RIASSUNTO

Nell’affascinante teatro della natura, dove le forze terrestri incontrano l’immensità dell’atmosfera, due protagonisti emergono con una correlazione intrigante: il torque delle montagne e il torque frenante. Questi due elementi, apparentemente distinti, danzano insieme all’interno della banda intrastagionale, con il torque frenante che prende l’iniziativa, preannunciando i movimenti del torque delle montagne. Questo legame svela che una porzione significativa della loro varianza, tra il 20% e il 45%, è intrinsecamente connessa.

La narrazione di questa danza si dipana attraverso due meccanismi di feedback principali. In primo luogo, il torque delle montagne agisce come una forza motrice che crea anomalie nel momento angolare atmosferico globale (AAM), mentre il torque frenante interviene come un equilibratore che le attenua. La seconda mossa in questo intricato balletto vede le anomalie del torque frenante legate a variazioni della pressione al livello del mare alle alte latitudini, le quali, a loro volta, influenzano le successive anomalie del torque delle montagne. Questi meccanismi di feedback orchestano la crescita e il declino delle anomalie di AAM su una scala temporale intrastagionale, narrando una storia di interdipendenza e bilanciamento.

UN’ANALISI PIÙ PROFONDA

Durante i mesi invernali del nord, la relazione a bassa frequenza intrastagionale tra questi torques viene esaminata più da vicino, rimuovendo dapprima il segnale dell’oscillazione Madden-Julian per concentrarsi sui processi dinamici delle medie latitudini. Questa analisi svela che la scala temporale di decorrelazione del torque frenante si specchia nei pattern di teleconnessione e nei cicli dell’indice zonale, ponendo queste caratteristiche familiari della circolazione in un ruolo di primo piano.

L’inizio di un episodio di interazione tra i torques si manifesta attraverso un trasporto amplificato del momento zonale medio-zonale, che attraversa i 35°N. Questo movimento innesca un pattern di anomalie del vento zonale che si dispiega vicino ai 25° e 50°N, insieme a variazioni della pressione al livello del mare. Le anomalie a pressioni più elevate diventano attori chiave nell’evolversi della trama, mentre il trasporto del momento regionale si intreccia con eddies a larga scala che dominano gli oceani Pacifico e Atlantico, portando alla dispersione di treni d’onda baroclinici sulle topografie del Nord America e dell’Asia orientale.

Questi treni d’onda, interagendo con le preesistenti anomalie di pressione, dirigono la loro marcia verso sud, a est delle montagne, dando vita a una vasta anomalia del torque delle montagne. Le fasi successive di questa narrazione vedono i treni d’onda generare ulteriori anomalie nel flusso di momento, che non solo mantengono le anomalie del vento zonale inizialmente indotte ma contribuiscono anche a scatenare un’anomalia del torque frenante globale, in un tentativo di equilibrio.

Nel corso di circa due settimane, queste anomalie globali di AAM crescono e poi decadono, tessendo insieme una storia di cicli e ritmi naturali.

NELLA REGIONE DEL PACIFICO-NORD AMERICANO

La trama si complica nella regione del Pacifico-Nord Americano, dove i treni d’onda evolvono nel pattern del Pacifico-Nord Americano (PNA). Qui, le anomalie dei venti superficiali giocano un ruolo significativo nel produrre una porzione importante dell’anomalia del torque frenante compensativo. Attraverso studi di casi di due recenti inverni settentrionali, emerge una vivida illustrazione dell’interazione tra queste forze dinamiche, dipingendo un quadro complesso di interdipendenza e influenza reciproca nel delicato equilibrio della nostra atmosfera.

INTRODUZIONE

Durante il freddo inverno settentrionale, un fenomeno affascinante prende vita nel vasto teatro della natura, dove la danza tra le montagne del mondo e l’atmosfera si svolge in una coreografia complessa e interconnessa. Questa è la storia delle anomalie del torque delle montagne globali (tM), forze invisibili generate da treni d’onda sinottici che viaggiano attraverso la topografia di Asia e Nord America, portando con sé energia e movimento.

Questi treni d’onda, come esploratori atmosferici, intercettano le anomalie della pressione al livello del mare (SLP) che si trovano nelle alte latitudini. Con precisione e determinazione, li guidano verso sud, ad est delle montagne, dove, in alta quota, i loro centri si amplificano. Questi eventi, benché spesso brevi e relativamente modesti, lasciano la loro impronta sull’atmosfera, producendo anomalie rilevabili nel momento angolare atmosferico globale (AAM) — una misura del movimento rotatorio dell’aria intorno al nostro pianeta.

L’influenza del torque delle montagne non si ferma qui. Viene trasportato più momento angolare nella fascia tra i 20° e i 30°N, manifestandosi in anomalie locali dell’AAM che si diffondono rapidamente in un modello equivalente barotropico. Questo, a sua volta, innesta un torque frenante globale, una forza di opposizione che attenua le anomalie sia locali che globali dell’AAM. Accompagnata da una ridistribuzione anomala di massa, questa sequenza di eventi equilibra geostroficamente le anomalie del vento zonale che emergono, completando così un ciclo di interazione dinamica tra terra e cielo.

Mentre il ruolo del torque delle montagne è chiaro, la storia del torque frenante globale (tF) rimane più sfuggente. Le ricerche passate si sono concentrate principalmente sull’oscillazione Madden-Julian (MJO), lasciando gran parte della varianza totale del torque frenante inesplorata. Questa indagine si propone di svelare le anomalie globali, zonali e regionali legate al torque frenante globale, componendo un quadro dettagliato che rispecchia l’approccio adottato per il torque delle montagne.

Le indagini precedenti hanno gettato luce su alcuni aspetti chiave di questo intricato sistema. Il torque frenante globale, per esempio, mostra una scala temporale di decorrelazione di sei giorni, suggerendo un legame con i pattern di teleconnessione e le variazioni dell’indice zonale, che condividono simili tempi di decorrelazione. Sorprendentemente, la rimozione del segnale lineare dell’MJO non altera questa scala temporale, sottolineando la complessità delle dinamiche in gioco.

All’interno della banda intrastagionale, una porzione significativa della varianza dei torques di frizione e montagna (tra il 20% e il 45%) si dimostra correlata con un ritardo, con il torque frenante che spesso precede quello delle montagne. Questo sottolinea una relazione dinamica in cui ogni forza sembra anticipare e rispondere all’altra. Inoltre, circa il 25% della varianza anomala del torque frenante lavora attivamente per smorzare le anomalie globali dell’AAM, segnalando una tendenza delle anomalie del torque frenante ad essere fuori fase con quelle dell’AAM.

In questo intricato balletto tra le forze terrestri e atmosferiche, emerge un quadro di interdipendenza e influenza reciproca. Il torque delle montagne emerge come una forza primaria che guida le anomalie globali dell’AAM nella banda intrastagionale, ponendo le basi per un ciclo continuo di crescita, interazione e eventualmente smorzamento, narrando così un capitolo affascinante della costante e complessa danza della Terra con la sua atmosfera.

Nell’incessante ricerca per comprendere i complessi meccanismi che governano il nostro clima, gli scienziati hanno esplorato le profondità delle interazioni tra il momento angolare atmosferico globale (AAM) e le forze che lo influenzano, noti come torques. Attraverso studi meticolosi, è emerso un modello intrigante che dipinge un quadro delle dinamiche atmosferiche guidate tanto da processi stocastici quanto da una danza di feedback tra il torque delle montagne e quello frenante.

Immaginiamo il sistema climatico come un complesso orologio, dove ogni ingranaggio e meccanismo ha un ruolo preciso. In questo contesto, il torque frenante e quello delle montagne sono come ingranaggi cruciali che influenzano il movimento dell’orologio, ovvero l’AAM. Il modello di Markov, adottato per decifrare questa interazione, suggerisce che mentre una parte del torque frenante lavora per attenuare le anomalie di AAM, il resto, insieme al torque delle montagne, lo alimenta in modo stocastico, creando un ciclo continuo di azione e reazione.

Questa interazione può essere illustrata attraverso un’esemplificazione. Inizialmente, un aumento nel torque delle montagne porta a un incremento dell’AAM totale. Questo, a sua volta, induce una diminuzione nel torque frenante, che poi contribuisce al declino dell’AAM, chiudendo il ciclo. Tuttavia, questo semplice modello cattura solo una frazione del complesso intreccio di feedback che si manifesta nelle osservazioni reali, suggerendo che vi sono ulteriori dinamiche in gioco.

Un’ulteriore analisi rivela che le anomalie positive nel torque frenante potrebbero implicare, per esempio, anomalie di stress del vento superficiale orientale intorno al globo. Questi venti, se situati sopra le montagne, possono dare luogo a anomalie positive nel torque delle montagne attraverso l’interazione con le anomalie di pressione superficiale. Questa connessione si riflette anche nella correlazione osservata tra il torque delle montagne e l’anomalia del vento zonale nelle rianalisi del clima.

Inoltre, la posizione delle anomalie della pressione al livello del mare (SLP) può giocare un ruolo cruciale. Le anomalie positive di SLP, in particolari regioni, possono innescare a loro volta anomalie positive del torque delle montagne, specialmente quando interagiscono con treni d’onda sinottici in transito. Tale meccanismo di feedback, guidato dalle anomalie di SLP, sembra essere più probabile di uno diretto dalle sole anomalie del vento.

Nell’analisi finale, l’interazione tra i torques emerge non solo come una sequenza di cause ed effetti ma anche come un’affascinante coreografia che si dipana attraverso il tempo e lo spazio, dove momenti di crescita e declino si susseguono in un ciclo perpetuo. Gli eventi di torque frenante globale si rivelano una componente chiave delle variazioni dell’indice zonale, durante le quali interviene un’ulteriore sorgente o pozzo di momento dovuto al torque delle montagne.

A livello regionale, il modello di teleconnessione del Pacifico-Nord Americano (PNA) emerge come un attore principale in questa narrazione, collegando il torque delle montagne a quello frenante e sottolineando l’interdipendenza tra i vari componenti del sistema climatico. Questo racconto di interazioni e feedback, sebbene complesso, offre uno sguardo affascinante sulla dinamica sottostante che regola i ritmi del nostro pianeta, rivelando un mondo di connessioni nascoste che attendono solo di essere scoperte.

Nel prossimo capitolo di questa avvincente esplorazione, ci addentreremo nel viaggio del momento angolare atmosferico globale (AAM) e dei suoi torques attraverso il tempo, scoprendo le interazioni e i legami con fenomeni climatici più ampi. Attraverso un’analisi meticolosa, metteremo a confronto l’AAM con vari indicatori della sua tendenza, con un occhio di riguardo al ruolo cruciale del torque frenante. Emergeranno prove intriganti di una connessione con le fluttuazioni dell’indice zonale, disegnando un quadro di complesse dinamiche atmosferiche.

Proseguendo, la terza sezione ci guiderà attraverso l’evoluzione delle anomalie di circolazione scaturite dai torques delle montagne, abbracciando le vaste distese topografiche di Asia e Nord America. Queste anomalie, trasformate e adattate, riemergono in un contesto nuovo nelle regressioni ritardate con il torque frenante globale, offrendoci uno sguardo più approfondito sui meccanismi sottostanti.

La quarta sezione ci svela le variazioni integrate sia verticalmente che zonalmente, associate al torque frenante stocastico. Sarà l’occasione per approfondire il ruolo delle variazioni dell’indice zonale e dei trasporti di momento, gettando luce sui processi dinamici che modulano il clima del nostro pianeta. Inoltre, esploreremo l’evoluzione sinottica che accompagna il torque frenante durante gli inverni settentrionali, con un focus particolare sui centri primari di azione situati nelle regioni extratropicali e sul pattern di teleconnessione del Pacifico-Nord Americano (PNA), un protagonista chiave nella narrazione climatica regionale.

Nella quinta sezione, verranno presentati studi di caso dettagliati su due significativi eventi di torque frenante, avvenuti durante gli inverni del 1997/98 e del 2000/01. Questi episodi offriranno una finestra sulle forze dinamiche all’opera e sul loro impatto sul sistema climatico globale.

Concluderemo il nostro viaggio nella sesta sezione, dove rifletteremo sulle scoperte fatte e sugli intrecci complessi tra il momento angolare atmosferico, i suoi torques e il vasto sistema climatico terrestre. Sarà l’occasione per riassumere le nostre conoscenze, discutere le implicazioni delle nostre scoperte e contemplare i prossimi passi in questa incessante indagine sui misteri del clima del nostro pianeta.

2. Variazioni intrastagionali globali del momento angolare atmosferico

Nel secondo capitolo della nostra esplorazione del clima terrestre, ci immergiamo nel misterioso mondo del momento angolare atmosferico e delle sue variazioni intrastagionali. Questo concetto, benché possa sembrare astratto, è in realtà una forza trainante dietro molti dei fenomeni meteorologici e climatici che esperiamo quotidianamente. Il momento angolare, in sostanza, riflette la quantità di movimento rotazionale presente nell’atmosfera terrestre, un elemento chiave che influisce sulla dinamica del nostro clima.

Immaginate l’atmosfera come un gigantesco sistema in movimento, che ruota insieme alla Terra ma che è anche soggetto a proprie forze interne e esterne. Queste forze, o torques, comprendono l’influenza delle montagne, che possono alterare i flussi d’aria e modificare la rotazione atmosferica, e l’attrito generato dalla superficie terrestre, che tende a rallentare il movimento dell’aria. Anche le forze di Coriolis, derivanti dalla rotazione terrestre, giocano un ruolo cruciale, contribuendo a determinare la direzione e la velocità dei venti.

Per capire come tutti questi elementi interagiscono tra loro e influenzano il momento angolare atmosferico, gli scienziati si avvalgono di dati di rianalisi, che combinano osservazioni da tutto il mondo per creare un modello complessivo del clima. Questo studio si concentra in particolare sulle stagioni invernali dell’emisfero nord, un periodo in cui i pattern di momento angolare e i relativi torques mostrano variazioni notevoli e rivelatrici.

Utilizzando tecniche come la regressione lineare ritardata, che esamina le relazioni tra variabili climatiche nel tempo, è possibile disvelare le intricate dinamiche che governano il nostro sistema climatico. Ad esempio, gli scienziati possono osservare come un aumento del torque delle montagne possa influenzare il momento angolare atmosferico nei giorni o settimane successivi, fornendo preziose informazioni sui processi che stanno dietro ai cambiamenti meteorologici e climatici.

In questo contesto, una figura chiave emerge per riassumere le complesse interazioni tra il momento angolare totale e i diversi torques, offrendo una visione d’insieme delle forze in gioco. Questo approccio ci permette di comprendere meglio come la rotazione della Terra e i movimenti dell’atmosfera siano interconnessi, gettando luce sui meccanismi profondi che determinano il clima e il tempo atmosferico del nostro pianeta.

Nella nostra esplorazione delle forze invisibili che plasmano il clima e il tempo atmosferico del nostro pianeta, ci imbattiamo in un intricato balletto di variazioni intrastagionali del momento angolare atmosferico globale e dei suoi torques. Questa danza tra forze contrastanti è al cuore delle dinamiche climatiche, dove ogni movimento e variazione ha implicazioni profonde per il sistema climatico globale.

Nelle analisi emerge un trio di relazioni fondamentali che illustrano la complessa interazione tra le varie forze in gioco:

  1. Un primo aspetto notevole è la tendenza delle anomalie del momento angolare totale a muoversi quasi in opposizione con le anomalie del torque frenante. Immaginate questa relazione come due danzatori che si muovono in armonia, ma quasi sempre in direzioni opposte; quando uno si avvicina, l’altro si allontana, creando un equilibrio dinamico che influisce sul ritmo della danza climatica.
  2. In secondo luogo, si osserva che le anomalie del momento angolare totale tendono a seguire, con un leggero ritardo, quelle del torque delle montagne. Questo suggerisce che i cambiamenti indotti dalle montagne hanno la capacità di prefigurare e modellare le variazioni più ampie del momento angolare, un po’ come un coreografo che guida i passi del suo ballerino, determinandone la successiva mossa.
  3. Il terzo punto chiave è la constatazione che le anomalie del torque frenante anticipano quelle del torque delle montagne. Questo indica che il torque frenante può agire come un precursore, un segnale iniziale che avvia la sequenza di eventi, guidando la successiva risposta del torque delle montagne.

Queste relazioni non solo riflettono il ruolo di forzamento e smorzamento attribuito rispettivamente al torque delle montagne e a quello frenante, ma rivelano anche l’importanza di un feedback più sottile: l’interazione tra la distribuzione delle anomalie di massa e il torque delle montagne. Questo ulteriore strato di complessità aggiunge profondità alla nostra comprensione di come le varie componenti del sistema climatico interagiscano tra loro.

Esplorando ulteriormente, scopriamo che fenomeni come l’Oscillazione Madden-Julian giocano un ruolo significativo nelle variazioni intrastagionali, con caratteristiche distintive che includono movimenti dal equatore verso i subtropici. Tuttavia, emergono anche altre scale temporali e segnali di variabilità, che indicano una ricchezza di dinamiche atmosferiche oltre a quelle più comunemente riconosciute.

L’analisi dei dati rivela segnali forti ma di breve durata del torque delle montagne che influenzano direttamente il momento angolare totale, mentre il torque frenante mostra una capacità di smorzamento che modula le variazioni anomale del momento angolare. Ogni pezzo di questa puzzle climatica, dal più evidente al più sottile, contribuisce a formare il quadro complessivo delle dinamiche che regolano il nostro clima, offrendoci preziose intuizioni sui meccanismi profondi che governano il tempo atmosferico e il clima della Terra.

Nel cuore delle nostre indagini sul clima, troviamo una ricca tessitura di variabilità temporale, rappresentata chiaramente nella Figura 1. Questa complessità spazia dalle scale sinottiche, ai cicli dell’indice zonale, fino all’influenza pervasiva dell’Oscillazione Madden-Julian (MJO). Il nostro obiettivo principale è disvelare come queste dinamiche si intreccino per dar forma a specifiche variazioni intrastagionali del momento angolare atmosferico (AAM).

Una tappa intermedia in questa esplorazione ci porta a interrogarci sui motori che alimentano il torque frenante globale. L’MJO emerge come un candidato noto, ma si pone la questione: esistono altri processi, forse ancorati alle latitudini extratropicali, che svolgono un ruolo altrettanto cruciale? La nostra indagine si estende quindi ai cicli dell’indice zonale e ai pattern di teleconnessione, indagando se possano essere considerati elementi locali significativi nelle variazioni di tF.

La risposta sembra inclinarsi verso l’affermativo, in parte perché la scala temporale di decorrelazione di tF eco quella di questi fenomeni, suggerendo un legame intrinseco. Per far luce su questa complessa rete di interazioni, abbiamo scelto di isolare la componente MJO da tF, rimuovendola linearmente per mettere in evidenza le altre forme di variabilità. Questo approccio ci permette di affinare la nostra comprensione delle forze in gioco, portandoci un passo più vicino alla comprensione delle sottili dinamiche che guidano le variazioni del clima terrestre.

La Figura 1 che stai esaminando è come una finestra nel tempo che ci permette di scrutare le danze atmosferiche del nostro pianeta. Immagina ogni pannello della figura come una scena di questo spettacolo, dove diverse forze dinamiche atmosferiche giocano i loro ruoli distinti.

In ogni scena, abbiamo diverse linee che rappresentano attori chiave:

  • La curva solida si muove attraverso il palco rappresentando il momento angolare atmosferico totale (MTOT), un’indicazione di quanto velocemente l’atmosfera della Terra sta ruotando in relazione al suo asse.
  • La curva a tratteggio lungo porta in scena il torque delle montagne (tM), che mostra l’influenza delle imponenti catene montuose sulla danza rotatoria dell’atmosfera.
  • La curva a tratteggio corto mette in evidenza il torque frenante (tF), simile a un regista che a volte rallenta la danza, fornendo resistenza attraverso il movimento dell’aria vicino alla superficie terrestre.
  • I contorni si aggirano sullo sfondo, illustrando le anomalie del momento angolare atmosferico relativo, che aggiungono dettagli e sfumature alla scena complessiva.

Ogni pannello, dalla (a) alla (e), racconta una storia diversa su scale temporali che vanno da quelle brevi e quotidiane a quelle che si estendono su più giorni. Ad esempio, alcuni pannelli ci mostrano come si comporta la scena quando si concentra su cicli che durano tra i 30 e i 70 giorni, forse svelando i movimenti più maestosi dell’Oscillazione Madden-Julian. Altri pannelli ci guidano attraverso fluttuazioni più brevi, meno di 30 giorni, dove il torque delle montagne sembra dirigere lo spettacolo con un impatto forte ma fugace.

In tutti i pannelli, i protagonisti interagiscono in un intricato balletto, a volte muovendosi insieme, a volte in direzioni opposte, ma sempre in modo sincronizzato. Il loro movimento è misurato rispetto al tempo (lag), che ci dice se un attore appare prima o dopo nel dramma atmosferico.

La storia raccontata dalla Figura 1 è una di relazioni complesse e movimenti sincronizzati che, quando esaminati insieme, ci aiutano a capire meglio come i vari componenti della nostra atmosfera si influenzano a vicenda, contribuendo alle variazioni che esperiamo nel tempo e nel clima della Terra.

3. Il Torque delle Montagne e la Sua Variabilità Stocastica

Nel cuore della nostra indagine sul comportamento dell’atmosfera, ci imbattiamo nel fenomeno conosciuto come “torque delle montagne”. Questo concetto si riferisce all’influenza che le grandi catene montuose esercitano sul movimento rotatorio dell’atmosfera della Terra. Prima di immergerci nel mondo del torque frenante, è essenziale esplorare la natura variabile di questo torque montano.

L’articolo che stiamo esplorando guarda agli integrali globali, cioè considera come le intere catene montuose influenzano il clima a scala planetaria. È interessante notare che, durante il periodo che va da novembre a marzo, il torque delle montagne mostra generalmente una struttura di forze con un pattern nord-sud: valori negativi sopra i circa 37°N e valori positivi più a sud. Ciò è strettamente legato alle onde stazionarie che si formano a causa dei venti che soffiano sopra le montagne dell’emisfero settentrionale, contribuendo così al torque montano stagionale.

La struttura tipica che queste variazioni di torque assumono nell’arco delle stagioni è stata svelata attraverso una tecnica analitica nota come analisi delle funzioni ortogonali empiriche (EOF). La prima di queste funzioni (EOF 1), che non viene mostrata nel documento di riferimento, rivela una configurazione uniforme estesa dall’area dei 20°N ai 60°N e comprende una significativa fetta (33%) della variazione zonale globale. Una seconda configurazione (EOF 2), anch’essa non illustrata nel testo, presenta un doppio polo che riecheggia i cambiamenti stagionali e rappresenta il 16% della variazione.

Curiosamente, entrambe le configurazioni si attenuano nel tempo con una durata media di circa 1,8 giorni. Tuttavia, esibiscono comportamenti distinti a seconda delle scale temporali: mentre la prima devia dal normale rumore di fondo nelle onde di breve periodo (3-15 giorni), la seconda mostra deviazioni in periodi più lunghi (oltre i 20 giorni). Queste osservazioni suggeriscono che la seconda configurazione risponde alle modifiche delle onde stazionarie stagionali, mentre la prima sembra più sensibile ai fenomeni sinottici che accadono a monte e ai processi di dispersione energetica a valle.

È questa prima configurazione, con la sua risposta ai fenomeni a monte, a giocare un ruolo critico nell’influenzare le variazioni anomale del momento angolare atmosferico globale, rivelando l’impatto che gli eventi meteorologici localizzati possono avere su scala più ampia.

La ricerca ha portato alla luce una danza sincronizzata di forze atmosferiche che si estende su due grandi palcoscenici terrestri: le catene montuose dell’Asia e del Nord America. Immagina una mappa meteorologica che mostra venti orientali insoliti che soffiano appena a sud delle zone dove la pressione dell’aria è insolitamente alta nelle regioni artiche. Questo scenario prende vita circa ventitré giorni prima di un certo punto di riferimento temporale, detto giorno 0.

Man mano che ci avviciniamo a questo giorno 0, osserviamo un’intensificazione delle anomalie nella circolazione dell’aria proprio a monte delle montagne, seguita da una dispersione di energia che si estende a valle, come se le montagne stesse servissero da enormi pietre gettate in uno stagno atmosferico, generando onde che si propagano attraverso l’aria.

Queste onde, parte di ciò che in meteorologia chiamiamo “treni d’onda”, si muovono a diverse velocità: i centri delle onde viaggiano a una velocità moderata, mentre l’energia che trasportano si muove molto più velocemente, estendendosi attraverso il continente a una velocità che è più che doppia. Questi treni d’onda presentano una doppia natura: da un lato mostrano una struttura barotropica equivalente, che non cambia con l’altezza, mentre dall’altro evidenziano una struttura baroclinica, che varia con l’altezza, più marcata nelle regioni a monte e via via meno evidente man mano che si spostano verso est oltre le montagne.

Osservando le due regioni separate, l’Asia e il Nord America, emerge un contrasto nel comportamento di queste onde. Mentre in Asia i treni d’onda si muovono come unità compatte e agili, nel Nord America il loro cammino è più intricato, quasi labirintico, forse a causa delle correnti d’aria prevalenti che differiscono tra le due regioni.

Al giorno 0, il profilo meridionale del torque delle montagne, che potremmo immaginare come una mappatura della loro forza rotazionale sull’atmosfera, mostra un picco chiaro e distinto: vicino ai 30°N in Asia e ai 40°N in Nord America, quasi come se queste fossero le coordinate magiche dove l’influenza delle montagne sull’aria raggiunge il suo apice.

In questa narrazione scientifica, ciò che si scopre non è soltanto la natura mutevole dei venti e delle pressioni ma anche come le vaste formazioni della Terra modellino il soffio invisibile che noi chiamiamo clima.

la Figura 2 ci porta in un viaggio dettagliato attraverso la complessa interazione tra le forze della natura. Nella rappresentazione di questa interazione, abbiamo una serie di mappe che mostrano come i torque esercitati dalle montagne dell’Asia/Europa e del Nord America influenzino l’alta atmosfera e la pressione al livello del mare.

Nei primi tre pannelli verticali per ciascuna regione, possiamo immaginare di vedere l’aria in movimento intorno alla Terra ventitré giorni prima di un momento chiave, poi esattamente in quel momento, e infine tredici giorni dopo. I contorni sulle mappe si snodano come i sentieri invisibili che i venti percorrono ad alta quota, mentre le diverse tonalità di colore sfumano in aree di alta e bassa pressione, dipingendo un quadro di come l’atmosfera è disturbata in questi momenti.

Sotto queste rappresentazioni aeree, troviamo delle linee che si muovono su e giù attraverso un diagramma, tracciando la forza collettiva del torque delle montagne. Come un dottore che osserva il battito cardiaco di un paziente, questo diagramma ci dà una lettura del “polso” della Terra, mostrando come la forza esercitata dalle montagne cambia nei diversi momenti in questi luoghi lontani.

Le ombreggiature nelle mappe ci raccontano storie di pressione più e meno intensa, dai calmi grigi che rappresentano la normalità ai rossi e blu che segnalano variazioni maggiori, quasi come se l’atmosfera stessa reagisse con emozione alle forze delle montagne sottostanti. Tutto questo ci fornisce indizi visivi sulle connessioni tra il terreno solido del nostro pianeta e il mare d’aria che lo avvolge, rivelando un dialogo continuo tra terra e cielo.

4. Il Torque Frenante Stocastico e il Bilancio del Momento Angolare Atmosferico

Nel mondo dell’analisi climatica, l’utilizzo di set di dati globali accurati è fondamentale per sondare il bilancio del momento angolare atmosferico (AAM), una grandezza che riflette la rotazione dell’aria intorno al nostro pianeta. Utilizzando come esempio i dati della rianalisi NCEP–NCAR, gli scienziati sono riusciti a stabilire un equilibrio soddisfacente nelle misurazioni di questa rotazione, soprattutto quando si esaminano le variazioni che si verificano nel corso delle stagioni invernali e primaverili dell’emisfero nord.

Tuttavia, la storia si complica quando entriamo in gioco con le onde di gravità e i loro effetti, in particolare se ci concentriamo su aree specifiche anziché su una prospettiva globale. I dati si fanno ancora più ingarbugliati durante le stagioni estive e autunnali, con risultati che diventano via via meno affidabili.

Una mossa astuta per affrontare questa sfida è stata quella di isolare il cosiddetto “torque frenante stocastico”, separandolo da uno dei principali disturbi stagionali: l’Oscillazione Madden-Julian (MJO). Attraverso un’astuta tecnica di sottrazione, gli scienziati hanno rimosso l’influenza dell’MJO dalle loro misurazioni del torque frenante, permettendo così di focalizzarsi su altri tipi di variazioni atmosferiche.

Questo metodo raffinato è stato applicato a sedici periodi invernali distinti, che si estendono su un arco di tempo di quindici anni, e ha implicato l’eliminazione delle anomalie a lungo termine che avrebbero potuto offuscare i risultati. Ciò che emerge da questo processo di pulizia è un insieme di dati che predice le variazioni del torque frenante basandosi su variazioni tipiche o “standard” nell’indice che li misura.

Il risultato è un quadro più chiaro e dettagliato del torque frenante stocastico, un componente vitale e spesso sottovalutato del nostro sistema climatico. Questa metodologia non solo ci dà una visione più pulita delle forze alla base delle variazioni atmosferiche ma apre anche una finestra sulle sottili influenze che agiscono a un livello più nascosto, plasmando in maniera impercettibile la danza dei venti e delle pressioni che ci circondano.

Bilancio Globale e Zonale del Torque Frenante Stocastico

Immergendoci nell’analisi del bilancio del momento angolare atmosferico (AAM), scopriamo che i dati globali assimilati ci forniscono uno squarcio dettagliato su come questo bilancio sia mantenuto, soprattutto nei mesi invernali e primaverili dell’emisfero settentrionale. Tuttavia, non appena si considerano gli effetti aggiuntivi, come l’attrito generato dalle onde di gravità, o ci si sposta nelle analisi da una scala globale a una zonale, o addirittura nelle stagioni estive e autunnali, le cose si complicano: il bilancio tende a perdere la sua armoniosa coerenza.

Per far luce sul contributo specifico delle varie zone alla misurazione globale, gli scienziati hanno applicato un tipo di analisi statistica che evidenzia l’importanza e l’impatto delle diverse aree. Attraverso un sofisticato gioco di ombreggiature nei grafici, è stato possibile mettere in risalto quelle correlazioni che raggiungono un livello di significatività statistica elevato, spingendoci ben oltre la semplice ipotesi che non ci sia alcuna correlazione.

Nella Figura 3a, le anomalie totali di AAM emergono in maniera chiara quando vengono messe in relazione con questo torque frenante stocastico, mostrando strutture simili a quelle dell’indice zonale, con variazioni significative a latitudini specifiche ma meno evidenti vicino all’equatore. Si osserva anche un segnale che sembra viaggiare verso i poli. Le anomalie nel tempo mostrano momenti di intensificazione, massima espressione e poi rapido decadimento.

La Figura 3b accompagna questo quadro con anomalie nella massa superficiale, che coesistono con le anomalie del vento nell’alta atmosfera, e sottolinea come sia le masse d’aria a livello del suolo sia quelle in alta quota contribuiscano alle variazioni totali osservate. Inizialmente, assistiamo a un supporto per flussi d’aria occidentali a causa delle anomalie positive vicino a certe latitudini, ma col passare del tempo, la situazione cambia, evidenziando come le variazioni di pressione nei tropici rafforzino ulteriormente certe anomalie di flusso.

Le Figure 3c e 3d offrono uno sguardo comparativo sulle tendenze osservate e calcolate di AAM. L’osservazione di queste tendenze ci rivela un modello a doppio polo nell’emisfero settentrionale, seguito da tendenze positive nei tropici che rallentano determinate anomalie di flusso. Il confronto tra ciò che è stato osservato e ciò che è stato calcolato mette in evidenza uno squilibrio, malgrado i modelli tendano a seguire correttamente il pattern previsto.

Gli errori riscontrati potrebbero essere attribuiti al torque frenante osservato, suggerendo che la misurazione di questa forza possa non essere del tutto precisa. Infatti, le discrepanze nel bilancio zonale emergono quando i trasporti osservati superano di gran lunga la somma dei torques. Questo problema di squilibrio è un puzzle irrisolto nel campo dello studio della variabilità di AAM, ma gli errori nei dati relativi al vento superficiale sopra gli oceani e l’uso di previsioni piuttosto che misurazioni dirette per definire il torque frenante osservato potrebbero essere alcuni dei fattori da considerare in futuro.

La Figura 3 è un insieme di mappe e grafici che ci raccontano la storia di come il momento angolare atmosferico, essenzialmente il movimento rotatorio dell’atmosfera della Terra, risponde a un particolare impulso o forza, che in questo caso sembra essere il torque frenante. Ogni pannello della figura è come un capitolo che svela un aspetto diverso di questa risposta.

Nel primo pannello, immagina una mappa del mondo vista dall’alto, con linee che ondulano avanti e indietro, mostrando come l’atmosfera si sta muovendo più velocemente o più lentamente del solito in varie regioni. Zone con un’ombreggiatura più scura o più chiara vengono evidenziate, a significare che questi cambiamenti non sono semplici capricci del tempo, ma modifiche significative che gli scienziati possono affermare con grande sicurezza non sono avvenute per caso.

Il secondo pannello si sofferma più nello specifico sulla componente terrestre di questo movimento rotatorio, seguendo un modello simile al primo pannello, ma concentrato sul modo in cui il solido pianeta sottostante contribuisce al movimento complessivo dell’aria sopra di esso.

Il terzo pannello cambia prospettiva, concentrando l’attenzione sulle tendenze, su come queste velocità stanno cambiando nel tempo. Anche qui, le linee e le ombreggiature indicano cambiamenti significativi, come quando un fiume inizia a scorrere più velocemente o più lentamente in diversi punti lungo il suo corso.

L’ultimo pannello somma tutte queste influenze insieme, provando a bilanciare le equazioni della natura. Mostra un tentativo di tenere conto di tutto, dai vortici generati dai rilievi montuosi alle grandi forze di rotazione della Terra stessa, fino al modo in cui tutte queste forze spingono e tirano l’aria da tutte le direzioni.

Le regressioni, che tracciano come queste variabili interagiscono nel tempo, ci danno un senso di come le forze che abbiamo misurato prima ora si sviluppano e cambiano. E tutto questo si fa ancora più interessante quando consideriamo i giorni segnati sull’asse orizzontale, che ci dicono se stiamo guardando le conseguenze che seguono l’impulso iniziale o gli avvenimenti che lo hanno preceduto.

In sintesi, la Figura 3 ci offre una narrazione visiva dell’interazione tra le forze della natura e il loro impatto sulla rotazione atmosferica del nostro pianeta, una narrazione che si svolge su scala globale e zonale, il tutto sotto l’occhio attento della scienza.

Nella Figura 4, siamo come spettatori di fronte a un complicato quadro di controllo che governa il rotolare e lo scorrere dell’aria attorno al nostro pianeta. Questo pannello di controllo è diviso in diverse sezioni, ognuna delle quali ci mostra una parte diversa del sistema di gestione del movimento dell’aria, dal torque frenante al Coriolis torque, passando per la convergenza del flusso di momento e il torque delle montagne.

Immagina ogni sezione come una manopola o un cursore che può essere spostato per aumentare o diminuire la velocità e la direzione del vento sulla Terra. La prima manopola regola il torque frenante, che rallenta o accelera i venti come se fosse il freno di una bicicletta o di un’auto. Poi c’è la convergenza del flusso di momento, che puoi pensare come un nodo in un tubo che può essere allentato o stretto, cambiando quanto momento, o ‘spinta’, passa attraverso. Il torque delle montagne riflette come le nostre imponenti catene montuose agiscano come barriere o trampolini per i venti che li attraversano. E infine, il Coriolis torque, un effetto invisibile ma potente che emerge dalla rotazione della Terra.

Le linee che si estendono attraverso i grafici rappresentano le variazioni globali di questi torques e flussi, svelando un ritmo di cambiamenti che si verificano nel corso dei giorni. Le zone scure e chiare che vediamo sopra e sotto la linea zero nel grafico non sono solo fluttuazioni casuali; sono cambiamenti nel vento che gli scienziati sono abbastanza sicuri non siano accaduti per caso, perché superano un rigoroso test statistico.

La storia che queste linee raccontano è una di movimenti intensi che si intensificano, raggiungono un picco e poi decadono, seguendo un ciclo che può essere influenzato da molteplici fattori, dalle montagne al fondo dell’oceano fino alla vasta atmosfera sopra di noi. Tuttavia, anche con questo dettagliato sistema di monitoraggio, le connessioni tra ciò che osserviamo e ciò che prevediamo rimangono deboli; i segnali distintivi del nostro modello si mescolano con il rumore di fondo dei dati giornalieri e con le infinite variabili del clima terrestre, rendendo il compito di anticipare i cambiamenti futuri una sfida continua.

Nella Figura 4, ci viene mostrata una suite di grafici che sono essenzialmente ritratti del vento e della rotazione della Terra catturati da diverse angolazioni. Ogni pannello svela un elemento diverso della coreografia aerea che si svolge sopra di noi.

Nel primo pannello (a), abbiamo una rappresentazione del torque frenante, che è come il ritmo di un tamburo che regola la velocità dei venti sulla Terra. Qui, ogni linea tracciata è una nota di questo ritmo, variando in intensità e posizione, con alcune note che suonano più forti (segno di un cambiamento significativo) e altre più deboli. La curva che si snoda attraverso il pannello ci dà la somma di tutte queste note, fornendo la melodia globale su cui si basa il vento.

Il secondo pannello (b) ci mostra come il momento angolare, che potremmo immaginare come la quantità di “spinta” nell’aria, si muove attraverso differenti latitudini. È come guardare i correnti d’acqua in un fiume visto dall’alto, con alcuni tratti che scorrono velocemente e altri più lentamente, indicando dove l’aria è trasportata da una regione all’altra.

Il terzo pannello (c) ci porta in montagna, mostrandoci come le grandi catene montuose della Terra influenzino i venti. È un po’ come vedere gli effetti delle rocce in un torrente, che creano rapide e vortici nel flusso dell’acqua, ma in questo caso, sono le montagne a dirigere il flusso dell’aria.

Infine, il quarto pannello (d) illustra il torque di Coriolis, un effetto più sottile ma potente della rotazione della Terra stessa. Anche questo influisce sulla direzione e velocità dei venti, come un direttore d’orchestra che usa la sua bacchetta per guidare i musicisti.

In tutti questi pannelli, le zone ombreggiate ci dicono dove le variazioni del vento non sono solo casuali ma significative, superando un rigido test statistico. I numeri lungo il lato sinistro danno la misura di queste forze e i numeri sul lato destro ci dicono dove si verificano queste variazioni lungo le latitudini del nostro globo.

Unendo tutte queste immagini, la Figura 4 ci presenta un’analisi dettagliata di come varie forze contribuiscano al dinamico sistema di venti che circonda il nostro pianeta, offrendoci una visione più completa di come la danza dei venti si sviluppa e si trasforma nel tempo.

b. Modelli Sinottici e Evoluzione Temporale

Immaginiamo di guardare il cielo da meteorologi e di avere davanti agli occhi la Figura 5, che ci svela l’intricato balletto dei venti ad alta quota e delle pressioni atmosferiche che cambiano nel corso del tempo. Come una sequenza di scatti fotografici, questa figura ci porta attraverso le tappe significative di un processo dinamico e complesso che si svolge sopra le nostre teste.

Dieci giorni prima del momento chiave, il cielo sopra le medie latitudini dell’emisfero settentrionale è cinto da un anello di anticicloni, come se una corona di alti venti circondasse il globo proprio lungo il corridoio abituale del getto aereo. Questo anello suggerisce che il getto è spostato verso nord, come se l’atmosfera avesse preso una deviazione inspiegabile, allontanandosi dalla sua rotta consueta.

Man mano che ci avviciniamo al momento centrale, vediamo formarsi dei treni d’onda lungo questo getto spostato, dapprima attraversando l’Asia settentrionale e successivamente il Nord America. Questi treni d’onda, mentre disegnano forme complesse nei cieli, non sono fissi; si allungano e si deformano, rispondendo ai capricci delle correnti che incontrano.

Mentre queste perturbazioni viaggiano e si trasformano, creano un modello di connessione atmosferica che ricorda il famoso modello Pacific-North American (PNA), un insieme di alterazioni del clima che si estendono da un oceano all’altro. È come assistere alla diffusione di un’eco attraverso le montagne, ma in questo caso, l’eco si propaga attraverso i continenti.

Osservare queste mappe e queste linee ci dà un senso di movimento e di cambiamento. Possiamo quasi sentire il vento cambiare direzione e velocità, con i grafici che catturano l’intensità e la posizione di questi cambiamenti in un modo che solo gli scienziati sanno fare. E in tutto questo, notiamo zone che si distinguono con un’ombreggiatura diversa, sottolineando che i cambiamenti che osserviamo non sono meramente accidentali, ma sono significativi, passati al setaccio di test statistici rigidi e confermati come segnali veri di cambiamento nell’atmosfera del nostro pianeta.

Mentre la danza delle pressioni atmosferiche e dei venti si svolge, un importante giocatore emerge sul palcoscenico globale: una zona di intensa attività dove il movimento dell’aria rallenta a 25°N, mantenendo i venti orientali nella regione del pattern Pacific-North American (PNA). Questa zona di “attività frenata” influisce positivamente sulle forze che frenano il movimento dell’aria, forse come parte di una vasta circolazione atmosferica che abbraccia intere zone del globo.

Sebbene siano i flussi atmosferici di breve durata a dominare spesso queste dinamiche, sembra che, in questo caso, un processo regionale diverso stia giocando una parte significativa. Queste aree di bassa pressione a livello del mare sono come gli occhi del ciclone delle carte meteorologiche, e la loro danza ha il potere di influenzare le correnti d’aria ad alta quota.

Allo stesso modo, al nord di alcune regioni di alta pressione, troviamo zone di bassa pressione che si estendono lungo ampi tratti del pianeta, dalla terraferma asiatica all’oceano. Questi tappeti di pressione modellano i venti occidentali a 50°N e illustrano la danza coreografata di forze atmosferiche che abbiamo esplorato.

Con l’avvicinarsi del giorno -2, la scena cambia: le onde di pressione vengono catturate dai treni d’onda in evoluzione e spinte verso sud, al di là delle grandi montagne di Asia e Nord America, generando una sorta di torsione negativa su queste montagne. È come se una forza invisibile stesse tirando una coperta verso il basso, portando con sé le correnti d’aria.

E mentre si disegna il modello simile alla PNA, ci imbattiamo in una nuova svolta: un consolidamento di zone di bassa pressione sopra le acque equatoriali del Pacifico, come se si stesse aprendo una porta che lascia passare venti ancora più forti lungo il 25°N. Questo, a sua volta, contribuisce a un incremento delle forze frenanti.

Ma prima di immergerci in esempi concreti, ci fermiamo a considerare l’idea che il modello della PNA possa giocare un ruolo in questa storia atmosferica. Utilizzando una metrica giornaliera per catturare l’essenza della PNA, gli scienziati hanno confermato la connessione, trovando che l’indice della PNA segue stretti legami con le forze frenanti che abbiamo identificato, evidenziando un ritmo sincronizzato tra questi due fattori.

In quest’indagine sul tempo, vediamo come ogni pezzo del puzzle si incastra con un altro, confermando un legame tra il complicato schema della PNA e il movimento generale dell’atmosfera, una conferma supportata non solo da osservazioni quotidiane ma anche da solide statistiche.

La Figura 5 ci presenta una serie di scene dinamiche tratte dal grande teatro dell’atmosfera terrestre, mostrando come i venti ad alta quota e le pressioni sulla superficie del pianeta cambiano e interagiscono nel corso del tempo, in prossimità di un evento atmosferico non specificato.

  • Nel Pannello (a), dieci giorni prima dell’evento, vediamo un anello di venti potenti che abbraccia le medie latitudini del nostro emisfero, una specie di corona di aria in movimento che segna un getto aereo deviato verso nord. Le aree di alta e bassa pressione sono sparse come macchie di colore, con il blu che denota le zone di maggiore pressione e il rosso quelle di minore, tracciando un quadro di condizioni atmosferiche inusuali.
  • Nel Pannello (b), al giorno -6, l’atmosfera si sta preparando per l’azione, con i venti che iniziano a organizzarsi in complessi modelli ondulatori sopra l’Asia settentrionale, come trame in un tessuto che si intrecciano e si snodano.
  • Al Pannello (c), due giorni prima dell’evento, l’intensità aumenta con i venti che formano treni d’onda più definiti. Queste onde atmosferiche interagiscono con zone di variazione di pressione, che potrebbero essere paragonate a dune nel deserto modellate dal vento, ma in questo caso sono le creste e le valli della pressione atmosferica a plasmarsi.
  • Infine, nel Pannello (d), quattro giorni dopo l’evento, l’atmosfera sta ancora rispondendo, riorganizzandosi in un nuovo equilibrio dopo l’agitazione portata dal giorno cruciale.

In tutte queste mappe, non vediamo solo semplici variazioni casuali ma modelli definiti, le frecce indicano esattamente dove e come il vento cambia con forza e direzione, e l’ombreggiatura ci dice dove la pressione sale o scende significativamente. Le zone colorate sono testimoni affidabili di questi cambiamenti, poiché ogni tonalità è stata verificata per la sua affidabilità e non è finita sulla mappa per caso.

Insieme, questi pannelli raccontano una storia di movimento e cambiamento, una narrazione di venti e pressioni che danzano insieme in un intricato valzer guidato dalle leggi della fisica e dai ritmi imprevedibili della natura.

La Figura 6 ci porta indietro nel tempo ai primi due mesi del 1998, offrendoci una panoramica visiva su come il movimento dell’aria intorno al nostro pianeta si discostava dal solito durante quel periodo.

Nel Pannello (a), abbiamo una specie di mappa termica che ci mostra la “temperatura” del movimento dell’aria intorno alla Terra – non una temperatura misurata in gradi, ma in velocità e direzione del vento rispetto alla media. Le tonalità calde, i rossi e gli arancioni, si spandono attraverso le latitudini come le creste di un’onda di calore, indicando dove l’aria si muoveva più velocemente del normale. I blu e i viola, come valli ombrose, raccontano di correnti più lente. Questa mappa è stata levigata per mostrare le tendenze più ampie senza distrazioni minori, proprio come potremmo sfumare una foto per catturare l’essenza di un panorama.

Scendendo al Pannello (b), il grafico sembra la registrazione di un battito cardiaco, con picchi e valli che riflettono i palpiti del pianeta – qui è il battito del momento angolare atmosferico globale che vediamo. Ogni picco e ogni depressione sul grafico è un giorno in cui il vento globale accelerava o rallentava, tracciando una sorta di ritmo nel nostro clima che gli scienziati cercano di interpretare.

Questi due punti di vista, uno un resoconto lisciato delle medie latitudinali e l’altro un battito giornaliero del globo intero, ci forniscono uno spaccato di come il nostro mondo respirava e si agitava nei primi due mesi del 1998. Insieme, raccontano una storia di cambiamenti sottili ma potenti nell’atmosfera, cambiamenti che possono scuotere il tempo e il clima in modi che forse solo gli scienziati possono davvero apprezzare.

5. Studi di Caso: 1997/98 e 2000/01

Esaminiamo due studi di caso particolarmente illuminanti. Il primo è ambientato durante il noto El Niño del 1997/98, quando il movimento dell’aria intorno alla Terra ha prima guadagnato poi perso velocità in maniera significativa. Il secondo caso avviene in un periodo di La Niña nel 2000/01, che nonostante fosse relativamente debole, ha mostrato un simile modello di accelerazione e decelerazione, ma in direzione opposta.

Sebbene questi fenomeni potessero essere osservati nel contesto più ampio del MJO, non esiste una connessione diretta e semplice tra queste oscillazioni tropicali e le forze esercitate dalle montagne nelle latitudini medie. I casi studiati mostrano come il movimento globale e la distribuzione zonale dell’aria e delle sue forze associate cambiano, rappresentati da un insieme di mappe che disegnano le variazioni della pressione superficiale e i venti che contribuiscono a tali forze.

Gennaio–Febbraio 1998

Guardando i dettagli del primo caso, vediamo che l’inizio dell’anno 1998 era già caratterizzato da venti insolitamente veloci nelle regioni subtropicali, un segnale del persistente El Niño. Intorno al 18 gennaio, si intensificano i movimenti dell’aria verso sud attorno ai 40°N, portando a un consolidamento dei venti zonali ad alta quota. Il picco di questa attività si verifica il 6 febbraio, seguito poi da un rapido ritorno alla normalità a metà febbraio.

Le mappe rivelano come le anomalie positive di forza nelle montagne abbiano spinto il movimento dell’aria a livelli più alti, mostrato da un pattern di monopolo nell’emisfero settentrionale. Queste forze sembrano poi essersi spostate, lasciando spazio a un marcato calo nella regione subtropicale settentrionale, dove una serie di forze frenanti ha lavorato per rallentare l’aria e riportarla a valori più usuali.

Le mappe sinottiche ci danno poi una visione più dettagliata, mostrandoci le anomalie di pressione che precedono e contribuiscono al torque delle montagne, nonché i venti superficiali che giocano un ruolo chiave nelle forze frenanti. Mentre il modello della PNA emerge chiaramente, vediamo una rappresentazione visiva di come le varie forze atmosferiche si intreccino in un ciclo che, nonostante si discosti dalla media in termini di durata, si adatta bene ai modelli previsti dalle regressioni.

La Figura 7 ci porta a esplorare le forze invisibili che modellano il nostro clima. Attraverso tre diversi pannelli, ci viene data una visione dettagliata di come le montagne e il torque frenante, che rappresentano la forza di torsione dell’atmosfera terrestre, si comportavano nei primi due mesi del 1998.

  • Pannello (a): Qui, abbiamo una mappa delle anomalie del torque delle montagne distribuite per latitudine. Come se osservassimo la Terra da una posizione privilegiata, vediamo che in alcune regioni, rappresentate dai colori più caldi, le montagne hanno esercitato una forza maggiore sul movimento dell’aria, mentre in altre, indicate dai toni più freddi, la loro influenza è stata minore del solito.
  • Pannello (b): Questo grafico ci mostra come queste forze hanno fluttuato nel tempo a livello globale. Le linee si muovono su e giù come le onde di un mare agitato, con la linea più spessa che liscia le creste e le valli per darci un senso della tendenza generale, mentre la linea più sottile ci mostra le singole onde giornaliere. Accanto a questa, un’altra linea ci racconta la storia del torque frenante, mostrando come la resistenza all’aria si sia manifestata di giorno in giorno.
  • Pannello (c): In questo diagramma, la storia continua, ma stavolta ci concentriamo sul torque frenante lungo diverse latitudini. Ancora una volta, i colori più vivaci ci parlano di una forza maggiore nel rallentare il vento, mentre i colori più scuri ci suggeriscono un impatto più lieve.

Attraverso questi pannelli, possiamo quasi “sentire” il mondo respirare. Le montagne spingono e tirano l’aria che ci circonda, creando onde che i grafici catturano come impronte sulla sabbia, mentre il torque frenante lavora costantemente per calmare questi movimenti o per intensificarli. La Figura 7 ci fornisce quindi un’istantanea dell’impatto complessivo di questi fenomeni sul clima globale in un periodo di grande attività climatica.

b. Gennaio–Febbraio 2001

Nei primi due mesi del 2001, la narrazione climatica si è tinta di contrasti rispetto all’anno precedente. Durante questo periodo, abbiamo assistito a una sorta di impulso negativo nel torque delle montagne: un segnale forte e repentino che ha portato poi a un balzo altrettanto deciso nella direzione opposta.

Mentre il 1998 era stato segnato da un El Niño che aveva gradualmente accelerato il movimento dell’aria globale, il 2001 si è aperto sotto l’egida di una La Niña che, combinata a variazioni tipiche dei cicli atmosferici, ha inizialmente rafforzato le anomalie esistenti. Tuttavia, queste sono poi entrate in una fase di declino, ripercorrendo la variazione osservata di AAM.

Nel 2001, la scena si è impostata con un trasporto di momento verso nord improvviso e marcato che ha colpito verso la fine di gennaio, lasciando una traccia delicata ma evidente nelle anomalie della velocità del vento a 50°N. Questo movimento ha portato a un rapido declino delle anomalie globali di AAM, che hanno toccato il fondo nei primi giorni di febbraio per poi risalire sorprendentemente al di sopra dello zero.

Le anomalie dei venti zonali e la pressione a livello del mare mostrano un quadro inverso rispetto al caso precedente. Le mappe evidenziano un flusso superficiale occidentale intenso nelle medie latitudini alla fine di gennaio, con conseguenti anomalie negative della pressione alle alte latitudini che hanno fatto da preludio a un torque negativo delle montagne.

Questo periodo è stato caratterizzato da un’attività di monopolo delle montagne nelle medie latitudini che ha persistito per una settimana circa, spingendo l’anomalia globale a livelli eccezionali. In risposta a questo, le anomalie del torque frenante sono divenute fortemente positive, agendo come un contrappeso e portando le anomalie di AAM nuovamente verso la neutralità. La Figura 11 ci regala quindi una serie di immagini istantanee, quasi come fotografie, che catturano le variazioni di pressione alle alte latitudini e i cambiamenti nei flussi d’aria superficiali che hanno contribuito a plasmare questo insolito pattern climatico.

In conclusione, il 2001 è stato un periodo che ha messo in evidenza il legame intimo e complesso tra le varie forze atmosferiche, con mappe e grafici che ci raccontano una storia di movimenti atmosferici sincronizzati, tessendo insieme le forze delle montagne, i venti zonali e i pattern di pressione in una trama complessa che ha lasciato un’impronta duratura nel clima di quel periodo.

La Figura 8 offre tre snapshot distinti che ci aiutano a visualizzare come la pressione a livello del mare (SLP) e i venti zonali superficiali variavano durante momenti specifici nel gennaio e febbraio del 1998.

  • Pannello (a): Qui abbiamo le anomalie di SLP registrate tra il 18 e il 23 gennaio 1998. L’immagine mostra variazioni di colore che vanno dal verde al rosso per indicare anomalie positive, dove la pressione era superiore al normale, e dal blu al viola per anomalie negative, dove la pressione era inferiore. Le variazioni sono segnate in intervalli di 2 hPa, offrendo una mappa colorata di come la pressione fluttuava su larga scala in quel periodo.
  • Pannello (b): Questo schema rappresenta le anomalie di SLP ottenute sottraendo la media dei giorni 23, 24, 27 e 28 gennaio dalla media dei giorni 20, 21, 25 e 30 gennaio 1998. La mappa evidenzia le zone di alta e bassa pressione risultanti da questa operazione, dando un’idea di come le pressioni si siano compensate o contrastate in quei giorni, e mostrando la dinamica delle differenze di pressione attraverso la topografia dell’Asia orientale e del Nord America.
  • Pannello (c): Qui sono visualizzate le anomalie dei venti zonali superficiali per l’intervallo dall’1 all’11 febbraio 1998. Le anomalie positive, dove i venti erano più forti del solito, sono rappresentate dal verde al rosso, mentre le anomalie negative, dove i venti erano più deboli, sono dal blu al viola. Anche qui, l’intervallo di ombreggiatura è di 2 m/s, permettendoci di percepire la forza dei venti durante quel periodo.

Insieme, queste tre mappe forniscono un’immagine potente delle variazioni atmosferiche avvenute nel primo trimestre del 1998, rivelando i giochi di pressione che hanno contribuito a modellare il clima in quei mesi critici.

La Figura 9 ci trasporta nel primo bimestre del 2001, dove due distinti grafici ci raccontano la storia delle fluttuazioni atmosferiche in quel periodo.

Nel Pannello (a), è come se avessimo una mappa termografica che rileva non il calore, ma la velocità e la direzione dei venti lungo diverse fasce latitudinali della Terra. L’intero spettro di colori, dal giallo al viola, si dispiega mostrando dove i venti hanno soffiato con insolita forza o debilità. Questo quadro colorato ci offre una visione diretta delle perturbazioni nell’aria: dove è stata inquietamente attiva e dove insolitamente tranquilla.

Scendendo al Pannello (b), vediamo una curva che sale e scende nel tempo, quasi come le onde di un mare in tempesta. Questo grafico ci mostra il totale globale di queste anomalie di vento, registrando ogni cambiamento significativo come se fosse il respiro del pianeta. Gennaio inizia con un susseguirsi di “respiri profondi”, che poi si adagiano in “sospiri” meno intensi a febbraio, riflettendo una fase di calma dopo le escursioni iniziali.

Insieme, questi due elementi della Figura 9 narrano una vicenda di contrasti dinamici nel cielo di inizio 2001, come se i venti avessero danzato a ritmi cambiati sotto la direzione di forze invisibili, lasciandoci spettatori di un balletto naturale di dimensioni planetarie.

6. Discussione e Conclusioni

Questo studio mette in luce le forze sottili ma potenti che guidano il nostro clima. Si è scoperto che il torque frenante globale, ovvero la forza che rallenta il movimento dell’aria, e il torque delle montagne, che invece lo stimola, sono strettamente intrecciati. Il primo mostra variazioni che si dissipano in un tempo simile a quello dei cicli climatici noti e dei pattern di teleconnessione, circa da 6 a 10 giorni. Il torque delle montagne, d’altra parte, ha una variazione più irregolare e si associa alle perturbazioni atmosferiche che attraversano le catene montuose, diffondendo energia in modo diffuso.

È interessante notare come queste due forze siano correlate nel tempo: il torque frenante tende a manifestarsi prima del torque delle montagne. Questo legame è spiegato dai modelli di Markov, che rivelano come il torque delle montagne sia la spinta iniziale per le variazioni dell’AAM, mentre il torque frenante funge da moderatore, attenuandole. In termini più semplici, ciò significa che ci sono processi dinamici nell’atmosfera che collegano direttamente le due forze.

Più in profondità, abbiamo esplorato come anomalie specifiche di pressione associate al torque frenante influenzino la fase successiva e l’intensità del torque delle montagne. Questa scoperta aggiuntiva va oltre i semplici modelli previsti e tocca la complessità dei processi atmosferici in gioco.

Abbiamo anche esaminato come i fenomeni tipici si sviluppino in maniera simile a quelli descritti per il torque delle montagne, mostrando che esiste un ritardo di alcuni giorni tra il picco del torque delle montagne e quello del torque frenante. Questi eventi tendono ad avere una durata maggiore e sono associati a variazioni più estese dell’AAM globale, con strutture sinottiche che variano significativamente da caso a caso.

Le analisi ci hanno guidato a considerare il legame con le fluttuazioni dell’indice zonale, spesso innescate da movimenti di momento atmosferico. Queste, a loro volta, si riflettono nelle variazioni medie zonali dell’AAM, che sono in linea con le principali modalità di variazione atmosferica osservate durante l’inverno nell’emisfero settentrionale. Approfondendo, è emersa una narrativa più chiara: forti movimenti di aria causati da flussi atmosferici impulsivi attraversano i nostri cieli, innescono le anomalie nell’AAM e poi si stemperano a causa dell’attrito con la superficie terrestre.

In conclusione, lo studio approfondisce la nostra comprensione dei ritmi sottili ma determinanti che governano l’atmosfera del nostro pianeta, rivelando un intricato intreccio di forze dinamiche che regolano il clima globale.

La nostra discussione si avventura nel complicato mondo dei torques atmosferici, due forze apparentemente invisibili che giocano un ruolo fondamentale nel modellare il nostro clima. La ricerca si è concentrata su un particolare gruppo di eventi in cui le variazioni dei venti zonali hanno contribuito a creare significativi torque delle montagne in Asia e Nord America. Queste anomalie non sono brevi, ma durano e si intensificano, legate strettamente ai flussi transitori che accompagnano il torque delle montagne.

Uno degli aspetti chiave scoperti è che queste forze atmosferiche non agiscono indipendentemente. Invece, ci sono delle connessioni con i treni d’onda di Rossby e il noto pattern di teleconnessione PNA. Ad esempio, i pattern che precedono la crescita del PNA si allineano con quelli identificati in studi passati. Si è scoperto che il pattern PNA può emergere da un modello circolatorio iniziale ottimale, crescendo poi attraverso un processo prevedibile.

Più in profondità, studiando il meccanismo di sviluppo del PNA, si è rivelato un ruolo dominante delle interazioni barotropiche, che agiscono con il flusso climatico asimmetrico. Nel caso in studio, alcune anomalie significative sull’oceano Pacifico e Atlantico hanno preceduto l’amplificazione delle onde barocliniche che hanno generato i torque delle montagne.

La nostra esplorazione suggerisce anche che, sebbene alcuni modelli identifichino un punto di partenza già definito per i centri PNA, in realtà possono esistere precursori ben prima che questi centri si stabiliscano. In effetti, è stato notato che nelle fasi iniziali dell’evoluzione di queste anomalie, i flussi transitori svolgono un ruolo chiave.

Studi di casi specifici di due inverni recenti hanno evidenziato che tali eventi iniziano con periodi di forzature persistenti sul getto aereo dell’emisfero settentrionale. Ad esempio, El Niño ha innescato trasporti di momento verso sud nel 1998, mentre La Niña e altre dinamiche hanno provocato trasporti verso nord nel 2001. In entrambe le circostanze, le anomalie esistenti si sono amplificate a causa delle interazioni col torque delle montagne e sono poi diminuite quando queste stesse interazioni hanno promosso la crescita del torque frenante.

Nonostante i casi studiati siano accaduti al di fuori del periodo utilizzato per le regressioni, si sono integrati sorprendentemente bene nell’evoluzione generale prevista dai modelli. Questi eventi rappresentano casi estremi che si distinguono per la loro forza nell’ambito delle anomalie osservate.

C’è di più in questa saga climatica che non abbiamo ancora esplorato: altri segnali convettivi tropicali e subtropicali, per esempio, potrebbero avere un ruolo di feedback nella danza tra il torque delle montagne e quello frenante. Tuttavia, è chiaro che il torque frenante studiato qui dovrebbe essere visto come una modalità extratropicale a sé stante, intrecciata strettamente col torque delle montagne e influenzando le variazioni globali di AAM attraverso un mix di processi stocastici e cicli naturali.

Nel primo scorcio del 2001, la Figura 10 dipinge un quadro dinamico delle forze invisibili che giocano a braccio di ferro con l’atmosfera terrestre. Ogni grafico e curva ci racconta una storia di come la natura tirava le redini del vento e della pressione attraverso il torque delle montagne e il torque frenante.

  • Pannello (a): Come uno spettro di colori in un arcobaleno, vediamo le zone dove il torque delle montagne ha esercitato la sua forza con maggiore o minore intensità rispetto al normale, evidenziate rispettivamente da colori caldi e freddi. È un po’ come vedere le onde del mare: le creste gialle e rosse si alzano laddove il torque spingeva più forte, mentre le valli verdi e viola si abbassano dove la sua presa allentava.
  • Pannello (b): Qui, la narrazione diventa un racconto giornaliero, con le curve che salgono e scendono tracciando il susseguirsi dei giorni. I punti neri, come segnalibri sul percorso del tempo, marcano momenti chiave che trovano eco nella Figura 11, punti di svolta o di approfondimento nei capitoli del racconto meteorologico di quel bimestre.
  • Pannello (c): E infine, completando il trio, osserviamo le variazioni del torque frenante distribuite attraverso il globo. Ancora una volta, la palette di colori ci comunica dove i venti erano trattenuti con più forza (in rosso e giallo) e dove invece la loro corsa era meno impetuosa (in verde e viola).

L’insieme di questi tre pannelli ci regala una visione olistica delle variazioni atmosferiche durante i mesi di gennaio e febbraio 2001. È come se potessimo quasi toccare le corde vibranti dell’atmosfera, osservando le tensioni che si generavano e si scioglievano nel tessuto del clima di quell’anno, sotto l’influenza di forze tanto potenti quanto sottili.

Nella Figura 11, ci immergiamo in una sequenza di mappe che documentano le fluttuazioni della pressione atmosferica e dei venti all’inizio del 2001, ognuna con la sua particolare storia da raccontare.

  • Pannello (a): Immaginatevi di volare alto sopra la Terra, guardando giù verso le masse d’aria che si muovono e cambiano. Le tonalità di verde si trasformano in rosso laddove la pressione si alza, come montagne emergenti in un paesaggio altrimenti pianeggiante. I blu e i viola, al contrario, segnalano valli di bassa pressione che si snodano tra le creste. Tra il 22 e il 26 gennaio 2001, è come se un pittore avesse utilizzato il suo pennello per segnare zone di intensa attività atmosferica.
  • Pannello (b): Pochi giorni dopo, dal 29 al 31 gennaio, il quadro della pressione si evolve. Si possono quasi sentire i cambiamenti nell’aria, con le anomalie di pressione che dipingono una mappa mutevole. Il modello è dinamico, suggerendo un mondo di variazioni costanti nel soffio del vento e nel peso dell’aria sopra di noi.
  • Pannello (c): Infine, tra il 6 e l’11 febbraio, le anomalie dei venti zonali superficiali si svelano, con colori vivaci che segnalano dove il vento si è scatenato con maggiore ferocia e tonalità più scure che indicano una calma relativa. È un riflesso delle forze invisibili che spingono e tirano l’aria in tutto il globo.

Ogni pannello è un capitolo in questa epopea climatica, un resoconto delle forze che hanno modellato il tempo atmosferico all’inizio del nuovo millennio. È una testimonianza di come variabili apparentemente astratte come la pressione e i venti possano avere effetti tangibili, trascrivendo i ritmi del nostro mondo naturale in un linguaggio di colori e forme che possiamo osservare e interpretare.

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