https://journals.ametsoc.org/view/journals/mwre/132/5/1520-0493_2004_132_1294_aamvfa_2.0.co_2.xml
Il momento angolare globale medio, misurato a una certa altezza, reagisce esclusivamente alle variazioni verticali del flusso di momento angolare, e ciò vale soprattutto al di sopra del livello massimo delle formazioni orografiche terrestri. Questo flusso è strettamente collegato ai torchi che agiscono sulla superficie del pianeta. Attraverso l’uso dei dati, è stato possibile valutare sia il flusso che la reazione del momento angolare a questi torchi, dimostrando che l’accuratezza dei dati raccolti è adeguata per esplorare tale interazione.
È stato riscontrato che, nella troposfera superiore e nella stratosfera inferiore, il momento angolare medio tende a essere negativo prima dell’occorrenza di un evento caratterizzato da un torque di frizione positivo. Il trasporto di momento angolare negativo verso il basso da queste zone consente una ulteriore diminuzione del momento angolare vicino alla superficie terrestre, ciò avviene anche poco prima dell’evento nonostante il torque di frizione sia in quel momento positivo. Viene inoltre evidenziato l’effetto delle montagne in questo processo. La risposta positiva che segue al torque di frizione si estende attraverso tutta la troposfera. Il progressivo indebolimento di questa reazione si accompagna al trasporto verso il basso del momento angolare, con velocità che si aggirano intorno a 1-2 chilometri al giorno.
Nella troposfera inferiore, il momento angolare tende a essere negativo prima di un evento caratterizzato da un torque di montagna positivo. Si verifica un’improvvisa accelerazione nel trasporto verso l’alto di momento angolare positivo durante l’evento, che riesce a raggiungere la stratosfera entro uno o due giorni. A questo segue una fase di rallentamento, con un graduale trasporto verso il basso di momento angolare positivo.
Dinamiche del Momento Angolare Atmosferico e le sue Interazioni con la Superficie Terrestre
Il trasferimento del momento angolare atmosferico alla superficie terrestre avviene principalmente attraverso processi di attrito e di trascinamento causati dalla pressione. Le onde di Rossby, generate da grandi catene montuose, muovono il momento angolare verso questi ostacoli naturali, dove viene poi assorbito dalla Terra. Il movimento turbolento nel strato limite atmosferico contribuisce al trasferimento di momento verso il suolo, eliminato dall’atmosfera a causa dell’attrito con la superficie.
Questi scambi di momento angolare sono descritti da un’equazione che relaziona la variazione del momento angolare globale con i torchi generati dalle montagne e dall’attrito superficiale. Questa relazione ci permette di capire come il momento angolare sia trasferito dalla Terra all’atmosfera e come, una volta al suolo, venga trasportato e distribuito nell’atmosfera.
Approfondendo, Anderson e Rosen nel 1983 hanno evidenziato trasporti verticali e meridionali del momento angolare legati all’oscillazione Madden-Julian, ma senza discutere la connessione con i torchi. Ci proponiamo di esplorare la relazione tra i trasporti verticali del momento angolare attraverso i movimenti atmosferici e i torchi, su una base climatologica.
Al di sopra dell’altezza della cresta, l’equazione si semplifica, permettendoci di osservare più chiaramente la dinamica del momento angolare e la sua interazione con i torchi. Siamo interessati a comprendere, ad esempio, da quali livelli il momento angolare negativo viene trasportato verso il basso prima di un evento di torque positivo, e come questo momento angolare positivo venga poi ridistribuito nell’atmosfera.
Per risolvere queste questioni, utilizziamo dati del Progetto di Rianalisi del Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine (ERA), calcolando il momento angolare come funzione di altezza e tempo. Questa analisi ci permette di valutare direttamente la parte risolta dei flussi e di accedere al flusso totale come residuo. I torchi vengono valutati seguendo metodologie consolidate, senza includere il torque dovuto alle onde di gravità, considerato relativamente piccolo e difficile da stimare.
Esplorando le relazioni temporali tra queste variabili attraverso funzioni di covarianza, approfondiamo la nostra comprensione su come i cambiamenti nel momento angolare si relazionino con i torchi al suolo e come la divergenza verticale di questa covarianza influenzi la dinamica del sistema. Questo approccio analitico ci consente di separare e esaminare gli effetti dei torchi di montagna e di attrito, fornendo una struttura per indagare in modo approfondito le interazioni tra il momento angolare atmosferico e i torchi terrestri.
Dati e Metodologia di Analisi
Il set di dati utilizzato in questo studio comprende gli anni dal 1979 al 1992. Abbiamo a disposizione tutte e tre le componenti del vento, la temperatura e la densità, registrate a 31 livelli verticali dell’algoritmo di analisi quattro volte al giorno. I dati sono organizzati su una griglia sferica con una dimensione della maglia di 1.125 gradi sia in direzione zonale che meridionale. Il dataset include anche informazioni sulla pressione alla superficie e sullo stress superficiale, elementi fondamentali per la valutazione dei torchi dovuti alle montagne e all’attrito.
Un’osservazione interessante è la scelta di non utilizzare le coordinate ibride s–p del sistema di analisi ERA, nonostante sarebbero state più pratiche, a causa della variabilità nel tempo dell’altezza delle superfici s. Questa variabilità rende complesso interpretare i flussi e le velocità verticali nei sistemi s. Per valutare il momento angolare m e il flusso F in funzione dell’altezza, abbiamo proceduto all’interpolazione dei dati da superfici s a z ogni 6 ore, selezionando superfici equidistanti a diverse altezze zj, dove lo spessore del strato Dz è mantenuto a 1000 m, per un totale di 28 livelli.
L’interpolazione dei dati segue un metodo lineare, e i flussi sono definiti sulle superfici z. Questi sono stati valutati direttamente e attraverso metodi diagnostici. Per minimizzare l’influenza dei cicli annuale e semestrale, abbiamo rimosso questi effetti sottraendo i corrispondenti modi di Fourier. Questo passaggio è cruciale per escludere l’impatto del ciclo annuale sul lento decadimento della funzione di autocovarianza di M con l’aumento del ritardo temporale. Inoltre, abbiamo soppresso il ciclo giornaliero applicando una media mobile su quattro punti dati consecutivi. Questi filtri sono stati applicati a m, F, e T, piuttosto che ai dati originali per mantenere la coerenza dell’analisi.
L’integrazione verticale dell’equazione base su ogni strato ci ha permesso di adattarla alla griglia verticale, con i flussi risolti valutati direttamente dai campi disponibili di u, w, e r. È importante notare che i dati ERA non offrono informazioni sui profili di stress necessari per calcolare i flussi F, un dettaglio che però non costituisce un ostacolo significativo per l’analisi sopra il livello più basso, dove si presume che i flussi turbolenti siano minimi. Questo approccio metodologico fornisce una base solida per l’esplorazione delle dinamiche del momento angolare atmosferico e delle sue interazioni con la superficie terrestre.
Un problema significativo nella nostra analisi è l’assenza di informazioni riguardanti i flussi di massa ai livelli subgrid, noti come H. Questo vuoto informativo ci costringe a calcolare i flussi totali come valori residui. Partendo dalle osservazioni disponibili, possiamo calcolare il flusso per ogni strato successivo come un valore derivato. Ciò che rimane incerto è come determinare questi flussi al di sotto del livello delle cime montuose. Dalle nostre osservazioni, notiamo che una significativa porzione dello strato più basso è influenzata dall’orografia, molto più del secondo strato. Idealmente, potremmo tentare di distribuire i torchi basandoci su queste osservazioni dettagliate. Tuttavia, tale approccio è stato scartato perché basato su troppe ipotesi.
Per semplificare, abbiamo deciso di assumere che il flusso nel primo strato sia direttamente legato al torque totale, estendendo questa logica a tutti gli strati. Questo metodo porta a una sovrastima dei flussi nei primi due strati, ma basandoci sulle nostre osservazioni, crediamo che l’impatto di questa sovrastima sia limitato, soprattutto per gli strati superiori.
Attraverso questa assunzione, se sommiamo il contributo di tutti gli strati, troviamo che il flusso alla superficie superiore del nostro dominio di dati dovrebbe idealmente azzerarsi, supponendo che i dati rispettino perfettamente le nostre equazioni di partenza. Nonostante ciò, le analisi dei dati ERA dimostrano che, sebbene ci si avvicini a questo ideale, permangono delle deviazioni medie temporali. Queste deviazioni suggeriscono che l’assunzione di un flusso nullo alla superficie superiore potrebbe non essere del tutto corretta, indicando possibili scambi di momento con strati superiori non considerati nel nostro schema di analisi.
Interessante notare, tuttavia, che i flussi di momento verso l’alta stratosfera e la mesosfera non sembrano rappresentare il nucleo del problema. La nostra analisi rivela che la varianza della tendenza di M dovrebbe teoricamente eguagliare la varianza del torque. Tuttavia, nella realtà, il valore calcolato tende sempre a superare quello atteso, con un rapporto di 1,3 tra i due termini per i dati in esame, che sale fino a 2,7 in assenza di una media giornaliera. Questo disallineamento solleva questioni interessanti sulle dinamiche del flusso di momento angolare e sulle metodologie di analisi utilizzate.
Affrontiamo un evidente squilibrio tra i torchi e le tendenze del momento angolare su scale temporali brevi, un fenomeno che sicuramente non è attribuibile ai trasporti verso la mesosfera. Per risolvere questo dilemma, abbiamo esplorato due metodologie.
Il primo approccio accetta direttamente i risultati derivanti dalla procedura standard, ma ci porta a un flusso al limite superiore del nostro campo di analisi che può significativamente discostarsi da un equilibrio ideale. Questa strategia, per quanto semplice, ci porta a riflettere che i flussi ottenuti vicino al livello superiore sono in gran parte il risultato delle imprecisioni presenti nei dati, piuttosto che essere una fedele rappresentazione delle condizioni stratosferiche.
L’alternativa proposta cerca di adattare i torchi per migliorare l’equilibrio complessivo, modificando di fatto la somma dei torchi per riflettere una realtà che si avvicina più strettamente all’equilibrio teorico. Questo tentativo di riallineamento, pur essendo una soluzione intrigante, porta con sé la limitazione di non poter distinguere nettamente tra i contributi specifici dei torchi montani e quelli attriti.
Questo confronto tra approcci sottolinea una sfida fondamentale nell’interpretare i dati atmosferici: come bilanciare la semplicità e l’accuratezza nella correzione delle discrepanze osservate. Il primo metodo si attiene a un’analisi più diretta e trasparente, accettando le imperfezioni dei dati raccolti. Il secondo, invece, cerca di affinare l’analisi correggendo attivamente gli squilibri, anche se questo significa perdere la capacità di discriminare tra diverse fonti di torque. Entrambe le strategie illuminano il percorso da seguire, evidenziando l’importanza di una navigazione attenta tra le imprecisioni dei dati e il desiderio di una rappresentazione precisa della dinamica atmosferica.
La Figura 1 illustra la disposizione dei livelli di analisi atmosferica utilizzati nel progetto ERA, mostrando come questi si distribuiscano sopra due punti geografici con differenti altitudini. Sulla sinistra, vediamo i livelli definiti da sigma sopra il punto più basso del terreno, che si trova a 2300 metri di altezza. Sulla destra, sono rappresentati i livelli sigma sopra il punto più alto, situato a 5700 metri. Al centro, i livelli z scelti per l’analisi emergono chiaramente con il primo livello fissato a 100 metri di altezza dalla superficie e ogni livello successivo distanziato verticalmente di 1000 metri.
Ogni strato è numerato per indicarne l’ordine. Inoltre, le percentuali al centro indicano la proporzione di spazio in ogni strato che non è influenzato dalle formazioni terrestri come montagne. Per esempio, quasi tutto lo spazio nel secondo strato è libero da interferenze orografiche, mentre il livello più vicino alla superficie terrestre è più limitato in questo senso, con circa il 72.2% di spazio libero.
Questa rappresentazione è particolarmente utile per comprendere quanto terreno elevato, come montagne e altre formazioni, occupi o influenzi i vari strati atmosferici. Questa informazione è vitale per analizzare il movimento dell’atmosfera e gli scambi di massa all’interno di questi livelli, fornendo una visione grafica dell’ambiente fisico in cui avviene lo studio del momento angolare atmosferico.
3. Risultati
a. Flussi
L’analisi mostra i dati relativi alla varianza dei flussi atmosferici F, valutati sia per due diverse procedure sia per il flusso effettivamente risolto Fr, in funzione dell’altezza. Per il flusso calcolato con il primo metodo, FA, si nota che la varianza si riduce man mano che ci si allontana dalla superficie terrestre, stabilizzandosi poi al di sopra dei 10 km di altezza. Questo livello costante di varianza nella stratosfera è il risultato delle discrepanze precedentemente osservate tra i torchi e la variabilità della tendenza di variazione del momento angolare M. È interessante notare che la covarianza di FA tende a diminuire nel giro di qualche giorno, indicando una breve persistenza temporale di questa grandezza.
Rispetto a FA, la varianza di FB a livello del suolo è considerevolmente maggiore, rispecchiando la maggiore variabilità osservata rispetto a quella prevista dalla varianza dei torchi osservati. Di conseguenza, l’adattamento dei torchi operato nella seconda procedura, B, risulta in un incremento significativo della varianza dei flussi vicino al suolo. Tuttavia, questa varianza si riduce notevolmente con l’aumentare dell’altezza, diventando minima oltre i 15 km. Il declino della varianza con l’altitudine corrisponde alle aspettative teoriche, suggerendo che il flusso di momento angolare prelevato dalla troposfera e trasferito alla Terra dovrebbe comportare una variazione verticale minore di F nella stratosfera, in linea con un modello di equilibrio ideale.
I tentativi di suddividere i torchi tra i vari strati per tenere conto degli effetti topografici hanno portato a una lieve riduzione della varianza dei flussi FA e FB nelle vicinanze della superficie, ma nessun cambiamento apprezzabile nei profili al di sopra dei 2 km di altezza. La varianza del flusso risolto Fr si annulla naturalmente al livello del suolo e si avvicina abbastanza a quella di FB intorno a 5 km di altezza, sebbene rimanga sempre inferiore. La covarianza tra i torchi montani e il flusso FA diminuisce rapidamente con l’altezza, diventando trascurabile oltre i 15 km. Questo corrisponde a ciò che ci si aspetterebbe e suggerisce che i flussi FA possano essere considerati per studiare la risposta dell’atmosfera ai torchi. Va osservato che le grandi varianze stratosferiche di FA, evidenti nei dati presentati, non sono evidenziate in questa misura; tali varianze sono dovute più a incongruenze nei dati osservati che a condizioni atmosferiche effettive. La risposta ai flussi risolti è, in generale, meno marcata rispetto a quella di FA.
La Figura 2 si compone di due parti distinte, ciascuna illustrando aspetti diversi della dinamica del flusso atmosferico.
Nel primo grafico, (a), ci viene mostrato come varia la distribuzione dei flussi di energia FA e FB, identificati da linee tratteggiate, insieme al flusso risolto Fr, rappresentato da una linea continua. La misura in cui questi flussi differiscono dal loro valore medio è espressa in termini di varianza, un concetto statistico che ci fornisce un’idea di quanto siano dispersi i valori di una serie attorno al valore medio. La varianza è rappresentata su una scala che prende come unità di misura l’energia, specificatamente in centinaia di hadley quadrati, che è un’unità di misura dell’energia. I dati ci mostrano che la varianza si riduce al crescere dell’altezza per tutti i flussi, con il flusso FB che diminuisce più rapidamente rispetto a FA, specialmente più vicino alla superficie terrestre. Il flusso risolto Fr inizia da zero a livello del suolo e poi sale, raggiungendo un picco e successivamente riducendosi di nuovo con l’aumentare dell’altezza.
Nel secondo grafico, (b), sono rappresentate le covarianze, che esplorano la correlazione tra il torque delle montagne e i flussi FA e Fr, nuovamente con le linee tratteggiate e solide. Queste covarianze ci danno informazioni su come il flusso di momento angolare cambia in relazione al torque delle montagne. Valori di covarianza elevati indicano una forte correlazione a livello del suolo, suggerendo che vicino alla superficie terrestre il movimento delle masse d’aria è fortemente influenzato dalle formazioni montuose. Man mano che ci spostiamo verso strati atmosferici più elevati, la covarianza tra i flussi e il torque di montagna diminuisce, indicando che l’influenza delle montagne si affievolisce con l’altitudine.
Nella Figura 3 ci sono due grafici distinti, entrambi rivelano come certe coppie di fattori climatici o atmosferici si influenzano reciprocamente nel corso del tempo.
Il primo grafico (a) ci dice come cambia la relazione tra il calore trasferito nell’atmosfera e il movimento rotatorio della Terra (momento angolare) man mano che il tempo passa. La linea continua mostra che questa relazione si intensifica in un certo momento, diventando più negativa, per poi sfumare. Questo suggerisce che vi è un periodo specifico in cui i cambiamenti nel calore hanno un impatto notevole sul movimento rotatorio della Terra. La linea tratteggiata, d’altra parte, rappresenta la relazione tra le forze esercitate dal terreno sulla rotazione della Terra e il movimento rotatorio stesso. Questa relazione sembra raggiungere il suo punto di maggiore impatto qualche giorno dopo, per poi anch’essa ridursi.
Il secondo grafico (b) mostra tre tipi di relazioni tutte legate alla torsione, ovvero le forze che influenzano la rotazione terrestre. La prima curva ci mostra come queste forze si correlano a se stesse nel passato, la seconda curva mostra la correlazione tra queste forze nel futuro, e la terza curva mostra come la forza esercitata in un momento dato si correla con una forza futura. Queste relazioni simmetriche indicano che il tempo prima e dopo un certo evento ha un’influenza simile sulla relazione tra le forze di torsione.
In sintesi, questi grafici aiutano a capire come le interazioni tra diversi elementi del sistema climatico si evolvono e influenzano l’atmosfera terrestre nel tempo, offrendo spunti preziosi per comprendere meglio la dinamica complessa del nostro pianeta.
la Figura 4 ci mostra una sorta di mappa che mette in relazione come cambiano due tipi di misure meteorologiche rispetto al tempo e all’altezza da terra. Immagina che ogni freccia sulla mappa rappresenti una piccola bussola che ci indica non solo la direzione, ma anche quanto forte è il legame tra il calore che si muove nell’atmosfera e altre grandezze atmosferiche, in diversi momenti e a diverse altezze.
Vicino al suolo e proprio attorno al momento dell’osservazione, le frecce sono più lunghe, indicando che c’è una relazione notevole tra questi fattori—è come se il vento e il calore fossero più ‘sincronizzati’ qui. Ma man mano che ci spostiamo più in alto o ci allontaniamo dal momento dell’osservazione, sia prima che dopo, questa relazione si indebolisce; le frecce diventano più corte, quasi come se il vento e il calore fossero meno in accordo o meno fortemente collegati.
Quella che vediamo è una rappresentazione visiva di come l’intensità della relazione tra questi fattori meteorologici cambia con il tempo che passa e con l’innalzarsi nell’atmosfera. Questo tipo di informazione può essere molto utile per i meteorologi e i climatologi che cercano di prevedere il tempo o di comprendere meglio come diversi elementi del clima interagiscono tra loro.
La Figura 5 ci mostra due grafici che tracciano il comportamento di una certa funzione relativa all’attrito nell’atmosfera, attraverso due scenari differenti. Ogni grafico ci fornisce una mappa visuale di come l’attrito varia sia con l’altezza che con il passare del tempo.
Nel primo grafico (a), si vede una serie di curve che salgono e si incurvano attraverso il grafico. Queste curve sono come i contorni su una mappa che mostrano l’intensità dell’attrito: quanto più le curve si avvicinano, tanto più rapido è il cambiamento dell’attrito in quella zona. C’è anche un punto speciale, marcato con t = 0 e z = 0, dove il valore della funzione è impostato a zero, un po’ come il punto di partenza da cui misuriamo tutto il resto. Ci sono anche due aree delimitate da linee tratteggiate, etichettate come I e II, che suggeriscono regioni di particolare interesse, forse dove l’attrito cambia in modo notevole o inusuale.
Il secondo grafico (b) presenta un’immagine simile, ma con le curve che mostrano un pattern diverso. Questo ci dice che, cambiando alcuni parametri nella nostra analisi, l’attrito nell’atmosfera si comporta in modo diverso.
Entrambi i grafici sono come fotografie che catturano come l’atmosfera risponde in termini di attrito per diversi livelli di altitudine e nei giorni prima e dopo un punto centrale, forse un evento atmosferico importante come il cambio di una stagione o un fenomeno meteo significativo. Queste mappe sono fondamentali per gli scienziati che cercano di prevedere il tempo o capire meglio come i vari fattori atmosferici interagiscono tra loro in momenti e luoghi diversi.
Risposta ai Momenti Torcenti
Nel cuore di questo studio, ci immergiamo nell’analisi delle reazioni di una determinata quantità alle azioni dei momenti torcenti. La nostra esplorazione inizia con l’introduzione di un vettore speciale nel piano definito, che si distingue per la sua non divergenza. Questa caratteristica ci permette di delineare una funzione particolare che, pur seguendo le regole di una funzione di corrente in un flusso bidimensionale non divergente, non rappresenta una velocità nel piano in esame e non prevede un “flusso” lungo le sue linee costanti.
Ciò che emerge dalla nostra analisi è la presenza di zone specifiche dove queste linee assumono una forma rettilinea e risultano quasi parallele tra loro. In queste aree, una componente si mostra proporzionale all’altra attraverso una costante di proporzionalità che funge da pendenza, conferendo alle linee della funzione un ruolo distintivo. Tali zone sono identificabili come aree di “non accelerazione”, dove la pendenza fornisce una misura diretta della velocità con cui avviene la salita o la discesa. In circostanze ordinarie, tuttavia, le linee della funzione tendono ad incurvarsi, segnalando così un accumulo o una dispersione del momento angolare.
Proseguendo con un breve riepilogo delle forme integrate verticalmente, ci accingiamo a discutere la struttura verticale del campo in questione. Attraverso l’esame delle diverse funzioni di covarianza, osserviamo un interessante comportamento: la covarianza tra il momento torcente delle montagne e il momento angolare globale si manifesta negativa per specifici intervalli di tempo, per poi registrare un significativo incremento vicino allo zero, culminante in un picco positivo a breve distanza. Questa dinamica trova conferma e supporto in un corpo crescente di letteratura sul tema, offrendo uno spunto di riflessione sulla complessa interazione tra momenti torcenti e la risposta della quantità in esame.
La dinamica tra i momenti di attrito e quelli torcenti delle montagne si rivela complessa e intrigante. L’autocovarianza del momento di attrito mostra una positività per periodi inferiori ai 15 giorni, delineando un contrasto con il momento torcente delle montagne, il quale registra valori negativi tra i 5 e i 15 giorni. Questa interazione sottolinea una relazione profonda tra i due fenomeni, che può essere esplorata attraverso un’attenta integrazione delle loro relazioni su questi intervalli temporali.
Quando si esaminano le simmetrie e antisimmetrie delle covarianze, emerge un quadro che sottolinea l’importanza della covarianza incrociata tra il momento di attrito e quello torcente delle montagne. La presenza di una componente simmetrica significativa in queste covarianze suggerisce che le interazioni tra i due tipi di momenti sono fondamentali per comprendere la dinamica generale.
Interessantemente, i momenti torcenti positivi delle montagne tendono a essere preceduti da momenti di attrito positivi, un indizio che suggerisce il ruolo cruciale dei treni d’onda delle medie latitudini in questi scambi dinamici. La conseguenza di queste interazioni si manifesta in una variazione continua e significativa delle covarianze, in particolare con la covarianza incrociata che assume un ruolo predominante rispetto all’autocovarianza del momento di attrito, specialmente per periodi inferiori ai 15 giorni.
Il campo vettoriale associato a questi fenomeni offre ulteriori intuizioni, specialmente quando si considerano le componenti verticali basate sui flussi specifici. L’orientamento generale dei vettori, sebbene difficile da determinare nei casi di piccole dimensioni, rivela tendenze predominanti verso sinistra con una componente ascendente, evidenziando una tendenza quasi costantemente negativa della covarianza del momento angolare con il momento di attrito, fatta eccezione per le regioni dell’alta troposfera e della stratosfera per specifici intervalli temporali.
L’analisi dettagliata di queste dinamiche mette in luce il ruolo fondamentale delle montagne nel modulare il momento angolare prima degli eventi di momento di attrito positivo. Questa interazione non solo modifica la distribuzione del momento angolare ma sottolinea anche l’importanza di considerare la covarianza incrociata nelle analisi, la quale rivela tendenze e pattern significativi che influenzano il comportamento generale dei sistemi considerati.
In sintesi, la complessa interazione tra i momenti di attrito e quelli torcenti delle montagne, insieme al ruolo dei treni d’onda delle medie latitudini, emerge come un elemento chiave nella comprensione delle dinamiche atmosferiche. Questa analisi approfondita non solo arricchisce la nostra comprensione delle forze in gioco ma apre anche la strada a ulteriori indagini sulle intricate relazioni che governano i fenomeni meteorologici e climatici.
Dall’analisi delle Figure 3 e 4, emerge un quadro dettagliato e affascinante delle dinamiche atmosferiche in risposta ai momenti di attrito. In particolare, si nota una variazione significativa della componente in esame: essa assume valori negativi per periodi inferiori ai 22 giorni, ma diventa positivamente pronunciata nei periodi che vanno da 0 a 10 giorni. Questo comportamento sottolinea l’importanza dell’effetto delle montagne, senza il quale la distribuzione temporale sarebbe caratterizzata da una netta antisimmetria rispetto al punto zero.
Approfondendo con la Figura 4, si rilevano nette differenze tra la bassa troposfera, definita da un’altezza da 0 a 5 km, e gli strati atmosferici superiori. Nella bassa troposfera, per periodi fino a 210 giorni, l’ampiezza della componente è minima, ma si evidenzia una componente orizzontale negativa e ben visibile al di sopra di questo strato. Di conseguenza, si osserva che il momento angolare globale tende a essere negativo nella fascia compresa tra 6 e 15 km molto tempo prima di un evento di momento di attrito positivo. Questo fenomeno porta a una rapida diminuzione del momento angolare nella bassa troposfera all’aumentare del tempo, mentre nelle alte quote si verifica una rotazione in senso orario.
La risposta alla dinamica dei momenti si affievolisce inizialmente nella troposfera superiore, diventando trascurabile in tutta la colonna atmosferica intorno ai 12 giorni. Questa osservazione è ulteriormente confermata dalla visualizzazione del campo c nella Figura 5a, dove il campo vettoriale c segue le linee di flusso con valori alti sulla sua destra, seguendo una convenzione standard. Si nota che, con l’eccezione di periodi inferiori ai 25 giorni nella bassa troposfera, la variazione temporale di c è prevalentemente positiva, così come la sua variazione verticale, ad eccezione della stratosfera e per tempi superiori ai 5 giorni.
Le linee di c risultano quasi perfettamente dritte e parallele in un intervallo che va da 0 a 7 giorni e da 0 a 7 km di altezza, permettendoci di identificare con chiarezza le direzioni dei flussi in queste zone di “non accelerazione”. In questi contesti, i movimenti atmosferici portano verso il basso anomalie di momento angolare negativo con una velocità di circa 2 km al giorno, trasferendo questi flussi alla Terra sotto forma di momento di attrito positivo. Tale meccanismo di trasferimento è particolarmente evidente nelle fasce latitudinali tra 10° e 40°N durante la stagione invernale boreale, come documentato nelle ricerche di Weickmann (2003).
L’esame dei trasferimenti di momento verticale attraverso il bilancio di momenti all’interno di specifiche aree o “caselle” offre ulteriori spunti quantitativi. Ad esempio, considerando una casella nella bassa troposfera, si osserva una diminuzione della componente di momento nonostante la presenza di un momento di attrito positivo. Questa diminuzione è attribuibile ai flussi che attraversano il limite superiore della casella, evidenziando come i trasporti atmosferici siano orientati verso il basso in prossimità di questa area. Questa analisi approfondita ci fornisce una comprensione più ricca e dettagliata delle complesse interazioni e dei meccanismi che regolano la dinamica del momento angolare nell’atmosfera.
Si ipotizza che sia il momento angolare negativo a muoversi verso il basso dalla troposfera superiore, portando a una diminuzione del valore di una certa grandezza nella casella considerata. Contemporaneamente, si osserva un incremento di questa grandezza al di sopra della casella, come evidenziato anche dalla Figura 4. Nella seconda casella, il momento di attrito superficiale risulta essere positivo e preponderante rispetto all’afflusso di momento angolare negativo proveniente dall’alto, facendo sì che la grandezza in questione aumenti in relazione alla casella. Tale osservazione potrebbe sembrare in contraddizione con l’idea di “non accelerazione” associata a flussi rettilinei, come nel caso della seconda casella. Tuttavia, il valore considerato non cambia solo lungo una linea di flusso rettilinea. L’intervallo tra le linee di flusso parallele può variare nel tempo, e infatti varia in prossimità della seconda casella, risultando in un afflusso totale in alto minore rispetto all’efflusso in basso.
Il campo associato a una determinata grandezza per un certo parametro, come mostrato in una figura, è molto simile nella troposfera a quello osservato per un altro parametro. Tuttavia, mentre in una figura le linee tendono ad ascendere verso la stratosfera, nell’altra piegano verso il basso per valori di ritardo negativi decrescenti. In particolare, il movimento verso il basso del momento angolare negativo, stimolato dal momento torcente delle montagne, risulta molto più evidente. È importante ricordare, tuttavia, che il valore totale presentato in una delle figure non rappresenta la somma dei momenti osservati ma è stato adeguato. Le interpretazioni di una figura rimangono valide con solo piccole modifiche per l’altra.
Il quadro complessivo che emerge descrive le covarianze che tendono ad essere negative nella troposfera superiore e nella bassa stratosfera per periodi fino a 25 giorni. Il trasporto verso il basso di momento angolare negativo nella bassa troposfera causa una rapida diminuzione di momento angolare in quella zona e, si presume, un aumento del momento di attrito. Questo movimento verso il basso è influenzato in parte dall’azione delle montagne. La perdita di momento angolare negativo nella stratosfera porta a valori positivi della grandezza considerata per periodi successivi allo zero. Questo trasporto continua anche oltre lo zero. Nonostante ciò, si registra un incremento del momento angolare nella troposfera in un intervallo che va da 0 a 10 giorni. Tale aumento è dovuto alla predominanza del momento, che annulla gli effetti dei trasporti verso il basso. Ancora una volta, le montagne giocano un ruolo cruciale in questo processo, confermando l’importanza della loro presenza e della loro azione nel modellare le dinamiche atmosferiche.
I momenti orografici generano una reazione molto specifica: i vettori, che rappresentano questa dinamica, si orientano verso sinistra per valori temporali negativi e verso destra per valori positivi, evidenziando componenti orizzontali notevolmente maggiori nei periodi successivi allo zero rispetto a quelli precedenti. Questa caratteristica, che rispecchia quanto osservato in una figura precedente, attira l’attenzione soprattutto per la sua struttura verticale. In particolare, si nota quasi l’annullarsi di una certa grandezza per tempi negativi al di sopra dei 5 km di altitudine, mentre si registrano covarianze significative fino a 15 km di altezza per tempi positivi. La rotazione in senso orario è confinata a una fascia vicino al punto zero, segnalando forti flussi di momento angolare positivo e negativo rispettivamente in salita e in discesa per periodi entro due giorni, mentre per tempi positivi più lunghi il movimento si inverte.
Il campo associato, come mostrato in un’altra figura, fornisce ulteriori dettagli su quale scenario considerare. I contorni di questa grandezza “scendono” ripidamente dalla stratosfera verso il suolo per tempi molto negativi, concentrando la massima covarianza in un punto vicino all’origine. Per tempi positivi, invece, le linee iniziano a “salire” bruscamente per poi piegarsi nuovamente verso il basso per ritardi maggiori, segnalando valori negativi di covarianza. Si identifica un’area in cui le linee risultano essere sorprendentemente rettilinee e parallele, indicando il trasporto di momento angolare positivo verso il basso, qualora il momento torcente delle montagne sia positivo al tempo zero. Le velocità correlate a questo processo sono piuttosto basse.
La situazione si modifica leggermente quando si considera un diverso parametro, dove un minimo della grandezza in esame si localizza vicino a un periodo negativo considerevole a livello del suolo. Per tempi ancora più negativi, la covarianza tra il momento totale e un altro parametro diventa negativa, e la riduzione osservata in una precedente figura nella bassa troposfera viene attribuita all’azione dei momenti torcenti per tempi abbastanza negativi. È interessante notare che, cambiando parametro, la componente orizzontale rimane invariata, mentre quella verticale si orienterebbe verso il basso per periodi negativi significativi a quote basse. I momenti risultano essere positivi per tempi meno negativi, ma la grandezza in esame continua a decrescere fino a un certo punto, indicando che è il trasporto verso il basso di momento angolare negativo attraverso tutta la troposfera a dominare sull’effetto dei momenti torcenti.
Non si nota una discesa dalla stratosfera per tempi negativi nella Figura 7b, tuttavia la risposta ai momenti torcenti intorno a t = 0 e per tempi positivi mostra similitudini notevoli con quanto osservato nella Figura 7a. Un’analisi comparata tra le Figure 4 e 6 rivela che l’interazione tra il momento di attrito e m implica tempi di reazione più prolungati rispetto a quelli determinati dal momento torcente delle montagne, un’osservazione che trova riscontro anche negli studi di Weickmann del 2003.
Riassumendo, emerge un quadro di interazione piuttosto tenue della troposfera con i momenti per tempi inferiori a -22 giorni. I flussi a livello del suolo si intensificano, diventando fortemente positivi per tempi minori di 2 giorni. Questa rapida rotazione in senso orario di c, estendendosi fino alla bassa stratosfera, può essere interpretata come una reazione diretta ai flussi superficiali, con velocità di trasferimento che raggiungono almeno i 10 km al giorno. Per tempi superiori a 3 giorni, si innesca un graduale processo di trasporto verso il basso che sottrae momento angolare a tutti gli strati atmosferici, manifestando un’iniziale visibilità di questo fenomeno proprio negli strati della stratosfera.
L’esame del campo vettoriale c, considerando specifiche condizioni, non svela particolari novità oltre a una combinazione degli effetti già osservati nelle Figure 4 e 6. Tuttavia, viene mostrato il campo c per condizioni diverse nella Figura 8, poiché il totale TB non risulta dalla semplice somma di T0 e Tf. Benché per certe configurazioni c(t, 0) appaia simmetrico rispetto a t = 0, il campo c mostra una mancanza di simmetria per quote inferiori, con le linee di c che si estendono a maggiori altezze per tempi positivi rispetto a quelli negativi. Tale asimmetria riflette in gran parte l’influenza delle montagne, indicando come la variabilità di m illustrata potrebbe non rappresentare completamente la varianza totale di m, dato che i momenti torcenti non sono l’unica fonte di variabilità del momento angolare a un dato livello.
La Figura 6 ci presenta una specie di tappeto volante composto da tante piccole frecce, ognuna rappresentante una coppia di relazioni atmosferiche osservate a diverse altezze e in diversi momenti. Ogni freccia mostra quanto forte e in quale direzione queste relazioni tirano rispetto al momento dell’osservazione centrale, che potremmo immaginare come il “qui e ora”.
La lunghezza di una freccia è come un sussurro che diventa un grido: più è lunga, più forte è il legame tra la rotazione della Terra e le variazioni nel tempo considerate dallo studio. Le frecce orizzontali estese ci dicono che a certi livelli dell’atmosfera, questo legame si sente soprattutto nel corso del tempo, non tanto con l’aumentare dell’altezza.
Se osserviamo il quadro generale, possiamo vedere che vicino al suolo e vicino al tempo zero (il punto centrale del grafico), le frecce tendono ad allungarsi, suggerendo che qui le forze in gioco sono particolarmente in sintonia. Man mano che ci si alza o ci si allontana da questo punto temporale centrale, la relazione tra le forze si affievolisce, come indicato dalle frecce che diventano più corte.
In sostanza, la Figura 6 ci dà una rappresentazione grafica di come le forze che agiscono sulla rotazione della Terra siano influenzate dal tempo e si modificano a seconda di quanto ci si allontana dalla superficie terrestre. È un tipo di informazione preziosa per chi cerca di capire le dinamiche complesse che governano i nostri cieli.
La Figura 7 ci mostra due grafici (a) e (b) che esplorano il tema della torsione che le montagne esercitano sull’atmosfera della Terra. Ogni linea sinuosa nei grafici è come un livello in una mappa topografica, solo che invece di mostrare l’altezza del terreno, queste linee ci dicono quanto intensamente le montagne stanno “tirando” sulla rotazione della Terra, e come questa influenza cambia nel tempo e con l’aumentare dell’altitudine.
Nel primo grafico (a), vediamo un insieme di linee che sembrano accavallarsi vicino al centro, suggerendo che c’è un forte cambiamento nel modo in cui le montagne influenzano la rotazione della Terra che si manifesta proprio intorno al momento dell’osservazione e si estende su diverse altezze. Questo potrebbe indicare che in quel periodo specifico e a quelle altezze, le montagne hanno un’influenza più marcata sulla dinamica atmosferica.
Il secondo grafico (b) mostra un modello simile, ma le linee sono disposte in modo leggermente diverso, il che indica che, anche se il tipo di torsione considerato è lo stesso, il modo in cui questo si manifesta può variare in base ad altri fattori atmosferici o condizioni esterne.
Entrambi i grafici ci danno un quadro di come un aspetto statico del nostro pianeta, come le montagne, possa avere un impatto dinamico e variabile sul modo in cui l’aria si muove e su come il nostro pianeta ruota. È come avere un istante congelato del respiro del mondo, mostrandoci non solo come sta respirando adesso, ma anche come prenderà il prossimo respiro e come ne ha preso uno poco tempo fa. Queste mappe non solo ci aiutano a prevedere come il clima si comporterà nel breve termine, ma ci offrono anche una finestra sulle intricate coreografie della nostra atmosfera.
La Figura 8 ci offre un altro tassello nel puzzle della dinamica atmosferica, mostrandoci una mappa dei valori di una certa funzione relativa alla torsione e al flusso nell’atmosfera. Le curve sul grafico, che assomigliano a onde che si irradiano da un punto vicino all’origine, raccontano la storia di come questa funzione cambia non solo col passare dei giorni ma anche salendo di quota nell’atmosfera.
Se immaginiamo queste linee come altitudini di un paesaggio invisibile, possiamo vedere come il terreno si alza bruscamente in certi punti e si appiattisce in altri. Vicino al punto di origine, là dove tempo e altezza si incontrano, le “colline” si addensano, suggerendo un’area di forte attività o un punto in cui la torsione e il flusso si intrecciano intensamente. Man mano che ci spostiamo via da questo punto, che si tratti di andare indietro nel tempo o di salire in altezza, le colline si distanziano, indicando che l’effetto di questi due fenomeni atmosferici si fa meno intenso.
Questa figura differisce dalle precedenti per i tipi specifici di torsione e flusso che considera, offrendoci una visione alternativa di come queste forze possano influenzare il movimento dell’aria intorno a noi. Questo genere di rappresentazione è vitale per gli scienziati: è come disporre di una bussola che non solo indica il nord, ma anche come l’aria si muove sopra di noi e come questi movimenti cambiano nel tempo, fornendo indizi preziosi per previsioni meteo e per la comprensione dei meccanismi che regolano il clima terrestre.
La Figura 9 ci mostra due diversi grafici, entrambi disegnati per aiutarci a capire quanto variabile sia l’atmosfera vicino al suolo durante il mese di gennaio del 1979. Nel primo grafico (a), abbiamo una serie di stelle posizionate a varie altezze che ci indicano quanto il vento fosse imprevedibile a quelle altitudini, utilizzando un certo metodo di misura. La linea continua ci dà la stessa informazione ma è stata ottenuta con un metodo molto più raffinato, che guarda alle cose molto più da vicino.
Il secondo grafico (b) ci parla di qualcosa di un po’ diverso, non del vento, ma della variazione della massa dell’aria, ancora una volta vicino al suolo. Anche qui, le stelle ci mostrano la variazione usando il metodo standard, mentre la linea continua ci mostra quello che vediamo con uno sguardo più attento.
Entrambi i grafici suggeriscono che proprio vicino alla terraferma, il nostro mondo atmosferico è abbastanza caotico, con molte più variazioni rispetto a quelle che troviamo salendo più in alto, dove le cose tendono a stabilizzarsi un po’. Questa differenza tra le stelle e la linea ci dice anche quanto è importante guardare le cose nel dettaglio: con una visione più fine, possiamo catturare sfumature che altrimenti ci sfuggirebbero.
- Discussione sui Dati ERA e il Trasferimento del Momento Angolare
Anche se i dati ERA rispettano in maniera abbastanza accurata le equazioni di covarianza, permangono significative incertezze. È evidente dalle analisi che le coppie di torsione rappresentano il principale fattore problematico. I risultati che incorporano la coppia di torsione totale modificata appaiono decisamente più affidabili rispetto a quelli ottenuti con i dati originali, dove il flusso è definito in un certo modo.
La nostra capacità di interpretare dinamicamente questi risultati è limitata dal fatto che stiamo considerando esclusivamente dati a scala globale. Questo approccio non ci permette di distinguere efficacemente tra i processi che avvengono nei tropici e quelli presenti alle medie latitudini. Nonostante ciò, proviamo a mettere in relazione i nostri dati con le teorie dinamiche attuali riguardo al trasferimento del momento angolare. È interessante notare come, finora, l’attenzione si sia focalizzata maggiormente sugli effetti delle montagne sulla circolazione atmosferica rispetto a quelli dell’attrito.
Le analisi indicano che, prima dell’occorrenza di coppie di torsione positive, avviene un trasferimento di momento angolare negativo dalla troposfera superiore verso il suolo. Gli eventi di torsione causati dalle montagne alle medie latitudini hanno un ruolo chiave in questo processo. Potremmo ipotizzare che le onde di Rossby, generate dall’attività montuosa, si muovano verso sud contribuendo all’eliminazione del momento angolare occidentale nelle regioni tropicali e subtropicali, dove si manifesta la coppia di torsione positiva. Questo tipo di dinamica è stato principalmente esplorato attraverso studi sulla dinamica barotropica, ma il trasferimento verso il basso di momento angolare negativo, così evidente nelle nostre analisi, non è stato ancora pienamente riconosciuto nei modelli esistenti.
Il processo di trasferimento di momento angolare positivo dal suolo verso la troposfera è, tuttavia, compreso in modo abbastanza soddisfacente. Tale trasferimento avviene principalmente tramite movimenti turbolenti, con meccanismi come l’aspirazione dello strato di Ekman che facilitano il passaggio successivo verso la circolazione di massa su larga scala. In definitiva, l’azione dell’attrito superficiale innesca una circolazione meridionale che promuove il trasferimento di momento angolare verso livelli atmosferici superiori.
Questi fenomeni furono illustrati già agli inizi dagli studi di Eliassen nel 1952. Tuttavia, la fase successiva che comporta il trasporto verso il basso e il successivo decadimento, come mostrato nelle Figure 4 e 5, non ha ancora trovato una spiegazione teorica.
Per quanto concerne la torsione esercitata dalle montagne, rimane senza risposta il motivo per cui si osserva uno strato di momento angolare negativo nella troposfera inferiore prima di un evento di torsione positiva, come evidenziato nella Figura 6. L’evento principale si attribuisce all’interazione tra le onde atmosferiche su larga scala e la topografia terrestre, un concetto supportato da studi come quello di Weickmann nel 2003. Esistono teorie, come quelle proposte da Buzzi e colleghi nel 1984, che descrivono l’instabilità dovuta alla resistenza di forma, analizzando come le onde barocline interagiscono con le montagne e influenzano il momento angolare medio. Questi modelli, però, non riescono a spiegare l’interazione tra la torsione dovuta alle montagne e quella attribuibile all’attrito.
La veloce redistribuzione verticale della torsione montana, osservata nelle Figure 6 e 7, può essere interpretata attraverso la propagazione verticale delle onde di Rossby, come suggerito da Andrews e altri nel 1987. La fase di decadimento che segue non ha ancora catturato l’attenzione della comunità scientifica. La lentezza dei trasporti verso il basso fa presupporre che le onde di Rossby non giocano un ruolo significativo in questa fase.
Per avanzare ulteriormente nella comprensione di questi processi, è necessario analizzare anche i trasporti meridionali del momento angolare.
Ringraziamenti: I dati ERA sono stati cortesemente forniti dall’ECMWF per il progetto speciale sulla “Climatologia della tropopausa globale”. Siamo profondamente grati a Klaus Weickmann per i suoi commenti illuminanti e a un revisore anonimo per le preziose suggerimenti.
APPENDICE
Problemi di Interpolazione
Nonostante la distribuzione degli strati mostrata nella Figura 1 sembri semplice, si presentano alcuni problemi. Questi derivano parzialmente dal fatto che le superfici indicate con z possono intersecarsi con il terreno e, in parte, dalla complessità di trasformare le superfici da s a z, processo che dipende dall’altezza dell’orografia. Quest’ultimo punto è evidenziato nella Figura 1, dove al centro è rappresentata la posizione verticale degli strati z, con un indice dello strato che va da 1 a 28. Sul lato sinistro, sono mostrate le posizioni delle 31 superfici s nel punto di orografia globale più profondo (a un’altezza di 2300 metri) come definito nel set di dati ERA. Sul lato destro, viene illustrata la collocazione delle superfici s sopra il punto più alto (a 5700 metri di altezza), con gli strati z da 1 a 5 posizionati all’interno della montagna in questo scenario. Le informazioni contenute nei 31 strati s sono distribuite su 23 strati z, mentre 27 livelli s forniscono informazioni per 28 strati nella configurazione iniziale. Inoltre, gli strati z da 25 a 28 attingono i loro dati da soli due livelli (s = 30, 31), il che rende i dettagli dei profili verticali al di sopra di z = 24 km poco affidabili.
Queste osservazioni sottolineano una chiara perdita di accuratezza nel passaggio alle coordinate z. Ciononostante, la Tabella A1 indica che tali perdite di precisione non sono eccessivamente significative. In questa tabella sono riportati i valori medi e le deviazioni standard relativi ai cosiddetti termini di vento e massa, che rappresentano rispettivamente il contributo della velocità relativa a m e quello della velocità terrestre. Questa distinzione viene introdotta poiché il valore medio del termine di massa è molto più elevato di quello del termine di vento. I valori medi e le deviazioni standard dei termini di massa e vento differiscono solo di qualche percento dal valore “corretto” ottenuto dalla rappresentazione a livelli s, se interpolati al sistema z con un intervallo verticale Dz di 1000 metri e una quota z1 di 100 metri, come adottato in questo studio. La scelta di z1 = 100 metri come altezza della superficie più bassa è stata determinata tramite un processo di prova ed errore. La Tabella A1 dimostra che, nella maggior parte dei casi, più i risultati si avvicinano alla realtà, migliore è la risoluzione ottenuta. È importante notare, però, che il miglioramento nella qualità dei risultati non è drastico quando si passa da una risoluzione bassa con Dz = 2000 metri a una alta con Dz = 500 metri.
I problemi derivanti dall’intersezione delle superfici z con l’orografia sono significativamente seri. L’orografia secondo i dati ERA è disponibile per gli stessi punti griglia di tutte le altre variabili. Per calcolare gli integrali, è necessario basarsi su questi dati. Un’idea potrebbe essere quella di utilizzare una griglia più dettagliata, con dimensioni delle maglie orizzontali e verticali ridotte, per approssimare con grande precisione le linee di intersezione. Tuttavia, non vale la pena mettere in atto un sistema tanto costoso dato che l’orografia è disponibile soltanto con una risoluzione orizzontale grezza. In aggiunta, questa orografia viene anche levigata, rendendo così parte dell’accuratezza raggiunta apparentemente artificiosa. Invece di seguire questa via, si tiene conto dell’orografia applicando una regola semplice: un punto della griglia del sistema z non contribuisce agli integrali se la sua altezza è inferiore a quella dell’orografia ERA nella stessa posizione. Dall’analisi delle percentuali mostrate nella riga centrale della Figura 1, si evince che il 27,8% dello spazio dello strato più basso è occupato dall’orografia quando questa regola viene applicata, risultando in una parte orografica piuttosto limitata sopra il secondo strato.
Per valutare le incertezze coinvolte, abbiamo calcolato per alcuni mesi specifici campi dati basandoci su un sistema di stratificazione piuttosto denso. Le deviazioni standard per le prime 3 km di altitudine, relative sia allo schema standard che a quello ad alta risoluzione, sono state analizzate per gennaio 1979. Mentre l’accordo per i termini legati al vento si mostra soddisfacente, le stime relative al termine di massa presentano discrepanze considerevoli nello strato più basso. È importante notare, però, che le deviazioni risultano essere minori nel secondo strato. Considerando l’elevato impegno numerico richiesto per applicare lo schema ad alta risoluzione e il fatto che le incertezze sembrano essere rilevanti solo nei primi 1000 metri, si è deciso di accettare le imprecisioni nella valutazione del termine di massa negli strati più bassi, mantenendo lo schema con una stratificazione di 1000 metri per l’intero dominio.
La Tabella A1 è come un registro dettagliato che tiene traccia di due aspetti critici dell’atmosfera nel gennaio 1979: uno che potremmo pensare come l’irrequietezza del vento e l’altro come il peso dell’aria. Ogni riga della tabella ci offre un’istantanea di questi due aspetti, misurati con diverse lenti di ingrandimento, per così dire.
Immagina che ogni “strato” nella tabella rappresenti un piano diverso della nostra atmosfera, e la “Dz” sia la distanza tra questi piani. Con lenti diverse, alcuni dettagli vengono amplificati, mentre altri sfumano. Le “stelle” nella tabella ci dicono quanto i numeri raccolti con un certo ingrandimento siano ballerini: più il numero è grande, più l’aria si comportava in modo imprevedibile quel mese.
Quando leggiamo che abbiamo usato 30 strati o che la distanza Dz è di 500 metri, stiamo essenzialmente dicendo che abbiamo sezionato l’atmosfera in fette più o meno spesse per osservare questi fenomeni. Nel caso “ad alta risoluzione” vicino al suolo, siamo scesi a guardare ogni 100 metri, il che ci ha dato uno sguardo molto dettagliato su come il vento si muoveva e quanto pesante fosse l’aria proprio sopra le nostre teste.
Questa tabella è utile per gli scienziati che cercano di capire esattamente come l’atmosfera si comporta a diversi livelli, perché avere una misura precisa di questi fenomeni è fondamentale per prevedere il tempo e per modellare i nostri cambiamenti climatici.