3.1 Introduzione
In questo capitolo, presentiamo una gerarchia di modelli utilizzati per studiare il collasso del vortice polare durante gli eventi di Riscaldamento Stratosferico Sudden (SSW). Questo metodo consente di prevedere il comportamento del vortice in modelli stratosferici di crescente complessità partendo da quelli più semplici. Comprendendo i meccanismi alla base del collasso del vortice in sistemi elementari, possiamo esplorare il loro ruolo nei modelli più realistici.
La presentazione dei modelli inizia con quelli più complessi, procedendo poi verso quelli più idealizzati. Questo approccio, sebbene possa sembrare in contrasto con l’idea di modelli semplici che prevedono il comportamento di quelli complessi, facilita la giustificazione delle condizioni e delle ipotesi utilizzate per i modelli successivi e più semplificati.
Il capitolo è diviso in due sezioni principali. Nella prima, si parte con una descrizione sommaria delle equazioni primitive che governano il moto dei fluidi in un modello tridimensionale idealizzato della stratosfera, specificando le ipotesi su cui queste si basano. Da qui, deriviamo le equazioni quasi-geostrofiche tridimensionali (QG), che rappresentano il modello più complesso utilizzato in questa tesi. Questa derivazione include una discussione sulle condizioni al contorno appropriate, inclusa la rappresentazione delle forze alla frontiera inferiore. In questa fase, introduciamo anche le modalità verticali di Lamb del modello. Dimostriamo poi che il movimento dei fluidi nell’atmosfera può essere approssimato utilizzando un unico strato di fluido che obbedisce alle equazioni QG per acque basse bidimensionali.
Nella seconda sezione, partendo dal modello più idealizzato della nostra gerarchia, introduciamo algoritmi numerici che ci permetteranno di eseguire simulazioni completamente non lineari del comportamento del vortice in ogni modello.
3.2 Equazioni del Moto nell’Atmosfera
Il movimento del fluido dell’aria nell’atmosfera terrestre è governato dalle equazioni del moto. Queste equazioni considerano vari fattori: la forza centrifuga dovuta alla rotazione della Terra, rappresentata da un vettore di rotazione, la pressione atmosferica, la densità del fluido, e il potenziale gravitazionale effettivo, che comprende sia la forza di gravità che l’effetto della rotazione terrestre. Vengono anche prese in considerazione forze non conservative, come l’attrito.
Le equazioni del moto sono vincolate dalla relazione di conservazione della massa, che afferma che la massa del fluido si conserva nel tempo, tenendo conto del movimento del fluido stesso.
Il termine che rappresenta le forze non conservative, la velocità del fluido, il vettore di rotazione legato alla rotazione della Terra, la pressione, la densità del fluido, il potenziale gravitazionale effettivo, e la posizione in coordinate sferiche sono tutti elementi chiave di queste equazioni. Il geopotenziale gravitazionale è definito come il lavoro necessario per sollevare una massa unitaria dal livello del mare fino a un’altezza specifica sopra la superficie terrestre.
Oltre a queste equazioni di base, è anche fondamentale la legge dei gas ideali, che collega pressione, densità e temperatura dell’aria. Inoltre, la prima legge della termodinamica, applicata a flussi di aria che non scambiano calore con l’ambiente (flussi adiabatici), è un’altra componente essenziale per comprendere il movimento dei fluidi nell’atmosfera. La temperatura potenziale è un concetto chiave in questo contesto, definita come la temperatura che un pacchetto d’aria a una certa pressione e temperatura raggiungerebbe se venisse compresso o espanso adiabaticamente fino a raggiungere una pressione di riferimento standard. Questa temperatura potenziale è espressa attraverso una relazione che coinvolge la temperatura, la pressione, e specifiche costanti termiche dell’aria.
3.2.1 Equazioni Primitive
Nelle situazioni più comuni, le equazioni che descrivono il movimento dei fluidi nell’atmosfera terrestre possono essere eccessivamente complesse, soprattutto se consideriamo i flussi osservati nella stratosfera. Per questo, un approccio più semplificato è rappresentato dall’uso delle equazioni primitive, che governano il flusso dei fluidi nell’atmosfera. La derivazione di queste equazioni si basa su diverse assunzioni riguardanti il comportamento e la struttura dell’atmosfera terrestre, tra cui:
- L’approssimazione di un fluido poco profondo: si presume che l’altezza scala dell’atmosfera sia molto minore rispetto al raggio della Terra, considerata approssimativamente sferica.
- L’approssimazione tradizionale: si trascura la componente orizzontale del vettore di rotazione della Terra.
- L’approssimazione di un geopotenziale sferico: in un contesto dove la Terra è approssimata come sferica, le superfici di costante geopotenziale sono assunte come gusci sferici attorno al pianeta.
- L’approssimazione anelastica: tutte le variabili sono espresse come deviazioni da un profilo di riferimento che cambia verticalmente. Per esempio, la pressione è considerata come una somma di un valore di base e una piccola perturbazione.
- L’approssimazione idrostatica: si assume un equilibrio tra il gradiente di pressione verticale e le forze di gravità.
- L’approssimazione del piano-f: il sistema di coordinate è definito in termini di coordinate cartesiane situate sul piano tangente a un dato punto sulla superficie terrestre. L’altezza in questo sistema di coordinate è definita tramite l’altezza in termini di logaritmo della pressione.
Dall’analisi dei dati osservativi, emerge che la stratosfera polare invernale tende a essere quasi isotermica, mostrando variazioni di temperatura molto limitate con l’altezza. Di conseguenza, si stabilisce che il profilo di riferimento per la temperatura sia costante a tutte le quote, basandosi su osservazioni che indicano una temperatura di circa 210 Kelvin.
Con queste premesse, le equazioni del moto e di conservazione della massa vengono semplificate in combinazione con la prima legge della termodinamica. Questo processo porta a un set di equazioni primitive, che includono concetti come il gradiente orizzontale, la velocità orizzontale e verticale, e la negligenza di termini di riscaldamento diabatico e forze non conservative. Queste equazioni forniscono un quadro semplificato ma efficace per studiare il movimento dei fluidi nell’atmosfera terrestre, particolarmente nella stratosfera.
Nella trattazione dell’equazione del momento verticale, viene adottata l’approssimazione idrostatica, che sostituisce il concetto di pressione con quello di geopotenziale. Questo cambio di variabile si basa su una relazione che collega il geopotenziale al logaritmo della pressione e alla temperatura. Tale relazione è particolarmente efficace nell’esprimere la temperatura potenziale in termini più pratici.
Successivamente, si effettua una trasformazione delle variabili per riformulare l’equazione termodinamica. In questa nuova formulazione, si considerano la temperatura, la velocità verticale, e un termine che rappresenta la frequenza di galleggiamento costante, nota come frequenza di Brunt-Väisälä. Questa frequenza è un indicatore fondamentale per comprendere la stabilità dell’atmosfera e, in un contesto di stratosfera isotermica con una temperatura standard, assume un valore specifico.
Un’alternativa all’equazione termodinamica originale viene proposta, includendo il gradiente verticale del geopotenziale e la frequenza di Brunt-Väisälä, fornendo così una prospettiva diversa ma equivalente sulle dinamiche termodinamiche del sistema.
Per il confine inferiore del dominio di studio, si stabilisce il geopotenziale a un’altezza definita in termini di logaritmo della pressione, relazionata all’altezza fisica della superficie terrestre. Derivando questa relazione, si ottiene una nuova espressione che collega il geopotenziale, la velocità verticale e l’accelerazione gravitazionale.
Procedendo, si riorganizza l’equazione termodinamica per esprimere la velocità verticale in funzione del gradiente verticale del geopotenziale. Questa nuova espressione della velocità verticale viene poi inserita in un’altra equazione, portando a una relazione che integra il geopotenziale, la gravità e la frequenza di Brunt-Väisälä.
Infine, si effettua una sostituzione in questa equazione derivata per formulare un’ulteriore equazione che lega il gradiente verticale del geopotenziale, il geopotenziale stesso e l’altezza fisica della superficie terrestre.
Le equazioni discusse compongono le cosiddette equazioni primitive in coordinate cartesiane. È fondamentale rilevare che queste equazioni descrivono un sistema che si estende in modo semi-infinito in verticale, dal momento che non è stato definito un limite superiore nel modello. Questa caratteristica conferisce alle equazioni una grande versatilità nell’applicazione a diversi contesti atmosferici.
3.2.2 L’Approssimazione Quasi-Geostrofica in un’Atmosfera Isotermica
Anche se le equazioni primitive rappresentano una versione semplificata delle complete equazioni del moto per l’atmosfera, esse rimangono ancora piuttosto complesse. Tuttavia, per analizzare i flussi stratosferici di nostro interesse, è possibile applicare ulteriori semplificazioni senza perdere significativamente in realismo. In questa sezione, ci dedichiamo alla derivazione delle equazioni Quasi-Geostrofiche (QG), che descrivono il flusso in un’atmosfera compressibile soggetta a stratificazione e rotazione. Queste equazioni sono ottenute adottando una serie di ipotesi fisiche riguardo al flusso del fluido stratosferico nelle equazioni primitive.
Il processo inizia con la trasformazione in forma adimensionale delle equazioni primitive. Questo viene fatto definendo le dimensioni spaziali e temporali e trattando il parametro di Coriolis come una costante, assunta costante e calcolata al polo. Questa operazione porta a un insieme di equazioni in forma ridimensionata che comprendono aspetti chiave come il movimento del fluido, la variazione di pressione e la velocità verticale.
Le equazioni ridimensionate coinvolgono la trasformazione della velocità verticale e del tempo, calcolate come parte del processo di ridimensionamento. Altre quantità in queste equazioni includono il geopotenziale, il numero di Rossby, che indica il rapporto tra la forza inerziale e quella di Coriolis, e il numero di Froude, che rappresenta il rapporto tra la velocità del fluido e la velocità delle onde gravitazionali. In aggiunta, viene considerato il numero di Burger, un parametro che evidenzia l’importanza relativa della stratificazione rispetto alla rotazione nella dinamica dei flussi.
Confrontando queste equazioni con il numero di Rossby, si nota che la scala temporale è stata scelta per escludere gli effetti delle onde acustiche ad alta frequenza. Le condizioni del numero di Rossby molto inferiore a uno e della scala temporale molto minore del periodo di rotazione corrispondono a focalizzarsi sui “moti su larga scala e a bassa frequenza”. Questa scelta è in linea con le indicazioni di riferimenti bibliografici quali Andrews et al. (1985), e costituisce una base per semplificare ulteriormente lo studio dei flussi stratosferici.
Per semplificare, tutte le notazioni di quantità adimensionali sono omesse e si presume che tutte le variabili siano in forma adimensionale, a meno che non sia specificato diversamente. Il campo di velocità viene ora espresso come una combinazione della velocità geostrofica e delle correzioni ageostrofiche. La velocità geostrofica, definita da una specifica equazione vettoriale, rappresenta il flusso principale, mentre le correzioni ageostrofiche si occupano delle deviazioni da questo modello ideale.
L’applicazione della conservazione della massa a livello principale, considerando il piccolo parametro adimensionale, conferma una proprietà fondamentale delle velocità geostrofiche: la loro non-divergenza. Questo concetto è ulteriormente elaborato nell’assunzione quasi-geostrofica per la velocità orizzontale, portando a una trasformazione dell’equazione di conservazione del momento orizzontale planare.
Da questa trasformazione, derivano nuove relazioni che legano la velocità geostrofica e le sue correzioni ageostrofiche. Un’analisi dettagliata di queste equazioni a diversi ordini rivela proprietà importanti relative alla non-divergenza delle velocità geostrofiche e fornisce una nuova espressione che include la derivata materiale che segue la velocità geostrofica.
Incorporando la relazione tra vari parametri adimensionali e rielaborando l’equazione termodinamica, si ottiene un’espressione per la componente verticale della correzione di velocità. La sostituzione di questa espressione in un’altra equazione porta a una formulazione che integra il geopotenziale e altre variabili atmosferiche.
La condizione al confine inferiore per il sistema quasi-geostrofico in un’atmosfera isoterma è ottenuta rendendo adimensionale la condizione al confine inferiore delle equazioni primitive, considerando piccole altezze di forzamento nel sistema adimensionale.
Infine, il processo di ridimensionamento delle quantità conduce a una nuova interpretazione dell’equazione, che può essere vista come la conservazione della vorticità potenziale quasi-geostrofica. Questa equazione include termini che rappresentano la vorticità relativa su superfici isentropiche specifiche e contributi alla vorticità potenziale dovuti a dinamiche particolari come lo “stiramento del vortice”.
La condizione al confine inferiore, formulata per la temperatura potenziale al confine inferiore del modello, stabilisce una condizione iniziale specifica. Per i tempi successivi, la condizione al confine inferiore è rappresentata da un’altra specifica espressione. Queste formulazioni forniscono un framework essenziale per analizzare la dinamica atmosferica in contesti quasi-geostrofici.
Un aspetto cruciale del modello quasi-geostrofico (QG) sul piano f riguarda la forma della condizione al confine inferiore. Questa importanza deriva dal fatto che la temperatura potenziale è mantenuta costante sul confine inferiore del modello, come evidenziato in precedenza. Una questione fondamentale è capire come le diverse approssimazioni nella conservazione della temperatura potenziale sul confine inferiore influenzino la dinamica complessiva del sistema.
Un’approssimazione comunemente adottata è quella di mantenere costante la temperatura normale (T), anziché la temperatura potenziale, sul confine inferiore. Questo approccio implica che la derivata materiale della temperatura normale rispetto al tempo sia nulla su questo confine, il che si traduce nell’assumere che il valore di una particolare costante, presente in una formula precedente, sia zero. La conseguente condizione al confine inferiore per la funzione di corrente, definita come condizione di “Neumann” e chiamata “ersatz” da Esler e Scott (2005), stabilisce una relazione specifica tra la derivata della funzione di corrente rispetto alla verticale e il rapporto tra il quadrato della frequenza di Brunt-Väisälä e il parametro di Coriolis, calcolato sul confine inferiore.
Un’altra approssimazione diffusa riguardante la condizione al confine inferiore prevede che il geopotenziale sia definito direttamente sul confine inferiore. In questo caso, la funzione di corrente diventa uguale all’altezza fisica sul confine inferiore.
La scelta della condizione al confine inferiore assume un’importanza significativa nel calcolo delle modalità verticali normali del modello, come verrà mostrato nella sezione successiva. Questa scelta può influenzare notevolmente le caratteristiche e i risultati dei calcoli effettuati all’interno del modello atmosferico.
Il concetto di modalità normali verticali è fondamentale nell’analisi delle perturbazioni all’interno del modello tridimensionale quasi-geostrofico (QG), specialmente quando consideriamo un’atmosfera stratificata come semi-infinita. Queste modalità sono dedotte esaminando il comportamento del flusso del fluido in un contesto specifico, dove certe condizioni sono soddisfatte.
Si rivela che queste modalità normali verticali forniscono una base ortogonale essenziale, utilizzabile per implementare trasformazioni integrali lungo l’asse verticale, z. La teoria sottostante è basata sulla simmetria radiale, che implica che una funzione fondamentale, indicata come ψ, non dipende dalla coordinata azimutale φ. Questo permette di applicare un metodo di separazione delle variabili, che a sua volta porta a un’equazione differenziale ordinaria (ODE) che caratterizza un’ulteriore funzione, χ(z), soggetta a condizioni al contorno specifiche.
La soluzione di questa ODE, rispettando la condizione al confine imposta, dà origine a uno spettro continuo di numeri d’onda verticali. Ciò si traduce in un insieme di funzioni proprie ortonormali, ciascuna descritta da espressioni specifiche e soddisfacente una condizione di ortonormalità definita.
Oltre a questo spettro di funzioni ondulatorie, emerge un’altra soluzione distintiva di forma esponenziale, indicata come χ0(z). Questa soluzione appartiene alla stessa base ortonormale delle altre funzioni. L’integrazione diretta conferma che questa soluzione soddisfa tutte le condizioni richieste e aiuta a determinare una costante necessaria per la ortonormalità di questa funzione.
Nel contesto delle modalità normali verticali, la modalità χ0(z) viene identificata come la modalità di Lamb di ordine zero (o modalità esterna), mentre lo spettro di funzioni χ(z; m) è classificato come modalità Lamb barocline. Questa distinzione è fondamentale per comprendere pienamente la struttura e le dinamiche all’interno dell’atmosfera stratificata in esame.
Nel contesto delle modalità normali verticali in atmosfera, esistono due tipi principali di modalità. La prima, nota come modalità Lamb di ordine zero o modalità esterna, è indicata con χ0(z). La seconda comprende un’intera gamma di modalità, note come modalità Lamb barocline, rappresentate da χ(z; m). È interessante notare che, applicando una particolare condizione al contorno detta “sostitutiva”, la modalità Lamb di ordine zero assume una natura barotropica, ovvero diventa indipendente dall’altezza z. In questo scenario specifico, sia la funzione propria χ0(z) che il suo valore proprio associato assumono caratteristiche peculiari.
Quando si considera una stratosfera con un limite superiore, tipico in molti modelli quasi-geostrofici (QG) della stratosfera, si introduce un confine superiore nel modello. Questo è un passo necessario in modelli numerici, dove si deve imporre un “coperchio” per ragioni pratiche. Anche se questa condizione può sembrare poco realistica, posizionando il limite a un’altezza abbastanza grande, si può comunque raggiungere una buona approssimazione dell’atmosfera non limitata.
Modificare la condizione al contorno inferiore nel modello QG influisce sulle espressioni delle modalità normali verticali χ(z). Questo effetto è particolarmente significativo per la modalità esterna χ0(z), che perde la sua dipendenza dall’altezza se si utilizza la condizione al contorno sostitutiva invece di quella corretta. Quindi, l’introduzione di un limite superiore, con una relativa condizione al contorno, influisce anch’essa sulle modalità normali verticali χ(z).
In un lavoro di Dritschel e Saravanan, si introduce un limite superiore rigido nel modello QG, insieme a una condizione al contorno corrispondente a quell’altezza. La presenza di questo limite superiore trasforma la soluzione dell’equazione associata in un problema di Sturm-Liouville. Risolvendo l’equazione di Sturm-Liouville con le condizioni al contorno per una stratosfera limitata, si ottiene un insieme di funzioni proprie discrete, χn(z), numerabili ma infinite. Imporre una condizione di ortonormalità a queste funzioni proprie discrete nel dominio limitato porta all’identificazione di specifiche funzioni proprie ortonormali discrete.
Queste funzioni proprie discrete hanno ciascuna un valore proprio associato, che viene determinato sostituendo valori specifici in un’altra equazione. La base ortonormale derivata, quando applicata con le condizioni al contorno corrette sia ai limiti superiori che inferiori, è in linea con i risultati ottenuti in altri studi, assumendo determinate condizioni nelle espressioni correlate. Questo approccio conferma l’importanza della scelta delle condizioni al contorno nel modellare accuratamente la dinamica della stratosfera.
Equazione del potenziale vorticoso quasi-geostrofico (QG PV)
Una delle caratteristiche più significative dell’equazione del potenziale vorticoso quasi-geostrofico (QG PV) è la sua capacità di determinare la funzione di corrente, e di conseguenza la velocità nel fluido, interamente sulla base della distribuzione del potenziale vorticoso. Questo si realizza attraverso l’inversione di un operatore specifico, che permette di calcolare la funzione di corrente in un punto dato del fluido.
Al centro di questo processo sta la funzione di Green, G(x; x’), che soddisfa determinate condizioni legate al gradiente della funzione rispetto all’altezza z. La forma di questa funzione di Green è intrinsecamente legata alle modalità verticali del sistema in esame. Di conseguenza, qualsiasi modifica alla forma della condizione al contorno inferiore del sistema porterà a un cambiamento nella funzione di Green. Tale cambiamento influisce direttamente sul calcolo della funzione di corrente.
L’importanza di questa relazione tra la funzione di Green e la funzione di corrente risiede nella sua capacità di mostrare come variazioni nelle condizioni al contorno o nelle proprietà strutturali del sistema possano avere effetti diretti sulla dinamica del fluido. Questo legame critico tra le proprietà fisiche del sistema e la funzione di corrente è stato oggetto di studi approfonditi, come evidenziato in lavori specifici di ricercatori come Scott e Dritschel.
Modello quasi-geostrofico (QG) a singolo strato della stratosfera
Il modello quasi-geostrofico (QG) a singolo strato della stratosfera rappresenta un importante passo intermedio nella gerarchia dei modelli meteorologici. Questo modello si basa sulle equazioni fondamentali del movimento e della conservazione della massa che governano il flusso del fluido in un’atmosfera tridimensionale. In questo specifico modello, si assume che il fluido all’interno del singolo strato sia omogeneo, con una densità costante in tutto il fluido.
Questo modello semplifica le equazioni di base per adattarle a un contesto di acqua poco profonda nel quadro QG. Una parte cruciale di questo processo coinvolge la rappresentazione della profondità del fluido, che viene espressa come variazioni rispetto a una profondità di riferimento costante. Questa rappresentazione permette di adattare le dimensioni della profondità del fluido in modo specifico.
Le equazioni risultanti dell’acqua poco profonda vengono poi ridotte ulteriormente. Questa riduzione si basa sull’assunzione di un piccolo numero di Rossby, indicando un equilibrio tra i termini di Coriolis e altri termini significativi dell’equazione. Di conseguenza, si ottengono le equazioni dell’acqua poco profonda geostroficamente scalate.
Il passo successivo nel modello consiste nell’applicare il principio quasi-geostrofico. In questo approccio, la velocità del fluido viene espressa come una serie di piccole perturbazioni ageostrofiche rispetto alla velocità geostrofica. Analogamente, le variazioni della superficie del fluido e della topografia del fondo vengono espresse come serie.
Inserendo queste serie nelle equazioni semplificate si giunge a una serie di relazioni che collegano diversi aspetti della dinamica del fluido. Questi aspetti includono la velocità, la vorticità relativa e la topografia del fondo, con i cambiamenti nella superficie del fluido. Questo processo culmina nella conservazione della vorticità potenziale quasi-geostrofica.
Ridimensionando le equazioni si ottiene una formula che collega la vorticità potenziale a fattori come la distribuzione della vorticità e la topografia del fondo. Questo approccio fornisce una comprensione approfondita di come vari elementi interagiscano e influenzino la dinamica della stratosfera in un contesto quasi-geostrofico.
la Figura 3.1 fornisce una rappresentazione schematica di un modello di acqua poco profonda, che è utilizzato per descrivere i movimenti di un fluido sopra una superficie solida con irregolarità topografiche. Ecco un resoconto dettagliato di ogni elemento presente nello schema:
- H: Questa è la profondità di riferimento, che rappresenta la profondità media dell’acqua in uno stato di base o di quiete. È la distanza verticale dalla superficie libera del fluido ideale (senza perturbazioni) al fondo piatto.
- hT(x): Indica l’altezza della topografia rispetto alla base di riferimento. Questa linea ondulata nella parte inferiore dello schema rappresenta le variazioni nella topografia del fondo, come colline o valli sul fondo dell’oceano o di un fiume.
- h(x, t): Questa è l’altezza della superficie libera del fluido misurata dal fondo del modello a un certo punto x e a un certo istante t. Mostra come la superficie del fluido si eleva o si abbassa rispetto alla topografia sottostante nel tempo.
- η(x, t): Descrive l’altezza della perturbazione della superficie del fluido al di sopra della profondità di riferimento H. Questa è la distanza verticale dalla profondità di riferimento alla superficie libera del fluido, mostrando come la superficie si solleva o scende a causa di onde o altre forme di perturbazione.
- hD(x, t): Rappresenta la profondità effettiva del fluido al di sopra della topografia in ogni punto dato. È la distanza verticale dalla superficie libera del fluido al fondo topografico, che è calcolata sottraendo l’altezza della topografia hT(x) dall’altezza della superficie del fluido h(x, t).
Nello schema, la superficie dell’acqua è rappresentata con onde per indicare che la superficie del fluido non è piatta ma variabile nel tempo e nello spazio. La linea tratteggiata orizzontale rappresenta la profondità di riferimento H, che funge da punto di partenza per misurare le perturbazioni nella superficie del fluido (η) e la profondità dell’acqua effettiva (hD) rispetto alla topografia del fondo (hT).
Equazione della Vorticità Barotropica
Il modello più elementare nella nostra serie di modelli deriva dal prendere la formulazione dell’acqua poco profonda nel modello quasi-geostrofico e considerare il caso in cui il raggio di deformazione di Rossby tende all’infinito. In questa situazione, l’equazione che governa il flusso del fluido è l’equazione della vorticità barotropica, che è intrinsecamente bidimensionale.
Quando non si considera l’influenza della topografia, cioè in assenza di una forzante topografica, il modello si riduce ulteriormente e diventa equivalente alla forma del potenziale vorticoso delle equazioni di Eulero. Questa versione ridotta descrive il comportamento di un fluido bidimensionale senza l’effetto delle variazioni della topografia del fondo, focalizzandosi esclusivamente sull’interazione della funzione di corrente con la vorticità del fluido.
Modelli Numerici per lo Studio dell’Evoluzione del Vortice Polare in un’Atmosfera Quasi-Geostrofica Compressibile
Per analizzare il comportamento del vortice polare durante gli eventi di Riscaldamento Stratosferico Improvviso (SSW), è fondamentale utilizzare esperimenti numerici che riproducano il comportamento del vortice secondo i diversi modelli della nostra gerarchia.
Nei modelli a singolo strato, come quelli discussi nelle sezioni precedenti, si impiega un algoritmo noto come Dinamica dei Contorni Quasi-Geostrofica con Chirurgia dei Contorni (QGCS-2D), come proposto inizialmente da Dritschel nel 1988. Per simulare il flusso nel modello f-piano cilindrico QG, menzionato in un’altra sezione, si ricorre a due diversi algoritmi che sono stati adottati in studi precedenti e che verranno esaminati in questa sezione.
Il primo è un modello tridimensionale di Chirurgia dei Contorni Quasi-Geostrofica (QGCS) utilizzato in studi da Dritschel e Saravanan nel 1994, Waugh e Dritschel nel 1999 e Wang e Fyfe nel 2000. Il secondo metodo è l’algoritmo Semi-Lagrangiano Advettivo dei Contorni (CASL) sviluppato da Dritschel e Ambaum nel 1997 e applicato al dominio cilindrico in lavori successivi, incluso quello di Macaskill e colleghi nel 2003. Questo approccio è stato adottato in ricerche condotte da Dritschel e altri nel 1999, Scott e altri nel 2004, e Esler e Scott nel 2005.
Dinamica dei Contorni Quasi-Geostrofica con Chirurgia (QGCS): Bidimensionale
L’algoritmo di Dinamica dei Contorni Quasi-Geostrofica con Chirurgia (QGCS) fa parte della famiglia di modelli numerici di dinamica dei contorni. Questi modelli sono particolarmente notevoli per il loro approccio unico nel calcolare l’evoluzione del flusso: tracciano il movimento di contorni con vorticità potenziale costante a tratti.
Nel modello f-piano quasi-geostrofico, si considera una macchia di vortice, ossia un’area del fluido con vorticità potenziale omogenea. La relazione tra la vorticità potenziale della macchia e la funzione di corrente è definita da un’equazione specifica. La funzione di Green corrispondente soddisfa un’altra equazione e ha una soluzione che implica l’uso di una particolare funzione di Bessel. La funzione di corrente per il flusso è quindi ottenuta integrando la distribuzione della vorticità potenziale, composta da un numero finito di macchie di vortice.
Applicando il teorema di Green, si può ottenere la velocità orizzontale in ogni punto del fluido. Questa velocità può essere calcolata con relativa facilità utilizzando una rappresentazione a nodi dei contorni di ciascuna macchia di vortice, dove la densità dei nodi è definita da un parametro. Calcolando numericamente gli integrali di contorno, si determina la velocità in ciascun nodo.
Per portare a termine l’avvezione dinamica nel sistema, il campo di velocità viene calcolato in ogni posizione dei nodi della vorticità potenziale e viene eseguita un’integrazione numerica di quarto ordine per un piccolo intervallo temporale per calcolare la nuova posizione di ciascun nodo.
La conversione dell’integrale di area in un integrale lungo i contorni dei vortici, dove si verifica una discontinuità nella vorticità potenziale, è uno degli aspetti più vantaggiosi dell’algoritmo QGCS. Ciò significa che la dinamica può essere determinata solamente dalla posizione e dall’intensità dei nodi ai confini della vorticità potenziale, evitando così la necessità di discretizzazioni costose nella griglia orizzontale.
Un ulteriore vantaggio del metodo di integrazione della dinamica dei contorni è che, se due nodi adiacenti si separano troppo durante l’avvezione di un contorno, vengono inseriti nodi aggiuntivi per mantenere la spaziatura richiesta. Allo stesso modo, se i nodi diventano troppo vicini su un contorno, alcuni possono essere rimossi, riducendo il carico computazionale senza compromettere l’accuratezza. Questo si contrappone ai metodi che utilizzano una griglia discretizzata, dove il numero di punti di griglia rimane costante nel tempo, aumentando il costo computazionale complessivo.
Un’altra caratteristica apprezzabile dell’algoritmo QGCS è che il movimento è illimitato in orizzontale, evitando la necessità di introdurre confini artificiali nel modello durante la simulazione dell’evoluzione dei vortici.
Infine, il modello incorpora un processo di “chirurgia dei contorni”, che interviene per eliminare strutture di vorticità potenziale troppo fini rispetto a una determinata scala di taglio, migliorando l’efficienza computazionale. Anche se questo processo di rimozione della vorticità potenziale può sembrare problematico in quanto viola la conservazione della vorticità potenziale, in pratica le quantità rimosse sono talmente piccole che non si osservano effetti rilevanti sulla dinamica complessiva del flusso.
Algoritmo Quasi-Geostrofico di Contorno Dinamico con Chirurgia (QGCS) in 3D
Nel modello tridimensionale QGCS, viene introdotta una coordinata verticale, stabilendo confini rigidi in alto e in basso (indicati come z = 0 e z = D). Questo modello tridimensionale è illimitato orizzontalmente, allo stesso modo del suo corrispondente bidimensionale.
I concetti fondamentali del QGCS tridimensionale sono simili a quelli della versione bidimensionale. Il modello suddivide lo spazio verticale in diversi strati, ognuno rappresentante un’altezza di pressione logaritmica specifica. In ciascuno strato, il vortice polare è rappresentato attraverso contorni continui, ciascuno con un valore costante di vorticità potenziale (PV) specifico per quel contorno. Questi contorni sono ulteriormente suddivisi in nodi, ognuno portatore del valore PV del proprio contorno.
La funzione di Green per questa configurazione è definita per un dominio cilindrico limitato verticalmente. Questa funzione è poi utilizzata per calcolare la funzione di corrente su ogni strato. Il calcolo è ridotto a un integrale sul piano orizzontale per ogni strato, consentendo l’uso delle tecniche standard di dinamica dei contorni.
La distribuzione PV su ogni strato consiste in un numero finito di patch vorticosi, ognuno con un distinto salto PV al confine del vortice. La velocità in qualsiasi punto di uno strato è derivata differenziando la funzione di corrente e applicando il Teorema di Green. Questo converte l’integrale dell’area in un integrale di confine intorno a ciascun patch vorticoso.
Il processo di movimento dei nodi sui confini dei vortici e l’eliminazione dei filamenti vorticosi a scala fine è lo stesso del QGCS bidimensionale. Poiché i confini superiori e inferiori del modello sono piatti e rigidi, la forzatura topografica non può essere rappresentata modificando l’elevazione di queste superfici. Tuttavia, è possibile simulare la forzatura al confine posizionando una distribuzione PV non avvezionabile negli strati modello inferiori e superiori. Questo approccio crea un campo di velocità che imita la forzatura fisica, come dimostrato in uno studio di Dritschel e Saravanan.
Algoritmo Contour Advective Semi-Lagrangian (CASL)
L’algoritmo CASL, sviluppato da Dritschel e Ambaum nel 1997, rappresenta un approccio ibrido che combina l’approccio Lagrangiano, come visto nel modello QGCS, con un metodo spettrale basato su griglia. Questo algoritmo condivide alcune caratteristiche fondamentali con il QGCS:
- Il modello è suddiviso in L strati di spessore uniforme.
- In ogni strato l, la k-esima regione di vorticità è rappresentata da una serie di nodi che hanno una vorticità potenziale costante a tratti, q_k_l. Ogni nodo rappresenta una discontinuità nella PV tra l’interno e l’esterno del confine del vortice.
- La forzatura ai confini inferiori e superiori è rappresentata da contributi aggiuntivi di PV in fogli non advettivi negli strati più bassi e più alti.
A ogni passo temporale, il campo di velocità di ciascun nodo viene calcolato e un’integrazione Runge-Kutta del quarto ordine è usata per determinare le nuove posizioni dei nodi. Inoltre, viene eseguita una “chirurgia dei contorni” per rimuovere i filamenti di PV fini.
Diversamente dal modello QGCS, nel CASL le velocità nei nodi non sono calcolate attraverso un integrale intorno ai contorni vorticosi. Invece, le velocità vengono calcolate interpolando le posizioni dei nodi e i loro valori di PV su una griglia cilindrica non uniforme (r, φ, z). Dopo questa interpolazione, si utilizzano metodi spettrali a differenze finite per calcolare le velocità nei punti della griglia. Queste velocità vengono poi interpolate nuovamente per determinare le velocità nelle posizioni dei nodi. Questo metodo richiede un dominio orizzontale limitato, a differenza del dominio orizzontale illimitato del QGCS.
Il testo descrive poi brevemente gli aspetti spettrali dell’algoritmo CASL e le implicazioni del dominio orizzontale finito, facendo riferimento a uno studio di Macaskill e altri nel 2003. In questo contesto, l’algoritmo impiega coordinate polari cilindriche e applica trasformazioni discrete, soprattutto nella gestione delle equazioni del modello, con un focus specifico sulla discretizzazione del dominio nella coordinata radiale.
Per gli obiettivi di questo studio, si ritiene utile utilizzare una griglia non uniforme arbitraria nella direzione radiale r al fine di mantenere la flessibilità di modificare la risoluzione della griglia all’interno del dominio. Questo approccio consente di aumentare la risoluzione della griglia nelle aree dove si prevede l’advezione della vorticità potenziale (PV), come nelle regioni polari, mantenendo contemporaneamente una risoluzione più bassa in quelle aree dove non si prevede l’advezione della PV. In tal modo, si ottimizza l’efficienza computazionale del modello.
L’approccio combinato di metodi spettrali e differenze finite usato nell’algoritmo CASL si rivela notevolmente meno oneroso dal punto di vista computazionale rispetto al metodo dell’integrale di contorno utilizzato nell’algoritmo QGCS. Questo significa che è possibile utilizzare una griglia cilindrica relativamente grossolana per calcolare la velocità in ogni nodo, consentendo così di eseguire numerosi esperimenti numerici con una perdita minima di accuratezza. Questo rappresenta un vantaggio considerevole, specialmente quando è necessario effettuare molteplici simulazioni sperimentali, come sarà evidente nei capitoli 6 e 7.
Tuttavia, le imprecisioni derivanti dalla relativa grossolanità della griglia spettrale nell’algoritmo CASL possono renderlo inadatto per certe applicazioni. In particolare, i tentativi di indagare la struttura di strutture vorticose tridimensionali stazionarie hanno rivelato che l’algoritmo CASL non è adatto a questo scopo. Piccole imprecisioni nei calcoli della velocità lungo il confine del vortice si sono rivelate troppo grandi per trovare soluzioni vorticose stazionarie senza un significativo aumento della risoluzione della griglia e, di conseguenza, del costo computazionale.
Un’ulteriore preoccupazione nell’utilizzo del modello CASL riguarda l’influenza dei confini orizzontali, che corrispondono alle pareti del dominio cilindrico. Tuttavia, impostando la scala orizzontale del dominio in modo che sia molto grande rispetto al vortice polare (tipicamente rD≈10R, dove R è il raggio tipico del vortice), l’impatto di questi confini sul flusso viene considerato trascurabile.