RIASSUNTO
Il flusso di Eliassen–Palm (EP) rappresenta un indicatore cruciale per studiare la propagazione delle onde e l’interazione tra le onde e il flusso medio atmosferico. In questo studio, abbiamo confrontato due versioni umide di questo flusso con la versione tradizionale secca, analizzando i loro legami con i venti occidentali di superficie tramite dati di reanalisi e simulazioni effettuate con modelli climatici globali (GCM). La prima versione umida modifica solo la stabilità statica per includere il rilascio di calore latente da parte delle perturbazioni, mentre la seconda sostituisce tutte le temperature potenziali con quelle equivalenti. I dati di reanalisi mostrano che, utilizzando le formulazioni umide, il picco del flusso EP diretto verso l’alto nella troposfera inferiore è più intenso e si verifica più vicino all’equatore, con variazioni più marcate per la seconda formulazione umida. Queste formulazioni umide evidenziano una correlazione più stretta tra la posizione dei venti occidentali di superficie e il picco del flusso EP durante il ciclo stagionale. Nei modelli climatici globali dettagliati, tanto i flussi EP umidi quanto quelli secchi tendono a spostarsi verso i poli all’aumentare delle temperature globali. Al contrario, in simulazioni condotte con un modello climatico idealizzato su un ampio intervallo di climi, i venti occidentali possono spostarsi sia verso i poli sia verso l’equatore. Tali movimenti sono influenzati da una regione anomala di divergenza del flusso EP secco vicino al getto subtropicale. L’impiego delle formulazioni umide del flusso EP attenua questa divergenza anomala nelle simulazioni con il modello idealizzato, permettendo di interpretare gli spostamenti dei venti occidentali come conseguenza di una maggiore tendenza delle onde a propagarsi verso l’equatore o verso i poli a seconda delle condizioni climatiche.
1. Introduzione
I flussi di Eliassen–Palm (EP) sono comunemente interpretati come rappresentanti dell’effetto dei flussi delle eddies, sia transitori sia stazionari, sulla circolazione media zonale. Tuttavia, la loro definizione standard comprende solo i flussi di calore e di momento generate dalle eddies, nonostante il riscaldamento per condensazione legato al trasporto di calore latente da parte delle eddies possa alterare i gradienti di temperatura media e, di conseguenza, il flusso zonale attraverso la relazione del vento termico. Integrare esplicitamente l’effetto del riscaldamento latente delle eddies nei flussi EP potrebbe offrire una descrizione più completa dell’impatto delle eddies sul flusso medio zonale. I flussi EP sono inoltre cruciali per il monitoraggio della propagazione delle onde e, in questa prospettiva, è opportuno che considerino l’umidità, visto che il riscaldamento latente è noto per influenzare l’evoluzione delle onde barocline (vedi Emanuel et al. 1987).
Il trasporto di umidità tramite le eddies è significativo sia alle basse latitudini, come nei monsoni e nei relativi anticicloni subtropicali stazionari (Shaw e Pauluis 2012), sia nelle medie latitudini, dove circa metà del trasporto di energia verso i poli avviene tramite calore latente (Trenberth e Stepaniak 2003). Man mano che il clima della Terra si riscalda, diventa sempre più essenziale comprendere il ruolo dell’umidità a causa della sua forte dipendenza dalla temperatura: circa il 7% per grado Kelvin nelle temperature tipiche della troposfera inferiore. Una migliore comprensione dell’interazione tra umidità e dinamiche atmosferiche potrebbe fornire indicazioni preziose sulla risposta ai cambiamenti climatici, come lo spostamento verso i poli delle traiettorie delle tempeste e dei venti occidentali di superficie, come previsto dai modelli climatici globali (GCM) (Kushner et al. 2001; Yin 2005). Studi precedenti hanno esplorato l’influenza dell’umidità sul bilancio del momento e sul trasporto meridionale di massa. Stone e Salustri (1984) hanno modificato il flusso EP quasigeostrofico per includere l’effetto del rilascio di calore latente, riscontrando un raddoppio approssimativo della forza delle eddies sul vento zonale medio. Tung (1986) ha derivato un flusso EP nongeostrofico in coordinate isentropiche asciutte, includendo il trasporto di momento attraverso le isentrope associato al riscaldamento diabatico.
Approfondimenti recenti evidenziano che la circolazione meridionale è più marcata nelle isentropi umide rispetto a quelle asciutte (Pauluis et al. 2008) e nella trasformata euleriana media statistica umida (TEM) confrontata con quella asciutta (Pauluis et al. 2011). Calcolare direttamente i flussi EP su isentropi umide è complesso poiché la temperatura potenziale equivalente non è una funzione monotona dell’altezza. Recentemente, alcuni studi hanno affrontato questa sfida utilizzando la massa sopra le isentropi come coordinata verticale (Chen 2013) o attraverso una formulazione debole che include un’integrazione verticale della media zonale ponderata per la massa (Yamada e Pauluis 2016).
Il nostro obiettivo in questo studio è esplorare il legame tra umidità e bilancio del momento nelle medie latitudini. Siamo particolarmente interessati ad applicare teorie relative all’umidità per analizzare il posizionamento dei venti occidentali di superficie nei climi attuali e futuri. Per farlo, definiamo i flussi EP umidi in due modi distinti. Il primo metodo modifica la stabilità statica per incorporare il rilascio di calore latente dalle eddies, utilizzando la stabilità statica effettiva proposta da O’Gorman (2011). Il secondo metodo sostituisce la temperatura potenziale nell’equazione termodinamica con la sua controparte umida, la temperatura potenziale equivalente, seguendo il metodo proposto da Stone e Salustri (1984). Entrambi i metodi includono gli effetti del rilascio di calore latente in modo relativamente diretto e presentano vantaggi e svantaggi che verranno discussi in dettaglio nella sezione 2 del nostro studio. Per esempio, utilizzare la stabilità statica effettiva permette di collegare i flussi EP alla propagazione delle onde e all’attività delle stesse, ma non facilita il collegamento con la media euleriana trasformata, poiché è applicabile solo alle eddies. Al contrario, sostituire le temperature potenziali con quelle equivalenti permette di formulare una TEM umida, ma non supporta un collegamento diretto all’attività delle onde o alla conservazione della vorticità potenziale (PV).
Studi precedenti hanno evidenziato che la latitudine dei venti occidentali di superficie è correlata con quella della componente verticale del flusso EP nella troposfera inferiore (Lu et al. 2010; Donohoe et al. 2014). Questo dettaglio è fondamentale per sviluppare teorie che spieghino gli spostamenti dei venti occidentali. Lu et al. (2010) hanno utilizzato il flusso EP secco per collegare i cambiamenti nella posizione dei venti occidentali ai cambiamenti nella distribuzione delle temperature superficiali dei mari in un modello GCM aquaplanet, mentre Donohoe et al. (2014) hanno impiegato il flusso EP umido, come definito da Stone e Salustri (1984), per associare i venti occidentali al flusso di energia delle eddies atmosferiche meridionali, anch’essi in un GCM aquaplanet. In questo studio, ci proponiamo di esplorare il legame tra i venti occidentali di superficie e i flussi EP durante il ciclo stagionale e in risposta ai cambiamenti climatici, utilizzando dati di reanalisi, un GCM complesso e un GCM idealizzato. Nei nostri modelli, i venti occidentali di superficie tendono a spostarsi verso i poli in risposta al riscaldamento globale; tuttavia, in alcuni scenari simulati dal GCM idealizzato, questi possono spostarsi sia verso i poli sia verso l’equatore (Schneider et al. 2010). Questa varietà di risposte nei venti occidentali di superficie, unita alla vasta gamma di climi simulati, inclusi quelli estremamente caldi e umidi, rende le simulazioni con il GCM idealizzato particolarmente significative per testare l’applicabilità dei flussi EP umidi.
Inoltre, stiamo indagando se l’uso dei flussi EP umidi possa migliorare la nostra comprensione di un fenomeno osservativo peculiare e persistente: una regione anomala di divergenza del flusso EP secco si trova sul lato polare del getto subtropicale, nella troposfera superiore e nella stratosfera inferiore (Edmon Jr. et al. 1980; Karoly 1982; Birner et al. 2013). L’atmosfera libera è prevalentemente caratterizzata da una convergenza dei flussi EP, generalmente interpretata come risultato dei flussi di vorticità potenziale delle eddies lungo il gradiente. Tuttavia, questa regione anomala è legata a flussi di vorticità potenziale delle eddies in direzione opposta al gradiente. Birner et al. (2013) hanno mostrato che questi flussi “antidiffusivi” di vorticità potenziale sono controbilanciati nel bilancio dell’enstrofia potenziale dalla convergenza locale dei flussi di enstrofia diretti verso i poli, provenienti principalmente dalle onde a scala planetaria.
Si è osservato che i flussi di vorticità potenziale delle eddies contro il gradiente sono stati identificati anche in analisi limitate alle eddies transitorie (Bartels et al. 1998). L’analisi condotta da Birner et al. (2013) non ha incluso esplicitamente gli effetti diabatici, ma era già stato suggerito che questi potrebbero influenzare la divergenza anomala dei flussi EP (Karoly 1982). Nel nostro studio, abbiamo scoperto che la divergenza anomala del flusso EP presenta un’intensità simile sia nelle formulazioni del flusso EP secco che in quelle umide, il che implica che i processi umidi non contribuiscano significativamente, sia nell’analisi della reanalisi che nel GCM complesso. Tuttavia, nel GCM idealizzato, abbiamo notato una riduzione della magnitudine della divergenza anomala del flusso EP quando si utilizzano i flussi EP umidi, un aspetto che abbiamo esplorato ulteriormente analizzando il bilancio dell’enstrofia potenziale delle eddies.
Il resto dell’articolo è organizzato nel modo seguente: nella Sezione 2, descriviamo le formulazioni umide dei flussi EP. Nella Sezione 3, confrontiamo i flussi EP umidi con quelli secchi utilizzando dati di reanalisi e analizziamo le proiezioni dei loro cambiamenti futuri attraverso l’uso di un GCM complesso. Esaminiamo anche come i flussi EP si correlano con i venti occidentali di superficie nei climi attuali e futuri. Successivamente, nella Sezione 4, studiamo le relazioni tra i flussi EP secchi e umidi e i venti occidentali di superficie attraverso una vasta gamma di climi in simulazioni GCM idealizzate, prendendo in considerazione anche il ruolo della regione anomala di divergenza del flusso EP e le variazioni nella tendenza alla propagazione delle onde verso l’equatore o i poli. Infine, nella Sezione 5, riassumiamo i nostri risultati e discutiamo le loro implicazioni.
2. Teoria del Flusso EP
Il flusso EP (secco), espresso in coordinate di pressione sulla sfera, include componenti che rappresentano i flussi lungo la latitudine e la pressione. Questi componenti dipendono dalle velocità dei venti zonali e meridionali, dalla temperatura potenziale, dal parametro di Coriolis e dalla velocità di pressione, con le variazioni indicate attraverso le derivate parziali. Le perturbazioni, note come eddies, sono calcolate rispetto alla media zonale.
Per i nostri calcoli, adottiamo questa definizione di flusso EP, ma è anche utile considerare il flusso EP nell’ambito dell’approssimazione quasigeostrofica (QG). Quest’ultima offre una descrizione semplificata del flusso EP, che evidenzia le sue proprietà essenziali discusse ampiamente in letteratura precedente.
Il flusso EP è un indicatore efficace per l’analisi della propagazione delle onde nel piano meridionale, sia per quanto riguarda la loro magnitudine che la direzione. Per onde di ampiezza modesta, rappresenta il flusso dell’attività ondulatoria, con una divergenza che si annulla nel caso di onde conservative stazionarie.
L’equazione della quantità di moto nella TEM quasigeostrofica mostra come la divergenza del flusso EP indichi la forzatura combinata esercitata sul vento zonale medio dai flussi di eddy di momento e calore. Questa relazione è cruciale per capire come le perturbazioni influenzino la circolazione atmosferica generale, offrendo un quadro comprensivo delle dinamiche atmosferiche.
La divergenza del flusso EP quasigeostrofico è collegata al flusso di vorticità potenziale delle eddies quasigeostrofiche. Questo rapporto, specifico per il contesto quasigeostrofico, presuppone che le variazioni di stabilità statica e del parametro di Coriolis in funzione della latitudine siano minime. Generalmente, tali variazioni dovrebbero essere dell’ordine del numero di Rossby o inferiori, il che è tipicamente valido per situazioni asciutte lontano dalla tropopausa. Tuttavia, questa assunzione perde precisione quando si considera la stabilità statica umida, a causa dei gradienti di umidità meridionali. Questo è uno dei motivi per cui, nei nostri studi, utilizziamo la versione completa del flusso EP, non limitata all’approssimazione quasigeostrofica.
Più avanti, osserveremo che i flussi EP umidi non mantengono tutte le caratteristiche dei flussi EP secchi, e ciò potrebbe sollevare dubbi sulla correttezza del termine ‘flusso EP umido’. Tuttavia, seguendo l’esempio di autori precedenti come Yamada e Pauluis (2016), continuiamo a usare questa denominazione a causa delle strette correlazioni con il flusso EP secco.
a. Flusso EP umido: Stabilità statica effettiva
La prima formulazione del flusso EP umido sostituisce la stabilità statica tradizionale con quella effettiva, come definito da O’Gorman nel 2011. Questa versione della stabilità tiene in considerazione la stabilità statica umida nelle zone di salita, presumibilmente sature, e quella secca nelle aree di discesa. Tuttavia, è importante notare che questa derivazione è applicabile solo alla parte dell’equazione che riguarda le eddies termo-dinamiche; l’equazione termodinamica media continua a includere la stabilità statica secca e un termine di riscaldamento latente medio.
Il rilascio di calore latente, che si presume avvenga in presenza di movimento ascendente, e la sua dipendenza non lineare dalla velocità verticale sono gestiti attraverso l’uso di un parametro di asimmetria. Questo parametro quantifica l’asimmetria tra i movimenti ascendenti e discendenti e viene calcolato attraverso una regressione della velocità verticale ascendente delle eddies rispetto alla velocità verticale totale. Questa analisi viene condotta utilizzando dati raccolti ogni sei ore da diverse latitudini e altitudini, coprendo tutte le longitudini e periodi. Ne risulta che il parametro rimane relativamente costante nella troposfera libera extratropicale, con valori che indicano una prevalenza del movimento ascendente rispetto a quello discendente.
La stabilità statica effettiva, definita per ogni specifica latitudine e quota, incorpora la temperatura potenziale equivalente saturata, considerando la stabilità statica secca per una stratificazione adiabatica umida alle temperature e pressioni medie. A temperature molto basse, questa stabilità si avvicina a quella secca, in quanto il contributo dalla temperatura potenziale tende a zero. Il termine negativo nell’equazione riduce ulteriormente la stabilità statica effettiva rispetto a quella secca, riflettendo una stratificazione meno marcata che le eddies incontrano in un ambiente umido.
Definizione della vorticità potenziale eddica QG efficace
Definiamo la vorticità potenziale eddica quasigeostrofica (QG) efficace, stabilendo una corrispondenza tra il flusso di vorticità potenziale eddica QG efficace e la divergenza del flusso EP efficace, similmente a quanto avviene nel caso secco. Secondo O’Gorman (2011), l’equazione termodinamica delle eddies che impiega la stabilità statica efficace mantiene la stessa forma di quella nel caso secco, ma omette il termine di riscaldamento latente. Questa può essere combinata con l’equazione della vorticità delle eddies per generare un’equazione evolutiva per la vorticità potenziale eddica QG efficace, che nel contesto del piano beta delle medie latitudini e ignorando i termini di secondo ordine, sostiene la conservazione dell’attività ondosa efficace in condizioni di piccola ampiezza quasigeostrofica.
Si può inoltre derivare un’equazione per l’enstrofia potenziale eddica QG efficace, e si può stabilire una relazione del flusso EP con la velocità di gruppo e l’attività ondosa efficace, anche se quest’ultima non è dettagliata qui. Tuttavia, uno svantaggio notevole della stabilità statica efficace è che si applica solamente ai movimenti eddici e non al flusso medio, complicando la formulazione di un insieme di equazioni TEM utili che includano il flusso EP efficace. Poiché il flusso EP efficace è espresso in termini di stabilità statica efficace, trasformare l’equazione del momento medio zonale per incorporare la divergenza del flusso EP efficace implicherebbe l’introduzione di una funzione di flusso trasformata basata sulla stabilità statica efficace. Tuttavia, l’equazione termodinamica zonale media include un termine di stabilità statica secca e un termine di riscaldamento latente medio, e la sua riformulazione in termini di questa funzione di flusso trasformata non eliminerebbe il termine di riscaldamento latente.
b. Flusso EP umido: Temperatura potenziale equivalente
Un’alternativa per incorporare gli effetti dell’umidità nei flussi EP consiste nell’includere la conservazione dell’umidità nelle equazioni governative e riformulare l’equazione termodinamica in termini di una grandezza conservata nei moti adiabatici umidi, come la temperatura potenziale equivalente o l’energia statica umida. Questo metodo fu introdotto da Stone e Salustri nel 1984, che aggiunsero l’effetto della forzatura delle eddies del riscaldamento da condensazione ai flussi EP QG. Stone e Salustri non esplicitarono i loro risultati in termini di temperatura potenziale equivalente (nella loro pubblicazione, 𝑢u non rappresentava la temperatura potenziale), ma notarono che la loro equazione termodinamica umida conservava la temperatura potenziale equivalente. Questo permise loro di sviluppare un insieme di equazioni TEM per un’atmosfera umida e di formulare una versione del teorema della non-accelerazione.
Nella nostra implementazione di questo approccio, il flusso EP umido è ricavato sostituendo 𝑢u con la temperatura potenziale equivalente 𝑢𝑒ue. Questo è molto simile al flusso EP generalizzato di Stone e Salustri, ma con la differenza che permettiamo che la stabilità statica umida nel denominatore del componente verticale del flusso EP varii in funzione della latitudine. Questo metodo corrisponde anche agli approcci di Chen (2013) e Yamada e Pauluis (2016) nel limite QG di piccola ampiezza, con una stabilità statica umida che ha un inverso ben comportato.
Un limite di questa metodologia è che essa può fallire dove la stabilità statica umida è piccola o cambia segno, situazione che si presenta frequentemente alle basse latitudini. Di recente, questo problema è stato affrontato utilizzando la massa sopra le isentropi come coordinata verticale o una formulazione debole della media zonale ponderata per la massa che comprende un’integrazione verticale. In questo contesto, decidiamo di non mescolare i contributi delle parti bassa, media e alta della troposfera e, dato il nostro focus sulle medie latitudini, è adeguato escludere i flussi EP umidi dai livelli in cui non sono ben definiti.
Stone e Salustri nel 1984 hanno evidenziato un importante limite di questo approccio: riformulare l’equazione termodinamica in termini di temperatura potenziale equivalente, anziché di temperatura potenziale, comporta che le derivazioni nel contesto quasigeostrofico (QG), che integrano l’equazione termodinamica con le equazioni idrostatiche o del vento termico, non siano più applicabili. Questo perché le equazioni idrostatiche e del vento termico si basano sulla temperatura potenziale (o sulla temperatura potenziale virtuale), mentre l’equazione termodinamica ora si riferisce alla temperatura potenziale equivalente. Questa incompatibilità impedisce la derivazione di una vorticità potenziale QG che includa la temperatura potenziale equivalente e che sia conservata in un flusso adiabatico umido senza attrito, creando una problematica simile per una vorticità potenziale di Ertel definita in termini di temperatura potenziale equivalente. Di conseguenza, risulta difficile correlare la divergenza del flusso EP umido a un flusso di vorticità potenziale delle eddies o interpretare il flusso EP umido come un flusso di attività ondosa, senza ricorrere a ulteriori approssimazioni.
Studi futuri potrebbero investigare l’utilità di una vorticità potenziale umida approssimativamente conservata. Invece, l’approccio della stabilità statica efficace nel trattamento del flusso EP umido conserva il legame con i flussi di vorticità potenziale delle eddies e l’attività ondosa, ma non consente una formulazione TEM diretta senza includere un termine di riscaldamento latente medio. Di conseguenza, le due formulazioni umide del flusso EP hanno differenti vantaggi e svantaggi potenziali.
3. Flussi EP asciutti e umidi in una ri-analisi e un GCM
a. Climatologia e cambiamenti previsti
1) RI-ANALISI: ERA-INTERIM
Confrontiamo le formulazioni dei flussi EP umidi con quelle asciutte utilizzando i dati di ERA-Interim del periodo 1980–2013, che presentano una risoluzione temporale di 6 ore e una risoluzione spaziale di 2,58 per 2,58 su 37 livelli di pressione. Tutte le quantità relative agli eddies sono calcolate rispetto alla media zonale e successivamente mediate sul periodo di tempo specificato. I dati di ri-analisi forniti per livelli di pressione inferiori alla pressione superficiale non sono inclusi nell’analisi. Per formulare efficacemente i flussi EP, il parametro di asimmetria 𝜆 è calcolato per ogni latitudine e livello di pressione in relazione alla media zonale e poi mediato nel tempo. Per la formulazione di ue, calcoliamo 𝑢𝑒 seguendo il metodo sviluppato da Bolton nel 1980. Quando determiniamo la latitudine delle massime correnti occidentali superficiali, utilizziamo una media zonale e temporale dei dati del vento zonale a 10 metri, forniti su base mensile.
I vettori dei flussi EP asciutti e la divergenza del flusso sono mostrati mediati sui mesi invernali (DJF) nella Figura 1a e sui mesi estivi (JJA) nella Figura 1d. Il flusso EP è più intenso nella troposfera bassa extratropicale dell’emisfero invernale. Nelle medie latitudini, gli eddies transitori e stazionari generati da processi baroclini si propagano verticalmente e sono assorbiti o deviati orizzontalmente nella troposfera superiore. Il picco di assorbimento delle onde, indicato dalla convergenza dei flussi EP, si verifica intorno ai 400 hPa in ciascun emisfero.
Sotto i flussi EP, viene tracciata la media zonale e temporale di 𝑢 cos 𝜙 a 10 metri sopra la superficie. Questo valore viene rappresentato al posto di 𝑢u poiché la divergenza del flusso EP influisce sul momento angolare medio zonale. Tuttavia, per praticità, ci riferiremo a 𝑢 cos 𝜙 come al vento zonale superficiale o ai venti occidentali per tutto l’articolo. Il picco del flusso EP verso l’alto a tutti i livelli si verifica generalmente a latitudini più polari rispetto al picco dei venti occidentali superficiali.
Confrontando le formulazioni umide con quelle asciutte, il flusso EP nelle formulazioni umide risulta più forte. La formulazione umida efficace mostra un picco di flusso EP circa 1,5 volte più forte rispetto al caso asciutto, mentre la formulazione di ue è circa 2,5 volte più forte. Si notino le magnitudini dei vettori di riferimento mostrate in ciascun pannello.
Questi effetti sono più pronunciati nella troposfera inferiore, e le formulazioni con umidità tendono ad avvicinarsi a quelle asciutte nella stratosfera, dove il vapore acqueo è limitato. La convergenza massima del flusso EP è ulteriormente rafforzata nei casi con umidità, aumentando significativamente nelle formulazioni umide rispetto a quella asciutta.
Il modello di convergenza del flusso EP è simile tra le formulazioni asciutte e quelle umide efficaci, ma mostra differenze nella formulazione ue. Nelle immagini mostrate, la convergenza del flusso EP nella troposfera inferiore è particolarmente marcata nella formulazione ue, mentre la divergenza del flusso EP è meno estesa rispetto alle altre formulazioni. In particolare, nella formulazione ue e, in misura minore, nella formulazione efficace, alcune parti della troposfera inferiore sono escluse, soprattutto nei tropici, dove i calcoli mostrano valori quasi nulli o negativi, risultando in valori esageratamente alti del flusso EP verso l’alto.
Un aspetto particolare di interesse si osserva in una regione specifica di divergenza del flusso EP situata approssimativamente nelle zone di alta pressione atmosferica in ciascun emisfero durante l’inverno. Questa caratteristica si trova in un’area dove i flussi di eddies si muovono contro il gradiente standard, in linea con precedenti studi. Questa particolare caratteristica di divergenza è leggermente meno marcata nelle formulazioni umide rispetto a quella asciutta, suggerendo che i processi legati all’umidità non sono i principali responsabili di questa caratteristica nei dati di ERA-Interim.
Nonostante ciò, esistono diverse altre aree dove la divergenza del flusso EP asciutto è evidente nella troposfera superiore e media, soprattutto nell’emisfero estivo. Queste aree tendono a mostrare una riduzione della divergenza o scompaiono completamente quando si applica la formulazione ue del flusso EP umido, indicando una possibile correlazione con i processi umidi.
Le formulazioni umide del flusso EP influenzano principalmente la componente verticale del flusso. Un grafico illustra gli effetti dell’umidità su questo aspetto a 700 hPa per i dati di ERA-Interim, calcolati su base annuale. Rispetto alla situazione asciutta, il flusso EP verso l’alto è notevolmente più forte e raggiunge il suo massimo più vicino all’equatore, mentre il flusso EP nella formulazione ue è ancora più intenso e si sposta ulteriormente verso l’equatore, sia nell’emisfero nord che in quello sud.
Mentre i venti occidentali superficiali massimi si trovano più vicino all’equatore rispetto al picco del flusso EP verso l’alto nella formulazione asciutta, nella formulazione ue questi due picchi quasi coincidono.
2) Simulazioni Complete con un GCM: GFDL CM3
Proseguiamo con l’analisi delle formulazioni asciutte e umide del flusso EP utilizzando un modello globale del clima (GCM) completamente accoppiato atmosfera-oceano, il GFDL CM3. Questo modello è stato incluso nella quinta fase del Progetto di Interconfronto dei Modelli Accoppiati. Il GCM opera con una griglia orizzontale e produce dati ogni sei ore su 48 livelli di modello, che si susseguono a intervalli di circa 50 hPa nella parte superiore della troposfera. Per calcolare i termini degli eddies nel flusso EP completo e il parametro di asimmetria nella stabilità statica effettiva, è necessario determinare le velocità verticali, che sono state calcolate da altri campi seguendo un metodo specifico e poi interpolando i risultati ai livelli di pressione. Il nostro studio si concentra sugli ultimi due decenni del ventesimo secolo nella simulazione storica e del ventunesimo secolo nello scenario RCP8.5.
La climatologia di DJF del flusso EP asciutto in GFDL CM3, analizzata per il periodo 1980-1999, mostra che l’intensità del flusso EP verso l’alto è maggiore e si verifica leggermente più vicino all’equatore rispetto ai dati di ERA-Interim. Anche i venti occidentali superficiali nel modello GFDL CM3 presentano un picco più vicino all’equatore, un comportamento che è riconosciuto come un bias comune nei modelli GCM. La convergenza del flusso EP è notevolmente più forte nel GFDL CM3 rispetto a quella osservata in ERA-Interim, soprattutto a causa di un flusso EP verso l’alto più marcato nella midtroposfera, mentre il flusso nella troposfera superiore è limitato in entrambi i casi. Il livello di massima convergenza si trova tra i 50 e i 100 hPa più in basso nel GFDL CM3 rispetto a ERA-Interim, un dettaglio che coincide con la posizione più bassa della tropopausa nel modello. In aggiunta, la regione di divergenza del flusso EP vicino al getto subtropicale appare meno pronunciata nel GFDL CM3 rispetto a quanto osservato in ERA-Interim. Anche le formulazioni umide, sia la versione efficace che quella ue, mostrano distorsioni simili quando confrontate con i dati di ERA-Interim.
Come nei dati di ERA-Interim, anche nelle formulazioni umide persiste la regione anomala di divergenza del flusso EP vicino al getto subtropicale. La climatologia del flusso EP durante i mesi estivi mostra distorsioni simili a quelle osservate nei mesi invernali, anche se non sono mostrate. Nonostante queste distorsioni, le caratteristiche principali delle climatologie del flusso EP sono piuttosto simili tra ERA-Interim e GFDL CM3, confermando l’efficacia di quest’ultimo nel rappresentare adeguatamente l’interazione tra le onde e il flusso medio atmosferico nel clima attuale.
I cambiamenti previsti per la fine del ventunesimo secolo, specificamente per il periodo 2080-99 rispetto al 1980-99, mostrano in DJF una generale diminuzione delle magnitudini e delle convergenze dei flussi EP nel caso asciutto. Nell’emisfero invernale, particolarmente nella midtroposfera, si osserva una diminuzione del flusso EP verso l’alto a latitudini intorno ai 50° equatoriali e un aumento a latitudini polari, indicativo di uno spostamento verso i poli del picco di flusso EP verso l’alto. Il pattern di diminuzione della convergenza intorno ai 400 hPa e l’aumento intorno ai 300 hPa riflette l’innalzamento della tropopausa e, più in generale, della circolazione nella troposfera media e alta.
L’intensità della caratteristica anomala di divergenza del flusso EP aumenta in entrambi gli emisferi, sebbene in misura minore rispetto a quanto indicato dall’intervallo di contorno di 75 m^2/s^2 nella figura. I cambiamenti nella configurazione umida efficace sono simili a quelli del caso asciutto sotto diversi aspetti, ma la diminuzione della convergenza nella midtroposfera non è più marcata rispetto all’aumento di convergenza appena sotto la tropopausa nell’emisfero invernale. Per la formulazione ue, i cambiamenti sono notevolmente diversi rispetto al caso asciutto: si verifica un rinforzo dei flussi EP verso l’alto in tutto l’emisfero invernale extratropicale e un incremento della convergenza del flusso EP a bassi livelli nell’emisfero invernale, con una diminuzione nell’emisfero estivo.
Per i mesi estivi, i risultati sono simili, eccetto per la formulazione ue, dove i cambiamenti sono analoghi a quelli del caso efficace per l’emisfero invernale, accompagnati da un rafforzamento della convergenza del flusso EP a bassi livelli nell’emisfero estivo.
La Figura 1 visualizza il flusso EP (Eliassen-Palm) e la sua divergenza utilizzando dati ERA-Interim per il periodo 1980-2013, analizzati per i mesi invernali (dicembre-febbraio, DJF) e estivi (giugno-agosto, JJA). I risultati sono presentati in sei pannelli distinti per mostrare diversi aspetti del flusso:
- (a) e (d): Utilizzano la teoria asciutta per calcolare il flusso EP e la sua divergenza per i periodi DJF e JJA, rispettivamente.
- (b) e (e): Calcolano il flusso EP utilizzando la stabilità statica efficace, per DJF e JJA.
- (c) e (f): Si basano sulla temperatura potenziale equivalente per determinare il flusso EP durante i mesi di DJF e JJA.
Le frecce nei grafici rappresentano il flusso EP, indicando la direzione e l’intensità del trasporto di quantità di moto e energia attraverso latitudini e livelli di pressione. La dimensione delle frecce varia nei diversi pannelli, e la scala è specificata in ogni pannello in m³ s^-2.
I contorni, colorati di blu e arancione, rappresentano rispettivamente la convergenza e la divergenza del flusso EP, con un intervallo di contorno di 75 m² s^-2. Questi contorni aiutano a identificare le regioni dove il flusso è assorbito o deviato all’interno della colonna atmosferica.
Alcune aree sotto la linea grigia non mostrano dati perché la stabilità statica calcolata è inferiore a 0.01 K hPa^-1, indicando una bassa affidabilità o significatività dei dati di flusso EP in quelle regioni.
La linea rossa nei grafici rappresenta il livello medio della tropopausa, definito secondo il criterio del tasso di raffreddamento della WMO, mentre la linea nera sotto ogni pannello mostra il vento zonale medio superficiale (misurato come ucosf) a 10 m sopra la superficie, offrendo un contesto aggiuntivo sul comportamento del vento nelle zone studiate.
Questa analisi dettagliata del flusso EP e della sua divergenza nei diversi scenari teorici e stagionali fornisce una comprensione profonda delle dinamiche atmosferiche e dell’interazione tra onde e flusso medio.
La Figura 2 offre una visione dettagliata delle variazioni annuali medie del flusso EP verso l’alto a 700 hPa, utilizzando i dati ERA-Interim. Il grafico mette in luce le differenze tra tre approcci distinti al calcolo del flusso: uno asciutto, rappresentato dal colore blu, uno umido efficace, in verde, e un ultimo metodo umido, in rosso.
Le linee verticali grigie sul grafico indicano le latitudini dei massimi dei venti zonali superficiali in ciascun emisfero, fornendo un punto di confronto tra la forza del vento e la posizione del massimo flusso EP. Questo dettaglio è utile per visualizzare dove il trasporto di quantità di moto e energia è più forte.
Le curve verde e rossa sono presenti solo nelle aree dove la stabilità dell’atmosfera è sufficiente a garantire misurazioni significative, escludendo così le regioni dove la stabilità è troppo bassa per fornire dati affidabili.
Le latitudini in cui si registra il picco massimo del flusso EP verso l’alto per ciascuna delle tre formulazioni sono annotate direttamente sul grafico:
- Nel Emisfero Nord, il picco si trova a 48.3°N per la formulazione asciutta, a 50.5°N per quella umida efficace e a 43.4°N per la formulazione umida.
- Nel Emisfero Sud, i picchi si trovano a 49.7°S per la formulazione asciutta, a 50.0°S per quella umida efficace, e a 52.2°S e 54.5°S per la formulazione umida.
Importante notare che nell’Emisfero Sud, la localizzazione dei picchi per la formulazione umida evita l’influenza della topografia antartica limitando l’analisi alle latitudini più vicine all’equatore fino a 70°S.
Questo grafico è essenziale per capire come varie interpretazioni della dinamica atmosferica influenzino la posizione e l’intensità del flusso EP, mostrando differenze notevoli tra le formulazioni e offrendo una panoramica della distribuzione del flusso EP attraverso le latitudini.
b. Relazione tra le posizioni dei flussi EP ascendenti e i venti occidentali di superficie
Nelle medie latitudini, all’interno di una colonna atmosferica, si stabilisce un equilibrio nello stato stazionario tra l’attrito sui venti occidentali di superficie e i flussi di momento degli eddies, che sono associati alla propagazione netta delle onde di Rossby fuori dalla colonna. Questo implica che i venti occidentali di superficie non sono influenzati dalla posizione verticale in cui si generano le attività ondulatorie all’interno della colonna, ma sono influenzati solo dalla presenza di una propagazione netta fuori dalla colonna.
Se le onde si generano a livelli bassi e la loro propagazione avviene principalmente nella troposfera superiore, si stabilisce un collegamento tra le latitudini dei venti occidentali di superficie e i flussi EP ascendenti nella troposfera inferiore. Studi precedenti, come quelli di Lu et al. (2010) e Donohoe et al. (2014), hanno già esplorato e sostenuto l’esistenza di questa relazione.
Il ciclo vitale tipico delle onde barocliniche inizia con la generazione di eddies transitori per instabilità baroclinica in una regione meridionale ristretta nella troposfera inferiore. Questi eddies si propagano verso l’alto fino a raggiungere la vicinanza della tropopausa e poi si spostano meridionalmente, generalmente verso l’equatore. Le onde stazionarie, insieme a quelle quasi stazionarie, contribuiscono in modo significativo al bilancio del momento zonale, particolarmente evidente durante l’inverno nell’emisfero nord, dove queste onde si originano a livelli bassi e si propagano verso l’alto e poi meridionalmente nella troposfera superiore.
Il flusso EP totale, che comprende sia componenti transitorie che stazionarie, mostra una limitata propagazione meridionale nella troposfera inferiore, come evidenziato in Figura 1. Questo aspetto suggerisce l’esistenza di un nesso tra la latitudine del picco del flusso EP ascendente nella troposfera inferiore e quella del picco dei venti occidentali di superficie, sottolineando un’importante dinamica atmosferica che lega questi due fenomeni.
Nella sezione 4 esploreremo alcune situazioni eccezionali in cui l’argomentazione comune potrebbe non applicarsi. Da un punto di vista dinamico asciutto, il riscaldamento latente può creare una sorgente di attività ondulatoria diabatica nella troposfera media o superiore, riducendo l’importanza del flusso EP ascendente asciutto e interrompendo la sua correlazione con i venti occidentali di superficie. Più in generale, quando le onde sono influenzate dall’umidità, si prevede che una versione umida del flusso EP stabilisca una connessione più marcata tra i picchi dei flussi EP ascendenti e i picchi dei venti occidentali di superficie.
Inoltre, la regione con forte propagazione ascendente ha un’estensione meridionale limitata, come mostrato in Figura 2, e cambiamenti significativi nella preferenza per la propagazione delle onde verso i poli o l’equatore ai livelli superiori possono modificare la posizione del picco di convergenza del flusso di momento degli eddy e, di conseguenza, quella dei venti occidentali di superficie. Recenti studi hanno evidenziato l’importanza delle variazioni nell’indice di rifrazione o nei modelli di mescolamento irreversibile del PV per gli spostamenti dei getti, variazioni che non sempre risultano in semplici spostamenti meridionali del modello del flusso EP.
Il nostro esame inizia verificando se la relazione tra il flusso EP ascendente e i venti occidentali di superficie si mantenga attraverso il ciclo stagionale. Questo è un valido test poiché i picchi dei venti occidentali cambiano notevolmente in latitudine durante l’anno. Tuttavia, essendo il ciclo stagionale un segnale predominante nell’atmosfera, possono emergere correlazioni spurie tra variabili non correlate. Pertanto, ci concentreremo sul confronto tra le intensità relative delle relazioni dei flussi EP asciutti e umidi con i venti occidentali di superficie.
Il primo passo consiste nello studiare il collegamento utilizzando i dati di ERA-Interim, mappando la latitudine del picco del flusso EP ascendente asciutto a 700 hPa rispetto alla latitudine del picco dei venti occidentali di superficie, misurati come ucosf in Figura 4a. Determiniamo la latitudine del picco in ciascun caso attraverso l’interpolazione lineare della derivata meridionale, calcolata con una differenza centrata attorno al massimo locale della griglia, per individuare poi la latitudine dove la derivata si annulla.
Cerchiamo i massimi delle latitudini più vicine all’equatore di 70°S per evitare il picco del flusso EP ascendente sull’Antartide, come mostrato in Figura 2. Le latitudini di picco del flusso EP ascendente asciutto e dei venti occidentali di superficie mostrano una forte correlazione. Tuttavia, i picchi dei flussi EP si trovano notevolmente più a nord rispetto ai venti occidentali di superficie. Inoltre, la relazione tra le variazioni di latitudine dei venti e quelle dei flussi EP è meno diretta, con i venti occidentali che variano su un intervallo più ampio di latitudini nel corso del ciclo stagionale rispetto ai flussi EP.
Utilizzando la versione umida del flusso EP, la relazione con i venti occidentali di superficie si intensifica. In particolare, nella parte meridionale dell’emisfero, questa relazione diventa più stretta, il pregiudizio verso le latitudini polari dei flussi EP è ridotto, e la tendenza generale delle variazioni è più bilanciata.
Sorprendentemente, l’utilizzo della formulazione ue non migliora sempre la relazione rispetto alla versione asciutta per i dati ERA-Interim. Sebbene nel sud dell’emisfero si osservi un miglioramento in termini di correlazione e una tendenza più bilanciata, nel nord dell’emisfero la relazione non è altrettanto forte. Analisi più approfondite suggeriscono che ciò potrebbe essere causato da piccoli valori della variabile ue che si estendono nella midtroposfera del nord dell’emisfero, in particolare nei mesi estivi, dove i massimi locali del flusso EP ascendente non sono evidenti a 700 hPa e quindi non sono mostrati nella Figura 4c. Effettuare l’analisi a un livello più elevato nell’atmosfera migliora la correlazione, ma la tendenza generale delle variazioni rimane simile a quella della versione asciutta.
I risultati per tutte le formulazioni non sono molto influenzati dal livello di pressione specifico scelto per l’analisi. Tuttavia, i livelli vicini alla superficie presentano bassa stabilità statica che ostacola il calcolo del flusso EP ascendente, specialmente per la formulazione ue, mentre i livelli più elevati attenuano le differenze tra le formulazioni asciutte e umide.
Le analisi mostrano che relazioni simili si applicano sia per il GFDL CM3 che per ERA-Interim, con la differenza che la formulazione ue mostra una relazione più stretta in entrambi gli emisferi. Questo contrasta con quanto osservato nell’emisfero nord per ERA-Interim, e la discrepanza potrebbe essere attribuita alle maggiori stabilità statiche riscontrate nel GFDL CM3. Nel GFDL CM3, la correlazione nell’emisfero nord è robusta, e i flussi EP si spostano leggermente meno verso i poli rispetto ai venti occidentali di superficie. Il fatto che la pendenza sia più vicina a uno per le formulazioni umide indica che i cambiamenti nelle latitudini dei venti occidentali di superficie e dei flussi EP ascendenti sono più coerenti durante il ciclo stagionale, enfatizzando l’efficacia dell’utilizzo dei flussi EP umidi.
Proseguendo, osserviamo come queste misurazioni cambino in risposta ai cambiamenti climatici causati dall’uomo. Si nota che sia i venti occidentali sia i flussi EP ascendenti tendono a spostarsi verso i poli con il riscaldamento, in quasi tutti i mesi dell’anno e in entrambi gli emisferi. Questo comportamento si verifica sia con le formulazioni asciutte che con quelle umide. I movimenti polari dei venti occidentali di superficie sono comparabili a quelli dei flussi EP nell’emisfero nord, ma sono circa il doppio nell’emisfero sud. A differenza di quanto osservato nel ciclo stagionale, nella risposta media annuale al cambiamento climatico, i flussi EP, sia asciutti che umidi, mostrano spostamenti meridionali simili.
In sintesi, i risultati evidenziano una relazione significativa tra le latitudini di picco dei venti occidentali di superficie e i flussi EP ascendenti, sia nel contesto del ciclo stagionale che in quello del cambiamento climatico. Inoltre, si nota che durante il ciclo stagionale la relazione è più marcata quando si utilizzano le formulazioni umide del flusso EP.
La Figura 3 mostra due set distinti di dati relativi al flusso EP (Eliassen-Palm) utilizzando il modello climatico GFDL CM3. La parte superiore della figura visualizza la climatologia basata su dati raccolti tra il 1980 e il 1999 durante i mesi invernali di dicembre, gennaio e febbraio (DJF). La parte inferiore illustra i cambiamenti previsti per lo stesso periodo invernale, ma confrontando i dati futuri del 2080-99 con quelli storici del 1980-99, sotto lo scenario di cambiamento climatico RCP8.5.
Nella parte superiore della figura:
- Vengono presentate tre diverse formulazioni del flusso EP:
- La versione “asciutta” che non considera effetti umidi (a),
- Una versione “efficace” che incorpora alcune dinamiche legate all’umidità (b),
- E una formulazione basata sulla temperatura potenziale equivalente (θe) che tiene conto di variabili più complesse (c).
- Le frecce indicano la direzione del flusso EP e la sua intensità, mentre le linee colorate rappresentano la convergenza (in blu, dove il flusso si accumula) e la divergenza (in arancione, dove il flusso si disperde).
Nella parte inferiore della figura:
- Queste stesse tre formulazioni sono utilizzate per mostrare i cambiamenti previsti nei flussi EP, evidenziando come si aspettano che questi flussi si modificano nel tempo a causa del riscaldamento globale.
- La linea tratteggiata rossa segnala la posizione media della tropopausa nei periodi futuri (2080-99), offrendo una prospettiva su come la barriera tra la troposfera e la stratosfera si sposta in risposta ai cambiamenti climatici.
Complessivamente, questa figura è cruciale per comprendere come il modello GFDL CM3 proietta le risposte dei flussi atmosferici a vari scenari climatici, dimostrando sia le variazioni stagionali che le differenze metodologiche nelle formulazioni del flusso EP. Questo aiuta a valutare la sensibilità del modello ai cambiamenti climatici e la possibile risposta dinamica dell’atmosfera a tali cambiamenti.
La Figura 4 presenta un’analisi dettagliata che confronta le latitudini dei picchi del flusso EP ascendente a 700 hPa con quelle dei picchi dei venti occidentali di superficie (ucosf) attraverso tre set di dati differenti. Ciascun set di dati è diviso in tre pannelli, che rappresentano diverse formulazioni del flusso EP: asciutta, efficace e basata sulla temperatura potenziale equivalente (θe).
Primo gruppo (pannelli a-c): Questi pannelli mostrano i dati dell’ERA-Interim per il periodo 1980-2013. Ogni pannello rappresenta una diversa formulazione del flusso EP e mostra come i picchi di questi flussi si correlano con i picchi dei venti occidentali di superficie nei due emisferi.
Secondo gruppo (pannelli d-f): Simile al primo gruppo, ma utilizza i dati del modello GFDL CM3 per il periodo 1980-1999. Anche qui, ogni pannello rappresenta una delle tre formulazioni del flusso EP, analizzando la correlazione tra i flussi EP e i venti occidentali.
Terzo gruppo (pannelli g-i): Questi pannelli esplorano i cambiamenti proiettati per i flussi EP e i venti occidentali di superficie sotto lo scenario di cambiamento climatico RCP8.5, confrontando le differenze tra il periodo 2080-99 e il 1980-99.
In ogni pannello:
- I dati per l’emisfero nord sono rappresentati in blu, mentre quelli per l’emisfero sud sono in rosso.
- I numeri posizionati sui punti dati indicano i mesi dell’anno, fornendo un’ulteriore dimensione temporale all’analisi.
- Le linee continue mostrano le tendenze generali attraverso una regressione lineare, aiutando a visualizzare la forza e la direzione della correlazione tra i due fenomeni meteorologici.
Le linee tratteggiate nei pannelli rappresentano riferimenti visivi per valutare l’adeguatezza delle corrispondenze e le previsioni tra i dati dei flussi EP e dei venti. Questa figura è cruciale per capire non solo la correlazione stagionale tra i flussi EP e i venti occidentali, ma anche per osservare come le varie formulazioni del flusso EP possano influenzare la percezione e l’analisi di tale correlazione. Inoltre, offre uno sguardo su come i cambiamenti climatici potrebbero influenzare questi pattern in futuro.
La Tabella 1 sintetizza i dati relativi agli spostamenti polari delle latitudini di picco dei venti occidentali di superficie e dei flussi EP ascendenti in risposta ai cambiamenti climatici previsti per il ventunesimo secolo, utilizzando il modello climatico GFDL CM3. La tabella confronta questi spostamenti tra due periodi: storico (1980-1999) e futuro (2080-99) sotto lo scenario RCP8.5, evidenziando come i venti e i flussi si spostano verso i poli in risposta al riscaldamento globale.
Contenuti della tabella:
- La tabella elenca gli spostamenti polari dei venti occidentali di superficie misurati a 10 metri (indicati come ucosf) e dei flussi EP ascendenti, esaminati attraverso tre diverse formulazioni: asciutta, efficace e quella basata sulla temperatura potenziale equivalente (θe).
- I dati sono presentati separando i risultati per l’emisfero nord (NH) e l’emisfero sud (SH), permettendo di confrontare le differenze regionali.
Osservazioni dalla tabella:
- In entrambi gli emisferi, i venti occidentali di superficie e i flussi EP mostrano uno spostamento verso i poli, ma l’entità di questo spostamento varia a seconda della formulazione del flusso EP utilizzata.
- L’emisfero nord mostra spostamenti polari simili tra i venti occidentali di superficie e tutte le formulazioni dei flussi EP.
- L’emisfero sud presenta una discrepanza maggiore, con gli spostamenti polari dei venti occidentali di superficie che sono quasi il doppio rispetto a quelli dei flussi EP per le formulazioni asciutta e efficace.
Significato dei risultati:
- Questi dati evidenziano come i modelli climatici prevedano una risposta coerente dei sistemi atmosferici al riscaldamento globale, con una tendenza generale a spostarsi verso latitudini più elevate.
- La differenza negli spostamenti tra gli emisferi e tra le diverse formulazioni del flusso EP potrebbe riflettere come vari fattori, come le dinamiche atmosferiche regionali e le interazioni tra componenti atmosferici, influenzano la risposta al cambiamento climatico.
In sintesi, la Tabella 1 fornisce un quadro chiaro degli spostamenti previsti dei venti occidentali di superficie e dei flussi EP ascendenti sotto l’influenza dei cambiamenti climatici, sottolineando l’importanza di considerare diverse formulazioni e scenari regionali per comprendere pienamente queste dinamiche.
4. Simulazioni GCM idealizzate
a. Descrizione del modello
Proseguiamo esaminando il comportamento dei flussi EP umidi attraverso simulazioni idealizzate che coprono un’ampia varietà di climi, già descritti dettagliatamente in precedenti studi. Utilizziamo un modello GCM di tipo aquaplanet simile a quello impiegato in studi precedenti, basato su una configurazione dinamica del GCM GFDL con una griglia a risoluzione media e trenta livelli verticali. Questo modello è dotato di meccanismi semplificati per la radiazione e la convezione umida, oltre a un oceano zonalmente simmetrico e statico.
Le analisi sono basate sulle medie calcolate per entrambi gli emisferi e su un periodo di 300 giorni successivi a un periodo iniziale di stabilizzazione di 1000 giorni, partendo da una condizione isotermica. I diversi scenari climatici sono modellati variando due parametri che influenzano rispettivamente lo spessore ottico infrarosso dell’atmosfera e l’inclinazione dell’insolazione. In queste simulazioni, la temperatura media globale della superficie varia ampiamente, così come la differenza di temperatura tra l’equatore e i poli, in base ai valori di questi parametri.
Una specifica simulazione, caratterizzata da particolari valori dei parametri, riproduce un gradiente di temperatura e una temperatura media superficiale globali simili a quelli attuali della Terra. Tuttavia, è importante notare che queste simulazioni GCM idealizzate non mirano a rappresentare fedelmente l’atmosfera terrestre, data l’idealizzazione di numerosi processi fisici e le condizioni al contorno uniformemente distribuite. Ad esempio, nel modello idealizzato non sono considerati gli effetti radiativi delle nuvole, che sono stati identificati come fattori significativi per lo spostamento verso i poli dei getti atmosferici in risposta ai cambiamenti climatici.
Invece, l’uso di un GCM idealizzato permette uno studio sistematico dei flussi EP, sia asciutti che umidi, e della loro interazione con i venti occidentali di superficie in una vasta gamma di condizioni climatiche alterate, includendo scenari estremamente freddi e secchi o molto caldi e umidi. Questo approccio fornisce una comprensione più profonda di come variabili climatiche estreme possano influenzare i sistemi atmosferici globali.
La Figura 5 illustra i flussi di Eliassen-Palm (EP) in un modello GCM idealizzato, configurato per rappresentare un clima relativamente caldo con una temperatura media globale della superficie di 294 K. La figura è suddivisa in quattro pannelli, ognuno dei quali rappresenta una diversa formulazione del flusso EP, utilizzata per analizzare il comportamento dei venti e delle correnti atmosferiche in questo specifico scenario climatico.
- Pannello (a) – Asciutto: Questo pannello mostra i flussi EP calcolati senza considerare gli effetti dell’umidità. Le frecce indicano la direzione e l’intensità del flusso atmosferico, mentre le zone colorate rappresentano aree di convergenza (in blu) e divergenza (in arancione) del flusso, fondamentali per comprendere come la quantità di moto e l’energia vengano distribuite nell’atmosfera.
- Pannello (b) – Efficace: Introduce alcune dinamiche legate all’umidità, modificando quindi la rappresentazione dei flussi EP rispetto al pannello asciutto. Questa formulazione può fornire una visione più realistica del comportamento atmosferico in presenza di umidità.
- Pannello (c) – θe (Temperatura Potenziale Equivalente): Approfondisce ulteriormente l’influenza dell’umidità, utilizzando una variabile che tiene conto sia della temperatura che del contenuto di vapore acqueo dell’aria, offrendo così una descrizione dettagliata delle interazioni termo-dinamiche nell’atmosfera.
- Pannello (d) – Efficace Diabatico: Questa versione alterna della formulazione efficace considera processi diabatici aggiuntivi, come il riscaldamento o il raffreddamento dovuto a cambiamenti diretti nell’energia, che influenzano il flusso EP.
In ogni pannello, le frecce illustrano come il flusso EP si distribuisce verticalmente e latitudinalmente, con la linea viola che rappresenta l’isentropa secca a 350 K per fornire un riferimento sulla distribuzione della temperatura potenziale. Questo aiuta a visualizzare le differenze nella dinamica del flusso a seconda delle formulazioni utilizzate e del trattamento dell’umidità e del calore atmosferico.
Complessivamente, la Figura 5 offre una panoramica dettagliata di come diverse formulazioni del flusso EP possono influenzare la nostra comprensione del trasporto atmosferico in condizioni di clima caldo, mostrando variazioni significative tra i diversi approcci teorici.
b. Climatologia del flusso EP e divergenza anomala del flusso EP
La Figura 5a illustra i flussi EP asciutti in un modello GCM idealizzato configurato per un clima caldo, con temperature medie globali della superficie di 294 K. Questo modello mostra una struttura di flusso EP simile a quella osservata in altri modelli climatici come ERA-Interim o GFDL CM3, caratterizzata da una significativa convergenza dei flussi nella troposfera e movimenti prevalentemente verso l’equatore nella parte alta della troposfera. Si nota anche una regione anomala di divergenza del flusso EP vicino al getto subtropicale. Tuttavia, in questo modello idealizzato, i picchi di convergenza del flusso EP si verificano a quote più basse nella troposfera, senza aree di divergenza del flusso EP nella parte inferiore, e la regione di divergenza anomala risulta essere più intensa e situata a un livello inferiore rispetto ai modelli standard.
Una possibile spiegazione per questa regione di divergenza anomala nel modello potrebbe essere la sua associazione con una sorgente di attività ondulatoria generata dalla convezione umida o dalla condensazione su larga scala. Se ciò fosse vero, ci aspetteremmo che la regione anomala si attenui o scompaia quando vengono applicate le formulazioni umide del flusso EP. Questo effettivamente avviene nella formulazione efficace, dove il picco di divergenza del flusso EP diminuisce significativamente rispetto alla formulazione asciutta. La diminuzione è ancora più marcata nella formulazione che considera ulteriori fattori umidi, dove la divergenza del flusso EP raggiunge valori particolarmente bassi.
Inoltre, abbiamo esplorato se utilizzare un approccio che consideri tutte le variazioni di temperatura diabatiche, e non solo il riscaldamento latente, potesse influenzare i risultati. La nuova analisi, che considera una stabilità statica diabatica più accurata, mostra che questa è generalmente meno stabile nella parte media della troposfera e più stabile sotto i 850 hPa.
Questo approccio più dettagliato nel modello idealizzato ci permette di esaminare in maniera sistematica le dinamiche dei flussi EP e la loro interazione con i venti occidentali di superficie in una vasta gamma di condizioni climatiche alterate, offrendo una prospettiva diversa rispetto ai modelli più realistici.
Questo comporta un aumento del flusso EP ascendente e una maggiore convergenza del flusso EP nella troposfera media, oltre a una maggiore divergenza del flusso EP nella troposfera inferiore. Tuttavia, questa versione della stabilità statica efficace genera una divergenza anomala del flusso EP vicino al getto subtropicale molto simile a quella osservata nella formulazione di stabilità statica efficace illustrata nella Figura 5b. Abbiamo anche ripetuto questa analisi utilizzando solo le tendenze fisiche umide invece di tutte le tendenze diabatiche, risultando in stabilità statiche negative nella troposfera inferiore, ma senza modificare la divergenza anomala del flusso EP nella troposfera superiore.
Ulteriori studi hanno rivelato una correlazione debole tra la velocità verticale e il tasso di riscaldamento diabatico nella regione di divergenza del flusso EP anomalo. Questo contrasta con le correlazioni più forti riscontrate nella Zona di Convergenza Intertropicale (ITCZ) e nelle traiettorie delle tempeste, entrambe a 500 hPa. Tale debolezza è attribuibile al fatto che le correnti ascensionali in questa regione di divergenza del flusso EP non sono spesso sature. Questa debole correlazione rappresenta un problema per l’accuratezza della stabilità statica efficace e della stabilità statica diabatica efficace, e potrebbe spiegare perché le formulazioni efficaci non riducono significativamente la caratteristica di divergenza tanto quanto la formulazione ue.
c. Venti occidentali di superficie e la loro relazione con i flussi EP
Data l’evidente relazione osservata durante il ciclo stagionale tra i venti occidentali di superficie e il flusso EP ascendente nei dati di ERA-Interim e GFDL CM3, specialmente nelle formulazioni umide del flusso EP, potremmo aspettarci una relazione simile anche nel GCM idealizzato attraverso diversi climi. Tuttavia, abbiamo scoperto che, nonostante i picchi di flusso EP ascendente (e altre misure basate sugli eddies) tendano a spostarsi verso i poli con il riscaldamento, i venti occidentali possono spostarsi verso l’equatore.
La Figura 6 visualizza le latitudini dei picchi dei venti occidentali di superficie rispetto alla temperatura globale media della superficie, Tg. In climi molto freddi, dove Tg è inferiore a 275 K, i venti occidentali tendono a spostarsi verso i poli con l’aumento delle temperature, tranne in una specifica configurazione. Per climi più caldi, con Tg tra 275 K e 295 K, i venti occidentali si spostano verso l’equatore con il riscaldamento. Questo spostamento verso l’equatore è associato a una transizione nella struttura dei getti atmosferici da una configurazione a doppio getto in climi più freddi a un singolo getto in climi più caldi, una transizione simile a quella osservata in altri studi come risposta all’aumento del riscaldamento latente in modelli idealizzati. Per temperature superiori a 295 K, i venti occidentali tendono a spostarsi nuovamente verso i poli o a rimanere relativamente stabili in latitudine con il riscaldamento.
La posizione delle tracce delle tempeste, inoltre, varia a seconda di come vengono misurate: mentre l’energia cinetica eddica vicino alla superficie si sposta verso i poli con il riscaldamento, simile ai flussi EP asciutti, la latitudine di massima frequenza delle cicloni tende a spostarsi verso l’equatore con il riscaldamento in alcuni scenari climatici.
La Figura 6 mostra anche le latitudini dei picchi dei flussi EP ascendenti a un livello specifico scelto come il più basso sopra le regioni di bassa stabilità statica. Nei climi freddi, i venti sono generalmente allineati con i flussi EP asciutti. Tuttavia, sia i flussi EP asciutti che quelli umidi si comportano diversamente rispetto ai venti occidentali di superficie nei climi più caldi, spostandosi verso i poli in misura maggiore. I flussi EP umidi, in particolare, tendono a essere più vicini all’equatore rispetto ai flussi EP asciutti, avvicinandosi di più ai venti occidentali nei climi caldi e molto caldi.
d. Prospettiva del flusso EP asciutto e bilancio dell’enstrofia degli eddies
La Figura 6 evidenzia anche il picco di divergenza anomala del flusso EP asciutto, situato vicino alla tropopausa e appena a nord del getto subtropicale. Nei climi caldi, si osserva che la latitudine dei venti occidentali di superficie si allinea con questa caratteristica anomala di divergenza del flusso EP. Questa coincidenza tra la posizione dei venti e la divergenza anomala suggerisce un ruolo significativo per quest’ultima nel bilancio del momento zonale e nei cambiamenti posizionali dei venti occidentali di superficie.
Si ipotizza che la divergenza del flusso EP asciutto sia causata da una fonte diabatica di attività ondulatoria, e che, in quanto tale, influenzi il bilancio del momento zonale della colonna atmosferica, impattando così i venti occidentali di superficie. Dal punto di vista della teoria della circolazione media trasversale (TEM), la divergenza anomala del flusso EP può essere collegata ai venti occidentali di superficie attraverso un contributo alla circolazione residua che arriva fino alla superficie.
Per quanto riguarda il parametro Ds = 1.2, il picco di divergenza del flusso EP mostra un aumento con il riscaldamento, partendo da valori bassi nei climi più freddi fino a raggiungere valori molto più elevati nei climi caldi, dimostrando l’importanza di questa caratteristica di divergenza nei climi più caldi.
Per capire meglio il comportamento nella regione di divergenza anomala del flusso EP asciutto, abbiamo analizzato il bilancio dell’enstrofia degli eddies. Un aspetto chiave di questo bilancio coinvolge il flusso meridionale degli eddies di vortice potenziale (PV). Questo flusso, che si verifica in una regione di divergenza del flusso EP, è direzionato verso nord e agisce contro il gradiente di PV, che è anch’esso orientato verso nord. Esaminare il comportamento degli altri termini nel bilancio dell’enstrofia degli eddies ci aiuta a comprendere quali meccanismi compensano questi flussi di PV contro il gradiente.
Il bilancio dell’enstrofia degli eddies risulta complesso da completare, ma abbiamo scoperto che l’utilizzo di coordinate isentropiche e del vortice potenziale di Ertel migliora la chiusura del bilancio. Seguiamo la metodologia proposta da Birner et al. (2013) che hanno implementato un’analisi simile per ERA-Interim, anche se per ERA-Interim non erano disponibili i dati relativi al riscaldamento diabatico. È stata analizzata anche la derivazione per il caso adiabatico come mostrato nell’appendice di un altro studio.
Il bilancio dell’enstrofia degli eddies considera diversi componenti che includono flussi di vortice potenziale e tassi di riscaldamento diabatico. Si include anche l’effetto delle sorgenti e dei pozzi di vortice potenziale che derivano dalle tendenze parametrizzate di temperatura e vorticità.
In un contesto tipico di equilibrio stazionario, dove i flussi di vortice potenziale degli eddies seguono il gradiente, il bilancio principale è tra i primi due termini a destra dell’equazione, con il sink dell’enstrofia che funge da pozzo. Tuttavia, in situazioni dove il flusso di vortice potenziale degli eddies va contro il gradiente, questo equilibrio non è sostenibile e altri termini dell’equazione assumono un ruolo principale, oppure il sink dell’enstrofia deve agire come una fonte piuttosto che un pozzo.
Nella nostra analisi, abbiamo rappresentato graficamente ogni termine del lato destro dell’equazione per un caso specifico, con una temperatura globale media della superficie di 294 K. La regione di divergenza del flusso EP corrisponde a valori negativi in determinate latitudini e temperature dove il flusso di vortice potenziale degli eddies coincide con il gradiente di vortice potenziale di fondo. Questa area di flussi di vortice potenziale degli eddies contro il gradiente rappresenta un pozzo significativo di enstrofia degli eddies ed è più dominante rispetto a fenomeni simili osservati in ERA-Interim. Il termine di flusso di vortice potenziale degli eddies contro il gradiente è principalmente equilibrato da una regione positiva dovuta al flusso di vortice potenziale degli eddies lungo il gradiente verticale. È interessante notare che, sebbene il flusso complessivo di vortice potenziale degli eddies sia lungo il gradiente, la componente orizzontale è quella esplicitamente legata alla divergenza del flusso EP.
Il termine del flusso verticale di vortice potenziale degli eddies è identificato come una fonte diabatica di enstrofia degli eddies e si collega a uno dei termini sorgente nel bilancio dell’attività ondulatoria isentropica. Tuttavia, l’equazione include altri termini non conservativi, sia diabatici che viscosi. Uno di questi termini agisce come un pozzo, sebbene riceva anche un contributo positivo dal riscaldamento per condensazione, non mostrato nei grafici principali.
Il contributo totale non conservativo al bilancio dell’enstrofia degli eddies, mostrato in dettaglio nei grafici, bilancia ampiamente un altro termine significativo in aree sia dentro che fuori dalla regione di divergenza del flusso EP. Due processi forniscono un contributo positivo in questa regione: il riscaldamento da condensazione su larga scala e la radiazione a lunghe onde. Tra questi, il riscaldamento da condensazione su larga scala ha un impatto molto più grande, anche se il termine della radiazione a lunghe onde fornisce un piccolo contributo aggiuntivo.
Sorprendentemente, nonostante il riscaldamento generato dalla convezione sia generalmente maggiore di quello dalla condensazione, il suo contributo in questa particolare regione è minimo, un dato che contrasta con le aspettative, considerando che la forza dei picchi di ciascun termine è comparabile. Il flusso di vortice potenziale degli eddies legato alla condensazione finisce per avere un ruolo più significativo nella generazione di enstrofia degli eddies perché si verifica a livelli superiori, dove il gradiente di vortice potenziale è più forte.
Un altro componente del bilancio dell’enstrofia degli eddies è la convergenza orizzontale del flusso di enstrofia degli eddies, ma è troppo limitato e non ha la struttura spaziale adeguata per controbilanciare altri termini significativi nella regione di flusso di vortice potenziale contro gradiente. Anche se il bilancio dell’enstrofia degli eddies non si chiude perfettamente, il residuo, cioè la differenza tra i termini a destra e a sinistra dell’equazione, è relativamente piccolo nella regione di divergenza del flusso EP.
In definitiva, l’analisi dimostra che il riscaldamento diabatico associato alla condensazione su larga scala è il principale responsabile della regione anomala di divergenza del flusso EP nel modello GCM idealizzato. Di conseguenza, dal punto di vista del flusso EP asciutto, la connessione tra le latitudini dei picchi dei venti occidentali di superficie e i flussi EP ascendenti si perde nei climi caldi del modello a causa di questa regione anomala di divergenza del flusso, che è legata a una fonte diabatica di attività ondulatoria.
La Figura 6 illustra come diversi parametri atmosferici si spostino in latitudine all’aumentare della temperatura media globale dell’aria di superficie. La figura è organizzata in quattro pannelli (da a a d), ciascuno mostrando uno scenario differente in base alla forza del gradiente di insolazione meridionale (indicato con Δ𝑠), con valori che variano da 0,4 a 1,6. Questo gradiente influisce sulla distribuzione della luce solare dall’equatore ai poli.
Ogni grafico traccia la latitudine (asse delle ordinate) rispetto alla temperatura media globale dell’aria di superficie (asse delle ascisse). I parametri tracciati sono:
- I venti occidentali di superficie (marcati con cerchi neri e una linea continua)
- Il flusso di EP secco verso l’alto (linea blu), che è una misura del trasferimento di energia nell’atmosfera dovuto a processi asciutti
- Il flusso di EP verso l’alto nella formulazione efficace (linea rossa), considerando dinamiche atmosferiche più comprensive
- Un flusso di EP verso l’alto in una formulazione specifica (marcato con diamanti neri)
- Una regione anomala vicino al getto subtropicale dove si verifica la divergenza del flusso di EP secco (area rosa).
Con l’aumento della temperatura, queste caratteristiche si spostano generalmente verso latitudini più alte. Questo indica che temperature globali più calde potrebbero portare a uno spostamento verso i poli di caratteristiche atmosferiche chiave come i getti a getto e le zone climatiche. Ogni scenario (da a a d) mostra un modello leggermente differente di spostamenti, suggerendo che la forza del gradiente di insolazione meridionale gioca un ruolo significativo nel modo in cui queste caratteristiche rispondono al riscaldamento.
La Figura 7 mostra l’analisi di vari termini del bilancio di enstrofia turbolenta all’interno di un modello climatico generalizzato e idealizzato. Qui, l’analisi è presentata in coordinate isentropiche secche, che sono utili per esplorare le dinamiche atmosferiche in termini di potenziale termico anziché di altezza. Ogni pannello della figura esplora una diversa componente del movimento e delle interazioni atmosferiche:
- Pannello (a): Illustra il flusso orizzontale dell’energia potenziale vorticosità (PV) delle turbolenze. Il grafico evidenzia come questa energia, che contribuisce alla rotazione dell’aria, si sposti orizzontalmente nell’atmosfera. Le zone colorate indicano la forza e la direzione di questo flusso.
- Pannello (b): Mostra il flusso trasversale isentropico dell’energia potenziale vorticosità delle turbolenze, rappresentando il movimento dell’energia attraverso superfici di ugual temperatura potenziale. Questo pannello mette in luce i movimenti verticali o attraverso gradienti di temperatura.
- Pannello (c): Rappresenta la convergenza del flusso orizzontale dell’enstrofia delle turbolenze, indicando le aree dove questa turbolenza si accumula o si disperde a livello orizzontale.
- Pannello (d): Analogamente al (c), ma concentrandosi sulla convergenza o divergenza del flusso in direzione verticale.
- Pannello (e): Visualizza il termine non conservativo 𝑆p, che illustra come processi quali il riscaldamento o il raffreddamento influenzino l’energia potenziale vorticosità attraverso cambiamenti che non implicano uno scambio diretto di massa o energia.
- Pannello (f): Mostra il residuo, ovvero la discrepanza tra i calcoli e l’equazione di bilancio analizzata, evidenziando gli errori o le incongruenze non spiegati dagli altri termini presentati.
Inoltre, la linea nera rappresenta la tropopausa, che segna il limite superiore della troposfera e il confine con la stratosfera, secondo le definizioni dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale. La linea verde indica la posizione media della superficie terrestre, contribuendo a contestualizzare i dati relativi all’atmosfera rispetto al livello del suolo. Valori al di sotto della superficie terrestre o in aree con densità estremamente bassa non sono inclusi nei grafici.
Prospettive del flusso di EP umido e cambiamenti nella rottura delle onde
Quando si adotta la formulazione umida ue del flusso di EP, si nota un notevole indebolimento della divergenza anomala di questo flusso (vedi Fig. 5c). Nonostante ciò, nei climi caldi, anche se la latitudine del massimo flusso di EP verso l’alto si avvicina a quella dei massimi dei venti occidentali di superficie, in generale non si allineano perfettamente (vedi Fig. 6). L’area in cui il flusso di EP verso l’alto nella formulazione ue raggiunge almeno il 70% del suo valore massimo è estesa e copre fino a 30 gradi di latitudine, come mostrato dalla trama incrociata nella Fig. 9f per il caso con Ds = 1.2. Confrontando le Figure 9d e 9f, si osserva che i venti occidentali di superficie sono meglio localizzati nell’intervallo di latitudine del forte flusso di EP verso l’alto quando viene utilizzata la formulazione ue del flusso di EP, rispetto alla formulazione secca.
Tuttavia, cambiamenti significativi nel modello di propagazione meridionale del flusso di EP nella troposfera superiore influenzano la convergenza del flusso di momento eddico di picco (e quindi i venti di superficie occidentali) all’interno di questo intervallo di latitudine, come discuteremo successivamente.
Nel clima freddo rappresentato nella Fig. 9a, la direzione meridionale preferita per la propagazione delle onde nella troposfera superiore tende verso l’equatore, con flussi di momento eddico diretti verso il polo, e i venti di superficie occidentali raggiungono il loro apice appena a nord della latitudine del picco del flusso di EP verso l’alto nella formulazione ue. Ma nei climi più caldi, come quelli mostrati nelle Figure 9b e 9c, le onde sul fianco polare della regione di forte flusso di EP verso l’alto si propagano verso il polo anziché verso l’equatore, spostando il picco dei venti di superficie occidentali più verso l’equatore nella regione di forte flusso di EP verso l’alto. Questo aumento della propagazione delle onde verso il polo è associato a una maggiore frequenza di rottura ciclonica delle onde rispetto alla rottura antociclonica, come evidenziato in studi precedenti. Il maggiore favore per la rottura ciclonica delle onde con l’aumento delle temperature potrebbe essere dovuto a un maggiore rilascio di calore latente, che intensifica più le cicloni rispetto agli anticicloni, portando a un maggior numero di eventi di rottura ciclonica delle onde. Un’altra possibile spiegazione di questo cambiamento di preferenza potrebbe essere legata a modifiche nell’indice di rifrazione dovute a cambiamenti nella struttura del getto.
Per comprendere i cambiamenti nella latitudine dei venti occidentali di superficie nelle simulazioni del modello climatico generalizzato idealizzato, è essenziale considerare sia gli effetti del rilascio di calore latente attraverso la formulazione ue del flusso di EP sia i cambiamenti nella preferenza per la propagazione delle onde verso l’equatore o verso il polo, man mano che il clima si riscalda.
La Figura 8 illustra come vari processi atmosferici non conservativi contribuiscano al bilancio dell’enstrofia turbolenta, rappresentati in tre diversi pannelli:
- Pannello (a) – Tutti i processi non conservativi: Questo pannello aggrega gli effetti di tutti i processi che influenzano l’enstrofia turbolenta senza un equivalente scambio di massa o energia. Comprende la condensazione su larga scala, la radiazione a lunghe onde, la convezione umida, la radiazione a onde corte, l’iperdiffusione della temperatura, la diffusione nel layer limite e l’iperviscosità. Il colore sul grafico indica l’intensità dell’effetto di questi processi sull’enstrofia: le aree in blu mostrano una diminuzione dell’enstrofia mentre quelle in rosso indicano un aumento.
- Pannello (b) – Condensazione su larga scala: Isola l’effetto della condensazione, come la formazione di nubi e precipitazioni, mostrando come questi fenomeni influenzino l’enstrofia turbolenta. Questo processo tende ad avere un impatto significativo sul bilancio energetico dell’atmosfera, come indicato dalle aree intensamente colorate nel grafico.
- Pannello (c) – Radiazione a lunghe onde: Focalizza sull’impatto della radiazione a lunghe onde, che è l’energia emessa dalla Terra nello spazio. Questo processo gioca un ruolo cruciale nel raffreddamento dell’atmosfera e viene visualizzato separatamente per evidenziarne l’effetto specifico.
Le linee nere e verdi in ciascun pannello rappresentano rispettivamente la tropopausa e la superficie media terrestre, fornendo punti di riferimento per la posizione di questi processi nell’atmosfera. Questa disposizione aiuta a visualizzare come differenti fenomeni atmosferici operino a vari livelli, influenzando così la struttura e la dinamica dell’atmosfera globale.
Conclusioni
In questo studio abbiamo esaminato due differenti formulazioni dei flussi di energia potenziale (EP) in condizioni di umidità e abbiamo analizzato il loro rapporto con i venti occidentali di superficie. La formulazione definita “efficace” adatta la stabilità statica per includere il rilascio di calore latente causato dagli eddies, mentre la formulazione “ue” sostituisce la temperatura potenziale con quella potenziale equivalente nei calcoli del flusso di EP. Applicando queste metodologie ai dati di ERA-Interim, abbiamo osservato che l’intensità dei vettori dei flussi di EP umidi e la loro convergenza sono notevolmente superiori rispetto alla versione secca, con un incremento più pronunciato nella formulazione ue rispetto a quella efficace.
Abbiamo anche scoperto che il maggior flusso di convergenza nei flussi di EP umidi, secondo la formulazione ue, necessita di un equilibrio attraverso la forza di Coriolis agente sulla più intensa circolazione residua umida. Questo riscontro è in accordo con gli studi di Yamada e Pauluis del 2016. È stata inoltre identificata una regione anomala di divergenza del flusso di EP vicino ai getti subtropicali in entrambi gli emisferi, la cui intensità si mantiene simile a quella osservata con le formulazioni umide dei flussi di EP. Questo suggerisce che tali divergenze anomale non sono direttamente correlate ai processi umidi, confermando le conclusioni di Birner e colleghi del 2013, che collegano la divergenza del flusso di EP ai flussi di enstrofia degli eddies.
Inoltre, abbiamo esaminato i flussi di EP utilizzando il modello GCM accoppiato GFDL CM3, riscontrando che in risposta ai cambiamenti climatici antropogenici attesi per il ventunesimo secolo, i pattern dei flussi di EP tendono a spostarsi verso latitudini più elevate e altitudini superiori. I flussi di EP secchi ed efficaci e le loro convergenze generalmente si indeboliscono, mentre la risposta della formulazione ue appare più variabile. Sebbene lo studio si sia concentrato sulla climatologia del flusso di EP totale, ricerche future potrebbero approfondire il contributo degli eddies stazionari e transitori e di differenti numeri d’onda ai flussi di EP umidi.
Abbiamo scoperto che la posizione del picco della componente ascendente del flusso di EP nella bassa troposfera è strettamente collegata alla posizione dei massimi dei venti occidentali di superficie durante il ciclo stagionale, sia analizzando i dati di ERA-Interim che quelli del GFDL CM3. La relazione tra queste due misurazioni è molto più marcata per le formulazioni umide del flusso di EP, dove la latitudine del picco del flusso di EP ascendente è molto vicina a quella dei massimi dei venti occidentali di superficie, specialmente nella formulazione ue. Man mano che il clima si riscalda, sia il flusso di EP ascendente che i venti occidentali di superficie tendono a spostarsi verso il polo in quasi tutti i mesi dell’anno nel modello GFDL CM3, anche se non ci sono evidenze di una correlazione lineare tra questi spostamenti nei diversi mesi.
Nella media annuale, i flussi di EP, sia secchi che umidi, si spostano polari dello stesso grado, a differenza di quanto osservato nel ciclo stagionale climatologico, dove i flussi di EP umidi mostrano uno spostamento su un range latitudinale più ampio rispetto a quelli secchi.
Il legame tra i flussi di EP ascendenti e i venti occidentali di superficie si presenta più complesso attraverso l’ampia varietà di climi simulati nel GCM idealizzato. In particolare, abbiamo osservato che i venti occidentali di superficie si spostano verso l’equatore con l’aumentare del riscaldamento in alcuni scenari climatici. Questo movimento equatoriale è simile a una transizione dei getti già osservata in precedenti studi come risposta all’incremento del rilascio di calore latente. Tuttavia, abbiamo anche notato che i venti occidentali di superficie possono muoversi verso l’equatore anche quando il flusso di EP ascendente e altre misure dell’attività degli eddies si spostano verso il polo. Dal punto di vista del flusso di EP secco, nei climi freddi, la posizione dei venti occidentali di superficie corrisponde a quella del picco del flusso di EP ascendente; nei climi caldi, invece, i venti occidentali di superficie si allineano in latitudine con una regione anomala di divergenza del flusso di EP secco vicino al getto subtropicale.
Le analisi del bilancio dell’enstrofia degli eddies nel modello climatico generalizzato (GCM) idealizzato mostrano che certe caratteristiche sono il risultato della produzione di enstrofia legata alla condensazione su larga scala. Di conseguenza, si può considerare la divergenza del flusso di energia potenziale (EP) come derivante da una sorgente di attività ondosa di tipo diabatico. In particolare, quando si applicano le versioni umide del flusso di EP nel GCM idealizzato, e soprattutto con la “formulazione ue”, la divergenza del flusso di EP risulta ridotta rispetto a quanto osservato nel modello ERA-Interim.
La “formulazione ue” si riferisce a un approccio specifico che sostituisce la temperatura potenziale con la temperatura potenziale equivalente nel calcolo del flusso di EP, tenendo in considerazione l’effetto del rilascio di calore latente, che è particolarmente rilevante in atmosfere umide.
È importante notare che le caratteristiche di divergenza del flusso di EP osservate nel GCM idealizzato non devono necessariamente corrispondere allo stesso fenomeno fisico osservato in ERA-Interim. Infatti, nel GCM idealizzato la struttura del getto è diversa e la caratteristica di divergenza del flusso di EP si manifesta più intensamente e in una posizione leggermente più bassa nell’atmosfera rispetto a quella osservata in ERA-Interim.
Dall’analisi del GCM idealizzato emerge inoltre che le sorgenti diabatiche di attività ondosa potrebbero influenzare significativamente i venti occidentali di superficie. Esistono, per esempio, aree prominenti di divergenza del flusso di EP secco nella media e alta troposfera di ERA-Interim, specialmente durante l’estate, mentre la convergenza del flusso di EP nella media troposfera del modello GFDL CM3 tende a indebolirsi con l’aumento delle temperature. Questo suggerisce che le sorgenti interne di attività ondosa diabatica potrebbero assumere un ruolo crescente nel bilancio del momento nei climi più caldi.
Infine, applicando le formulazioni umide del flusso di EP nelle simulazioni del GCM idealizzato, si osserva che la latitudine del picco del flusso di EP ascendente si avvicina maggiormente a quella dei massimi dei venti occidentali di superficie in condizioni climatiche calde e molto calde. Inoltre, si registra una riduzione significativa dell’intensità della divergenza anomala del flusso di EP, legata al riscaldamento da condensazione su larga scala, un effetto che viene largamente eliminato con l’adozione della formulazione ue del flusso di EP.
Nonostante la formulazione ue dei flussi di energia potenziale (EP) consideri fattori importanti, persiste una discrepanza tra le latitudini dei picchi del flusso di EP ascendente e dei venti occidentali di superficie. Questo divario è attribuito ai cambiamenti nelle preferenze per la propagazione delle onde verso l’equatore o i poli, nonché ai tipi di rottura delle onde (anticiclonica o ciclonica), man mano che il clima si riscalda. Nei climi freddi, la propagazione equatoriale predomina, ma in quelli caldi, le onde sul lato polare delle regioni con forte flusso di EP ascendente tendono a spostarsi verso i poli, spostando la zona di massima convergenza del flusso di momento eddico verso l’equatore.
Quando si utilizza il flusso di EP secco, si osservano cambiamenti simili nella componente meridionale del flusso, ma è necessario anche considerare le sorgenti diabatiche dell’attività ondosa. Pertanto, per comprendere appieno le variazioni latitudinali dei venti occidentali di superficie, è essenziale tenere conto sia del riscaldamento latente, attraverso i flussi di EP umidi o come fonte diabatica di attività ondosa secca, sia delle preferenze per la propagazione equatoriale o polare nella troposfera superiore.
I flussi di EP umidi sono teoricamente vantaggiosi poiché includono il riscaldamento latente, noto per influenzare sia gli eddies sia il flusso medio. Tuttavia, non soddisfano tutte le relazioni teoriche che sono valide per i flussi di EP secchi. La formulazione efficace del flusso di EP può essere correlata all’attività ondosa e al flusso di vorticità potenziale degli eddies, ma è complesso derivare un insieme coerente di equazioni TEM basate su tale stabilità statica efficace. La formulazione ue del flusso di EP può collegarsi a un modello TEM seguendo l’approccio di Stone e Salustri (1984) ed è anche in relazione con la formulazione isentropica umida di Yamada e Pauluis (2016), ma non è direttamente associata a un’attività ondosa o a un flusso di vorticità potenziale degli eddies. Lasciamo alle ricerche future la questione di stabilire se questa connessione possa essere realizzata con ulteriori approssimazioni. Nonostante questi limiti teorici, le formulazioni dei flussi di EP umidi offrono alcuni vantaggi quando applicate a atmosfere umide, poiché abbiamo riscontrato che portano a un legame più stretto tra le latitudini di picco dei flussi di EP ascendenti e i venti occidentali di superficie durante il ciclo stagionale, sia nelle rianalisi sia in una simulazione GCM dettagliata. Inoltre, la formulazione ue semplifica la comprensione del comportamento dei venti occidentali di superficie attraverso un’ampia gamma di climi nelle simulazioni del GCM idealizzato.
La Figura 9 analizza dettagliatamente i flussi di energia potenziale (EP) e la divergenza del momento degli eddies in un modello climatico generalizzato idealizzato, specificamente attraverso l’uso della formulazione ue che incorpora la temperatura potenziale equivalente. Questa analisi è presentata in diversi pannelli che rappresentano varie condizioni di temperatura globale.
Pannelli (a)-(c):
- Questi pannelli mostrano come i flussi di EP si modificano per tre diverse temperature globali: 270 K, 294 K e 311 K.
- Per evidenziare la propagazione orizzontale delle onde nella troposfera superiore, i componenti orizzontali dei vettori di flusso di EP sono stati aumentati di un fattore 15. Successivamente, le magnitudini dei vettori sono state ulteriormente modificate moltiplicandole per 2 log 𝑠 e riscalandole affinché abbiano la stessa lunghezza massima in ogni pannello.
- I contorni gialli indicano le aree di convergenza del flusso di momento degli eddies, mentre quelli viola mostrano le aree di divergenza.
- La linea nera situata sotto ciascun grafico rappresenta il vento zonale medio di superficie, misurato a 10 metri dal suolo, e le linee marroni solide indicano la latitudine del picco del flusso di EP ascendente alla quota 𝑠=0.67 . Le aree tratteggiate indicano le regioni dove il flusso di EP ascendente raggiunge almeno il 70% del suo valore massimo.
Pannelli (d)-(f):
- Questi pannelli sono analoghi al Pannello 6c e mostrano la latitudine dei picchi dei venti occidentali di superficie e del flusso di EP ascendente a 𝑠=0.67 per un parametro 𝐷𝑠=1.2. Inoltre, vengono illustrati gli intervalli meridionali, segnati con un tratteggio, dove il flusso di EP ascendente si mantiene almeno al 70% del suo picco.
- Le formulazioni rappresentate sono rispettivamente la secca (d), efficace (e) e ue (f).
Questa figura sottolinea come i cambiamenti nella temperatura globale influenzino i modelli di flusso di EP e di divergenza/convergenza del momento degli eddies, e come questi fenomeni interagiscano con i venti di superficie in condizioni climatiche diverse. Questo aiuta a capire le complesse dinamiche tra le condizioni atmosferiche ad alte quote e i movimenti dei venti a livello del suolo.
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