelling della cella meridiana di Hadley si rafforza (Reiter 1978), con conseguente anomala convergenza troposferica nei getti subtropicali occidentali, dove il forcing delle onde di Rossby extratropicali risulta più efficace (Sardeshmukh e Hoskins 1988). Infatti, associato al ramo downwelling più forte della circolazione di Hadley, la divergenza nella troposfera superiore tropicale e la convergenza nella regione subtropicale sono potenziate, innescando il forcing delle onde di Rossby nelle regioni subtropicali verso le alte latitudini (Hoskins e Karoly1981).Queste onde di Rossby hanno un impatto sul sistema di bassa pressione delle Aleutine nella regione del Pacifico settentrionale, inducendo un approfondimento e uno spostamento verso sud del minimo delle Aleutine (Horel e Wallace 1981; Hoskins e Karoly 1981). L’illustrazione di Shukla e Wallace (1983) nella figura 1.4 mostra i pattern di teleconnessione che si vengono a creare a seguito di un riscaldamento del Pacifico equatoriale, in termini di anomalie di altezza geopotenziale nella parte superiore della troposfera.Ai tropici, lo schema descritto da GillMatsuno mostra la presenza di anticicloni nella troposfera superiore. Negli extratropici, in relazione alla modulazione del minimo delle Aleutine, anomalie negative di altezza geopotenziale appaiono sul Pacifico settentrionale e sugli Stati Uniti sudorientali (USA) e anomalie positive si trovano sul Canada occidentale. Questo modello, che risulta potenziato durante gli inverni caratterizzati da El Niño, è noto come PNA (Inglese: PacificNorth America ovvero Oceano Pacifico – Nord America) (Wallace e Gutzler 1981). https://legacy.climate.ncsu.edu/climate/patterns/pna

Pacific-North American (PNA)

Una delle maggiori influenze sui modelli meteorologici e climatici del Nord America è la teleconnessione PNA. Poiché il PNA ha la massima influenza sul medio Pacifico e sulle località ad est, il PNA è stato testato solo nel bacino orientale del Nord Pacifico. Il PNA è una rappresentazione della fluttuazione dell’altezza geopotenziale medio-troposferica, o altezza di un certo livello di pressione nella nostra atmosfera, sul medio Pacifico e verso est attraverso il continente nordamericano (Stoner, Hayhoe, e Wuebbles 2009; Rohli e Vega 2012). Secondo Wallace e Gutzler (1981), l’indice PNA è definito come una combinazione di anomalie di altezza geopotenziale normalizzate a 500 millibar (mb) presso quattro centri di misurazione situati nel Pacifico settentrionale e sul Nord America. Il primo centro di misurazione si trova vicino alle Hawaii (20°N, 160°W), mentre il secondo sopra l’Oceano Pacifico settentrionale vicino al minimo delle Aleutine (45°N, 165°W). La terza posizione di misurazione è sopra Alberta, Canada (55°N, 115°W), e la quarta è sopra gli Stati del Golfo (30°N, 85°W; Wallace e Gutzler 1981).La fase positiva (negativa) del PNA è presente ogni volta che le altezze geopotenziali sono sopra la media (sotto la media) vicino alle Hawaii e all’Alberta, e sotto la media (sopra la media) sulle pianure delle Aleutine e sulla Costa del Golfo (Figura 2.1; Stoner et al. 2009). Uno spostamento verso est della regione di deflusso del jet stream dell’Asia orientale vicino alla costa occidentale degli Stati Uniti influenza la fase positiva del PNA con un aumento delle altezze geopotenziali sul Canada occidentale e sulle Hawaii (Stoner et al. 2009). Nella fase negativa, la corrente a getto si ritira verso l’Asia orientale e separa la corrente a getto con altezze geopotenziali inferiori alla media sul Canada occidentale e sulle Hawaii (Wallace e Gutzler 1981).

Sebbene il PNA sia stato correlato con le fluttuazioni dell’attività dei cicloni tropicali sul bacino atlantico (Klotzbach e Gray 2004), la teleconnessione non è ampiamente conosciuta per avere un impatto drammatico sui cicloni tropicali nel bacino del Nord Pacifico. Tuttavia, la teleconnessione è strettamente influenzata dall’ENSO e potrebbe simulare simili influenze sulla ciclogenesi tropicale nel bacino orientale del Nord Pacifico. Dal momento che il PNA è una misura delle anomalie nell’altezza geopotenziale e nel flusso generale della media-troposfera, il modello di teleconnessione potrebbe anche avere un’influenza sulla localizzazione della ciclogenesi o sul percorso dei cicloni tropicali dopo la loro iniziale formazione.

Coupling troposfera-stratosfera

Nell’ultimo decennio, diversi studi hanno fornito prove osservative e modellistiche dell esistenza di un percorso stratosferico attraverso il quale le anomalie dovute a El Niño presenti nella troposfera extratropicale, possono propagarsi nella stratosfera e tornare di nuovo in superficie alle alte latitudini nel NH (ad esempio Manzini 2009). Questo percorso avviene attraverso l’accoppiamento troposfera-stratosfera descritto di seguito. Durante la stagione invernale dell emisfero boreale , i venti zonali medi presenti nella stratosfera sono occidentali e la propagazione verticale delle onde planetarie di Rossby dalla troposfera alla stratosfera può avere luogo (Charney e Drazin 1961). Così, il rafforzamento del pattern PNA durante gli eventi di El Niño porta ad una intensificazione della propagazione verso l’alto delle onde di Rossby nella stratosfera (ad esempio Garcia-Herrera et al. 2006; Manzini et al. 2006), attraverso l’interferenza costruttiva tra le tidal waves generate da El Niño e le onde stazionarie climatologiche (Garfinkel e Hartmann2008; Fletcher e Kushner 2011).Successivamente, anche la dissipazione di queste onde nella stratosfera superiore si intensifica, decelerando e indebolendo il vortice polare. Come risultato, il ramo profondo della circolazione di Brewer-Dobson si rafforza nell’emisfero invernale e più massa viene introdotta nella calotta polare (Shepherd 2000), generando un raffreddamento anomalo nella stratosfera tropicale e una stratosfera polare più calda (per esempio García-Herrera et al. 2006). Pertanto, la risposta stratosferica agli eventi di El Niño nella regione polare del Nord emisfero è caratterizzata da venti zonali più deboli e temperature zonali più calde, come mostrato nelle osservazioni con radiosonde e satelliti (ad esempio, van Loon e Labitzke 1987; Free e Seidel 2009; Cagnazzo et al. 2009) e studi di modellazione (Sassi et al. 2004; Garcia Herrera et al. 2006; Manzini et al. 2006).L’accoppiamento troposfera-stratosfera nel caso di El Niño avviene in entrambe le direzioni. Così, le anomalie stratosferiche polari si propagano verso il basso dalla stratosfera superiore all’inizio dell’inverno alla troposfera alla fine dell’inverno (come mostrato per la prima volta da Manzini et al. 2006), anche se il meccanismo esatto con cui questo avviene non è ancora chiaro. Questa circolazione di massa verso il basso diminuisce l’altezza della tropopausa in corrispondenza del polo, aumentando i valori di SLP alle latitudini polari sotto forma di una fase negativa dell’Arctic Oscillation (AO).L’AO, come definito da Baldwin e Dunkerton (1999), è la modalità principale della variabilità invernale del geopotenziale compreso tra 10 e 1000 hPa ed è caratterizzata da un centro di azione sopra la calotta polare. Alle medie e alte latitudini dell’Atlantico e dell’Europa, l’AO è simile al modello della North Atlantic Oscillation (NAO) (Hurrell et al. 2001), che è definito come l’oscillazione tra i centri di bassa e alta pressione sull’Islanda e le Azzorre. Così, gli inverni caratterizzati da El Niño sono associati a fasi NAO negative (Hurrell 1996; Brönnimann 2007), che mostrano un gradiente negativo anomalo sul Nord Atlantico.In risposta a questi cambiamenti, i venti zonali medi troposferici si indeboliscono alle alte latitudini e si rafforzano alle medie latitudini, quindi il jet stream polare viene spostato verso sud (Kidston et al. 2015). Lo spostamento relativo verso sud delle aree depressionarie e dei cicloni superficiali porta a condizioni umide e più calde sull’Europa meridionale e sulla regione mediterranea. Al contrario, la riduzione dell’avvezione di aria calda verso l’Europa settentrionale e centrale causa situazioni secche e fredde in queste regioni.Pertanto, gli eventi di El Niño possono influenzare il clima troposferico sulla regione NAE attraverso la stratosfera (Ineson e Scaife 2009; Cagnazzo e Manzini 2009; Bell et al. 2009). Tuttavia, come questi studi hanno dimostrato, i Sudden Warmings (SSW) stratosferici giocano un ruolo significativo nella propagazione verso il basso delle anomalie e quindi nel collegare il segnale troposferico di El Niño tropicale con le teleconnessioni extratropicali NH.La relazione tra ENSO e SSW è discussa in dettaglio nella sezione 1.3. I processi coinvolti nella propagazione delle anomalie di El Niño dalla troposfera alla stratosfera alle medie latitudini e poi di nuovo giù fino alla troposfera e alla superficie comprendono quello che è conosciuto come il percorso stratosferico delle teleconnessioni di El Niño, che è riassunto nella figura 1.5.

El Niño del Pacifico centrale

Come discusso sopra, tradizionalmente El Niño è caratterizzato da grandi SSTA nel Pacifico orientale. Più recentemente, è stato diagnosticato un diverso tipo di El Niño, distinto dal canonico El Niño (Ashok et al. 2007), caratterizzato da SSTA che raggiungono il loro picco massimo nel Pacifico centrale. Gli sono stati dati diversi nomi, come Dateline El Niño (Larkin e Harrison 2005), El Niño Modoki (EMI, Ashok et al. 2007), Central Pacific El Niño (Kao e Yu 2009) o Warm Pool El Niño (Kug et al. 2009), mentre il canonico El Niño è ora indicato come East Pacific (EP) El Niño.Diversi indici sono stati utilizzati per caratterizzare il nuovo carattere di El Niño, come quelli basati sull’analisi EOF (empirical orthogonal function) o le medie delle SST su alcune regioni del Pacifico centrale (vedi Capotondi et al. 2015 per una rassegna). La figura 1.6 illustra la diversa localizzazione delle SSTA calde per l’EP e il Pacifico centrale (CP) El Niño.

Le SSTA massime nel caso di eventi CP El Niño sono più deboli di quelle per gli eventi EP El Niño (Ashok et al. 2007; Kug et al. 2009). Tuttavia, poiché la piscina calda del Pacifico è già una zona convettiva (Hoerling et al. 1997), le SSTAs del Pacifico occidentale possono innescare grandi anomalie di precipitazione e risultano essere più efficaci nell’indurre una convezione anomala rispetto alle SSTAs sul Pacifico orientale (Barsugli e Sardeshmukh 2002; Kug et al. 2009).Tuttavia, la diversa localizzazione della convezione esistente tra i due tipi di El Niño porta a diverse risposte atmosferiche (Hoerling e Kumar 2001) e di seguito, EP e CP El Niño sono legati a diverse teleconnessioni troposferiche nel Pacific Rim (Weng et al. 2007, 2009; Yu et al. 2012; Yu e Zou 2013; Zou et al. 2014). Come esempio, di seguito discutiamo le differenze per il Nord America. Come illustrato nella Figura 1.7, le anomalie occidentali portano umidità verso il Nord America occidentale nel corso degli inverni in stile El Niño EP, rispetto al ciclone presente sulla regione delle Aleutine inferiori.Al contrario, durante gli inverni di El Niño CP, sia un anticiclone anomalo che un ciclone appaiono nel Pacifico settentrionale, portando a un’altalena di condizioni secche e umide nelle regioni nord-occidentali e sud-occidentali.

Allo stesso modo, si osservano diversi impatti sulla temperatura dell’aria in superficie sugli Stati Uniti. Mentre gli eventi di El Niño EP colpiscono principalmente gli Stati Uniti nord-orientali e sud-occidentali, i maggiori impatti di El Niño CP sono riportati negli Stati Uniti nord-occidentali e sud-orientali, come mostrato nella rianalisi e nei dati di osservazione in Figura 1.8, da Yu et al. (2012)

Diversa risposta stratosferica agli eventi El Niño Central Pacific CP

Poiché le forme EP e CP di El Niño mostrano teleconnessioni differenti nella troposfera, e le teleconnessioni troposferiche alle medie latitudini guidano la risposta polare stratosferica a El Niño (vedi sezione 1.1.), ci si aspettano anche differenze nelle teleconnessioni stratosferiche tra EP e CP El Niño. È interessante notare che, sebbene la risposta agli eventi EP El Niño sia robusta nella stratosfera polare del NH, non c’è consenso per quanto riguarda la risposta a El Niño CP.Se le risposte stratosferiche a El Niño EP e CP siano distinguibili o meno, ciò è stato argomento di dibattito negli ultimi anni (vedi ad esempio Garfinkel et al. 2013). Alcuni studi hanno dimostrato che i segnali stratosferici di El Niño EP e CP nel NH sono indistinguibili. Così, Hurwitz et al. (2014) hanno trovato una risposta simile tra eventi di El Niño EP e CP nelle Aleutine inferiori (vedi Figura 1.9 a sinistra).Similarmente, hanno trovato firme indistinguibili nelle medie stagionali del vortice polare sia nei dati di rianalisi che negli esperimenti del modello CMIP5. In accordo con Hurwitz et al. (2014), Graf e Zanchettin (2012) hanno mostrato un vortice polare stratosferico indebolito sia nel caso di El Niño EP che CP nei dati di rianalisi, anche se la risposta era più debole e meno significativa per quest’ultimo. Garfinkel et al. (2013) hanno anche trovato risultati simili tra eventi EP e CP in esperimenti con modelli idealizzati.Al contrario, altri studi hanno mostrato un comportamento opposto per gli inverni El Niño EP e CP. La Fig. 1.9 (a destra) mostra le anomalie di altezza geopotenziale da Hegyi e Deng (2011), basate sulla stessa rianalisi MERRA di Hurwitz et al. (2014), ma è stato applicato un indice diverso per definire gli inverni El Niño CP, poiché Hegyi e Deng (2011) hanno considerato una regione più grande per calcolare la SST media. Per El Niño EP (Fig. 1.9 in alto a destra) il basso delle Aleutine appare più approfondito, ma durante gli inverni El Niño CP il basso delle Aleutine è anormalmente debole e mostra anomalie positive (Fig. 1.9 in basso a destra).Di conseguenza, in risposta all’indebolimento del minimo delle Aleutine, Hegyi e Deng (2011) hanno trovato un vortice polare più forte e più freddo durante gli inverni in stile El Niño CP, in contrasto con il riscaldamento di El Niño EP. Sung et al. (2014) hanno anche mostrato, nei dati di rianalisi, una risposta opposta nella stratosfera polare durante gli inverni El Niño CP e EP. Nelle simulazioni di modelli, Zubiaurre e Calvo (2012) hanno anche riportato un modello di temperatura coerente con un vortice polare più forte per gli eventi El Niño CP, identificato con El Niño Modoki index, anche se il segnale non era significativo e incoerente con il modello PNA troposferico. Quindi, sono stati riportati risultati contraddittori per quanto riguarda la risposta stratosferica polare del NH a El Niño CP.Tuttavia, si deve rilevare che un confronto diretto tra gli studi è difficile, perché essi utilizzano indici diversi per classificare gli eventi e quindi diversi inverni El Niño CP vengono analizzati in ogni studio.

A questo proposito, Garfinkel et al. (2013) hanno confrontato le risposte stratosferiche polari del NH attraverso l utilizzo di differenti indici El Niño EP e CP impiegati in letteratura e differenti dimensioni del composito. La figura 1.10, riadattata da Garfinkel et al. (2013), mostra l’evoluzione temporale delle anomalie di altezza geopotenziale sulla calotta polare in presenza di diversi indici, in modo da considerare diversi anni per ogni definizione, annotati sul bordo sinistro di ogni pannello. Per El Niño EP (pannelli a, b), si osservano significative anomalie positive, segnalate con i colori.È interessante notare che per El Niño CP (pannelli da c a f), Garfinkel et al. (2013) hanno riportato una risposta diversa a seconda dell’indice utilizzato. Tuttavia, la Fig. 1.10 mostra che il segnale stratosferico sopra la calotta polare era sempre non significativo. È stata anche testata la sensibilità di questi risultati alla dimensione del composito. Per gli inverni El Niño EP i risultati erano robusti indipendentemente dal numero di inverni considerati, ma questo non era il caso per inverni caratterizzati da El Niño CP.Tuttavia, la loro conclusione suggerisce che altre fonti di variabilità che influenzano la stratosfera polare (come i SSWs o l’oscillazione quasi-biennale (QBO), vedi sezione 1.3) possono interferire con il segnale di El Niño CP, quindi la risposta di El Niño CP potrebbe variare a seconda degli inverni analizzati.

Pertanto, sebbene il percorso stratosferico degli eventi di El Niño EP siano ben noti, la potenziale risposta stratosferica agli inverni con El Niño CP nel NH rimane ancora una questione aperta. Dato che la frequenza degli eventi di El Niño CP è aumentata significativamente negli ultimi tre decenni (Lee e McPhaden 2010) e le simulazioni dei modelli nel quadro degli scenari legati ai cambiamenti climatici prevedono anche un aumento del verificarsi di inverni caratterizzati da El Niño CP (Yeh et al. 2009), la comprensione degli impatti associati agli eventi di El Niño CP e le loro analogie e differenze con gli eventi di El Niño EP diventa molto importante.

La Niña

La Niña è la fase fredda del fenomeno ENSO (Philander 1985).In contrasto con El Niño, durante gli inverni caratterizzati da La Niña, gli alisei orientali si intensificano e le SSTs più fredde si manifestano nel Pacifico orientale e si estendono verso ovest, cosicché il riscaldamento e la convezione nel Pacifico tropicale si intensificano. In contrasto con El Niño, durante gli inverni di La Niña gli alisei orientali si intensificano e le SST più fredde appaiono nel Pacifico orientale e si estendono verso ovest, così che il riscaldamento e la convezione nel Pacifico tropicale diminuiscono, portando a una riduzione delle precipitazioni in questa regione (Philander 1985). La figura 1.11 mostra le condizioni di La Niña in termini di SSTA e il conseguente aumento delle celle Walker, con il ramo ascendente che si rafforza sul continente marittimo e il ramo discendente sull’Oceano Pacifico centrale orientale, dove le già scarse precipitazioni si riducono ulteriormente.

Teleconnessioni troposferiche La Niña versus El Niño

Il pattern delle SSTA associato agli eventi di La Niña è mostrato nella Figura 1.12b. Essa mostra che le SSTAs negative di La Niña tendono ad essere più alte nel Pacifico centrale (Monahan 2001), mentre le maggiori SSTAs positive durante gli eventi canonici di El Niño (tipo EP) si trovano nel Pacifico orientale (Fig. 1.12a).Poi, a differenza di El Niño, gli eventi convenzionali di La Niña sono già localizzati nel Pacifico centrale (Monahan 2001), e non sono riportati diversi modi come nel caso di El Niño (Kug et al. 2009; Kug e Ham 2011). Inoltre, le forti magnitudini delle SSTAs durante gli eventi de La Niña non sono così elevate come quelle registrate durante i forti eventi di El Niño (An e Jin 2004). Infatti, Burgers e Stephenson (1999) hanno riportato che le SSTAs del Pacifico orientale sono sbilanciate verso valori positivi più alti durante i forti eventi ENSO. El Niño e La Niña differiscono anche nelle loro strutture temporali (Larkin e Harrison 2002).Mentre El Niño tende a decadere più velocemente in estate, dopo la fase di maturazione che avviene durante l’inverno boreale, La Niña può persistere nel tempo e può anche intensificarsi ulteriormente l’inverno successivo (Okumura e Deser 2010). Di conseguenza, è chiaro che El Niño e La Niña non sono immagini speculari. La Niña presenta un modello non simmetrico rispetto a quello durante El Niño per quanto riguarda le SSTA; questa asimmetria è una caratteristica intrinseca degli eventi ENSO (An e Jin 2004).L’asimmetria a livello di SSTA tra El Niño e La Niña porta a risposte atmosferiche asimmetriche (Hoerling et al. 2001). Come discusso nella sezione 1.1., durante gli inverni canonici di El Niño SSTAs di notevole magnitubo favoriscono la convezione nella regione del Pacifico orientale. Al contrario, le SSTAs negative associate a La Niña non producono un impatto significativo andando a saturare la convezione sulle condizioni secche che prevalgono sulle fredde acque del Pacifico orientale (Hoerling et al. 1997).Gli schemi spaziali delle anomalie della radiazione a onde lunghe in uscita (OLR) sono mostrati nella Figura 1.12 (in basso). Le anomalie OLR negative suggeriscono un aumento delle precipitazioni durante El Niño, mentre le anomalie positive durante La Niña implicano una diminuzione delle precipitazioni nel Pacifico centrale. Infatti, durante gli inverni de La Niña il centro della convenzione è spostato verso ovest, rispetto a El Niño (Kang e Kug 2002). Pertanto, come mostrato nelle Fig. 1.3 e 1.11, El Niño e La Niña presentano posizioni diverse per quanto riguarda le anomalie di precipitazione più importanti nell’Oceano Pacifico tropicale, a est della linea della data durante El Niño e a ovest durante La Niña.

Queste differenze tra El Niño e La Niña per quanto riguarda la convezione nella zona del Pacifico tropicale portano ad una diversa forzatura delle onde di Rossby, così che El Niño e La Niña mostrano impatti opposti ma spostati sulla regione del Pacifico nordamericano. Il tipico approfondimento dell aleutian low, caratteristico degli eventi canonici di El Niño, risulta spostato verso est rispetto al pattern canonico del NAP.Al contrario, La Niña genera un aleutian low più debole con i suoi centri d’azione proiettati sul modello PNA. Così, le anomalie canoniche di El Niño e La Niña sono in quadratura (Hoerling et al. 1997), mostrando teleconnessioni atmosferiche asimmetriche (Hoerling et al. 2001; Wu et al. 2010).Tuttavia, oltre all’asimmetria nelle SSTA, è stato suggerito che l’asimmetria nella risposta atmosferica tra El Niño e La Niña potrebbe essere dovuta alla variabilità atmosferica interna presente alle medie latitudini (Hoerling et al. 2001; Zhang et al. 2014).

Il segnale stratosferico di La Niña

Rispetto a El Niño, molto meno lavoro è stato fatto riguardo alla risposta stratosferica di La Niña.Inizialmente, la maggior parte degli studi riguardanti il segnale ENSO nella stratosfera ha analizzato gli eventi El Niño-La Niña, assumendo firme opposte per entrambe le fasi ENSO (per esempio Garcia-Herrera et al. 2006) .Tuttavia, seguendo questa metodologia, Free e Seidel (2009) non hanno trovato una risposta significativa a livello stratosferico polare al fenomeno di La Niña attraverso diversi dati radiosonda raccolti dal 1958 al 2005. Tuttavia, essi riconoscono che tra i sei inverni di La Niña presi in considerazione (vedi dettagli nella tabella 2.5), quattro di essi hanno mostrato una stratosfera artica fredda, opposta alla risposta trovata durante El Niño, mentre durante gli altri due inverni di La Niña la stratosfera era anormalmente calda, con conseguenti risultati per nulla solidi. D’altra parte, Mitchell et al. (2011), hanno analizzato i dati di rianalisi includendo due eventi La Niña in più rispetto a Free e Seidel (2009).Essi hanno riportato un significativo raffreddamento della stratosfera polare durante gli inverni in cui è presente La Niña, anche se la risposta sembra essere debole. La figura 1.13, da Mitchell et al. (2011), mostra l’evoluzione temporale delle anomalie stratosferiche del vento zonale medio durante El Niño e La Niña, mostrando un maggiore e più robusto indebolimento del vortice polare durante la fase di El Niño rispetto al rafforzamento opposto trovato per La Niña. I risultati concordano con lo studio precedente condotto da Camp e Tung (2007), che ha riportato una stratosfera polare NH significativamente più calda durante El Niño rispetto al raffreddamento durante La Niña.

La mancanza di accordo in letteratura per quanto riguarda la risposta stratosferica durante La Niña, sia nelle osservazioni che nei dati di rianalisi, potrebbe essere legata al breve periodo di osservazione disponibile (e quindi al piccolo rapporto segnale-rumore) o alla soglia relativamente bassa (circa 0. 5ºC nella SSTA del Pacifico tropicale) talvolta utilizzata per aumentare il numero di eventi di La Niña analizzati, in particolare quando gli eventi ENSO sono classificati prendendo in considerazione anche ulteriori fonti di variabilità, come gli SSWs (Butler e Polvani 2011; Barriopedro e Calvo 2014; Domeisen et al. 2015).Infatti, Trenberth (1997) e Hoerling et al. (2001) hanno già notato che una soglia di appena 0,5 ºC non è appropriata per definire gli eventi di La Niña e che solo una soglia di 1 ºC o superiore porta a teleconnessioni troposferiche apprezzabili per La Niña. Inoltre, l’uso di soglie diverse per definire gli eventi ENSO freddi negli studi, effettuati con osservazioni o serie di dati di rianalisi, impedisce un confronto diretto tra di essi.Anche le simulazioni modellistiche più lunghe non mostrano un quadro migliore per quanto riguarda La Niña. Un lavoro pionieristico sul segnale stratosferico de La Niña nelle simulazioni modellistiche mostra una risposta trascurabile, che non sembra essere statisticamente diversa dalla variabilità naturale (Manzini et al. 2006; Sassi et al. 2004). Al contrario, recenti studi modellistici hanno riportato la presenza di una forte risposta del vortice polare artico durante La Niña (Calvo et al. 2010; Rao e Ren 2016a), legata alla soppressione della propagazione verso l’alto delle onde atmosferiche (Li e Lau 2013).Nel complesso, ad oggi, si è compreso che la risposta stratosferica polare a La Niña è piccola e quindi più debole che durante gli eventi di El Niño o addirittura indistinguibile dalla variabilità interna. Diversi studi mostrano risultati diversi riguardo alle osservazioni, ai dati di rianalisi o alle simulazioni modellistiche (Sassi et al. 2004; Manzini et al. 2006; Garfinkel e Hartmann 2007; Free e Seidel 2009; Mitchell et al. 2011).L’identificazione di un robusto segnale stratosferico durante gli inverni di La Niña potrebbe implicare una possibile propagazione verso il basso delle anomalie dalla stratosfera alla troposfera, simile al caso di El Niño, con possibili impatti successivi sul clima della regione NAE. In effetti, un legame tra gli inverni di La Niña e la regione NAE è già stato riportato. Sulla base di registrazioni osservative, analizzate su un periodo di circa 100 anni, anomalie negative della pressione atmosferica superficiale a nord di 50ºN sono osservate alla fine dell’inverno durante gli eventi di La Niña (Moron e Gouirand 2003), insieme a forti anomalie di precipitazione sulla regione NAE (PozoVázquez et al. 2005).Questo pattern, caratterizzato da un aumento delle precipitazioni sulla Gran Bretagna e sulla Scandinavia e da una diminuzione delle precipitazioni sul Mediterraneo sud-occidentale, è legato a una fase NAO positiva, che è l’opposto di quella riscontrata durante gli inverni El Niño. Tuttavia, Pozo-Vázquez et al. (2005) non sono riusciti a fornire una spiegazione fisica della relazione esistente tra eventi ENSO freddi e una fase NAO positiva. Una robusta risposta stratosferica polare a La Niña potrebbe essere l’anello mancante per spiegare questa teleconnessione, come avviene durante El Niño. È quindi chiaro che la risposta stratosferica NH agli eventi di La Niña merita ancora ulteriori indagini.

ENSO e altre fonti di variabilità che agiscono sul vortice polare stratosferico

Oltre all’influenza dell’ENSO, il coupling stratosfera-troposfera e il vortice polare stratosferico sono modulati anche da altre fonti di variabilità. Diversi forzanti naturali, come il ciclo solare di 11 anni (ad esempio, Crooks e Gray 2005; Chiodo et al. 2014), eruzioni vulcaniche (ad esempio, Robock 2000), Stratospheric Sudden Warmings (SSWs) (Scherhag 1952), e l’oscillazione quasi-biennale (QBO) (ad esempio, Holton e Tan 1980) possono anche influenzare la stratosfera polare e interagire in maniera non lineare con ENSO riguardo l’impatto sulla stratosfera polare invernale del NH.I primi studi che hanno analizzato il segnale ENSO nella stratosfera hanno analizzato la sua relazione con la QBO, e in effetti i primi studi non riuscivano a separare il segnale ENSO dal segnale QBO (Hamilton 1993; van Loon e Labitzke 1987). Nell’ultimo decennio, l’attenzione dei ricercatori si è concentrata sul fenomeno dei SSWs e sulla loro relazione con gli eventi ENSO (per esempio Taguchi e Hartmann 2006).

L’oscillazione quasi biennale

La variabilità della stratosfera tropicale è dominata dall’oscillazione quasi-biennale (QBO) (Baldwin et al. 2001).L’indice della QBO, conosciuto come “Oscillazione Quasi Biennale” o “Venti di Singapore”, `e un fenomeno atmosferico periodico che si sviluppa nella bassa stratosfera equatoriale. Tale indice mette in evidenza l’oscillazione dei venti zonali equatoriali stratosferici che variano la loro direzione di provenienza, spirando alternativamente da est (“Easterlies”, indice QBO negativo) e da ovest (“Westerlies”, indice QBO positivo). Tale oscillazione si sviluppa all’incirca dai 45 °S ai 40 °N, ponendo per`o i propri massimi tra i 10 °S e i 10 °N. L’avverbio “quasi” `e da attribuire all’irregolarit`a del periodo, che varia dai 20 ai 36 mesi, con una media pari a circa 28-29 mesi. Il cambio di fase dei venti avviene inizialmente nella parte alta della stratosfera inferiore, ovvero sopra i 30 km (<10 hPa), propagandosi poi, gradualmente, verso le quote inferiori alla velocit`a di circa 1 km al mese, fino a quando i venti non vengono dissipati entrando nella tropopausa tropicale. L’effetto piu importante della QBO a livello stratosferico `e certamente quello di favorire il rimescolamento dello strato di ozono. Durante la stagione invernale del NH, attraverso la rottura delle onde planetarie nella zona di surf stratosferico (McIntyre e Palmer 1983), la QBO può influenzare la stratosfera NH extratropicale (Holton e Tan 1980). La figura 1.14, adattata da Baldwin et al. (2001), presenta le anomalie dei venti medi zonali occidentali ed orientali.Quando la QBO è nella sua fase orientale (EQBO) la linea del vento zonale medio zero, la linea critica tra i flussi zonali medi orientali e occidentali (contorno verticale nero), è spostata nell’emisfero invernale. Questo spostamento della linea critica causa un restringimento della guida d’onda planetaria e rafforza l’attività delle onde planetarie extratropicali (frecce rosse) alle alte latitudini, favorendo l’indebolimento del vortice polare.D’altra parte, durante la fase occidentale della QBO (WQBO) la linea critica è spostata lontano dal vortice polare, e le onde planetarie si propagano verso i tropici, senza disturbare il vortice polare (O’Sullivan e Salby 1990). Così, la fase EQBO è associata ad un vortice polare più debole e più caldo, mentre la WQBO è associata ad una stratosfera polare più fredda e più forte (ad esempio Holton e Tan 1980).Infine, è stato dimostrato che la troposfera risponde alle modulazioni della QBO che avvengono nella stratosfera polare, influenzando il clima superficiale invernale europeo (Coughlin e Tung 2001; Marshall e Scaife 2009).

Le perturbazioni della temperatura stratosferica polare associate alla QBO e all’ENSO sono comparabili in grandezza durante l’inverno NH (Camp e Tung 2007), ma i loro effetti combinati mostrano un comportamento non lineare (Garfinkel e Hartmann 2007, 2008; Calvo et al.2009).Sulla base dei dati di rianalisi, Garfinkel e Hartmann (2007) hanno trovato una ridotta influenza dell’ ENSO nella stratosfera artica durante la fase EQBO. In particolare, si osserva un riscaldamento stratosferico anomalo durante gli inverni di La Niña con la fase EQBO, mentre un segnale non robusto si osserva durante gli inverni di La Niña in condizioni WQBO. Durante El Niño, gli esperimenti di modellazione hanno dimostrato che la fase EQBO anticipa il riscaldamento stratosferico, mentre la WQBO lo ritarda (Calvo et al. 2009). Allo stesso tempo, la risposta polare ad entrambe le fasi QBO sembra essere debole in condizioni di El Niño, come mostrato nelle rianalisi (Garfinkel e Hartmann 2008), nelle simulazioni modellistiche (Calvo et al. 2009) e nei dati radiosonda (Taguchi 2010; Yuan et al. 2014).Per quanto riguarda la risposta superficiale sulla regione NAE, WQBO e condizioni di La Niña portano ad una NAO positiva, mentre durante gli inverni El Niño con EQBO viene simulata una NAO negativa (Hansen et al. 2016). Tuttavia, Richter et al. (2015) hanno suggerito che gli SSW hanno un ruolo maggiore rispetto alla QBO in merito alla risposta composita stratosferica di El Niño . Infatti, utilizzando una serie di simulazioni ensemble, hanno trovato che le modulazioni QBO sulle teleconnessioni ENSO si verificano principalmente durante gli inverni senza SSWs.

Stratospheric Sudden Warmings

Certamente, gli Stratospheric Sudden Warmings (SSWs) dominano la variabilità del vortice polare stratosferico (vedi Andrews et al. 1987). I maggiori SSWs sono definiti da un’inversione dei venti medi zonali giornalieri nella stratosfera polare i quali passano da westerlies ad easterlies (WMO; Mcinturff1978). La brusca comparsa degli easterly winds porta ad un indebolimento del vortice polare stratosferico e ad un improvviso riscaldamento (Matsuno 1971), che è il motivo per cui questi eventi sono stati chiamati Stratospheric Sudden Warmings (Scherhag 1952).Questi eventi stratosferici hanno luogo nella parte alta della stratosfera (circa 10 hPa), la cui frequenza è di circa 6 eventi per decennio nel NH (Charlton e Polvani 2007; Palmeiro et al. 2015). Tuttavia, come mostrato in Figura 1.15a grandi turbolenze stratosferiche , caratterizzate da anomalie di temperatura positiva (contorni) e venti mediani zonali negativi (colori), possono essere rintracciate fino alla bassa stratosfera, penetrando nella troposfera fino a due mesi dopo che l’evento viene rilevato nella stratosfera (Baldwin e Dunkerton 2001).Questi cambiamenti vengono ben evidenziati da un indice NAM (Northern Annular Mode) negativo, indicato in Figura 1.15b da colori rossastri dopo la data di inizio del SSWs. Il pattern NAM negativo viene proiettato sulla superficie come una fase NAO negativa, così che i SSWs possono influenzare anche la circolazione superficiale sulla regione NAE (Limpasuvan et al. 2004; Charlton e Polvani 2007).

Pertanto, i SSWs sono stati suggeriti come una fonte di abilità di prevedibilità stagionale sulla regione NAE (Sigmond et al. 2013). Di conseguenza, il potenziale dell’ENSO in termini di miglioramento della predicibilità stagionale sull’Europa aumenta durante gli inverni con SSWs (Domeisen et al. 2015), poiché i SSWs favoriscono la propagazione verso il basso del segnale stratosferico di El Niño (ad esempio, Cagnazzo e Manzini 2009).Come Ineson e Scaife (2009) hanno dimostrato, la risposta superficiale sulla regione NAE differisce durante gli inverni El Niño in concomitanza con un SSW o in assenza di un SSW (Figura 1.16). Durante gli inverni di El Niño con SSW (Fig. 1.16a), viene simulata una struttura NAO negativa, con anomalie SLP positive sull’Artico e anomalie SLP negative sul Nord Atlantico e sull’Eurasia. D’altra parte, questo schema manca durante gli inverni El Niño senza SSW (Fig. 1.16b). Pertanto, è ormai riconosciuto che il SSW gioca un ruolo rilevante nel collegare il segnale di El Niño con la regione NAE attraverso la stratosfera (Cagnazzo e Manzini 2009; Ineson e Scaife 2009; Bell et al. 2009).Tuttavia, malgrado la previsione sul verificarsi di SSW potrebbe migliorare la capacità di effettuare previsioni stagionali (Scaife et al. 2016), la prevedibilità di SSW è ancora molto limitata (Gerber et al. 2009). Polvani e Waugh (2004) hanno stabilito che la fonte dinamica primaria del SSW si trova nella troposfera ed è guidata dalla propagazione delle onde verso l’alto, ma la sua origine è ancora sconosciuta (Waugh e Polvani 2010). A questo proposito, a causa dell’aumento dell’attività delle onde durante gli inverni di El Niño, se El Niño può favorire il verificarsi di SSW è una domanda molto importante. Le simulazioni modellistiche hanno riportato un aumento di SSW durante gli inverni di El Niño, rispetto a La Niña e a condizioni neutre (Taguchi e Hartmann 2006; Li e Lau 2013).Tuttavia, brevi registrazioni di rianalisi hanno mostrato una maggiore frequenza di SSW sia durante gli inverni El Niño che La Niña rispetto agli inverni neutri (Butler e Polvani 2011). Quindi, le rianalisi e gli studi di modellazione non sono d’accordo sul ruolo di La Niña nel favorire o meno il verificarsi di SSW, in linea con la risposta stratosferica poco chiara nei confronti degli inverni di La Niña (vedi sezione 1.2.2). Tuttavia, molto recentemente, Polvani et al. (2017) hanno suggerito che la fase fredda dell’ENSO non influenza la frequenza degli SSWs e solo gli inverni ENSO caldi mostrano una maggiore incidenza di SSWs rispetto agli inverni ENSO neutri nella registrazione osservativa. Tuttavia, la relazione tra gli SSWs e l’ENSO, così come i meccanismi che stanno alla loro base, devono ancora essere chiariti.

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