Teorema della Vorticità Potenziale di Ertel e Teorema dell’Impermeabilità per la Vorticità Potenziale
La vorticità potenziale (PV) è definita tipicamente come il prodotto di volume specifico, vorticità e gradiente di una quantità conservata. Tradizionalmente, per derivare il teorema della PV si utilizza la componente dell’equazione della vorticità perpendicolare alle superfici della quantità conservata. Tuttavia, esistono anche derivazioni alternative che esprimono la PV attraverso la divergenza della proiezione dell’equazione del moto lungo il gradiente di questa quantità, oppure come la divergenza di un’equazione della vorticità modulata dalla stessa quantità. Questo approccio si collega direttamente ai metodi variazionali, dove ciascuna superficie è vista come un vincolo sui movimenti infinitesimali, avvicinandosi così a una formulazione Hamiltoniana del teorema della PV. Queste diverse rappresentazioni sono esplorate sia nella descrizione spaziale che in quella materiale dei campi, con la versione materiale che risulta particolarmente diretta per via della semplicità nelle commutazioni delle derivate.
Il documento approfondisce anche il teorema dell’impermeabilità, fornendo una formulazione matematica precisa che spiega il suo significato. Questo passaggio richiede l’introduzione di una trasformazione adatta nella velocità del fluido. Di conseguenza, una determinata quantità e il suo prodotto con il gradiente della vorticità agiscono come marcatori delle particelle e come indicatore di “densità” del fluido trasformato. Il teorema dell’impermeabilità, dunque, si manifesta nella conservazione della “massa” e dell’identità delle particelle all’interno del fluido trasformato.
1. Introduzione
Fin dalla sua scoperta nel 1942 da parte di Ertel, il teorema della vorticità potenziale (PV) ha trovato ampio impiego nella dinamica dei fluidi geofisici, come evidenziato anche dalla recensione di Hoskins e collaboratori nel 1985. L’utilizzo del PV per analizzare il moto dei fluidi geofisici è diventato così diffuso che ogni progresso nella comprensione del teorema della PV di Ertel, da ora denominato semplicemente teorema della PV, è indiscutibilmente un passo avanti significativo. La chiarezza di un teorema, infatti, dipende non solo dalla sua esposizione ma anche dalla sua derivazione: teoremi fondati su dimostrazioni lunghe e complesse tendono ad apparire oscuri, mentre quelli basati su spiegazioni brevi e semplici sono percepiti come più chiari. Di conseguenza, l’obiettivo è quello di formulare la derivazione in modo semplice e all’interno di un contesto generale che permetta di confrontarlo con altri progressi nel campo della fisica.
Il teorema della conservazione del PV è stato derivato in varie forme a partire dal lavoro originale di Ertel. La versione più diffusa nei manuali (ad esempio, quella di Dutton del 1976 o di Pedlosky del 1987) segue la derivazione iniziale di Ertel. Questa si basa sulla combinazione e moltiplicazione appropriata dell’equazione della vorticità, dell’equazione di continuità e della legge che regola il tasso di cambiamento di una generica proprietà del fluido f, utilizzando una descrizione spaziale o euleriana delle equazioni.
Poco dopo il lavoro di Ertel, Truesdell nel 1951 estese le fondamenta cinematiche del teorema della vorticità potenziale (PV) di Ertel, introducendo concetti derivati dall’equazione della vorticità di Beltrami e applicandoli alla descrizione spaziale. Utilizzando l’identità cinematica proposta da Truesdell, è possibile dedurre il teorema della conservazione della PV tenendo conto di specifiche proprietà dinamiche e termodinamiche del fluido. Successivamente, negli anni ’80, Ripa e Salmon hanno proposto derivazioni del teorema della PV basate sul principio di Hamilton, utilizzando una descrizione materiale (o Lagrangiana). Questo approccio collega la conservazione della PV alla simmetria del Lagrangiano rispetto a variazioni che non modificano densità ed entropia, secondo il teorema di Noether.
Più avanti, nel 1987, Haynes e McIntyre hanno esplorato l’evoluzione della sostanza PV, particolarmente in contesti dove intervengono il riscaldamento diabatico e le forze di attrito. I loro studi hanno catalizzato una serie di ricerche approfondite e talvolta controversie nel campo della meteorologia e dell’oceanografia fisica. La ricerca ha continuato a espandersi negli anni successivi, portando a numerosi sviluppi significativi.
Questo lavoro mira a introdurre nuove derivazioni del teorema della PV che si basano sul principio di conservazione della quantità di moto o su identità cinematiche. Ci proponiamo inoltre di dimostrare come i nuovi risultati si integrino e si relazionino con quelli già stabiliti. Offriamo anche spiegazioni aggiuntive sul cosiddetto teorema dell’impermeabilità, sviluppato in origine da Haynes e McIntyre. Grazie all’approccio comprensivo adottato da Casey e Naghdi nel 1991, siamo in grado di presentare la maggior parte delle formule sia nella descrizione materiale che spaziale, arricchendo così il contesto teorico della vorticità e altri principi cinematici.
2. Premesse Cinematiche
In questa sezione, introduciamo brevemente le definizioni simboliche e i concetti base della cinematica seguendo le notazioni di Truesdell (1954), Truesdell e Toupin (1960), Serrin (1959), e Casey e Naghdi (1991). Descriviamo il movimento di un continuum deformabile attraverso una mappatura che collega le posizioni occupate da una particella tipica nelle configurazioni di riferimento e attuale a un dato momento. Le posizioni nella configurazione di riferimento sono indicate come coordinate materiali, mentre quelle nella configurazione attuale sono le coordinate spaziali.
Ogni funzione che dipende dalle coordinate spaziali è anche una funzione delle coordinate materiali. La differenziazione rispetto a queste coordinate può essere convertita l’una nell’altra. Utilizziamo notazioni specifiche per le operazioni differenziali applicate alle variabili spaziali, come derivazione temporale, gradiente, rotore e divergenza, e notazioni diverse per quelle applicate alle variabili materiali.
Il gradiente di deformazione e il suo determinante sono essenziali per comprendere come lo spazio intorno alla particella si deforma. La derivata temporale parziale e il gradiente di una funzione sono definiti specificamente a seconda che la funzione sia espressa in termini di coordinate spaziali o materiali, collegando così i gradienti spaziali e materiali. Le notazioni per la traccia dei gradienti differiscono a seconda che si riferiscano a gradienti spaziali o materiali.
Infine, trattiamo concetti chiave come la velocità delle particelle, il gradiente di velocità, la vorticità, l’accelerazione e il rotore dell’accelerazione, tutti fondamentali per descrivere il movimento fluido in termini di dinamica dei fluidi attraverso le operazioni descritte.
Trasformazioni di Piola e Introduzione ai Vettori Dipendenti dal Tempo
Nel nostro studio, seguendo il lavoro di Casey e Naghdi del 1991, adottiamo le trasformazioni di Piola per introdurre i vettori dipendenti dal tempo, noti come v8 e b8. Questi vettori offrono una descrizione materiale della vorticità, una nozione che è stata introdotta per la prima volta da Beltrami. Il vettore v8, in particolare, è definito come la vorticità materiale e una delle sue proprietà chiave è che la sua divergenza è zero, riflettendo una caratteristica fondamentale della vorticità nel contesto materiale.
I campi di velocità e accelerazione sono trasformati nei corrispondenti u8 e a8, attraverso le stesse trasformazioni. Da qui, si deduce che il rotore di u8 è identico a v8 e il rotore di a8 corrisponde a b8. Il simbolo “8” è usato consistentemente per indicare le quantità trasformate. Notiamo anche che la derivata temporale di v8 è b8 e il rotore della derivata temporale di u8 è equivalente al rotore di a8, con quest’ultimo che può essere descritto come il vettore di diffusione materiale, analogamente al vettore di diffusione spaziale nella descrizione tradizionale.
Per i fluidi omogenei, il rotore dell’accelerazione dipende esclusivamente dai termini diffusivi nelle equazioni dinamiche. Queste interazioni sono fondamentali per comprendere la relazione tra la configurazione del fluido in un dato momento e le sue proprietà cinematiche.
La Formula Fondamentale della Vorticità
La cosiddetta formula fondamentale della vorticità consente di derivare facilmente tutte le proprietà della vorticità. Questa formula si divide in due parti: la prima parte descrive il cambiamento della vorticità dovuto alla convezione, mentre la seconda parte tratta il cambiamento dovuto alla diffusione.
Nell’analisi della vorticità, è essenziale definire il gradiente di una funzione, denotato con F, che utilizziamo frequentemente nelle identità di divergenza della vorticità. Queste identità sono cruciali per collegare la dinamica del fluido con le sue proprietà cinematiche, fornendo un quadro completo del comportamento del fluido in movimento.
Analisi delle Formule di Divergenza della Vorticità e delle Equazioni Cinematiche
Le formule discusse rappresentano le espressioni più complete per la divergenza della vorticità pura, stabilite secondo i principi definiti da Howard nel 1958. Queste formule sono fondamentali per analizzare come la vorticità cambia nel tempo, distinguendo tra cambiamenti dovuti a convezione, ovvero il movimento del fluido stesso, e quelli dovuti a diffusione, ovvero la dispersione del fluido attraverso il mezzo.
Abbiamo anche introdotto le equazioni cinematiche della vorticità nella descrizione spaziale, che illustrano come la vorticità evolve a causa di questi due effetti. È importante sottolineare che nella descrizione materiale, a differenza della descrizione spaziale, non esistono cambiamenti convettivi della vorticità. Questo è dovuto al fatto che i termini di derivata advettiva e derivata temporale locale sono specifici della descrizione spaziale.
La formula di base per la vorticità, infatti, si basa su un’integrazione diretta dell’equazione di Beltrami nella descrizione materiale. L’assenza di cambiamenti convettivi nella descrizione materiale della vorticità offre un vantaggio significativo: come indicato in letteratura, i modelli specifici dei continui sono definiti dalla dipendenza funzionale dell’accelerazione dalle altre variabili. Questo significa che il processo di diffusione può variare tra diversi tipi di continui, mentre il processo di convezione è uniforme.
In aggiunta, diverse condizioni specifiche, se rispettate, assicurano che la circolazione in qualsiasi circuito materiale riducibile rimanga costante nel tempo, segnalando un movimento che conserva la circolazione. Queste condizioni sono essenziali per comprendere il comportamento della vorticità in vari contesti dinamici e possono essere espressi in modi alternativi attraverso le classiche formulazioni della meccanica dei continui.
3. Derivazioni del Teorema della Vorticità Potenziale (PV)
Il teorema della vorticità potenziale si basa su diverse assunzioni fisiche fondamentali, e le modalità con cui viene derivato dipendono principalmente da tre fattori: primo, l’ordine in cui vengono introdotte le assunzioni fisiche e le operazioni algebriche; secondo, il metodo usato per descrivere il movimento, che può essere orientato verso una descrizione materiale o spaziale; e terzo, il modo in cui vengono presentate le informazioni fisiche, che può variare dalla conservazione della quantità di moto lineare all’applicazione di principi Hamiltoniani o equazioni Lagrangiane.
Dal punto di vista fisico, il valore di queste diverse derivazioni risiede soprattutto nel come vengono introdotte le condizioni fisiche che sono sufficienti per garantire la conservazione della vorticità potenziale. Anche se le condizioni che sono sia necessarie che sufficienti per la conservazione della PV potrebbero non corrispondere a situazioni fisiche facilmente realizzabili, il nostro focus si concentrerà su quelle condizioni sufficienti che sono più intuitive e comprensibili fisicamente.
Infine, discuteremo le condizioni necessarie per la conservazione della PV, che includono la perfezione del fluido e la conservazione dell’entropia nel flusso. Questi requisiti sono essenziali per applicare correttamente il teorema della vorticità potenziale in contesti fisici reali.
a. Il Teorema della Vorticità Potenziale (PV) Derivato dall’Equazione del Momento
1) Descrizione Spaziale
Il modo più comune per derivare il teorema della vorticità potenziale (PV) segue la metodologia proposta da Ertel. Questa derivazione utilizza tre equazioni fondamentali per descrivere il moto di un fluido perfetto in una configurazione spaziale:
- Equazione di Cauchy del moto (o equazione di Euler): Questa equazione lega l’accelerazione del fluido a una forza esterna per unità di massa, che può essere derivata da un potenziale, e alla pressione termodinamica. L’accelerazione qui è considerata all’interno di un sistema inerziale.
- Equazione di continuità: Questa equazione esprime la relazione tra le variazioni del volume specifico del fluido e la divergenza della velocità del fluido, evidenziando come le variazioni di densità influenzino il flusso.
- Conservazione dell’entropia specifica: Normalmente, l’entropia può essere considerata una quantità tensoriale, ma qui la trattiamo come il campo dell’entropia specifica, che rimane costante nel tempo.
Sebbene sia possibile considerare l’entropia come una quantità generale per ottenere le condizioni necessarie per la conservazione di certe quantità, la nostra focalizzazione sull’interpretazione fisica ci porta a definire specificamente l’entropia come tale. Ciò consente di trattare la legge di conservazione dell’entropia come una equazione energetica, rafforzata dall’equazione di stato che lega pressione, volume specifico e entropia. Questo approccio non solo chiude il sistema con un numero adeguato di equazioni per le variabili coinvolte (velocità, pressione, volume specifico e entropia) ma stabilisce anche una base solida per ulteriori analisi sulla dinamica del fluido.
Attraverso la manipolazione appropriata di queste equazioni, emergono relazioni che dimostrano come i diversi aspetti della velocità del fluido e le sue proprietà termodinamiche interagiscano, influenzando direttamente la conservazione della vorticità potenziale nel sistema. Questo collegamento chiarisce il ruolo cruciale delle diverse dinamiche all’interno del fluido, particolarmente in relazione alla vorticità e alla sua conservazione.
La derivazione del teorema della vorticità potenziale (PV) si articola in tre parti principali: inizia con l’applicazione dell’equazione di continuità, poi si considera la componente del vettore di vorticità nell’equazione della vorticità derivata dal rotore dell’equazione del moto, e infine si esamina la proiezione del tasso di cambiamento dell’entropia conservata sulla vorticità. Combinando queste parti, otteniamo il teorema di conservazione della PV.
Questa metodologia, che fa largo uso dell’equazione della vorticità, rappresenta la derivazione più comune, ma esistono anche alternative valide. Un’altra derivazione efficace inizia eliminando l’analisi della componente dell’equazione del momento nella direzione di un vettore specifico, S, attraverso il prodotto vettoriale con S. Questo procedimento ci porta alla proiezione tangenziale dell’equazione di Euler nella direzione di S, escludendo così i componenti della forza esterna e del gradiente di pressione direzionati lungo S e mantenendo solo gli aspetti isentropici di questi termini.
Il passo successivo è l’eliminazione dei termini sul lato destro della nuova equazione ottenuta. Questo è possibile attraverso l’applicazione della divergenza a questa equazione, sfruttando specifiche identità matematiche che confermano la conservazione della PV.
Questo modo di procedere dimostra che l’equazione di conservazione della PV può essere interpretata come la divergenza di una proiezione dell’equazione di Euler, pesata dal vettore S, nella direzione di S. Poiché la componente di S dell’equazione di Euler è esclusa dall’analisi, il teorema di conservazione della PV può essere trattato più agevolmente con l’introduzione di coordinate isentropiche, adatte alle superfici di entropia o, più in generale, alle superfici di una certa quantità conservata.
L’analisi rivela inoltre che qualsiasi termine aggiuntivo nell’equazione del momento, come un termine viscoso, risulterà in un termine di divergenza extra nell’equazione che descrive il tasso di cambiamento della PV. Questo indica che la derivata temporale locale del prodotto scalare di v e S può sempre essere rappresentata come un termine di divergenza, un risultato ottenuto in modo differente da Haynes e McIntyre nel 1987.
2) Descrizione Materiale
Come precedentemente menzionato, tutte le derivazioni che abbiamo esplorato possono essere riformulate in termini di descrizione materiale. Questo processo coinvolge l’uso di vettori specifici per questa descrizione, come u8, a8 e v8, e l’introduzione di S8 attraverso una trasformazione del gradiente di S.
Nell’ambito della descrizione materiale, l’equazione di Euler viene espressa attraverso le forze esterne derivabili e il gradiente di pressione. In modo simile, l’equazione di continuità materiale è formulata in relazione alla densità e alle sue variazioni.
Il prodotto scalare tra il rotore dell’equazione di Euler e S8, che si riferisce al gradiente di S, svela interazioni significative tra pressione, volume specifico e entropia. In questa descrizione, la vorticità potenziale è rappresentata dal prodotto scalare di v8 con S8. Questo risultato si può ottenere anche tramite un percorso più complesso, che utilizza relazioni esistenti per mostrare come la divergenza di combinazioni di vettori trasformati sia strettamente legata alla conservazione della vorticità potenziale.
Quindi, la conservazione della vorticità potenziale può essere formulata attraverso diverse relazioni e identità, utilizzando le equazioni dinamiche e termodinamiche e le loro manipolazioni algebriche.
Dopo aver esplorato questi esempi istruttivi, non continueremo con questo metodo che prevede l’uso iniziale delle equazioni dinamico-termodinamiche seguite dalle loro manipolazioni algebriche. Per presentare i risultati in modo più ordinato e conciso, le leggi dinamico-termodinamiche saranno utilizzate come passaggio finale nel processo di derivazione, procedimento che sarà illustrato nella prossima sottosezione.
b. L’Approccio Cinematico
Anche se la conservazione della vorticità potenziale (PV) non è direttamente una identità cinematica, la derivazione attraverso l’approccio cinematico implica l’utilizzo delle assunzioni dinamiche solo come ultimo passo del metodo. Queste derivazioni portano a ciò che può essere considerato l’equivalente cinematico del teorema della PV di Ertel. Nella descrizione spaziale, le identità cinematiche del teorema di Ertel possono essere espresse in modi equivalenti, organizzate in maniera tale da consentire facili combinazioni scegliendo un termine da ogni colonna delle equazioni.
La prima di queste equazioni fu originariamente formulata da Truesdell nel 1951, che prese come punto di partenza l’equazione della diffusione della vorticità di Beltrami nella configurazione spaziale. I diversi termini di queste equazioni sono interconnessi attraverso identità specifiche.
Una derivazione diretta di una di queste equazioni si trova nell’appendice del lavoro. Benché queste identità non includano direttamente informazioni dinamiche, sono state concepite per integrare agevolmente le presupposizioni fisiche che conducono al teorema di conservazione della PV. Se la proprietà f del fluido è conservata (cioè la sua derivata rispetto al tempo è zero), i termini nella seconda colonna di queste equazioni risultano essere zero. Utilizzando una particolare combinazione delle equazioni insieme all’equazione del moto, anche i termini nella terza colonna diventano nulli. Applicando poi l’equazione di continuità materiale alla prima colonna, giungiamo alla formulazione del teorema di conservazione della PV.
Questo approccio enfatizza come la struttura e la manipolazione delle identità cinematiche possano essere adattate per incorporare considerazioni dinamiche, arrivando così a stabilire una solida base per il teorema di conservazione della vorticità potenziale.
Nella descrizione materiale, le equazioni implicano derivazioni di prodotti scalari e utilizzano identità cinematiche specifiche, quali la corrispondenza tra la derivata del vettore vorticità e un altro vettore correlato, e tra la curvatura derivata temporale del vettore velocità e quella dell’accelerazione. È fondamentale notare che, in questa descrizione, le differenziazioni rispetto alle variabili materiali (come le coordinate di riferimento del materiale e il tempo) sono commutative, in modo simile a quelle rispetto alle variabili spaziali.
Le equazioni mostrano che una specifica identità nella descrizione materiale deriva semplicemente dalla regola di differenziazione del prodotto scalare tra due vettori particolari e dall’uso di una identità relativa alla vorticità. Applicando la condizione che una certa proprietà del fluido rimane invariata nel tempo, i termini nella seconda colonna delle equazioni risultano nulli.
Utilizzando la componente di una trasformazione specifica del rotore dell’equazione di Euler e una condizione termodinamica che coinvolge pressione, volume specifico e entropia, anche i termini nella terza colonna diventano nulli. Questo porta alla conservazione della vorticità potenziale nella descrizione materiale.
Queste formule sono analoghe a quelle utilizzate nelle derivazioni precedenti, mostrando un parallelismo con altre formule impiegate nella derivazione del teorema della PV a partire dall’equazione della vorticità. Questo approccio enfatizza come l’uso combinato delle identità cinematiche e delle condizioni fisiche specifiche possa condurre alla conferma della conservazione della vorticità potenziale, illustrando così il legame stretto tra le proprietà cinematiche e dinamiche del fluido.
c. Relazione con la derivazione dal Principio di Hamilton
A differenza dell’approccio cinematico, che rimane indipendente dalle equazioni dinamiche fino all’ultimo passo, altre derivazioni della sezione 3a iniziano dall’equazione del momento. Tuttavia, dato che la meccanica classica può fondarsi su principi diversi che non necessariamente includono la conservazione della quantità di moto — come i principi variazionali di d’Alembert, le equazioni di Lagrange e il principio di Hamilton — il teorema della conservazione della vorticità potenziale (PV) può essere derivato anche attraverso questi altri approcci.
Questa sottosezione mira a collegare brevemente le derivazioni del teorema della PV discusse in precedenza con quelle ottenute applicando il principio di Hamilton, come esplorato da Ripa e Salmon tra il 1981 e il 1988. Salmon, distinguendo tra fluidi omotropici e non omotropici, ha derivato dal principio Hamiltoniano per i fluidi omotropici (dove il campo di entropia è uniforme) un’equazione che indica che la derivata temporale della vorticità è zero. Questa condizione, se una certa proprietà del fluido f è conservata, porta direttamente alla derivazione del teorema della PV nella descrizione materiale.
Il collegamento con le derivazioni presentate nelle sottosezioni precedenti è evidente se consideriamo che, per un fluido omotropico, il prodotto vettoriale tra il gradiente di pressione e il gradiente di volume specifico è nullo, il che indica un flusso barotropico. Di conseguenza, dall’equazione di Euler deriviamo che il curl dell’accelerazione è zero, soddisfacendo così la condizione di d’Alembert-Euler. Inoltre, questo conduce alla formulazione che la derivata temporale della vorticità è zero, equivalente alla formula di vorticità di Cauchy.
Questa metodologia di derivazione, che si concentra sull’equazione della vorticità piuttosto che direttamente sul teorema della PV, è quindi strettamente legata alle derivazioni delle sezioni 3a e 3b, pur essendo applicata in un contesto più specifico di moto che conserva la circolazione. Altri studi hanno analizzato il flusso barotropico e dimostrato che, seguendo principi simili, la derivata di Lie della vorticità risulta essere zero, un risultato che può essere interpretato come una modalità di esprimere l’equazione della vorticità nella descrizione spaziale.
Nella derivazione per i flussi non omogenei, considerando che la derivata dell’entropia è zero e che il suo gradiente non è nullo, è possibile identificare una coordinata materiale X, o un’etichetta di particella, con l’entropia s (ad esempio, considerando una coordinata materiale cartesiana rettangolare Z come s). Quindi, il teorema della vorticità potenziale (PV) come trattato da Salmon nel 1988 emerge nella descrizione materiale dall’applicazione del principio variazionale di Hamilton. Questo teorema di conservazione rispecchia la simmetria Hamiltoniana associata agli spostamenti virtuali nello spazio di riferimento, che rispettano il vincolo di non alterare la densità e di rimanere all’interno delle superfici di entropia costante.
Questa seconda derivazione si allinea a quella presentata nella sottosezione 3a perché considera fin dall’inizio solo la componente dell’equazione del momento che è tangente alle superfici di s, escludendo le variazioni delle etichette particellari che implicherebbero cambiamenti di entropia. Nel principio variazionale differenziale di d’Alembert, questo metodo si focalizza solo sul lavoro virtuale dovuto agli spostamenti virtuali infinitesimali che sono compatibili con il vincolo che la derivata dell’entropia sia zero. Questo può essere realizzato prendendo il prodotto vettoriale dell’equazione del moto con spostamenti virtuali, in maniera analoga a un approccio specifico già discusso.
La condizione che la derivata dell’entropia sia zero può essere vista come un vincolo per flussi più generali descritti da altre equazioni. Questo è un vincolo integrabile e quindi può essere riformulato nella descrizione materiale come una relazione che dipende solamente dalla posizione e dal tempo, equivalente a un vincolo coordinato olonomo convenzionale che descrive la superficie di una specifica funzione, come dimostrato in studi precedenti.
4. Il Teorema dell’Impermeabilità per la Vorticità Potenziale (PV)
Nella sezione precedente, ho definito le condizioni usualmente considerate sufficienti per la conservazione della vorticità potenziale (PV). Queste includono la conservazione della massa, dell’entropia s, e l’assenza di termini viscosi nell’equazione della conservazione della quantità di moto. Tuttavia, è importante notare che nei casi generali, dove la derivata dell’entropia non è zero e i termini viscosi sono presenti, la PV non viene conservata.
La questione se la variazione della PV non conservata sia dovuta a un flusso o a una sorgente è spesso una questione di definizione. Questo dipende dal carattere tautologico delle leggi generali di bilancio o di conservazione, che risultano nell’equivalenza tra sorgenti di superficie e di volume.
Definiamo “h” come il prodotto scalare di v e F. La “sostanza di vorticità potenziale” (PVS) per unità di volume è definita come il prodotto scalare di v e S. È importante notare che definire PVS per unità di volume come rP, sebbene matematicamente equivalente a v · S, non è appropriato poiché suggerisce una dipendenza dalla densità che non esiste; la densità r non è necessaria per questa definizione.
Il Teorema dell’Impermeabilità (IT) sostiene che, in un certo senso, “non può esserci trasporto netto di PVS attraverso una qualsiasi superficie isentropica” e che “la PVS non può essere né creata né distrutta all’interno di uno strato delimitato da due superfici isentropiche”. Questa sezione mira a chiarire il significato di IT. Scopriremo che le dimostrazioni del fatto che non ci sia flusso di PVS attraverso le superfici isentropiche sono in realtà una conseguenza del modo in cui si attribuisce alle particelle fittizie di PVS un campo di velocità. La componente di questa velocità normale alla superficie f coincide con la velocità di spostamento della superficie stessa.
Per approfondire, è utile considerare il tasso di cambiamento di una funzione di campo f misurato da un osservatore che si muove con una velocità v arbitraria. È essenziale riconoscere che v, essendo arbitraria, non deve necessariamente essere uguale alla velocità del fluido u. Da questa definizione e dall’equazione della vorticità, possiamo ottenere identità cinematiche che esplorano ulteriormente queste interazioni tra il tasso di cambiamento, la divergenza e i prodotti vettoriali.
Nella discussione delle interazioni tra vari vettori, notiamo che particolari prodotti vettoriali risultano zero, suggerendo che solo certi termini vettoriali all’interno di una divergenza hanno componenti significative nella direzione di F, normali alle superfici f. Questo si osserva anche dal fatto che l’espressione [(v – u) ` v] · F si traduce in [v x (v – u)] x F come illustrato nelle equazioni.
La relazione matematica trattata funge da equivalente cinematico, in forma differenziale, di un’equazione integrale discussa precedentemente. Procediamo integrando questa equazione su un volume V(t), delimitato da una superficie costituita da particelle fittizie che si muovono a velocità v. Utilizziamo una formula che conferma che il volume di integrazione è materiale rispetto alla velocità v, e il risultato di tale integrazione è un’equazione che stabilisce che l’integrale della superficie è zero.
Nel nostro approccio di integrazione, assumiamo che v rappresenti un flusso ben definito e arbitrario che aderisce a una mappatura biunivoca del tipo x = x'(X’, t). Di conseguenza, le particelle fittizie denominate h non sono mai create né distrutte. Ogni superficie parziale di V(t) che coincide con una superficie f mostra che l’integrale della superficie su di essa può essere espresso in un modo particolare.
Se definiamo v in modo tale che la sua derivata temporale rispetto a f sia zero, allora l’integrale sulla superficie f risulta essere zero, e l’integrale deve essere calcolato solo su superfici non-f. Questa condizione specifica può essere utilizzata per definire solo la componente di v lungo F, cioè perpendicolare alla superficie f.
Questa componente è anche conosciuta come la velocità normale o la velocità di spostamento della superficie f. Il concetto può essere sintetizzato così: se definiamo particelle fittizie denominate “h” come quelle aventi una velocità “v” che non cambia quando si muovono lungo la superficie f, allora il tasso di cambiamento di queste particelle in un volume in movimento, delimitato da una superficie, dipende solamente dalle condizioni dei campi presenti sulle superfici non-f di quel volume.
Il risultato è intrinsecamente legato alla cinematica e potrebbe anche essere usato come una definizione della componente di v nella direzione perpendicolare alle superfici f. Parte delle controversie legate a queste affermazioni deriva dal fatto che l’equazione originale non era formulata in un contesto puramente cinematico, in quanto la derivazione iniziale partiva dall’equazione della quantità di moto; inoltre, non era stata fornita una forma differenziale chiara e si utilizzava un simbolo non appropriato per indicare la derivata temporale nel primo termine dell’equazione integrale. È importante riconoscere che non possiamo utilizzare la derivata temporale standard o la derivata parziale rispetto al tempo in questa equazione perché il volume di controllo selezionato non era né completamente legato al materiale né fisso, presupponendo che le superfici f non devono necessariamente essere statiche o materialmente definite.
In definitiva, questo risultato può essere spiegato in modo semplice e generale, evidenziando che le particelle fittizie, le cui velocità non variano attraversando la superficie f, non attraverseranno mai tali superfici. Questa interpretazione sottolinea il carattere tautologico della situazione, dove le particelle fittizie si comportano in un modo che rispecchia direttamente le restrizioni imposte dal loro ambiente cinematico.
Se consideriamo la Sostanza di Vorticità Potenziale (PVS) come XXX e l’entropia come f, arriviamo a una parte del teorema dell’impermeabilità. Questa parte sostiene che la velocità normale di una superficie f è direttamente proporzionale alla variazione temporale dell’entropia, divisa per l’intensità del gradiente di entropia.
È stato specificato che questa condizione definisce solo la componente della velocità v che è normale alle superfici f. Successivi studi hanno definito implicitamente la componente di v tangente a queste superfici, assicurando che tutte le componenti del vettore nella divergenza, tangenti alla superficie f, siano anch’esse nulle. Questo implica che, poiché le componenti normali e quelle tangenti devono essere entrambe nulle e il gradiente di f non è zero ovunque, il vettore nella divergenza risultante deve essere zero. Quindi, il campo vettoriale v che soddisfa questa condizione combina varie componenti, inclusa la velocità u, in una configurazione che riflette cambiamenti nella densità e nella forza applicata.
Da questo campo di velocità definito, risulta che il comportamento di h è paragonabile alla “densità” del flusso fittizio v. In altre parole, il ruolo di h nel flusso v è analogo a quello della densità r nel flusso reale u. Questo può essere visto come la base per un parallelo tra il fluido e il flusso fittizi (h, v) e quelli reali (r, u). Da notare che h è uno pseudoscalare e non è necessariamente positivo; tuttavia, dato che si assume che h non sia zero, si presume anche che la densità di una particella h non cambi segno.
L’integrazione di queste osservazioni porta a conclusioni che confermano la conservazione della massa sia per un corpo di fluido reale sia per un corpo di fluido fittizio della PVS. Questi risultati stabiliscono che la massa di entrambi i corpi rimane costante nel tempo.
Nel contesto del teorema dell’impermeabilità (IT), il volume in discussione è definito in relazione alla velocità v. Questo comprende l’idea che le superfici f sono considerate parte del materiale a causa della loro relazione con la velocità v. In questo senso, la quantità di una particolare sostanza di vorticità potenziale (h) all’interno di un volume definito non cambia nel tempo, differenziandosi da altri tipi di cambiamenti di volume discussi precedentemente.
Per approfondire il significato cinematico di questa osservazione, è utile ricordare che il flusso u garantisce anche la conservazione dell’identità delle particelle del fluido, una considerazione cruciale per tracciare le traiettorie delle particelle nel fluido. In questo contesto, il termine f viene utilizzato come un identificativo che lega le particelle al loro flusso v. In termini più pratici, questo significa che la quantità di h, o sostanza di vorticità potenziale, moltiplicata per il volume del fluido, rimane costante nel tempo.
Da qui possiamo concludere che l’IT riflette fondamentalmente una legge di conservazione della massa per un fluido che porta un’etichetta f, ha una densità h e si muove con una velocità v.
L’IT è talvolta formulato dicendo che esiste un vettore j che permette di esprimere la conservazione di h in termini di un bilancio tra la variazione temporale di h e la dispersione di j, risultando in un bilancio netto nullo. È importante notare che poiché le derivazioni locale e advettiva di h sono presentate in termini separati in questa formulazione, i termini risultanti non sono invarianti rispetto alle trasformazioni di Galileo. Inoltre, è stato dimostrato che la derivazione materiale di qualsiasi funzione f può essere rappresentata come la divergenza spaziale moltiplicata per il volume specifico del fluido, unendo così le proprietà cinematiche e dinamiche in un’unica descrizione.
La derivazione inizia definendo la funzione f come il Jacobiano di tre funzioni specificamente scelte, moltiplicato per il volume specifico. Nel contesto della vorticità potenziale (PV), si potrebbe scegliere l’entropia come una di queste funzioni e rappresentare la vorticità come il prodotto vettoriale dei gradienti di due potenziali di Monge, che sono funzioni scelte con attenzione. È importante notare che questa rappresentazione è tipicamente valida solo in ambito locale.
Per quanto riguarda la variabile h in forma locale, il risultato è la combinazione del Jacobiano delle funzioni scelte che cambia nel tempo con la divergenza di una funzione vettoriale dipendente dalle stesse funzioni, risultando in zero. Questo approccio si basa sull’idea che qualsiasi funzione può essere rappresentata come il Jacobiano di tre funzioni appropriate, e che il tasso di cambiamento del Jacobiano può essere espresso come il prodotto del Jacobiano per la divergenza di una funzione vettoriale che dipende da queste funzioni.
Nel caso di un flusso barotropico, l’equazione di Euler suggerisce una specifica condizione che permette di selezionare due funzioni in modo tale che la loro derivata temporale sia zero. Questo facilita la derivazione della conservazione della PV perché la derivata temporale dell’entropia è zero, si presume che gli operatori di gradiente e derivata temporale possano essere scambiati, e si applica l’equazione di continuità.
Le identità cinematiche discusse coinvolgono le variazioni temporali di h e possono essere descritte come la somma delle variazioni temporali di varie componenti di un vettore, oppure come altre possibili combinazioni che emergono dalla scelta di un termine in ogni colonna di queste equazioni. Un esempio di queste equazioni è stato introdotto da Bretherton e Schär nel 1993.
L’identità presentata da HM87 è una combinazione di termini tratti da diverse equazioni, focalizzandosi sui cambiamenti locali di una variabile h e su come le derivate si commutano rispetto alle variabili spaziali. Quando confrontiamo queste identità cinematiche con le equazioni che descrivono il tasso di cambiamento della vorticità potenziale (PV) in una descrizione materiale, notiamo che condividono una struttura algebrica simile. È importante ricordare che i simboli usati indicano derivazioni parziali di una funzione, ma espressi in termini di variabili materiali.
Questa corrispondenza tra le equazioni è una conseguenza del “principio di dualità”, che afferma che nelle equazioni è possibile scambiare le lettere minuscole e maiuscole usate per denotare le componenti dei vettori e dei tensori, rispetto ai vettori di base delle descrizioni spaziali e materiali, così come le derivate rispetto a queste variabili. Questo significa che, anche se stiamo operando in spazi diversi (materiale e spaziale), il processo algebrico rimane consistente.
Le identità che coinvolgono le derivate temporali locali nella descrizione spaziale sono quindi complementari alle identità per il tasso di cambiamento della PV nella descrizione materiale. Questo principio è di natura formale e i due gruppi di equazioni hanno significati diversi. Tuttavia, le condizioni per la conservazione della PV sono più facilmente derivabili quando si lavora nella descrizione materiale rispetto a quella spaziale.
5. Discussione e conclusioni
In questo lavoro, ho presentato derivazioni alternative del teorema del potenziale vorticoso (PV) analizzandolo sia nella prospettiva spaziale che materiale. La derivazione più tradizionale si concentra sulla componente dell’equazione della vorticità perpendicolare alle superfici isentropiche. Tuttavia, ho esplorato un’interpretazione alternativa che considera la legge di conservazione del PV come la divergenza della proiezione dell’equazione del momento lungo la direzione di un certo vettore S, ponderata da S stesso. Questo approccio si collega strettamente ai metodi variazionali, in cui ogni superficie è vista come un vincolo per i movimenti virtuali infinitesimali, e si lega intimamente alla formulazione hamiltoniana del teorema del PV. Un altro metodo basato sulla divergenza è associato a una particolare equazione della vorticità pesata da f.
Nella descrizione materiale, dove non si considerano variazioni convettive, si potrebbe pensare che le modifiche nella vorticità dovute all’allungamento e alla rotazione delle linee di vortice siano trascurabili. In realtà, le relazioni fondamentali dell’equazione della vorticità indicano una equivalenza tra determinate espressioni nelle descrizioni spaziali e materiali, rappresentando la forza totale specifica.
A causa della non commutatività tra l’operatore temporale e le derivate spaziali nella descrizione materiale, si può formulare un risultato come la combinazione di vari contributi. In particolare, un caso di notevole interesse si verifica quando un certo valore è nullo, portando a un risultato nullo per la vorticità [questo indica un moto che conserva la circolazione]. Se il fluido è inoltre incomprimibile, tale equilibrio si riduce semplicemente a un’altra forma. Questa è una relazione utile perché permette di dedurre, conoscendo le condizioni in un punto x in un istante t, se la vorticità del fluido sta cambiando o meno. Allo stesso modo, se la vorticità sta cambiando, si può inferire che un certo prodotto non è nullo. Tuttavia, sarebbe inesatto stabilire un rapporto di causa-effetto diretto tra questi elementi, poiché la causalità potrebbe essere interpretata anche al contrario. Pertanto, anche se l’osservazione di certi comportamenti è utile per trarre conclusioni, questi non rappresentano la causa fisica del cambiamento della vorticità. Tale equilibrio è specifico della descrizione materiale del fenomeno.
Questo aspetto è, in parte, una conseguenza dell’adozione della descrizione spaziale, perché deriva dalla non commutazione tra l’operatore temporale e le derivate spaziali. Nella descrizione materiale, tale equilibrio non ha senso, ma questo non significa che manchino effetti fisici reali. Nella descrizione materiale, la condizione di conservazione della circolazione è visualizzata osservando che il vettore vorticità materiale di ogni particella (cioè in ogni punto dello spazio X) non cambia nel tempo.
Le condizioni sufficienti per la conservazione del potenziale vorticoso sono quelle comuni, che includono la conservazione della massa, la conservazione dell’entropia e l’assenza di termini viscosi nella conservazione del momento. La condizione sufficiente e necessaria può essere ottenuta azzerando il lato destro delle identità dopo aver sostituito le variabili con le loro corrispondenti espressioni nelle leggi fisiche per queste quantità, ma in generale questa condizione non ha una facile interpretazione fisica.
Le fondamenta cinematiche del teorema del potenziale vorticoso nella descrizione materiale sono particolarmente semplici perché coinvolgono solo la commutazione delle derivate e l’applicazione delle identità. Questa semplicità è dovuta all’assenza di termini ‘advectivi’ nelle espressioni per il tasso di cambiamento di certe quantità e della vorticità.
Un commento finale riguarda l’interpretazione del teorema del potenziale vorticoso. La conservazione del potenziale vorticoso sotto certe condizioni fornisce uno strumento utile per ottenere cambiamenti materiali in una delle quantità in termini dei valori e dei cambiamenti materiali degli altri. Nella descrizione dei processi oceanografici o meteorologici, la conservazione del potenziale vorticoso è talvolta usata per spiegare o inferire la causa del movimento, per esempio, dicendo che i cambiamenti in una quantità sono una conseguenza dei cambiamenti in un’altra. Tuttavia, non c’è nulla nella derivazione del potenziale vorticoso che supporti tale interpretazione.
Una formulazione matematica precisa che chiarisce il senso in cui il teorema può essere compreso è stata anche fornita in questo articolo. Per fornire l’espressione matematica di questo teorema è necessario introdurre un flusso fittizio, come definito. Di conseguenza, una certa quantità si comporta come la densità e il prodotto di una velocità per una forza si comporta come un’etichetta di particella del fluido trasformato. Sebbene questo flusso fittizio sia stato menzionato in modi diversi in alcuni lavori precedenti, non è stato considerato un requisito fondamentale per il teorema.
Per questa ragione, per quanto ne so, questo teorema non è mai stato formulato esplicitamente in termini matematici. Se lo fosse stato, il campo v sarebbe comparso chiaramente nella formulazione. È importante quindi sottolineare che l’introduzione del flusso v non rappresenta una mera interpretazione opzionale o un modo di visualizzare il teorema, ma è effettivamente una diretta conseguenza della sua introduzione. La definizione di v corrisponde specificamente a una trasformazione del campo di velocità u. Il teorema pertiene a questo flusso trasformato, non al flusso originario u.
Una diretta conseguenza di questa trasformazione è che certe quantità si comportano come la densità trasformata, e altre come etichette delle particelle del fluido trasformato. Qualsiasi altra trasformazione proposta soddisfa anche il teorema perché il campo risultante è tangente alle superfici definite e perché non presenta divergenza. Questo definisce una classe di trasformazioni del campo di velocità che rispetta i criteri stabiliti, dimostrando che la scelta di v non è unica e che una scelta specifica di un campo scalare determina il parametro di calibrazione.
Poiché non sono state richieste condizioni speciali nella derivazione di questi risultati, è evidente che il teorema è puramente cinematico. Pertanto, ogni riferimento a forze, attrito, calore o proprietà termodinamiche nel suo sviluppo risulta essere superfluo, se non addirittura fuorviante.
L’applicazione di una trasformazione particolare al sistema di equazioni, sotto certe condizioni ben definite, rende queste equazioni sufficienti per garantire che il flusso v corrisponda al flusso fluido u. Di conseguenza, le condizioni enunciate per la conservazione del potenziale vorticoso sono sufficienti perché v sia considerato il flusso del fluido u. Poiché il teorema sostiene fondamentalmente che la “massa” del fluido trasformato è conservata e che una determinata quantità funge da etichetta per le particelle del fluido trasformato, restano da dimostrare l’utilità e i vantaggi dell’utilizzo del campo trasformato v rispetto al campo u.
APPENDICE
Derivazione Diretta di (23) 2
Per collegare direttamente la divergenza di una certa espressione con quella di un’altra a partire dall’accelerazione, è conveniente iniziare dalla formula di Lagrange. Questo approccio evita l’utilizzo del tensore diadico L. In questa formula, l’accelerazione viene descritta come una combinazione della derivata temporale del campo di velocità, del prodotto vettoriale della velocità con sé stessa, e del gradiente del quadrato della velocità diviso due.
Prendendo la componente di questa equazione normale a una direzione definita F e calcolando la sua divergenza, otteniamo che la divergenza del prodotto vettoriale tra l’accelerazione e F risulta dalla somma di diversi termini. Inizialmente, troviamo la divergenza del prodotto vettoriale tra la velocità e F. A questo si aggiunge la divergenza del prodotto vettoriale tra il prodotto vettoriale di v e u e F, il quale è derivato nel tempo.
Si procede poi con la semplificazione di questa espressione, sottraendo la divergenza del prodotto vettoriale tra u e il gradiente di una funzione scalare f, e aggiungendo la divergenza del prodotto vettoriale tra u e F moltiplicata per la divergenza di u. Ulteriormente, viene utilizzata l’identità matematica che collega il prodotto scalare di u con il gradiente del prodotto scalare di v e F, che si traduce in u moltiplicato per il gradiente della divergenza del prodotto vettoriale tra u e F.
Infine, applicando la relazione che definisce la divergenza di u come la derivata temporale di J diviso J, deriviamo l’identità cinematica (23) 2. Questa metodologia fornisce un modo chiaro e diretto per comprendere come le varie componenti di queste operazioni vettoriali interagiscono tra loro nel contesto della dinamica dei fluidi.