https://egusphere.copernicus.org/preprints/2023/egusphere-2023-864/

Abstract. Si è molto dibattuto su quanto il clima abbia influenzato i cambiamenti sociali nella regione del Mediterraneo orientale, in parte a causa della dipendenza da un numero limitato di record qualitativi dei cambiamenti climatici e in parte riflettendo la necessità di districare l’impatto congiunto di cambiamenti in diversi aspetti del clima. In questo studio, utilizziamo la ponderazione per tolleranza e l’averaging ponderato nei minimi quadrati parziali (tolerance-weighted, weighted-averaging partial least squares) per derivare ricostruzioni della temperatura media del mese più freddo (MTCO), della temperatura media del mese più caldo (MTWA), dei giorni di crescita sopra una soglia di 0 °C (GDD₀), e dell’umidità disponibile per le piante, rappresentata dal rapporto tra l’evapotraspirazione attuale modellata e quella di equilibrio (α), corretta per i cambiamenti passati della CO₂. Ciò è stato realizzato per 71 record di pollini della regione del Mediterraneo orientale, coprendo parte o tutto l’intervallo temporale da 12,3 ka al presente. Utilizziamo queste ricostruzioni per creare composizioni regionali che illustrano le tendenze a lungo termine per ciascuna variabile. Confrontiamo queste composizioni con simulazioni di modelli climatici transitori per esplorare le cause potenziali delle tendenze osservate. Dimostriamo che la transizione glaciale-Olocene e l’inizio dell’Olocene erano caratterizzati da condizioni più fredde rispetto al presente. Aumenti rapidi della temperatura sono avvenuti tra circa 10,3 e 9,3 ka, ben dopo la fine del Younger Dryas. Sebbene le serie temporali siano caratterizzate da oscillazioni su scala centennale a millenaria, il MTCO ha mostrato un incremento graduale dal 9 ka ad oggi, in linea con l’aspettativa che le temperature invernali siano state influenzate da aumenti dell’insolazione indotti orbitalmente durante l’Olocene. Anche il MTWA ha mostrato una tendenza all’aumento dal 9 ka, raggiungendo un massimo di circa 1,5 °C superiore al presente intorno a 4,5 e 5 ka, seguito da un declino graduale verso le condizioni attuali. Una risposta ritardata ai cambiamenti dell’insolazione estiva è probabilmente il riflesso della persistenza dei ghiacciai Laurentide e Fennoscandinavi; il successivo raffreddamento estivo è coerente con la risposta prevista ai cambiamenti dell’insolazione. L’umidità disponibile per le piante è aumentata rapidamente dopo l’11 ka, con condizioni più umide di oggi tra 10 e 6 ka, ma da allora α è diminuito gradualmente. Queste tendenze riflettono probabilmente cambiamenti nella circolazione atmosferica e nell’avvezione di umidità nella regione e erano probabilmente troppo piccole per influenzare la temperatura estiva attraverso retroazioni terra-superficie. Le differenze nella traiettoria simulata di α tra diversi modelli sottolineano le difficoltà nel riprodurre l’avvezione di umidità guidata dalla circolazione nel Mediterraneo orientale.

1 Introduzione

La regione del Mediterraneo orientale rappresenta un’area cruciale per l’analisi delle interazioni a lungo termine tra clima e società passate, data la tempestiva adozione dell’agricoltura in questa zona, che è stata strettamente associata al rapido riscaldamento seguito alla conclusione del periodo Younger Dryas (Belfer-Cohen e Goring-Morris, 2011). Il collasso delle società e le migrazioni su vasta scala sono stati collegati a condizioni climatiche meno propizie per l’agricoltura durante l’evento del 8.2 ka (Weninger et al., 2006) o a cambiamenti significativi nelle pratiche agricole (Roffet-Salque et al., 2018). Periodi successivi di clima meno favorevole, caratterizzati in particolare da siccità prolungate, sono stati associati alla caduta dell’Impero di Akkad, intorno al 4.2 ka (Cookson et al., 2019), e alla fine dell’Età del Bronzo Tardo e l’inizio delle Età Oscure greche, circa 3.2 ka (Kaniewski et al., 2013; Drake, 2012). Tuttavia, l’attribuzione di cambiamenti nelle società umane ai cambiamenti climatici non è universalmente riconosciuta. Per esempio, Flohr et al. (2016) hanno analizzato siti archeologici datati al radiocarbonio alla ricerca di prove di cambiamenti sociali in risposta ai cambiamenti climatici nel primo Olocene, in particolare relativamente all’evento 8.2 ka, senza trovare evidenze di abbandoni su larga scala dei siti o di migrazioni, sebbene siano state notate alcune indicazioni di adattamenti locali. Tuttavia, poiché Flohr et al. (2016) non hanno confrontato i record archeologici con ricostruzioni climatiche specifiche per la regione, risulta difficile valutare in che misura le risposte locali possano riflettere differenze climatiche tra i siti. Persino la risposta sociale al riscaldamento del primo Olocene sembra essere variata attraverso la regione (Roberts et al., 2018).

La necessità di comprendere le interazioni tra clima e società passate nel Mediterraneo orientale è ulteriormente motivata dal fatto che la modificazione umana del paesaggio ha il potenziale di influenzare direttamente il clima attraverso cambiamenti nelle proprietà della superficie terrestre. È oggetto di dibattito fino a che punto le modificazioni del paesaggio operate dall’uomo abbiano avuto un impatto significativo sul clima globale prima del periodo pre-industriale (Ruddiman, 2003; Joos et al., 2004; Kaplan et al., 2011; Singarayer et al., 2011; Mitchell et al., 2013; Stocker et al., 2017), ma tali impatti sono stati probabilmente più rilevanti in regioni con una lunga storia di insediamenti e attività agricole (Harrison et al., 2020).

Gran parte della nostra attuale comprensione dei cambiamenti climatici nella regione del Mediterraneo orientale si basa sull’interpretazione qualitativa di record individuali (ad esempio, Roberts et al., 2019). I record degli isotopi dell’ossigeno da stalagmiti o sedimenti lacustri sono stati utilizzati per inferire cambiamenti nella disponibilità di umidità durante l’Olocene (ad esempio, Bar-Matthews et al., 1997; Cheng et al., 2015; Dean et al., 2015; Burstyn et al., 2019), così come le ricostruzioni basate sui pollini dei cambiamenti nella vegetazione (ad esempio, Bottema, 1995; Denèfle et al., 2000; Sadori et al., 2011). I record di polline possono inoltre essere impiegati per effettuare ricostruzioni quantitative delle temperature stagionali e delle precipitazioni o dell’acqua disponibile per le piante (Bartlein et al., 2011; Chevalier et al., 2020). Sono state realizzate ricostruzioni quantitative dei climi passati per singoli record dalla regione del Mediterraneo orientale (ad esempio, Cheddadi e Khater, 2016; Magyari et al., 2019), e sintesi di ricostruzioni climatiche quantitative basate sui pollini hanno incluso siti da questa regione (Davis et al., 2003; Mauri et al., 2015; Herzschuh et al., 2022). Davis et al. (2003) hanno fornito una curva composita dei cambiamenti di temperatura stagionale ma non dei cambiamenti di umidità; sia le temperature estive che quelle invernali hanno mostrato variazioni molto limitate (< 1°C) per la maggior parte dell’Olocene. Mauri et al. (2015) rappresenta una versione aggiornata delle ricostruzioni di Davis et al. (2003), con più siti inclusi ma che mostra cambiamenti di temperatura similmente limitati nella regione del Mediterraneo orientale. Herzschuh et al. (2022) hanno evidenziato cambiamenti più omogenei sia nella temperatura che nelle precipitazioni attraverso la regione del Mediterraneo orientale, ma è difficile confrontare direttamente le due ricostruzioni a causa dell’uso di tecniche di ricostruzione diverse. Nessuna delle ricostruzioni esistenti tiene conto dell’impatto dei cambiamenti dei livelli di CO₂ sulla vegetazione, che potrebbe potenzialmente influenzare le ricostruzioni delle variabili di umidità (Prentice et al., 2022a). Di conseguenza, vi è la necessità di ricostruzioni climatiche ben fondate, in particolare di variabili climatiche rilevanti per l’occupazione umana e l’agricoltura, per poter indagare le interazioni tra clima e società nella regione del Mediterraneo orientale. Qui, forniamo nuove ricostruzioni quantitative della temperatura stagionale e dell’umidità disponibile per le piante per 71 siti della regione del Mediterraneo orientale (definita dal progetto EMBSeCBIO, corridoio del Mediterraneo orientale-Mar Nero-Mar Caspio, come la regione tra 29–49°N, 20 e 62°E), includendo una correzione per l’impatto dei cambiamenti dei livelli di CO₂ sulle ricostruzioni dell’umidità disponibile per le piante. Utilizziamo queste ricostruzioni per documentare le tendenze climatiche regionali dal 12,3 ka al presente. Successivamente, esploriamo in che misura queste tendenze possono essere spiegate dai cambiamenti nelle forzanti esterne confrontando le ricostruzioni con simulazioni di modelli climatici transitori.

2 Metodi

2.1 Dati Attuali su Polline e Clima

Il dataset attuale sul polline è stato acquisito dalla versione 1 del Set di Dati Moderni sul Polline per le Ricostruzioni Climatiche (SMPDSv1; Harrison, 2019), che fornisce dati sulla abbondanza relativa provenienti da 6459 siti terrestri situati in Europa, Medio Oriente e nell’area settentrionale dell’Eurasia ed è stato compilato attingendo da molteplici fonti pubbliche o fornito direttamente dagli autori originali. I record di polline di SMPDS sono stati standardizzati tassonomicamente, e sono stati filtrati per escludere specie strettamente acquatiche, specie insettivore, specie introdotte, o tassonomie presenti unicamente in coltivazione. La rimozione di queste ultime è stata intesa per ridurre al minimo l’influenza di segnali di origine antropica sulle ricostruzioni. Successivamente, le tassonomie con occorrenze sporadiche sono state aggregate in livelli tassonomici superiori (genere, sottofamiglia, o famiglia). Di conseguenza, il dataset offre dati sull’abbondanza relativa per 247 tassonomie di polline (Tabella S1 nel Supplemento).

Abbiamo utilizzato i 5840 siti SMPDS compresi nell’area tra i 29° e 75° di latitudine nord e tra i 20° di longitudine ovest e i 62° di longitudine est per costruire il set di dati di addestramento (Figura S1 nel Supplemento); il campionamento al di fuori di questo intervallo è limitato e presumibilmente non rappresentativo della varietà dei gradienti climatici. Nei siti con molteplici campioni attuali, abbiamo calcolato la media delle abbondanze tassonomiche su tutti i campioni per minimizzare la sovrarappresentazione di alcune località e, di conseguenza, di specifici climi, nel set di dati di addestramento. Abbiamo utilizzato le 195 tassonomie di polline che si verificavano in più di 10 siti (Tabella S1) per derivare le relazioni tra clima e abbondanza.

Ci focalizziamo sulla ricostruzione di variabili bioclimatiche che controllano in modo fondamentale la distribuzione delle piante, specificatamente legate ai limiti di temperatura invernale, al calore accumulato durante l’estate, e all’umidità disponibile per le piante (Harrison et al., 2010). I dati bioclimatici per ciascun sito moderno sono stati ottenuti da Harrison et al. (2019) tramite un set di dati che fornisce stime della temperatura media del mese più freddo (MTCO), dei gradi giorno accumulati sopra una soglia base di 0 °C (GDD0), e di un indice di umidità (MI) definito come il rapporto tra la precipitazione annua e l’evapotraspirazione potenziale annuale in ciascun sito di polline moderno, derivato utilizzando una regressione ponderata geograficamente della versione 2.0 della climatologia grigliata a lungo termine dell’Unità di Ricerca sul Clima (CRU) a una risoluzione di 10 minuti d’arco (CRU CL v2.0; New et al., 2002). MTCO e GDD0 sono stati presi direttamente dal dataset. Poiché Harrison (2019) non fornisce la temperatura media del mese più caldo (MTWA), abbiamo calcolato questa basandoci sulla relazione tra MTCO e GDD0 fornita in Wei et al. (2021). Abbiamo derivato un indice di umidità alternativo, alpha, che è il rapporto tra l’evapotraspirazione attuale modellata e quella di equilibrio ottenuta da MI, seguendo Liu et al. (2020). Sia MI che alpha forniscono buoni indicatori dell’umidità disponibile per le piante, ma poiché alpha presenta un limite naturale in condizioni di maggiore umidità, risulta più adeguato per discriminare le differenze nei climi più aridi.

La Figura 1 visualizza la distribuzione spaziale di siti da cui sono stati raccolti campioni di polline per la ricostruzione di paleoclimi regionali. I dati del polline sono essenziali per interpretare le variazioni della vegetazione nel tempo, che a loro volta sono influenzate da cambiamenti climatici come temperatura e precipitazioni.

Ogni cerchio sulla mappa rappresenta un sito specifico di raccolta del campione di polline. Il colore di ciascun cerchio è correlato alla durata temporale del record di polline disponibile per quel sito, come indicato dalla scala dei colori (legenda) a destra della mappa, etichettata come “Length (ka)”, dove “ka” sta per “kilo anni”, equivalente a migliaia di anni.

La scala dei colori va dal blu al rosso, con il blu che rappresenta i record più corti e il rosso quelli più lunghi. Un record più lungo può fornire una sequenza più completa e continua delle variazioni del clima e della vegetazione nel corso del tempo, mentre i record più brevi potrebbero offrire dettagli ad alta risoluzione ma su un intervallo di tempo limitato.

La mappa stessa è una rappresentazione topografica, con l’ombreggiatura che indica l’elevazione e le caratteristiche del paesaggio. Le catene montuose, le valli e le pianure sono identificabili dalle variazioni di ombreggiatura. Questo contesto topografico è rilevante perché l’altitudine e la morfologia del terreno influenzano il clima locale e, di conseguenza, i tipi di vegetazione che possono crescere in un’area.

Le coordinate geografiche (latitudine e longitudine) lungo i bordi della mappa servono a localizzare con precisione i siti di campionamento. La mappa copre un’area che si estende dal Mediterraneo nel sud fino alle latitudini più settentrionali vicino al 45° N, e da circa 20° E a 55° E in longitudine, comprendendo parte dell’Europa Sud-Orientale, il Vicino Oriente e aree dell’Asia Occidentale.

L’interpretazione dei record di polline richiede l’analisi dei profili stratigrafici dei sedimenti, spesso prelevati dai fondali lacustri o dalle torbiere, dove il polline si è depositato e conservato nel corso dei millenni. Gli scienziati analizzano i tipi di granuli di polline e la loro abbondanza relativa per ricostruire le comunità vegetali passate e dedurre le condizioni climatiche associate.

2.2 Dati sui Pollini Fossili

Il dataset relativo ai pollini fossili per la regione del Mediterraneo orientale è stato acquisito dal database EMBSeCBIO (Corridoio Mediterraneo orientale–Mar Nero–Caspico) (Harrison et al., 2021), che comprende informazioni provenienti da 187 registri relativi all’area compresa tra i 29° e i 49° N e tra i 20° e i 62° E. (Si noti che questa area è più ristretta rispetto a quella utilizzata per il dataset di addestramento moderno.) Abbiamo escluso i registri (a) provenienti da ambienti marini o da grandi laghi (> 500 km²), (b) privi di datazioni al radiocarbonio, (c) nei quali l’età del campione di polline più recente era ignota, (d) in cui si verificava un hiatus successivamente alla datazione al radiocarbonio più recente, (e) in cui più della metà delle datazioni al radiocarbonio erano state scartate dagli autori originari, e (f) nei quali più della metà delle età era stata determinata tramite correlazione pollinica con altri registri datati al radiocarbonio. Tuttavia, abbiamo mantenuto quei registri in cui, nonostante la presenza di un hiatus, esistevano sufficienti datazioni al radiocarbonio al di sopra dell’hiatus per consentire la creazione di un modello di età per la parte successiva all’hiatus. Per tutti i siti rimanenti (121), abbiamo costruito nuovi modelli di età utilizzando la curva di calibrazione IntCal20 (Reimer et al., 2020) e il pacchetto R rbacon (Blaauw et al., 2021) all’interno del framework del pacchetto AgeR R (Villegas-Diaz et al., 2021). Alcuni di questi registri non dispongono di campioni moderni, definiti come compresi tra 0 e 300 anni prima del presente, pertanto non potevano essere utilizzati per calcolare le anomalie climatiche. Di conseguenza, 71 registri di polline (Figura 1; Tabella S2) sono stati impiegati per le ricostruzioni climatiche. Questi registri presentano una lunghezza media di 6594 anni e una risoluzione media di 228 anni. I registri sono stati standardizzati tassonomicamente per assicurare coerenza con il dataset di addestramento.

2.3 Ricostruzioni Climatiche

Abbiamo impiegato la regressione fxTWA-PLS (Partial Least Squares ponderata per tolleranza e media ponderata; Liu et al., 2020) per modellare le relazioni tra le abbondanze tassonomiche e le variabili climatiche individuali nel set di dati di addestramento moderno, applicando successivamente queste relazioni alla ricostruzione del clima passato tramite gli assemblaggi fossili. fxTWA-PLS attenua la tendenza nota dei metodi di regressione a comprimere le ricostruzioni climatiche verso il centro dell’intervallo campionato, applicando una correzione della frequenza di campionamento per minimizzare l’influenza di un campionamento disomogeneo dello spazio climatico e assegnando un peso al contributo delle singole tassonomie in base alla loro tolleranza climatica (Liu et al., 2020). La versione 2 di fxTWA-PLS (fxTWA-PLS2; Liu et al., 2023), qui applicata, utilizza lo smoothing P-spline per ottenere la correzione di frequenza e applica tale correzione sia nella stima degli ottimi climatici che nella regressione stessa, conseguendo un ulteriore miglioramento delle prestazioni del modello rispetto alla versione 1, come documentato da Liu et al. (2020).

Le prestazioni dei modelli fxTWA-PLS sono state valutate confrontando le ricostruzioni con le osservazioni mediante validazione incrociata leave-out pseudo-eliminata, in cui un sito veniva scelto casualmente come sito di test e i siti geograficamente e climaticamente simili (siti pseudo) venivano rimossi dal set di addestramento per prevenire che la ridondanza delle informazioni climatiche influenzasse eccessivamente la validazione incrociata. Abbiamo selezionato l’ultimo componente significativo (valore p ≤ 0,01) e valutato le prestazioni del modello utilizzando l’errore quadratico medio della previsione (RMSEP). Il grado di compressione è stato valutato mediante regressione lineare, mentre la compressione locale è stata esaminata attraverso la regressione loess (locfit). Le ricostruzioni climatiche sono state realizzate per ogni campione in ogni record fossile utilizzando i modelli migliori, e gli errori specifici per campione sono stati stimati mediante bootstrap. Abbiamo applicato un fattore di correzione (Prentice et al., 2022a) alle ricostruzioni di α per considerare l’effetto dei cambiamenti nei livelli di CO₂ atmosferico sull’efficienza dell’uso dell’acqua, in particolare l’aumentata efficienza nell’uso dell’acqua sotto alti livelli di CO₂ tipici del recente passato e i bassi livelli di CO₂ che avrebbero diminuito l’efficienza nell’uso dell’acqua durante il periodo Tardo Glaciale, influenzando così le ricostruzioni nella parte più antica dei record. La correzione è stata implementata tramite il pacchetto codos: 0.0.2 (Prentice et al., 2022b), con i valori delle concentrazioni passate di CO₂ derivati dal record EPICA Dome C (Bereiter et al., 2015).

2.4 Costruzione delle serie temporali climatiche

Per ottenere serie temporali climatiche rappresentative delle tendenze regionali del clima, abbiamo inizialmente esaminato le ricostruzioni per rimuovere i campioni individuali con (a) bassa diversità effettiva (< 2), misurata utilizzando la misura di diversità N² di Hill (Hill, 1973), che potrebbe indicare conteggi di polline bassi o contaminazione locale; e (b) errori specifici del campione oltre il quantile 0,95 per eliminare i chiari outlier. Questa selezione ha portato all’esclusione di solo un piccolo numero di campioni individuali (vedi Fig. S2). Abbiamo poi mediato i valori ricostruiti in intervalli di 300 anni (leggermente superiori alla risoluzione media dei record di 228 anni) con una sovrapposizione del 50%. Il primo intervallo centrato su 150 anni prima del presente, e gli intervalli successivi erano centrati ad incrementi di 150 anni attraverso il record. Abbiamo escluso qualsiasi intervallo contenente un solo campione. I valori aggregati dei singoli siti sono stati mediati per produrre un composito regionale delle anomalie per ciascuna variabile climatica, dove la baseline moderna è stata presa come il primo intervallo di 300 anni centrato su 150 anni prima del presente. Queste serie temporali sono state levigate utilizzando la regressione ponderata localmente (Cleveland e Devlin, 1988), con una larghezza della finestra di 1000 anni (mezza larghezza della finestra di 500 anni) e punti fissi nel tempo per evidenziare le tendenze a lungo termine. Gli intervalli di confidenza (5° e 95° percentili) per ogni composito sono stati generati tramite campionamento bootstrap per sito su 1000 iterazioni. Abbiamo esaminato l’impatto della correzione per CO₂ sulle α ricostruite (Fig. S3); ciò non ha avuto effetti significativi sulle tendenze ricostruite, eccetto che nella parte più antica del record.

La Figura 2 presenta una visualizzazione delle anomalie termiche per la temperatura media del mese più freddo (MTCO), per ciascun sito di campionamento. L’analisi di queste anomalie è fondamentale nella paleoclimatologia per comprendere le variazioni climatiche nel tempo, in questo caso specifico, attraverso l’ultimo periodo di deglaciazione e l’inizio dell’Olocene.

In questo grafico:

  • L’asse verticale (y) rappresenta diversi siti di raccolta dati, ordinati in base alla latitudine, partendo dal più settentrionale (in alto) al più meridionale (in basso).
  • L’asse orizzontale (x) mostra l’età dei dati espressa in migliaia di anni (ka), dove 1 ka si riferisce approssimativamente al presente e i numeri crescenti si spostano indietro nel tempo fino a 12 ka.

Le anomalie della temperatura sono indicate dai colori all’interno della griglia:

  • I toni del blu indicano temperature più fredde rispetto a un valore di riferimento o a una media di lungo termine. Questi possono indicare periodi più freddi, come gli stadiali glaciali.
  • I toni del rosso mostrano temperature più calde rispetto alla media, che possono corrispondere a periodi interstadiali o interglaciali.
  • Le celle bianche o grigie suggeriscono l’assenza di dati o un’anomalia termica che è vicina allo zero, il che significa che la temperatura per quel periodo è vicina alla media di riferimento.

Questi dati possono essere derivati da diverse proxy climatiche, inclusi, ma non limitati a, i record di polline, isotopi stabili, sedimenti lacustri, o anelli degli alberi. I dati aggregati consentono di interpretare le tendenze climatiche regionali e di valutare come la distribuzione della temperatura sia cambiata sia cronologicamente che latitudinalmente.

L’organizzazione dei dati in base alla latitudine aiuta a identificare i gradienti termici latitudinali e le possibili differenze nelle risposte climatiche tra le regioni a diverse latitudini. Ciò può essere utile per identificare i modelli di circolazione atmosferica e oceanica e come questi sono cambiati nel tempo.

Infine, il riferimento a “Table S1” implica che esiste una tabella di supporto che offre informazioni supplementari sui siti numerati. Questa tabella potrebbe includere la specifica localizzazione geografica dei siti, metodologie di datazione, tipi di depositi sedimentari analizzati, dettagli delle misurazioni delle anomalie termiche e le interpretazioni geoclimatiche derivanti da tali dati.

2.5 Simulazioni dei modelli climatici

Abbiamo confrontato i cambiamenti climatici ricostruiti con simulazioni transitorie di modelli climatici relative alla risposta a forzanti esterne per determinare fino a che punto i cambiamenti climatici ricostruiti riflettano variazioni nelle forzanti note. Abbiamo utilizzato simulazioni transitorie della risposta alle forzanti orbitali e dei gas serra nell’Olocene avanzato provenienti dai seguenti quattro modelli partecipanti al progetto PACMEDY (PAleao-Constraints on Monsoon Evolution and Dynamics) (Carré et al., 2021): il modello del sistema terrestre MPI (Max Planck Institute) versione 1.2 (Dallmeyer et al., 2020), il modello del sistema terrestre AWI (Alfred Wegener Institute) versione 2 (Sidorenko et al., 2019), e due versioni del modello del sistema terrestre IPSL (Institut Pierre-Simon Laplace). Le simulazioni IPSL e AWI sono state eseguite dal 6 ka al 1950 d.C., e la simulazione MPI dal 7,95 ka al 1850 d.C. Abbiamo utilizzato una simulazione transitoria più estesa che copre il periodo da 11,5 ka, realizzata con il modello LOVECLIM (Goosse et al., 2010), che, oltre alle forzanti orbitali e dei gas serra, tiene conto del declino dei ghiacciai Laurentide e Fennoscandiani (Zhang et al., 2016). Infine, abbiamo utilizzato due simulazioni transitorie dal 22 ka al presente realizzate con il Modello del Sistema Climatico Comunitario (CCSM3; Collins et al., 2006). Entrambe sono state soggette a forzanti dovute a cambiamenti nella configurazione orbitale, nelle concentrazioni di gas serra atmosferici, nei ghiacciai continentali e nei flussi di acqua di fusione, ma differiscono nella configurazione della forzante dell’acqua di fusione applicata dopo il riscaldamento di Bølling (14,7 ka). Nella prima simulazione (TRACE-21k-I; Liu et al., 2009), è stato mantenuto un flusso costante di acqua di fusione di circa 0,1 Sv dai ghiacciai dell’Emisfero Nord verso l’Artico e il Nord Atlantico fino a circa 6 ka e un flusso continuo di acqua dal Pacifico Nord verso l’Artico dopo l’apertura dello Stretto di Bering. La seconda simulazione (TRACE-21k-II; He e Clark, 2022) non prevedeva flusso di acqua di fusione durante il riscaldamento di Bølling o l’Olocene, ma applicava un flusso di circa 0,17 Sv verso il Nord Atlantico durante il Dryas recente (12,9–11,7 ka).

La differenza nella forzante dell’acqua di fusione comporta una Circolazione Meridionale di Riversamento Atlantico (AMOC) significativamente più intensa durante l’Olocene nella simulazione TRACE-21k-II rispetto alla simulazione TRACE-21k-I. I dettagli delle simulazioni dei modelli sono riportati nella Tabella S3. L’utilizzo di molteplici simulazioni consente l’identificazione di segnali robusti che non sono dipendenti dal modello (vedi, per esempio, Carré et al., 2021) e anche la distinzione degli effetti di differenti forzanti. I dati di TRACE-21k-I sono stati corretti per riflettere il cambiamento nella lunghezza dei mesi durante l’Olocene (relativo all’eccentricità dell’orbita terrestre e al momento dell’anno del perielio determinato dalla precessione), mentre le altre simulazioni non lo erano. Tuttavia, ciò ha poco impatto pratico sulla selezione delle variabili usate qui (Fig. S4).

Dai risultati di ciascuna simulazione sono stati estratti dati per le celle di griglia terrestri nel dominio EMBSeCBIO (29–49° N, 20–55° E; questa regione si estende leggermente meno verso est rispetto alla regione EMBSeCBIO originariamente definita, ma non esistono siti di polline oltre 55° E). La Temperatura Media del Coldest Month (MTCO) e la Temperatura Media del Warmest Month (MTWA) sono state estratte direttamente; i Gradi Giorno sopra lo 0 (GDD0) sono stati ottenuti derivando i valori di temperatura giornalieri dai dati mensili utilizzando una funzione di interpolazione autoregressiva che preserva la media (Rymes e Myers, 2001). I valori giornalieri della frazione di copertura nuvolosa e della precipitazione sono stati ottenuti dai dati mensili allo stesso modo e utilizzati per stimare MI, cioè il rapporto tra la precipitazione annuale e l’evapotraspirazione potenziale annua, attraverso il pacchetto R smpds (Villegas-Diaz e Harrison, 2022) prima di convertirlo in α, seguendo Liu et al. (2020). Per coerenza con le serie temporali ricostruite, le anomalie climatiche per intervalli di 30 anni per ciascuna cella di griglia terrestre nel dominio EMBSeCBIO sono state calcolate usando l’intervallo successivo ai 300 anni prima del presente come baseline moderna. Poiché la risoluzione spaziale dei modelli varia (Tabella S3), e comunque è più grossolana della risoluzione di campionamento dei singoli record di polline precludendo confronti diretti tranne che su scala regionale, abbiamo utilizzato tutte le celle di griglia terrestre nel dominio EMBSeCBIO e non abbiamo cercato di selezionare celle di griglia coincidenti con la posizione dei dati di polline. Un composito è stato prodotto mediando le serie temporali delle celle di griglia, che poi è stato levigato utilizzando la regressione ponderata localmente (Cleveland e Devlin, 1988) con una larghezza della finestra di 1000 anni (cioè, una mezza larghezza della finestra di 500 anni) e punti fissi nel tempo. Gli intervalli di confidenza (5° e 95° percentile) per ciascun composito sono stati generati tramite campionamento bootstrap per cella di griglia su 1000 iterazioni.

3 Risultati

3.1 Prestazioni del modello statistico fxTWA-PLS

La valutazione del modello attraverso la validazione incrociata ha dimostrato che esso riproduce le variabili climatiche attuali in modo ragionevolmente accurato (Tabella 1; Tabella S4). La migliore performance è stata ottenuta per α (R² = 0,73; RMSEP = 0,15) e MTCO (R² = 0,73; RMSEP = 3,67). Anche i modelli per GDD0 (R² = 0,69; RMSEP = 880) e MTWA (R² = 0,63; RMSEP = 3,22) sono risultati accettabili. Le pendenze delle regressioni hanno variato da 0,78 (MTWA) a 0,86 (MTCO), indicando che il grado di compressione nelle ricostruzioni è minore (Tabella 1). Di conseguenza, le ricostruzioni down-core fxTWA-PLS di tutte le variabili climatiche possono essere considerate robuste e affidabili.

3.2 Evoluzione climatica dell’Olocene nella regione

Le ricostruzioni down-core hanno mostrato segnali generalmente coerenti, sebbene si sia osservata una variazione sia nei tempi che nell’ampiezza dei cambiamenti climatici tra i diversi siti, a riflettere le differenze in latitudine ed elevazione (Fig. 2, 3, 4). Tuttavia, i dati indicano tendenze regionali coerenti negli ultimi 12.000 anni.

La temperatura invernale ha evidenziato una tendenza al raffreddamento tra 12.000 e 11.000 anni fa, con il MTCO circa 8°C inferiore all’attuale a 11.000 anni fa (Fig. 5). È seguito un moderato incremento del MTCO dopo 11.000 anni fa, con un aumento più marcato di circa 5°C tra 10.300 e 9.300 anni fa. Le temperature invernali erano solo circa 2°C inferiori all’attuale al termine di questa fase di riscaldamento rapido. Ci sono significative incertezze nelle ricostruzioni del MTCO precedenti a 10.300 anni fa, quindi i trend nella parte iniziale del record non sono ben definiti. Tuttavia, la fase di riscaldamento rapido tra 10.300 e 9.300 anni fa (e le fasi successive del record) è ben delineata. Il MTCO ha continuato ad aumentare gradualmente per tutto l’Olocene, sebbene su questo trend generale si siano sovrapposte oscillazioni multi-centenarie e millenarie.

I trend iniziali della temperatura estiva erano in larga parte simili a quelli del MTCO, con un raffreddamento tra 12.300 e 11.000 anni fa e il MTWA circa 2°C inferiore all’attuale a 11.000 anni fa (Fig. 5). La temperatura estiva è poi aumentata, sebbene con oscillazioni millenarie pronunciate, fino a circa 4.500 anni fa, quando il MTWA era circa 1,5°C superiore all’attuale. Si è registrata una graduale diminuzione della temperatura estiva dopo circa 4.500 anni fa. Le ricostruzioni di GDD0 hanno mostrato trend simili al MTWA, raggiungendo valori massimi intorno a 4.500 anni fa, quando la stagione di crescita era circa 150 gradi-giorno maggiore di oggi. Il successivo declino del GDD0 è stato relativamente meno marcato, il che presumibilmente riflette l’influenza delle ancora crescenti temperature invernali sulla durata della stagione di crescita.

I trend di α differiscono da quelli delle temperature. Le condizioni erano simili all’attuale intorno a 11.500 anni fa (Fig. 5). Tra 11.000 e 10.000 anni fa, si è verificato un rapido aumento di α. I valori di α erano superiori all’attuale (> 0,1) tra 10.000 e 6.000 anni fa. In seguito, si è verificata una graduale e continua diminuzione di α fino all’attuale. La correzione per l’impatto fisiologico dei livelli di CO₂ è stata, come previsto, maggiore negli intervalli in cui il CO₂ era più basso (ad es., prima di 11.000 anni fa; Fig. S4). Le ricostruzioni con e senza la correzione non differiscono statisticamente tra 10.000 e 5.000 anni fa, considerando le incertezze nelle ricostruzioni, ma la correzione ha prodotto ricostruzioni marginalmente più umide dopo 5.000 anni fa, con una differenza massima di 0,08. Tuttavia, il trend di diminuzione graduale della disponibilità di umidità verso l’attuale non è influenzato dalla correzione per il CO₂.

La Tabella 1 presenta i risultati di una validazione incrociata di un modello statistico usato per ricostruire condizioni climatiche passate basate su proxy paleoclimatici. Questi proxy possono includere misure come il polline, i depositi di sedimenti, o gli anelli degli alberi che sono stati usati per stimare quattro variabili climatiche distinte. Le variabili sono:

  • MTCO: La temperatura media del mese più freddo.
  • MTWA: La temperatura media del mese più caldo.
  • GDD0: I gradi giorno di crescita sopra il livello base di 0 °C.
  • α: L’umidità disponibile per le piante.

Ecco le componenti della tabella e la loro interpretazione:

  • Componente selezionata: Il numero di componenti (o variabili latenti) selezionato dal modello per ottimizzare la predizione per ogni variabile climatica. Un “componente” in questo contesto può essere inteso come una variabile indipendente nel modello.
  • R² (R al quadrato): Una misura statistica della proporzione di varianza per una variabile dipendente che è spiegata da un modello statistico. Un valore di R² più vicino a 1 indica una maggiore capacità del modello di spiegare la variazione dei dati.
  • Bias medio: Il bias medio della previsione. Un valore vicino a zero indica un modello senza sistematici errori di previsione.
  • RMSEP (Errore Quadratico Medio della Radice della Previsione): Una misura di quanto le previsioni del modello si discostano dai valori effettivi. Valori più bassi indicano migliori prestazioni predittive.
  • p: Il valore p per il test di significatività statistica. Un valore basso (generalmente < 0,05) indica che l’uso del numero corrente di componenti è significativamente migliore rispetto all’utilizzo di un numero inferiore di componenti.
  • b1: La pendenza ottenuta dalla regressione lineare delle ricostruzioni cross-validate sulla variabile climatica. Un valore di pendenza vicino a 1 indica meno “compressione” del modello e quindi migliori prestazioni. La “compressione” è una misura di come i valori predetti siano più vicini alla media rispetto ai valori osservati; meno compressione significa che il modello preserva meglio la varianza nei dati.
  • b1.se: L’errore standard della pendenza, che indica l’incertezza nella stima di b1. Valori più bassi indicano una maggiore precisione nella stima della pendenza.

In base a questa tabella, possiamo dedurre che il modello ha un buon adattamento per le variabili climatiche presentate, con R² relativamente alti, bassi RMSEP e valori p significativi. Tuttavia, ci sono alcuni bias nelle previsioni che sono indicati nei valori di bias medio. Il modello sembra essere molto affidabile per MTCO e α, come indicato da un R² di 0.73 per entrambi, e un basso bias medio per α. Tuttavia, per GDD0, il RMSEP è piuttosto alto, suggerendo che il modello ha una maggiore incertezza nella previsione di questa particolare variabile climatica.

3.3 Confronto con le simulazioni climatiche

La simulazione TRACE-21k-I (Fig. 6) evidenzia un iniziale riscaldamento invernale tra i 12.000 e gli 11.000 anni fa, tuttavia il MTCO rimane circa 3°C inferiore rispetto ai valori attuali a 11.000 anni fa. Vi è un incremento graduale del MTCO a partire da 11.000 anni fa, sebbene con variabilità su scala secolare e una oscillazione più marcata corrispondente all’evento climatico di 8.200 anni fa. La simulazione TRACE-21k-II inizia con temperature leggermente più basse e mostra un riscaldamento articolato in due fasi, con un apice a 8.500 anni fa, periodo in cui il MTCO risulta circa 1,5°C inferiore rispetto ai valori attuali. La tendenza per l’Olocene tardivo è simile a quella osservata nella simulazione TRACE-21k-I. La simulazione LOVECLIM riporta condizioni generalmente più calde rispetto a entrambe le simulazioni TRACE, con un MTCO che a 11.000 anni fa è circa 2,5°C inferiore ai valori attuali, ma il riscaldamento bifasico è più accentuato e il picco di riscaldamento si verifica leggermente più tardi, a circa 7.500 anni fa, momento in cui il MTCO era soltanto circa 0,25°C inferiore rispetto ai valori attuali (Fig. 7). Sebbene tutti e tre i modelli mostrino un riscaldamento rapido comparabile con quello ricostruito tra 10.300 e 9.300 anni fa, è evidente che le differenze nelle forzanti legate ai ghiacciai e all’acqua di fusione influenzino sia la magnitudine che il timing di questa tendenza. L’entità complessiva del riscaldamento dopo i 9.000 anni fa nella simulazione TRACE-21k-I è in linea con le ricostruzioni del MTCO (anomalie di 2,4°C e 2,6°C per il modello e per i dati, rispettivamente). La tendenza per l’Olocene medio e tardivo nelle simulazioni PACMEDY (Fig. 8) è simile a quella delle simulazioni TRACE-21k, sia per segno che per magnitudine (circa 1°C tra i 6.000 anni fa e l’attuale), ed entrambe sono coerenti con le ricostruzioni (−0,9±0,7°C).

L’incremento continuo del MTCO è in accordo con il cambiamento dell’insolazione invernale. Dato le somiglianze tra le simulazioni PACMEDY, che includono solo le forzanti orbitali e dei gas a effetto serra, e le simulazioni LOVECLIM e TRACE, che includono anche le forzanti associate ai ghiacciai residui di Laurentide e Fennoscandia, appare probabile che la forzante orbitale sia stata il principale determinante delle temperature invernali nella regione EMBSeCBIO durante l’Olocene più recente.

La simulazione TRACE-21k-I indica che le temperature estive massime si verificano tra gli 11.000 e i 9.000 anni fa, periodo durante il quale il MTWA era approssimativamente 3°C superiore rispetto ai valori odierni (Fig. 6). Le simulazioni TRACE-21K-II, all’inizio, registrano temperature inferiori rispetto alla simulazione TRACE-21k-I, con il picco di temperature estive che si manifesta a 9.000 anni fa, quando il MTWA era circa 2,5°C maggiore rispetto all’attuale (Fig. 6). La simulazione LOVECLIM evidenzia condizioni più calde dell’attuale a partire da 11.500 anni fa, ma il massimo del riscaldamento si raggiunge solamente a 7.500 anni fa, con il MTWA circa 2°C superiore (Fig. 7). Tutte e tre le simulazioni mostrano una diminuzione graduale della temperatura estiva attraverso l’Olocene dopo questo apice iniziale. Questa tendenza al declino è riscontrata anche nelle simulazioni PACMEDY a partire da 6.000 anni fa (o 8.000 anni fa nel caso della simulazione MPI) (Fig. 8), e l’entità del cambiamento in questo intervallo temporale (circa 2°C a partire da 6.000 anni fa) è analoga a quella osservata nelle simulazioni TRACE e LOVECLIM. Questa analogia suggerisce che la risposta simulata rappresenti direttamente il riflesso del mutamento della forzante orbitale. Tuttavia, le variazioni delle temperature estive ricostruite non evidenziano questo calo progressivo. Il MTWA ricostruito è approssimativamente 4°C inferiore alle proiezioni dei modelli a 9.000 anni fa. Le ricostruzioni indicano un incremento graduale del MTWA dal 9.000 al 4.500 anni fa. Le variazioni di temperatura ricostruite a 4.500 anni fa presentano una magnitudine simile alle temperature simulate in questo momento (circa 1°C maggiore rispetto all’attuale), benché il tardo Olocene sia caratterizzato da una tendenza al raffreddamento, come osservato nelle simulazioni.

La Figura 3 è una rappresentazione visiva dei dati climatici storici e serve come una matrice di anomalie di temperatura. Questa matrice mappa le anomalie della temperatura media del mese più caldo (MTWA) per vari siti di campionamento ordinati in base alla latitudine, dal più settentrionale al più meridionale.

Ecco un’analisi più dettagliata:

  • Asse Y (verticale): I numeri lungo l’asse verticale rappresentano i siti di campionamento individuati. Sono ordinati da nord (in alto) verso sud (in basso), con il presupposto che i numeri corrispondano a specifici siti descritti in una tabella separata (Table S1), che fornisce i dettagli su ciascun sito.
  • Asse X (orizzontale): L’asse orizzontale rappresenta il tempo, espresso in migliaia di anni (ka), che ci consente di osservare le variazioni climatiche nel tempo. La scala inizia da 1 ka, che sarebbe vicino al presente, e si estende fino a 12 ka, portandoci indietro verso la fine dell’ultimo periodo glaciale.
  • Colorazione delle Celle: La matrice utilizza una scala di colori per visualizzare le anomalie di temperatura, dove ogni cella corrisponde all’anomalia di temperatura in un determinato sito e tempo:
    • Il blu indica temperature più basse rispetto a un valore di riferimento o alla media di lungo termine per il mese più caldo, che potrebbe suggerire condizioni più fredde in quel periodo o mese specifico.
    • Il rosso indica temperature più elevate rispetto alla media, suggerendo condizioni più calde.
    • Il grigio o bianco suggeriscono assenza di dati o anomalie che sono pressoché inesistenti rispetto alla media.

La distribuzione dei colori lungo il periodo temporale aiuta a identificare gli andamenti delle temperature nel corso del tempo, indicando fasi più calde o più fredde. Questo tipo di analisi è fondamentale per capire i modelli climatici del passato e per inferire le risposte degli ecosistemi a variazioni termiche nel mese più caldo, che è critico per molte specie vegetali e animali.

Inoltre, la distribuzione latitudinale delle anomalie permette di valutare come i cambiamenti di temperatura sono avvenuti in modo diverso in diverse parti della regione in studio, che può essere legata a vari fattori, inclusi modelli di circolazione atmosferica e oceanica, elevazione, e altre dinamiche climatiche regionali.

In sintesi, la Figura 3 fornisce un importante insight nella variabilità climatica passata, mostrando come la temperatura del mese più caldo sia cambiata nel tempo attraverso diverse latitudini in una vasta area geografica.

La Figura 4 mostra una serie temporale di anomalie nella disponibilità di umidità per le piante, espresse come il rapporto tra evapotraspirazione potenziale (PET) ed evapotraspirazione attuale (AET), indicato con la lettera greca alfa (�α). Questo rapporto, �α, è un indice dell’umidità disponibile per le piante che considera non solo la quantità di precipitazioni ma anche la domanda di umidità dell’atmosfera, influenzata dalla temperatura, dal vento e dalla radiazione solare.

Analizziamo la figura nei dettagli:

  • Asse Y (verticale): Rappresenta siti di campionamento specifici, ordinati da nord a sud. Questo gradiente latitudinale è importante perché l’umidità disponibile è fortemente influenzata dalla latitudine, con regioni più settentrionali e meridionali che spesso mostrano diversi regimi di umidità a causa delle variazioni nel clima.
  • Asse X (orizzontale): Denota il tempo, con l’età in migliaia di anni (ka). Il grafico si estende dal periodo attuale (1 ka) fino a 12 ka nel passato, coprendo la transizione dall’ultima era glaciale all’Olocene, un periodo di riscaldamento globale e cambiamenti climatici significativi.
  • Scala dei Colori: I quadrati colorati mappano l’anomalia di �α in un determinato sito a un determinato tempo. Questi colori sono indicativi di:
    • Blu: Più acqua disponibile delle condizioni medie, suggerendo periodi più umidi. Periodi umidi possono essere associati a un clima più freddo o a una maggiore incidenza delle precipitazioni.
    • Giallo: Meno acqua disponibile, indicando periodi più aridi. Questo può essere causato da temperature più elevate che aumentano la PET o da una riduzione delle precipitazioni.
    • Grigio/Bianco: Anomalie trascurabili o assenza di dati, il che significa che il valore di �α è vicino alla media di lungo termine o che non ci sono dati disponibili per quel periodo o sito.

Importante è la nota che specifica che ai dati ricostruiti di �α è stata applicata una correzione per tenere conto degli impatti fisiologici diretti della CO2 sulla crescita delle piante. Questo riconosce che le concentrazioni di CO2, oltre agli effetti climatici, possono avere un impatto diretto sulla quantità di acqua che le piante necessitano, poiché la CO2 influenza la fotosintesi e la traspirazione.

La disposizione per latitudine (N–S) indica che i dati sono stati analizzati per mostrare un pattern spaziale oltre a quello temporale. Questo può aiutare a identificare i modelli di cambiamento nell’umidità disponibile in relazione sia al tempo che alla posizione geografica, offrendo approfondimenti su come vari fattori, come cambiamenti nella copertura vegetale, uso del suolo e variazioni climatiche, possono aver influenzato la disponibilità di acqua per le piante nel corso del tempo.

In sintesi, la Figura 4 è una rappresentazione dettagliata e scientificamente precisa dell’umidità disponibile per le piante nel corso di 12.000 anni, con un particolare focus sui cambiamenti latitudinali e una correzione per il ruolo diretto della CO2 nella fisiologia vegetale.

Questa analogia indica che la risposta simulata rappresenta direttamente il riflesso delle modificazioni nella forzante orbitale. Tuttavia, i cambiamenti ricostruiti nella temperatura estiva non evidenziano questo declino progressivo. Il MTWA ricostruito è approssimativamente 4°C inferiore rispetto alle proiezioni dei modelli a 9 ka. Le ricostruzioni indicano un aumento progressivo del MTWA dal 9 al 4.5 ka. I cambiamenti nelle temperature ricostruite a 4.5 ka presentano una magnitudine simile a quella delle temperature simulate in questo lasso temporale (circa 1°C superiore rispetto all’attuale), benché il tardo Olocene sia caratterizzato da una tendenza al raffreddamento, come osservato nelle simulazioni. Di conseguenza, mentre la tendenza simulata per il tardo Olocene corrisponde alla forzante orbitale come principale determinante delle temperature estive nella regione EMBSeCBIO, la tendenza dal primo al medio Olocene non lo è. Studi di modellazione precedenti hanno ipotizzato che il timing del calore massimo varii nelle diverse regioni europee ed è collegato all’effetto del ghiacciaio Fennoscandiano sui climi regionali (Renssen et al., 2009; Blascheck e Renssen, 2013; Zhang et al., 2016). Le divergenze nel timing del picco di calore nella regione EMBSeCBIO nelle simulazioni TRACE-21k-II e LOVECLIM sarebbero in linea con questa teoria, ma suggeriscono che il timing e la magnitudine siano dipendenti dal modello specifico utilizzato. È dunque plausibile che la tendenza ricostruita del MTWA, almeno durante l’inizio dell’Olocene, rifletta l’influenza dei ghiacciai residui di Laurentide e Fennoscandia nel modulare l’effetto dell’incremento dell’insolazione estiva fino al medio Olocene. Considerato che il GDD0 riflette sia i cambiamenti nella durata della stagione, influenzati dalle temperature invernali, sia il riscaldamento estivo, le discrepanze tra il MTWA simulato e quello ricostruito si manifestano anche nelle tendenze del GDD0 durante la parte iniziale dell’Olocene (Fig. 6).

La Figura 5 combina le serie temporali delle ricostruzioni di diverse variabili climatiche paleoecologiche attraverso un ampio arco di tempo (12.000 anni), che copre una transizione significativa dal Pleistocene tardivo all’Olocene, un periodo caratterizzato da profondi cambiamenti climatici post-glaciali.

Analisi dettagliata:

  • Asse Y (sinistra per MTCO e MTWA, destra per GDD0 e α): Le variazioni sono espresse come anomalie rispetto a un valore di riferimento o una media a lungo termine. Valori negativi indicano condizioni più fredde o meno favorevoli per la crescita (nel caso di MTCO e GDD0) o meno umidità disponibile per le piante (nel caso di α).
  • Asse Y (in basso): Mostra il numero di record di dati utilizzati per la ricostruzione composita. Un numero maggiore di record può indicare una stima più robusta e affidabile per quel particolare periodo.
  • Asse X: Indica l’età dei dati espressa in migliaia di anni (ka). Il presente è indicato come 0 e i valori aumentano procedendo verso il passato.

Le quattro variabili mostrate sono:

  1. MTCO: L’anomalia della temperatura media del mese più freddo. I valori negativi indicano temperature più basse rispetto al valore di riferimento.
  2. MTWA: L’anomalia della temperatura media del mese più caldo. Anche qui, valori negativi indicano temperature più basse rispetto al riferimento.
  3. GDD0: Indica i giorni di crescita con temperature al di sopra di 0 °C. I valori negativi non implicano temperature sotto lo zero, ma piuttosto meno giorni con temperature sopra la soglia di 0 °C rispetto al riferimento.
  4. α: La disponibilità di umidità per le piante, espressa come il rapporto tra evapotraspirazione potenziale ed effettiva, corretto per i diretti effetti fisiologici della CO2 sulla crescita delle piante. Valori più bassi indicano minore disponibilità di umidità.

La linea blu scuro rappresenta una curva levigata (smoothing curve) ottenuta attraverso la tecnica di smoothing di Loess, che è un metodo non parametrico per creare una linea di tendenza. La scelta di una finestra di mezza ampiezza di 500 anni per la curva di Loess fornisce un bilanciamento tra l’adattamento ai dati e la levigatezza della curva, permettendo di catturare le tendenze su scale temporali centenarie o millenarie.

La sfumatura verde indica l’incertezza statistica derivante da 1000 ri-campionamenti bootstrap dei record, fornendo un’indicazione della variabilità e dell’incertezza nelle ricostruzioni.

La comprensione di queste variabili e la loro interazione è fondamentale per la paleoclimatologia e la paleoecologia, in quanto fornisce indizi sui meccanismi che guidano le variazioni climatiche e ambientali e sulle possibili risposte degli ecosistemi a tali variazioni.

La Figura 6 mostra le variazioni regionali simulate di alcune variabili climatiche chiave, ottenute da simulazioni climatiche transitorie chiamate TRACE-21K-I (rappresentate in verde) e TRACE-21K-II (in rosso). Tali simulazioni sono progettate per ricostruire e capire i cambiamenti climatici durante gli ultimi 21.000 anni.

Analizziamo la figura:

  • In alto: Viene mostrata la variazione dell’insolazione (la radiazione solare ricevuta) nelle stagioni estive e invernali a 40° N. L’insolazione è misurata in Watt per metro quadrato (W/m²). L’insolazione estiva è rappresentata dalla linea azzurra e quella invernale dalla linea nera. Variazioni significative in insolazione sono conosciute per avere un impatto diretto sui cicli climatici globali, compreso il clima regionale.
  • Asse X: Esprime il tempo in migliaia di anni (ka), con 0 ka corrispondente all’incirca al presente.
  • Asse Y (sinistra per MTCO e MTWA, destra per GDD0 e α): Mostra le anomalie nelle seguenti variabili climatiche:
  1. MTCO (Mean Temperature of the Coldest Month): Variazioni nella temperatura media del mese più freddo. Una temperatura più bassa di quanto atteso si riflette in valori negativi.
  2. MTWA (Mean Temperature of the Warmest Month): Variazioni nella temperatura media del mese più caldo. Anche qui, i valori negativi indicano temperature più basse rispetto al valore di riferimento.
  3. GDD0 (Growing Degree Days above a base level of 0 °C): Misura del calore accumulato necessario per la crescita delle piante. È calcolato sommando le temperature giornaliere al di sopra di una soglia di base di 0°C. I valori negativi non indicano temperature sotto lo zero, ma piuttosto meno gradi giorno accumulati rispetto al riferimento, suggerendo una stagione di crescita più corta o meno intensa.
  4. α (Plant-available moisture): Indica l’umidità disponibile per le piante, definita come il rapporto tra l’evapotraspirazione potenziale (PET) e quella effettiva (AET). Per la simulazione TRACE-21K-II, non è stato possibile calcolare le variazioni in α dai dati disponibili, quindi non ci sono dati per questa variabile nella linea rossa.

Le linee curve rappresentano una curva levigata (loess smoothing) attraverso i dati simulati, usando un’ampiezza della finestra di mezza larghezza di 500 anni. Questo metodo di smoothing aiuta a evidenziare i trend di lungo termine nei dati senza essere troppo influenzato dalle fluttuazioni a breve termine. L’inviluppo attorno alle curve, ottenuto attraverso 1000 ri-campionamenti bootstrap, mostra l’incertezza nelle simulazioni.

In sintesi, la Figura 6 confronta due diverse simulazioni climatiche per comprendere come il clima nella regione EMBSeCBIO (presumibilmente un dominio geografico specifico) sia cambiato nel corso degli ultimi 12.000 anni, con un focus sulle temperature stagionali, i giorni di crescita per la vegetazione, e la disponibilità di umidità per le piante. Questo tipo di analisi è fondamentale per comprendere come i cambiamenti nei fattori climatici abbiano influenzato l’ambiente regionale e le risposte degli ecosistemi nel corso del tempo.

Le simulazioni non evidenziano pattern uniformi per la tendenza di α. La simulazione TRACE-21k-I (Fig. 6) mostra un incremento graduale, con oscillazioni minori su scala multicentenaria dal 12 ka al presente. (Le variabili di output disponibili dai modelli non sono sufficienti per calcolare α per le simulazioni TRACE-21k-II o LOVECLIM.) Una delle simulazioni PACMEDY (IPSL-CM5) evidenzia un aumento a partire dal medio Olocene (Fig. 8), sebbene il cambiamento simulato sia di un ordine di grandezza minore rispetto al periodo corrispondente nella simulazione TRACE-21k-I. Il modello AWI non mostra alcuna tendenza per α in questo arco temporale; i due modelli restanti indicano un incremento dell’aridità dal medio Olocene ad oggi (Fig. 8). Questi tre modelli sono in larga misura coerenti con le ricostruzioni, dato che il decremento ricostruito di α è limitato. Tuttavia, le discrepanze nel segno della tendenza tra i diversi modelli suggeriscono che i cambiamenti nell’umidità non siano una conseguenza diretta della forzante, ma debbano riflettere variazioni dipendenti dal modello nell’apporto di umidità attraverso cambiamenti nella circolazione atmosferica. Le ricostruzioni dei climi olocenici nella penisola iberica hanno suggerito che i feedback relativi alla superficie terrestre associati ai cambiamenti nella disponibilità di umidità esercitano una forte influenza sulla temperatura estiva (Liu et al., 2023). Non sembra esserci una evidenza forte di questo nella regione EMBSeCBIO, vista la differenza nelle tendenze di α e del MTWA e il carattere smorzato della tendenza in α.

La Figura 7 presenta i risultati di una simulazione climatica eseguita con il modello LOVECLIM, che è un modello del sistema terra che consente di esaminare come diversi componenti del sistema climatico interagiscono su scale temporali lunghe. La simulazione fornisce stime quantitative delle variazioni nelle condizioni climatiche regionali all’interno del dominio EMBSeCBIO, che è presumibilmente una regione specifica o un insieme di griglie di modellazione utilizzato nello studio. Le variabili climatiche simulate includono:

  1. MTCO (Mean Temperature of the Coldest Month): Indica le anomalie nella temperatura media del mese più freddo rispetto a un baseline o periodo di riferimento non specificato, con valori negativi che rappresentano temperature più fredde di quelle medie.
  2. MTWA (Mean Temperature of the Warmest Month): Analogamente, questa variabile mostra le anomalie nella temperatura media del mese più caldo. Anche in questo caso, valori negativi indicano temperature inferiori alla media.
  3. GDD0 (Growing Degree Days above a base level of 0°C): Questa metrica somma le temperature giornaliere al di sopra di una soglia base di 0°C, fornendo un indicatore del calore accumulato disponibile per la crescita delle piante durante la stagione di crescita. Valori negativi indicano una diminuzione del calore accumulato rispetto al periodo di riferimento.

Le curve levigate (Loess smoothed curves) in rosso nel grafico servono a mostrare la tendenza centrale delle variazioni simulate nel tempo, mentre l’area ombreggiata in rosa rappresenta gli intervalli di incertezza derivanti da 1000 cicli di ri-campionamento bootstrap dei dati simulati. L’uso del ri-campionamento bootstrap permette di generare una distribuzione di possibili esiti della simulazione, fornendo una stima dell’incertezza associata ai risultati simulati.

La finestra di mezza ampiezza di 500 anni usata per le curve levigate aiuta a visualizzare le tendenze su scala di tempo centenaria a millenaria, levigando le fluttuazioni a breve termine che possono essere presenti nei dati grezzi.

È importante notare che la variabile α, che rappresenta l’umidità disponibile per le piante (rapporto tra evapotraspirazione potenziale ed effettiva), non è stata calcolata in questa simulazione LOVECLIM, possibilmente a causa della mancanza di dati necessari o della limitazione del modello stesso.

In conclusione, la Figura 7 fornisce un’interpretazione visiva delle tendenze simulate nel clima regionale del dominio EMBSeCBIO nel corso di circa 11.000 anni, con particolare attenzione alle temperature medie dei mesi più caldi e più freddi e ai giorni di crescita delle piante, che sono indicatori chiave della dinamica dell’ecosistema regionale in risposta ai cambiamenti climatici.

La Figura 8 rappresenta le proiezioni climatiche regionali derivanti da quattro differenti configurazioni di modelli climatici terrestri (Earth System Models, ESMs) utilizzati nel quadro del progetto PACMEDY per il dominio EMBSeCBIO. Ogni curva rappresenta la serie temporale della media simulata per una variabile climatica specifica, come segue:

  • MTCO (Mean Temperature of the Coldest Month): Le simulazioni evidenziano le variazioni nella temperatura media del mese più freddo. Le anomalie sono espresse in gradi Celsius (°C) e mostrano deviazioni rispetto a un valore di riferimento non specificato nella figura. I valori negativi rappresentano temperature medie più basse rispetto alla norma di questo riferimento.
  • MTWA (Mean Temperature of the Warmest Month): Analogamente a MTCO, MTWA mostra le variazioni nella temperatura media del mese più caldo, con valori negativi che indicano condizioni più fresche del normale.
  • GDD0 (Growing Degree Days above a base level of 0°C): Questa variabile calcola la somma delle temperature giornaliere superiori a 0°C, fornendo una misura del calore accumulato disponibile per la crescita delle colture e la vegetazione naturale. Valori negativi implicano un decremento nel numero dei giorni con temperatura adeguata per la crescita delle piante rispetto alla baseline.

I modelli utilizzati per queste simulazioni sono:

  • MPI ESM: Max Planck Institute Earth System Model, un modello che integra processi atmosferici, oceanici e terrestri.
  • AWI ESM: Alfred Wegener Institute Earth System Model, che include componenti simili ma con differenti parametrizzazioni e processi.
  • IPSL-CM5 e IPSL-CM6: Due versioni successive del modello climatico dell’Institut Pierre-Simon Laplace, che differiscono per le risoluzioni e le rappresentazioni dei processi fisici.

Le curve levigate tramite Loess riflettono la media mobile dei dati simulati con un intervallo di semi-ampiezza di 500 anni, fornendo una visualizzazione dei trend a lungo termine minimizzando le fluttuazioni a breve termine. L’area ombreggiata intorno a ciascuna curva indica l’intervallo di incertezza per ogni simulazione, ottenuto attraverso il ri-campionamento bootstrap dei dati. Questo metodo di ri-campionamento consente di valutare la robustezza e la varianza delle proiezioni simulate.

La figura fornisce un confronto visuale tra le proiezioni dei diversi modelli, evidenziando dove i modelli concordano o divergono nelle loro proiezioni di cambiamenti climatici passati. Ciò è particolarmente importante per la valutazione della fiducia nelle proiezioni climatiche e per capire la gamma di possibili evoluzioni del clima regionale sotto diversi scenari di forzante climatico.

4 Discussione

Le tre variabili legate alla temperatura, MTCO, MTWA e GDD0, evidenziano tutte condizioni relativamente calde in prossimità della transizione Glaciale Tardo-Olocene (circa 12 ka), seguite da un periodo di raffreddamento che ha raggiunto il suo apice tra circa 11 e 10 ka. Questo andamento è riscontrabile anche nei compositi regionali (Fig. 9) derivati dalle ricostruzioni di Mauri et al. (2015) e Herzschuh et al. (2022). Tuttavia, l’entità del raffreddamento indicata nelle ricostruzioni di Mauri et al. (2015) e Herzschuh et al. (2022) risulta minore rispetto a quella delle nostre ricostruzioni. L’intervallo di temperatura più fresca inizia leggermente più tardi e si protrae fino a 9 ka nelle ricostruzioni di Mauri et al. (2015), ma ciò riflette parzialmente il fatto che tali ricostruzioni sono state effettuate solo a intervalli di 1 ka, rendendo quindi le transizioni meno definite rispetto sia alle nostre ricostruzioni che a quelle di Herzschuh et al. (2022). Questo intervallo di temperature più fresche e il notevole riscaldamento osservato dopo il 10,3 ka nelle nostre ricostruzioni non corrispondono al periodo del Younger Dryas e al successivo riscaldamento. Sebbene il Younger Dryas sia considerato un evento globalmente sincrono (Cheng et al., 2020) e generalmente coevo con lo stadiale I della Groenlandia (Larsson et al., 2022), non sembra essere fortemente evidenziato nella regione EMBSeCBIO in nessuna delle ricostruzioni climatiche quantitative. Ciò è conforme alle ipotesi precedenti, basate sui cambiamenti della vegetazione, secondo cui il Younger Dryas non si è manifestato in modo chiaro in gran parte di questa regione (Bottema, 1995).

Abbiamo dimostrato che le temperature invernali hanno registrato un netto aumento tra 10,3 e 9,3 ka, per poi continuare a crescere a un tasso più graduale durante l’Olocene. L’incremento di circa 7,5°C è dello stesso ordine di grandezza dell’aumento mostrato nella simulazione TRACE-21K-II (circa 5°C) e nella simulazione LOVECLIM (circa 3°C). Questa tendenza crescente è osservata anche nelle ricostruzioni di Mauri et al. (2015) per il MTCO (Fig. 9), sebbene il cambiamento dall’inizio dell’Olocene al presente sia molto minore (circa 0,5–1°C) in queste ricostruzioni rispetto alle nostre, e Mauri et al. (2015) non evidenziano un marcato raffreddamento intorno a 11 ka. Nonostante ciò, la coerenza tra le due serie di ricostruzioni e tra la nostra ricostruzione e i cambiamenti simulati nel MTCO sostiene l’ipotesi che queste tendenze rappresentino una risposta alla forzante orbitale durante l’Olocene. Le nostre ricostruzioni indicano un incremento graduale della temperatura estiva, come misurato sia da MTWA che da GDD0, da circa 10 a 5 ka, periodo durante il quale il MTWA era circa 1°C più caldo dell’attuale, seguito da un calo graduale verso il presente. Questo non trova corrispondenza con le ricostruzioni precedenti.

Mauri et al. (2015) evidenziano una tendenza generale all’incremento dal 9 ka al presente. Al contrario, lo studio di Herzschuh et al. (2022) mostra un pattern completamente diverso, con il picco della temperatura di luglio situato intorno al 9 ka e una tendenza successiva oscillante ma in declino (Fig. 9). Le discrepanze tra i tre insiemi di ricostruzioni sono troppo significative per essere attribuite a differenze nei modelli cronologici utilizzati. È improbabile anche che riflettano variazioni nel campionamento, considerato che il numero di siti analizzati è grosso modo simile per tutte e tre le ricostruzioni (71 siti rispetto ai 67 siti di Herzschuh et al., 2022, e 409 punti griglia, basati su 57 siti, di Mauri et al., 2015); la maggior parte dei siti è in comune tra le tre analisi. Pertanto, le differenze devono essere correlate al metodo di ricostruzione utilizzato. Herzshuch et al. (2022) hanno adottato un approccio basato sulla regressione, weighted-average partial least squares (WA-PLS) che è alla base della nostra tecnica di ricostruzione, fxTWA-PLSv2. Mauri et al. (2015) hanno impiegato la tecnica degli analoghi moderni. Tuttavia, tenendo conto delle differenze dovute alla risoluzione temporale, le nostre ricostruzioni mostrano una maggiore somiglianza con quelle di Mauri et al. (2015) piuttosto che con le ricostruzioni di Herzschuh et al. (2022).

Diverse problematiche metodologiche potrebbero giustificare le divergenze tra i tre gruppi di ricostruzioni e, in particolare, le anomalie nelle tendenze dell’umidità rilevate da Herzschuh et al. (2022). In dettaglio, Herzschuh et al. (2022) hanno utilizzato: (1) un insieme unico di dati di calibrazione per ogni sito fossile, basandosi su campioni moderni entro un raggio di 2000 km dal sito, invece di affidarsi a un singolo set di dati di addestramento; (2) un insieme limitato di 70 taxa dominanti anziché l’intero assemblaggio pollinico; e (3) dati marini, inclusi quelli, ad esempio, del Mar Nero, esclusi nelle altre ricostruzioni perché campionano un’area molto vasta e quindi non rappresentativi del clima locale. Tuttavia, l’inclusione dei dati del Mar Nero nelle nostre ricostruzioni non influisce in modo sostanziale né sull’entità né sulle tendenze climatiche. Di conseguenza, sembra probabile che le divergenze tra queste ricostruzioni riflettano l’utilizzo di un insieme di dati di calibrazione specifico per ciascun sito fossile e il limitato insieme di taxa inclusi.

La ricostruzione dell’MTWA indica un incremento graduale durante l’inizio dell’Olocene, con valori massimi circa 1,5°C superiori all’attuale raggiunti circa a 4,5 ka. Studi di modellizzazione precedenti hanno dimostrato che il timing del massimo calore durante l’Olocene in Europa era ritardato rispetto al massimo del forcing dell’insolazione e variava regionalmente a causa dell’effetto del ghiacciaio Fennoscandiano sull’albedo superficiale, sulla circolazione atmosferica e sul trasporto di calore (Renssen et al., 2009; Blascheck e Renssen, 2013; Zhang et al., 2016; Zhang et al., 2018). Due delle simulazioni esaminate qui mostrano un ritardo nel timing del picco di calore, che si è verificato circa a 9 ka nella simulazione TRACE-21kII e circa a 7,5 ka nella simulazione LOVECLIM. Sebbene entrambe le serie di simulazioni includano i ghiacciai residui Laurentide e Fennoscandiano, nessuna presenta forzanti realistici di ghiacciaio e fusione delle acque. Nella simulazione LOVECLIM, ad esempio, il ghiacciaio Fennoscandiano era scomparso da 10 ka, mentre in realtà persistette fino almeno a 8,7 ka (Patton et al., 2017). Pertanto, l’impatto del ghiacciaio Fennoscandiano nel ritardare il riscaldamento indotto orbitalmente sarebbe probabilmente stato maggiore di quanto mostrato in questa simulazione. Oltre alle differenze nel modo in cui le forzanti dei ghiacciai e delle acque di fusione sono implementate nei vari modelli, i modelli hanno anche sensibilità differenziali alla presenza dello stesso ghiacciaio prescritto (Kapsch et al., 2022). Di conseguenza, sarebbe utile esaminare l’influenza di prescrizioni più realistiche dei ghiacciai residui sul clima della regione EMBSeCBIO utilizzando più modelli e, preferibilmente, simulazioni transitorie ad una risoluzione superiore o con modelli climatici regionali. È stato suggerito che l’acqua di fusione fosse indirizzata verso i mari Nero e Caspio attraverso i fiumi Dnieper e Volga durante la fase iniziale della deglaciazione (es. Yanchilina et al., 2019; Aksu et al., 2022; Vadsaria et al., 2022), e sarebbe altresì utile indagare l’effetto di questo sul clima regionale. Abbiamo mostrato che α era simile a oggi intorno a 11 ka, ma vi è stato un incremento rapido nella disponibilità di umidità dopo circa 10,5 ka, così che i valori di α erano significativamente più alti del presente tra 10 e 6 ka, seguiti da una diminuzione graduale e continua fino ai giorni nostri. I cambiamenti nell’Olocene tardivo sono minimi anche su scala centennale (Fig. 5). Le tendenze ricostruite in α non sono replicate nelle simulazioni, che mostrano andamenti differenti durante l’Olocene tardivo.

Pertanto, è improbabile che l’incremento graduale dell’aridità durante l’Olocene tardivo sia una risposta diretta e semplice al forcing orbitale. Le variazioni in α nella regione EMBSeCBIO sono presumibilmente guidate principalmente da cambiamenti nelle precipitazioni, che a loro volta sono determinati da modifiche nella circolazione atmosferica. Le divergenze nella tendenza della disponibilità di umidità tra i modelli suggeriscono che la natura dei cambiamenti nella circolazione varia tra i modelli, e di conseguenza le simulazioni non offrono una base solida per spiegare i pattern osservati di variazione nella disponibilità di umidità. Studi precedenti, concentrati sul Mediterraneo occidentale (Liu et al., 2023), sull’Europa (Mauri et al., 2014) e sull’Eurasia centrale (Bartlein et al., 2017), hanno evidenziato che i modelli incontrano difficoltà nel simulare il trasporto di umidità potenziato verso il continente eurasiatico riscontrato dai dati paleoambientali durante l’Olocene medio e tardivo. I cambiamenti nelle precipitazioni possono influenzare anche i feedback della superficie terrestre. Per esempio, Liu et al. (2023) hanno argomentato che il trasporto di umidità potenziato nella penisola iberica durante l’Olocene medio ha portato a un incremento della copertura vegetale e a un aumento dell’evapotraspirazione, avendo un impatto significativo sulla riduzione delle temperature nella stagione di crescita. Le differenze nei trend ricostruiti di temperatura estiva e umidità disponibile per le piante durante l’Olocene suggeriscono che questo feedback della superficie terrestre non sia stato un fattore importante nell’influenzare le temperature estive nella regione EMBSeCBIO. Nonostante ciò, le differenze nella forza dei feedback della superficie terrestre tra i modelli potrebbero contribuire alle divergenze osservate nelle simulazioni. Sarebbe utile investigare il ruolo dei cambiamenti nella circolazione atmosferica sui pattern di precipitazione durante l’Olocene nella regione EMBSeCBIO, utilizzando simulazioni transitorie ad alta risoluzione o modelli climatici regionali. Il timing della transizione verso un’economia agricola nel Mediterraneo orientale è ancora oggetto di dibattito (Asouti e Fuller, 2012). È stato ipotizzato che il deterioramento climatico e la crescita demografica durante il Younger Dryas abbiano innescato il passaggio all’agricoltura (Weiss e Bradley, 2001; Bar-Yosef, 2017).

La presenza di cereali con alterazioni morfologiche alla fine del Pleistocene è stata proposta come evidenza di una precoce transizione verso l’agricoltura (Bar-Yosef et al., 2017), ma è stato anche evidenziato che le prove di domesticazione dei cereali prima di circa 10.5 ka sono mal datate e insufficientemente documentate (Nesbitt, 2002) e che le colture non hanno sostituito le economie di foraggiamento fino a ben entrato l’Olocene (Smith, 2001; Willcox, 2012; Zeder, 2011). La disponibilità idrica è un fattore cruciale nella sostenibilità dell’agricoltura primordiale (Richerson et al., 2001; Zeder, 2011). Abbiamo mostrato che la disponibilità di umidità era superiore a quella odierna durante la prima parte dell’Olocene (10–6 ka) ma simile a oggi fino a circa 10.5 ka. Le condizioni più umide durante l’Olocene iniziale potrebbero essere state un fattore decisivo nella transizione all’agricoltura, e i nostri risultati sostengono l’idea che questa transizione non sia avvenuta fino molto tempo dopo il Younger Dryas o la transizione glaciale tardiva–Olocene. Un’ulteriore esplorazione del ruolo del clima nella transizione all’agricoltura richiederebbe una valutazione più esaustiva delle evidenze archeobotaniche. Il problema potrebbe inoltre essere esaminato mediante modellazione per esplorare come i cambiamenti ricostruiti nella disponibilità di umidità regionale e le temperature stagionali avrebbero influenzato la vitalità delle colture (vedere, ad esempio, Contreras et al., 2019).

Abbiamo focalizzato l’attenzione sul quadro complessivo dei cambiamenti regionali attraverso la regione EMBSeCBIO, al fine di indagare se questi cambiamenti potessero essere spiegati come conseguenza dei cambiamenti forzanti noti. Il set di dati fornisce inoltre informazioni sulle tendenze climatiche in siti specifici. Questi dati potrebbero essere utilizzati per indagare se la densità della popolazione o i cambiamenti culturali riflettano variazioni climatiche (e.g., Weninger et al., 2006; Drake, 2012; Kaniewski et al., 2013; Cookson et al., 2019; Weiberg et al., 2019; Palmisano et al., 2021). In aggiunta, questi dati potrebbero essere impiegati per esplorare l’impatto dei cambiamenti climatici sull’ambiente, incluse le risorse naturali disponibili per le persone (Harrison et al., 2023).

La Figura 9 offre un confronto tra differenti set di ricostruzioni composite delle temperature stagionali per una regione non specificata nel grafico, ma identificata come EMBSeCBIO nel testo associato alle figure precedenti. Questo confronto è fatto tra i dati di questo studio e quelli derivati da studi precedenti di Mauri et al. (2015) e Herzschuh et al. (2022), con l’obiettivo di validare i metodi di ricostruzione e di ottenere una visione coerente delle variazioni climatiche nella regione studiata.

Dettagli scientifici e metodologici della figura:

  • Asse X: Rappresenta l’età dei dati in migliaia di anni (ky), con 0 ky indicante il presente e valori crescenti che si estendono verso il passato fino a 12 ky, che corrisponde all’ultimo periodo glaciale e l’inizio dell’Olocene.
  • Asse Y a sinistra (MTCO): Mostra le anomalie della temperatura media del mese più freddo (MTCO) in gradi Celsius (°C). I valori sono calcolati come deviazioni dalla media climatica di un periodo di riferimento, che tipicamente è un valore medio su un intervallo di tempo pre-industriale o di lungo periodo.
  • Asse Y a destra (MTWA): Mostra le anomalie della temperatura media del mese più caldo (MTWA). Anche qui, i valori negativi denotano temperature più basse rispetto alla media di riferimento.
  • Curve Colorate:
    • La curva blu rappresenta le ricostruzioni di questo studio.
    • La curva verde si basa sul set di dati di Mauri et al. (2015), che ha fornito sia le ricostruzioni MTCO che MTWA.
    • La curva arancione si basa sui dati di Herzschuh et al. (2022), che hanno fornito solo la ricostruzione delle temperature di luglio, il che potrebbe essere assimilato come una proxy per MTWA in alcune analisi.
  • Linee solide: Sono curve levigate (Loess smoothed curves) che rappresentano una visualizzazione semplificata dei dati. La levigatura di Loess è un metodo di regressione locale che serve a ridurre il rumore a breve termine e a evidenziare i trend sottostanti nei dati. Una finestra di mezza ampiezza di 500 anni è stata utilizzata per questa levigatura, fornendo una vista di lungo termine delle variazioni climatiche.
  • Ombreggiature: Indicano l’intervallo di incertezza associato alle ricostruzioni, basato su 1000 ri-campionamenti bootstrap. Questo metodo fornisce una stima della variabilità e dell’affidabilità delle ricostruzioni.

La comparazione di queste ricostruzioni è cruciale per la paleoclimatologia e gli studi di paleoecologia perché consente di valutare la coerenza tra differenti approcci analitici e set di dati. Differenze nei metodi di raccolta dei dati, nelle tecniche di analisi e nei modelli di calibrazione possono portare a variazioni nei risultati, e confrontare tali risultati è essenziale per identificare la fiducia che si può avere nelle ricostruzioni climatiche e per rafforzare la comprensione delle tendenze climatiche passate.

5 Conclusioni

Abbiamo ricostruito i cambiamenti nelle temperature stagionali e nell’umidità disponibile alle piante dal 12,3 ka fino al presente da 71 siti appartenenti al dominio EMBSeCBIO, al fine di esaminare i cambiamenti climatici regionali della regione del Mediterraneo orientale. Abbiamo riscontrato che esistono tendenze coerenti a livello regionale per queste variabili. L’ampio incremento delle temperature estive e invernali durante l’inizio dell’Olocene avviene in modo significativamente post-datato rispetto al riscaldamento osservato in altre aree alla conclusione del Younger Dryas, supportando l’ipotesi che l’impatto del Younger Dryas nella regione EMBSeCBIO sia stato mitigato. I cambiamenti successivi nelle temperature invernali sono in linea con la risposta prevista ai cambiamenti dell’insolazione. Il picco del riscaldamento estivo si è verificato più tardi del previsto a causa dei cambiamenti dell’insolazione e, probabilmente, riflette almeno in parte l’influenza dei ghiacciai residui Laurentide e Fennoscandiano sul clima regionale. Si registra un rapido incremento dell’umidità disponibile per le piante tra 11 e 10 ka, che potrebbe aver favorito l’adozione dell’agricoltura nella regione.

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