Sebbene il Fenomeno El Niño-Oscillazione Meridionale (ENSO) sia un fenomeno prevalentemente troposferico, i suoi effetti sono osservabili anche nella stratosfera. Tradizionalmente, lo studio dell’ENSO al di sopra della troposfera è stato complicato a causa della mancanza di osservazioni globali a elevate altitudini e anche per la presenza di altre fonti di variabilità, i cui segnali sono difficili da separare dagli effetti dell’ENSO. Recenti lavori con modelli di circolazione generale, che isolano il segnale dell’ENSO, hanno dimostrato la sua propagazione ascendente verso la stratosfera. In questo articolo, esaminiamo la letteratura in questo campo e presentiamo i risultati dall’ultima versione del Modello Climatico della Comunità per l’Intera Atmosfera per illustrare la propagazione e i meccanismi attraverso i quali il segnale si manifesta nella stratosfera. Il segnale dell’ENSO si propaga verso l’alto fino a circa 40 km attraverso le onde di Rossby su larga scala. La propagazione è fortemente influenzata dai venti zonali medi zonali. La maggior parte degli eventi ENSO intensi tendono a raggiungere il picco in inverno boreale, quindi il segnale dell’ENSO è osservabile principalmente alle alte latitudini durante l’inverno dell’emisfero settentrionale, dove i venti sono prevalentemente occidentali e favoriscono la propagazione delle onde di Rossby. Il segnale dell’ENSO è inoltre identificato alle latitudini polari nell’inverno dell’emisfero settentrionale, manifestandosi sotto forma di temperature più elevate e venti più deboli durante un forte evento El Niño. Questo segnale mostra un comportamento zonalmente omogeneo, risultante dall’intensificazione della circolazione meridionale stratosferica (in cui l’aria ascende nei tropici e si sposta verso il polo invernale, dove scende) a causa della propagazione e della dissipazione anomala delle onde di Rossby a medie latitudini durante eventi ENSO intensi.

Parole chiave: dinamiche della stratosfera; variabilità ENSO; climatologia

Introduzione

Il Fenomeno El Niño-Oscillazione del Sud (ENSO) rappresenta un fenomeno accoppiato tra oceano e atmosfera. La sua fase calda, nota come El Niño, si riferisce alla componente oceanica del sistema, caratterizzata da un anomalo riscaldamento nell’area orientale del Pacifico tropicale, solitamente nel periodo invernale dell’emisfero settentrionale. Il termine Oscillazione del Sud si riferisce alla variazione nella pressione a livello del mare tra l’est del Pacifico e l’Oceano Indiano. L’ENSO è riconosciuto come una delle principali fonti di variabilità nella troposfera tropicale ed è stato correlato a cambiamenti nel flusso a getto, la potente corrente di vento occidentale concentrata a medie latitudini nella parte superiore della troposfera; a variazioni nel sistema monsonico in Asia e Australia; e a cambiamenti nella frequenza dei cicloni in Europa.

Nelle ultime decadi, numerosi ricercatori hanno analizzato gli effetti dell’ENSO sia nei tropici che nelle regioni extratropicali. In genere, questi studi hanno caratterizzato il fenomeno ENSO attraverso un indice di pressione, calcolato come la differenza di pressione tra la parte orientale e quella occidentale del Pacifico, o utilizzando un indice di temperatura della superficie marina (SST), ottenuto mediando la SST in una regione selezionata del Pacifico tropicale orientale. La maggior parte dei ricercatori ha osservato una risposta nella troposfera tropicale che segue l’indice ENSO con un ritardo di 3-6 mesi, a seconda del set di dati e dell’indice utilizzato. La distribuzione spaziale del segnale ENSO è stata anch’essa ampiamente studiata. Durante la sua fase calda, o El Niño, il segnale ENSO è caratterizzato da un marcato riscaldamento nella regione centrale ed orientale del Pacifico, così come nella maggior parte dell’Oceano Indiano e nel sud-est dell’Africa. Nel Pacifico occidentale tropicale, le anomalie di temperatura formano un “modello a ferro di cavallo” con le estremità orientate verso est. Le osservazioni della radiazione infrarossa a lunghe onde (OLR) e delle temperature misurate dai radiometri MSU a bordo dei satelliti mostrano che il riscaldamento massimo si verifica ad est delle anomalie di precipitazione osservate attorno alla linea del cambio di data. La Figura 1 illustra il modello anomalo nella troposfera inferiore tropicale per le temperature MSU nel gennaio 1998, durante uno degli eventi El Niño più intensi del secolo scorso. Il modello a ferro di cavallo è evidenziato in grigio nella figura, dove le anomalie di temperatura superano 1 K.

Gli impatti dell’ENSO sulle temperature sono evidenti anche a medie latitudini, sebbene la risposta termica della troposfera in queste aree non sia intensa quanto nei tropici. Durante un episodio caldo di El Niño, si osserva un riscaldamento anomalo nella parte nord-occidentale del Nord America e nella parte occidentale del Sud America, mentre un raffreddamento anomalo si verifica nel sud-est del Nord America e nella parte centrale delle Ande. Queste anomalie, che si verificano lontano dai tropici, sono note come “teleconnessioni”.

Studi teorici e modellistici hanno evidenziato che le teleconnessioni sono osservabili a causa dell’attività convettiva nella regione tropicale, che genera onde di Rossby (grandi perturbazioni derivanti dalla variazione della forza di Coriolis in funzione della latitudine; vedi, ad esempio, Riferimento 15). Pertanto, anomalie nella distribuzione dell’attività convettiva causano variazioni nel pattern delle onde atmosferiche, le quali a loro volta producono anomalie nella temperatura. Horel e Wallace hanno dimostrato che le teleconnessioni ENSO nell’emisfero settentrionale sono osservabili solamente quando i venti sono occidentali alle basse latitudini (nella metà dell’anno invernale, quando le depressioni dell’Atlantico e del Pacifico sono spostate verso l’equatore). Il Pattern del Nord America del Pacifico (PNA) è tra le teleconnessioni più significative legate all’ENSO nell’emisfero settentrionale, che nella sua fase positiva produce altezze geopotenziali superiori alla media nelle vicinanze delle Hawaii e nella regione intermontana del Nord America, e altezze geopotenziali inferiori alla media a sud delle Isole Aleutine e nel sud-est degli Stati Uniti. La sua relazione con l’ENSO è discussa in numerosi studi.

Nell’emisfero meridionale, le ricerche evidenziano anomalie legate all’ENSO nelle regioni ad alta latitudine, come l’Antartide, e nelle latitudini più basse in Australia e Sud America. Inoltre, l’ENSO influenza anche due modelli di variabilità nell’emisfero meridionale: il Pattern del Sud America del Pacifico (PSA) e l’Oscillazione Antartica (AAO). Alcuni studi hanno inoltre rivelato che la risposta della temperatura atmosferica all’ENSO presenta una componente non lineare, ossia la risposta non è simmetrica per le fasi calde (El Niño) e fredde (La Niña) del fenomeno.

Il comportamento dell’ENSO sembra essere stato influenzato dal cambiamento interdecennale osservato in diverse variabili climatiche alla fine degli anni ’70. Da un lato, questo cambiamento ha alterato lo sviluppo e l’evoluzione della Temperatura della Superficie del Mare (SST) nel Pacifico tropicale. Dopo il 1976/1977, si è verificato un riscaldamento della temperatura superficiale nel Pacifico occidentale e centrale, che si è successivamente esteso verso la parte orientale del bacino. Prima di tale data, le anomalie positive di temperatura venivano prima osservate lungo la costa occidentale del Sud America e si spostavano verso ovest, come evidenziato dall’analisi di Rasmusson e Carpenter per il periodo 1951-1972. Inoltre, sono stati rilevati cambiamenti nei pattern di circolazione atmosferica su larga scala, come un’intensificazione del pattern del Pacifico Nord-Americano (PNA) durante eventi ENSO intensi, a partire dal 1979. L’origine di questi cambiamenti non è completamente chiara, sebbene alcuni studi suggeriscano un’influenza maggiore del ciclo annuale negli eventi ENSO dopo gli anni ’70, mentre altri propongono una modulazione delle teleconnessioni tropicali dall’Oscillazione Decadale del Pacifico, legata alle SST nel Pacifico settentrionale.

L’evoluzione temporale del segnale ENSO è stata anch’essa oggetto di ampio studio. Kelly e Jones hanno identificato due schemi di variabilità nelle SST correlati all’ENSO, con un ritardo di tre mesi tra loro. Nella temperatura troposferica, Yulaeva e Wallace hanno identificato due diversi schemi ritardati di cinque mesi. Più di recente, Calvo et al. hanno identificato tre diversi schemi spaziali nelle temperature troposferiche correlati all’ENSO e hanno studiato la loro evoluzione temporale. Le anomalie di temperatura correlate all’ENSO si manifestano inizialmente come due diversi schemi di onde: il primo precede il completo sviluppo delle anomalie SST tropicali, mentre il secondo si sviluppa in concomitanza con esso. Questi schemi sembrano rappresentare la risposta delle onde equatoriali al rilascio anomalo di calore latente. Il riscaldamento atmosferico zonalmente simmetrico, che segue lo sviluppo delle anomalie SST, è interpretato come una risposta diabatica ai cambiamenti nel bilancio energetico superficiale durante gli eventi ENSO.

Oltre al segnale ENSO nella troposfera, diversi studi recenti hanno fornito prove che l’ENSO si propaga verso l’alto influenzando anche la stratosfera. Questo strato, dove la temperatura aumenta con l’altitudine principalmente a causa dell’assorbimento della radiazione ultravioletta da parte dell’ozono, si estende da circa 15 km di altitudine nei tropici (o 8-10 km nelle regioni extratropicali) fino a circa 50 km, situandosi tra la troposfera (sotto) e la mesosfera (sopra). In questo lavoro, presentiamo una panoramica del segnale ENSO nella media atmosfera, insieme ai risultati di un nuovo modello di circolazione generale che illustrano la propagazione del segnale ENSO e i meccanismi attraverso i quali il segnale raggiunge la stratosfera. La Sezione 2 esamina la letteratura relativa al segnale ENSO stratosferico; la Sezione 3 introduce il modello numerico e la metodologia utilizzati in questo studio; e la Sezione 4 presenta i risultati principali. Le conclusioni sono riassunte nella Sezione 5.

La Figura 1 è una rappresentazione cartografica delle anomalie di temperatura nella troposfera inferiore registrate nel gennaio 1998, ottenute dal Microwave Sounding Unit (MSU) sul satellite NOAA. Il parametro specifico indicato con “MSU T2L” si riferisce al canale di misura del radiometro che rileva la temperatura della fascia atmosferica più bassa, approssimativamente i primi pochi chilometri sopra la superficie terrestre.

L’intervallo dei contorni, ovvero la differenza di temperatura tra una linea di contorno e l’altra, è di 1 Kelvin (K), che serve a distinguere le variazioni termiche nella mappa. Le linee continue rappresentano i contorni dove le anomalie di temperatura sono positive, cioè dove la temperatura osservata era superiore alla media climatologica di riferimento. Al contrario, i contorni tratteggiati rappresentano anomalie negative, dove la temperatura era inferiore alla norma.

Le regioni ombreggiate mettono in evidenza le aree dove le anomalie di temperatura erano superiori a 1 K. In particolare, la distribuzione di queste anomalie mostra un modello a ferro di cavallo, caratterizzato da riscaldamenti (anomalie positive) concentrati nel Pacifico centrale e orientale, con estremità che puntano verso est. Questa configurazione è tipica di un evento El Niño, durante il quale si verifica un riscaldamento significativo delle acque superficiali nel Pacifico equatoriale orientale.

Questo pattern di riscaldamento è significativo poiché le anomalie termiche possono modificare la dinamica delle onde atmosferiche e la circolazione generale dell’atmosfera, portando a una cascata di effetti climatici che possono influenzare i modelli meteorologici su scala globale. Ad esempio, durante un forte evento El Niño, si possono verificare cambiamenti nei regimi delle piogge, con siccità in alcune aree e inondazioni in altre, così come variazioni nelle temperature stagionali e negli schemi dei venti a livello globale.

Il Segnale ENSO nella Stratosfera”

I pionieristici studi sull’influenza dell’ENSO nella stratosfera, condotti attraverso osservazioni, includono quelli di Wallace e Chang, van Loon e Labitzke, Hamilton, Baldwin e O’Sullivan, e Kodera et al. Tuttavia, i risultati di tali studi non presentano una coerenza uniforme. Alcune ricerche evidenziano una connessione tra l’ENSO e la circolazione ciclonica su larga scala osservata sopra la regione polare nella stratosfera dell’Emisfero Settentrionale, usualmente identificata come il vortice polare. Durante un intenso evento El Niño, alcuni ricercatori hanno osservato un vortice polare più debole in concomitanza con un’intensificazione del centro di alta pressione localizzato sopra la regione delle Aleutine. Altri studiosi non hanno rilevato una relazione statisticamente significativa tra l’ENSO e la stratosfera, sottolineando le difficoltà nel distinguere il segnale ENSO da altre fonti di variabilità che influenzano la stratosfera polare dell’Emisfero Settentrionale nei limitati archivi osservativi disponibili (di durata tra 20 e 30 anni).

Gli effetti dell’ENSO sulla temperatura sono stati particolarmente indagati da Reid et al., che hanno impiegato diverse stazioni di radiosondaggio nel Pacifico, e da Yulaeva e Wallace e Calvo et al., che hanno utilizzato dati di temperatura satellitare MSU sulla regione tropicale. Questi studi hanno individuato un segnale ENSO nella bassa stratosfera tropicale contrapposto a quello riscontrato nella troposfera. Alcuni autori hanno ipotizzato che un’intensificazione della circolazione meridionale tropicale, conosciuta come cella di Hadley, con movimenti ascendenti nei tropici e discendenti nelle subtropiche, potrebbe spiegare il comportamento opposto osservato tra troposfera e stratosfera. Tuttavia, Calvo et al. hanno attribuito il raffreddamento stratosferico tropicale sul Pacifico orientale a una manifestazione di onde equatoriali interne indotte da convezione anomala nella troposfera a causa di variazioni nelle SST. Come illustreremo successivamente, entrambe le interpretazioni si rivelano ragionevoli poiché si riferiscono a differenti manifestazioni dell’ENSO nell’atmosfera: il suo comportamento medio-zonale e il segnale ENSO ondulatorio, rispettivamente.

Nell’analisi del segnale dell’ENSO nella stratosfera si sono incontrate diverse problematiche. Innanzitutto, l’ENSO non rappresenta una delle fonti primarie di variabilità in questo strato atmosferico come avviene per la troposfera, rendendo pertanto più arduo discernere il suo segnale in mezzo a quelli generati da altri fenomeni. Tra questi, spicca l’Oscillazione Quasi Biennale (QBO), una fluttuazione dei venti stratosferici nella regione tropicale che vede gli stessi oscillare da regime occidentale a orientale con un periodo approssimativo di 27 mesi. Si sa che la QBO modifica la regione in cui le onde di Rossby di larga scala si dissipano nella stratosfera, spingendola verso il polo o verso l’equatore a seconda dell’orientamento dei venti tropicali, influenzando così l’interazione tra le onde e la circolazione media, e di conseguenza lo stato della stratosfera nella regione polare.

La limitata estensione dei record disponibili ostacola la stratificazione delle osservazioni in base alle fasi della QBO rispetto a quelle dell’ENSO, rendendo complessa l’analisi indipendente dei due fenomeni. Altri fattori di variabilità che potrebbero sovrapporsi alla detezione del segnale ENSO nella stratosfera includono le eruzioni vulcaniche, le quali emettono aerosol nella bassa stratosfera alterando la composizione e la circolazione globale della stessa; il cambiamento climatico dovuto ai gas serra, che modifica l’equilibrio radiativo nelle vicinanze della tropopausa influenzando la struttura termica locale e la circolazione; nonché la variabilità solare, che può produrre cambiamenti chimici e dinamici nella stratosfera e mesosfera.

Un’ulteriore complicazione nell’esame del fenomeno ENSO nella stratosfera emerge dalla mancanza di osservazioni globali. La risoluzione orizzontale approssimativa e il limitato numero di livelli verticali generalmente disponibili hanno reso tali analisi complesse. Per questo, negli ultimi anni, i modelli di circolazione generale (GCM), che dispongono di una griglia globale e uniforme e sono capaci di isolare le diverse fonti di variabilità, sono emersi come strumenti fondamentali per l’indagine del fenomeno ENSO nella media atmosfera, che comprende la stratosfera e si estende fino a circa 100 km di altitudine.

Alcuni dei primi studi di modellizzazione hanno confrontato semplicemente le integrazioni del modello con e senza l’imposizione di anomalie SST nel Pacifico tropicale. Questi studi impiegavano modelli che comprendevano soltanto un numero limitato di livelli nella bassa stratosfera. Successivamente, altri lavori si sono occupati di esaminare l’influenza della variabilità delle SST sulla stratosfera polare dell’emisfero boreale, utilizzando simulazioni semplificate ma con modelli più avanzati che includevano un trattamento della media atmosfera più dettagliato. Hamilton ha replicato la variabilità ENSO nella stratosfera utilizzando il modello SKYHI del Geophysical Fluid Dynamics Laboratory di Princeton, New Jersey, con perturbazioni SST idealizzate caratteristiche degli eventi ENSO nei mesi invernali. I risultati concordavano in modo significativo con le analisi osservazionali precedentemente discusse e mostravano che gli eventi ENSO sono associati a perturbazioni stazionarie delle onde di Rossby su larga scala con numeri d’onda zonali 1 e 2. Una manifestazione di queste anomalie ondulatorie è l’intensificazione dell’Alta Pressione delle Aleutine nella media stratosfera. Lahoz ha indagato l’eventuale impatto della variabilità delle SST sulle tendenze termiche utilizzando una versione troposferica-stratosferica del Modello Unificato dell’Ufficio Meteorologico del Regno Unito. Una serie di nove simulazioni per le condizioni invernali nell’emisfero boreale dagli anni ’80 agli anni ’90 ha evidenziato che il Modello Unificato dell’Ufficio Met del Regno Unito riproduceva parzialmente la tendenza termica osservata (raffreddamento nella bassa stratosfera dell’emisfero boreale) in base alle variazioni delle SST, ma non forniva risultati definitivi riguardo la risposta all’ENSO.

Nei recenti anni, sono state eseguite numerose integrazioni decennali con modelli di circolazione generale (GCM). Generalmente, vengono ottenute diverse realizzazioni per ciascun modello e la media di queste realizzazioni viene calcolata per ottenere una media d’insieme, o media dell’ensemble. Braesicke e Pyle hanno impiegato il Modello Unificato dell’Ufficio Met del Regno Unito per confrontare diversi ensemble con e senza variabilità delle SST, riscontrando un indebolimento del vortice polare con variabilità delle SST che non sembra essere correlato agli eventi ENSO estremi. Altre ricerche specificamente focalizzate sugli effetti ENSO includono quelle di Sassi et al., con il Whole Atmosphere Community Climate Model, versione 1 (WACCM1), sviluppato presso il National Center for Atmospheric Research (NCAR); Manzini et al., che hanno utilizzato il Modello Atmosferico Medio Europeo di Amburgo MAECHAM5; e Garcia-Herrera et al., che hanno confrontato in modo dettagliato i risultati di questi due modelli con l’analisi di riassunto delle osservazioni atmosferiche del Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Raggio (ECMWF), ERA-40.

Nessuno dei modelli impiegati in questi studi ha riprodotto l’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO). Benché questa sia una mancanza dei modelli, costituisce un vantaggio nell’analisi dei risultati modellistici in quanto elimina questa ulteriore fonte di variabilità. Gli studi hanno identificato modificazioni nella circolazione stratosferica attribuibili all’ENSO e hanno illustrato il segnale ENSO in forma ondulatoria all’interno della stratosfera e il suo percorso di propagazione ascendente dalla troposfera. Hanno altresì evidenziato un nuovo aspetto non precedentemente documentato: l’ENSO esercita un effetto sulla temperatura zonale media stratosferica correlato a variazioni nella circolazione meridionale media stratosferica. Sassi et al. hanno evidenziato anomalie con la struttura di onde di Rossby planetarie che si propagano fino alla mesosfera e hanno esaminato il deposito di quantità di moto da parte delle onde sia risolte che parametrizzate durante intensi eventi ENSO nell’emisfero boreale. Manzini et al. hanno rilevato una significativa risposta nel flusso zonale medio non precedentemente osservata, con un vortice polare indebolito durante eventi ENSO caldi, ma nessun segnale significativo durante gli eventi freddi (La Niña). In aggiunta, un rafforzamento della propagazione verso il basso dell’interazione tra onde e flusso medio nell’atmosfera media è evidente in tale modello. Il lavoro di Garcia-Herrera et al. dimostra una buona concordanza tra i modelli e le rianalisi, confermando la robustezza dei risultati. Mentre la maggior parte degli studi antecedenti si è focalizzata sull’emisfero settentrionale, questa ricerca esamina anche il segnale ENSO nella stratosfera tropicale e dell’emisfero australe, confrontando diverse latitudini. Per la prima volta, viene esplicitamente mostrata in questo studio l’influenza diretta dell’ENSO sulla circolazione stratosferica tramite variazioni nella propagazione ascendente delle onde di Rossby e la relazione tra questi due fenomeni, attraverso anomalie nell’attività ondulatoria e nelle velocità di circolazione.

Modello e Metodologia”

Il WACCM3 è un Modello di Circolazione Generale (GCM) con chimica interattiva, basato sul Community Atmosphere Model (CAM3) del National Center for Atmospheric Research (NCAR) degli USA. Questo modello incorpora la maggior parte dei processi fisici e chimici rilevanti per descrivere la dinamica e la chimica dell’atmosfera sopra la troposfera, fino a un’altezza di circa 140 km. Presenta 66 livelli verticali dalla superficie fino a circa 140 km, con una coordinata verticale isobarica al di sopra dei 100 hPa (circa 16 km), ma di tipo ibrido sotto questo livello. La risoluzione verticale varia, da 1,1 km nella troposfera, al di sopra dello strato limite planetario, fino a circa 3,5 km nella parte superiore dell’atmosfera.

Il modello è stato utilizzato per simulare il periodo 1950–2004. Come condizioni al contorno, le Temperature della Superficie del Mare (SST) sono state impostate dai dati del Met Office Hadley Centre di Exeter, Regno Unito, fino al 1981 e dai dati di Smith/Reynolds successivamente. Nel modello non è presente una Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) generata internamente o prescritta esternamente. Questa assenza può essere considerata un vantaggio ai fini del nostro studio, in quanto consente l’analisi del segnale ENSO isolato da questa significativa fonte di variabilità stratosferica. Sono inclusi gli effetti chimici degli aerosol vulcanici, ma non i loro effetti radiativi. La variabilità dell’irradiazione associata al ciclo solare di 11 anni è parametrizzata in termini del flusso radio f10.7 osservato. Dettagli più approfonditi sul modello, sui processi coinvolti e sulle parametrizzazioni sono disponibili negli studi di Garcia et al. e Richter et al.

Le differenze sostanziali tra WACCM3 e WACCM1 (quest’ultimo utilizzato anche per studiare gli effetti ENSO nella stratosfera, come già menzionato) comprendono l’adozione della formulazione a volume finito di Lin per l’avvezione in WACCM3, in contrapposizione al metodo semi-Lagrangiano impiegato in WACCM1. Il metodo a volume finito rappresenta un approccio conservativo della massa nella soluzione delle equazioni fondamentali del modello, risultando particolarmente idoneo per la modellizzazione dell’avvezione di specie chimiche. Inoltre, WACCM3 integra la chimica interattiva e la variabilità del ciclo solare, non presenti in WACCM1.

I risultati qui presentati si basano su tre realizzazioni del WACCM3, condotte a una risoluzione orizzontale di 4° per 5° (latitudine per longitudine). La media dell’ensemble delle tre realizzazioni è stata calcolata per il periodo 1979-2000, al fine di facilitare il confronto con studi precedenti che hanno utilizzato lo stesso intervallo temporale. Sono stati elaborati compositi per gli eventi El Niño e La Niña più intensi, seguiti dall’analisi delle differenze (El Niño meno La Niña). Come indicato nell’Introduzione, esistono diversi indici per caratterizzare il fenomeno ENSO. Abbiamo optato per l’indice Nino3.4, che corrisponde alla media della temperatura superficiale del mare nella regione compresa tra i 120°W e i 170°W di longitudine e tra i 5°S e i 5°N di latitudine. Gli eventi ENSO caldi e freddi sono stati selezionati quando questo indice superava 1,2 deviazioni standard (Tabella 1), come in Garcia-Herrera et al. Tutti gli eventi ENSO hanno raggiunto il picco in tarda autunno o inizio inverno, ad eccezione del forte evento caldo ENSO nell’agosto 1988, escluso da questo studio per evitare interpretazioni erronee dei meccanismi coinvolti, in quanto la dinamica stratosferica è fortemente influenzata dal ciclo stagionale. Nell’analisi composita, il mese 0 indica il mese in cui tutti gli eventi ENSO hanno raggiunto il loro valore massimo dell’indice N3.4.

La significatività statistica delle anomalie rispetto alla variabilità naturale interna è stata determinata mediante un test di Monte Carlo, seguendo la metodologia di Garcia-Herrera et al. Nelle figure, le aree ombreggiate denotano anomalie significative al 95% di livello di confidenza.

La Tabella 1 cataloga i mesi di picco e i corrispondenti valori dell’indice N3.4 per gli eventi El Niño e La Niña più estremi analizzati nello studio. L’indice N3.4 quantifica le anomalie termiche della superficie marina nell’area definita tra 120°W e 170°W di longitudine e 5°S e 5°N di latitudine, funzionale alla caratterizzazione dell’intensità degli eventi ENSO.

Nella colonna “Warm ENSO Events” sono elencati gli episodi di El Niño con elevata intensità termica, come dimostrato dai valori positivi dell’indice N3.4. Un valore dell’indice N3.4 elevato riflette un’anomalia positiva sostanziale nella temperatura della superficie del mare, indicativa di un evento El Niño particolarmente intenso. Ad esempio, i valori dell’indice di 2.74 in gennaio 1983 e di 2.76 in novembre 1997 indicano due degli eventi El Niño di maggiore rilevanza durante il periodo considerato.

In contrapposizione, la colonna “Cold ENSO Events” registra gli eventi La Niña significativi, accompagnati da valori negativi dell’indice N3.4. Questi valori negativi riflettono un’anomalia termica negativa marcata nella temperatura della superficie del mare, segnalando eventi La Niña di notevole intensità. Gli indici di -1.91 in novembre 1988 e di -1.51 in dicembre 1998 rappresentano episodi di La Niña di particolare entità.

In sintesi, questa tabella fornisce un riferimento quantitativo per gli episodi estremi di ENSO selezionati, offrendo un contesto per analisi approfondite dell’influenza di tali eventi sul sistema climatico e sulla dinamica atmosferica.

Sezione: Risultati

Segnale ENSO di tipo Ondulatorio

La Figura 2 illustra il differenziale composito (El Niño meno La Niña) per le anomalie di temperatura medie mensili a 40°N dall’inizio (mese 0) al quinto mese (mese 5). Le aree ombreggiate denotano anomalie statisticamente significative secondo il test di Monte Carlo descritto nella Sezione 3. Le anomalie termiche evidenziano la propagazione ascendente del segnale ENSO dall’Oceano Pacifico verso la mesosfera per mezzo di onde di Rossby di larga scala, con anomalie negative nella troposfera e anomalie positive al di sopra della tropopausa che si inclinano verso occidente con l’aumentare dell’altitudine, indicativo di una propagazione verticale. Le onde di Rossby si originano nella troposfera a causa di fattori quali l’orografia su larga scala, il riscaldamento convettivo su larga scala e i contrasti termici terra-mare. La loro propagazione verso la stratosfera avviene primariamente durante il periodo invernale, quando la propagazione verticale è consentita da venti zonali di direzione occidentale e di intensità inferiore a un valore critico specifico. Questo limite è funzione della scala spaziale delle onde, consentendo la propagazione nella stratosfera solo a onde di Rossby ultralunghe (numeri d’onda zonali da 1 a 3). Queste condizioni sono stabilite dal criterio di Charney-Drazin. Anomalie significative sono state osservate nel WACCM3 durante i primi cinque mesi successivi al picco dell’indice N3.4, estendendosi fino a circa 40 km di altitudine, in coerenza con i risultati ottenuti dai modelli WACCM1 e MAECHAM5 come riportato da Garcia-Herrera et al., sebbene con anomalie di entità leggermente inferiore che raggiungono altitudini maggiori rispetto al dataset osservazionale ERA-40 (cfr. Figura 2 in Garcia-Herrera et al.).

Alle medie latitudini dell’emisfero australe, la propagazione del segnale ENSO è meno efficace rispetto all’emisfero boreale (come si evince dalla figura non inclusa), principalmente a causa della correlazione temporale tra i picchi ENSO e il ciclo stagionale. Gli eventi ENSO si verificano prevalentemente durante l’inverno boreale, quando i venti stratosferici nell’emisfero boreale sono occidentali e favoriscono la propagazione verticale delle onde di Rossby, conformemente al criterio di Charney-Drazin. Invece, nell’emisfero australe i venti sono orientali durante l’inverno boreale, precludendo la propagazione ascendente. Anomalie significative si manifestano in questo caso solo nella troposfera e nella bassa stratosfera, al di sotto dei 20 km.

Alle latitudini tropicali, è evidente un segnale ENSO di tipo ondulatorio confinato alla troposfera e alla bassa stratosfera, come si osserva nella Figura 3, che mostra le differenze compositive (El Niño meno La Niña) per le anomalie di temperatura medie mensili a 2°N. Il segnale ENSO di tipo ondulatorio presenta polarità opposte nella troposfera e nella bassa stratosfera, in linea con quanto documentato in precedenti studi. Questo è dovuto alle ridotte velocità di gruppo verticali delle onde di Rossby tropicali e ai venti orientali che limitano la propagazione in questa regione. Oltre la bassa stratosfera, il segnale diventa zonalmente simmetrico con le anomalie negative più marcate nel terzo mese, correlate alla circolazione meridionale media, che verrà analizzata di seguito.

La Figura 2 visualizza le anomalie compositive di temperatura (El Niño meno La Niña) a 40°N ottenute dalle simulazioni di ensemble del modello WACCM3 per i mesi 0 a 5 successivi a un evento El Niño. Ogni pannello corrisponde a un mese consecutivo dell’analisi e presenta le anomalie termiche lungo un profilo verticale dell’atmosfera.

Le linee continue indicano le anomalie termiche positive (valori di temperatura superiori alla media a lungo termine), mentre le linee tratteggiate indicano anomalie negative (valori di temperatura inferiori alla media a lungo termine). Le anomalie significative dal punto di vista statistico al livello di confidenza del 95% sono evidenziate dalle regioni ombreggiate: le ombreggiature chiare per le anomalie positive e le ombreggiature scure per quelle negative. I contorni sono tracciati a intervalli di 1 Kelvin.

L’andamento delle anomalie mostra una caratteristica inclinazione verso occidente con l’aumentare dell’altitudine, un indicatore della propagazione verticale del segnale ENSO attraverso l’atmosfera. Questo pattern riflette la dinamica delle onde di Rossby su larga scala generate nella troposfera e che si propagano verso l’alto nella stratosfera e oltre, in presenza di venti zonali occidentali che soddisfano il criterio di Charney-Drazin per la propagazione verticale delle onde.

L’aspetto cruciale rivelato dalla figura è la trasmissione del segnale ENSO dalla regione tropicale Pacifica verso la media atmosfera, evidenziando il collegamento dinamico tra i fenomeni climatici equatoriali e la circolazione atmosferica a latitudini medie e alte altitudini. Questi risultati forniscono una conferma visiva e quantitativa dell’impatto degli eventi ENSO sulla struttura termica dell’atmosfera e sono in linea con le proiezioni dei modelli WACCM1 e MAECHAM5, nonché con i dati osservazionali dell’ERA-40, sebbene con alcune discrepanze nell’ampiezza delle anomalie e nella loro estensione altitudinale.

Sezione: Segnale ENSO Medio Zonale

Parallelamente al segnale di tipo ondulatorio, l’ENSO induce anomalie nei campi medi zonali. La Figura 4 illustra le differenze composite (El Niño meno La Niña) per la temperatura media zonale. Il WACCM3 evidenzia un riscaldamento significativo della stratosfera polare durante un evento El Niño marcato, coerente con le osservazioni di studi antecedenti (per esempio, vedi Riferimenti 59–61), persistente fino a tre mesi dopo il culmine dell’indice N3.4. Questo è accompagnato da un anomalo abbassamento della temperatura nella stratosfera tropicale. La combinazione di anomalie termiche calde e fredde configura una struttura dipolare che si propaga verso il basso man mano che avanza il tempo, in consonanza con i risultati riportati nel modello MAECHAM5 di Manzini et al. Le anomalie significative più estese nel WACCM3, rilevate sia nelle regioni tropicali che polari, si manifestano nel mese 3, con valori che raggiungono fino a 7 K alle elevate latitudini. Nella regione tropicale, il riscaldamento anomalo riscontrato nella troposfera si accorda con le anomalie simmetriche zonalmente che si formano durante la fase matura di un evento ENSO caldo. Sono inoltre rilevati venti zonali medi zonali attenuati (figura non presentata) alle elevate latitudini dell’emisfero invernale durante eventi El Niño intensi, associati alle anomalie termiche calde, come previsto dall’equilibrio geostrofico.

Sezione: Interazione tra Onda e Flusso Zonale Medio

Il meccanismo riconosciuto per spiegare il segnale ENSO nella stratosfera polare invernale si basa sulla propagazione e la dissoluzione delle onde di Rossby in latitudini medie e sulla loro interazione con il flusso zonale medio. Per approfondire questo meccanismo, abbiamo esaminato la propagazione e dissoluzione delle onde di Rossby nella stratosfera utilizzando il WACCM3 e il loro impatto sul ramo stratosferico della circolazione meridionale media, nota come circolazione di Brewer-Dobson, che trasloca l’aria dalla stratosfera inferiore tropicale verso le regioni polari nell’emisfero invernale. Tali anomalie nella circolazione meridionale sono note per generare anomalie nei venti zonali medi e nella temperatura della regione polare, come verrà esposto di seguito.

La trasmissione delle onde di Rossby può essere osservata mediante il flusso di Eliassen-Palm (EP flux), che funge da indicatore della propagazione dell’attività ondulatoria. La divergenza del flusso EP fornisce una misura diretta dell’influenza esercitata dalle perturbazioni ondulatorie sul flusso medio, con valori negativi della divergenza del flusso EP che indicano zone di dissoluzione delle onde di Rossby e il trasferimento di quantità di moto al flusso medio zonale. La Figura 5 espone la differenza composita (El Niño meno La Niña) delle anomalie del flusso EP (rappresentate dalle frecce) e delle sue anomalie di divergenza (rappresentate dai contorni) a partire dal mese 0 fino al mese 5. Si osserva un’intensificazione della propagazione ascendente delle onde di Rossby (anomalie dirette verso l’alto) dall’emisfero settentrionale dal mese 1 al mese 5. Come atteso, la climatologia invernale [Dicembre, Gennaio, Febbraio (DJF)] nel WACCM3 (Fig. 6) per il periodo 1979-2000 indica venti occidentali nell’emisfero settentrionale e venti orientali in quello meridionale durante l’inverno boreale. Di conseguenza, in linea con il criterio di Charney-Drazin precedentemente descritto, i venti occidentali promuovono la propagazione ascendente delle onde che si evidenzia nella Figura 5 durante gli eventi ENSO intensi nell’emisfero settentrionale. In concomitanza con il flusso EP incrementato, si registra una divergenza negativa del flusso EP a medie latitudini stratosferiche, con i valori più consistenti nei mesi 2 e 3, suggerendo una marcata dissipazione ondulatoria in tali regioni.

la Figura 3 mostra un’analisi delle anomalie compositive di temperatura (El Niño meno La Niña) alla latitudine di 2°N, estratte da simulazioni di ensemble del modello WACCM3, per un periodo sequenziale di sei mesi a seguire un evento El Niño. Ogni pannello rappresenta un mese diverso e visualizza le anomalie termiche lungo un profilo verticale dell’atmosfera.

Le linee continue rappresentano anomalie termiche positive, indicando temperature superiori alla media climatologica. In contrasto, le linee tratteggiate denotano anomalie negative, con temperature inferiori rispetto alla norma. Le aree ombreggiate identificano anomalie statisticamente significative: le tonalità più chiare corrispondono ad anomalie positive, mentre le tonalità più scure corrispondono ad anomalie negative, entrambe determinate con un livello di confidenza del 95%.

L’orientamento e la distribuzione delle anomalie suggeriscono una propagazione verticale del segnale termico associato all’ENSO, con un pattern che riflette le caratteristiche della risposta dinamica dell’atmosfera tropicale agli eventi ENSO. La Figura 3 fornisce una rappresentazione quantitativa della modulazione termica indotta dall’ENSO nell’atmosfera tropicale e una visualizzazione della dinamica verticale del segnale associato agli eventi El Niño e La Niña a queste basse latitudini.

la Figura 4 illustra le differenze compositive delle anomalie della temperatura zonalmente medie (El Niño meno La Niña) attraverso varie latitudini e quote atmosferiche per un periodo di sei mesi a partire dall’evento massimo El Niño (mese 0).

Le linee continue rappresentano anomalie termiche positive, dove la temperatura è superiore alla media climatologica di lungo periodo, mentre le linee tratteggiate rappresentano anomalie termiche negative, dove la temperatura è inferiore alla media di lungo periodo. Le regioni ombreggiate denotano anomalie statisticamente significative al livello di confidenza del 95%, con le ombreggiature in tonalità chiare che indicano anomalie positive e quelle in tonalità scure che indicano anomalie negative. I contorni sono delineati a intervalli di 1 Kelvin e l’assenza della linea dello zero è da notare.

L’analisi delle anomalie zonalmente medie rivelata dalla figura mette in evidenza come il segnale ENSO si manifesti attraverso l’intera colonna atmosferica, mostrando un pattern di riscaldamento e raffreddamento che si alterna in latitudine e si propaga in quota. Si osserva una struttura dipolare caratterizzata da anomalie termiche positive nella stratosfera polare e anomalie negative nella stratosfera tropicale, che si muovono verso il basso con il passare dei mesi. Queste osservazioni sono coerenti con i meccanismi noti di interazione tra l’ENSO e la circolazione atmosferica e confermano l’impatto degli eventi ENSO su una scala zonalmente media.

Le anomalie nella divergenza del flusso di Eliassen-Palm sono concomitanti a un’intensificazione della circolazione meridionale media. La Figura 7 illustra la differenza composita delle anomalie nella circolazione meridionale media (V*, W*) congiuntamente alle anomalie nella divergenza del flusso EP, come già osservato nella Figura 5. Dal primo al quinto mese, si registra una marcata intensificazione della circolazione stratosferica, corrispondente alla dissipazione ondulatoria anomala evidenziata dalle anomalie nella divergenza del flusso EP. Tale intensificata circolazione trasloca l’aria dalla stratosfera tropicale inferiore verso la stratosfera polare nell’emisfero boreale. L’aria che ascende nei tropici induce un raffreddamento adiabatico, come si evince nella regione (vedi Fig. 4), mentre l’aria che scende nella regione polare causa un riscaldamento adiabatico polare.

In sintesi, i risultati del WACCM3 indicano che, durante la fase calda dell’ENSO, si verifica una propagazione e dissoluzione più intensa delle onde di Rossby alle medie e alte latitudini nell’emisfero boreale. Con la loro dissipazione, le onde planetarie depositano momento verso est, il quale decelera il flusso zonale medio occidentale nella stratosfera dell’emisfero boreale. La dissipazione ondulatoria modifica anche l’equilibrio del momento angolare extratropicale e stimola una circolazione meridionale media potenziata che, a sua volta, provoca raffreddamento nella regione tropicale e riscaldamento alle alte latitudini, come dimostrato nella Figura 5.

La Figura 8 sintetizza tutti i processi e le interazioni descritte precedentemente.

La Figura 5 visualizza le differenze composite delle anomalie del flusso di Eliassen-Palm (rappresentate dalle frecce) e della sua divergenza (rappresentate dai contorni) risultanti dalla sottrazione tra le condizioni El Niño e La Niña per i mesi da 0 a 5 successivi a un evento El Niño. La componente meridionale del flusso EP è espressa come Fy moltiplicata per 10^-5 kg s^-2 e la componente verticale come Fz moltiplicata per 10^-3 kg s^-2. I contorni della divergenza del flusso EP sono delineati per valori di ±0.1, 0.5, 1, 2, 4 m s^-1 per giorno.

Le aree ombreggiate indicano anomalie nella divergenza del flusso EP superiori a ±0.1 m s^-1 per giorno, con ombreggiature chiare che denotano valori positivi e scure che indicano valori negativi. La divergenza positiva del flusso EP corrisponde a una forzante che agisce in senso accelerativo sul flusso medio zonale, mentre una divergenza negativa rappresenta una forzante decelerativa.

Questo insieme di dati fornisce un’analisi dettagliata della dinamica delle onde planetarie e del loro ruolo nel modulare il flusso atmosferico medio in risposta alle condizioni termiche associate agli eventi El Niño. L’intensità e la direzione delle frecce del flusso EP riflettono la propagazione delle onde di Rossby e la loro interazione con la circolazione atmosferica, mentre la divergenza negativa suggerisce zone di significativa dissipazione ondulatoria e conseguente trasferimento di momento al flusso medio zonale, influenzando la struttura e la dinamica della circolazione atmosferica meridionale media.

La Figura 6 illustra la distribuzione climatologica invernale (Dicembre, Gennaio, Febbraio – DJF) dei venti zonali medi nella stratosfera e troposfera, analizzata per il periodo 1979–2000. I contorni indicano la velocità del vento zonale medio, tracciati a intervalli di 10 m s^-1, con le linee solide che rappresentano i venti occidentali e quelle tratteggiate che indicano i venti orientali.

La disposizione dei contorni fornisce informazioni sulla struttura verticale e latitudinale del campo dei venti zonali. Un fitto raggruppamento di contorni denota una regione di forte velocità del vento, mentre un maggiore spaziamento tra i contorni indica una velocità del vento relativamente più bassa. La figura evidenzia come, tipicamente nell’emisfero settentrionale durante i mesi invernali, si osservi una prevalenza di venti occidentali nella stratosfera, un fenomeno che facilita la propagazione verticale delle onde di Rossby, come previsto dal criterio di Charney-Drazin. In contrasto, l’emisfero meridionale mostra venti orientali predominanti durante questo periodo. Questa rappresentazione grafica è essenziale per comprendere le dinamiche della circolazione atmosferica generale e le sue variazioni stagionali, specialmente in relazione all’influenza degli eventi ENSO sulla circolazione atmosferica globale.

Incidenza dell’ENSO nella Dinamica Stratosferica

Sommario Il presente studio ha effettuato una revisione sistematica della letteratura relativa agli impatti del fenomeno ENSO sulla stratosfera. Sono state evidenziate le principali problematiche incontrate nell’analisi del segnale ENSO a livello stratosferico, quali la carenza di osservazioni globali e la non esclusiva predominanza dell’ENSO come sorgente di variabilità stratosferica, aspetti che complicano l’isolamento del suo segnale dalle altre fonti di variabilità. Per tali motivi, l’impiego di Modelli di Circolazione Generale (GCM) atti a isolare specificamente il segnale ENSO si è ampiamente diffuso nello studio degli effetti dell’ENSO sulla stratosfera. Sono stati presentati i risultati ottenuti dalla versione più aggiornata del Whole Atmosphere Community Climate Model (WACCM3) per illustrare lo stato corrente della comprensione teorica sulla trasmissione degli effetti ENSO dalla troposfera alla stratosfera. Il segnale ENSO si trasferisce dalla troposfera alla stratosfera, raggiungendo altitudini fino a circa 40 km, sotto forma di onde di Rossby. Tale fenomeno è particolarmente evidente alle medie latitudini dell’emisfero settentrionale durante i mesi invernali, poiché l’ENSO tende a manifestarsi nel periodo invernale boreale, quando i venti stratosferici occidentali favoriscono la propagazione verticale delle onde di Rossby. In aggiunta, la dissipazione delle onde di Rossby in tali latitudini, con conseguente deposizione di momento verso est nel flusso di fondo, determina un indebolimento del vortice polare e un’intensificazione della circolazione meridionale media stratosferica. Quest’ultima, trasportando aria dalla stratosfera tropicale inferiore verso le regioni polari durante l’inverno, con movimento ascendente nei tropici e discendente in prossimità delle alte latitudini, induce un riscaldamento polare anomalo (e un raffreddamento tropicale) a distanza di alcuni mesi dal picco dell’indice N3.4 nell’emisfero boreale.

Alcuni aspetti del segnale stratosferico ENSO rimangono tuttavia non pienamente definiti, data la mancanza di una completa corrispondenza nei risultati tra i diversi set di dati analizzati, relativamente alla tempistica, localizzazione e intensità delle anomalie significative. Le discrepanze tra le simulazioni dei vari modelli possono essere attribuite alla variabilità intrinseca di ciascun modello; di conseguenza, sono necessari ulteriori esperimenti con diversi GCM per accrescere la significatività e la robustezza dei risultati e per sperabilmente ridurre le divergenze intermodellistiche. Ulteriori progressi nella modellizzazione della media atmosfera, così come una maggiore comprensione delle dinamiche onda-flusso medio, sono imprescindibili per affrontare le incertezze residue.

la Figura 7 illustra le differenze composite delle anomalie nella circolazione meridionale media (indicate dalle frecce direzionali per le componenti meridionale V* e verticale W*) e le anomalie di divergenza del flusso di Eliassen-Palm (EP) (rappresentate dai contorni), sequenziate dai mesi 0 a 5 successivi a un evento El Niño.

Le frecce indicano la direzione e l’intensità del trasporto meridionale e verticale dell’aria all’interno dell’atmosfera, mentre i contorni neri definiscono le regioni dove la divergenza del flusso EP suggerisce una forzante dinamica sul flusso zonale medio a causa delle perturbazioni ondulatorie. Le aree ombreggiate segnalano anomalie significative nella divergenza del flusso EP: le ombreggiature chiare sono associate a valori positivi (indicando regioni di convergenza del flusso EP e quindi accelerazione del flusso medio zonale), mentre quelle scure sono associate a valori negativi (indicando regioni di divergenza del flusso EP e quindi decelerazione del flusso medio zonale).

Questa rappresentazione grafica sottolinea come, nei mesi seguenti un evento El Niño, si manifesti un’intensificazione della circolazione meridionale stratosferica che si correla strettamente con la dissipazione delle onde di Rossby, come evidenziato dalle regioni di divergenza negativa del flusso EP. Il rinforzo della circolazione è coerente con l’ascesa dell’aria nei tropici che conduce a raffreddamento adiabatico e con la discesa dell’aria nelle regioni polari che produce riscaldamento adiabatico.

In sintesi, la Figura 7 fornisce una visualizzazione dettagliata dell’impatto degli eventi El Niño sulla circolazione atmosferica generale e sui meccanismi dinamici associati, fondamentali per la comprensione dei cambiamenti climatici a scala globale.

La Figura 8 rappresenta schematicamente i meccanismi primari coinvolti nella propagazione del segnale dell’ENSO nella stratosfera. Viene illustrato il processo attraverso cui le onde generate dall’ENSO si propagano dall’equatore verso il polo durante il periodo invernale.

Le frecce sottili indicano la propagazione delle onde atmosferiche, che in questo contesto sono molto probabilmente le onde di Rossby, e puntano verso l’area in cui queste onde si dissipano. La freccia grigia di grande dimensione mostra il movimento dell’aria come risultato dell’intensificazione della circolazione meridionale media stratosferica dovuta alla dissipazione anomala delle onde. A causa di questo meccanismo, si verifica un raffreddamento adiabatico nella regione equatoriale della stratosfera e un corrispondente riscaldamento adiabatico nelle latitudini polari dell’emisfero settentrionale.

Questo schema concettuale sottolinea come l’attività ondulatoria e la sua interazione con la circolazione media possano influenzare significativamente la distribuzione delle temperature nella stratosfera. Il raffreddamento tropicale e il riscaldamento polare sono fenomeni ben conosciuti associati all’intensificazione della circolazione di Brewer-Dobson, che è spesso osservata in risposta a forti eventi ENSO.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19076409/

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