https://cp.copernicus.org/articles/20/841/2024
Le variazioni millenarie del clima dell’ultimo periodo glaciale, come i cicli Dansgaard–Oeschger (DO) e gli eventi Heinrich, sono state studiate in dettaglio utilizzando dati proxy derivati da carote di ghiaccio e record marini. Tuttavia, rimangono lacune nella comprensione dell’entità di queste fluttuazioni di temperatura nelle aree continentali e persistono interrogativi sul segnale stagionale di tali eventi climatici. Questo studio introduce una ricostruzione della temperatura che copre un arco temporale di 60.000 anni, basata sui glicerol dialchil glicerol tetraeteri ramificati (brGDGT) estratti dai sedimenti lacustri del Campo Vulcanico Eifel, in Germania. I brGDGT sono lipidi che attraversano le membrane batteriche e sono noti per la loro forte correlazione con la temperatura, rendendoli strumenti adeguati per le ricostruzioni termiche. Nel nostro lavoro, abbiamo valutato diversi modelli di calibrazione della temperatura su campioni moderni raccolti da suoli e diversi laghi maar. È emerso un bias negativo nelle stime della temperatura basate sui brGDGT, associato alla profondità dell’acqua e alle condizioni anossiche, che abbiamo corretto considerando un isomero di brGDGT prodotto esclusivamente in condizioni anossiche. La ricostruzione della temperatura corretta mostra una correlazione con le stime di proxy e con i modelli climatici per lo stesso periodo, confermando la validità dell’approccio di calibrazione adottato. Nonostante ciò, la variabilità su scala millenaria appare notevolmente ridotta nel record dei brGDGT e, a differenza di altri record climatici dell’emisfero nord, durante alcuni stadiali Heinrich si registra un effettivo aumento delle temperature. Queste apparenti discrepanze sono spiegabili attraverso la risposta stagionale specifica del paleotermometro brGDGT alle temperature dei mesi sopra lo zero (TMAF). I nostri dati supportano l’ipotesi che le temperature della stagione calda in Europa siano rimaste relativamente stabili durante l’ultimo periodo glaciale e che gli eventi climatici millenari improvvisi fossero caratterizzati da inverni più freddi e prolungati. La nostra ricostruzione continua e ad alta risoluzione della temperatura fornisce dati cruciali sull’ampiezza della variabilità climatica stagionale nel corso dell’ultimo periodo glaciale, utili per la validazione dei modelli climatici e per gli studi di cambiamenti paleoecologici.
1 Introduzione: Variazioni Climatiche Millenarie dell’Ultimo Periodo Glaciale
Le variazioni climatiche su scala millenaria durante l’ultimo periodo glaciale, come i cicli di Dansgaard–Oeschger (DO) e gli eventi di Heinrich, sono ampiamente documentate nei record di proxy derivati dai carotaggi dei ghiacci e dai record marini (Rasmussen et al., 2014; Davtian e Bard, 2023; Martrat et al., 2007; Dansgaard et al., 1993). Un riscaldamento brusco, registrato nei carotaggi del ghiaccio in pochi decenni all’inizio degli interstadiali della Groenlandia (GI), è seguito da un raffreddamento graduale, creando un modello ripetuto a forma di sega (Rasmussen et al., 2014; membri del North Greenland Ice Core Project, 2004). I livelli granulari di detriti trasportati dal ghiaccio nell’Atlantico settentrionale sono indicatori degli eventi di Heinrich (Heinrich, 1988), associati a pronunciate diminuzioni delle temperature superficiali del mare e a grandi cambiamenti nelle condizioni oceanografiche, inclusa l’attenuazione della Circolazione Meridionale dell’Atlantico (AMOC) (Martrat et al., 2007; Davtian e Bard, 2023; Bohm et al., 2015) e l’espansione del ghiaccio marino nell’Atlantico settentrionale (De Vernal et al., 2006). Eventi climatici su scala millenaria sono evidenziabili anche nei record terrestri europei del periodo glaciale, compresi i sedimenti lacustri e i record paleoecologici (Duprat-Oualid et al., 2017; Guiot et al., 1993; Wohlfarth et al., 2008; Ampel et al., 2010; Fletcher et al., 2010; Stockhecke et al., 2021), il loess (Prud’homme et al., 2022; Újvári et al., 2017), e gli speleotemi (Genty et al., 2003; Spötl e Mangini, 2002; Genty et al., 2010). Il polline depositato nei core di sedimenti marini al largo delle coste della Penisola Iberica e della Francia conferma che questi eventi millenari si sono verificati in Europa in modo sincrono con i cambiamenti oceanografici (Sánchez Goñi et al., 2000, 2008). Tuttavia, manca una stima quantitativa continua delle fluttuazioni di temperatura attraverso questi eventi nel continente europeo, limitando la nostra comprensione dell’entità della variabilità climatica millenaria in ambienti terrestri. La scarsità di dati proxy porta a interpretazioni divergenti riguardo l’entità del cambiamento della temperatura associato a questi eventi millenari e, in particolare, il ruolo delle condizioni stagionali mutevoli nel guidare i cambiamenti osservati nei record proxy. I glicerol dialchil glicerol tetraeteri (GDGT) offrono una possibilità unica per stimare quantitativamente le temperature passate nelle regioni continentali. I GDGT ramificati (brGDGT) sono lipidi delle membrane batteriche e si trovano in un’ampia gamma di ambienti, inclusi laghi, suoli, loess e ambienti marini (Hopmans et al., 2004; Schouten et al., 2013; De Jonge et al., 2014; Xiao et al., 2016; Raberg et al., 2022).Le origini specifiche degli organismi che producono questi lipidi non sono ancora completamente chiarite; tuttavia, ricerche recenti indicano che certi ceppi di Acidobacteria sono capaci di produrre i brGDGTs in ambiente controllato (Halamka et al., 2023; Chen et al., 2022; Sinninghe Damsté et al., 2011). Studi hanno ripetutamente confermato che la temperatura è un fattore determinante nella distribuzione dei brGDGTs, influenzando in particolare il loro grado di metilazione. Questo legame è stato verificato tramite esperimenti in laboratorio (Martínez-Sosa et al., 2020; Martínez-Sosa e Tierney, 2019; Halamka et al., 2023), l’analisi di dataset globali (Raberg et al., 2022, 2021; Martínez-Sosa et al., 2021; Naafs et al., 2017; Dearing Crampton-Flood et al., 2020; Weijers et al., 2007; De Jonge et al., 2014; Russell et al., 2018), e il monitoraggio diretto sul campo (Zhao et al., 2021). I brGDGTs conservati nei sedimenti dei laghi offrono registrazioni continue e di alta risoluzione delle temperature storiche. Negli ultimi anni, la ricerca si è focalizzata sull’estensione dei dataset di calibrazione globali per il paleotermometro brGDGT lacustre. Sebbene inizialmente si pensasse che i brGDGT nei sedimenti lacustri provenissero dal suolo (Hopmans et al., 2004), studi più recenti hanno stabilito che la maggior parte di questi lipidi si forma nell’ambiente acquatico (Bechtel et al., 2010; Tierney e Russell, 2009; Tierney et al., 2010; Van Bree et al., 2020; Weber et al., 2018, 2015; Zhao et al., 2021; Wang et al., 2023). Le ultime calibrazioni globali hanno rivelato che i brGDGT rispondono alla temperatura dei mesi sopra lo zero (TMAF), probabilmente perché la crescita batterica diminuisce notevolmente sotto le temperature di congelamento e la copertura di ghiaccio sui laghi separa i produttori di brGDGT lacustri dalle condizioni atmosferiche (Dearing Crampton-Flood et al., 2020; Martínez-Sosa et al., 2021; Raberg et al., 2021; Cao et al., 2020). Le due calibrazioni più recenti della temperatura per i brGDGT lacustri hanno mostrato errori tra 2.1 e 2.9 °C, coprendo una vasta gamma di laghi in tutto il mondo (Raberg et al., 2021; Martínez-Sosa et al., 2021), confermando che questo proxy può essere utilizzato efficacemente per le ricostruzioni quantitative delle temperature passate.Sebbene esista una correlazione diffusa tra la temperatura e la distribuzione dei brGDGT, interpretare i record paleoclimatici basati su questi lipidi presenta diverse sfide. Diversi elementi, oltre alla temperatura, influenzano la distribuzione dei brGDGT, introducendo potenziali distorsioni nelle ricostruzioni termiche. Tra questi fattori non climatici si annoverano l’ossigenazione e/o la profondità dell’acqua (Weber et al., 2018, 2015; Van Bree et al., 2020; Halamka et al., 2023; Stefanescu et al., 2021), la salinità (Wang et al., 2021), il pH (De Jonge et al., 2014; Parish et al., 2023; Martínez-Sosa e Tierney, 2019) e la conducibilità (Raberg et al., 2021). Inoltre, variazioni nelle fonti dei brGDGT possono avere un impatto significativo sulle ricostruzioni termiche; ad esempio, i brGDGT prodotti nei suoli tendono a generare una sovrastima delle temperature quando vengono inseriti in equazioni calibrative lacustri (Ramos-Román et al., 2022; Martin et al., 2020). Anche le variazioni delle comunità batteriche all’interno di un lago possono alterare i segnali di temperatura, risultando in una sottostima delle temperature per i GDGT prodotti a profondità inferiori al termoclino (Van Bree et al., 2020; Weber et al., 2018; Stefanescu et al., 2021; Sinninghe Damsté et al., 2022).
Nel contesto di questo studio, abbiamo analizzato i brGDGT estratti da un record sedimentario composito dei laghi maar di Eifel (Sirocko et al., 2021), al fine di ricostruire le temperature dei mesi sopra lo zero (TMAF) con una risoluzione multicentenaria. Abbiamo impiegato campioni moderni per verificare le calibrazioni di temperatura basate sui brGDGT, e abbiamo utilizzato un isomero prodotto unicamente in condizioni anossiche per correggere i bias associati alla produzione di brGDGT nell’ipolimnion di laghi stratificati. Questo record termico fornisce un’importante prospettiva sulla variabilità climatica su scala millenaria e sull’evoluzione dei gradienti di temperatura stagionali in Europa centrale nel corso degli ultimi 60.000 anni.
2 Metodi e materiali
2.1 Area di studio e raccolta campioni
Il Campo Vulcanico dell’Eifel nella Germania occidentale è caratterizzato da oltre 250 coni di scorie di età quaternaria (Schmincke, 2007) ed è noto per i suoi bacini di maar, 7 dei quali sono attualmente laghi, mentre altri più di 60 sono stati riempiti di sedimenti (Sirocko, 2016). Il clima moderno della regione è un clima oceanico temperato (Cfb), con inverni freddi (temperatura media di gennaio = 0 °C), estati calde (temperatura media di luglio = 16 °C) e precipitazioni distribuite durante tutto l’anno (precipitazione media annua = 817 mm) (Deutscher Wetterdienst, Centro dati climatici). Il paesaggio moderno è un mosaico di aree agricole, uso del suolo urbano e macchie di foreste a foglia larga decidue o foreste miste di conifere e latifoglie.
Il progetto Archivio dei Sedimenti Laminati dell’Eifel (ELSA) ha sistematicamente perforato le caratteristiche del maar nell’Eifel (Sirocko, 2016). Cinque siti di maar (Tabella 1; Figura 1) sono rilevanti per lo studio attuale: Auel (secco) Maar (AU), Gemündener Maar (GM), Weinfelder Maar (WM), Holzmaar (HM) e Schalkenmehrener Maar (SM). Nuclei di sedimenti ottenuti da Auel Maar (AU3, AU4), Holzmaar (HM3, HM4) e Schalkenmehrener Maar (SMF1, SMF2) sono stati utilizzati per costruire un record continuo di 60.000 anni (mazzetto ELSA-20), che è stato precedentemente investigato per cambiamenti nella vegetazione (Sirocko et al., 2016, 2022), produttività lacustre (Sirocko et al., 2021), inondazioni (Brunck et al., 2016) e polvere (Fuhrmann et al., 2021). La cronologia per il mazzetto ELSA-20 si basa su una combinazione di conteggi di varve, strati marker, stratigrafia pollinica, età al radiocarbonio e sintonizzazione dei dati ad alta risoluzione di Corg con il record δ18O di NGRIP (Sirocko et al., 2021, 2022). Per la nostra analisi downcore dei GDGTs, sono stati analizzati 317 campioni, con ogni campione che tipicamente copre 10 cm. In media (mediana), ogni campione rappresenta circa 43 anni, e l’intervallo tra ciascun punto medio del campione è di 116 anni (intervallo 14–1380 anni); la risoluzione temporale è più bassa per il periodo 24.000 anni b2k (anni prima del 2000 d.C.) a oggi. I campioni da Auel Maar rappresentano il periodo 58.340–14.300 anni b2k, Holzmaar rappresenta 14.200–690 anni b2k, e Schalkenmehrener Maar rappresenta 630–0 anni b2k.
Campioni moderni di suoli (n = 13) sono stati prelevati nelle vicinanze di Gemündener Maar, Weinfelder Maar, Holzmaar e Schalkenmehrener Maar. Sono stati prelevati anche sedimenti superficiali lacustri da Holzmaar e Schalkenmehrener Maar; ogni campione di sedimento superficiale rappresenta approssimativamente i primi 4 cm di sedimento. Quattro campioni sono stati prelevati da una profondità d’acqua di 19 m in Holzmaar, mentre un traspetto di profondità da 0,5 a 21,7 m di profondità d’acqua è stato ottenuto a Schalkenmehrener Maar (n = 18). Inoltre, 13 campioni dai primi 50 cm (rappresentanti sedimenti più giovani del 1900 d.C.) di nuclei di sedimenti prelevati da Gemündener Maar, Holzmaar e Schalkenmehrener Maar sono stati inclusi nel set moderno di campioni (totale di 48 campioni) che sono stati utilizzati per testare le calibrazioni GDGT contro i dati climatici moderni.
la Figura 1 è composta da due parti, (A) e (B), che forniscono informazioni geografiche e climatiche relative all’area di studio dell’Eifel nella Germania occidentale:Parte (A): Correlazione spaziale della temperatura annuale
- Questa mappa mostra la correlazione tra la temperatura annuale misurata nel sito ELSA e le temperature superficiali regionali nel periodo tra il 1900 e il 2015.
- Le aree colorate rappresentano diversi coefficienti di correlazione, che variano da -0.6 (indicato dal blu scuro) a +0.6 (rosso scuro), come indicato dalla barra dei colori in basso. Un valore positivo indica una correlazione diretta (quando la temperatura in una regione aumenta, lo stesso avviene nel sito ELSA), mentre un valore negativo indica una correlazione inversa.
- L’area centrale in rosso marcato con “ELSA” evidenzia una correlazione positiva, suggerendo che le variazioni di temperatura nel sito ELSA sono ben rappresentative delle tendenze climatiche regionali durante questo periodo.
- I dati sono tratti dalle rianalisi del XX secolo NOAA-CIRES-DOE V3 e la mappa è stata realizzata utilizzando il KNMI Climate Explorer.
Parte (B): Mappa topografica dei siti campione
- Questa mappa mostra l’elevazione topografica e la posizione dei cinque siti di studio: Auel Maar (AU), Gemündener Maar (GM), Weinfelder Maar (WM), Holzmaar (HM) e Schalkenmehrener Maar (SM).
- L’elevazione è rappresentata in scala di colori che va da 100 metri (azzurro chiaro) a 700 metri (marrone scuro) sopra il livello del mare, come indicato dalla scala di colori sulla destra.
- Ogni sito è marcato con un punto e etichettato con le rispettive iniziali. Questi punti indicano la posizione geografica dei maar dove sono stati raccolti i campioni di sedimenti per lo studio.
- I dati topografici provengono da Natural Earth Data.
Questa spiegazione evidenzia le componenti chiave della mappa, rendendo più facile identificare e comprendere gli aspetti importanti dello studio condotto nell’area del Campo Vulcanico dell’Eifel.
2.2 Scansione a Fluorescenza a Raggi X dei Nuclei di Sedimento
I campioni di sedimento prelevati da Holzmaar (HM4) e Auel Maar (AU4) sono stati analizzati utilizzando uno scanner a fluorescenza a raggi X (XRF) marca Avaatech presso l’Istituto Max Planck per la Chimica a Mainz, allo scopo di ottenere dati elementari in forma semiquantitativa. Le superfici dei nuclei sono state prima levigate e appiattite impiegando una lama, e successivamente ricoperte con un film Ultralene di SPEX CertiPrep dello spessore di 4 µm, per prevenire contaminazioni e disidratazione durante le misurazioni. Le analisi XRF sono state eseguite impiegando un tubo ad anodo di rodio, impostato a una tensione di 10 kV e una corrente di 550 µA, con un tempo di conteggio di 10 secondi per ogni misura. La risoluzione raggiunta durante le misurazioni era di 0,5 mm. Abbiamo utilizzato i conteggi del titanio (Ti) come indicatore dell’apporto di sedimenti clastici terrigeni, mentre il rapporto zolfo/titanio (S/Ti) è stato usato come indicatore di anossia ipolimnica o dei sedimenti.
La Tabella 1 riassume le caratteristiche dei siti di studio e le loro proprietà relative al progetto di ricerca. Ecco una spiegazione dettagliata degli elementi presenti nella tabella:
- Lago: Il nome del lago o del maar analizzato.
- ID: Identificativo unico per ciascun lago, utile per riferimenti brevi nei testi e analisi.
- Longitudine e Latitudine: Coordinate geografiche che indicano la posizione del lago in gradi est (E) e nord (N).
- Altitudine (m s.l.m.): Altezza del lago rispetto al livello del mare, espressa in metri.
- Profondità dell’acqua (m): Profondità massima del lago, se disponibile.
- Diametro (m): Il diametro massimo del lago.
- MAAT (°C): Temperatura media annuale dell’aria, riferita alla media del periodo 1901–2016, come dal dataset CRU TS v4.01.
- TMAF (°C): Temperatura media dei mesi al di sopra del punto di congelamento.
- Campioni (n): Numero di campioni raccolti dal sito, divisi tra campioni da superficie del suolo, superficie del lago e nucleo del lago.
Dettagli specifici per ogni lago:
- Auel (dry) Maar (AU): Questo lago è attualmente asciutto, con un’altitudine di 456 metri e un diametro di 1325 metri. È stato raccolto un gran numero di campioni dal nucleo del lago (285).
- Holzmaar (HM): Situato a 425 metri di altitudine, con una profondità d’acqua di 21 metri e un diametro di 272 metri. Sono stati raccolti 4 campioni dal suolo e 39 dal nucleo del lago.
- Schalkenmehrener Maar (SM): A un’altitudine di 420 metri, questo lago ha una profondità di 31 metri e un diametro di 328 metri. Anche qui sono stati raccolti campioni di suolo e del nucleo del lago.
- Gemündener Maar (GM): Con un’altitudine di 407 metri, una profondità di 28 metri e un diametro di 309 metri, sono stati raccolti 3 campioni di suolo e 18 campioni dal nucleo del lago.
- Weinfelder Maar (WM): Situato a 484 metri di altitudine con una profondità di 51 metri e un diametro di 525 metri, ma non sono disponibili dati sui campioni raccolti.
Questa tabella fornisce un’utile panoramica delle condizioni geografiche e climatiche dei siti di studio, che sono cruciali per analizzare le dinamiche ambientali e climatiche della regione.
Estrazione e Misurazione di GDGT nei Campioni di Sedimento
I campioni sono stati sottoposti a liofilizzazione e omogeneizzazione, per poi essere estratti utilizzando un estrattore a solventi accelerato (ASE), seguendo il metodo a due frazioni per sedimenti lacustri e suolo come descritto da Auderset et al. (2020). Quantità variabili tra 0,2 e 3,51 g di sedimento secco sono state pesate in una cella ASE insieme a circa 16 g di gel di silice, precedentemente cotto a 500 °C per 5 ore e disattivato con il 5% di acqua Milli-Q, conservato poi in n-esano. L’estrazione è stata realizzata in due fasi utilizzando n-esano e una miscela 1 : 1 di diclorometano e metanolo, i quali sono stati pompati attraverso le celle a 100 °C e 100 bar. La frazione contenente diclorometano e metanolo include le molecole di GDGT.
Dopo l’estrazione, è stato aggiunto agli estratti un quantitativo noto (circa 700 ng) di standard interno di GDGT C46 (Patwardhan e Thompson, 1999). I solventi sono stati successivamente evaporati usando una centrifuga a bassa pressione (Rocket di Genevac). I campioni sono stati poi sciolti nuovamente in circa 1 mL di una miscela di n-esano e 2-propanolo (98,5 : 1,5), filtrati attraverso filtri PTFE da 0,4 µm, e infine i solventi sono stati evaporati utilizzando un FlexiVap. I campioni sono stati risciolto in 300 µL di una miscela di n-esano e 2-propanolo (9 : 1) o in un volume maggiore per campioni particolarmente concentrati.
La misurazione dei GDGT è stata effettuata con uno spettrometro di massa HPLC Agilent 1260 Infinity, utilizzando un metodo basato su quello di Hopmans et al. (2016), con un flusso di 0,2 mL/min di una miscela 9:1 di n-esano e 2-propanolo attraverso due colonne di silice (UPLC BEH HILIC, 1.7 µm) a 200 bar. Di ogni campione sono stati iniettati 5 µL. Per il controllo qualità, è stato eseguito uno standard interno di laboratorio basato sui sedimenti dell’Atlantico Nord (come riportato in Auderset et al., 2020) con ogni batch di campioni, al fine di identificare i singoli composti di GDGT. L’analisi dei dati e l’integrazione dei picchi sono state effettuate utilizzando il software Agilent MassHunter. I composti isoprenoidi e brGDGT standard, così come l’isomero IIIa00 prodotto in condizioni di bassa ossigenazione, sono stati identificati secondo quanto riportato in Hopmans et al. (2016) e Weber et al. (2018, 2015). Il limite di rilevamento di ciascun composto misurato è stato determinato seguendo il metodo di Currie (1999) (Eq. 14), basato sull’analisi ripetuta (n = 17) dei bianchi di metodo. La riproducibilità del metodo è stata valutata attraverso l’estrazione e la misurazione ripetute (n = 17) di un singolo campione di sedimento (Tabella S1).
Calibrazione della Temperatura e Analisi dei Dati
Esistono diversi modelli di calibrazione per convertire le abbondanze frazionali dei brGDGT in stime di temperatura. Questi modelli possono produrre risultati notevolmente diversi tra loro. Abbiamo testato vari modelli di calibrazione su un insieme di campioni moderni per valutare la loro capacità di fornire stime di temperatura in accordo con le temperature misurate strumentalmente. Abbiamo utilizzato il dataset CRU TS v4.01, che rappresenta il periodo dal 1901 al 2016, per le temperature moderne. Abbiamo anche effettuato una correzione per le differenze di altitudine nei cinque siti di campionamento usando un tasso di diminuzione della temperatura di 6,6°C per chilometro, basato su dati provenienti da stazioni meteorologiche vicine. Questa correzione è stata applicata anche alle temperature ricostruite per assicurare una ricostruzione omogenea che rappresenti la temperatura a Auel Maar, situato a 465 metri sul livello del mare.
I modelli di calibrazione valutati includono calibrazioni basate sul suolo per la temperatura media annuale dell’aria (MAAT) usando l’indice MBT’5Me, che si basa sulla metilazione degli eterei ramificati a 5-metili, e l’Indice 1. Questi modelli sono stati originariamente proposti da De Jonge et al. nel 2014.Esistono modelli di calibrazione Bayesiana, noti come BayMBT, specifici per suoli e laghi, che si basano sull’indice MBT’5Me. Questi modelli sono stati sviluppati da Dearing Crampton-Flood et al. nel 2020 per i suoli e da Martínez-Sosa et al. nel 2021 per i laghi, e sono calibrati per la temperatura dei mesi sopra lo zero.
– Il modello di calibrazione FROG0, che utilizza una regressione forestale casuale per determinare la PaleOMAAT (Paleo Mean Annual Air Temperature) usando i brGDGT, è stato proposto da Véquaud et al. nel 2022 per i suoli.
– Russell et al., nel 2018, hanno sviluppato modelli di calibrazione specifici per i laghi africani. Questi modelli utilizzano un approccio di regressione multivariata a selezione progressiva per determinare la temperatura media annuale dell’aria basata su un indice specifico.
– Infine, il modello di calibrazione multivariato di Raberg et al., noto come Raberg21, è stato introdotto nel 2021. Questo modello utilizza diverse frazioni di composti, calcolate in base alla loro metilazione, per stimare la temperatura dei mesi sopra lo zero nei laghi. I dettagli di questo modello sono spiegati ampiamente nel loro studio del 2021.Per analizzare le variazioni nelle distribuzioni dei brGDGT in diversi tipi di campioni e siti, abbiamo effettuato un’analisi dei componenti principali (PCA) sulle abbondanze frazionali dei brGDGT. Le abbondanze sono state calcolate tramite rapporti logaritmici centrati e scalati prima dell’elaborazione della PCA. Per esaminare i cambiamenti nelle fonti di GDGT, abbiamo calcolato diversi indici specifici.
Abbiamo modificato un indice, originariamente proposto da Xiao et al. (2016) e Martin et al. (2019), per fungere da indicatore della produzione acquatica di brGDGTs. Un altro indice, conosciuto come indice di tetraetere ramificato e isoprenoidico (BIT), è stato utilizzato per confrontare la proporzione di GDGT ramificati rispetto al crenarchaeol, indicando così l’apporto di suolo, come descritto in precedenti studi.
Un ulteriore indice, chiamato %GDGT-0, è stato calcolato per servire da indicatore della presenza di archaea metanogeniche ossidanti anaerobiche o euriarcheoti metanogenici. Le formule per questi indici sono state sviluppate in base ai contributi di diversi autori.
Per quanto riguarda le analisi statistiche, sono state eseguite utilizzando il software R in versione 4.3.1. Abbiamo impiegato il coefficiente di correlazione di Pearson per valutare la forza delle correlazioni tra le serie temporali, utilizzando un pacchetto specifico per questi calcoli. I dati delle serie temporali sono stati adattati a una distribuzione normale e i valori p sono stati corretti per tenere conto dell’autocorrelazione e per l’adeguamento dovuto a test ipotetici multipli, applicando un metodo riconosciuto per controllare il tasso di scoperte false.
3. Risultati e Discussione
3.1 Distribuzione dei GDGT nei Campioni Moderni e le Implicazioni per le Calibrazioni della Temperatura
Le analisi delle composizioni dei brGDGT nei campioni moderni evidenziano notevoli differenze tra i campioni prelevati dai suoli e quelli dai sedimenti lacustri. I suoli mostrano una prevalenza di GDGT tetrametilati e una minore presenza di composti esametilati. Invece, i campioni provenienti dalle rive dei laghi poco profondi presentano una composizione intermedia tra quella dei suoli e dei sedimenti lacustri. In particolare, l’isomero IIIa00, assente nei campioni di suolo, è stato rilevato in tutti i sedimenti lacustri, eccetto che in due campioni datati all’ultima deglaciazione. I sedimenti lacustri moderni mostrano distribuzioni simili, con alcune variazioni minori evidenziate dalla predominanza della produzione acquatica nell’ipolimnion anossico.
I test sui modelli di calibrazione della temperatura hanno evidenziato discrepanze significative. I modelli sviluppati per i suoli tendono a sottostimare le temperature moderne, risultato atteso quando applicati ai sedimenti lacustri. Inoltre, la maggior parte delle calibrazioni per i suoli ha mostrato una tendenza alla sottostima anche nei campioni di suolo stesso. Il modello FROG0 ha offerto stime di temperatura più precise, sebbene con una variabilità limitata. Al contrario, i modelli basati sui dati dei laghi africani tendono a sovrastimare le temperature in tutti i tipi di campioni, probabilmente a causa della loro calibrazione orientata a condizioni non completamente applicabili ai laghi temperati, spesso coperti di ghiaccio stagionalmente.
Recenti studi di calibrazione condotti su scala globale (Raberg et al., 2021; Martínez-Sosa et al., 2021) evidenziano una tendenza a sottovalutare le temperature moderne nei campioni di sedimenti lacustri. In tutti i modelli di calibrazione esaminati, è emersa una relazione costante tra il valore di fIIIa e la discrepanza tra la stima della temperatura derivata dai GDGT e la temperatura strumentale attuale, con valori elevati di fIIIa associati a una stima più bassa della temperatura (Fig. 5a). Questo fenomeno indica una maggiore produzione di brGDGT nelle acque anossiche e fredde dell’ipolimnio nei laghi stratificati, specialmente durante i mesi estivi (Fig. 4). È importante notare che, oltre all’ossigeno, altri fattori come i nutrienti e le variabili biogeochimiche possono influenzare la produzione di fIIIa (Weber et al., 2018), rendendolo un indicatore utile per la produzione di brGDGT in queste zone.
Utilizzando la relazione inversa tra fIIIa e le deviazioni di temperatura osservate, abbiamo sviluppato modelli di regressione per ciascun modello di calibrazione per quantificare l’errore di temperatura associato alla produzione di brGDGT nelle acque ipolimnetiche. I risultati di questi modelli di regressione lineare, che confrontano le deviazioni di temperatura del modello lacustre BayMBT e del modello Raberg21 con i valori di fIIIa, hanno mostrato significatività statistica (p<0.001), confermando che la stratificazione della colonna d’acqua contribuisce a un bias di raffreddamento nelle stime di temperatura basate sui brGDGT (Fig. 5b). Questi modelli di regressione sono stati applicati esclusivamente ai campioni di sedimenti lacustri, poiché i campioni di suolo mostrano deviazioni di temperatura che non seguono questo trend lineare e presentano composizioni distintamente diverse.
Applicando queste correzioni alle stime di temperatura dei vari modelli di calibrazione, si è ottenuta una riduzione delle discrepanze di temperatura, compensando il bias freddo dovuto alla produzione di brGDGT nelle acque profonde dei laghi stratificati (Fig. S1). Questi risultati si aggiungono a quelli di studi recenti sui brGDGT in diversi laghi, che hanno dimostrato come la composizione dei brGDGT vari considerevolmente con la profondità e sia sensibilmente influenzata dai gradienti di ossido-riduzione (Van Bree et al., 2020; Weber et al., 2018, 2015; Stefanescu et al., 2021). Suggeriamo che la correzione fIIIa venga testata in altri contesti, poiché potrebbe migliorare significativamente la precisione delle calibrazioni della temperatura dei brGDGT, soprattutto in laghi con stratificazioni prolungate e zone estese a basso tenore di ossigeno.
La Figura 2 illustra la distribuzione dei composti brGDGT in vari tipi di campioni e siti differenti. I tipi di campioni rappresentati includono suolo, riva del lago, e diverse località indicate con le abbreviazioni come SM, GM, HM e AU, che differiscono anche per intervalli temporali, specialmente per HM.
Ogni box nel grafico rappresenta l’intervallo interquartile (IQR) dei dati, mentre la linea orizzontale all’interno del box mostra il valore mediano. I whiskers, o estensioni verticali delle scatole, indicano il minimo e il massimo dei dati, escludendo i valori anomali che sono definiti come quelli superiori a 1,5 volte l’IQR rispetto all’intervallo stesso.
I composti sono categorizzati in diversi tipi come Ia, Ib, Ic, IIa, IIa’, e così via fino a IIIc’. Queste categorie corrispondono a differenti tipi di molecole di GDGT, ciascuna con strutture chimiche che possono riflettere diverse origini ambientali o condizioni di formazione.
Questo grafico serve per evidenziare come la percentuale di ciascun tipo di composto varia notevolmente tra i diversi tipi di campioni e tra i vari siti, suggerendo come la produzione di questi composti sia influenzata dalle caratteristiche ambientali specifiche di ciascun luogo, come il suolo rispetto ai sedimenti lacustri.
Valutazione dell’impatto delle fonti variabili di brGDGT sulle ricostruzioni delle temperature
Le analisi effettuate sui sedimenti di fondo (Zander et al., 2024b) sono state utilizzate per calcolare le variazioni di temperatura attraverso diversi metodi, inclusi il modello BayMBT e il modello Raberg21, prendendo in considerazione o meno alcuni fattori che possono influenzare la precisione delle misurazioni, come la stratificazione termica del lago. Questa sezione esplora le differenze tra le varie ricostruzioni per determinare se le variazioni nelle fonti di brGDGT abbiano potuto introdurre errori. Esaminiamo in particolare le prove di contributi diversi dei brGDGT provenienti dai suoli e dalla produzione nelle acque superficiali più calde e in quelle più fredde del fondo.
Le quattro ricostruzioni analizzate mostrano andamenti simili su scala multimillenaria, con temperature leggermente più fredde o simili alle attuali durante le fasi iniziali del periodo MIS 3, un raffreddamento notevole tra 35.000 e 25.000 anni fa, con temperature inferiori di circa 2-3 gradi rispetto al presente, e periodi molto caldi durante il medio Olocene, con temperature superiori di 2-5 gradi rispetto al presente.
Sebbene l’entità del riscaldamento dal periodo glaciale massimo all’Olocene risulti simile in tutti i modelli di calibrazione, si notano differenze importanti nelle fluttuazioni climatiche di scala millenaria. Il modello BayMBT, ad esempio, indica diversi periodi di marcato raffreddamento che coincidono, in modo sorprendente, con periodi interstadiali identificati nei carotaggi del ghiaccio della Groenlandia. Questi periodi di raffreddamento sono stati collegati a una maggiore deplezione di ossigeno nelle acque profonde del lago, suggerendo periodi di maggiore produttività del lago, associati probabilmente a stagioni di crescita più lunghe e a una ridotta miscelazione delle acque del lago, a causa di una stratificazione termica più marcata o una riduzione dei venti, fattori che potrebbero avere contribuito ad aumentare le zone anossiche e a generare un’errata percezione di freddo nelle misurazioni della temperatura.Abbiamo esaminato la correlazione tra quattro differenti ricostruzioni e i principali registri di temperatura dell’ultimo periodo glaciale. Questi includono stime di temperatura derivate da analisi effettuate su carotaggi di ghiaccio della Groenlandia, temperature superficiali del mare basate su alkenoni dal margine iberico e stime di temperatura da un carotaggio di ghiaccio in Antartide. Per fare ciò, abbiamo raggruppato i dati temporali in intervalli di diverse ampiezze: 250 anni, 500 anni e 1000 anni.
I modelli Raberg21 hanno mostrato una correlazione più forte con i record paleoclimatici testati rispetto ai modelli BayMBT. Concentrandosi sul record di temperatura della Groenlandia, il modello Raberg21_adj ha mostrato una correlazione più alta rispetto al modello BayMBT_adj. Il modello BayMBT, in particolare, ha mostrato correlazioni deboli per il periodo tra 15.000 e 59.000 anni fa.
La formazione del modello Raberg21 include dati da ambienti ad alta latitudine non presenti nel BayMBT, il che potrebbe aiutare a migliorare la calibrazione per ambienti freddi come il centro Europa durante l’ultimo periodo glaciale. La versione aggiustata del modello Raberg21 mostra correlazioni elevate e significative per tutto il periodo esaminato, mantenendo una forte correlazione anche per il periodo precedente alla deglaciazione.
Questi risultati indicano che il modello Raberg21_adj è affidabile per la ricostruzione delle temperature, riuscendo a catturare le principali fluttuazioni climatiche degli ultimi 60.000 anni. L’approccio correttivo adottato migliora notevolmente l’accuratezza della ricostruzione.
Per approfondire ulteriormente le possibili discrepanze tra le ricostruzioni di temperatura e i dati della Groenlandia, abbiamo analizzato lo scostamento tra le nostre ricostruzioni e le temperature della Groenlandia, adeguando queste ultime per corrispondere alla media e alla varianza delle stime di temperatura. Abbiamo poi esaminato come questi scostamenti si correlano con altri dati paleoclimatici e locali.Questa analisi ha evidenziato che gli scostamenti dalle temperature della Groenlandia tendono a essere inversamente correlati con i record paleoclimatici, indicando che le nostre ricostruzioni tendono a sottostimare le temperature durante i periodi più caldi (e/o viceversa). Tuttavia, questa relazione è significativamente meno marcata nei modelli Raberg21 rispetto ai modelli BayMBT. I modelli BayMBT mostrano una forte correlazione negativa con indicatori di maggiore produzione acquatica e anossia nelle acque profonde. I modelli Raberg21, al contrario, mostrano correlazioni negative meno intense con questi stessi indicatori, suggerendo una minore sensibilità a fattori non climatici. Il modello Raberg21_adj è l’unico che non presenta una forte correlazione negativa, indicando che il bias freddo associato alla stratificazione delle acque è stato ridotto grazie alle correzioni applicate.
Le variazioni tra le fonti acquatiche e quelle terrestri dei composti brGDGT possono influenzare le ricostruzioni delle temperature, come osservato in altri studi su laghi europei. Non abbiamo identificato campioni di suolo nei nostri campioni di sedimenti lacustri, suggerendo che le fonti lacustri sono predominanti. Abbiamo osservato che un maggiore apporto di suolo nei sedimenti potrebbe essere correlato a una sovrastima delle temperature, ma queste correlazioni non sono statisticamente significative, indicando che le variazioni nel contributo dei composti brGDGT di origine terrestre rispetto a quelli acquatici non influenzano in modo significativo la discrepanza tra i record di brGDGT e quelli della Groenlandia.
Inoltre, anche se certi indicatori sono stati utilizzati in precedenza per identificare i brGDGT derivati dal suolo, le evidenze complessive sono miste. Alti valori di un certo indice sono stati utilizzati per indicare la presenza di composti di origine terrestre, tuttavia, studi globali hanno mostrato che i sedimenti lacustri possono presentare valori medi di questo indice più elevati rispetto ai suoli. Questo indice è probabilmente influenzato dalla presenza di specifici microrganismi produttori in condizioni di basso ossigeno. L’interpretazione di bassi valori di un altro indice come indicativo di composti derivati dal suolo è stata inizialmente proposta per ambienti marini, ma è stata poi applicata anche ai composti lacustri. Tuttavia, una grande proporzione di campioni di sedimenti lacustri ha mostrato valori di questo indice inferiori a 1, suggerendo che i modelli di calibrazione per i sedimenti lacustri già considerano un certo apporto di suolo o che tali valori sono comunemente prodotti in ambienti lacustri. Inoltre, la correlazione tra questo indice e la temperatura nei compilati globali di composti lacustri suggerisce che le variazioni in questo indice potrebbero essere più legate ai cambiamenti di temperatura che non alle proporzioni variabili di composti acquatici rispetto a quelli terrestri. Infine, le variazioni di questo indice con la profondità nel nostro studio potrebbero essere influenzate da condizioni biogeochimiche che regolano la distribuzione dei diversi tipi di produttori di composti.Nella nostra analisi che copre 60.000 anni, abbiamo notato che valori bassi di un certo indice e valori alti di un altro si presentano principalmente nei sedimenti di Holzmaar. La composizione unica dei GDGT in questa area include basse concentrazioni di una molecola prodotta specificamente da batteri che ossidano l’ammonio, e alte concentrazioni di un’altra molecola prodotta dai metanogeni. Queste caratteristiche suggeriscono che i GDGT isoprenoidi hanno una fonte acquatica in condizioni anossiche in questa zona. I rapporti carbonio/azoto nella materia organica dei sedimenti sono generalmente tra 9 e 11, indicando anche una fonte principalmente acquatica per questi materiali organici.
I sedimenti di Holzmaar si posizionano tra campioni di lago e di suolo della regione dell’Eifel in un grafico multidimensionale; tuttavia, questa somiglianza con il suolo è principalmente determinata dal primo componente principale, che è fortemente correlato con la temperatura. Di conseguenza, non è chiaro se la composizione simile tra i campioni olocenici di Holzmaar e i campioni moderni di suolo sia dovuta al fatto che Holzmaar rappresenti il periodo più caldo registrato, ovvero il massimo termico dell’Olocene. Altre componenti del grafico mostrano distinte differenze tra i campioni di Holzmaar e quelli di suolo.
Quando confrontati con una raccolta globale di GDGT, i campioni di Holzmaar non rientrano nell’intervallo tipico dei campioni di suolo. In generale, ci sono indicazioni che i GDGT di Holzmaar differiscano dagli altri siti, con segni di una maggiore presenza di GDGT derivati dal suolo; tuttavia, vi sono anche indicazioni che i GDGT siano ancora prevalentemente di origine acquatica.
La composizione particolare dei GDGT di Holzmaar potrebbe essere legata a un marcato gradiente di ossido-riduzione e a condizioni estremamente anossiche, come dimostrato dalla presenza di pigmenti associati a batteri fototrofici anoossigenici nei sedimenti olocenici. Questi pigmenti non sono stati trovati in altri sedimenti della regione. Le condizioni anossiche limitano la presenza di certi gruppi batterici, favorendo alti valori del secondo indice menzionato. La produzione di GDGT nella zona anossica era relativamente bassa durante l’Olocene, suggerendo una maggiore proporzione di GDGT prodotti nell’acqua superficiale più calda di Holzmaar o nei suoli circostanti, il che potrebbe spiegare le temperature insolitamente elevate registrate in questo segmento.La somiglianza tra i campioni olocenici di Holzmaar e quelli presi dalle rive del lago SM, dove l’acqua è poco profonda, supporta ulteriormente questa interpretazione. Un buon accordo tra le temperature ricostruite da Auel Maar e Holzmaar durante il periodo caldo di Bølling-Allerød suggerisce che è possibile ottenere risultati coerenti da entrambi i siti, nonostante le differenze sostanziali nelle caratteristiche dei sedimenti in questo intervallo.
Il modello di circolazione globale ad alta risoluzione conferma le temperature dedotte dai dati sui sedimenti, sebbene non riesca a riprodurre variazioni climatiche che si verificano su scale di tempo di migliaia di anni. La differenza media tra i dati del modello e quelli derivati dai sedimenti è molto vicina all’errore previsto dal modello stesso. L’unico periodo in cui si osserva una discrepanza prolungata tra il modello e i dati reali è durante l’Olocene di Holzmaar, che potrebbe essere dovuto a cambiamenti nelle fonti dei sedimenti come precedentemente descritto. È anche probabile che il modello sottovaluti leggermente il calore durante il picco termico dell’Olocene, a causa di una valutazione insufficiente dell’espansione della vegetazione e dei suoi effetti sulla riflessione solare.
Inoltre, i dati raccolti in Europa mostrano che durante questo picco termico le temperature estive erano più calde rispetto al presente, un dettaglio che non emerge dai risultati del modello.
La Figura 3 presenta dei biplot di analisi delle componenti principali (PCA), utili per visualizzare la distribuzione delle variabili e dei campioni in relazione alle prime componenti principali, che rappresentano le direzioni di massima variazione nei dati.
Pannelli (a) e (c)
- Visualizzano le Componenti Principali 1 e 2:
- Il pannello (a) mostra i centroidi dei gruppi (siti o tipi di campioni) con simboli pieni.
- Il pannello (c) mostra le temperature corrette di Raberg21_adj, con una scala di colori che varia da viola a arancione, indicando un aumento delle temperature.
Pannelli (b) e (d)
- Visualizzano le Componenti Principali 2 e 3:
- Il pannello (b) mostra anche i centroidi dei gruppi con simboli pieni.
- Il pannello (d) continua a mostrare le temperature corrette di Raberg21_adj, con la stessa scala di colori del pannello (c).
Dettagli Addizionali
- I pannelli mostrano diversi gruppi indicati da colori e simboli differenti: suolo, riva del lago (SM), GM, HM (<100 y b2k), HM (>1000 y b2k), e AU.
- Le linee che irradiano dal centro rappresentano le variabili misurate, come differenti tipi di GDGTs (es. IIa, IIb, IIIa, etc.), che aiutano a interpretare le relazioni tra i campioni e le caratteristiche misurate.
- Questi pannelli dimostrano come i campioni si distribuiscono nello spazio multivariato definito dalle componenti principali, e come questo si correla con le temperature.
Questa analisi può aiutare a identificare pattern di somiglianza tra i campioni e a comprendere come differenti tipi di campioni (o siti) sono influenzati dalle temperature, così come la relazione tra le proprietà chimiche dei campioni e la loro classificazione ambientale o geografica.
La Figura 4 mostra vari dati raccolti lungo un transect di profondità nel lago Schalkenmehrener Maar, illustrando come diversi parametri chimici e biologici variano con la profondità dell’acqua.
Pannello (a)
- Temperatura dell’acqua e concentrazione di ossigeno misurate nella colonna d’acqua nel maggio 2007.
- La linea blu rappresenta la temperatura dell’acqua, che diminuisce con l’aumentare della profondità.
- La linea rossa rappresenta la concentrazione di ossigeno, mostrando una diminuzione significativa oltre una certa profondità.
Pannello (b)
- Indice %GDGT-0 che mostra l’abbondanza relativa di metanogeni e metanotrofi.
- I punti indicano misurazioni effettuate a varie profondità.
Pannello (c)
- Abbondanza frazionata di crenarchaeol nei GDGT isoprenoidi, indicando l’abbondanza relativa di Nitrososphaerota.
- I punti sono disposti lungo il gradiente di profondità.
Pannello (d)
- Abbondanza frazionata di IIIa00 rispetto ai brGDGTs, indicando la produzione di brGDGT in condizioni anossiche.
- Questo grafico mostra l’effetto delle condizioni anossiche sulla produzione di questi composti.
Pannello (e)
- Rapporto 6IIIa / 6IIa, un proxy per l’origine dei brGDGTs, se da suolo o acquatica.
- Questo pannello aiuta a distinguere l’origine dei composti chimici misurati.
Pannello (f)
- Temperature dell’aria inferite dai brGDGT, utilizzando le calibrazioni BayMBT e Raberg21.
- Le linee rappresentano le temperature stimate attraverso modelli additivi generalizzati, mostrando come queste variano in relazione alla profondità.
Le linee in ogni pannello da (b) a (f) rappresentano la media mobile calcolata tramite modelli additivi generalizzati per evidenziare tendenze chiare attraverso il transect di profondità. Questa figura è cruciale per comprendere come i parametri ambientali e biologici cambino con la profondità in un ambiente lacustre e come questi possano influenzare o essere influenzati dalla composizione dei sedimenti.
La Figura 5 illustra due aspetti chiave delle calibrazioni della temperatura basate sui brGDGT, che sono biomarcatori utilizzati per inferire le temperature passate da sedimenti lacustri e terrestri.
Pannello (a)
- Scostamenti tra le temperature inferite dai brGDGT e i dati di temperatura del periodo 1901-2016 per otto diversi modelli di calibrazione.
- Le forme dei simboli corrispondono al tipo di campione (nucleo del lago, riva del lago, sedimenti superficiali del lago, suolo).
- Il colore all’interno dei simboli rappresenta l’abbondanza frazionata dell’isomero IIIa“.
- Questo pannello mostra la variazione degli scostamenti di temperatura attraverso diversi modelli di calibrazione e tipi di campioni, suggerendo come alcuni modelli possano essere più o meno efficaci a seconda del tipo di campione e della concentrazione di IIIa”.
Pannello (b)
- Grafici incrociati degli scostamenti di temperatura e dell’abbondanza frazionata di IIIa” per le due più recenti calibrazioni di temperatura lacustre dei brGDGT (Martínez-Sosa et al., 2021; Raberg et al., 2021).
- Le linee di regressione mostrano come le temperature sono state corrette nei campioni lacustri (linea blu) per adattarle ai modelli di calibrazione.
- Le forme dei simboli corrispondono a quelle del pannello (a), mentre i colori dei simboli sono definiti dal sito di campionamento.
- Questo pannello evidenzia la relazione tra gli scostamenti di temperatura e l’abbondanza di IIIa00, mostrando come questa relazione sia stata utilizzata per correggere le ricostruzioni delle temperature.
Complessivamente, la Figura 5 fornisce una panoramica dettagliata di come le temperature inferite dai brGDGT possono variare a seconda del modello di calibrazione e del tipo di campione, e di come le correzioni basate su modelli di regressione possono aiutare a standardizzare e migliorare la precisione delle ricostruzioni della temperatura passata.
La Figura 6 illustra un confronto tra le ricostruzioni della temperatura basate sui brGDGT, con e senza correzioni per la produzione anossica di brGDGT, e le correlazioni con i dati del carotaggio di ghiaccio NGRIP.
Pannello (a)
- Mostra le ricostruzioni della temperatura per gli ultimi 60.000 anni, utilizzando differenti modelli di calibrazione: BayMBT, BayMBT corretto, Raberg21, e Raberg21 corretto.
- La linea verde rappresenta il modello BayMBT corretto, mentre la linea nera rappresenta il modello Raberg21 corretto. Le linee più chiare rappresentano le versioni non corrette dei modelli.
- Le barre colorate lungo la cronologia indicano periodi specifici: Younger Dryas (YD), interstadiali della Groenlandia (GIs), e stadiali di Heinrich (H1–5), che sono eventi climatici noti per le loro fluttuazioni di temperatura significative.
- La linea tratteggiata orizzontale indica la media delle temperature del periodo 1901-2016 per riferimento.
Pannello (b)
- Zoom sul periodo della deglaciazione, mostrando un confronto dettagliato tra le temperature inferite dai brGDGT e le temperature del carotaggio di ghiaccio NGRIP (in grigio).
- L’intervallo temporale è tra 11 e 18 migliaia di anni fa, coprendo eventi come il Younger Dryas (YD) e il Greenland interstadial 1 (GI-1).
- I simboli triangolari rappresentano i siti specifici di campionamento, AU e HM, per i quali sono state calcolate le temperature.
Pannello (c)
- Zoom sugli eventi di Dansgaard-Oeschger, mostrando la correlazione delle temperature durante questi eventi climatici rapidi e intensi.
- L’intervallo temporale è tra 27 e 44 migliaia di anni fa, con numerazione specifica degli eventi di Dansgaard-Oeschger da 3 a 11.
- Analogamente al pannello (b), si confrontano le temperature inferite dai brGDGT con quelle del carotaggio di ghiaccio NGRIP.
Questa figura è fondamentale per valutare l’efficacia delle correzioni applicate alle ricostruzioni della temperatura basate sui brGDGT, specialmente in contesti di variazioni ambientali estreme come quelle osservate durante gli eventi di Dansgaard-Oeschger e la deglaciazione, mettendo in luce la capacità di questi modelli di riflettere accuratamente le fluttuazioni climatiche passate.
La Tabella 2 presenta le correlazioni (coefficiente di Pearson, r) tra le ricostruzioni delle temperature da brGDGT e diverse serie temporali paleoclimatiche. Queste correlazioni sono state calcolate per diversi periodi temporali e per diversi modelli di calibrazione, con particolare attenzione ai dati derivati da diverse fonti e regioni geografiche.
Intervalli temporali e modelli di calibrazione
- 0-59 kyr b2k e 15-59 kyr b2k: Intervallo temporale che copre migliaia di anni prima del 2000.
- 250-year bins, 500-year bins, 1000-year bins: Dimensioni degli intervalli temporali usati per aggregare i dati.
- Raberg21, Raberg21_adj, BayMBT, BayMBT_adj: Modelli di calibrazione usati per le ricostruzioni. Le versioni “_adj” indicano modelli aggiustati.
Serie temporali paleoclimatiche
- Greenland temp: Temperature della Groenlandia.
- N. Atlantic SST: Temperature della superficie del mare nell’Atlantico del Nord.
- EPICA temp: Temperature dell’Antartide dal nucleo di ghiaccio EPICA.
Risultati
- I valori in grassetto indicano che la correlazione è statisticamente significativa (p < 0.05).
- Raberg21_adj mostra correlazioni alte con le temperature della Groenlandia e dell’Atlantico del Nord nel periodo 0-59 kyr b2k nei bin di 250 anni.
- Nei bin di 1000 anni, le correlazioni sono generalmente più elevate per i modelli corretti, indicando una migliore aderenza ai dati a lungo termine.
Significato
- Le correlazioni elevate suggeriscono che le ricostruzioni basate sui brGDGT possono riflettere accuratamente le variazioni climatiche passate.
- L’aggiustamento per autocorrelazione e per i test multipli assicura che i risultati siano robusti e affidabili.
Questa tabella è cruciale per valutare l’efficacia delle diverse tecniche di calibrazione dei brGDGT nella ricostruzione delle temperature passate in vari contesti geografici e temporali.
La Figura 7 presenta un insieme di dati proxy tratti dai sedimenti ELSA, utilizzati per studiare le variazioni ambientali e climatiche nel tempo. Ogni pannello fornisce informazioni specifiche sul contesto paleoambientale, come illustrato di seguito:
Pannello (a)
- Ricostruzione della temperatura brGDGT (Raberg21_adj): Mostra le temperature stimate usando il modello Raberg21 corretto. L’ombreggiatura grigia indica l’incertezza della calibrazione di questo modello.
Pannello (b)
- Abbondanza frazionata dell’isomero IIIa00: Indica la produzione anossica di brGDGTs. Un valore elevato suggerisce una maggiore produzione di brGDGT sotto condizioni anossiche.
Pannello (c)
- Rapporto 6IIIa / 6IIa: È un proxy per l’origine dei brGDGT, distinguendo tra fonti terrestri e acquatiche.
Pannello (d)
- Indice %GDGT-0: Mostra l’abbondanza relativa di metanogeni e metanotrofi nei sedimenti, utili per comprendere il metabolismo microbico.
Pannello (e)
- Indice BIT: Indica la proporzione relativa di brGDGT rispetto al crenarchaeol, usato per valutare la presenza di fonti terrestri rispetto a quelle marine o lacustri.
Pannello (f)
- Concentrazioni di brGDGTs, GDGTs isoprenoidi e crenarchaeol (incluso l’isomero crenarchaeol): Fornisce un’analisi quantitativa di questi composti nei sedimenti, riflettendo le condizioni biogeochemiche del sito.
Pannello (g)
- Corg inferito dalla riflettanza dei sedimenti: Misura indiretta del contenuto organico nei sedimenti, che può indicare la produttività passata o le condizioni di conservazione del materiale organico.
Pannello (h)
- Rapporto S / Ti da scansione core XRF: Usato come proxy per l’anossia dei sedimenti e/o delle acque di fondo, indicando cambiamenti nelle condizioni redox.
Pannello (i)
- Conteggi di Ti: Indicatore dell’apporto litogenico, riflettendo l’erosione o altri processi geologici che portano materiali nel sito.
Pannello (j)
- Dati del polline di alberi con specie termofile Quercus e Corylus evidenziate: Fornisce informazioni sulla vegetazione locale e sulle condizioni climatiche durante i periodi rappresentati dai campioni di polline. I cerchi non riempiti rappresentano percentuali di polline esagerate di 10 volte per una migliore visualizzazione.
Questi pannelli contribuiscono a una comprensione integrata delle condizioni ambientali e climatiche nel tempo, permettendo agli scienziati di correlare cambiamenti climatici a variazioni nei registri geologici e biologici.
Confronto con i record paleoclimatici regionali
La ricostruzione TMAF rivela pattern e variazioni di lungo periodo che si allineano con le ricostruzioni di temperatura esistenti per l’Europa (Fig. 10). Un periodo caldo iniziale durante il MIS 3, tra i 54-51 kyr b2k (GI-14), mostra il TMAF all’incirca pari alle condizioni attuali (9 °C). Tale periodo caldo coincide con la presenza nell’area di studio delle specie arboree termofile Quercus e Corylus (Fig. 7), e con un intervallo di crescita di speleotemi nelle grotte dell’Europa centrale, un indicatore qualitativo di condizioni calde (Riechelmann et al., 2023). Anche dalle testimonianze dei resti di insetti nel nord della Finlandia, nelle Isole Britanniche e in Francia emergono temperature estive vicine ai livelli odierni durante l’inizio del MIS 3 (Helmens, 2014), così come le temperature massime registrate in uno speleotema austriaco (Spötl e Mangini, 2002). Durante lo stadiale di Heinrich 5 (H5), i brGDGTs segnalano temperature relativamente elevate nonostante le SST fortemente ridotte nell’Atlantico Nord in quel periodo (Fig. 10; Martrat et al., 2007). I bassi rapporti 6IIIa / 6IIa, il ridotto Corg e l’alto Ti potrebbero suggerire un passaggio verso brGDGTs più derivati dal suolo durante H5 (Fig. 7), il che potrebbe introdurre un bias caldo nella ricostruzione TMAF. Alternativamente, un aumento della stagionalità potrebbe aver portato a un TMAF più alto malgrado gli inverni lungamente freddi (Denton et al., 2022). Dopo H5, si verifica una fase più fresca tra 44 e 38 kyr b2k, corrispondente a un minimo di insolazione estiva e includente lo stadiale di Heinrich 4 (H4). Il GI-8 si distingue come un periodo prolungato di calore nel nostro record, con un aumento di circa 2 °C all’inizio dell’interstadiale. Dopo un graduale raffreddamento, la media del TMAF si attesta sui 6.4 °C tra 36 e 30.5 kyr b2k. Infine, H3 è di nuovo correlato a un incremento del TMAF, probabilmente legato a una stagione di congelamento estesa.
Correlazione tra TMAF e Registri Glaciali
Durante il periodo compreso tra il 29 e il 24 kyr b2k, il TMAF tocca i livelli più bassi registrati (circa 6.2 °C), correlati strettamente con l’apice dell’estensione glaciale nelle Alpi (Seguinot et al., 2018), nelle Isole Britanniche e nelle pianure baltiche (Clark et al., 2009). Rispetto al periodo moderno, la riduzione di temperatura durante l’LGM di 2.6 °C è considerevolmente inferiore rispetto alle stime ottenute tramite i gas nobili, che suggeriscono un calo di 9.1 °C nel bacino di Parigi a 26 kyr BP (Bekaert et al., 2023), e dai risultati di un’assimilazione globale dei dati paleoclimatici, che indicano un raffreddamento di circa 10 °C nel nostro sito tra il 23 e il 19 kyr BP (Tierney et al., 2020). Tuttavia, data l’intensificazione della variabilità stagionale durante l’LGM, che comportava periodi di gelo più prolungati, i cambiamenti nel TMAF si prevede siano minori rispetto alle medie annue delle temperature (MAAT). Le analisi dei resti di coleotteri da Auel Maar indicano che durante l’LGM, le temperature del mese più caldo oscillavano tra i 6 e i 9.5 °C, mentre quelle del mese più freddo variavano tra i -20 e i -30 °C (Britzius e Sirocko, 2022), con un range termico annuale pressoché doppio rispetto al periodo attuale. Utilizzando la climatologia mensile moderna come riferimento e adattandola a questi valori, si otterrebbe un TMAF compreso tra 5.8 e 4.3 °C, in linea con la nostra stima di 4.0–8.3 °C, considerando l’incertezza di calibrazione (Fig. 11). I risultati del modello HadCM3 confermano un TMAF di 6.3 °C per il periodo 24–29 kyr, quasi identico alla stima brGDGT (Leonardi et al., 2023; Beyer et al., 2020). Secondo il modello, il numero di mesi con temperature sopra lo zero varia tra 6 e 7 durante il MIS 2-3, con un range di temperature medie mensili che può raggiungere i 26 °C, superiore ai 16 °C del periodo moderno (Fig. 9). Questo aumento delle variazioni stagionali contribuisce a spiegare il minore calo di TMAF rispetto al MAAT (Fig. 11). Due campioni indicano un TMAF anormalmente elevato, vicino ai valori moderni, durante il GI-2, anche se leggermente posteriori all’intervallo temporale di GI-2; questi risultati suggeriscono temperature stagionalmente calde, ma sarebbero necessari ulteriori dati per una conferma definitiva di questa interpretazione. Le dinamiche del riscaldamento deglaciale evidenziano fasi chiave come il periodo caldo di Bølling–Allerød, lo stadiale di Younger Dryas e un rapido riscaldamento durante l’Holocene precoce. Il TMAF durante il Bølling–Allerød (GI-1) risulta leggermente più caldo del periodo attuale e 2.8 °C più alto rispetto a H1. Le ricostruzioni basate su chironomidi per le temperature estive della regione alpina e dell’Europa nord-occidentale indicano incrementi di calore comparabili tra H1 e GI-1 (Heiri et al., 2015, 2014). La scarsa risoluzione dei campioni impedisce stime affidabili del raffreddamento durante il Younger Dryas. Le temperature medie dell’Holocene centrale sono superiori di 12.3 o 3.5 °C rispetto al periodo moderno, indicando un marcato massimo termico olocenico, accentuato dalla forte stagionalità dovuta all’elevata insolazione estiva. La magnitudine di questo massimo è superiore a quella stimata dalle ricostruzioni basate su polline (Mauri et al., 2015; Renssen et al., 2009; Martin et al., 2020), ma concorda con i dati di riscaldamento basati su chironomidi dalla regione alpina (Heiri et al., 2015).
La Figura 8 mostra una serie di correlazioni tra diverse serie temporali proxy e le differenze tra le ricostruzioni della temperatura basate sui GDGT e il record della temperatura della Groenlandia. Questo è fatto dopo aver adeguato media e varianza per corrispondere alle temperature dei GDGT.
- Asse X: Presenta le diverse serie temporali proxy utilizzate per la correlazione, che includono:
- Equilibrium Line Altitude
- Minimo di CO2
- BIT (indice di input terrigeno)
- Temperatura della Groenlandia
- Temperatura della superficie del mare del Nord Atlantico
- CO2 EPICA
- Insolazione di giugno
- Asse Y: Rappresenta il coefficiente di correlazione di Pearson tra le serie temporali proxy e le differenze di temperatura GDGT rispetto al record di temperatura della Groenlandia. I valori variano da -0.75 a +0.25, dove i valori positivi indicano una correlazione positiva e i valori negativi una correlazione negativa.
- Colori e forme dei cerchi: I cerchi rappresentano i risultati da diversi studi o tecniche di aggiustamento per i dati GDGT. I cerchi pieni indicano correlazioni statisticamente significative (p<0.05), suggerendo che queste serie temporali proxy sono predittori affidabili delle differenze osservate tra le ricostruzioni GDGT e il record di temperatura della Groenlandia. I colori distinguono i diversi studi:
- Verde: Dati da “Raberg21_adj” e “BAYMBT_adj”
- Viola: Dati da “BAYMBT”
In sintesi, la figura aiuta a identificare quali fattori proxy sono più strettamente collegati alle discrepanze nelle ricostruzioni della temperatura basate sui GDGT rispetto al record di temperatura della Groenlandia, offrendo una visione critica su come vari fattori ambientali e climatici possono influenzare le stime paleoclimatiche.
La Figura 9 rappresenta un confronto tra diverse simulazioni e ricostruzioni della temperatura nel corso del tempo, basate su modellazioni del modello HadCM3 presentate nei lavori di Beyer et al., 2020 e Leonardi et al., 2023.
Componenti del Grafico
- Asse X (Età in kyr b2k): Questo asse mostra il tempo in migliaia di anni prima del 2000, estendendosi da 0 a 60 kyr b2k.
- Asse Y superiore (Temperatura in °C):
- Linea arancione (Ann range): Indica l’intervallo annuale di temperatura, mostrando le fluttuazioni nell’ampiezza termica annuale.
- Linea rossa (MAAT): Rappresenta la Temperatura Media Annuale dell’Aria secondo Beyer 2020, una media delle temperature per tutto l’anno.
- Linea grigia (TMAF Beyer 2020): Mostra la Temperatura Media Annuale delle Facciate secondo Beyer 2020.
- Linea nera tratteggiata (TMAF This Study): Presenta la TMAF secondo lo studio attuale, permettendo un confronto diretto con la stima di Beyer 2020.
- Asse Y inferiore (MAE):
- Area grigia: Rappresenta l’Errore Assoluto Medio delle stime di temperatura, quantificando la discrepanza tra le varie stime e le osservazioni effettive o altre stime di modello.
Interpretazione
- Variazione delle Temperature: Le linee di temperatura mostrano variazioni significative nel corso del tempo, con la linea arancione che evidenzia cambiamenti estremi tra le temperature estive e invernali.
- Confronto tra Stime: La linea tratteggiata nera permette di vedere come la nuova stima si allinea o differisce dalle stime precedenti, indicando differenze nei metodi di calcolo o nei dati utilizzati.
- Errore Assoluto Medio: L’area grigia mostra la distribuzione dell’errore tra le stime, offrendo una visione della precisione e dell’affidabilità delle diverse stime di temperatura.
Conclusione
Questo grafico è cruciale per visualizzare e confrontare diverse stime e simulazioni di temperature passate, fornendo una comprensione di come vari modelli e studi interpretano e ricostruiscono il clima del passato. Mostra anche dove ci possono essere maggiori incertezze o divergenze tra le stime, aiutando i ricercatori a identificare aree che potrebbero richiedere ulteriori indagini o revisioni metodologiche.
Variabilità Minima su Scala Millenaria delle Temperature Estive Durante l’Ultimo Periodo Glaciale
La nostra ricostruzione della temperatura basata sui GDGT mostra una variabilità climatica su scala millenaria notevolmente ridotta rispetto ai record paleoclimatici della regione dell’Atlantico del Nord. La Tabella 3 riporta la temperatura e il riscaldamento stimati per ciascun interstadiale della Groenlandia e per l’olocene precoce. Per tutti gli interstadiali dal 59 al 24 kyr b2k, tranne uno, il riscaldamento è inferiore a 1 °C, valore che è meno dell’errore nella calibrazione della temperatura. Abbiamo calcolato un riscaldamento medio di 0.5 °C con una deviazione di 1.3 °C per gli interstadiali 1–16, significativamente inferiore rispetto a quello osservato in Groenlandia, dove la media è di 5.5 °C. Questi risultati suggeriscono che i cicli di Dansgaard-Oeschger hanno avuto un impatto minimo sulle temperature della stagione calda in Europa centrale. Questo dato è sorprendente, considerando i grandi cambiamenti osservati nella produttività acquatica e nelle condizioni redox in Auel Maar e altri laghi dell’Europa occidentale durante i cicli DO. Nel lago Van, nell’Anatolia orientale, le ricostruzioni della temperatura mostrano variazioni fino a 8 °C durante i cicli DO. È sorprendente constatare una maggiore variabilità nella Repubblica di Turchia in risposta ai cicli DO, dato che si pensava che i cicli DO fossero più marcatamente espressi vicino all’Atlantico del Nord. I record pollinici dall’Europa indicano importanti cambiamenti della vegetazione associati ai cicli DO, e i cambiamenti misurati su speleotemi indicano grandi cambiamenti nella circolazione atmosferica e negli ecosistemi terrestri. Tuttavia, il nostro record sostiene l’ipotesi che questi cambiamenti fossero guidati principalmente dalla variabilità delle temperature invernali associate all’estensione dei ghiacci marini. I cambiamenti nella durata della stagione di crescita hanno probabilmente avuto un impatto maggiore sui proxy biotici come il polline e la produttività dei laghi.Le stime quantitative delle fluttuazioni delle temperature su scala millenaria dai registri terrestri in Europa sono rare oltre i passati 15 mila anni. Inoltre, stimare le temperature stagionali è complesso a causa delle difficoltà nel distinguere tra i diversi segnali climatici. Le misurazioni isotopiche dei granuli di calcite dei lombrichi della Valle del Reno, in Germania, sono state utilizzate per stimare che, durante gli interstadiali, le temperature superficiali terrestri erano più calde di circa 1-4 gradi Celsius rispetto ai stadiali. Le misurazioni degli isotopi aggregati su lumache in Ungheria indicano una differenza di 4-7 gradi Celsius tra le fasi stadiali e interstadiali per la stagione di crescita. Le temperature stimate dagli assemblaggi di diatomee a Les Échets, Francia, suggeriscono un riscaldamento estivo di 0,5-2 gradi Celsius durante gli interstadiali tra 18 e 36 mila anni fa.
I dati di polline provenienti dai sedimenti marini del margine iberico e del Mediterraneo indicano che le temperature invernali nella penisola iberica e nel sud della Francia sono diminuite di circa 1,5-4 gradi Celsius durante gli stadiali di Heinrich 4 e 5. È stato stimato che la temperatura media del mese più freddo in Iberia fosse simile ai giorni moderni durante gli interstadiali dell’ultimo glaciale, ma si è raffreddata di circa 8 gradi Celsius durante l’H4. I record di morene dei ghiacciai alpini forniscono evidenze di una ridotta variabilità delle temperature estive su scala millenaria in Europa. Le simulazioni sull’estensione dei ghiacci alpini si adattano meglio ai record delle morene quando sono state guidate dalle temperature registrate in Antartide piuttosto che in Groenlandia.
Le simulazioni dei modelli sulla variabilità dei cicli DO (Dansgaard-Oeschger) offrono risultati variabili. Due simulazioni realizzate con il modello LOVECLIM, che utilizzava perturbazioni nell’AMOC (Circolazione Meridionale Atlantica di Ritorno), hanno prodotto stime molto diverse per la variabilità della temperatura durante i cicli DO. Una simulazione ha stimato un riscaldamento di 8 gradi Celsius in Europa durante il mese più caldo e di 17 gradi Celsius durante il mese più freddo per una transizione stadiale-interstadiale all’inizio del MIS 3, mentre un’altra riportava un riscaldamento di 1,5 gradi Celsius della temperatura media annuale dell’aria su tutta l’Europa associato ai cambiamenti stadiali-interstadiali 37 mila anni fa.
Uno studio di modellazione che ha isolato l’impatto dei cambiamenti nell’AMOC ha mostrato che, in Europa, le temperature primaverili sono cambiate più di ogni altra stagione in risposta a un passaggio da un AMOC debole a forte, con un aumento di 3,5 gradi Celsius in primavera rispetto a 2 gradi Celsius in estate. Queste variazioni delle temperature primaverili avrebbero importanti conseguenze modificando la lunghezza della stagione senza gelo, influenzando così il proxy brGDGT.La nostra ricostruzione della temperatura GDGT evidenzia una risposta variabile agli stadiali di Heinrich nell’Atlantico del Nord. Gli stadiali H5 e H3 sono associati a lievi riscaldamenti nella nostra ricostruzione, mentre l’H1 ha mostrato temperature relativamente miti. Questi risultati sembrano coerenti con i forti flussi di acqua di fusione documentati nei sedimenti della Baia di Biscaglia, che indicano lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali europee durante gli stadiali di Heinrich 1-3, richiedendo quindi estati relativamente calde. Denton e collaboratori hanno riassunto le prove esistenti che supportano un relativo calore durante le estati di Heinrich.
La risposta stagionale dei brGDGT lacustri al periodo non gelato è uno dei principali motivi per cui la nostra stima della variabilità della temperatura tra gli stadiali e gli interstadiali è inferiore rispetto ad altri record in Europa. Durante il periodo strumentale, le temperature medie annue (TMAF) e quelle medie annue dell’aria (MAAT) sono quasi identiche nella nostra area di studio; tuttavia, durante l’ultimo periodo glaciale, con temperature più fredde e maggiore continentalità, la differenza tra MAAT e TMAF sarebbe aumentata notevolmente. Dimostriamo che è possibile per una combinazione di una MAAT più fredda e una maggiore stagionalità aumentare il TMAF, simulando un modello di temperatura mensile ipotetico per un stadiale che ha temperature di luglio simili a quelle simulate per l’ultimo massimo glaciale, ma con un intervallo stagionale maggiore di 5 gradi Celsius, rendendo le temperature di gennaio 5 gradi più fredde.
Una diminuzione di 5 gradi Celsius è realistica per un evento di Heinrich, basata su una variazione simile o anche maggiore della temperatura media dei mesi più freddi durante eventi su scala millenaria in una ricostruzione basata su polline dal Margine Iberico. Rispetto ai valori dell’ultimo massimo glaciale, questo stadiale di Heinrich simulato avrebbe una MAAT più fresca di 2.6 gradi Celsius, ma un TMAF più caldo di 1.1 gradi Celsius. Questo presuppone una forma costante del ciclo annuale della temperatura; tuttavia, temperature primaverili particolarmente fredde durante gli stadiali di Heinrich potrebbero accentuare questo effetto. Questa risposta alla variazione della durata del periodo non gelato attenua la variabilità nelle ricostruzioni della temperatura brGDGT quando temperature più fredde sono associate ad un aumento dell’ampiezza stagionale, evidenziando l’importanza di includere la conoscenza della stagione di registrazione quando si interpretano i record paleoclimatici.
Le calibrazioni della temperatura si basano sull’ipotesi che i brGDGT reagiscano al TMAF, ma una conoscenza più dettagliata della produzione stagionale di brGDGT potrebbe migliorare l’interpretazione delle ricostruzioni della temperatura, specialmente perché gli organismi che producono i brGDGT nei laghi non sono ancora stati identificati. Studi di monitoraggio sul campo suggeriscono che la produzione di brGDGT lacustri può essere dominata da periodi relativamente brevi nell’anno e può essere innescata da eventi di mescolamento, che potrebbero orientare il segnale della temperatura verso condizioni associate alla mescolanza del lago.
Nel complesso, i nostri dati contribuiscono a un crescente corpo di prove che i cambiamenti nella stagionalità, e in particolare i cambiamenti nel clima invernale, hanno definito gli eventi climatici su scala millenaria dell’ultimo periodo glaciale, mentre le temperature estive sono rimaste relativamente stabili e moderate.
La Figura 10 presenta un confronto tra la ricostruzione della temperatura ELSA brGDGT e diversi record paleoclimatici regionali e globali. Ecco una spiegazione dettagliata di ciascun pannello mostrato nella figura:
- (a) Ricostruzione della temperatura brGDGT (Raberg21_adj): Questo grafico mostra la variazione della temperatura nel tempo basata sui biomarcatori brGDGT, utilizzati per ricostruire le temperature passate da sedimenti lacustri o marini.
- (b) Temperatura della superficie del mare (SST) dell’Atlantico Nord da nucleo MD01-2444 basato su proxy alkenone Uₖ₃₇ (Martrat et al., 2007): Questo grafico rappresenta le variazioni della temperatura della superficie del mare nell’Atlantico Nord nel tempo, utilizzando il proxy alkenone che è indicativo delle condizioni di temperatura dell’acqua.
- (c) Ricostruzioni della temperatura basate su polline dalla costa sud-occidentale della penisola iberica (MD95-2042; Sánchez Goñi et al., 2002) e dal mare nord-occidentale del Mediterraneo (MD99-2343; Sánchez Goñi et al., 2021): Questi grafici mostrano le temperature basate su analisi del polline, con il MTCO (temperatura media del mese più freddo) e la DJF (temperatura media di dicembre, gennaio e febbraio).
- (d) Temperature del δ15N della Groenlandia (Kobashi et al., 2017; Kindler et al., 2014): Mostra le variazioni di temperatura in Groenlandia basate su misurazioni isotopiche di azoto in campioni di ghiaccio, utilizzate per inferire variazioni termiche passate.
- (e) Temperature della superficie terrestre durante la stagione calda da granuli di calcite di lombrico in loess tedesco (Prud’homme et al., 2022): Presenta le temperature della superficie terrestre durante la stagione calda basate su analisi di granuli di calcite derivati da lombrichi trovati in depositi di loess.
- (f) Anomalie della temperatura dell’Antartide da δD (Jouzel et al., 2007): Mostra le variazioni della temperatura in Antartide nel tempo, basate su misurazioni dell’isotopo dell’idrogeno nei campioni di ghiaccio, che sono un indicatore delle condizioni climatiche passate.
- (g) CO2 atmosferica stimata dal nucleo di ghiaccio EPICA (Bereiter et al., 2015): Questo grafico mostra le stime della concentrazione di CO2 atmosferica nel tempo, derivata da bolle d’aria intrappolate nei carotaggi di ghiaccio antartico.
- (h) Insolazione solare in arrivo a 50° N durante l’estate (linea nera) e l’inverno (linea blu tratteggiata) (Laskar et al., 2004): Rappresenta la quantità di radiazione solare ricevuta a 50° di latitudine nord durante le stagioni estive e invernali, influenzando i cicli climatici.
Ogni grafico nella figura contribuisce a una comprensione multilivello delle variazioni climatiche passate, mostrando come diversi proxy e metodi di datazione possano essere utilizzati per ricostruire un quadro dettagliato delle condizioni climatiche terrestri e marittime nel corso del tempo. Questo aiuta a comprendere meglio come vari fattori, compresi quelli oceanici, terrestri e atmosferici, abbiano influenzato il clima della Terra nel passato.
La Figura 11 fornisce due visualizzazioni distinte per aiutare a comprendere le variazioni stagionali e le differenze tra le temperature medie annuali e le temperature medie delle facciate (TMAF) durante differenti periodi climatici.
Pannello (a) – Variazioni della gamma delle temperature stagionali
Questo grafico illustra la variazione stagionale delle temperature:
- Linea arancione (periodo moderno 1901-2016): Rappresenta la gamma delle temperature medie mensili nel periodo moderno.
- Linea viola tratteggiata (LGM secondo Beyer et al., 2020): Mostra la variazione delle temperature durante l’ultimo massimo glaciale (LGM), come stimato da modelli climatici.
- Area viola (LGM basato su resti di Coleoptera): Indica la gamma delle temperature basata sui resti di coleotteri trovati nei sedimenti, fornendo un’altra stima delle temperature durante l’LGM.
- Linea verde tratteggiata (scenari ipotetici stadiali di Heinrich): Mostra uno scenario in cui le temperature invernali sono più fredde mentre le temperature estive rimangono invariate rispetto al periodo moderno. Questo scenario ipotizza come le temperature potrebbero comportarsi durante eventi freddi estremi come gli stadiali di Heinrich.
Questo grafico evidenzia come le temperature possono variare notevolmente tra le stagioni e come i modelli e le evidenze fossili possano fornire differenti interpretazioni delle condizioni climatiche passate.
Pannello (b) – Confronto tra TMAF e MAAT
Questo grafico mostra il confronto tra la temperatura media annuale dell’aria (MAAT) e la temperatura media annuale delle facciate (TMAF):
- Simboli quadrati (MAAT) e cerchi pieni (TMAF): Ogni set di dati mostra queste due misure per diversi periodi e metodi di stima, inclusi il periodo moderno, l’LGM e l’H3.
- Etichette specifiche indicano le stime basate su gas nobili (NGT LGM da Bekaert et al., 2023), assimilazione di dati (DA LGM da Tierney et al., 2020), e altre fonti.
Il grafico b illustra come la TMAF tenda a essere più stabile rispetto alla MAAT, che può variare significativamente in risposta a cambiamenti climatici come quelli osservati durante l’LGM o gli eventi stadiali di Heinrich. Mostra anche come differenti metodi di stima possano portare a risultati diversi, enfatizzando la complessità e la sfida nel ricostruire accuratamente le temperature del passato.
Conclusioni
Insieme, queste due visualizzazioni nella Figura 11 forniscono una comprensione dettagliata delle variazioni stagionali e delle differenze metodologiche nelle stime delle temperature passate, illustrando sia la variabilità stagionale che le sfide nella ricostruzione delle temperature antiche. Questi dati sono cruciali per modellare gli impatti dei cambiamenti climatici e per comprendere meglio le risposte ecologiche e ambientali ai cambiamenti climatici nel passato.
La Tabella 3 presenta dati dettagliati relativi alle temperature degli eventi caldi registrati tramite la ricostruzione GDGT di ELSA, confrontati con i cambiamenti di temperatura registrati in Groenlandia. Ecco una spiegazione dettagliata dei vari componenti della tabella:
- Time period: Indica i periodi temporali considerati, inclusi l’Olocene precoce e diversi interstadiali di Greenland (GI), che sono brevi periodi caldi durante l’ultimo periodo glaciale.
- Start (yr b2k) e End (yr b2k): Gli anni di inizio e fine di ciascun evento caldo, espressi in anni prima del 2000 (b2k). Questi dati localizzano temporalmente ciascun evento caldo nel contesto geologico.
- GDGT TMAF: La Temperatura Media Annuale delle Facciate (TMAF) registrata tramite i biomarcatori GDGT per ciascun periodo, espressa in gradi Celsius. Questo valore fornisce una stima delle temperature superficiali terrestri durante questi eventi caldi.
- n (inter-stadial): Il numero di campioni o misurazioni che sono stati usati per calcolare la TMAF per ciascun periodo interstadiale.
- Warming from previous (stadial): Quantifica il riscaldamento rispetto al precedente periodo freddo (stadial), espressa in gradi Celsius. Questo dato evidenzia l’entità del cambiamento termico rispetto al periodo freddo appena concluso.
- n (previous (stadial)): Il numero di campioni o misurazioni utilizzati per calcolare il riscaldamento dal precedente stadial.
- Greenland temp (°C): La temperatura media annuale in Groenlandia durante gli stessi periodi, fornendo un confronto geografico delle condizioni termiche.
- Greenland warming (°C): L’aumento della temperatura in Groenlandia durante l’evento caldo rispetto al precedente stadial, espressa in gradi Celsius. Questo dato aiuta a comparare la variazione termica in Groenlandia con quella rilevata dalla ricostruzione GDGT di ELSA.
Questa tabella è cruciale per analizzare la correlazione e la discrepanza tra le temperature terrestri e quelle polari durante periodi specifici, offrendo così una visione approfondita delle dinamiche climatiche passate. In particolare, permette di esaminare come i periodi interstadiali, tipicamente più caldi, si differenzino dai periodi stadiali più freddi, e come queste variazioni siano state registrate in diverse parti del mondo.
4 Conclusioni
Le distribuzioni di GDGT misurate su una sequenza composita di sedimenti lacustri del Campo Vulcanico dell’Eifel, in Germania, offrono uno strumento unico per la ricostruzione delle fluttuazioni di temperatura nell’Europa centrale negli ultimi 60.000 anni. Un confronto delle distribuzioni moderne di GDGT nei suoli e nei laghi dell’Eifel fornisce spunti sull’accuratezza delle diverse calibrazioni di temperatura brGDGT pubblicate. Abbiamo scoperto che la stratificazione dei laghi tende probabilmente a causare un bias verso il basso nelle stime della temperatura dei brGDGT, e che questo bias può essere corretto utilizzando la relazione tra i residui delle calibrazioni di temperatura in questa regione e l’isomero IIIa00, che è prodotto esclusivamente in condizioni anossiche. Il modello di calibrazione multivariata di Raberg et al. (2021) si è dimostrato il più efficace e, dopo l’aggiustamento per l’effetto della stratificazione del lago, produce una ricostruzione della temperatura che si avvicina ad altre ricostruzioni della temperatura degli ultimi 60.000 anni. Il modello Raberg21 aggiustato è meno influenzato da fattori non climatici, come i cambiamenti nelle fonti di brGDGT. Un confronto tra proxy e modello mostra generalmente un buon accordo e mette in evidenza il ruolo importante della stagionalità nella temperatura registrata dai brGDGT. La nostra ricostruzione della TMAF a risoluzione centennale indica che l’inizio del MIS 3 ha sperimentato temperature della stagione non gelata solo leggermente più fredde del presente, e che la TMAF dell’LGM era circa 2,6 °C più fredda del presente. La ricostruzione della TMAF mostra solo minime fluttuazioni di temperatura, da 0 a 1 °C, attraverso le transizioni stadiali-interstadiali della Groenlandia, fornendo forti evidenze che questi eventi climatici su scala millenaria influenzano principalmente la stagione invernale e accorciano le stagioni di crescita, ma le temperature massime della stagione calda sono meno colpite. Il segnale stagionale della TMAF fornisce un vincolo unico sulla nostra comprensione dei cambiamenti passati nei cicli di temperatura stagionale e quindi potrebbe essere un obiettivo utile per gli studi di modellazione del clima passato. La nostra ricostruzione continua della temperatura ad alta risoluzione è unica per il continente europeo e quindi sarà di interesse per studi di paleoecologia e archeologia.
https://cp.copernicus.org/articles/20/841/2024