Di seguito propongo un testo lungo e ben articolato che riassume in modo preciso e scientifico lo studio relativo alle anomalie termiche riscontrate nelle registrazioni dendrocronologiche (ottenute dall’analisi degli anelli degli alberi) nell’area sorgentizia del Fiume Jinsha, in Cina, durante la cosiddetta Piccola Era Glaciale (PEG). I dati mostrano come, in determinate fasi (ad esempio tra il 1650 e il 1750 d.C.), inverni più caldi del previsto si siano verificati proprio in un periodo che, in gran parte dell’emisfero settentrionale, risulta invece caratterizzato da condizioni fredde e avanzamento glaciale.


1. Contesto storico e scientifico

La Piccola Era Glaciale, o Little Ice Age (LIA), è un periodo climatico convenzionalmente collocato tra il XIV e il XIX secolo, durante il quale le temperature medie globali risultavano generalmente più basse rispetto a quelle dell’era preindustriale. È stata contraddistinta da numerose fluttuazioni termiche, con fasi fredde marcate alternate a intervalli di relativa mitezza.

Nel contesto di questi studi, l’analisi degli anelli degli alberi (dendroclimatologia) ha ricoperto un ruolo fondamentale: le variazioni nello spessore, nella densità e nella composizione degli anelli, infatti, riflettono le condizioni climatiche dell’anno corrispondente. Una crescita più accentuata e anelli più larghi indicano di norma condizioni favorevoli (temperature più alte o sufficiente disponibilità idrica), mentre anelli più stretti sono spesso associati a stress termico e/o idrico (temperature più basse, siccità o malattie).


2. Area di studio: il Fiume Jinsha

Il Fiume Jinsha è il tratto superiore del Fiume Azzurro (Yangtze), uno dei corsi d’acqua più lunghi e importanti dell’Asia. Le sue sorgenti si trovano nelle regioni montuose del Tibet e del Sichuan, caratterizzate da un clima spiccatamente continentale, con inverni rigidi e relativamente secchi e estati più piovose.

Analizzare la serie temporale di dati climatici provenienti da questa zona è particolarmente interessante perché consente di ricostruire sia le condizioni meteorologiche locali, sia di inserirle in un contesto più ampio di cambiamenti climatici su scala regionale e persino globale.


3. Metodologia dello studio e analisi dendrocronologiche

  1. Campionamento degli alberi
    Gli studiosi hanno selezionato alberi secolari in prossimità della sorgente del Fiume Jinsha. La scelta della specie arborea è fondamentale: si prediligono piante longeve, con anelli annuali ben marcati e poco soggetti a rumore ambientale (interferenze di natura non climatica).
  2. Preparazione dei campioni
    Dalla parte del tronco, oppure utilizzando caroti prelevati in modo non distruttivo, i ricercatori hanno analizzato la struttura degli anelli: spessore, densità massima e contenuto isotopico (ad esempio, il rapporto ^13C/^12C o ^18O/^16O, se rilevante). Queste variabili consentono di risalire alle temperature estive o invernali, a seconda dell’indicatore utilizzato.
  3. Costruzione della curva temporale
    Una volta misurati gli anelli anno per anno, si standardizzano i dati in modo da eliminare trend a lungo termine legati al naturale invecchiamento dell’albero e a fattori ambientali non climatici. Viene così costruito un cronologia composita che, attraverso metodi statistici, permette di ottenere una stima delle variazioni di temperatura nel passato.
  4. Confronto con serie storiche e calibratura
    I dati dendrocronologici sono poi confrontati con i registri storici disponibili (come documenti d’archivio, cronache, o altre serie climatiche) e con misurazioni strumentali più recenti, in particolare dal XX secolo a oggi. Questa fase di calibrazione, che avviene tipicamente attraverso metodi di regressione statistica, è essenziale per assegnare valori numerici attendibili (in °C) alle informazioni ricavate dagli anelli.

4. Risultati principali: anomalie termiche nella PEG

Dall’analisi degli anelli degli alberi nell’area sorgentizia del Jinsha, risulta che alcuni periodi della Piccola Era Glaciale – tradizionalmente considerata una fase fredda – hanno presentato temperature sorprendentemente elevate, almeno su scala regionale.

  1. Anomalie termiche positive (1650–1750 d.C.)
    • +0,44 °C rispetto al periodo 1900–2000: Nel documento viene sottolineato che gli inverni, dal 1650 al 1750, siano stati in media 0,44 °C più caldi rispetto alle temperature registrate nel XX secolo.
    • Questo dato è particolarmente interessante perché contrasta con la percezione comune di una Piccola Era Glaciale uniformemente fredda. Mostra infatti che la LIA è stata caratterizzata da variabilità climatica importante sia a livello temporale sia regionale.
  2. Anno 1719 eccezionale
    • +1,4 °C rispetto alla media 1961–2016: Tra tutti i punti analizzati, spicca l’anno 1719, che sembra essere stato di ben 1,4 °C più caldo rispetto alla media del periodo 1961–2016 (un intervallo moderno e strumentalmente più accurato).
    • Questo suggerisce come, nonostante la tendenza generale a un clima più freddo durante la LIA, vi siano stati “picchi di calore” di breve durata, probabilmente riconducibili a particolari configurazioni meteorologiche o cicli climatici di breve periodo (come oscillazioni di tipo ENSO – El Niño Southern Oscillation, oppure variazioni di circolazione atmosferica).
  3. Periodi freddi identificati
    La stessa ricerca mette in evidenza, all’interno della lunga serie dendrocronologica, i principali periodi freddi, ossia le fasi durante le quali la crescita degli anelli degli alberi ha subito rallentamenti attribuiti a temperature più rigide. Queste “finestre fredde” sono:
    • 1663–1672
    • 1702–1712
    • 1754–1829
    • 1869–1942
    • 1959–1979
    • 1985–1994
    Notiamo come, anche nel XX secolo, vi siano stati periodi di raffreddamento (ad esempio 1959–1979), in parte correlati a fenomeni globali di variazione della circolazione oceanica e atmosferica, emissione di aerosol vulcanici, oppure a cambiamenti dell’attività solare.

5. Interpretazione climatica e confronto con altre regioni

L’apparente anomalia di un periodo così caldo nel cuore della LIA in Cina può essere interpretata come un esempio di quanto complesso e non omogeneo sia il sistema climatico globale. Non è raro, infatti, che regioni diverse del pianeta sperimentino andamenti termici e pluviometrici divergenti, in funzione di fattori geografici (latitudine, altitudine, vicinanza o lontananza dal mare) e di circolazione atmosferica.

  • Effetto dell’orografia: L’area montuosa nella Cina sud-occidentale è influenzata dalla circolazione monsonica e da flussi d’aria continentale. Variazioni di intensità del Monsone asiatico (estivo e invernale) possono aver generato condizioni climatiche insolitamente calde in determinate annate, persino durante un periodo mediamente più freddo come la LIA.
  • Dinamiche oceaniche e teleconnessioni: Fenomeni su grande scala come El Niño/La Niña (ENSO) influiscono non solo sulla fascia tropicale del Pacifico, ma anche sulle zone a latitudine medio-alta, tramite teleconnessioni atmosferiche. Un El Niño di particolare intensità, ad esempio, può innescare inverni più miti in alcune regioni cinesi.

Queste considerazioni si allineano con altre ricostruzioni climatiche, secondo cui la LIA non è stata un blocco unico e statico di freddo uniforme, ma piuttosto una serie di oscillazioni termiche e idriche.


6. Importanza dello studio e conclusioni

Gli studi dendroclimatologici, come quello condotto nelle sorgenti del Fiume Jinsha, hanno una grande rilevanza perché permettono di:

  1. Integrare i dati: Fornire un quadro dettagliato delle variazioni climatiche locali e regionali, prima della disponibilità di registrazioni strumentali (ossia prima del XX secolo).
  2. Rivedere idee preconcette: Mostrare come, anche in epoche storiche ritenute “globalmente” fredde, esistano periodi e regioni con condizioni climatiche più calde (o viceversa).
  3. Comprendere la variabilità naturale: Distinguere tra la variabilità climatica di origine naturale (cicli solari, attività vulcanica, oscillazioni oceaniche) e i più recenti trend di riscaldamento dovuti alle emissioni antropiche di gas serra.

Nello specifico, il fatto che tra il 1650 e il 1750, nella zona considerata, gli inverni siano stati in media 0,44 °C più caldi che nel 1900–2000, e che addirittura nel 1719 si sia toccato un’anomalia di +1,4 °C rispetto alla media 1961–2016, è un segnale della grande complessità delle dinamiche climatiche. Tali risultati rendono evidente che perfino i periodi definiti come più freddi possono avere momenti e aree con temperature insolitamente elevate.

Infine, l’identificazione di diversi periodi freddi (1663–1672, 1702–1712, 1754–1829, 1869–1942, 1959–1979 e 1985–1994) mette in luce la ricorrenza di fasi di raffreddamento che si estendono ben oltre la LIA, in alcuni casi fino al XX secolo avanzato, indicando come il clima risponda a una molteplicità di fattori tanto locali quanto globali.


7. Prospettive future

Sebbene la dendrocronologia fornisca già un potente strumento di indagine, studi futuri potrebbero affinare ulteriormente la comprensione di questi fenomeni grazie a:

  • Analisi multi-proxy: Integrare le informazioni dagli anelli degli alberi con altri indicatori paleoclimatici (carote di ghiaccio, sedimenti lacustri, depositi stalagmitici) per ottenere una ricostruzione più robusta e ben calibrata.
  • Modellistica climatica avanzata: Utilizzare i modelli di circolazione generale (GCM) a risoluzione sempre maggiore, per simulare e riprodurre le anomalie climatiche passate, confrontando i risultati dei modelli con i dati storici e paleoclimatici.
  • Estensioni geografiche: Allargare lo studio ad altre regioni contigue o ad altre parti dell’Asia, al fine di valutare la sincronia o asincronia delle anomalie termiche e dei periodi freddi.

Conclusioni

La ricerca sulle anomalie termiche registrate nei cerchi di accrescimento degli alberi nell’alta valle del Jinsha during la Piccola Era Glaciale costituisce un contributo estremamente significativo alla paleoclimatologia. Mostra infatti come anche in epoche comunemente associate a freddo diffuso esistessero isole di calore o brevi intervalli più miti, a testimonianza della complessità del sistema climatico terrestre. Questi risultati hanno importanti implicazioni per la comprensione delle dinamiche climatiche, per lo studio dei cambiamenti passati e per la previsione dei futuri scenari di variabilità termica, in un contesto di riscaldamento globale senza precedenti in epoca storica.

https://www.mdpi.com/1999-4907/15/6/972

Temperature Anomale Rilevate Utilizzando gli Anelli degli Alberi nelle Testate del Fiume Jinsha Durante la Piccola Era Glaciale
Autori: Chaoling Jiang, Haoyuan Xu, Yuanhe Tong e Jinjian Li
Istituzione: Scuola di Scienze Atmosferiche, Laboratorio Chiave dell’Ambiente e dell’Atmosfera dell’Altopiano della Provincia del Sichuan, Stazione di Osservazione e Ricerca Meteorologica Urbana della Pianura di Chengdu e dell’Ambiente della Provincia del Sichuan, Laboratorio di Ingegneria per la Previsione e l’Allerta Precoce dei Disastri Meteorologici del Sichuan, Università di Tecnologia dell’Informazione di Chengdu, Chengdu 610225, Cina; 2021013020@stu.cuit.edu.cn (C.J.); 2022013194@stu.cuit.edu.cn (H.X.); 2021013057@stu.cuit.edu.cn (Y.T.)
Corrispondenza: ljj@cuit.edu.cn
Abstract: Considerato il riscaldamento globale come manifestazione del cambiamento climatico, che rappresenta una grave problematica nel XXI secolo, risulta essenziale una ricostruzione climatica più dettagliata nel processo di valutazione climatica, tenendo conto dell’eterogeneità degli scenari di cambiamento climatico tra i vari elementi meteorologici e le stagioni. Per comprendere meglio le variazioni della temperatura minima invernale nel bacino del Fiume Jinsha (Cina), abbiamo creato una cronologia standard degli anelli di Picea likiangensis var. balfouri e abbiamo ricostruito la temperatura minima media regionale dei semestri invernali dal 1606 al 2016. Questa ricostruzione fornisce una panoramica esaustiva delle variazioni di temperatura invernale nel corso di molti secoli. Negli ultimi 411 anni, il clima regionale ha sperimentato sette periodi caldi e sei periodi freddi. La temperatura ricostruita cattura efficacemente il riscaldamento climatico manifestatosi verso la fine del XX secolo. Sorprendentemente, nel periodo 1650–1750, la temperatura minima invernale nell’area di studio era circa 0,44 °C superiore rispetto al XX secolo, contraddicendo significativamente il concetto di una “Piccola Era Glaciale” più fredda. Tale risultato è stato confermato dai dati di temperatura ricostruiti da altri dati dendrocronologici delle aree circostanti, confermando la validità della ricostruzione. È stato applicato il metodo di Decomposizione Empirica Modale d’Insieme (EEMD) per decomporre la sequenza ricostruita in oscillazioni di differenti frequenze. I risultati della decomposizione evidenziano che le variazioni di temperatura nella regione presentano significative fluttuazioni periodiche con cicli quasi-triennali, quasi-settennali, di 15,5-16,8 anni, di 29,4-32,9 anni e di quasi-82 anni. Fattori come l’Oscillazione Meridionale El Niño (ENSO), l’Oscillazione Decennale del Pacifico (PDO) e l’attività solare, insieme all’Oscillazione Multidecennale dell’Atlantico (AMO), possono essere ritenuti importanti fattori influenti. Per ricostruire questo clima, lo studio ha integrato i risultati di tre algoritmi di machine learning e metodi di regressione lineare tradizionali. Questa metodologia di ricostruzione innovativa può offrire spunti preziosi per ricerche correlate. Ulteriori scenari di cambiamento climatico globale possono essere esplorati mediante ricostruzioni proxy aggiuntive.

  1. Introduzione
    Il cambiamento climatico rappresenta una sfida a lungo termine per la società umana e l’ambiente terrestre. Un aumento sostanziale della temperatura avrà conseguenze estese e profonde sia per la società umana sia per gli ecosistemi [1]. Diversi studi hanno evidenziato una evidente asimmetria nell’incremento delle temperature minime e massime durante il cambiamento climatico globale [2]. Inoltre, la distribuzione stagionale del riscaldamento mostra asimmetrie, essendo spesso più marcato in inverno rispetto all’estate [3,4]. Questo fattore climatico, oltre a impattare direttamente sulla copertura nevosa superficiale, influisce sull’adattamento delle specie e sulla struttura e funzione degli ecosistemi terrestri. Inoltre, influisce su tutti i processi biochimici sulla Terra attraverso meccanismi di ciclo del carbonio e interazioni tra i vari strati [5–7]. Alla luce di ciò, è necessaria una ricostruzione più completa nel processo di valutazione del clima, considerando l’eterogeneità degli scenari di cambiamento climatico tra i vari elementi meteorologici e le stagioni [8].
    Il Fiume Jinsha (Cina), che nasce dall’Altopiano Tibetano, spesso definito il “Tetto del Mondo” e il “Terzo Polo“, alimenta le regioni superiori del Fiume Yangtze. Il suo bacino idrografico comprende la parte orientale dell’Altopiano Tibetano e l’area della catena montuosa Hengduan, estendendosi verso sud fino all’altopiano del nord Yunnan e verso est fino al margine sud-occidentale del bacino del Sichuan. È una riserva ecologica importante e una base per l’energia idroelettrica in Cina [9]. In estate, a causa dell’influenza del monsone sud-occidentale oceanico e del monsone sud-orientale, il bacino sperimenta precipitazioni sostanziali, con livelli di pioggia che diminuiscono da sud-est a nord-ovest. Al contrario, durante l’inverno, il bacino è principalmente influenzato da un flusso d’aria occidentale, portando a condizioni climatiche continentali soleggiate e asciutte. Pertanto, acquisire una comprensione approfondita ed elucidare il modello di cambiamento climatico locale a lungo termine può facilitare la pianificazione razionale dello sviluppo e dell’utilizzo delle risorse nel bacino, rivestendo importanza per la previsione del cambiamento climatico futuro e la valutazione dei rischi climatici non solo nell’altopiano del Qinghai-Tibet, ma in tutta la regione del Fiume Yangtze su scala più ampia. Diversi studiosi hanno condotto ricerche approfondite sul cambiamento climatico nel bacino del Fiume Jinsha. Le caratteristiche spaziotemporali della temperatura atmosferica media mensile alla superficie e i livelli di precipitazione sono stati indagati in 20 stazioni meteorologiche dal 1961 al 2010 [10]. Inoltre, sono stati esaminati i modelli di pioggia giornalieri in quattro distinte sotto-aree all’interno del bacino del Fiume Jinsha [11], e sono stati impiegati quattro indici di precipitazione estrema formulati dal Gruppo di Esperti sulla Rilevazione del Cambiamento Climatico e gli Indici (ETCCDIs) per analizzare le fluttuazioni temporali e spaziali nelle occorrenze di precipitazioni estreme. In aggiunta, metodologie come il metodo della curva di massa doppia, il cambiamento di pendenza e il metodo del bilancio idrico sono state utilizzate per esaminare come le attività umane e il contributo dell’alterazione climatica antropogenica hanno influenzato la dinamica delle portate nel bacino del Fiume Jinsha dal 1961 al 2010 [12].

La Piccola Era Glaciale è caratterizzata da condizioni di freddo generale, aumento delle precipitazioni e espansione dei ghiacciai in molte parti del mondo, influenzando significativamente sia il mondo sia la società umana e diventando così un focus nelle ricerche moderne [13–17]. L’emisfero settentrionale ha sperimentato una diminuzione della temperatura di circa 0,5 °C durante questo periodo, e il freddo ha portato a grandi carestie, guerre ed epidemie [18,19]. Dalla Piccola Era Glaciale, si sono verificate anomalie climatiche su larga scala simultaneamente nelle zone sud-orientali dell’Altopiano del Qinghai-Tibet e dell’Himalaya [20]. Tuttavia, data la scarsità di archivi climatici strumentali a lungo termine per l’area, i dati osservativi attualmente disponibili sono insufficienti per una comprensione approfondita dei modelli di cambiamento climatico duraturi nel bacino del Fiume Jinsha dalla Piccola Era Glaciale. Pertanto, è urgente l’uso di proxy climatici ad alta risoluzione per ricostruire i cambiamenti climatici storici in questa area, contribuendo così a una comprensione più profonda dell’interazione tra la variabilità climatica moderna naturale e antropogenica [21]. Tra i vari proxy climatici, gli anelli degli alberi sono stati ampiamente utilizzati per ricostruire le alterazioni climatiche antiche grazie alla loro datazione affidabile, misure precise, continuità e alta risoluzione [22–25]. L’Altopiano Tibetano è un’area prominente per gli studi dendroclimatologici in Cina [26–31]. Ad esempio, gli alberi di Abies squamata Mast. sono stati utilizzati per ricostruire le temperature all’inizio dell’estate nelle Montagne Shalv nella parte sud-orientale dell’Altopiano Tibetano negli ultimi 563 anni [32]. Le temperature invernali sono state ricostruite nel corso dei precedenti 351 anni nelle Montagne Gongga utilizzando gli anelli degli alberi [33]. Inoltre, gli anelli degli alberi di Juniperus tibetica sono stati impiegati per rivelare i cambiamenti del deflusso annuale nel Fiume Lhasa oltre 472 anni nel sud dell’Altopiano Tibetano [34]. Sono stati investigati i minimi cambiamenti di temperatura negli ultimi 564 anni nell’Altopiano Tibetano centro-orientale [35]. Inoltre, sono stati determinati i minimi cambiamenti della temperatura invernale nel sud-est dell’Altopiano Tibetano [27]. Fino ad oggi, sono stati condotti diversi studi per stimare i cambiamenti climatici nel Fiume Jinsha e nei bacini adiacenti durante il periodo storico. Questi studi si sono concentrati principalmente sulla ricostruzione del deflusso, della siccità e delle temperature estive [36–40], contribuendo significativamente alla comprensione delle configurazioni delle alterazioni climatiche nella regione attraverso vari secoli. Tuttavia, questi studi non hanno ancora caratterizzato adeguatamente i cambiamenti della temperatura del semestre invernale nel bacino del Fiume Jinsha. Di conseguenza, questo studio affronterà i cambiamenti della temperatura invernale utilizzando dati degli anelli degli alberi del bacino del Fiume Jinsha. Questa ricerca costruirà la temperatura minima media del semestre invernale (novembre–aprile) degli ultimi 400 anni utilizzando una cronologia della larghezza degli anelli degli alberi. Inoltre, saranno analizzate le caratteristiche dei cambiamenti della temperatura ricostruita e i fattori influenzanti, arricchendo così i dati storici sui cambiamenti climatici nel bacino del Fiume Jinsha, fornendo supporto dati scientifici per comprendere la risposta ai cambiamenti della temperatura globale e stimare le tendenze future dei cambiamenti della temperatura. Gli obiettivi primari e specifici di questa ricerca sono i seguenti: (a) costruire la cronologia della larghezza degli anelli degli alberi; (b) ricostruire le temperature minime invernali degli ultimi quattro secoli; e (c) discutere gli elementi possibili che guidano i cambiamenti climatici.

  1. Materiali e Metodi
    2.1. Panoramica dell’Area di Studio e Sviluppo Cronologico
    Il set di dati sulla larghezza degli anelli degli alberi utilizzato in questa ricerca è stato ottenuto dai versanti orientali della parte alta del Fiume Jinsha nella Contea di Baiyu, Provincia del Sichuan, Cina (98.83° E, 31.25° N; Figura 1a). La località di campionamento è situata ad un’altitudine che varia dai 4000 ai 4100 m. La specie selezionata per il campionamento è Picea likiangensis var. balfouriana, comunemente conosciuta come abete rosso del Sichuan occidentale, specie dominante in questa foresta densa. Il sottobosco di questa foresta è caratterizzato dalla presenza di arbusti nani come i rododendri alpini, che coesistono sotto il baldacchino. La foresta mostra un alto livello di chiusura del baldacchino, indicando una comunità ecologica complessa e ben stabilita.

Il sito di campionamento è situato all’incrocio tra la Provincia del Sichuan e la Regione Autonoma del Tibet all’interno dell’Altopiano del Qinghai-Tibet sudorientale, lungo il Fiume Jinsha (ovvero, la sezione del Fiume Yangtze tra Zhimenda e Pingshan; vedi Figura 1a). Questa regione ha un clima d’altopiano unico, formato dalla topografia dell’Altopiano del Tibet e dagli effetti sinergici dei monsoni del Sud e dell’Est Asiatico e dei venti occidentali delle medie latitudini. Qui sono particolarmente evidenti i cambiamenti estremi del clima, con le temperature massime e medie che aumentano più lentamente rispetto alla temperatura minima, e il tasso di riscaldamento aumenta con l’altitudine [41]. Sembra che ci sia una correlazione sempre più positiva tra le precipitazioni estreme e le precipitazioni totali, e le precipitazioni si intensificano in volume e frequenza nel tempo [42]. L’aumento della frequenza di fenomeni di siccità e gelo e i cambiamenti nei fattori meteorologici che guidano, come il tempo estremo, hanno influenzato significativamente la crescita della vegetazione nell’area di studio [43]. I dati climatici dell’area di studio (1961–2017) indicano una temperatura media annuale di 7.7 °C, con la temperatura media più alta di 16.2 °C a luglio e la temperatura più bassa di -1.1 °C a gennaio. La precipitazione media annuale era di 568.1 mm, distribuita principalmente in un unico picco tra maggio e settembre, costituendo l’85.8% delle precipitazioni totali. Il picco delle condizioni umide si verifica a luglio, raggiungendo fino a 123.9 mm (Figura 1b). Durante la raccolta dei campioni, l’oggetto della raccolta erano alberi vivi più vecchi. Sono stati utilizzati increment borers per ottenere due carote dell’albero vicino alla posizione alta del petto degli alberi, e per alcuni alberi sono state raccolte una o tre carote. In definitiva, sono state raccolte 61 carote da 37 alberi.

  1. Materiali e Metodi
    2.1. Panoramica dell’Area di Studio e Sviluppo Cronologico
    Il set di dati sulla larghezza degli anelli degli alberi utilizzato in questa ricerca è stato ottenuto dai versanti orientali della parte alta del Fiume Jinsha nella Contea di Baiyu, Provincia del Sichuan, Cina (98.83° E, 31.25° N; Figura 1a). La località di campionamento è situata ad un’altitudine che varia dai 4000 ai 4100 m. La specie selezionata per il campionamento è Picea likiangensis var. balfouriana, comunemente conosciuta come abete rosso del Sichuan occidentale, specie dominante in questa foresta densa. Il sottobosco di questa foresta è caratterizzato dalla presenza di arbusti nani come i rododendri alpini, che coesistono sotto il baldacchino. La foresta mostra un alto livello di chiusura del baldacchino, indicando una comunità ecologica complessa e ben stabilita.

Il sito di campionamento è situato all’incrocio tra la Provincia del Sichuan e la Regione Autonoma del Tibet all’interno dell’Altopiano del Qinghai-Tibet sudorientale, lungo il Fiume Jinsha (ovvero, la sezione del Fiume Yangtze tra Zhimenda e Pingshan; vedi Figura 1a). Questa regione ha un clima d’altopiano unico, formato dalla topografia dell’Altopiano del Tibet e dagli effetti sinergici dei monsoni del Sud e dell’Est Asiatico e dei venti occidentali delle medie latitudini. Qui sono particolarmente evidenti i cambiamenti estremi del clima, con le temperature massime e medie che aumentano più lentamente rispetto alla temperatura minima, e il tasso di riscaldamento aumenta con l’altitudine [41]. Sembra che ci sia una correlazione sempre più positiva tra le precipitazioni estreme e le precipitazioni totali, e le precipitazioni si intensificano in volume e frequenza nel tempo [42]. L’aumento della frequenza di fenomeni di siccità e gelo e i cambiamenti nei fattori meteorologici che guidano, come il tempo estremo, hanno influenzato significativamente la crescita della vegetazione nell’area di studio [43]. I dati climatici dell’area di studio (1961–2017) indicano una temperatura media annuale di 7.7 °C, con la temperatura media più alta di 16.2 °C a luglio e la temperatura più bassa di -1.1 °C a gennaio. La precipitazione media annuale era di 568.1 mm, distribuita principalmente in un unico picco tra maggio e settembre, costituendo l’85.8% delle precipitazioni totali. Il picco delle condizioni umide si verifica a luglio, raggiungendo fino a 123.9 mm (Figura 1b). Durante la raccolta dei campioni, l’oggetto della raccolta erano alberi vivi più vecchi. Sono stati utilizzati increment borers per ottenere due carote dell’albero vicino alla posizione alta del petto degli alberi, e per alcuni alberi sono state raccolte una o tre carote. In definitiva, sono state raccolte 61 carote da 37 alberi.

2.2. Dati Climatici I dati climatici sono stati ottenuti da cinque stazioni distinte: Contea di Dege (98°35′ E, 31°48′ N, altitudine 3184 m), Contea di Bainyu (98°50′ E, 31°13′ N, altitudine 3260 m), Contea di Batang (99°6′ E, 30° N, altitudine 2589,2 m), Contea di Changdu (91°10′ E, 31°9′ N, altitudine 3315 m) e Contea di Ganzi (100° E, 31°37′ N, altitudine 3393,5 m). Queste stazioni sono geograficamente vicine al sito di campionamento (Figura 1a) e hanno fornito i dati di temperatura minima (Tmin), media mensile (Tmean), massima (Tmax) e di precipitazione (P) dal 1961 al 2016. Inoltre, i valori medi di questi fattori climatici da questi siti sono stati utilizzati per caratterizzare il clima dell’area. Il set di dati sulla temperatura superficiale globale del mare (Extended Reconstructed Sea Surface Temperature V5, ERSST V5), con una risoluzione spaziale di 2° × 2°, offerto dalla NOAA, ha fornito le informazioni SST. La temperatura superficiale del mare è stata utilizzata per esaminare l’interazione accoppiata aria-mare tra il clima e la SST globale nell’area di studio.

La Figura 1 si compone di due parti distinte, che forniscono dettagli cruciali sul contesto geografico e climatico per lo studio dendrocronologico nel bacino del Fiume Jinsha.

(a) Mappatura del sito di campionamento degli anelli degli alberi e delle stazioni meteorologiche correlate:

  • Questa sezione della figura illustra con precisione l’ubicazione del sito di campionamento degli anelli degli alberi nel Fiume Jinsha, marcato con un cerchio rosso. Le stazioni meteorologiche impiegate per l’acquisizione dei dati climatici sono indicate mediante stelle nere.
  • L’immagine cartografica mostra chiaramente le variazioni di altitudine nella regione, rappresentate da una gradazione cromatica che passa dal giallo (basse altitudini) al marrone scuro (alte altitudini), e include linee topografiche che demarcano le principali aree di drenaggio e un contorno che specifica l’area oltre i 3000 metri di altitudine.
  • Questa visualizzazione geografica è fondamentale per comprendere le condizioni ecologiche e ambientali che influenzano la crescita degli alberi e la formazione degli anelli annuali.

(b) Analisi dei dati climatici stagionali derivati dalle stazioni meteorologiche (1961-2016):

  • Il grafico in questa sezione mostra le variazioni mensili della temperatura (rappresentata da linee) e della precipitazione (rappresentata da barre) registrate nel periodo indicato.
  • Si osservano tre linee distinte che rappresentano la temperatura minima, media e massima per ogni mese, fornendo un’indicazione chiara dell’ampiezza termica stagionale.
  • Le barre verticali illustrano la distribuzione mensile delle precipitazioni in millimetri, evidenziando un picco marcato nei mesi estivi, in particolare in luglio, il che riflette l’incidenza dei monsoni nella regione.

Complessivamente, la Figura 1 serve a localizzare precisamente il sito di studio rispetto a punti di riferimento geografici e climatici rilevanti, essenziale per l’interpretazione dei dati dendrocronologici e per la valutazione degli impatti climatici sull’ecosistema studiato. Le informazioni topografiche e climatiche dettagliate consentono di correlare specifiche condizioni ambientali alla variazione degli anelli degli alberi, sottolineando l’importanza di un’analisi integrata per la comprensione delle dinamiche ecologiche e climatiche nella regione del Fiume Jinsha.

La Figura 2 illustra due componenti principali relativi alla dendrocronologia: l’indice degli anelli degli alberi e il conteggio degli anelli annuale, entrambi presentati in un grafico temporale che va dal 1300 al 2000 circa.

  • La linea blu rappresenta l’indice degli anelli degli alberi, che potrebbe indicare la larghezza degli anelli o altre metriche dendrocronologiche correlate a fattori ambientali come temperatura e precipitazioni. Un valore elevato nell’indice può suggerire condizioni ottimali per la crescita degli alberi, mentre valori più bassi possono indicare condizioni meno favorevoli.
  • L’area grigia mostra il conteggio degli anelli analizzati per ciascun anno. Questo conteggio riflette il volume di campioni disponibili per l’analisi in un dato anno, con un aumento progressivo nel tempo che suggerisce una crescente accumulazione di dati e potenzialmente una maggiore affidabilità delle informazioni raccolte negli anni più recenti.
  • Il grafico presenta una freccia rossa che segnala il primo anno in cui il segnale della popolazione espressa (EPS) supera la soglia di 0.85. Il valore di EPS è critico nella dendrocronologia poiché valuta la qualità della ricostruzione cronologica degli anelli, misurando l’accuratezza con cui il campione di anelli rappresenta il segnale climatico complessivo della popolazione arborea. Un EPS superiore a 0.85 è generalmente interpretato come indicativo di una cronologia di alta qualità, appropriata per analisi climatiche dettagliate.

L’identificazione dell’anno in cui l’EPS supera 0.85 è di fondamentale importanza per i ricercatori, in quanto stabilisce il punto da cui i dati degli anelli degli alberi sono considerati sufficientemente affidabili per interpretazioni accurate delle variazioni climatiche storiche. Questo marker temporale è essenziale per garantire la validità delle inferenze climatiche tratte dalle serie temporali degli anelli degli alberi.

2.3. Metodi di Ricostruzione e Analisi

L’analisi di Pearson può essere utilizzata per valutare le correlazioni lineari tra la cronologia della deviazione standard (STD) e diversi fattori climatici all’interno della regione di studio e per scegliere le principali variabili climatiche per la ricostruzione. Mentre i metodi tradizionali di ricostruzione si basano principalmente sulla costruzione di equazioni di regressione lineare [50–52], l’interazione tra la crescita degli alberi e i fattori climatici è altamente complessa e mostra caratteristiche non lineari [53]. Studi precedenti hanno dimostrato l’efficacia delle tecniche di apprendimento automatico nel catturare relazioni di regressione non lineari tra la crescita degli alberi e i fattori climatici [54–56]. Pertanto, questo studio ha utilizzato tre algoritmi di apprendimento automatico—i vicini più prossimi (KNN), le macchine a vettori di supporto (SVM) e la foresta casuale (RF)—per scopi di modellazione e ricostruzione. Durante il processo di ricostruzione, sono stati impiegati dati cronologici sia dell’anno corrente che dell’anno precedente per l’addestramento dei modelli. Questo approccio riconosce l’effetto ritardato della temperatura sugli anelli degli alberi [57], indicando che la temperatura nell’anno t influisce sulla larghezza degli anelli degli alberi sia in quell’anno che nel successivo (anno t + 1). La costruzione degli algoritmi di apprendimento automatico è stata completata utilizzando il pacchetto di librerie Python noto come sklearn. L’accuratezza e l’affidabilità della ricostruzione sono state valutate attraverso varie metriche statistiche, come il coefficiente di correlazione (R), il coefficiente di determinazione (R²), il coefficiente di determinazione aggiustato (R² adj), la riduzione dell’errore (RE), il test di varianza (F), il test della media del prodotto, il test del segno (ST) e l’errore quadratico medio (RMSE). Per comprendere meglio le variazioni estreme della temperatura, gli anni di temperatura sono stati classificati come alti o bassi basandosi sull’essere una deviazione standard (SD) sopra o sotto la media. Gli anni con temperature ricostruite sopra la media che superano la SD (−4.08 °C) sono stati identificati come anni di temperatura estremamente alta, mentre gli anni con temperature ricostruite sotto la media che superano la SD (−5.2 °C) sono stati classificati come anni di temperatura estremamente bassa. Per spiegare ulteriormente le caratteristiche decennali dei cambiamenti di temperatura durante i precedenti 411 anni, è stata condotta un’analisi utilizzando la media mobile degli 11 anni della ricostruzione. Le fasi in cui i risultati della ricostruzione erano inferiori o superiori alla media per 10 anni consecutivi o più sono stati definiti come fasi fredde/caldi.Le serie climatiche ricostruite e strumentali sono state sottoposte a un’analisi di correlazione spaziale con il set di dati Climatic Research Unit (CRU TS 4.07) per valutare la rappresentatività spaziale delle temperature minime invernali ricostruite per la regione di ricerca durante il periodo osservativo dal 1962 al 2005 d.C. Per estrarre fluttuazioni su più scale temporali dalla ricostruzione, è stata applicata la decomposizione modale empirica di ensemble (EEMD) [58]. L’EEMD ha decomposto la serie temporale in varie funzioni modali intrinseche (IMF) con significati reali, che hanno estratto informazioni sia nel dominio del tempo che della frequenza dai cambiamenti e dalle tendenze amalgamate [59]. Utilizzando i dati sulla temperatura superficiale del mare globale, è stata eseguita un’analisi di correlazione spaziale sulla ricostruzione e sulle informazioni strumentali per verificare l’influenza dei fattori di spinta. Il calcolo dei parametri per i test e il calcolo dei coefficienti di correlazione sono stati eseguiti utilizzando sia il software Python che SPSS. L’implementazione dell’approccio di Decomposizione Modale Empirica di Ensemble (EEMD) è stata realizzata anche utilizzando Python, e la realizzazione dei grafici è stata effettuata utilizzando la libreria matplotlib in Python.

3. Risultati

3.1. Relazione tra la Crescita degli Alberi e i Fattori Climatici

La Figura 3 illustra la relazione tra la cronologia degli anelli degli alberi e i fattori climatici regionali. I risultati suggeriscono che la crescita radiale degli alberi mostra la correlazione più significativa con le precipitazioni di marzo e aprile, con coefficienti di correlazione rispettivamente di 0,312 e 0,300 (p < 0,05). Nel frattempo, il coefficiente di correlazione che collega la crescita radiale degli alberi con la Tmedia in gennaio, agosto e novembre dell’anno precedente, così come la Tmax in febbraio e agosto, erano 0,287, 0,425, 0,314, 0,271 e 0,269, rispettivamente (p < 0,05). Una correlazione migliore (p < 0,01) con la Tmedia tra questo agosto e lo scorso dicembre e tra la Tmax in novembre e dicembre dell’anno precedente è stata trovata, con coefficienti di correlazione rispettivamente di 0,425, 0,474, 0,391 e 0,433. L’analisi delle correlazioni per ogni singolo mese ha indicato che l’espansione radiale degli alberi era significativamente associata (p < 0,05) alle temperature minime, ad eccezione di maggio dell’anno corrente. La correlazione più sostanziale è stata osservata con la temperatura minima media del dicembre precedente, con un coefficiente di correlazione di 0,537 (p < 0,01). Attraverso ulteriori analisi di correlazione degli elementi climatici di diverse combinazioni mensili, la correlazione tra la temperatura minima media e la cronologia degli anelli degli alberi è risultata superare il test di significatività a un livello di significatività di 0,01 in primavera (marzo-aprile), alta estate (agosto-settembre) e inverno (ultimo novembre-dicembre e gennaio di quest’anno), e specialmente durante il semestre invernale (da novembre scorso ad aprile di quest’anno). Il coefficiente di correlazione del semestre invernale era il più significativo, raggiungendo 0,566.

La Figura 3 illustra i coefficienti di correlazione di Pearson tra l’indice degli anelli degli alberi e i fattori climatici, quali la precipitazione mensile (Pre), e le temperature minima (Tmin), massima (Tmax) e media (Tmean). I colori nella mappa termica variano dal blu al rosso, rappresentando i coefficienti di correlazione da negativi a positivi, rispettivamente. Le aree blu indicano una correlazione negativa, mentre le aree rosse denotano una correlazione positiva tra l’indice degli anelli degli alberi e i vari indicatori climatici mensili.

I valori numerici presenti all’interno delle celle sono i coefficienti di correlazione di Pearson, e le celle sono annotate con simboli ** (**) e * (*) per indicare livelli di significatività statistica di 0,01 e 0,05, rispettivamente.

Esempi rilevanti includono:

  • La temperatura minima media del dicembre precedente, che mostra il coefficiente di correlazione più elevato (0,537) con l’indice degli anelli, marcata con un livello di significatività di **0,01 (indicato da ).
  • Le temperature minima e media in agosto, che presentano anch’esse correlazioni significative (rispettivamente 0,425 e 0,433) con un livello di significatività 0,01.

La colonna denominata “Winter” rappresenta il semestre invernale (da novembre scorso ad aprile di quest’anno), evidenziando il coefficiente di correlazione complessivo più elevato (0,566), sottolineando una forte relazione tra l’indice degli anelli degli alberi e le temperature medie durante questi mesi, evidenziata da un’alta significatività statistica.

3.2. Ricostruzione della Temperatura Minima

Alla luce dell’analisi precedente, la temperatura minima media del bacino del fiume Jinsha durante il semestre invernale è stata selezionata come oggetto di ricostruzione. Dati i vantaggi dei metodi di apprendimento automatico nella modellazione delle relazioni non lineari, la presente ricerca ha incorporato tre modelli di apprendimento automatico, ovvero il vicino più prossimo (KNN), le macchine a vettori di supporto (SVM) e la foresta casuale (RF), oltre alle tradizionali equazioni di regressione per la costruzione del modello.

L’equazione di regressione Lr (Tmin = 2.282 × stdt + 1.08 std(t+1) − 7.994) e l’approccio di convalida incrociata leave-one-out (LOOCV) sono stati impiegati per regolare il parametro del modello di apprendimento automatico, e poi sono stati stabiliti i modelli KNN, RF e SVM per la ricostruzione della temperatura. Alla fine, le sequenze ricostruite ottenute utilizzando i quattro metodi sono state ponderate e mediate con pesi uguali. Così è stata ottenuta una ricostruzione integrata [60]. Il coefficiente di correlazione tra le temperature ricostruite e quelle reali era di 0.73 (con un campione di 56, p < 0.001), e dopo aver tenuto conto dei gradi di libertà, la varianza spiegata era del 52,4% (come rappresentato nella Figura 4a).

Per valutare la robustezza e l’affidabilità del modello di ricostruzione, è stata impiegata una metodologia di calibrazione/verifica con campioni divisi per il modello di ricostruzione collettiva. I risultati della verifica segmentata sono stati consolidati e sono presentati nella Tabella 1. Sono stati condotti test di segno sia sui dati iniziali (ST) che sui dati differenziati di primo ordine (ST1), e hanno superato con successo la soglia di significatività a un livello di 0,01, suggerendo che il modello ha un’eccellente affidabilità per la costruzione di cambiamenti ad alta e bassa frequenza. La più rigorosa riduzione statistica dell’errore (RE) e il coefficiente di efficienza (CE) erano positivi; i valori RE del test di calibrazione/verifica diviso erano molto superiori a 0, rispettivamente 0,79 e 0,80. Ciò suggerisce che i risultati della ricostruzione sono sia stabili che affidabili, validando così la loro utilità nella ricostruzione delle temperature minime medie del semestre invernale per le sorgenti del fiume Jinsha dal 1606 al 2016. Inoltre, i valori ricostruiti della temperatura minima media del semestre invernale mostrano una forte correlazione con i valori osservati (Figura 4b) e un coefficiente di correlazione di 0,730 (n = 56, p < 0,01).

La Figura 4 illustra diversi aspetti della ricostruzione delle temperature utilizzando diversi modelli e periodi:

(a) Confronto dei risultati delle quattro ricostruzioni: Questo grafico mostra le temperature minime invernali ricostruite dal 1606 al 2016 attraverso quattro differenti metodologie: K-nearest neighbor (KNN), Random Forest (RF), Support Vector Machines (SVM) e regressioni lineari (Lr). Ogni linea rappresenta i risultati di una specifica tecnica di modellazione, permettendo di osservare come ciascun modello ha tracciato i dati storici della temperatura.

(b) Temperature costruite e osservate durante il periodo di calibrazione 1960-2016: Questo grafico mostra il confronto tra le temperature medie costruite dai modelli e quelle effettivamente osservate durante il periodo di calibrazione. La linea rossa rappresenta la media mobile delle temperature ricostruite, mentre la linea nera indica le temperature osservate. Questo confronto è fondamentale per valutare la precisione e l’affidabilità delle ricostruzioni.

(c) Temperature minime medie dei mesi invernali ricostruite utilizzando i dati cronologici dal 1606 al 2016: In questo grafico, la linea nera mostra le temperature minime medie invernali ricostruite, mentre la linea rossa indica la media mobile su 11 anni, che aiuta a visualizzare le tendenze a lungo termine e a levigare le fluttuazioni annuali. La linea orizzontale blu rappresenta la temperatura media su tutto l’arco temporale ricostruito, fornendo un punto di riferimento per confrontare le fluttuazioni di temperatura nel tempo.

Complessivamente, queste rappresentazioni grafiche forniscono un’analisi dettagliata della variazione delle temperature invernali nel bacino del fiume Jinsha, mettendo in luce sia le tendenze a lungo termine sia l’accuratezza dei modelli utilizzati nella ricostruzione delle temperature storiche.

La Tabella 1 presenta le statistiche dei risultati dei test di calibrazione e verifica divisi per la ricostruzione basata sugli anelli degli alberi. Questi test sono cruciali per validare l’affidabilità e l’accuratezza dei modelli di ricostruzione climatica.

Calibrazione

  • Periodo: Indica gli intervalli temporali specifici in cui il modello è stato calibrato per assicurare l’adattamento ottimale ai dati storici.
  • R: Coefficiente di correlazione di Pearson, che quantifica la correlazione lineare tra i dati osservati e quelli ricostruiti, un indicatore chiave della precisione di adattamento del modello.
  • : Coefficiente di determinazione, che rivela la percentuale della varianza nei dati osservati spiegabile tramite il modello, un’importante misura della capacità esplicativa del modello.
  • R² adj: Coefficiente di determinazione aggiustato, che offre una stima più precisa della varianza spiegata, aggiustata per il numero di predittori nel modello.
  • F: Statistica F, utilizzata per testare la significatività complessiva del modello, una misura essenziale della validità statistica del modello.

Verifica

  • Periodo: Intervallo temporale utilizzato per la verifica del modello, fondamentale per testare la robustezza del modello sotto diverse condizioni temporali.
  • R, , R² adj, F: Parametri analoghi a quelli della calibrazione, ma applicati al set di dati di verifica, per confermare la consistenza del modello oltre il periodo di calibrazione.
  • RE (Reduction in Error): Indica la capacità del modello di ridurre l’errore rispetto a un modello naive; valori maggiori di zero indicano un modello predittivo utile e funzionale.
  • ST (Sign Test) e ST1 (Sign Test of first-differenced data): Test che valutano la concordanza dei segni tra i valori osservati e quelli predetti, prima e dopo la differenziazione dei dati, cruciale per la verifica della accuratezza delle previsioni del modello.
  • CE (Coefficient of Efficiency): Misura l’efficacia del modello confrontando la somma degli errori quadratici del modello con quella di un modello di media semplice, un altro indicatore chiave dell’efficacia del modello.

Le note sotto la tabella specificano che i valori marcati con ** sono statisticamente significativi al livello del 0.01. La tabella mostra risultati generalmente elevati per entrambi i periodi e i metodi, con coefficients di correlazione e di determinazione relativamente elevati, indicando che il modello è in grado di catturare una buona parte della varianza nei dati originali e differenziati. I test di segno e i coefficienti di efficienza positivi confermano ulteriormente l’affidabilità del modello nella ricostruzione dei dati degli anelli degli alberi.

3.3. Variazioni Caratteristiche della Temperatura Minima

Come mostrato nella Figura 4c, le fluttuazioni della temperatura minima media durante l’inverno nell’arco degli ultimi 411 anni (dal 1606 al 2016) hanno mostrato notevoli variazioni. La media delle temperature minime ricostruite (−4.64 °C) era inferiore rispetto alla temperatura osservata nel periodo strumentale (−4.57 °C, 1961–2016). La temperatura ricostruita variava da −5.47 °C (nel 1880) a −3.17 °C (nel 1719), con una deviazione standard (SD) di 0.56 °C. Negli ultimi 411 anni, ci sono stati 80 anni di temperature eccezionalmente alte e 92 anni di temperature eccezionalmente basse, costituendo rispettivamente il 19.4% e il 22.4%. Notabilmente, i periodi del 1755–1759, 1775–1779, 1795–1805 e 1813–1817 sono stati caratterizzati da fasi di temperature estremamente basse consecutive e persistenti che duravano cinque anni o più, mentre i periodi del 1610–1618, 1626–1630, 1693–1697, 1725–1734, 1742–1751 e 2010–2016 hanno sperimentato temperature estremamente alte sostenute per cinque anni o più consecutivi.

Negli ultimi 411 anni, l’area di studio ha sperimentato sei fasi fredde e sette fasi calde. I periodi freddi si sono verificati durante il 1663–1672, 1702–1712, 1754–1829, 1869–1942, 1959–1979 e 1985–1994. D’altra parte, i periodi caldi sono stati osservati nel 1611–1662, 1673–1701, 1713–1753, 1830–1852, 1858–1868, 1943–1958 e 1995–2011.

. Discussione

4.1. Risposta della Crescita Radiale degli Anelli degli Alberi agli Elementi Meteorologici

L’esame della relazione tra le cronologie della larghezza degli anelli degli alberi e le variabili meteorologiche ha mostrato che la crescita radiale degli alberi nella regione di studio era più sensibile alle fluttuazioni delle temperature rispetto alle variazioni dei livelli di precipitazioni. Il valore di Tmin del semestre invernale potrebbe essere l’influenza principale sulla crescita degli alberi. Questa scoperta è in linea con i risultati di ricerche precedenti condotte nelle regioni limitrofe [33,61], nel basso fiume Yangtze [62] e nel sud della Polonia [63]. Un eccessivo Tmin in un dato semestre invernale potrebbe risultare nella condensazione di cristalli di ghiaccio, interrompendo le vescicole e portando a disidratazione cellulare, che potrebbe causare danni permanenti ai tessuti radicale degli alberi, influenzando successivamente la crescita degli alberi nella stagione di crescita successiva [64]. Inoltre, gli inverni più freddi possono portare all’ispessimento dello strato di permafrost, che potrebbe impedire l’assorbimento dell’acqua e causare l’essiccamento invernale.

In conclusione, si prevede che le prospettive di crescita degli alberi nell’anno successivo diminuiscano [65]. Inoltre, uno strato di permafrost più spesso ritarda la data dello scioglimento della neve e l’inizio della stagione di crescita degli alberi, limitando la loro crescita e sviluppo [28]. Al contrario, gli inverni più caldi potrebbero ridurre il consumo di carboidrati accumulati dagli alberi per mantenere le attività fisiologiche. Questa condizione favorevole promuove la crescita e lo sviluppo degli alberi nell’anno successivo. In particolare, l’abete potrebbe mostrare una fotosintesi significativa durante gli inverni caldi, garantendo una disponibilità sufficiente di nutrienti per la stagione di crescita successiva, facilitando così la crescita del legno primaverile [23]. Queste spiegazioni illuminano il motivo per cui la crescita radiale dell’abete nel bacino del fiume Jinsha è influenzata dalle basse temperature invernali.

4.2. Rappresentatività Temporale e Affidabilità della Ricostruzione

Per valutare ulteriormente l’accuratezza di questa ricostruzione su scale temporali più lunghe prima del periodo strumentale e la rappresentatività su larghe scale spaziali utilizzando le temperature minime invernali ricostruite e osservate, abbiamo condotto un’analisi di correlazione spaziale con il set di dati grigliati della Climatic Research Unit (CRU TS 4.07). I risultati della correlazione spaziale hanno rivelato schemi analoghi tra i dati osservati (Figura 5a) e ricostruiti (Figura 5b). Sebbene i dati osservati mostrassero correlazioni più forti, entrambi i set di dati hanno dimostrato correlazioni significative con i dati di temperatura superficiale grigliata del CRU all’interno dell’area. Ciò indica che i risultati ricostruiti sono rappresentativi delle fluttuazioni climatiche nella regione di studio e nelle regioni adiacenti.

Le serie ricostruite sono state confrontate con le ricostruzioni delle temperature dai luoghi vicini, includendo le temperature invernali dell’altopiano tibetano sudorientale negli ultimi 1340 anni [27], la ricostruzione delle temperature della stagione calda nell’altopiano tibetano sudorientale degli ultimi 449 anni [30], e le temperature minime invernali ricostruite dell’altopiano del Sichuan occidentale dal 1650 al 1994 [66]. Le temperature ricostruite mostrano un significativo livello di accordo tra di loro, come indicato dai coefficienti di correlazione di 0.298 (n = 359, p < 0.01), 0.279 (n = 407, p < 0.01) e 0.304 (n = 345, p < 0.01) nei periodi comuni. I cambiamenti caldi e freddi sono stati analizzati comparativamente utilizzando una media mobile di 11 anni e la normalizzazione dello Z-score per tutte le sequenze (Figura 6). Nonostante le variazioni tra i segmenti temporali ricostruiti e le variabili studiate, la sincronizzazione dei cambiamenti caldi e freddi tra le quattro ricostruzioni di temperatura è rimasta consistente, fornendo ulteriori prove dell’affidabilità dei risultati. I risultati delle temperature ricostruite condividono periodi caldi e freddi, inclusi un intervallo di condizioni più calde negli anni 1610, un intervallo caratterizzato da temperature più fresche negli anni 1740, un periodo di condizioni climatiche più fredde nei primi anni del 1900, una fase di condizioni termiche elevate negli anni 1950 e un intervallo segnato da un aumento del calore alla fine del 1900. Inoltre, la fase fredda dei primi anni del XVIII secolo, la fase calda degli anni 1710, la fase fredda dei primi anni del XIX secolo, la fase fredda degli anni 1850 e la fase fredda degli anni 1960 sono rappresentate in diverse ricostruzioni (inclusa la ricostruzione della temperatura che si è verificata durante la fase fredda nel 1900 è stata confermata nel lavoro sulla ricostruzione della temperatura utilizzando carote di ghiaccio prelevate dall’altopiano tibetano [67]). La temperatura ricostruita si allinea bene con gli inverni freddi del 1875-1880, 1890, 1920 e 1980, come indicato dal record strumentale europeo [63].Le oscillazioni nella ricostruzione corrispondono all’avanzamento e al ritiro dei ghiacciai nella regione dell’altopiano tibetano. In particolare, le temperature ricostruite hanno sperimentato un periodo di significativo raffreddamento e freddo persistente dal 1748 al 1767, coincidendo con il più grande evento di avanzamento dei ghiacciai dalla Piccola Era Glaciale nel ghiacciaio Middushu, situato nell’altopiano tibetano occidentale. Questo risultato è confermato dalla validazione delle morene più estese e periferiche, che si sono verificate intorno al 1767. Inoltre, le temperature ricostruite hanno dimostrato una notevole tendenza al raffreddamento prima del 1880, che corrisponde a un chiaro progresso dell’attività glaciale nella regione Trans-Himalayana. Inoltre, la ricostruzione tra il 1790 e il 1820 indica un significativo periodo di basse temperature, che viene chiamato il Minimo di Dalton, al passaggio tra il XVIII e il XIX secolo. Questo periodo freddo è stato influenzato da cambiamenti nell’irraggiamento solare, attività vulcanica (ad esempio, l’eruzione del vulcano Tambora in Indonesia nel 1815) e l’aumento delle concentrazioni di CO2. Questi fattori hanno provocato una brusca caduta delle temperature non solo nell’emisfero nord, ma anche a livello globale, con segnalazioni di un anno senza estate. Inoltre, una tendenza al raffreddamento sostenuta dal 1860 al 1880 è stata documentata nella regione dell’Himalaya occidentale. La ricostruzione ha catturato segni di un rapido riscaldamento sull’altopiano tibetano negli ultimi cinquant’anni del 1900, indicando un aumento diretto della temperatura a un ritmo di 0,2 °C negli ultimi cinque decenni. Questi risultati corrispondono alle conclusioni tratte dagli sforzi di ricostruzione climatica utilizzando gli anelli degli alberi. Merita particolare attenzione che alcuni ritrovamenti paleoclimatici nell’emisfero nord mostrano discrepanze di temperatura, che sono attribuite a problemi relativi alla dispersione degli anelli degli alberi. Tuttavia, le ricostruzioni in questo studio mantengono la sensibilità alla temperatura e l’aumento delle temperature ricostruite è in linea con le tendenze al riscaldamento osservate nei dati strumentali.

È intrigante osservare che il periodo relativamente “caldo” dell’area di studio su scala centenaria è chiaramente diverso dalla nozione di un “periodo fresco” (Piccola Era Glaciale) durante questo tempo, con la Tmin del semestre invernale nella regione di ricerca durante il 1650-1750 superiore a quelle del XX secolo di circa 0,44 °C. Nonostante fosse nel minimo di Maunder, un apparente riscaldamento nel XVII secolo non era un fenomeno isolato, e ciò è stato riportato nelle ricostruzioni climatiche utilizzando gli anelli degli alberi e carote di ghiaccio nella regione dell’altopiano tibetano. I risultati della ricostruzione dei cambiamenti di temperatura della stagione fredda nel nord-est dell’altopiano Qinghai-Tibet utilizzando alcheni chetonici indicano anche che le stagioni fredde della Piccola Era Glaciale non erano i periodi più freddi, in linea con i risultati di questa ricerca. Questo fenomeno non è unico per alcune regioni dell’altopiano tibetano, ma si è verificato anche in Nord America attraverso l’oceano.

Una plausibile giustificazione per questo fenomeno è che un graduale aumento del gradiente di pressione tra l’Asia centro-meridionale e l’Eurasia settentrionale potrebbe potenzialmente intensificare i venti occidentali nelle regioni di media latitudine, impedendo all’aria fredda di spostarsi verso sud verso l’altopiano tibetano.

La Figura 5 illustra le correlazioni spaziali tra le temperature minime invernali osservate (a) e ricostruite (b) dell’altopiano tibetano sudorientale, confrontate con le temperature grigliate invernali fornite dalla Climatic Research Unit (CRU TS 4.07) per il periodo dal 1962 al 2016.

Nel pannello (a), il colore predominante rosso indica aree dove le temperature osservate mostrano una correlazione positiva con i dati CRU. Più scuro è il rosso, più forte è la correlazione positiva, come indicato dalla scala di correlazione di Pearson che varia da -0.8 a +0.8. Il pannello (b) mostra una mappa simile ma per le temperature invernali ricostruite, dove anche qui le tonalità di rosso indicano livelli di correlazione positiva tra le temperature ricostruite e i dati CRU.

Le aree punteggiate in entrambi i pannelli rappresentano regioni dove le correlazioni sono statisticamente significative al livello di p < 0.01, suggerendo che le correlazioni in queste aree sono forti e altamente affidabili dal punto di vista statistico.

In sintesi, entrambi i pannelli mostrano una correlazione positiva tra i dati CRU e sia le temperature osservate che quelle ricostruite, con alcune aree di significativa affidabilità statistica, indicando che le temperature osservate e ricostruite catturano in modo affidabile le tendenze climatiche reali nella regione dell’altopiano tibetano sudorientale durante l’inverno.

La Figura 6 mostra un confronto tra diverse ricostruzioni delle temperature minime invernali provenienti da ricerche condotte nell’altopiano tibetano e aree circostanti. Ogni grafico rappresenta una serie temporale diversa, normalizzata in Z-score, che facilita il confronto diretto tra le varie ricostruzioni di temperatura, nonostante le differenze nelle metodologie di misurazione o nelle condizioni locali specifiche.

  • (a) Rappresenta la ricostruzione delle temperature minime invernali di questa ricerca.
  • (b) Mostra la ricostruzione della temperatura invernale dell’altopiano tibetano sudorientale, come riportato nello studio [27].
  • (c) Illustra la ricostruzione delle temperature del periodo caldo nell’altopiano tibetano sudorientale secondo lo studio [30].
  • (d) Presenta le temperature minime invernali ricostruite dell’altopiano del Sichuan occidentale, da uno studio [66].

Le aree ombreggiate in blu attraverso i vari pannelli indicano i periodi durante i quali le ricostruzioni mostrano un’allineamento nei movimenti di tendenza, suggerendo periodi di variazioni climatiche coerenti tra le diverse regioni. Questo include fasi di riscaldamento o raffreddamento che sono stati documentati in modo simile attraverso le diverse metodologie di ricostruzione.

L’utilizzo di Z-score aiuta a evidenziare le deviazioni dalle medie a lungo termine, permettendo agli scienziati di identificare gli estremi climatici come periodi particolarmente caldi o freddi rispetto alla norma storica. Le linee rosse in ogni pannello rappresentano la media mobile su 11 anni, fornendo una visione chiara delle tendenze di lungo periodo oltre alle fluttuazioni annuali, che sono rappresentate dalle linee nere più sottili.

In sintesi, la Figura 6 offre un’analisi comparativa dettagliata che evidenzia non solo le tendenze individuali delle temperature invernali nelle varie regioni ma anche come questi pattern si sovrappongano o divergano nel corso dei secoli, offrendo preziose intuizioni sulla variabilità climatica regionale e su scala più ampia.

4.3. Ricostruzione delle Fluttuazioni Multiscala nella Temperatura

Considerando che l’evoluzione climatica a lungo termine è generalmente non stazionaria e non lineare e si verifica su molteplici scale temporali, per estrarre i segnali di cambiamento climatico disponibili ed esplorare i cambiamenti ciclici nella forzatura estrinseca della temperatura minima durante il semestre invernale, gli autori di questo articolo hanno utilizzato l’approccio Ensemble Empirical Mode Decomposition (EEMD) per decomporre la ricostruzione su più scale (Figura 7). Sono stati ottenuti un totale di sei IMF (IMF 1-6) utilizzando EEMD, che potrebbero caratterizzare le fluttuazioni nella ricostruzione dalle scale ad alta frequenza a quelle a bassa frequenza, e ciascuna modalità contiene informazioni con un significato fisico reale (Tabella 2). Le temperature ricostruite avevano intervalli relativamente invarianti caratterizzati da dinamiche temporali ad alta frequenza, con periodi principali di 3.3-3.4 e 7.1-7.4 anni per IMF1 e IMF2, rispettivamente. I risultati sono allineati con i periodi (2-8a) del fenomeno El Niño–Southern Oscillation (ENSO), suggerendo che le oscillazioni accoppiate di mare e aria su larga scala hanno un’influenza importante sulla variazione delle temperature minime invernali nell’ambito di questa ricerca locale, che è stata documentata nel corpo esistente di ricerche [82]. Durante gli anni di El Niño del ciclo ENSO, un anticiclone anomalo situato nella troposfera occidentale dell’Oceano Pacifico indeboliva la forza del Monzoni Invernale dell’Asia Orientale (EAWM). Questo potrebbe causare temperature superficiali invernali significativamente superiori alla media nella maggior parte delle parti della Cina, mentre negli anni di La Niña, la situazione era invertita, e tali anomalie di temperatura persistevano nella primavera successiva o anche all’inizio dell’estate [83]. Tuttavia, la valutazione della correlazione spaziale tra le temperature ricostruite e quelle empiricamente ottenute durante il semestre invernale globale (P11C4) SST (Figure 8a,b) indica che la correlazione tra le SST e le temperature ricostruite e osservate nell’area del Mare di El Niño è insignificante (p > 0.05). Tuttavia, c’è un migliore accordo tra l’Oceano Indiano e le parti occidentali e centrali dell’Oceano Pacifico a medie latitudini. L’anticiclone anomalo di collegamento dell’ENSO che influenza le temperature invernali in Asia Orientale è profondamente influenzato dall’evoluzione delle anomalie delle SST nell’Oceano Pacifico occidentale equatoriale, e il raffreddamento anomalo delle SST in questa regione influisce direttamente sulle onde di Rossby all’interno dello strato inferiore della troposfera, che, a loro volta, influenzano la forza dell’anticiclone anomalo [84]. Nel frattempo, l’influenza dell’ENSO sul clima dell’Asia Orientale è regolata anche dalla SST dell’Oceano Indiano, e l’incremento anomalo dell’anticiclone nella parte nord-occidentale dell’Oceano Pacifico si verifica quando il fenomeno El Niño esiste contemporaneamente alla fase affermativa del sub-modo del dipolo dell’Oceano Indiano [85].

Il meccanismo sopracitato aiuta a chiarire la distribuzione delle regioni dove la temperatura del semestre invernale e la SST globale erano significativamente correlate. La variazione nel ciclo di 15.5-16.8 anni di IMF3 potrebbe indicare l’Oscillazione Decadale del Pacifico (PDO), che è un componente importante delle anomalie SST del Pacifico settentrionale, e la sua influenza copre la SST del Pacifico settentrionale e perfino il clima globale [86]. Il coefficiente di correlazione tra la ricostruzione e il PDO era 0,295 (1606-1996, n = 391, p < 0,001). L’interazione tra l’Oscillazione Decadale del Pacifico (PDO) e i modelli di circolazione atmosferica suggerisce una robusta correlazione di pressione inversa tra questi due elementi sopra l’Oceano Pacifico settentrionale e la Cina orientale. Quando il PDO entrava nella sua fase positiva (negativa), si verificava una corrispondente diminuzione (aumento) della pressione a livello del mare nelle regioni di media a alta latitudine dell’Asia orientale e del Pacifico settentrionale. La potenza del sistema di alta pressione siberiano diminuiva (aumentava) e i venti latitudinali superiori si indebolivano (rafforzavano), che, a sua volta, portava a inverni più caldi (più freddi) in Cina [87]. Il ciclo delle macchie solari (Schwabe) era di circa 11 anni, che corrisponde al ciclo di IMF4 in questo articolo (multipli di 11a). L’effetto dell’attività solare sul cambiamento climatico antropogenico è stato verificato in numerose ricostruzioni climatiche impiegando cronologie di larghezza degli anelli degli alberi [30,31,88].

Il periodo quasi-82a di IMF5 potrebbe potenzialmente correlarsi con l’Oscillazione Multidecadale dell’Atlantico (AMO), una variazione interdecadale nella SST per un periodo di 60-80 anni, come osservato in vari studi condotti nella regione dell’Altopiano Tibetano [29,61]. La componente IMF6, che rappresenta la variazione della temperatura nella sequenza ricostruita su una scala di centinaia di anni, presentava un’oscillazione più debole e corrisponde a un motore estrinseco, che potrebbe essere lo stesso dell’AMO (quasi-multipli di 80 anni). Il coefficiente di correlazione tra IMF5 e l’indice AMO durante il periodo 1871-2016 è 0,518 (n = 146, p < 0,001). Come modello oceanico, l’AMO regola la pressione dell’aria di superficie e la temperatura attraverso condotti atmosferici che si estendono dall’Oceano Atlantico, comprendendo i venti occidentali e il treno d’onda associato.I venti occidentali sono influenzati dalla grande topografia dell’Altopiano Tibetano e si dividono in diversi rami, il cui ramo meridionale raggiunge il sud-ovest della Cina e modera le temperature dell’aria invernali nella regione [89]. Nel frattempo, l’AMO è fortemente correlato alle variazioni interdecadali del Monzono dell’Asia Orientale. Le ricerche hanno scoperto che la fase positiva (calda) dell’AMO si allinea con un periodo di EAWM debole nella maggior parte della Cina, avendo inverni relativamente caldi, e viceversa, il che corrisponde a inverni con temperature più fresche [90].

L’analisi della correlazione spaziale è stata condotta sia sulla sequenza di temperature ricostruita dal 1845 al 2016 che sul record strumentale dal 1961 al 2016, e ciascuna correla con le temperature superficiali globali del mare (SST) dal novembre precedente a questo aprile, come illustrato nella Figura 8a,b. Questa analisi ha validato efficacemente il ruolo dei modelli di accoppiamento mare-aria come fattori trainanti all’interno del sistema climatico. Le differenze nella temperatura più bassa misurata nelle stazioni meteorologiche regionali sono sincronizzate con le fluttuazioni delle SST, in cui ci sono più regioni di correlazione positiva significativa (p < 0,05) tra le sequenze ricostruite e le SST rispetto alle sequenze strumentali. La correlazione complessiva tra la temperatura osservata e le SST è leggermente superiore a quella della temperatura ricostruita. La relazione sinergica tra la temperatura minima durante il semestre invernale e le SST nei mari occidentali del Pacifico, Indiano, Atlantico Nord, Atlantico Sud e negli oceani artici nell’area di studio dimostra ulteriormente l’associazione tra le fluttuazioni termiche nella regione e i fattori sinergici dell’aria e del mare. I meccanismi specifici dell’influenza richiedono ulteriori ricerche.

La Figura 7 illustra i componenti estratti delle temperature minime ricostruite per il semestre invernale utilizzando la decomposizione modale empirica di ensemble (Ensemble Empirical Mode Decomposition, EEMD). Questa tecnica di analisi dei segnali è utilizzata per decomporre una serie temporale complessa in un insieme di funzioni oscillanti semplici dette funzioni modali intrinseche (IMFs). Ciascuna riga nel grafico rappresenta un differente IMF, che cattura oscillazioni a varie scale temporali.

  • Prima riga (in alto): Mostra l’IMF più dettagliato, catturando le fluttuazioni ad alta frequenza delle temperature minime invernali. Questo componente tende a rappresentare il rumore o le variazioni atmosferiche di breve termine.
  • Righe successive: Ogni riga successiva mostra un IMF con oscillazioni a frequenza progressivamente più bassa, indicando tendenze climatiche su scale temporali più lunghe. Questi componenti possono rappresentare variazioni stagionali, decennali, secolari o persino pluri-secolari, a seconda della natura delle oscillazioni estratte.
  • Ultima riga: Generalmente, l’ultimo componente rappresentato (a volte chiamato residuo) indica la tendenza di fondo o una media mobile su lungo periodo, mostrando le tendenze secolari o le variazioni climatiche di base nel periodo considerato.

Ogni componente può essere utilizzato per analizzare specifiche dinamiche del clima a diversi livelli di dettaglio, permettendo agli scienziati di isolare e studiare variazioni climatiche che operano su diverse scale temporali. Le aree tra gli IMFs non sono soltanto semplici spazi ma rappresentano la transizione tra le diverse scale di variazione temporale, offrendo una visione complessiva e integrata dell’evoluzione delle temperature minime invernali nell’arco di centinaia di anni.

Questo tipo di analisi è cruciale per comprendere non solo i modelli climatici annuali o stagionali, ma anche per identificare e interpretare le tendenze climatiche di lungo termine che possono essere cruciali per la pianificazione ambientale e la risposta ai cambiamenti climatici.

La Tabella 2 presenta i contributi alla varianza e al coefficiente di ricostruzione dopo la decomposizione modale empirica di ensemble (EEMD) delle Funzioni Modali Intrinseche (IMFs) e delle tendenze (RES). Ogni riga rappresenta una diversa IMF o il residuo, evidenziando la loro importanza nel contesto dell’analisi della serie temporale. I dati sono suddivisi in due colonne principali:

  1. Major cycle (year): Indica la durata del ciclo principale che ciascuna IMF o il residuo cattura, espressa in anni. Questo valore è cruciale per comprendere la frequenza delle oscillazioni rappresentate da ogni componente nella serie temporale.
  2. Contribution (%): Mostra la percentuale di contributo di ciascuna IMF o del residuo alla varianza totale della serie temporale ricostruita, quantificando l’importanza di ciascun componente nella variabilità complessiva dei dati analizzati.
  • IMF1: Oscillazioni molto rapide con un ciclo principale di 3.3-3.4 anni e contribuiscono per il 13.17% alla varianza totale.
  • IMF2: Cicli leggermente più lunghi di 7.1-7.4 anni con un contributo del 12.72%.
  • IMF3: Cicli di 15.5-16.8 anni, contribuendo significativamente per il 16.95%.
  • IMF4: Rappresenta cicli ancora più estesi di 29.4-32.9 anni e ha un contributo del 6.67%.
  • IMF5: Cicli di 82.4 anni con un notevole contributo del 20.18% alla varianza totale, indicando influenze decennali.
  • IMF6 e RES (Residual): L’IMF6 mostra un ciclo di 164.8 anni con un contributo del 13.60%, mentre il residuo copre le tendenze più estese oltre i cicli specifici e contribuisce per il 16.71%.

Questi dati sono fondamentali per analizzare la dinamica temporale del clima, permettendo ai ricercatori di isolare e studiare specifiche oscillazioni e tendenze all’interno dei dati climatici a lungo termine. Le contribuzioni di ciascun componente forniscono insight sulle forze dominanti in diverse scale temporali, facilitando una comprensione più approfondita delle dinamiche climatiche nella regione studiata.

La Figura 8 presenta le correlazioni spaziali delle temperature minime invernali ricostruite (a) e osservate (b) con i dati della temperatura superficiale del mare (SST) durante i periodi del 1845-2016 e del 1961-2016, rispettivamente. Questa analisi è cruciale per comprendere come le temperature regionali interagiscono con e sono influenzate dalle temperature oceaniche, un driver significativo del clima globale.

Dettagli della figura:

  • Pannello (a): Mostra la correlazione spaziale tra le temperature minime invernali ricostruite e le SST dal 1845 al 2016. Le aree in rosso indicano una correlazione positiva, suggerendo che un aumento delle SST corrisponde a un aumento delle temperature invernali in quelle regioni. Inversamente, le aree in blu mostrano una correlazione negativa, indicando che un aumento delle SST è associato a una diminuzione delle temperature invernali.
  • Pannello (b): Presenta la correlazione spaziale tra le temperature minime invernali osservate e le SST dal 1961 al 2016. Anche in questo caso, il rosso indica correlazioni positive e il blu indica correlazioni negative.

Significato delle correlazioni:

  • Le correlazioni positive (aree rosse) possono indicare che le regioni sono influenzate da pattern di riscaldamento simili nelle SST, che potrebbero contribuire all’aumento delle temperature invernali.
  • Le correlazioni negative (aree blu) possono suggerire che l’aumento delle SST porta a dinamiche climatiche che raffreddano le temperature invernali in quelle regioni, possibilmente attraverso cambiamenti nei pattern di circolazione atmosferica o oceanica.

Intervallo di confidenza:

  • Le aree punteggiate indicano le regioni dove le correlazioni sono statisticamente significative al 95% di intervallo di confidenza. Questo significa che le correlazioni osservate in queste aree sono altamente probabili di non essere dovute al caso, confermando la robustezza dei risultati.

Questa analisi aiuta a identificare come le variazioni nelle temperature oceaniche possano influenzare le condizioni climatiche invernali su vasta scala geografica, offrendo insight preziosi per la comprensione dei cambiamenti climatici e delle loro implicazioni regionali.

5. Conclusioni

Una cronologia standardizzata della larghezza degli anelli degli alberi è stata formulata utilizzando l’abete proveniente dal Bacino del Fiume Jinsha, e le temperature minime medie regionali registrate durante il semestre invernale sono state ricostruite per il periodo dal 1606 al 2016. La ricostruzione ha registrato variazioni decennali più marcate, riflettendo sei periodi freddi e sette periodi caldi. La temperatura ricostruita, confrontata con quelle delle aree limitrofe, ha rivelato in modo coerente epoche calde e fredde. Inoltre, i risultati della ricostruzione da altri proxy, i dati meteorologici registrati dai primi strumenti e i dati storici sul timing delle attività glaciali e dei disastri naturali supportano anche l’affidabilità dei risultati della ricostruzione. La ricostruzione cattura sensibilmente il riscaldamento climatico osservato negli ultimi 50 anni del 1900. Inaspettatamente, i dati degli anelli degli alberi registrati hanno mostrato che la regione di ricerca era relativamente calda nei semestri invernali dal XVII al XVIII secolo, ma avrebbe dovuto essere fredda durante la Piccola Era Glaciale. Questo fenomeno del “inverno caldo della Piccola Era Glaciale” è supportato anche da altre ricostruzioni delle temperature invernali. Le temperature minime del semestre invernale potrebbero essere influenzate dall’El Niño–Southern Oscillation (ENSO), dall’Oscillazione Decadale del Pacifico (PDO), dall’attività solare e dall’Oscillazione Multidecadale dell’Atlantico (AMO). In questo studio, è stata eseguita l’integrazione di diversi metodi di ricostruzione, e l’influenza dell’isteresi della temperatura sugli anelli degli alberi è stata considerata, fornendo una nuova idea per il lavoro di ricostruzione. Nelle ricerche future, la temperatura ricostruita dovrebbe essere integrata con dati meteorologici ad alta risoluzione e dimensioni del campione sufficienti in più aree al fine di affrontare più efficacemente le sfide poste dal cambiamento climatico globale.

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