RIASSUNTO
Comprendere la variabilità climatica dell’Olocene è cruciale per prevedere i cambiamenti climatici futuri, che influenzeranno in modo sproporzionato le regioni ad alta latitudine. Le ricostruzioni delle temperature estive (Testate) nel nord della Finlandia derivano principalmente dai dati sui microfossili. Abbiamo ricostruito la Testate per il periodo 10-1 cal ka BP utilizzando i tetraeteri di glicerolo dialchil glicerolo ramificato (brGDGT) da un campione di sedimenti del Lago Annan Juomusjärvi (AJU) nel nord della Finlandia. La ricostruzione evidenzia condizioni iniziali fredde dell’Olocene, circa 2 °C inferiori alla media a lungo termine (definita dagli ultimi 8.5 kyr), seguite da un riscaldamento costante fino a un massimo termico intorno a ~7.0 cal ka BP. Il clima rimane relativamente stabile (circa 0.5 °C sopra la media a lungo termine) dal 7.0 al 3.5 cal ka BP, per poi mostrare una tendenza al raffreddamento a lungo termine (−0.1 °C⋅kyr−1) a partire dal 3.5 cal ka BP. Questa cronologia delle temperature è sorprendentemente ben confermata dalla vicina ricostruzione delle temperature di luglio basata sui pollini del Lago Loitsana. Tuttavia, i dati sui chironomidi e sui macrofossili del Lago Loitsana indicano un massimo termico molto più precoce, intorno ai 10 cal ka BP. Il confronto tra i record di chironomidi e pollini dell’intera Fennoscandia settentrionale conferma che questa discrepanza temporale sul picco di calore dell’Olocene è un fenomeno su scala regionale. Studi precedenti avevano ipotizzato che le interferenze non climatiche in alcuni record di polline, dovute a una sovrarappresentazione locale di certi tipi di polline nell’Olocene precoce e medio, potessero creare un ritardo artificiale nel massimo termico. Tuttavia, i brGDGT non sono influenzati dalla flora terrestre e confermano un massimo termico dell’Olocene medio, mettendo in discussione l’idea che i record di polline tendano generalmente a rappresentare in modo errato la storia climatica dell’Olocene. In alternativa, i bias specifici del proxy legati all’ambiente o alla stagionalità media potrebbero spiegare le discrepanze temporali sul picco di calore. L’ulteriore diversificazione della rete di proxy contribuirà a migliorare la comprensione delle differenze tra i proxy e a affinare la conoscenza del clima dell’Olocene nella Fennoscandia settentrionale.
1. Introduzione
L’epoca dell’Olocene, che copre gli ultimi 11.700 anni, fornisce preziose informazioni sulla variazione climatica naturale durante l’attuale periodo interglaciale e aiuta a contestualizzare l’impatto delle attività umane sul sistema climatico. Il riscaldamento recente nell’Artico, che è fino a quattro volte superiore alla media globale (Rantanen et al., 2022), assume un’importanza storica significativa. Vi è un crescente consenso sul fatto che, in alcune aree, questo riscaldamento stia diventando sempre più rilevante nel contesto dell’Olocene (Kaniewski et al., 2020; Marcott et al., 2013; Marsicek et al., 2018; Porter et al., 2019; Ruddiman et al., 2016). Si pensa che il potenziamento dei feedback positivi, come i cambiamenti nell’albedo superficiale dovuti alla vegetazione crescente della tundra e alla migrazione verso nord della linea degli alberi (Webb et al., 2021), possa amplificare il riscaldamento nelle regioni ad alta latitudine (England et al., 2021; Previdi et al., 2021; Serreze e Barry, 2011). Inoltre, l’entità del riscaldamento è eterogenea a livello spaziale, in gran parte a causa dei processi accoppiati tra clima e ghiaccio marino, con un maggiore potenziale di riscaldamento amplificato in aree vicino ai mari del nord della Russia e della Fennoscandia settentrionale (Huang et al., 2017; Previdi et al., 2021). Queste aree richiedono un’attenzione particolare per meglio comprendere la dinamica climatica ad alta latitudine e prevedere l’aspetto degli ambienti futuri.
La Fennoscandia settentrionale offre una straordinaria opportunità per studiare le condizioni climatiche dell’Olocene, grazie all’alta abbondanza di laghi contenenti sedimenti risalenti all’inizio dell’Olocene (Kaufman et al., 2020). Dai nuclei sedimentari lacustri di questa regione sono state sviluppate oltre 30 ricostruzioni indipendenti della temperatura, coprendo gli ultimi 9-11 mila anni (Fig. 1). Queste ricostruzioni si basano su tre principali tipi di proxy: polline (n=16), chironomidi (n=11) e diatomee (n=4; Fig. 1; Kaufman et al., 2020). Anche la presenza di macrofossili di piante acquatiche e palustri nei sedimenti lacustri della Fennoscandia (n=5, non mostrati) è stata utilizzata come indicatore delle temperature dell’Olocene precoce (11.7–7.5 cal ka BP; Shala et al., 2017; Väliranta et al., 2015). A livello globale, questi stessi record proxy sono stati impiegati per definire la temperatura media annuale globale (Kaufman et al., 2020; Kaufman e Broadman, 2023), ma nella Fennoscandia settentrionale vengono interpretati come indicatori delle temperature di luglio (Autio e Hicks, 2004; Bigler e Hall, 2003; Larocque e Hall, 2004; Väliranta et al., 2015). Nonostante questo allineamento presunto alla stagionalità di mezza estate, il picco di calore olocenico nelle ricostruzioni basate sui pollini in Fennoscandia si verifica a metà Olocene, intorno ai 6–7 cal ka BP, circa 3 mila anni dopo il picco delle temperature oloceniche osservate nella maggior parte delle ricostruzioni basate su chironomidi e macrofossili nella regione (es. Shala et al., 2017; Väliranta et al., 2015).
Un migliore allineamento tra il picco di insolazione di giugno e le stime di temperatura di luglio basate su chironomidi e macrofossili è stato utilizzato come prova a sostegno di un massimo termico dell’Olocene precoce in questa regione (ad esempio, Shala et al., 2017). L’incapacità apparente delle ricostruzioni di temperatura basate sui pollini di registrare il calore massimo dell’Olocene precoce è stata attribuita a interferenze locali (su scala del bacino idrografico) causate dalla sovrarappresentazione di alcuni tipi di polline (ad esempio, Väliranta et al., 2015). Tuttavia, restano inesplorate altre possibili spiegazioni, come le differenze stagionali specifiche dei singoli proxy. L’impiego di paleotermometri indipendenti è essenziale per ampliare la nostra conoscenza della storia climatica dell’Olocene in Fennoscandia e per aiutare a chiarire le potenziali cause delle discrepanze tra i vari proxy.
Stiamo ricostruendo le temperature che coprono gran parte dell’Olocene, da circa 10.000 a 1.000 anni prima del presente, utilizzando un nuovo proxy di temperatura estiva per questa regione, i tetraeteri di glicerolo dialchil glicerolo ramificato (brGDGT), ottenuti da un nucleo sedimentario lacustre nel nord della Finlandia. Questa è la prima volta che questo proxy viene utilizzato per la ricostruzione climatica dell’Olocene nel nord della Fennoscandia. I brGDGT sono lipidi di membrana sintetizzati da batteri (Chen et al., 2022; Halamka et al., 2022; Sinninghe Damsté et al., 2011, 2018; Weijers et al., 2006) in una vasta gamma di ambienti terrestri e acquatici, come torbiere, suoli, laghi e fiumi (Raberg et al., 2022a,b). L’abbondanza relativa dei diversi tipi di brGDGT è influenzata da condizioni ambientali quali la chimica dell’acqua e la temperatura locale, permettendo così di stimare le variabili climatiche e ambientali passate a partire dagli assemblaggi fossili di brGDGT conservati nel record geologico (ad esempio, De Jonge et al., 2014; Otiniano et al., 2023; Raberg et al., 2021; Weijers et al., 2007; Zhao et al., 2021). Nelle regioni ad alta latitudine, la sensibilità alla temperatura dei brGDGT lacustri è calibrata sulle condizioni medie della stagione calda, quantificate dalla media delle temperature mensili sopra lo zero (MAF; Martínez-Sosa et al., 2021; Naafs et al., 2017; Otiniano et al., 2023; Raberg et al., 2021), offrendo così l’opportunità di ricostruire la variabilità della MAF in Fennoscandia durante l’Olocene. Questo proxy offre una risposta stagionale più ampia rispetto agli altri principali proxy di temperatura di luglio della regione – polline, chironomidi, diatomee e macrofossili – fornendo quindi una nuova prospettiva sulla storia del clima della stagione calda in Fennoscandia.
2. Metodi
Il nostro lago di studio, il Lago Annan Juomusjärvi (AJU, situato a 69.254°N, 27.406°E, a 195 metri sul livello del mare), si trova nell’area del bacino del Lago Jankajärvi, nel comune di Inari, nel nord della Finlandia (Fig. 1). Il lago AJU copre un’area superficiale di 0,066 km², ha una profondità massima di 6 metri ed è alimentato probabilmente da falde acquifere attraverso un esker situato lungo il suo margine occidentale e in superficie da più canali. L’area del bacino è circondata da un sistema di esker a ovest e coperta da foreste di pino silvestre (Pinus sylvestris) e betulla pubescente (Betula pubescens ssp. czerepanovii) su suoli sabbiosi. La stazione climatica più vicina, Inari Vayla, si trova circa 20 km a est dell’area di studio. La temperatura media annuale (MAT), registrata dal 1991 al 2020, è di −0,5 °C. Da maggio a settembre, le temperature medie mensili rimangono al di sopra dello 0 °C, con una temperatura media delle massime (MAF) di 9,1 °C. Non disponiamo di dati sulle precipitazioni dalla stazione climatica di Inari Vayla, ma i dati provenienti dalla stazione climatica di Inari Kaamanen, 10 km a sud-ovest del lago AJU, indicano una precipitazione media annuale di 459 mm.
Nel marzo 2017 è stato raccolto un nucleo di sedimenti lungo 1,25 metri dal lago AJU utilizzando un carotiere a pistone di tipo Livingstone (diametro del nucleo 4,5 cm). Adiacente al nucleo a pistone, è stato prelevato un nucleo superficiale che preservava gli strati di sedimento all’interfaccia acqua-sedimento, utilizzando un carotiere gravitazionale HTH Kajak (Renberg e Hansson, 2008). Durante la stagione di crescita nell’agosto 2018, sono stati raccolti suoli superficiali (n = 19) dall’area del bacino, oltre a tappeti algali bentonici dal lago AJU (n = 1) e da un secondo lago vicino (n = 4). Il lungo nucleo di sedimenti ottenuto con il carotiere a pistone è stato suddiviso con una risoluzione di 1 cm, ottenendo 125 campioni. Un record olocenico di GDGT è stato sviluppato esclusivamente dai materiali del nucleo Livingstone a partire da profondità maggiori di 15 cm. I campioni di sedimenti del lago e del suolo sono stati poi liofilizzati e successivamente trattati per l’estrazione dei lipidi.
Abbiamo sviluppato un modello di età per il nucleo sedimentario del Lago AJU, utilizzando come riferimento l’anno di campionamento, il 2017 d.C., per la superficie, e le date di radiocarbonio AMS ottenute da 10 macrofossili vegetali e 3 campioni di sedimenti grezzi del nucleo lungo. Le misurazioni del radiocarbonio sono state effettuate presso il Laboratorio di Radiocarbonio di Poznań. La cronologia è stata definita attraverso una modellazione bayesiana dell’età in funzione della profondità, utilizzando la curva di calibrazione IntCal20 e parametri predefiniti.
Il nucleo superficiale è stato datato presso il Laboratorio di Radioattività Ambientale dell’Università di Liverpool, utilizzando le misurazioni del piombo-210 e del cesio-137. Un cambiamento rapido nella concentrazione del piombo-210 non supportato a circa 17 cm di profondità nel record indica un tasso di sedimentazione notevolmente inferiore sotto questo strato, in accordo con il profilo età-profondità del nucleo lungo. Tuttavia, il brusco cambiamento nelle concentrazioni di piombo-210 supportato a 17 cm nel nucleo superficiale suggerisce anche la possibile presenza di un’interruzione nel record dei sedimenti. A causa dell’assenza di punti di riferimento sedimentologici visivi chiari tra i nuclei superficiale e lungo, non abbiamo incluso le stime di età del piombo-210 e del cesio-137 del nucleo superficiale nel modello di età del nucleo lungo.
Circa 4 g di sedimenti lacustri liofilizzati per ogni incremento di 1 cm sono stati utilizzati per l’analisi lipidica. Le procedure per la raccolta dell’estratto lipidico totale, la purificazione dei composti di interesse e la quantificazione dei brGDGT sono state seguite come descritto in precedenti studi. L’analisi dei dati grezzi e l’integrazione dei picchi sono state effettuate utilizzando il software Analyst 1.7.2.
I dati relativi ai GDGT sono stati analizzati utilizzando Python, con l’ausilio dei pacchetti Pandas, Numpy, Pyleoclim e Cartopy. Questi strumenti hanno permesso di gestire e analizzare complessi set di dati biogeochimici, offrendo una comprensione dettagliata delle variazioni climatiche registrate nei sedimenti del lago.
La Figura 1 si presenta in due parti principali. La prima parte (a) è una mappa che mostra la posizione di due punti chiave nel nord della Fennoscandia: la stazione climatica di Utsjoki Kevo e il lago AJU, quest’ultimo segnato da una stella. La mappa evidenzia anche la localizzazione di altre ricostruzioni della temperatura paleoclimatica nell’area, ciascuna rappresentata da cerchi colorati che simboleggiano diversi tipi di proxy climatici: i chironomidi sono segnalati con cerchi rossi, il polline con cerchi verdi e le diatomee con cerchi viola. La quantità di siti in cui sono stati utilizzati questi proxy è indicata tra parentesi accanto a ciascun simbolo colorato.
La seconda parte (b) è un grafico a barre che visualizza l’intervallo temporale coperto da ogni record paleoclimatico indicato sulla mappa. Ogni barra verticale rappresenta un record, e il colore della barra corrisponde al tipo di proxy utilizzato, coerente con i colori mostrati nella mappa. L’altezza di ciascuna barra indica l’arco di tempo, in migliaia di anni prima del presente (cal ka BP), che il record paleoclimatico copre. L’area grigia nel grafico rappresenta il periodo che va da 8.2 cal ka BP a oggi, il quale è stato usato come punto di riferimento comune per la maggior parte dei record per standardizzare le ricostruzioni e permettere un confronto omogeneo.
2.1. Inferire le condizioni ambientali dalle distribuzioni dei brGDGT
Le strutture dei brGDGT sono variabili, contenendo fino a due moietà di ciclopentano e tra quattro e sei gruppi metilici. Inoltre, i brGDGT con cinque e sei metilazioni includono diversi isomeri, che differiscono tra loro per la posizione dei gruppi metilici. La sensibilità di questi composti alla temperatura è tipicamente indicata dal grado di metilazione dei tetraeteri ramificati.
Esistono metodi alternativi per determinare le temperature a partire dalle distribuzioni dei brGDGT, come le regressioni multilineari basate sulle abbondanze frazionali di questi composti. In particolare, nei laghi ad alta latitudine, si considera l’abbondanza frazionale del brGDGT tipo IIIa.
Nei laghi di medie e alte latitudini, i brGDGT tendono a mostrare una sensibilità accentuata durante la stagione calda, probabilmente a causa di un’intensificazione dell’attività biologica in questo periodo. Questo fenomeno è anche influenzato dallo strato di ghiaccio che isola l’acqua del lago dall’aria circostante, modificando così il rapporto tra la temperatura dell’acqua e quella dell’aria. Tale predisposizione è confermata dall’aumento delle concentrazioni di brGDGT nei mesi estivi osservato nei laghi di queste latitudini. La sensibilità di questi indicatori a temperatura e condizioni ambientali varia a seconda dell’ambiente di deposizione e delle condizioni ecologiche, che influenzano la composizione della comunità batterica locale.
La validità delle stime di temperatura basate sui brGDGT dipende dunque da calibrazioni accuratamente adattate alle specifiche condizioni ambientali. Nei suoli, per esempio, la validità di tali stime può essere dedotta dal rapporto di isomerizzazione, che misura la proporzione di brGDGT metilati in posizione 5, più sensibili alla temperatura, rispetto a quelli metilati in posizione 6, meno sensibili. In modo simile, l’isomerizzazione dei tetraeteri ramificati offre ulteriori dettagli sul rapporto tra i brGDGT non ciclizzati metilati in posizione 6 rispetto a quelli in posizione 5.
Le condizioni ambientali possono essere dedotte attraverso alcuni indici che misurano la ciclizzazione dei tetraeteri ramificati, i quali mostrano una buona correlazione con il pH e la conducibilità negli ambienti lacustri. Un ulteriore approfondimento sui cambiamenti ambientali è offerto dall’analisi del rapporto tra tetraeteri ramificati e tetraeteri isoprenoidali, un indicatore che ha rivelato variazioni nella posizione dell’ossicline e nel contenuto di umidità del suolo.
L’efficacia di utilizzare i brGDGT per la paleotermometria in questa regione è corroborata dal loro impiego in aree vicine come l’Islanda, oltre che da un’analisi globale che includeva campioni di GDGT lacustri provenienti dalla Finlandia. Questa analisi ha evidenziato una marcata dipendenza della temperatura da un indice antecedente, che non distingueva tra gli isomeri dei brGDGT metilati in posizione 5 e 6. Recenti studi hanno tuttavia sottolineato l’importanza di differenziare questi isomeri per applicazioni paleoclimatiche, una pratica resa possibile solo recentemente con i progressi tecnologici nella cromatografia.
In questo studio, le temperature vengono stimate dai dati dei brGDGT del Lago AJU attraverso lo sviluppo di nuove funzioni di trasferimento temperatura-brGDGT specifiche per le alte latitudini. Analisi che raggruppano i dati suggeriscono che la sensibilità alla temperatura dei brGDGT lacustri delle alte latitudini è condivisa anche da alcuni laghi di media latitudine. È importante notare che questa sensibilità alla temperatura presenta variazioni legate alla latitudine. Inoltre, la reattività dei brGDGT lacustri alle variazioni di temperatura può differire a livello regionale e subregionale e può essere influenzata da limitazioni stagionali come la durata del ghiaccio lacustre, che è a sua volta dipendente dalla latitudine.
Per le applicazioni di paleotermometria basate sui brGDGT, è essenziale disporre di set di dati di calibrazione adeguati all’ambiente. In Fennoscandia, dove mancano dati sui brGDGT lacustri moderni, abbiamo sviluppato delle funzioni di trasferimento della temperatura utilizzando una rete di 117 campioni lacustri moderni situati a latitudini elevate (superiori ai 55°N). Questi campioni, che si estendono da 57.2 a 72.6°N e da 14.6 a 161.1°W, sono stati impiegati per dedurre la storia delle temperature locali dell’Olocene.
Abbiamo utilizzato i dati di rianalisi della temperatura dell’aria a 2 metri ERA5, con una risoluzione spaziale di 0.25° per 0.25°, per definire i valori di Media delle Temperature Massime (MAF) per ogni sito. Le funzioni di trasferimento che correlano gli indici MBT’5Me e IIIa con la MAF sono state calibrate mediante regressione ai minimi quadrati ordinari. Inoltre, è stato sviluppato un modello multilineare per la stima della MAF, includendo tutte le frazioni di brGDGT che mostrano una correlazione significativa con la MAF, secondo quanto riportato in letteratura recente.
A causa del numero limitato di campioni disponibili per sviluppare un modello di regressione temperatura-brGDGT specifico per le alte latitudini, l’errore quadratico medio (RMSE) è stato calcolato impiegando la validazione incrociata K-Fold, con configurazioni di 3, 5 e 10 gruppi. Questo approccio aiuta a garantire la robustezza e l’affidabilità delle nostre stime di temperatura.
2.2. Compilazione dei Record Proxy
Il confronto tra i dati riportati in questo studio e le ricostruzioni climatiche dell’Olocene precedentemente pubblicate è complicato dalla frequenza di campionamento irregolare e non uniforme dei record ricostruiti indipendentemente. Questo problema impedisce l’applicazione dei test di correlazione convenzionali. Anche se è possibile eguagliare artificialmente la dimensione e la frequenza dei campioni attraverso l’interpolazione, tale approccio può introdurre distorsioni nelle analisi spettrali, complicando ulteriormente i tentativi di valutare la sincronicità tra i diversi record, come evidenziato da studi precedenti.
Nel presente studio, abbiamo raccolto dati indipendenti sul clima olocenico dal dataset Temperature-12 K e da altre ricerche, organizzandoli per tipo di proxy, come polline, diatomee e chironomidi. Questi dati sono stati poi aggregati calcolando la media dei record in intervalli di 400 anni, al fine di produrre tre record mediati del clima olocenico nella Fennoscandia settentrionale. Prima di procedere con questa aggregazione, abbiamo calcolato le anomalie di temperatura per ogni record rispetto alla temperatura media del periodo che va da 8.5 ka cal BP fino ai giorni nostri, che è un intervallo comune per la maggior parte dei record disponibili. Un record specifico di polline, che copre il periodo da 2.0 a 12.0 ka cal BP, presenta temperature anomale calcolate rispetto alla media del periodo da 2.0 a 8.5 ka cal BP. Altri record di chironomidi e polline, che non coprono l’intero arco fino a 8.5 kyr, sono stati analizzati rispetto alla media del loro record completo. Abbiamo anche confrontato questi record proxy con le curve di insolazione mensile, espressamente riferite ai valori attuali, per ottenere ulteriori confronti e correlazioni.
2.3. Provenienza dei brGDGT
Prima di poter ricostruire le condizioni ambientali o climatiche del lago AJU, è essenziale stabilire l’origine dei brGDGT, che possono derivare sia dalla produzione in situ sia dal contributo di materia organica terrestre, come i suoli. La sensibilità ambientale dei brGDGT varia a seconda dell’ambiente di deposizione, rendendo complessa l’identificazione della loro provenienza, dato che ambienti diversi possono produrre distribuzioni simili. Non esiste un metodo universale per differenziare le fonti di brGDGT, ma studi precedenti hanno sviluppato approcci specifici per sito che sfruttano le differenze osservate nelle proporzioni di GDGT tra vari ambienti di deposizione e tramite il confronto di lipidi polari intatti. Recentemente, sono stati anche impiegati metodi di apprendimento automatico per determinare la provenienza degli assemblaggi di brGDGT, anche se questi metodi potrebbero non essere ancora pienamente efficaci per ambienti ad alta latitudine, come indicato dalla classificazione dei brGDGT del lago AJU come marini dall’algoritmo BIGMaC. In questo studio, l’origine dei brGDGT nel lago AJU è analizzata confrontando gli indici DC’, MBT’5Me, IR, IBT, CBT’ e BIT di campioni moderni di suolo, sedimento lacustre e campioni superficiali del nucleo.
3. Risultati e discussione
3.1. Fonti di biomarcatori e sensibilità
Nella Lapponia finlandese, le differenze tra gli assemblaggi di GDGT terrestri moderni e quelli lacustri sono evidenti quando confrontiamo le abbondanze e gli indici di GDGT di campioni di suolo moderni con quelli provenienti da ambienti lacustri, come tappeti algali e sedimenti. Le distribuzioni di brGDGT nei suoli, nei tappeti algali e nei sedimenti superficiali del lago AJU sono principalmente composte da Ia, IIa, IIIa. Tuttavia, l’abbondanza relativa di questi brGDGT nei tappeti algali e nei sedimenti superficiali è più simile tra loro rispetto ai suoli, suggerendo che i brGDGT conservati nel record sedimentario del lago AJU hanno una provenienza limnologica.
Sono state osservate differenze significative nelle distribuzioni di brGDGT tra suoli e biofilm, particolarmente nell’indice IR, che ha mostrato differenze statisticamente significative. Questo indice è stato utilizzato in passato per distinguere tra ambienti produttori di brGDGT terrestri e lacustri in Cina. Inoltre, l’utilizzo combinato degli indici DC′ e MBT’5Me ha aiutato a distinguere tra diverse fonti di brGDGT. Applicando questa metodologia ai valori di DC′ e MBT’5Me di suoli e biofilm della regione del lago AJU, si è notato un raggruppamento distinto dei due gruppi.
Si presume che la produzione predominante sia in situ, poiché la parte superiore del nucleo sedimentario, più recente, mostra una maggiore affinità con i valori dei biofilm bentonici del lago AJU, mentre la parte inferiore, più antica, si allinea con i valori osservati in altri laghi ad alta latitudine. È importante sottolineare, tuttavia, che la distribuzione dei brGDGT nei laghi moderni della Fennoscandia in relazione a questi indici non è ancora ben conosciuta e saranno necessari ulteriori studi per confermare l’efficacia di questo metodo di confronto.
Infine, i valori di DC′ e MBT’5Me nei sedimenti del nucleo del lago AJU mostrano una correlazione lineare con l’età, suggerendo che riflettano più un cambiamento climatico che una variazione nella fonte dei brGDGT. Le condizioni più fredde sono associate a valori più bassi di MBT’5Me e a una minore abbondanza di Ia, risultando in valori più elevati di DC′. Questa transizione da condizioni più fredde a più calde nel tempo spiega la tendenza lineare osservata in questi indici.
I valori degli indici CBT’ e IBT, ottenuti dai campioni di suolo locali e dai biofilm bentonici del lago AJU, mostrano significative differenze. Questi due indici sono indicatori del rapporto tra gli isomeri di brGDGT metilati in posizione 6 rispetto a quelli in posizione 5. Anche se non è chiaro quale fattore influenzi il cambiamento nelle proporzioni di questi isomeri, le distinte differenze nei valori degli indici tra i suoli e i biofilm bentonici suggeriscono che i brGDGT presenti nel record del lago AJU probabilmente derivano dall’ambiente lacustre.
Il record dei GDGT del lago AJU mostra valori dell’indice BIT quasi costanti nel tempo, indicando un cambiamento minimo nella proporzione dei brGDGT e del crenarchaeol. Questo dato è importante perché l’indice BIT è influenzato da diversi fattori, tra cui la posizione dell’ossicline, le precipitazioni e l’origine dei GDGT stessi. Tuttavia, data la costanza dei valori BIT nel lungo periodo, interpretiamo questo come segno che il lago AJU ha mantenuto una notevole stabilità geo-chimica e idrologica per tutto l’Olocene.
La Figura 2 mostra una serie di grafici che rappresentano il profilo temporale di vari indici chimici estratti dai campioni di suolo locale, biofilm bentonico e dal lago AJU. Questi dati si estendono per un arco di tempo che va da 10.000 anni fa fino al presente, offrendo una visione approfondita dell’ambiente e del clima passati della regione.
Partendo dall’alto, il primo grafico mostra l’indice BIT, seguito dall’IR, CBT’, DC’, IBT e infine l’MBT’5Me. Ogni grafico rappresenta le misurazioni con una linea blu scuro per il lago AJU e dei punti per i suoli (in rosso) e i biofilm bentonici (in blu), permettendo un confronto visivo immediato tra le fonti diverse.
L’area ombreggiata che accompagna la linea del lago AJU rappresenta la gamma di incertezza, specificamente l’intervallo di due deviazioni standard (2σ), che fornisce un’idea della variabilità o dell’affidabilità delle misurazioni del lago.
L’analisi di questi grafici può aiutarci a capire come gli indici si differenziano tra campioni terrestri e lacustri e come questi possono variare nel corso del tempo. Per esempio, la stabilità dell’indice BIT nei dati del lago potrebbe indicare una sorgente costante di GDGT, mentre le fluttuazioni negli altri indici possono segnalare cambiamenti nella produzione biologica o nelle condizioni ambientali attraverso l’Olocene.
La Figura 3 mostra una mappa di calore che illustra come la composizione dei biomarcatori, specificatamente i brGDGT e il crenarcheol, si è evoluta nel tempo nel nucleo sedimentario del lago AJU. Ogni riga orizzontale del grafico rappresenta un tipo differente di brGDGT o il crenarcheol, con le varie tipologie elencate sulla sinistra, come Ia, Ib, fino ad arrivare al crenarcheol etichettato come “Cren”.
La mappa utilizza una gamma di colori che va dal blu al giallo per rappresentare l’abbondanza relativa: il blu sta per concentrazioni più basse, mentre il giallo sta per concentrazioni più alte. Questa variazione cromatica permette di osservare facilmente le fluttuazioni nell’abbondanza relativa dei biomarcatori nel corso di 10.000 anni, dalla sinistra del grafico che indica il passato più remoto (10 ka BP) fino alla destra che rappresenta tempi più prossimi al presente (1 ka BP).
Il grafico fornisce quindi una visione diretta di come gli eventi climatici e ambientali, che hanno avuto luogo durante l’ultimo periodo dell’Olocene, abbiano influenzato la vita microbica nel lago AJU, come rivelato dalle variazioni nella prevalenza di questi indicatori chimici nei sedimenti del lago.
3.2 Una funzione di trasferimento brGDGT-MAF per laghi ad alta latitudine
La raccolta di assemblaggi brGDGT provenienti da laghi situati in regioni di alta latitudine mostra una notevole sensibilità alla temperatura degli indici MBT’5Me e IIIafa rispetto a MAF. La calibrazione basata su questi indici, realizzata attraverso una rete di siti ad alta latitudine, evidenzia un livello di variabilità maggiore rispetto a studi precedenti effettuati in una rete più limitata di siti nordamericani. Questa calibrazione supera anche l’accuratezza del recente modello globale basato su calcoli Bayesiani.
Parallelamente, utilizzando un dataset ampliato di alta latitudine, l’indice IIIafa mostra di spiegare una variazione maggiore in MAF rispetto alla sola rete nordamericana ad alta latitudine.
Un ulteriore approfondimento mediante regressione multilineare sulle abbondanze frazionali dei brGDGT rispetto a MAF rivela relazioni significative. Un modello di regressione che considera queste frazioni come predittori di MAF risulta essere superiore a tutti i precedenti modelli brGDGT-MAF discussi, sia quelli specifici per l’America del Nord ad alta latitudine sia quelli a livello globale. Inoltre, supera un modello di abbondanza frazionale multilineare che includeva brGDGT lacustri da diverse regioni quali Canada orientale, Islanda, Europa Centrale, Africa Orientale e Cina.
L’accuratezza superiore osservata nella funzione di trasferimento dei brGDGT lacustri ad alta latitudine, rispetto al modello globale, è attribuibile all’intervallo più ristretto di condizioni ambientali e fluttuazioni di temperatura caratteristici dell’ambiente ad alta latitudine. Questo approccio unico suggerisce che la sensibilità alla temperatura dei brGDGT può variare significativamente in base alla regione geografica. La minore accuratezza della funzione di trasferimento dell’alta latitudine occidentale nordamericana può essere spiegata dalla maggiore variabilità delle temperature in un intervallo più ristretto e dalla minor dimensione del campione usato in quella specifica analisi.
Per quanto riguarda le stime del paleoclima basate sui record dei brGDGT del Lago AJU, si sceglie di applicare la calibrazione MLfa a causa delle sue prestazioni superiori rispetto ad altre, evidenziate da una copertura estesa di siti ad alta latitudine e da un errore di previsione minore. Nonostante l’assenza dei primi 15 cm del nucleo di sedimenti del lago AJU precluda un confronto diretto tra i valori di MAF attuali e quelli stimati dal record dei brGDGT, i valori stimati da un biofilm bentonico nel lago si avvicinano molto ai valori di MAF moderni, supportando l’uso del modello MLfa in questa regione.
È essenziale riconoscere che le temperature medie mensili sono cambiate significativamente durante l’Olocene, modificando così l’intervallo dei mesi inclusi nella variabile MAF tra periodi più caldi e più freddi. Ad esempio, durante l’inizio dell’Olocene, periodi più freddi come aprile e ottobre potrebbero aver visto una ridotta produzione di brGDGT. Tuttavia, l’effetto di questa variazione è probabilmente limitato, dato che la produzione di brGDGT lacustri continua anche in regioni con temperature invernali al di sotto dello zero. Normalizzare le stime di MAF derivanti dai brGDGT negli ultimi 8,5 mila anni consente di ottenere un record relativo del cambiamento di MAF, facilitando i confronti tra diversi tipi di record climatici. Ricerche future che mirano a definire la produzione stagionale dei brGDGT in questa regione potrebbero chiarire ulteriormente come le variazioni delle temperature mensili influenzino le ricostruzioni climatiche basate sui brGDGT durante periodi climatici alternatamente freddi e caldi in Fennoscandia.
La Figura 4 presenta un grafico a dispersione che mette in relazione due indici geochimici presi da diversi campioni ambientali, con l’intento di esplorare la storia climatica di una regione ad alta latitudine. I diamanti colorati rappresentano i biofilm bentonici del Lago AJU, con ogni colore che indica un’età diversa, da circa 2000 a 10000 anni fa. I cerchi rossi mostrano i dati provenienti dai suoli locali, mentre i cerchi gialli rappresentano campioni prelevati dalle carote di sedimenti del lago AJU. Le croci nere, infine, sono i dati di sedimenti lacustri moderni provenienti da una serie di siti lacustri circumpolari ad alta latitudine.
Il grafico è organizzato in modo tale da mostrare la relazione tra la connessività dei brGDGTs (asse orizzontale) e la loro relativa temperatura di formazione stimata (asse verticale), offrendo una finestra sulle condizioni climatiche passate basate sui composti chimici trovati nei sedimenti del lago. Attraverso questa analisi, gli scienziati possono dedurre le variazioni climatiche nella regione, distinguendo i segnali derivati dai diversi tipi di depositi e compiendo passi avanti nella comprensione delle temperature del passato e, di conseguenza, del clima storico della Terra.
la Figura 5 è suddivisa in due parti distinte che insieme offrono un quadro dell’efficacia di vari modelli di calibrazione climatica.
Nella parte superiore, abbiamo cinque grafici che mettono a confronto le temperature stimate con quelle effettive di congelamento annuale (MAF) attraverso diversi modelli di calibrazione. Questi modelli sono stati creati utilizzando dati storici raccolti da diversi studi per predire il MAF, un indice che misura il periodo medio di congelamento ogni anno. Ogni grafico ha un coefficiente di determinazione (R²) che indica quanto il modello si adatti ai dati reali, e un errore quadratico medio (RMSE) che ci dice quanto siano accurate le previsioni del modello: più alto è R² e più basso è RMSE, più affidabile è il modello. Diversi modelli hanno successo diverso nel replicare i dati reali, con il modello MLfa di questo studio (Equazione 9) che mostra le prestazioni più robuste.
Nella parte inferiore, la mappa evidenzia i siti lacustri ad alta latitudine utilizzati per calibrare i modelli di temperatura. Ogni punto sulla mappa corrisponde a una località di uno studio specifico, offrendo una vista d’insieme della distribuzione geografica degli studi. Il Lago AJU è particolarmente messo in evidenza come un sito chiave nello studio corrente.
Insieme, queste due sezioni illustrano non solo l’accuratezza delle previsioni di temperatura storica, ma anche la vasta portata geografica dei dati raccolti per affinare e testare questi modelli. La mappa fornisce un contesto geografico vitale che aiuta a capire la portata degli studi, mentre i grafici quantificano l’efficacia di ciascun approccio nella ricostruzione del clima passato.
3.3. Ricostruzione della Temperatura Basata sui brGDGT
La ricostruzione della temperatura del Lago AJU, basata sui composti brGDGT, documenta un arco temporale che va dai 10.000 ai 1.000 anni avanti Cristo. Questa serie di dati è una delle poche a ricostruire il clima della Fennoscandia fino a 10.000 anni fa. Tale ricostruzione evidenzia anomalie termiche di circa -1.8 °C tra i 10.000 e i 9.900 anni fa, periodo che si sovrappone al ritiro del Ghiacciaio Scandinavo verso le montagne della Scandinavia. Nonostante il ritiro, il ghiacciaio ha continuato a influenzare significativamente l’equilibrio energetico della regione fino a circa 9.700 anni fa, agendo da tampone per le temperature regionali. La sua presenza ha ridotto l’energia superficiale nella regione, facendo sì che le aree più settentrionali, più vicine al ghiacciaio, avessero sentito maggiormente gli effetti del raffreddamento rispetto a quelle più meridionali.
Nel periodo che va da 9.500 a 6.000 anni fa, la ricostruzione mostra un riscaldamento progressivo verso il medio Olocene a un ritmo di circa 0.8 °C ogni mille anni. Questa tendenza al riscaldamento è in linea con i dati di una ricostruzione termica ottenuta dai pollini del Lago Loitsana, che si trova a 107 km a sudest del Lago AJU. In diverse registrazioni del continente nord-europeo, il momento di massimo calore dell’Olocene arriva con un ritardo di millenni rispetto al picco di insolazione estiva di giugno, un fenomeno che è stato attribuito all’influenza residua del ghiacciaio Laurentide, il quale ha modulato gli effetti dell’albedo e ha contribuito a modificare la circolazione atlantica e il clima conseguente.
Questo massimo termico ritardato, che si accorda con il medio Olocene, potrebbe essere il risultato di vari fattori, tra cui le variazioni dell’insolazione di fine estate, meccanismi di feedback positivi legati alla diminuzione dell’albedo per il progressivo spostamento verso nord della linea degli alberi su terreni precedentemente coperti dai ghiacci, e l’apporto di acque relativamente calde dell’Atlantico nel Mare di Barents. Quest’ultimo fenomeno è stato associato a una Corrente Norvegese intensificata in un periodo che va dai 10.000 ai 6.500 anni avanti Cristo.
La ricostruzione della temperatura effettuata tramite i brGDGT del Lago AJU rivela un andamento generale di riscaldamento tra 10.000 e 6.500 anni fa, intervallato però da fluttuazioni su scala sub-millenaria. Un periodo più freddo si è verificato tra i 9.700 e i 9.200 anni fa, con temperature medie più basse di circa 2.1 °C nella seconda metà di questa fase. Successivamente, si osserva un marcato riscaldamento di quasi 2 °C in un breve lasso di tempo, tra i 9.200 e gli 8.900 anni fa. Questo incremento termico è confermato anche dalla ricostruzione climatica ottenuta dai pollini del Lago Loitsana.
Entrambe le ricostruzioni, quella del Lago AJU e quella di Loitsana, indicano un rallentamento nel riscaldamento tra gli 8.900 e gli 8.200 anni fa, per poi tornare a un ritmo di riscaldamento più sostenuto fino a 6.500 anni fa. In termini complessivi, si stima un aumento della temperatura di circa 2.8 °C nel periodo tra i 9.500 e i 6.500 anni fa.
A scala regionale, gli episodi di raffreddamento o di riscaldamento meno intenso registrati nei periodi tra i 9.600 e i 9.200 anni fa e tra gli 8.900 e gli 8.200 anni fa trovano riscontro in altre testimonianze indipendenti. Il primo di questi eventi freddi coincide con l’Evento di Erdalen 2, identificato anch’esso in altri studi sul polline nelle montagne scandinave. Prove di un clima più freddo in quel periodo emergono anche da indicatori geomorfologici come l’avanzamento dei ghiacciai in Norvegia. Inoltre, tra gli 8.500 e gli 8.000 anni fa, le condizioni più fredde sono suggerite dal frequente avanzamento dei ghiacciai nelle montagne scandinave. Sebbene un episodio di freddo marcato sia riconosciuto a 8.200 anni fa nell’intera regione dell’Atlantico del Nord, un periodo prolungato di fresco iniziato già dall’8.800 anni fa potrebbe rappresentare una particolarità del nord della Fennoscandia durante l’Olocene.
Infine, nel periodo tra i 7.000 e i 3.500 anni fa, la ricostruzione basata sui brGDGT segnala anomalie termiche generalmente al di sopra della media a lungo termine, con un picco di calore di +0.7 °C raggiunto intorno ai 6.700 anni fa. Questo massimo termico è confermato anche dai dati del Lago Loitsana, che segnalano condizioni climatiche analoghe all’incirca nello stesso periodo.
Il momento di massimo calore durante la stagione estiva si adatta bene alla tendenza media dell’insolazione tra luglio e settembre, coerentemente con le aspettative per il proxy brGDGT che riflette le condizioni medie della stagione calda. Per il resto del periodo compreso tra 7.000 e 3.500 anni fa, le temperature ricostruite si sono mantenute prevalentemente al di sopra della media a lungo termine, oscillando tra -0.3 °C e +0.7 °C, con una media di circa +0.3 °C.
Tuttavia, emerge un’anomalia a 3.700 anni fa: un punto dati isolato che segnala un’anomalia di temperatura insolitamente fredda di -3.4 °C. Questo dato insolito è accompagnato da cambiamenti nell’assemblaggio dei brGDGT che suggeriscono un evento di raffreddamento di breve durata ma di grande intensità. Un evento freddo così marcato, però, non trova conferma in altre ricostruzioni climatiche della regione di Fennoscandia e non sembra esserci un chiaro motore di raffreddamento climatico in quel momento.
Questo particolare cambiamento nella distribuzione dei brGDGT potrebbe indicare piuttosto delle variazioni nelle condizioni limnologiche del lago, come un aumento dell’alcalinità o una diminuzione dell’ossigeno disciolto che potrebbe riflettere condizioni di anossia. In assenza di ulteriori elementi che possano chiarire le origini di questi cambiamenti, si suggerisce di trattare con particolare cautela la stima della temperatura associata a questo dato anomalo di 3.700 anni fa.
Dopo il 3.500 a.C., i dati del Lago AJU segnalano un trend generale verso il raffreddamento, con un tasso di diminuzione media della temperatura di circa 0.1 °C ogni mille anni. Questo calo delle temperature in Fennoscandia è confermato anche dall’espansione delle torbiere e rispecchia il trend di riduzione dell’insolazione estiva. Un raffreddamento simile durante il tardo Olocene è evidente in un contesto più ampio, non solo nell’Atlantico del Nord ma anche in studi che raccolgono dati sulla temperatura globale. La tendenza al raffreddamento identificata nella ricostruzione del clima del Lago AJU è tuttavia caratterizzata da variazioni significative di breve termine, paragonabili per entità a quelle riscontrate nel medio Olocene. Ad esempio, il raffreddamento osservato dopo il 2.800 a.C. potrebbe corrispondere a un abbassamento delle temperature su vasta scala nell’Atlantico del Nord, probabilmente associato all’Evento di Bond 2. Ci si riserva comunque di interpretare con certezza gli andamenti climatici successivi al 2.000 a.C. a causa delle grandi incertezze associate al modello di datazione del Lago Annan Jankajärvi.
La Figura 6 offre una visione dettagliata delle variazioni climatiche nel corso dell’Olocene nella regione del Lago AJU attraverso tre grafici distinti.
Nel grafico superiore (a), si osserva una ricostruzione delle anomalie di temperatura rispetto ai tempi moderni. I dati blu derivano dai record di brGDGT del Lago AJU e utilizzano una particolare funzione di trasferimento, evidenziando un dato notevolmente diverso dagli altri a 3.7 mila anni fa (indicato con una ‘x’ blu) e un valore di riferimento moderno ottenuto dal biofilm bentonico (diamante blu). È inoltre mostrata una ricostruzione della temperatura basata su dati pollinici dal Lago Loitsana (in arancione), offrendo un punto di confronto tra metodi diversi di ricostruzione climatica.
Il grafico mediano (b) presenta un secondo set di dati, questa volta riguardanti le temperature derivate dall’analisi dei chironomidi del Lago Loitsana, visualizzate in rosso. Queste informazioni contribuiscono con un altro strumento di ricostruzione per il medesimo arco temporale.
Infine, il grafico inferiore (c) traccia le tendenze dell’insolazione mensile attraverso l’Olocene a 65°N per i mesi da maggio a settembre, offrendo un’immagine delle possibili influenze dell’esposizione solare sui cambiamenti climatici registrati nei grafici sopra.
Complessivamente, la Figura 6 mette in relazione diverse fonti e metodi di ricostruzione per disegnare un quadro degli andamenti della temperatura passata e del loro legame con l’insolazione solare nella regione, con particolare attenzione alle variazioni stagionali e sub-millenarie.
3.4. Le Vaste Implicazioni della Ricostruzione della Temperatura del Lago AJU
La ricostruzione della temperatura del Lago AJU, basata sui brGDGT, non solo rafforza le evidenze ottenute da studi precedenti che hanno utilizzato i pollini del Lago Loitsana, ma suggerisce anche che i brGDGT possono avere un impatto significativo nel migliorare la nostra comprensione dei cambiamenti climatici avvenuti nel corso dell’Olocene nella regione settentrionale della Fennoscandia. Entrambe le ricostruzioni, infatti, indicano un aumento sostanziale delle temperature dall’inizio al medio Olocene, culminando in un picco termico simile attorno a 6.700 anni fa, con temperature di circa mezzo grado Celsius superiori alla media di lungo periodo.
Tuttavia, questa scoperta contrasta con altre ricerche basate su diversi proxy che hanno studiato il Lago Loitsana, dove i macrofossili di piante acquatiche suggeriscono un picco delle temperature più antico, tra gli 11.000 e i 10.000 anni fa, seguito da condizioni più fredde e stabili per il resto dell’Olocene. Anche i dati derivati dall’analisi dei chironomidi indicano un massimo termico intorno ai 10.000 anni fa, un successivo periodo di raffreddamento che prosegue fino al medio Olocene e un raffreddamento prolungato che va da circa 7.500 a 5.500 anni fa, prima di un’inversione di tendenza con un riscaldamento costante fino ai giorni nostri.
Il riscaldamento registrato nel tardo Olocene nel record dei chironomidi contrasta con le tendenze generali di raffreddamento osservate in altre ricostruzioni della temperatura delle regioni ad alta latitudine, le quali di solito indicano un calo delle temperature in linea con le tendenze dell’insolazione estiva. Al contrario, alcune ricostruzioni della temperatura relative alla stagione fredda dell’Olocene, provenienti da Siberia, Alaska e nord-ovest del Canada, mostrano un trend di riscaldamento a lungo termine nel tardo Olocene, che viene attribuito a un aumento dell’insolazione nei mesi invernali e primaverili.
Nonostante queste discrepanze, sia i macrofossili acquatici sia i chironomidi del Lago Loitsana concordano nell’indicazione di un picco di calore olocenico più precoce rispetto a quello dedotto dai pollini dello stesso lago e dai dati dei brGDGT del Lago AJU.
Prima di questo studio, la maggior parte delle prove tendeva a indicare che il picco termico più probabile si era verificato all’inizio dell’Olocene. L’apparente incapacità del record dei pollini del Lago Loitsana di documentare questo massimo termico precoce era stata attribuita a un’eventuale predominanza locale di tipi di polline associati a climi freddi, come le Cyperaceae, Poaceae ed Equisetum, durante l’inizio dell’Olocene, e a una predominanza di specie associate a climi più caldi, come gli Alnus, nel medio Olocene. Comunque, la presenza o assenza di specifici tipi di flora terrestre è improbabile che siano le cause dirette della distribuzione dei brGDGT nei laghi, che rispondono principalmente alla temperatura dell’acqua sul posto.
L’indipendenza tra i proxy di temperatura derivati dai pollini e quelli dei brGDGT, e la loro coerenza nel delineare il tempo e l’entità delle principali transizioni climatiche dell’Olocene, forniscono un solido sostegno a questa alternativa interpretazione degli eventi. È interessante notare che i modelli divergenti di picco del calore olocenico riscontrati nei record dei pollini rispetto a quelli dei chironomidi si ritrovano su una scala più vasta in tutta la Fennoscandia settentrionale. Il composito di pollini della regione mostra un massimo termico nell’Olocene medio, mentre il record dei chironomidi indica un picco termico precedente, all’inizio dell’Olocene. Questa visione a livello regionale elimina la possibilità che fattori locali possano avere influenzato questi risultati. È anche rilevante che la sintesi regionale delle temperature basate sui diatomee mostri un massimo termico a metà dell’Olocene, circa 6.000 anni fa, seguito da un trend di raffreddamento a lungo termine, in linea con quanto riscontrato nei record di pollini e brGDGT.
La sorprendente discrepanza tra le ricostruzioni della temperatura basate su chironomidi e pollini nella Fennoscandia potrebbe essere meglio compresa considerando le differenze stagionali tra i proxy utilizzati. I chironomidi sono generalmente associati alle temperature di luglio, mentre le assemblee di pollini potrebbero riflettere un segnale di temperatura che si estende per tutta la stagione di crescita, in modo simile a quanto indicato dai brGDGT. Questo collegamento è rafforzato dal fatto che le temperature dedotte dai pollini si allineano con le curve di insolazione dei mesi estivi.
Studi precedenti sulla regione dell’Atlantico del Nord hanno anche dedotto che i pollini sono particolarmente sensibili alle temperature minime mensili e a quelle della stagione di crescita. Questo è confermato dalla corrispondenza tra le ricostruzioni del polline e le simulazioni dei giorni di crescita del modello climatico CCSM3, che mostrano un riscaldamento che va dall’inizio al medio Olocene. Le simulazioni del CCSM3 rivelano un picco di calore all’inizio dell’Olocene seguito da un trend di raffreddamento a lungo termine per l’America del Nord e l’Europa, sottolineando come diverse configurazioni climatiche e cambiamenti ambientali possano influenzare le tendenze climatiche dell’Olocene a seconda della stagionalità.
Il record dei brGDGT del Lago AJU emerge come uno strumento di valore per l’indagine sulle passate condizioni climatiche, mettendo in luce l’importanza di considerare le stagionalità dei proxy. L’uso congiunto di brGDGT, pollini, diatomee e chironomidi consente di ottenere una comprensione più completa dei cambiamenti climatici del passato. L’ampliamento e la diversificazione degli strumenti per la ricostruzione della temperatura contribuiranno a chiarire la cronologia dei picchi termici dell’Olocene in questa regione e a identificare le cause delle divergenze tra i vari proxy.
La Figura 7 mette a confronto diverse ricostruzioni di temperature estive in Fennoscandia settentrionale, utilizzando vari indicatori biologici per tracciare l’andamento climatico nel tempo.
Nel grafico in alto (a), la linea blu rappresenta la temperatura ricostruita dal Lago AJU attraverso i brGDGT, utilizzando una specifica funzione di trasferimento. L’area sfumata intorno alla linea fornisce una stima dell’incertezza della ricostruzione.
I grafici successivi (b, c e d) mostrano rispettivamente le medie regionali delle temperature estive ricostruite dai pollini, dai diatomee e dai chironomidi, ottenute da diversi siti in tutta la regione nord della Fennoscandia. Le linee più spesse in ogni grafico indicano le medie regionali per ciascun tipo di proxy, offrendo una visione aggregata delle tendenze.
Prima di calcolare queste medie, ciascuna serie temporale è stata normalizzata come anomalia di temperatura rispetto al proprio valore medio di lungo termine. Questo valore di riferimento è stato scelto per rappresentare il periodo dagli 8.5 mila anni fa al presente, che è il lasso di tempo comune alla maggior parte dei record disponibili.
Insieme, i diversi grafici forniscono una visione complessiva dei cambiamenti climatici nel tempo, permettendo di confrontare come differenti proxy biologici registri i cambiamenti nella temperatura estiva della regione e di evidenziare sia le convergenze che le divergenze nelle varie ricostruzioni.
- Conclusioni
Un record lungo circa 9.000 anni della Media Annuale del Periodo di Gelo (MAF) è stato ricostruito utilizzando i brGDGT nel Lago AJU, situato nel nord della Finlandia. Questo è stato possibile grazie all’impiego di una funzione di trasferimento appena sviluppata e specifica per i laghi situati alle alte latitudini. Le temperature ricostruite mostrano un periodo iniziale dell’Olocene più freddo, che si è riscaldato fino a raggiungere il medio Olocene. Durante questo periodo medio, le condizioni calde si sono mantenute, una peculiarità che contraddistingue la Fennoscandia nord-orientale, per poi passare a un raffreddamento progressivo durante il tardo Olocene.
Il proxy di temperatura brGDGT sembra privilegiare le temperature della stagione calda in questa regione, come dimostrato dalla buona corrispondenza con le attuali temperature medie mensili al di sopra dello zero e con i pattern dell’insolazione da giugno a settembre. In chiave regionale, anche i proxy climatici basati sui pollini e sui diatomee rilevano un massimo termico nel medio Olocene, il che è in linea con i risultati ottenuti dal Lago AJU e suggerisce una possibile inclinazione di questi proxy verso le condizioni calde o della stagione di crescita.
In contrasto, il picco termico precoce dell’Olocene, ricostruito attraverso alcuni record di macrofossili acquatici e numerosi record di chironomidi in tutta la Fennoscandia settentrionale, concorda di più con le tendenze dell’insolazione di inizio estate. Queste particolarità stagionali dei vari proxy offrono una spiegazione convincente per le differenze osservate nel momento dei picchi di calore dell’Olocene tra i principali proxy biologici utilizzati nella regione. È da considerare, tuttavia, che la sensibilità ambientale di questi proxy ad altri elementi, come il livello del lago o la qualità dell’acqua, potrebbe giocare un ruolo in queste differenze.
Alla luce di ciò, c’è aspettativa che il futuro ampliamento della rete di ricostruzioni del clima basate su proxy in Fennoscandia, con un focus specifico sugli archivi sedimentari dei laghi, contribuirà ad affinare la nostra comprensione delle forze motrici del clima e dell’ambiente che stanno dietro alla variabilità osservata nei proxy. Questo progresso ci permetterà di interpretare con maggiore precisione e dettaglio le dinamiche del clima olocenico nella regione della Fennoscandia.