Una nuova prospettiva sui riscaldamenti stratosferici improvvisi. Parte I: Climatologia e Benchmark di modellazione
ANDREW J. CHARLTON* Dipartimento di Fisica Applicata e Matematica Applicata, Università Columbia, New York, New York
LORENZO M. POLVANI Dipartimento di Fisica Applicata e Matematica Applicata, e Dipartimento di Scienze della Terra e Ambientali, Università Columbia, New York, New York
(Manoscritto ricevuto il 13 ottobre 2005, versione definitiva il 28 marzo 2006)
Riassunto
I riscaldamenti stratosferici improvvisi rappresentano l’espressione più evidente e significativa dell’accoppiamento dinamico nel sistema stratosfera-troposfera. Mentre numerosi riscaldamenti sono stati dettagliatamente descritti in letteratura, il presente studio mira a sviluppare una climatologia esauriente, identificando e classificando tutti gli eventi principali di riscaldamento di mezza stagione invernale, analizzati sia nel dataset NCEP–NCAR che nel Re-Analysis ECMWF di 40 anni (ERA-40). A tale scopo, è stato sviluppato un nuovo algoritmo di identificazione oggettiva che rileva i riscaldamenti improvvisi basandosi sulla media zonale dei venti zonali a 60°N e 10 hPa, categorizzandoli in eventi che causano o non causano la scissione del vortice polare stratosferico.
Si osserva che i riscaldamenti stratosferici improvvisi maggiori di mezza stagione invernale si verificano con una frequenza di circa sei eventi ogni decennio, e il 46% di questi eventi provoca una divisione del vortice polare stratosferico. La dinamica degli eventi di scissione del vortice viene confrontata con quella degli eventi in cui il vortice viene semplicemente spostato dal polo. I risultati mostrano che i due tipi di eventi presentano dinamiche nettamente diverse: gli eventi di scissione del vortice si manifestano dopo una precisa precondizione del vortice polare, e l’impatto su le temperature della media stratosfera persiste fino a 20 giorni più a lungo rispetto agli eventi in cui il vortice viene spostato. In contrasto, l’impatto dei riscaldamenti improvvisi sullo stato della troposfera risulta essere in gran parte indipendente dal tipo di evento.
In conclusione, è stata realizzata una tabella di riferimento dinamica per gli eventi principali di riscaldamento stratosferico improvviso. Questi benchmark sono utilizzati in uno studio correlato per valutare le simulazioni correnti dei modelli numerici della stratosfera.
1. Introduzione
Negli ultimi dieci anni, la nostra interpretazione della relazione tra stratosfera e troposfera ha subito un profondo cambiamento. Mentre l’effetto delle onde troposferiche sulla circolazione stratosferica era già stato riconosciuto sin dai primi modelli sui riscaldamenti stratosferici improvvisi di Matsuno (SSWs; Matsuno 1971), l’idea che le condizioni stratosferiche possano influenzare i flussi troposferici è stata accettata ampiamente solo di recente. Studi osservazionali (Baldwin e Dunkerton 2001; Thompson et al. 2002; Thompson e Solomon 2002) e di modellazione (Shindell et al. 1999; Sexton 2001; Polvani e Kushner 2002; Gillett e Thompson 2003; Norton 2003; Charlton et al. 2004) hanno solidamente dimostrato che lo stato della stratosfera può modificare la circolazione nella troposfera. Di conseguenza, la stratosfera è sempre più considerata non solo come un mero assorbitore passivo delle onde planetarie troposferiche, ma come un componente attivo di un sistema dinamicamente accoppiato in entrambe le direzioni.
Gli eventi di SSW rappresentano la manifestazione più evidente e significativa dell’accoppiamento tra stratosfera e troposfera. Ricerche recenti hanno evidenziato che l’effetto degli SSW sul flusso troposferico può protrarsi per diverse settimane (Baldwin e Dunkerton 2001; Polvani e Waugh 2004). È quindi essenziale rappresentare accuratamente la dinamica stratosferica e il suo collegamento con la troposfera nei modelli climatici. A tal proposito, può essere tracciata un’analogia con il sistema atmosfera-oceano: proprio come la comprensione e la modellazione efficace del fenomeno El Niño-Southern Oscillation sono cruciali per il sistema atmosfera-oceano, così la corretta interpretazione e modellazione degli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso sono vitali per il sistema stratosfera-troposfera.
Considerata l’importanza degli eventi SSW, è sorprendente che siano stati compiuti relativamente pochi sforzi per sviluppare una climatologia completa degli SSW. Questo è l’intento del presente lavoro, che si articola in due studi correlati. Nel primo articolo, costruiamo una climatologia degli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso più significativi di metà inverno, assieme a una serie di benchmark dinamici per la loro simulazione nei modelli numerici. Nel secondo articolo, valutiamo la capacità di vari GCM che includono la risoluzione stratosferica di replicare le caratteristiche osservate degli SSW.
Dal loro primo riconoscimento da parte di Scherhag nel 1952, i riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSWs) sono stati oggetto di numerosi studi focalizzati sulla dinamica di specifici eventi maggiori. Solo poche ricerche, tuttavia, hanno mirato a definire una climatologia degli SSW, tra cui gli studi di Labitzke nel 1977 e di Manney et al. nel 2005. Il presente lavoro si fonda su queste analisi precedenti e si distingue per tre significative novità. In primo luogo, offriamo un dettagliato registro delle date degli SSW, elencando tutti gli eventi dal tardo 1950 fino ai giorni nostri in un’unica tabella. In secondo luogo, la nostra climatologia si basa su due set di dati di rianalisi largamente utilizzati, che, per quanto ci risulta, non erano mai stati precedentemente indagati per l’attività degli SSW. In terzo luogo, introduciamo un innovativo metodo di analisi che, per la prima volta, classifica gli SSW in eventi di spostamento e di scissione del vortice.
Questo studio è inoltre strettamente collegato a quello di Limpasuvan et al. (2004, di seguito citato come LIM04). Però, mentre LIM04 si è avvalso della modalità annulare a 50 hPa per definire gli SSW e ha esaminato solo il set di dati di rianalisi del National Centers for Environmental Prediction–National Center for Atmospheric Research (NCEP–NCAR), noi adottiamo la definizione più estesa dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) degli SSW (venti di direzione est a 10 hPa e 60°N) e analizziamo sia il dataset NCEP–NCAR che quello della rianalisi quarantennale del European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF) ERA-40.
In questo lavoro, distinguamo anche tra i diversi tipi di SSW basandoci sulla configurazione sinottica nella media stratosfera. Seguendo O’Neill (2003), un tipo, lo spostamento del vortice, è definito da uno spostamento netto del vortice polare dal polo e dalla sua conseguente distorsione in una forma a “virgola” durante l’espulsione di un filamento del vortice, come mostrato nella Fig. 1a. Il secondo tipo, la scissione del vortice, si identifica facilmente quando il vortice polare si divide in due parti di dimensioni comparabili, come illustrato nella Fig. 1b. Questi eventi sono generalmente associati a significative ampiezze dei numeri d’onda longitudinali 1 e 2, rispettivamente; tuttavia, una semplice decomposizione di Fourier non è adeguata per la loro identificazione, richiedendo quindi l’uso di un algoritmo più sofisticato.
Nella sezione 2, descriviamo in dettaglio questo nuovo algoritmo. Dalle sezioni 3 a 6, utilizzando questo strumento innovativo, affrontiamo alcune questioni fondamentali:
- Quanto frequentemente si verificano gli SSW e qual è il rapporto tra gli eventi di spostamento del vortice e quelli di scissione?
- Come si distribuiscono temporalmente gli SSW?
- Esistono differenze dinamiche tra gli spostamenti e le scissioni del vortice? In caso affermativo, quali?
- Gli impatti degli spostamenti e delle scissioni del vortice sul flusso troposferico sono diversi?
Concludiamo con la sezione 7, dove elaboriamo una serie di benchmark di modellazione per gli SSW, e forniamo un riassunto dei nostri risultati nella sezione 8.
2. Algoritmo per l’identificazione e la classificazione dei riscaldamenti stratosferici improvvisi
In questa sezione illustriamo lo strumento principale sviluppato per questo studio: un algoritmo per identificare e classificare automaticamente i riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSW). L’impiego di tale strumento è essenziale, poiché miriamo a analizzare gli SSW attraverso vari set di dati, sia di rianalisi che prodotti da modelli. È cruciale che tale analisi sia condotta in maniera oggettiva, specialmente per scopi di validazione. Inoltre, vista l’ampiezza e la complessità dei dataset coinvolti, identificare e classificare manualmente gli SSW sarebbe un’impresa praticamente impossibile.
Data la complessità del compito, è stato necessario progettare l’algoritmo di rilevazione e classificazione con particolare cura. Esso utilizza solo variabili generalmente archiviate su basi temporali giornaliere nei modelli a circolazione generale (GCM), evitando l’uso di diagnostiche che richiedono una risoluzione verticale elevata e che devono essere calcolate offline. Inoltre, l’algoritmo è stato ottimizzato per minimizzare il numero di variabili derivanti direttamente dall’output dei GCM, riducendo così il rischio di errori dovuti a interpolazione e differenziazione e semplificando contemporaneamente l’analisi.
L’algoritmo è articolato in due fasi: nella prima, gli SSW vengono identificati; nella seconda, vengono classificati in eventi di spostamento o di scissione del vortice. Ogni fase è descritta dettagliatamente nelle sottosezioni che seguono. Questa trattazione, di natura tecnica, è inclusa per assicurare la completa comprensione e la riproducibilità dello studio. Alcuni lettori potrebbero preferire passare direttamente alla prossima sezione, dove discutiamo i risultati ottenuti applicando l’algoritmo ai dataset NCEP–NCAR e ERA-40.
La figura presentata illustra due distinti tipi di riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSWs), rappresentati tramite grafici stereografici polari dell’altezza geopotenziale su un livello di pressione specifico (10 hPa). Questi grafici sono suddivisi in due pannelli, ognuno dei quali mostra una sequenza temporale di eventi specifici, aiutando a visualizzare le dinamiche atmosferiche durante questi fenomeni straordinari.
- Ombreggiatura e contorni: I contorni visualizzati nei grafici rappresentano variazioni nell’altezza geopotenziale, che forniscono un’idea della forma e dell’intensità delle masse d’aria nella stratosfera. L’ombreggiatura indica regioni dove la vorticità, una misura che combina il movimento del fluido con la sua distribuzione termica e di densità, supera un certo livello. Questo aiuta a identificare aree con attività dinamica significativa.
- Parte (a) – Dislocamento del Vortice: Le immagini in questa sezione mostrano un riscaldamento stratosferico di tipo dislocamento del vortice, che si è verificato nel febbraio 1984. La sequenza temporale illustra come il vortice polare viene gradualmente spostato dalla sua posizione usuale. Questo spostamento influisce sulla circolazione dei venti e sulla distribuzione delle temperature, potenzialmente alterando le condizioni meteorologiche su larga scala.
- Parte (b) – Scissione del Vortice: Queste immagini documentano un evento di scissione del vortice avvenuto nel febbraio 1979. Si osserva il vortice polare che si divide in due centri distinti, un fenomeno che può portare a cambiamenti meteorologici ancora più drastici rispetto al semplice spostamento. La scissione del vortice modifica significativamente la circolazione atmosferica, con possibili ripercussioni estese anche alle regioni temperate e artiche.
Le date riportate su ciascuna immagine indicano i momenti specifici di osservazione di queste strutture nel vortice, fornendo punti di riferimento essenziali per analisi climatologiche dettagliate. Questi dati sono cruciali per comprendere come specifiche configurazioni della stratosfera possano essere collegate a eventi meteorologici estremi, come le ondate di freddo nelle latitudini elevate.
Identificazione degli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso Abbiamo adottato la definizione della WMO (Andrews et al. 1985, p. 259), utilizzata anche per i messaggi STRATALERT (Labitzke e Naujokat 2000), per identificare gli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso (SSW). Secondo questa definizione, un significativo riscaldamento di metà inverno si verifica quando i venti zonali medi a 60°N e 10 hPa assumono direzione est durante il periodo invernale, qui definito da novembre a marzo (NDJFM). La nostra definizione si distingue da quella utilizzata da Labitzke e altri in diversi studi poiché non escludiamo i riscaldamenti che avvengono in Canada e includiamo eventi in marzo che altri autori potrebbero non considerare. La data centrale del riscaldamento è determinata dal primo giorno in cui il vento zonale medio a 60°N e 10 hPa è orientato verso est. Si differenzia dalla definizione di LIM04, che identifica i riscaldamenti attraverso una diminuzione dell’intensità di un indice zonale stratosferico, basato sulla prima funzione ortogonale empirica dell’altezza geopotenziale a 50 hPa.
Secondo la definizione WMO, oltre alla inversione dei venti a 60°N e 10 hPa, è necessario che il gradiente di temperatura zonale medio a 10 hPa tra i 60° e i 90°N sia positivo (Kruger et al. 2005) per classificare un evento come un importante riscaldamento di metà inverno. L’inclusione di questo ulteriore requisito ha modificato leggermente il conteggio degli SSW identificati, con solo tre eventi nel dataset NCEP–NCAR e uno nel dataset ERA-40 che non soddisfano questo criterio. Per semplificare, abbiamo deciso di non integrare il criterio del gradiente di temperatura nel nostro algoritmo.
Una volta identificato un riscaldamento, nessun altro giorno entro 20 giorni dalla data centrale può essere classificato come un SSW. Questo intervallo di tempo è stato scelto per corrispondere approssimativamente a due cicli di tempo radiativo a 10 hPa (Newman e Rosenfield 1997), evitando così la doppia contea dello stesso evento, dato che i venti zonali possono variare tra orientali e occidentali dopo l’inizio del riscaldamento.
Infine, è essenziale precisare che questo studio prende in considerazione solo i riscaldamenti di metà inverno. Pertanto, situazioni in cui i venti zonali diventano orientali ma non tornano ad essere occidentali per almeno 10 giorni consecutivi prima del 30 aprile sono classificate come riscaldamenti finali e vengono escluse dall’analisi. Questo assicura la ricostituzione di un vortice stratosferico coerente dopo un SSW.
Classificazione degli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso Una volta identificato un evento di riscaldamento stratosferico improvviso (SSW), la seconda parte del nostro algoritmo procede con la sua classificazione in due categorie principali: lo spostamento del vortice o la scissione del vortice. Questa fase implica un’analisi dettagliata del numero e delle dimensioni dei vortici ciclonici che emergono durante l’evoluzione dell’evento. Idealmente, si preferirebbe utilizzare la vorticità potenziale di Ertel su una superficie isentropica per identificare i vortici nella stratosfera, come suggerito in studi precedenti. Tuttavia, questo parametro non è comunemente disponibile nei dataset dei modelli climatici.
Di conseguenza, abbiamo optato per utilizzare la vorticità assoluta sulle superfici di pressione come alternativa pratica. Questo parametro è facilmente calcolabile dai dati del campo di velocità e offre il vantaggio di non richiedere interpolazioni verticali, dato che i livelli utilizzati nei modelli della media atmosfera corrispondono a livelli di pressione. Questo metodo si è dimostrato particolarmente efficace per analizzare i contorni esterni del vortice polare e definire chiaramente i suoi bordi.
Per identificare i vortici, è necessario analizzare la vorticità in corrispondenza dei bordi di ogni vortice. Inizialmente abbiamo sperimentato un metodo esistente che si basava su un altro parametro, ma abbiamo riscontrato problemi di affidabilità durante gli eventi SSW, soprattutto quando erano presenti più vortici contemporaneamente. Questi metodi tendevano a confondere la struttura dei gradienti dei vari vortici, complicando l’identificazione dei bordi.
Per superare questi ostacoli, abbiamo adottato un approccio ispirato ai primi studi di visione computerizzata, che identifica i bordi dei vortici come le zone dove si registra il massimo gradiente di vorticità. Questo approccio elimina la necessità di mediare i dati su larghe aree orizzontali e migliora l’accuratezza nella localizzazione dei bordi dei vortici.
Il nostro algoritmo opera quindi seguendo questi principi: esamina i dati giornalieri da cinque giorni prima a dieci giorni dopo la data centrale dell’SSW. Se in almeno uno di questi giorni i criteri sono soddisfatti, l’evento viene classificato come una scissione del vortice; in caso contrario, viene considerato uno spostamento del vortice. Questo metodo sistematico assicura una classificazione precisa e basata su criteri chiari, facilitando la comprensione degli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso.
- Per iniziare, calcoliamo la vorticità a 10 hPa e applichiamo un metodo di lisciamento. Generalmente, la vorticità può essere derivata con precisione dalle componenti del vento orizzontale. Per eliminare il rumore dai dati, utilizziamo un filtro particolare che migliora la nitidezza delle informazioni senza perdere dettagli importanti.
- Successivamente, analizziamo la vorticità per identificare specificamente i bordi dei vortici. Questo passaggio è cruciale per determinare dove esattamente termina il vortice principale e inizia l’ambiente esterno.
- Procediamo poi a delineare le aree che contengono i massimi di vorticità. Questo ci aiuta a focalizzarci sui vortici più significativi e a comprendere meglio la loro struttura e intensità.
- Esaminiamo la regolarità del campo di vorticità attraverso ulteriori analisi. Questo ci permette di confermare che le aree che abbiamo identificato come vortici sono effettivamente separate dal resto dell’atmosfera circostante.
- Il passaggio finale nella definizione dei bordi del vortice implica l’identificazione della zona di vorticità che è più vicina al massimo identificato, mantenendo una variazione minima. Questo è essenziale per assicurare che la delimitazione del vortice sia precisa e affidabile.
- Determiniamo il numero di vortici chiaramente definiti. Se troviamo più di un vortice significativo, procediamo con ulteriori analisi; altrimenti, la nostra valutazione è quasi completa.
- Infine, calcoliamo e confrontiamo la forza di questi vortici. Utilizzando metodi consolidati, valutiamo se la differenza nella forza dei vortici è sufficientemente grande da classificare l’evento come una scissione del vortice. Questo è un indicatore critico della natura e della dinamica dell’evento di riscaldamento.
L’approccio utilizzato include vari parametri che possono essere adattati per ottimizzare l’analisi. I valori specifici scelti per questo studio sono il risultato di un’accurata sperimentazione e sono stati validati attraverso confronti con analisi approfondite, utilizzando dati estesi e riconosciuti. Questo garantisce che la nostra metodologia sia sia robusta che sensibile nella rilevazione e classificazione degli eventi di riscaldamento stratosferico.
la tabella riporta gli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso (SSW) identificati nei dataset NCEP-NCAR e ERA-40:
La tabella elenca diversi eventi di riscaldamento stratosferico, classificandoli in base al tipo di alterazione osservata nei vortici polari. Gli eventi sono suddivisi in due categorie principali: “D” per gli eventi di spostamento del vortice e “S” per gli eventi di scissione del vortice. Ogni evento è documentato con due date centrali, una per ciascun dataset (NCEP-NCAR ed ERA-40), riflettendo le osservazioni specifiche di ciascun dataset.
In aggiunta, la tabella mostra l’anomalia della temperatura del polo artico a un’altezza di 10 hPa, calcolata come la deviazione dalla media cinque giorni dopo la data centrale dell’evento. Questo dato termico è essenziale per valutare l’intensità dell’evento di riscaldamento.
Le righe evidenziate in grassetto indicano quegli eventi che sono stati classificati anche come Eventi di Estensione Stratosferica (ESE) secondo lo studio di Baldwin e Dunkerton (2001). Questa classificazione implica che l’evento ha avuto un impatto notevole sulla struttura della stratosfera.
Infine, la colonna delle referenze fornisce citazioni a studi precedenti che discutono o analizzano gli eventi elencati, offrendo una base per ulteriori ricerche o per confermare i risultati presentati.
Questa tabella è un utile strumento per gli studiosi interessati alla dinamica atmosferica, specialmente nella comprensione e nella classificazione degli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso e dei loro effetti sulla temperatura polare.
3. Riscaldamenti Stratosferici Improvvisi e loro Classificazione: 1958–2002
La nostra analisi inizia con la presentazione dei risultati ottenuti applicando un nuovo algoritmo a due dataset di reanalisi ampiamente accessibili. Il primo dataset proviene dal progetto di reanalisi NCEP-NCAR (Kistler et al. 2001) e il secondo dal progetto ERA-40 (Kallberg et al. 2004). Per garantire una facile comparabilità, ci limitiamo a esaminare il periodo in cui i dati sono disponibili contemporaneamente in entrambi i dataset, ovvero dal 1° settembre 1957 al 31 agosto 2002. Questo intervallo comprende 45 stagioni invernali (novembre–marzo) nell’emisfero settentrionale. In questo arco temporale, il nostro algoritmo ha rilevato circa 30 Riscaldamenti Stratosferici Improvvisi (SSW). Nonostante alcuni di questi eventi siano stati oggetto di analisi specifiche in studi precedenti, una presentazione riassuntiva così dettagliata non è, a nostra conoscenza, stata precedentemente pubblicata. L’ultima colonna della Tabella 1 fornisce riferimenti ad altri studi sugli SSW, quando disponibili. Ad esempio, gli eventi di febbraio 1979 sono stati ampiamente studiati (cfr. Andrews et al. 1985), e viene fornito un riferimento esemplificativo. È importante sottolineare che nessuno degli SSW elencati nella tabella rappresenta un riscaldamento finale; l’algoritmo è stato specificatamente concepito per escludere tali eventi.
Le colonne due e tre della Tabella 1 indicano la data centrale di ogni SSW identificato dall’algoritmo in entrambi i dataset. Quando gli SSW sono identificati in modo coincidente in entrambi i dataset e si riferiscono chiaramente allo stesso evento, questi sono elencati sulla stessa riga, anche se la data centrale può variare leggermente. Se un SSW è rilevato in un solo dataset, le corrispondenti voci per l’altro dataset rimangono vuote.
Le colonne quattro a sei dettagliano il tipo di SSW rilevato: “D” indica uno spostamento del vortice, mentre “S” indica una scissione del vortice. La quarta colonna presenta una classificazione basata su un’analisi soggettiva degli SSW. È interessante notare che la classificazione ottenuta automaticamente dall’algoritmo concorda in larga misura con l’analisi soggettiva: solamente 3 dei 27 SSW nel dataset NCEP-NCAR e 2 dei 29 SSW nel dataset ERA-40 sono classificati diversamente.
Meritano attenzione anche le correlazioni tra gli SSW elencati nella Tabella 1 e gli “eventi stratosferici estremi” (ESE; Baldwin e Dunkerton 2001), che hanno recentemente suscitato notevole interesse. Gli ESE sono caratterizzati da valori estremi dell’indice del Modo Annuale Nordico (NAM) a 10 hPa. Gli SSW che coincidono con gli ESE sono evidenziati in grassetto nella tabella: 17 dei 18 ESE sono effettivamente importanti riscaldamenti stratosferici improvvisi di mezza stagione. Nonostante ciò, solo il 62% degli SSW nel dataset NCEP-NCAR e il 58% nel dataset ERA-40 corrispondono anche a ESE. Inoltre, non emerge una relazione evidente tra il tipo di evento di riscaldamento e l’indice NAM: 10 degli ESE sono scissioni del vortice, mentre 7 sono spostamenti.
Come ci si aspettava, la maggior parte delle discrepanze tra i due dataset si osserva all’inizio del periodo di analisi, tra il 1958 e il 1970. Dopo il 1970, nei casi in cui un SSW si verifica in un dataset ma non nell’altro, si registra una notevole riduzione dei venti zonali medi zonali nel dataset senza l’SSW, anche se questi non raggiungono una direzione easterly.
Il rapporto tra gli spostamenti e le scissioni del vortice è di 1,18: quasi la metà degli SSW sono scissioni del vortice. Nelle ultime due colonne della Tabella 2, introduciamo una misura semplice per valutare la tipica intensità degli SSW. La variabile ΔT10 rappresenta l’anomalia della temperatura media ponderata sul cappuccio polare (90°–50°N) a 10 hPa, calcolata in un intervallo di 5 giorni centrato sulla data di ogni SSW. Come mostrato nella Tabella 2, le scissioni del vortice tendono a produrre un riscaldamento più marcato del cappuccio polare rispetto agli spostamenti del vortice. Un’analisi più dettagliata dell’ampiezza delle scissioni rispetto agli spostamenti è presentata nella sezione 5.
Prima di proseguire, è opportuno considerare una preoccupazione legittima riguardante la durata relativamente breve dei dataset, inferiore a 50 anni, che potrebbe sollevare dubbi sulla solidità dei dati relativi alla frequenza e al rapporto tra i tipi di SSW. Limitando l’analisi agli inverni dal 1978/79 al 2001/02, periodo che include un’ampia raccolta di dati satellitari, la frequenza degli SSW rimane pressoché invariata, con 5,8 SSW per decennio nel dataset NCEP-NCAR e 6,7 SSW per decennio nel dataset ERA-40. Tuttavia, il rapporto tra spostamenti e scissioni del vortice varia significativamente, attestandosi a 1,8 nel dataset NCEP-NCAR e 1,7 nel dataset ERA-40. Pertanto, sebbene siamo relativamente certi riguardo ai valori di frequenza, esprimiamo maggiore cautela per quanto riguarda il rapporto tra i tipi di SSW. Inoltre, la recente alternanza di inverni freddi nei primi anni ’90 e di inverni più caldi nei primi anni 2000 potrebbe influenzare notevolmente i risultati climatologici a seconda dell’anno finale scelto per l’analisi. Per verificare questa ipotesi, abbiamo condotto un’analisi variando il punto finale dei nostri dataset, in particolare per il dataset NCEP-NCAR che include il periodo più caldo recente. Nonostante si sia riscontrata una certa sensibilità, sia la frequenza sia il rapporto tra i tipi di SSW mostrano variazioni limitate.
La Tabella 2 fornisce un riepilogo statistico dei dati raccolti dai progetti di reanalisi NCEP-NCAR e ERA-40, nonché un’aggregazione combinata di entrambi i set di dati. Questa tabella si focalizza sui riscaldamenti stratosferici improvvisi, categorizzando gli eventi in base alla loro natura—specificamente se hanno comportato uno spostamento del vortice o una sua scissione.
- Dataset: La tabella elenca separatamente i dati per NCEP-NCAR, ERA-40 e un’aggregazione combinata di entrambi.
- Total SSWs: Indica il numero totale di eventi SSW rilevati in ciascun dataset durante il periodo di studio.
- Displacement SSWs: Questa colonna conta quanti di questi eventi hanno comportato uno spostamento del vortice, un fenomeno dove il vortice polare si muove dalla sua posizione abituale.
- Splitting SSWs: Mostra quanti eventi hanno invece comportato una scissione del vortice, una condizione dove il vortice si divide in due o più vortici più piccoli.
- SSWs/winter: Questo valore medio indica quanti SSW si sono verificati per ogni stagione invernale, offrendo una misura della frequenza di tali eventi.
- Ratio: Fornisce il rapporto tra gli eventi di scissione e quelli di spostamento, evidenziando quale tipo di evento è più comune nei dati analizzati.
- ΔT displacements e ΔT splits: Queste colonne riportano la media delle anomalie di temperatura osservate durante gli eventi di spostamento e scissione del vortice, rispettivamente. Le deviazioni standard indicate tra parentesi forniscono un’indicazione della variabilità delle anomalie di temperatura all’interno di ogni categoria.
Le statistiche riassunte in questa tabella aiutano i ricercatori a comprendere le differenze tra i due principali tipi di SSW e come queste differenze si manifestano nei diversi dataset di reanalisi. La presenza di deviazioni standard fornisce una stima dell’eterogeneità delle misurazioni di temperatura tra gli eventi osservati.
4. Distribuzione dei Riscaldamenti Stratosferici Improvvisi per Mese e Anno
In questa sezione esaminiamo la distribuzione temporale dei Riscaldamenti Stratosferici Improvvisi (SSW), secondo l’argomento introdotto all’inizio del documento. La Figura 2 illustra la distribuzione stagionale di tutti gli SSW, degli spostamenti del vortice e delle scissioni del vortice nei due dataset. Nel dataset NCEP-NCAR, gli SSW sono rappresentati da barre grigie, mentre nel dataset ERA-40 da barre nere. Le barre sono normalizzate rispetto al numero totale di SSW, mostrando così la frequenza relativa di questi eventi.
L’analisi complessiva degli SSW (Fig. 2a) rivela che questi eventi si verificano prevalentemente nella metà e alla fine dell’inverno (gennaio-febbraio), con meno eventi a novembre e dicembre e nessun riscaldamento significativo dopo marzo. La distribuzione degli spostamenti del vortice non mostra una stagionalità marcata (Fig. 2b), mentre le scissioni del vortice sono più frequenti in gennaio e febbraio (Fig. 2c), periodo in cui il vortice è al massimo della sua intensità radiativa. Gli SSW all’inizio dell’inverno, noti come riscaldamenti canadesi (Labitzke, 1981), sono prevalentemente spostamenti del vortice, con solo due eccezioni nel dataset NCEP-NCAR e una nel dataset ERA-40 (vedi Fig. 2b).
L’ampiezza degli SSW rimane relativamente costante da novembre a febbraio (Fig. 2d), ma diminuisce significativamente a marzo, con valori medi circa la metà di quelli registrati a dicembre e gennaio.
La Figura 3 mostra la distribuzione annuale degli SSW dal 1958 al 2002, organizzata in periodi quinquennali. Non emerge un trend definito né per il numero totale di SSW né per le tipologie specifiche. Un calo dell’attività degli SSW osservato a metà degli anni ’90 non si è mantenuto nei primi anni del XXI secolo. In effetti, il quinquennio 1998-2002 è stato uno dei periodi più attivi degli ultimi cinquant’anni, superato solo dalla fine degli anni ’60 e inizio anni ’70. Recenti studi (Manney et al., 2005) hanno identificato il periodo 1998-2004 come quello di massima attività degli SSW mai registrata.
La variabilità interannuale nel numero di SSW è principalmente attribuibile agli spostamenti del vortice, mentre il numero delle scissioni del vortice resta relativamente stabile. È stato osservato un lieve incremento dell’ampiezza degli SSW nelle analisi NCEP-NCAR negli anni ’80 e ’90, un fenomeno che potrebbe essere parzialmente spiegato dall’aumento delle osservazioni stratosferiche tramite satelliti nella seconda metà del periodo considerato. Prima del 1979, l’ampiezza media degli SSW era di 5,5 K, mentre dal 1979 in poi è stata di 9,2 K, con una differenza significativa rispetto alle deviazioni standard del periodo.
Figura 2. Distribuzione dei Riscaldamenti Stratosferici Improvvisi per Mese
La figura illustra la distribuzione mensile dei riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSW) analizzando i dati provenienti dai dataset NCEP-NCAR e ERA-40. È suddivisa in quattro pannelli distinti, ognuno focalizzato su un diverso aspetto dei dati:
- (a) Tutti gli Eventi SSW:
- Questo pannello mostra la frequenza relativa di tutti gli eventi SSW attraverso i mesi invernali, con le barre grigie che rappresentano i dati NCEP-NCAR e le barre nere quelli dell’ERA-40. Si osserva un incremento degli eventi nei mesi di gennaio e febbraio, che sono i picchi di attività, mentre gli eventi si riducono notevolmente a marzo.
- (b) Eventi di Spostamento del Vortice:
- Qui, la distribuzione degli eventi di spostamento del vortice è visualizzata con la stessa codifica cromatica. Gli spostamenti del vortice sono meno stagionali rispetto al totale degli SSW, presentando una distribuzione più omogenea attraverso i mesi invernali.
- (c) Eventi di Scissione del Vortice:
- In questo grafico, si evidenzia come gli eventi di scissione del vortice siano più frequenti in gennaio e febbraio. Questo indica una tendenza stagionale più accentuata per le scissioni del vortice, suggerendo che questi mesi sono particolarmente propensi a tali fenomeni dinamici.
- (d) Amplitude di Tutti gli Eventi:
- L’ultimo grafico fornisce un’analisi dell’anomalia della temperatura media ponderata per l’area del cappuccio polare (90°–50°N) a 10 hPa, basata su una media di cinque giorni centrata sulla data di ciascun evento SSW. L’ampiezza degli eventi rimane elevata da novembre a febbraio, con una diminuzione significativa osservata in marzo.
Ogni pannello contribuisce a delineare un quadro complessivo della stagionalità e dell’intensità degli SSW, offrendo un’analisi dettagliata su come questi fenomeni variino non solo per frequenza, ma anche per tipo e impatto termico attraverso i mesi invernali.
5. Differenze Dinamiche tra Spostamenti e Scissioni del Vortice
Dopo aver esaminato la distribuzione temporale degli SSW, ci concentriamo ora sulle possibili differenze dinamiche tra i due principali tipi di eventi: lo spostamento e la scissione del vortice. Per questo scopo, analizziamo sequenzialmente l’evoluzione della temperatura, dei venti zonali e dei flussi di vorticità nelle prossime sottosezioni. La nostra analisi sarà limitata al dataset NCEP-NCAR per motivi di sintesi.
Nella sezione successiva, il termine “anomalie” si riferisce alla differenza tra un determinato valore e la sua climatologia media. Considerando le distinte stagionalità degli eventi di spostamento e di scissione del vortice, abbiamo inoltre ricalcolato tutti i parametri diagnostici considerando solo gli SSW che si verificano nei mesi di novembre, dicembre, gennaio e febbraio (NDJF). Da questa analisi, non emergono differenze qualitative nei risultati quando gli eventi di marzo vengono esclusi.
Figura 3. Distribuzione Stagionale degli Eventi di Riscaldamento Stratosferico Improvviso
La figura illustra la distribuzione stagionale degli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso (SSW) attraverso diversi decenni, utilizzando intervalli quinquennali per confrontare i dati ricavati dai dataset NCEP-NCAR (rappresentati da barre grigie) e ERA-40 (rappresentate da barre nere). I grafici sono suddivisi in quattro pannelli distinti, ognuno dei quali esplora un aspetto specifico della dinamica degli SSW:
- (a) Tutti gli Eventi SSW:
- Questo pannello mostra il numero complessivo di SSW rilevati in ciascun intervallo quinquennale. Una linea continua indica la media combinata del numero di eventi SSW, considerando entrambi i dataset, per ciascun periodo di cinque anni.
- (b) Eventi di Spostamento del Vortice:
- Focalizza sul numero di SSW che hanno comportato uno spostamento del vortice, visualizzati nei medesimi intervalli quinquennali. Una linea continua attraverso i due dataset mostra la media di tali eventi, evidenziando le tendenze nel corso del tempo.
- (c) Eventi di Scissione del Vortice:
- Analogamente, questo grafico si concentra sugli eventi di scissione del vortice, con una linea continua che rappresenta la media quinquennale combinata, facilitando la comparazione temporale.
- (d) Amplitudine Media di Tutti gli Eventi:
- L’ultimo pannello presenta l’anomalia della temperatura media ponderata nell’area del cappuccio polare (90°–50°N) a 10 hPa, calcolata a cinque giorni dalla data centrale di ciascun evento. Questo fornisce una visione quantitativa dell’intensità media degli eventi di SSW e la sua evoluzione nel tempo.
Complessivamente, la Figura 3 offre una panoramica dettagliata e comparativa dell’evoluzione temporale degli eventi di riscaldamento stratosferico, sia in termini di frequenza che di intensità, contribuendo a una migliore comprensione delle dinamiche a lungo termine associate a questi fenomeni atmosferici significativi.
a. Temperatura Polare
La figura 4a illustra le variazioni delle anomalie di temperatura della calotta polare, ponderate per area a 10 hPa, durante gli eventi di Sudden Stratospheric Warming (SSW). Le anomalie risultanti dagli spostamenti del vortice sono rappresentate da una linea continua, mentre quelle derivanti dalle scissioni del vortice sono indicate da una linea tratteggiata. Le aree ombreggiate indicano dove le differenze nelle anomalie di temperatura tra i due tipi di SSW sono statisticamente significative, con un livello di confidenza del 10%. La significatività è stata calcolata utilizzando un test t di tipo standard (Wilks 1995).
Conforme alle aspettative, l’occorrenza di un SSW è associata a un notevole incremento della temperatura nella calotta polare nella media stratosfera, con una distribuzione quasi simmetrica intorno alla data centrale per entrambi i tipi di eventi: spostamenti e scissioni del vortice. Nonostante ciò, non emergono differenze significative tra le anomalie di temperatura massime della calotta polare tra i due fenomeni. Questo riscontro supporta i dati presentati nella Tabella 2, dove l’anomalia di temperatura per le scissioni del vortice era di soli circa un grado superiore rispetto agli spostamenti del vortice. Questo risultato è contrario alle previsioni iniziali che supponevano anomalie di temperatura più elevate durante le scissioni del vortice, considerando la maggiore perturbazione del flusso necessaria per dividere il vortice.
Durante le fasi di crescita e decadimento degli SSW, quando le temperature della calotta polare sono insolitamente basse, si osservano piccole aree di differenze significative tra i comportamenti dei vortici in spostamento e in scissione. In particolare, durante la fase di decadimento degli eventi di scissione del vortice, si registrano anomalie di freddo più intense e persistenti rispetto agli eventi di spostamento del vortice.
Per analizzare ulteriormente la struttura degli SSW nella bassa stratosfera, presentiamo analoghe distribuzioni di anomalie di temperatura della calotta polare a 100 hPa (Fig. 4b).
Nella stratosfera bassa, gli SSW sono accomunati da un’ampia anomalia termica, contemporanea al picco di temperatura nella stratosfera media. In questa zona, le anomalie termiche associate alla scissione del vortice sono considerevolmente superiori rispetto a quelle dovute agli spostamenti del vortice. Seguendo gli SSW, le anomalie di temperatura nella stratosfera bassa scompaiono molto più lentamente rispetto a quanto osservato a 10 hPa, perdurando fino a cinquanta giorni post-riscaldamento. Questa caratteristica rispecchia le diverse scale temporali di smorzamento radiativo, che sono di circa 10 giorni nella stratosfera media e 40 giorni nella stratosfera bassa, secondo quanto riportato da Newman e Rosenfield nel 1997. Nonostante ciò, non si riscontrano differenze significative tra i due tipi di SSW a 100 hPa nella loro fase di decadenza. È importante notare che, a un livello di confidenza dello 0.10, alcune piccole aree rilevate come significative possono essere falsi positivi. In sintesi, l’evoluzione delle strutture termiche a 100 hPa nei compositi di spostamento e scissione del vortice è sorprendentemente simile.
Prima di discutere l’evoluzione dei venti zonali durante gli SSW, è essenziale enfatizzare quanto sia sorprendentemente limitato l’impatto degli SSW sulla temperatura media invernale della calotta polare stratosferica. Sarebbe intuitivo aspettarsi una correlazione tra la frequenza degli SSW, la temperatura media della calotta polare durante l’inverno, e il flusso di calore medio invernale a 100 hPa. La connessione tra la temperatura media invernale della calotta polare e il flusso di calore medio invernale è stata ampiamente dimostrata da vari studi, tra cui quelli di Fusco e Salby nel 1999, Newman e colleghi nel 2001, e Hu e Tung nel 2002. Si pone quindi la questione se gli inverni in cui si verificano gli SSW siano anomalamente caldi. I dati mostrati in Figura 5 indicano che non è così. Analizzando le temperature invernali nella stratosfera media e l’attività delle onde che penetra nella stratosfera durante lo stesso inverno, non emerge una distinzione evidente tra gli anni con SSW (rappresentati da punti) e senza (rappresentati da croci). Questa osservazione può essere spiegata dall’andamento della temperatura della calotta polare durante gli SSW. Come evidenziato in Figura 4a, sia per gli spostamenti che per le scissioni del vortice, l’anomalia di temperatura a 10 hPa cumulata durante il ciclo di vita del riscaldamento stratosferico è relativamente piccola, lasciando quindi un impatto minimo sulla temperatura media dell’inverno corrispondente. Infine, va osservato che, a prescindere dalla definizione adottata per gli SSW, l’evoluzione delle anomalie termiche della calotta polare presentata qui è in grande accordo con quella riportata in precedenti studi, come LIM04.
La Figura 4 presenta due grafici che illustrano le anomalie di temperatura nella calotta polare (da 90°N a 50°N) a diversi livelli di pressione atmosferica, espressi in Kelvin, su un arco temporale espresso in giorni.
- Grafico (a) – Anomalie di temperatura a 10 hPa:
- Le anomalie relative agli spostamenti del vortice sono tracciate con una linea continua, mentre quelle relative alle divisioni del vortice sono rappresentate da una linea tratteggiata.
- Le regioni ombreggiate in grigio indicano i momenti in cui le differenze tra le anomalie di temperatura dovute agli spostamenti e alle divisioni del vortice sono statisticamente significative al livello di confidenza del 10%.
- Grafico (b) – Anomalie di temperatura a 100 hPa:
- Analogamente al primo grafico, gli spostamenti del vortice sono indicati con una linea continua e le divisioni del vortice con una linea tratteggiata.
- Le aree grigie denotano anche in questo caso periodi in cui le differenze tra le due condizioni sono statisticamente rilevanti.
Interpretazione dei Grafici:
- In entrambi i grafici, si osserva un marcato picco di temperatura corrispondente al giorno zero, segnando il punto culminante degli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso (SSW).
- La comparazione delle risposte termiche mostra che le divisioni del vortice tendono a presentare variazioni di temperatura più estreme rispetto agli spostamenti.
- Tipicamente, la temperatura scende al di sotto della norma prima e dopo il picco di riscaldamento, un comportamento caratteristico della stratosfera durante gli SSW.
Queste visualizzazioni sono essenziali per analizzare l’impatto delle perturbazioni del vortice polare sulla temperatura stratosferica, permettendo una valutazione quantitativa e statistica delle differenze osservate.
b. Vento Zonale
Proseguendo con l’analisi, esaminiamo l’evoluzione del vento zonale medio durante gli eventi di Sudden Stratospheric Warming (SSW). La Figura 6 illustra l’anomalia del vento zonale medio della calotta polare (tra 90° e 60°N), valutata come funzione di pressione e tempo. Le composizioni sono specifiche per gli spostamenti del vortice (Fig. 6a) e per le scissioni del vortice (Fig. 6b). Le differenze tra i due tipi di SSW sono esposte nella Figura 6c, dove le aree ombreggiate in grigio segnalano le regioni con differenze statisticamente significative al livello di confidenza dello 0.10, calcolate mediante un test t.
Dall’analisi del pannello inferiore risulta chiaro che le principali differenze tra gli spostamenti del vortice e le scissioni del vortice si manifestano principalmente prima e attorno alla data centrale dell’evento. In generale, si osserva che la decelerazione del vento associata a ciascun SSW è più marcata e improvvisa nei casi di scissione del vortice, estendendosi anche più in profondità.
Per approfondire la struttura di queste anomalie dei venti zonali medi, la Figura 7 presenta composizioni dei venti zonali medi in funzione di latitudine e pressione, registrate prima, durante e dopo gli SSW. Le prime due righe sono dedicate rispettivamente agli spostamenti e alle scissioni del vortice, mentre l’ultima riga evidenzia le differenze tra i due fenomeni. Questi schemi possono essere confrontati direttamente con quelli presentati nella Figura 3 di LIM04, offrendo un quadro comparativo dettagliato.
Prima dell’occorrenza degli SSW (vedi Fig. 7, colonna sinistra), si osservano le differenze più marcate tra gli spostamenti del vortice e le scissioni del vortice. Nel caso delle scissioni, emerge una notevole anomalia positiva del vento zonale medio, centrata a 70°N e estesa attraverso la stratosfera e la troposfera, come illustrato nella Figura 7d. Al contrario, nel composito degli spostamenti del vortice, si riscontra un’anomalia molto più debole e tendenzialmente negativa nella stessa regione. La rappresentazione composita in LIM04, che include entrambe le tipologie di SSW, non riesce a distinguere chiaramente queste differenze.
Le anomalie del vento zonale medio nei compositi delle scissioni del vortice sono allineate con il concetto di “precondizionamento” del flusso stratosferico prima di un SSW, come descritto da McIntyre nel 1982. Un vortice stratosferico precondizionato si presenterebbe debole e ridotto, come indicato dalle anomalie positive a nord della posizione abituale del getto stratosferico mostrate nella Figura 7d. Questa evidenza suggerisce che il precondizionamento si estende fino alla troposfera superiore, fenomeno non riscontrato negli spostamenti del vortice. Ricerche recenti, utilizzando modelli dinamici semplificati (Scott et al., 2004), hanno dimostrato che la propagazione ascendente delle onde planetarie nella stratosfera è facilitata da gradienti accentuati di vorticità potenziale. Tali anomalie positive del vento zonale medio suggeriscono che gradienti più intensi di vorticità potenziale, persino nella troposfera superiore, possano giocare un ruolo cruciale nella genesi delle scissioni del vortice.
Durante gli SSW (Fig. 7, colonna centrale), si manifestano ampie anomalie negative del vento zonale medio zonale a nord del 50°N nella stratosfera, segnando una decelerazione intensa del vortice comune a entrambi i tipi di SSW. Inoltre, per gli spostamenti del vortice, si osservano anomalie positive tra 50° e 30°N, che si estendono fino alla troposfera (Fig. 7b). Questa configurazione è coerente con i compositi mostrati in LIM04 e corrisponde a uno spostamento verso l’equatore del getto troposferico. Invece, per il composito delle scissioni del vortice, non emerge una struttura coerente nella troposfera durante questo intervallo.
Infine, nella fase di decadimento degli SSW (Fig. 7, colonna destra), la struttura anomala che si sviluppa nel composito delle scissioni del vortice (Fig. 7f) appare simile a quella osservata nel composito degli spostamenti del vortice nel periodo precedente (Fig. 7b). Contemporaneamente, le anomalie troposferiche negative associate agli SSW nel composito degli spostamenti del vortice diventano significativamente più deboli e si spostano verso il polo (Fig. 7c). Di conseguenza, per quanto riguarda la risposta del vento zonale medio nella troposfera, entrambi i tipi di SSW mostrano impatti simili, sebbene con un certo ritardo nel composito delle scissioni del vortice.
La Figura 5 presenta un diagramma di dispersione che correla due importanti variabili climatiche misurate durante l’inverno:
- Anomalia della Temperatura Polare a 10 hPa (sull’asse verticale): Questo parametro rappresenta le deviazioni dalla media climatica delle temperature invernali, calcolate per le latitudini tra 90°N e 50°N nella stratosfera superiore.
- Anomalia del Flusso di Calore Meridionale a 100 hPa (sull’asse orizzontale): Analogamente, questo valore indica le variazioni nel trasporto di calore attraverso le stesse latitudini nella stratosfera inferiore.
Simbologia utilizzata nel grafico:
- Gli anni con almeno un evento di riscaldamento stratosferico sono indicati con punti (•).
- Gli anni senza eventi di riscaldamento stratosferico sono rappresentati da croci (+).
Analisi e utilità del grafico:
- Il grafico esplora la possibile correlazione tra le anomalie di temperatura nella stratosfera superiore e le variazioni del flusso di calore nella stratosfera inferiore. La posizione verticale più elevata suggerisce un riscaldamento superiore alla norma, mentre una posizione orizzontale spostata verso destra indica un incremento nel flusso di calore meridionale.
- Questo tipo di analisi è fondamentale per comprendere le interazioni tra il riscaldamento stratosferico e le dinamiche generali del trasporto di calore atmosferico, offrendo spunti su come questi fenomeni possano influenzarsi reciprocamente.
Il diagramma serve quindi come strumento per analizzare le dinamiche atmosferiche in relazione agli eventi di riscaldamento stratosferico, fornendo indicazioni cruciali per gli studi climatici e meteorologici.
La Figura 6 illustra una serie di grafici che analizzano le anomalie del vento zonale medio zonale, pesate per area, per la regione tra i 60°N e i 90°N. Ogni pannello del grafico visualizza queste anomalie in relazione alla pressione atmosferica, espressa in hPa sul lato verticale, e al tempo, espressi in giorni sull’asse orizzontale. L’intervallo di contorno è impostato a 1 m/s per tutti i grafici.
- (a) Spostamenti del Vortice:
- Questo grafico mostra le anomalie del vento zonale durante gli eventi di spostamento del vortice stratosferico.
- Le anomalie negative, rappresentate dai contorni blu, indicano una diminuzione della velocità del vento rispetto alla norma.
- Le anomalie positive, rappresentate dai contorni rossi, denotano un incremento della velocità del vento.
- (b) Divisioni del Vortice:
- Analogo al pannello (a), ma per gli eventi di divisione del vortice stratosferico.
- I contorni blu e rossi visualizzano rispettivamente le anomalie negative e positive del vento zonale.
- (c) Differenze:
- Il terzo grafico evidenzia le differenze tra le anomalie del vento zonale osservate negli eventi di spostamento e di divisione del vortice.
- Le aree ombreggiate segnalano dove le differenze sono statisticamente significative al livello di confidenza dello 0.10, offrendo un chiaro indicatore delle variazioni più rilevanti tra i due tipi di eventi stratosferici.
Implicazioni degli Analisi:
- I grafici forniscono una chiara rappresentazione visiva di come il vento zonale si modifica tra diversi tipi di eventi stratosferici, evidenziando la diversa dinamica del vortice polare.
- Le variazioni nelle anomalie del vento, sia positive che negative, sono essenziali per comprendere le modifiche nella circolazione atmosferica e il loro impatto sui modelli climatici a latitudini più alte.
- L’identificazione delle differenze statisticamente significative tra gli eventi di spostamento e di divisione del vortice aiuta i ricercatori a stabilire conclusioni robuste riguardo ai comportamenti del vortice durante vari tipi di riscaldamento stratosferico.
Questi grafici sono quindi strumenti preziosi per l’analisi meteorologica e climatologica, facilitando una comprensione più approfondita degli eventi dinamici nella stratosfera.
La Figura 7 mostra una serie di grafici dettagliati che illustrano le anomalie del vento zonale medio zonale, presentate in sezioni latitudinali e verticali (pressione atmosferica rispetto alla latitudine). I grafici sono suddivisi in tre gruppi principali, ognuno corrispondente a differenti fasi temporali relative agli eventi di spostamento e divisione del vortice stratosferico.
Pannelli (a)-(c): Anomalie durante gli Spostamenti del Vortice
- (a) Anomalie da -20 a -6 giorni prima dell’evento: Questo pannello esplora le anomalie di vento zonale durante la fase iniziale degli spostamenti del vortice.
- (b) Anomalie da -5 a 20 giorni, che copre il picco dell’evento: Qui, le anomalie durante il culmine degli spostamenti del vortice sono esaminate in dettaglio.
- (c) Anomalie da 21 a 40 giorni post-evento: Il grafico analizza le conseguenze a lungo termine degli spostamenti del vortice.
Pannelli (d)-(f): Anomalie durante le Divisioni del Vortice
- (d)-(f) Ripetono la struttura dei pannelli (a)-(c), ma per gli eventi di divisione del vortice. Questi grafici forniscono un confronto diretto tra le dinamiche del vento zonale in contesti differenti di perturbazione stratosferica.
Pannelli (g)-(i): Differenze tra Spostamenti e Divisioni
- (g) Differenze tra -20 e -6 giorni: Mostra le differenze statisticamente significative nelle fasi preliminari degli eventi.
- (h) Differenze tra -5 e 20 giorni: Analizza le differenze durante il culmine degli eventi.
- (i) Differenze tra 21 e 40 giorni: Esplora le variazioni nelle fasi successive agli eventi.
Implicazioni degli Analisi
- Le aree ombreggiate indicano regioni dove le differenze tra gli spostamenti e le divisioni del vortice sono statisticamente significative al livello di confidenza dello 0.10, offrendo una chiara indicazione delle variazioni più rilevanti tra i due tipi di perturbazioni stratosferiche.
- Questi grafici sono essenziali per comprendere come differenti tipi di riscaldamento stratosferico influenzano la dinamica del vento zonale attraverso vari strati atmosferici e latitudini, facilitando una profonda comprensione dei processi atmosferici associati a questi fenomeni.
Questi grafici forniscono quindi una visione approfondita delle dinamiche del vento zonale durante e dopo gli eventi di riscaldamento stratosferico, evidenziando come gli spostamenti e le divisioni del vortice influenzano distintamente il sistema atmosferico.
c. Flussi di Eddy
In questa sezione esaminiamo le modifiche al forzamento di Eddy nella stratosfera e nella troposfera, sia prima che dopo l’evento di Riscaldamento Stratosferico Improvviso (SSW). Conformemente agli studi precedenti, come quello di Polvani e Waugh (2004), la Figura 8 illustra l’anomalia del flusso di calore meridionale, calcolata come media tra i 45° e i 75°N per tutti i numeri d’onda. La linea nera rappresenta l’aggregato di tutti i numeri d’onda, mentre la linea rossa e quella blu rappresentano rispettivamente il numero d’onda zonale 1 e 2. Le porzioni continue di ciascuna linea segnalano anomalie statisticamente significative (p<0,10), determinate tramite test t. Il flusso di calore meridionale è proporzionale alla componente verticale del flusso di Eliassen-Palm, come evidenziato da Andrews et al. (1985).
Nel caso degli spostamenti del vortice (Fig. 8a), l’attività ondulatoria anomala inizia 20 giorni prima che i venti stratosferici virino verso est, con la maggior parte del flusso di calore attribuibile al numero d’onda zonale 1. Dopo l’SSW, non emergono anomalie significative nel flusso di calore. In contrasto, la figura relativa alla divisione del vortice (Fig. 8b) mostra un’anomalia del flusso di calore come “precursore” 30 giorni prima della data centrale, attribuibile quasi interamente al numero d’onda zonale 1, seguita da un’ulteriore anomalia più marcata del flusso di calore 10 giorni prima della data centrale, prevalentemente dovuta al numero d’onda zonale 2. Dopo l’SSW, si registrano significative anomalie negative del flusso di calore, che indicano una riduzione dei flussi verticali delle onde planetarie, particolarmente per il numero d’onda zonale 1. Questa riduzione dell’attività delle onde planetarie è probabilmente correlata alle anomalie positive della temperatura della calotta polare mostrate in Fig. 4b. Né la configurazione degli spostamenti del vortice né quella della loro divisione mostrano una struttura simile al composito del flusso di Eliassen-Palm verticale presentato in LIM04 (la loro Fig. 10d).
LIM04 ha evidenziato che i cambiamenti più rilevanti al forzamento delle onde nella troposfera, successivi agli eventi di Riscaldamento Stratosferico Improvviso (SSW), interessano la componente meridionale del flusso di Eliassen-Palm, in particolare per i numeri d’onda zonali 3 e superiori. Questa componente può essere approssimata attraverso il flusso di momento meridionale. Anomalie negative di questo flusso nella troposfera superiore rallentano il flusso zonale all’altezza dell’anomalia, generando anomalie dipolari nel campo della pressione superficiale, come documentato da Vallis et al. (2004).
La Figura 9 presenta le anomalie del flusso di momento, mediate nel tempo a 300 hPa, da 0 a 20 giorni (prima fila) e da 20 a 40 giorni (seconda fila) dopo la data centrale dell’evento. Le analisi relative agli spostamenti del vortice sono illustrate nella colonna di sinistra, mentre quelle per le divisioni del vortice nella colonna di destra. In ogni pannello, l’anomalia complessiva è indicata dalla linea nera, e i contributi dei numeri d’onda 1-2, 3-4 e 5-7 sono rispettivamente rappresentati dalle linee blu, rosse e verdi. Le porzioni continue delle linee indicano anomalie statisticamente significative (p<0,10), calcolate mediante test t.
Nel contesto degli spostamenti del vortice, si osservano notevoli anomalie negative del flusso di momento, localizzate intorno ai 60°N, in seguito all’evento (Figg. 9a,c). La posizione di queste anomalie corrisponde precisamente con la decelerazione del vento zonale medio mostrata nelle Figg. 7b e 7c. Le anomalie si manifestano in tutte e tre le bande di numero d’onda considerate. Invece, per quanto riguarda la composizione relativa alle divisioni del vortice, si nota una distinta differenza nel flusso di momento anomalo poco dopo il riscaldamento (Fig. 9b) e a più di 20 giorni dalla data centrale dell’SSW (Fig. 9d). Presso la data centrale, l’anomalia più significativa del flusso di momento segue la divisione del vortice vicino al getto subtropicale, intorno ai 35°N. Con il declino dell’SSW, emergono significative anomalie del flusso di momento associate al getto extratropicale, intorno ai 55°N, coerenti con la decelerazione del vento zonale medio tra i 50° e i 60°N (Fig. 7e), in un modo simile a quanto osservato negli spostamenti del vortice. La Figura 9b indica che quasi la totalità di questo flusso di momento anomalo è attribuibile alle onde di numero d’onda zonale 3 e 4.
Prima dell’SSW, le anomalie del flusso di momento risultano modeste sia nei casi di spostamento che di divisione del vortice. Le modifiche al flusso di momento meridionale che seguono gli SSW sono in linea con studi recenti che dimostrano la sensibilità dei sistemi baroclinici alle variazioni del taglio del vento nella bassa stratosfera (Wittman et al. 2004, 2007).
La Figura 8 illustra le anomalie del flusso di calore meridionale ponderate per area, misurate tra i 45° e 75°N sulla superficie di pressione di 100 hPa, distinte in due pannelli: (a) per gli spostamenti dei vortici e (b) per le divisioni dei vortici.
- Linea nera: rappresenta l’anomalia totale del flusso di calore meridionale.
- Linea rossa: indica l’anomalia del flusso di calore attribuibile al numero d’onda zonale 1.
- Linea blu: corrisponde all’anomalia del flusso di calore dovuta al numero d’onda zonale 2.
Le sezioni continue di ogni linea segnalano che il flusso di calore medio è statisticamente significativo, divergendo da zero con un livello di confidenza del 10%.
Analisi dei Pannelli:
- Pannello (a) – Spostamenti dei Vortici:
- Si osserva un incremento significativo delle anomalie del flusso di calore meridionale immediatamente prima dell’evento centrale, seguito da una riduzione post-evento. Ciò suggerisce un intensificarsi del trasporto di calore verso nord prima dell’SSW, che diminuisce rapidamente dopo l’evento.
- Il contributo predominante è del numero d’onda zonale 1, come evidenziato dalla linea rossa che mostra picchi notevoli in corrispondenza dell’evento.
- Pannello (b) – Divisioni dei Vortici:
- Analogamente, questo grafico rivela un marcato aumento delle anomalie del flusso di calore meridionale poco prima dell’SSW, seguito da variazioni significative dopo l’evento.
- In questo scenario, mentre il numero d’onda zonale 1 rimane influente, la linea blu, rappresentante il numero d’onda zonale 2, mostra una maggiore presenza, particolarmente nelle fasi successive all’evento.
Questi dati forniscono una chiara visualizzazione della dinamica del flusso di calore associata agli eventi SSW, evidenziando il ruolo critico dei diversi numeri d’onda zonali nel modulare il trasporto meridionale di calore durante queste perturbazioni atmosferiche significative.
La Figura 9 illustra le anomalie del flusso di momento meridionale medio, misurate a 300 hPa in funzione della latitudine, categorizzate per diversi numeri d’onda zonali durante fasi specifiche seguenti un evento di riscaldamento stratosferico. Le anomalie sono rappresentate come segue:
- Linea nera: indica l’anomalia totale del flusso di momento.
- Linea blu: rappresenta la somma delle anomalie associate ai numeri d’onda zonali 1 e 2.
- Linea rossa: mostra la somma delle anomalie per i numeri d’onda zonali 3 e 4.
- Linea verde: corrisponde alla somma delle anomalie per i numeri d’onda zonali 5, 6 e 7.
Le porzioni continue di ciascuna linea segnalano significatività statistica, con un livello di confidenza del 10%.
Analisi Specifica dei Pannelli:
- Pannello (a) – Spostamenti dei Vortici, 0 a 20 Giorni Post-Riscaldamento:
- Qui osserviamo anomalie significative del flusso di momento a latitudini elevate, specialmente attorno ai 60° N, dove predominano le onde di basso numero d’onda (evidenziate dalla linea blu).
- Pannello (b) – Divisioni dei Vortici, 0 a 20 Giorni Post-Riscaldamento:
- Simile al pannello (a), questo grafico evidenzia un notevole contributo delle onde con numeri d’onda 3 e 4 (linea rossa), particolarmente pronunciato vicino ai 30° N e 60° N.
- Pannello (c) – Spostamenti dei Vortici, 20 a 40 Giorni Post-Riscaldamento:
- In questa fase, le anomalie si mostrano meno marcate rispetto al periodo immediatamente successivo all’evento, con una distribuzione più omogenea tra le varie bande di numero d’onda.
- Pannello (d) – Divisioni dei Vortici, 20 a 40 Giorni Post-Riscaldamento:
- Emergono influenze incrementate delle onde di medio e alto numero d’onda (linee rosse e verdi), con anomalie focalizzate intorno ai 55° N.
Questi grafici offrono una visione approfondita su come il flusso di momento meridionale è influenzato dai vari numeri d’onda zonali dopo un riscaldamento stratosferico, mostrando differenze significative a seconda del tempo trascorso dall’evento e della tipologia di dinamica vorticosa implicata.
6. Impatto Troposferico
Questa sezione si propone di analizzare l’impatto comparativo degli spostamenti e delle divisioni dei vortici sulla circolazione troposferica, rispondendo all’ultima questione sollevata nell’introduzione. Il nostro studio ha avuto inizio con la costruzione di composizioni tempo-altitudine dell’indice NAM, seguendo l’esempio della Figura 2a di Baldwin e Dunkerton (2001), applicato ai due tipi di SSW. Si è tuttavia riscontrato che la struttura dell’indice NAM per entrambi i tipi di evento risultava estremamente sensibile, in particolare nella troposfera: dimensioni e tempistiche delle anomalie dell’indice NAM composito potevano essere significativamente modificate dall’inclusione o dall’esclusione anche di un solo evento. Di conseguenza, non è stato possibile utilizzare i grafici compositi tempo-altitudine dell’indice NAM per discernere le differenze nell’impatto troposferico tra gli spostamenti e le divisioni dei vortici.
In alternativa, abbiamo presentato inizialmente mappe compositive delle anomalie dell’altezza geopotenziale a 1000 hPa, specifiche per i due tipi di SSW. Seguendo l’approccio di Baldwin e Dunkerton (2001), abbiamo esaminato il periodo di 0-60 giorni successivi a ciascun evento. La Figura 10 illustra le mappe compositive delle anomalie dell’altezza geopotenziale a 1000 hPa durante tale lasso di tempo, calcolate separatamente per gli spostamenti dei vortici, le divisioni dei vortici e le loro differenze. Nella mappa composita degli spostamenti dei vortici si osserva il tipico segnale troposferico degli SSW: un incremento dell’altezza geopotenziale sopra la calotta polare e una diminuzione nell’Atlantico settentrionale a medie latitudini (cfr. Fig. 9 in LIM04). Questa configurazione ha una forte correlazione sia con l’indice dell’Oscillazione Nord Atlantica (NAO) che con l’NAM. Al contrario, le anomalie dell’altezza geopotenziale conseguenti alle divisioni dei vortici mostrano un carattere più globale, includendo picchi positivi sull’Eurasia centrale e sull’Oceano Pacifico (Fig. 10b), con il picco nel Pacifico posizionato direttamente sopra il centro di azione del NAM a 1000 hPa.
Le differenze nella risposta troposferica tra i due tipi di SSW persistono anche escludendo gli eventi SSW che non presentano una grande ampiezza dell’indice NAM nella stratosfera. Ciò è evidenziato nelle Figure 10d e 10e, che mostrano le anomalie dell’altezza geopotenziale medie composte solo per quegli SSW nel nostro dataset che superano la soglia dell’indice NAM di 3 a 10 hPa, il criterio usato da Baldwin e Dunkerton (2001) per definire gli Eventi di Riscaldamento Stratosferico Estremo (ESE). Come nelle mappe compositive di tutti gli SSW, la struttura dell’anomalia risultante dagli spostamenti dei vortici è marcatamente concentrata nel settore atlantico (Fig. 10d), mentre la struttura dell’anomalia derivante dalle divisioni dei vortici è più distribuita globalmente, con un’amplitude ridotta nel settore atlantico (Fig. 10e).
Le differenze nei modelli di anomalie troposferiche contribuiscono a chiarire la struttura delle differenze nella risposta media zonale tra i due tipi di SSW e a interpretare la struttura delle anomalie dell’altezza geopotenziale quando gli spostamenti e le divisioni dei vortici vengono analizzati congiuntamente. La Figura 10f illustra la media delle Figure 10d e 10e e può essere direttamente confrontata con la Figura 3a di Baldwin e Dunkerton (2001). In entrambi i casi, emergono lievi anomalie positive dell’altezza geopotenziale nella regione dell’Oceano Pacifico, associate qui alle divisioni dei vortici.
Le notevoli anomalie positive dell’altezza geopotenziale a 1000 hPa nel settore pacifico, conseguenti alle divisioni dei vortici, sono inaspettate e non sono state osservate in precedenti studi sulla risposta del NAM alla variabilità stratosferica. Per esaminare più approfonditamente la struttura di queste anomalie nel settore del Pacifico, abbiamo calcolato le serie temporali dell’altezza geopotenziale media tra i 30°–60°N e 170°–230°W, per le divisioni e gli spostamenti dei vortici (Figura 11). Le significative anomalie positive durante le divisioni dei vortici si manifestano fino a 60 giorni prima della data centrale e sembrano persistere durante tutto il periodo di riscaldamento analizzato.
Dato che queste anomalie positive dell’altezza geopotenziale nel Pacifico si presentano prima della data centrale dell’SSW, è plausibile che non rappresentino una reazione del flusso troposferico ai cambiamenti nella stratosfera. In effetti, il modello delle alte anomalie dell’altezza geopotenziale nel medio Pacifico è simile alla fase positiva del pattern Pacifico-Nord Americano (PNA), descritto da Wallace e Gutzler nel 1981. Altri studi hanno recentemente esplorato le connessioni tra il PNA e la variabilità stratosferica (Sassi et al. 2004, e riferimenti citati), in particolare i suoi legami con l’Oscillazione Meridionale El Niño (Taguchi e Hartmann 2006). È noto da tempo che la fase positiva del PNA è associata a significative anomalie del numero d’onda zonale 2 nell’altezza geopotenziale della bassa stratosfera (Baldwin e O’Sullivan 1995).
Considerando che i modelli di anomalie nella troposfera associati alle divisioni dei vortici sono complessi e potrebbero non essere tutti direttamente legati ai cambiamenti stratosferici, risulta difficile diagnosticare l’impatto relativo degli spostamenti e delle divisioni dei vortici sul flusso troposferico complessivo. Come precedentemente menzionato, la prassi standard consiste nel costruire grafici compositi dell’indice NAM intorno alla data centrale. Poiché è risultato complesso confrontare l’impatto dei diversi tipi di riscaldamenti sulla troposfera usando i grafici dell’indice NAM composito, abbiamo optato per confrontare l’indice NAM integrato a 10 e 1000 hPa per tutti i riscaldamenti.
La Figura 12a illustra l’indice NAM integrato a 10 hPa, calcolato da 1 a 10 giorni successivi all’SSW, in relazione al giorno dell’inverno in cui si verifica il riscaldamento. Non si osservano differenze significative tra l’indice NAM relativo alle divisioni dei vortici (simboli neri) e agli spostamenti dei vortici (simboli grigi), soprattutto durante la metà dell’inverno. È evidente una stagionalità marcata nell’indice NAM nella stratosfera: gli SSW che avvengono più avanti nella stagione invernale mostrano un indice NAM notevolmente inferiore rispetto a quelli di metà inverno. Questo rispecchia le anomalie più contenute della temperatura della calotta polare per gli SSW di marzo, come mostrato nella Figura 2. Nella Figura 12a, i triangoli indicano gli SSW che non sono classificati come ESE. I due SSW durante NDJF che non sono ESE sono l’SSW 19, all’inizio di dicembre 1981, e l’SSW 30, all’inizio di gennaio 2002. Mentre l’SSW 19 registra un’ampiezza di temperatura ridotta, l’SSW 30 presenta la terza più grande anomalia di temperatura della calotta polare a 10 hPa registrata. Questa discrepanza tra l’ampiezza degli SSW nell’indice NAM e le anomalie della temperatura della calotta polare suggerisce che l’indice NAM potrebbe non essere sempre l’indicatore più affidabile dell’ampiezza degli SSW.
La Figura 12b presenta l’indice NAM medio nella troposfera, calcolato da 10 a 60 giorni dopo ogni SSW. Come nella stratosfera, non si notano differenze sostanziali tra le divisioni e gli spostamenti dei vortici, e si riscontra una notevole variabilità dell’indice NAM a seguito degli SSW. Questo è particolarmente vero per gli SSW che sono anche classificati come ESE e che mostrano un’ampia variazione nella stratosfera. La correlazione tra l’indice NAM a 10 hPa, mediato da 1 a 10 giorni dopo l’SSW, e l’indice NAM a 1000 hPa, mediato da 10 a 60 giorni dopo l’SSW, è 0,69 considerando tutti gli SSW, ma scende a soli 0,08 quando gli ESE sono esclusi. L’evidente mancata corrispondenza tra gli indici NAM stratosferici e troposferici è rappresentata nella Figura 12c, dove abbiamo graficato l’indice NAM a 1000 hPa rispetto a quello a 10 hPa.
L’indice NAM potrebbe non essere il metodo più efficace per caratterizzare l’ampiezza dell’impatto degli SSW sulla troposfera, data la differenza nelle strutture di risposta tra le divisioni e gli spostamenti dei vortici. Per verificare se l’uso dell’indice NAM come indicatore dell’impatto degli SSW sulla troposfera possa introdurre un bias nei risultati mostrati in Figura 12, è stata elaborata una figura analoga che utilizza l’anomalia dell’altezza geopotenziale RMS, ponderata per area da 20° a 90°N, come strumento diagnostico del disturbo troposferico. La Figura 13 espone i risultati di questa analisi. Pur riducendo la variabilità sia nella troposfera che nella stratosfera, il diagnostico dell’altezza geopotenziale RMS rivela ancora una volta scarse differenze significative nella risposta troposferica seguita sia alle divisioni che agli spostamenti dei vortici.
In conclusione, i risultati presentati suggeriscono che, nonostante le divisioni e gli spostamenti dei vortici mostrino strutture nettamente diverse nella stratosfera e abbiano diversi precursori, il loro impatto complessivo sull’emisfero troposferico è sostanzialmente simile. Questa constatazione è in contrasto con i risultati di Nakagawa e Yamazaki (2006), che hanno rilevato che gli SSW con numero d’onda 2 si propagano nella troposfera, mentre quelli con numero d’onda 1 no. Nel loro studio, gli SSW sono classificati in base al loro impatto sul flusso troposferico, mostrando che lo stato medio del flusso d’onda precedente agli SSW possiede caratteristiche di numero d’onda 2. Tuttavia, questo non dimostra che tutti gli eventi che influenzano la troposfera presentino caratteristiche di numero d’onda 2; come osservato anche da Nakagawa e Yamazaki, circa la metà degli SSW con numero d’onda 1 influisce sulla struttura della temperatura troposferica.
la Figura 10 illustra le anomalie dell’altezza geopotenziale a 1000 hPa dopo diversi tipi di riscaldamenti stratosferici maggiori:
- Pannello (a): Presenta le anomalie medie composite dell’altezza geopotenziale associati a tutti gli spostamenti dei vortici considerati nello studio. Questo pannello fornisce una visione generale dell’effetto dei riscaldamenti stratosferici quando i vortici si spostano.
- Pannello (b): Simile al pannello (a), questo grafico mostra le anomalie dell’altezza geopotenziale per gli eventi di divisione dei vortici. Offre un’opportunità di confrontare direttamente le differenze tra gli spostamenti e le divisioni dei vortici, evidenziando come ciascun tipo di evento influenzi l’altezza geopotenziale.
- Pannello (c): Illustra le differenze tra le anomalie risultanti dagli spostamenti dei vortici e quelle delle divisioni dei vortici. I contorni neri spessi indicano che le differenze sono statisticamente significative al livello di confidenza dello 0.1, mettendo in luce le regioni dove i due tipi di eventi mostrano un impatto contrastante sulla troposfera.
- Pannello (d): Mostra specificamente le anomalie dell’altezza geopotenziale per gli spostamenti dei vortici secondo l’analisi di Baldwin e Dunkerton (2001). Questo permette un confronto focalizzato con i risultati storici e metodologie specifiche.
- Pannello (e): Analogamente al pannello (d), ma focalizzato sulle divisioni dei vortici, seguendo lo stesso studio. Questo consente di esaminare in modo isolato l’effetto delle divisioni dei vortici secondo le metriche utilizzate da Baldwin e Dunkerton.
- Pannello (f): Unisce i risultati dei pannelli (d) e (e), fornendo una rappresentazione integrata delle anomalie dell’altezza geopotenziale per entrambi gli spostamenti e le divisioni dei vortici come analizzate in quel particolare studio.
Complessivamente, la Figura 10 fornisce un’analisi dettagliata e comparativa delle risposte troposferiche ai diversi tipi di riscaldamenti stratosferici, evidenziando come vari tipi di eventi possano avere impatti distinti sulla struttura atmosferica inferiore.
La Figura 11 illustra l’anomalia dell’altezza geopotenziale a 1000 hPa, ponderata per area, nel settore geografico compreso tra 60°N e 30°N e tra 170°W e 230°W. Questa visualizzazione copre un arco temporale di 60 giorni centrato sulla data dell’evento di riscaldamento stratosferico maggiore. Le linee continue rappresentano il composito relativo agli spostamenti dei vortici, mentre le linee tratteggiate indicano il composito delle divisioni dei vortici.
Le linee più spesse mostrano la media mobile su 21 giorni, applicata per smorzare le fluttuazioni di breve termine e mettere in risalto le tendenze più stabili e a lungo termine nei cambiamenti dell’altezza geopotenziale. Questa metodologia di levigatura è cruciale per discernere i modelli sottostanti che possono essere oscurati dalla volatilità giornaliera.
L’analisi grafica rivela fluttuazioni notevoli nelle anomalie dell’altezza geopotenziale correlate sia agli spostamenti che alle divisioni dei vortici. In particolare, le anomalie associate alle divisioni dei vortici (linee tratteggiate) appaiono più pronunciate rispetto a quelle degli spostamenti dei vortici (linee continue), suggerendo un impatto potenzialmente più estremo o differentemente configurato di questi eventi sulla struttura atmosferica nella regione in esame.
L’ampiezza delle variazioni osservate prima e dopo la data centrale dell’evento evidenzia l’influenza significativa che tali fenomeni stratosferici esercitano sulla dinamica atmosferica di questo specifico settore geografico, riflettendo come tali eventi possano alterare i pattern meteorologici su scala regionale e temporale estesa.
la Figura 12 analizza l’indice NAM per ciascun evento di riscaldamento stratosferico maggiore:
- (a) Media 1-10 giorni dopo la data centrale alla pressione di 10 hPa: Questo pannello mostra l’indice NAM medio nei primi 10 giorni successivi alla data centrale dell’evento, registrato a 10 hPa. È particolarmente utile per osservare l’impatto immediato dei riscaldamenti stratosferici sulla circolazione dell’alta atmosfera. I simboli neri indicano le divisioni dei vortici, mentre i simboli grigi rappresentano gli spostamenti dei vortici. I cerchi segnalano gli eventi stratosferici che sono stati classificati anche come ESE, mentre i triangoli rappresentano gli eventi non classificati come ESE.
- (b) Media 10-60 giorni dopo la data centrale al livello di 1000 hPa: Questo grafico estende l’analisi all’impatto a lungo termine dei riscaldamenti sulla troposfera, osservando l’indice NAM a 1000 hPa. Qui, la distribuzione temporale e l’intensità dell’impatto troposferico possono essere valutate per periodi fino a due mesi dopo l’evento. Si utilizzano gli stessi simboli del pannello (a) per distinguere tra tipi di eventi e la loro classificazione come ESE.
- (c) Diagramma di dispersione dei dati in (a) e (b): Questo pannello correla l’indice NAM a 10 hPa nei primi 10 giorni con quello a 1000 hPa nei 10-60 giorni successivi. L’obiettivo è esplorare la relazione tra le risposte iniziali nella stratosfera e gli effetti a lungo termine nella troposfera, offrendo una visione complessiva della dinamica tra questi due strati atmosferici.
In conclusione, la Figura 12 fornisce una panoramica multidimensionale sull’effetto dei riscaldamenti stratosferici maggiori sul comportamento dell’indice NAM, sia nella stratosfera che nella troposfera. L’analisi di questi dati è fondamentale per comprendere come tali eventi possano influenzare la circolazione atmosferica globale e, di conseguenza, il clima e le condizioni meteorologiche estese.
La Figura 13 esamina in dettaglio le anomalie dell’altezza geopotenziale RMS (Root Mean Square), ponderate per area, per ciascun evento di riscaldamento stratosferico individuale. Questo approccio fornisce una valutazione precisa dell’effetto di questi eventi sulla struttura verticale dell’atmosfera.
- (a) Anomalia dell’altezza geopotenziale a 10 hPa da 1 a 10 giorni: Questo pannello visualizza le anomalie RMS a 10 hPa nei primi 10 giorni successivi alla data centrale di ciascun evento di riscaldamento, distribuiti dai mesi di novembre a marzo. I simboli neri denotano le anomalie associate alle divisioni dei vortici, mentre i simboli grigi si riferiscono agli spostamenti dei vortici. I cerchi identificano gli eventi classificati come estremi (ESE), e i triangoli quelli che non raggiungono tale classificazione.
- (b) Anomalia dell’altezza geopotenziale a 10 hPa da 10 a 60 giorni: Analogo al pannello (a), ma estende l’osservazione delle anomalie RMS dall’10° al 60° giorno dopo l’evento. Questo grafico permette di esplorare l’effetto persistente dei riscaldamenti stratosferici sul profilo altimetrico dell’atmosfera nel medio termine.
- (c) Confronto delle anomalie dell’altezza geopotenziale tra 10 hPa e 1000 hPa: Il grafico a dispersione mette in relazione le anomalie a 10 hPa con quelle a 1000 hPa, entrambe misurate nei primi 10 giorni successivi all’evento. Questa analisi facilita la comprensione di come le perturbazioni nella stratosfera alta possano correlarsi con variazioni nella troposfera bassa.
In sintesi, la Figura 13 utilizza il calcolo RMS per quantificare l’ampiezza delle perturbazioni indotte dai riscaldamenti stratosferici, offrendo una visione integrata e multi-temporale dell’impatto di questi fenomeni sulla dinamica atmosferica. Questo approccio permette di apprezzare sia le immediate conseguenze stratosferiche che gli effetti protratti nella troposfera, contribuendo significativamente alla comprensione della connessione tra eventi stratosferici e variazioni climatiche globali.
7. Benchmark della Modellazione
Oltre a migliorare la nostra comprensione degli SSW (Sudden Stratospheric Warmings), la climatologia che abbiamo descritto mira a fornire supporto pratico ai numerosi team di ricerca impegnati nello sviluppo di modelli GCM (Global Climate Models) accurati per la stratosfera. Un aspetto cruciale di questo sforzo consiste nella validazione dei GCM che risolvono la stratosfera. Tradizionalmente, la validazione dei GCM si è concentrata sul confronto tra le statistiche (come la media temporale) dei campi modelizzati e quelli derivati dalle rianalisi, come illustrato in dettaglio da Pawson et al. (2000). Recentemente, la comunità scientifica specializzata nella modellazione stratosferica ha iniziato a adottare un approccio alternativo, concentrando l’attenzione sui processi singoli che influenzano il clima e la chimica della stratosfera (Eyring et al. 2004). Considerando gli SSW come i fenomeni dinamici più significativi in stratosfera, essi richiedono un’attenzione particolarmente elevata.
In quest’ottica, la Tabella 3 presenta una serie di benchmark dinamici per gli SSW, utili per la validazione delle simulazioni modello. I dati presentati derivano dal set di dati di rianalisi NCEP-NCAR, con l’errore standard di ogni stima evidenziato tra parentesi. Gli SSW sono classificati in base al tipo, distinguendo tra scissioni del vortice e spostamenti del vortice.
I benchmark selezionati nella Tabella 3 sono pensati per rappresentare il ciclo vitale degli SSW, e l’ordine in tabella suggerisce l’importanza relativa di ogni diagnostico.
I benchmark sono definiti come segue:
- La frequenza annuale dei riscaldamenti stratosferici improvvisi maggiori. I modelli GCM che risolvono la stratosfera dovrebbero riuscire a prevedere un numero accurato di tali eventi.
- La temperatura media ponderata per area della calotta polare a 10 hPa, nell’intervallo 90°–50°N, cinque giorni dopo la data centrale. Gli SSW dovrebbero mostrare l’ampiezza adeguata a questo livello, dove sono definiti.
- La temperatura media ponderata per area della calotta polare a 100 hPa, sempre nell’intervallo 90°–50°N, cinque giorni dopo la data centrale. Questo parametro dovrebbe indicare l’adeguato accoppiamento tra la stratosfera media e quella bassa.
- La variazione della velocità zonale media zonale, misurata a 60°N e 10 hPa, tra i 15 e i 5 giorni prima della data centrale rispetto ai 0-5 giorni dopo. Questo cambiamento dovrebbe riflettere una realistica decelerazione nella stratosfera media.
- La temperatura media ponderata per area, questa volta a 100 hPa, nei 20 giorni che precedono la data centrale. Questo indice dovrebbe mostrare un flusso di calore adeguato, che suggerisce una causale di riscaldamento dovuta alla propagazione verso l’alto delle onde di Rossby della troposfera.
- La variazione media ponderata dell’altezza geopotenziale a 1000 hPa, tra i 20° e i 90°N, nei 10-60 giorni successivi alla data centrale. Dopo ogni evento di SSW, dovrebbe verificarsi una perturbazione dell’evoluzione stagionale della troposfera, a indicare un corretto livello di accoppiamento tra stratosfera e troposfera.
- L’indice medio NAM a 100 hPa, nei 10-60 giorni successivi alla data centrale. La risposta troposferica a ogni evento di riscaldamento dovrebbe allinearsi adeguatamente con il modello NAM. Nonostante nelle sezioni precedenti abbiamo osservato che l’NAM potrebbe non essere un indicatore preciso dell’impatto degli SSW sulla troposfera, esso viene incluso a causa della sua diffusa applicazione.
La Tabella 3 elenca una serie di benchmark dinamici per i riscaldamenti stratosferici improvvisi maggiori durante il periodo invernale. Questi benchmark sono categorizzati in tre gruppi: tutti gli SSW, gli SSW che comportano uno spostamento del vortice e quelli che portano a una scissione del vortice. Di seguito sono riportate le misure chiave:
- Frequenza: Questo indice mostra quante volte si verificano gli SSW all’anno in media, fornendo valori specifici per gli eventi che coinvolgono spostamenti o scissioni del vortice.
- Temperatura media della calotta polare nella stratosfera media: Indica l’anomalia media della temperatura nella stratosfera media (intorno ai 10 km di altitudine) misurata durante gli eventi di SSW.
- Temperatura media della calotta polare nella stratosfera bassa: Rappresenta l’anomalia media della temperatura nella stratosfera bassa (intorno ai 100 km di altitudine) durante gli SSW, un parametro che aiuta a valutare l’accoppiamento tra i livelli stratosferici.
- Variazione della velocità del vento zonale: Misura le modifiche nella velocità media del vento zonale alla quota di circa 10 km, confrontando i periodi prima e dopo l’evento centrale degli SSW.
- Temperatura della calotta polare prima dell’evento: Questo indice misura l’anomalia della temperatura nella stratosfera bassa nei 20 giorni precedenti la data centrale dell’evento, offrendo una prospettiva sulle condizioni che precedono gli SSW.
- Anomalia dell’altezza geopotenziale nella troposfera: Indica come l’altezza geopotenziale a livello del suolo cambia nei 10-60 giorni successivi a un evento di SSW, fornendo indicazioni sull’impatto degli SSW sulla dinamica troposferica.
- Risposta troposferica secondo l’indice NAM: Valuta come la risposta atmosferica nella troposfera segue i modelli previsti dall’indice modale artico del Nord nei giorni successivi a un SSW.
Ogni valore è accompagnato da un errore standard, che fornisce una misura della variabilità o incertezza associata a ciascuna stima. Questi benchmark sono cruciali per valutare l’accuratezza dei modelli climatici nel simulare gli SSW e i loro effetti complessivi sulla stratosfera e sulla troposfera.
8. Conclusioni
In questo studio, abbiamo sviluppato una nuova climatologia per gli eventi di riscaldamento stratosferico improvviso (SSW) di metà inverno, impiegando un algoritmo innovativo che abbiamo creato per estrarre automaticamente gli SSW da vasti dataset e per differenziare tra i vari tipi di SSW. Questo strumento si è dimostrato efficace e facile da implementare, superando i metodi di analisi soggettiva precedentemente utilizzati.
Attraverso questo strumento, siamo stati in grado di rispondere alle domande poste nell’introduzione dello studio:
- Gli SSW si verificano con una frequenza media di 0,62 eventi ogni stagione invernale. Le scissioni del vortice risultano quasi frequenti quanto gli spostamenti del vortice, con il 46% degli eventi dal 1957/58 al 2001/02 classificati come scissioni. L’ampiezza media degli SSW nella stratosfera media è di 7,8 K, mostrando minime differenze tra scissioni e spostamenti del vortice.
- La distribuzione stagionale delle scissioni e degli spostamenti del vortice differisce significativamente. Le scissioni del vortice tendono a verificarsi principalmente in gennaio e febbraio, e raramente in marzo, mentre gli spostamenti del vortice sono distribuiti in tutti i mesi invernali, con una prevalenza in dicembre e marzo. Non emerge una chiara tendenza nella frequenza degli SSW tra gli anni ’60 e i primi anni 2000, nonostante la variabilità nel numero di questi eventi nel corso di questo periodo, con anni come i primi anni ’70 e la fine degli anni ’90 particolarmente attivi.
- Gli spostamenti e le scissioni del vortice presentano distinte dinamiche. Prima di questi eventi, la struttura verticale e orizzontale della stratosfera e della troposfera differisce notevolmente. Un forte flusso zonale anomalo nella troposfera è cruciale per il verificarsi delle scissioni del vortice, che sono anche caratterizzate da un flusso anomalo significativo nel settore del Pacifico. È evidente anche un’attività ondulatoria precoce come precursore per le scissioni del vortice, a differenza degli spostamenti.
- Nonostante le differenze nelle strutture spaziali dell’impatto troposferico tra scissioni e spostamenti del vortice, l’impatto medio sulla troposfera è simile. Questo indica che il meccanismo attraverso il quale la stratosfera influisce sul flusso troposferico dopo gravi perturbazioni stratosferiche potrebbe essere poco influenzato dalla struttura esatta delle anomalie nella stratosfera inferiore.
Con questi risultati, il nostro prossimo passo è analizzare gli SSW in diversi modelli climatici globali attuali che includono la risoluzione della stratosfera, come discusso nel prossimo articolo.
Corrigendum
Andrew J. Charlton-Perez
Dipartimento di Meteorologia, Università di Reading, Reading, Regno Unito
Lorenzo M. Polvani
Dipartimento di Fisica Applicata e Scienze Ambientali, e Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente, Università di Columbia, New York, New York
(Manoscritto ricevuto e approvato il 18 maggio 2011)
Si è rilevato un errore nella metodologia descritta da Charlton e Polvani (2007). La frase iniziale dell’ultimo paragrafo, colonna destra, pagina 451, erroneamente afferma: “Una volta identificato un riscaldamento, nessun giorno entro i 20 giorni dalla data centrale può essere definito come un SSW.” Questa formulazione è imprecisa. La dichiarazione corretta è: “Una volta identificato un riscaldamento, deve intercorrere un intervallo di 20 giorni consecutivi con venti occidentali prima che possa essere definita una nuova data centrale.” Desideriamo esprimere la nostra gratitudine a Felix Bunzel ed Elisa Manzini dell’Istituto Max Planck per la Meteorologia per aver evidenziato questa imprecisione.
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