https://www.jstage.jst.go.jp/article/jmsj1965/68/4/68_4_499/_article

Abstract

L’oscillazione quasi-biennale (QBO) rappresenta un fenomeno atmosferico affascinante osservato nella stratosfera inferiore equatoriale, caratterizzato da una variazione periodica dei venti tra est e ovest. Questo studio esamina come il ciclo stagionale influisce sulla QBO, in particolare osservando le variazioni annuali dell’accelerazione media del flusso quando si eliminano gli effetti stagionali, concentrando l’attenzione sulla quota di 50mb.

Durante la primavera e l’estate del nord, tra aprile e agosto, si notano le principali transizioni di fase della QBO. In questo periodo, i regimi di vento orientale tendono a variare notevolmente da un ciclo QBO all’altro, principalmente a causa del rallentamento o della temporanea sospensione (stallo) nella loro discesa tra luglio e febbraio. Questa variazione è significativa perché incide sulla dinamica atmosferica globale, influenzando potenzialmente i modelli climatici e meteorologici.

Si osserva che le accelerazioni medie del flusso raggiungono il loro punto minimo durante l’inverno del nord, leggermente prima del minimo annuale della temperatura della tropopausa equatoriale. Questo dettaglio sottolinea un legame tra la dinamica della stratosfera inferiore e le condizioni termiche dell’atmosfera superiore.

L’effetto stagionale sulla QBO è principalmente annuale su gran parte della sua regione, con un rilevamento marginale dell’influenza dell’oscillazione semestrale vicino ai 10mb. Sebbene il ciclo stagionale influenzi l’inizio delle fasi della QBO e offra una leggera miglioria nella previsione di questi eventi, la sua forza e coerenza non sono sufficienti per sincronizzare perfettamente l’oscillazione quasi-biennale con il ciclo stagionale.

In conclusione, lo studio evidenzia come il ciclo stagionale moduli, ma non determini completamente, la dinamica della QBO. Questa comprensione arricchisce la nostra capacità di prevedere e interpretare i complessi meccanismi che regolano l’atmosfera terrestre, sottolineando l’interazione tra fenomeni periodici a diverse scale temporali e altitudinali.

Introduzione all’Oscillazione Quasi-Biennale e il suo Rapporto con il Ciclo Stagionale

L’oscillazione quasi-biennale (QBO) nella stratosfera inferiore equatoriale rappresenta un fenomeno atmosferico affascinante, caratterizzato da una variazione periodica dei venti che oscillano tra direzioni est e ovest. Questa oscillazione è stata dettagliatamente studiata sin dagli anni ’60, con contributi significativi da parte di ricercatori come Reed et al. (1961), Veryard e Ebdon (1961), Wallace (1973), Hamilton (1984), Dunkerton e Delisi (1985), e Naujokat (1986), che hanno gettato le basi per la comprensione di questo fenomeno.

Il termine “quasi” biennale sottolinea la natura irregolare di questa oscillazione, che si discosta da un ciclo biennale esatto e non si conforma a multipli interi o semi-interi di un anno. Ciò indica che, nonostante la presenza di una periodicità, la QBO non si sincronizza in modo preciso con il ciclo stagionale annuale. Tuttavia, il ciclo stagionale sembra influenzare la QBO in maniere più sottili e complesse.

Uno degli aspetti più intriganti della QBO è la sua variabilità, in particolare il modo in cui le zone di taglio dei venti orientali mostrano una discesa erratica, spesso rallentando significativamente o addirittura fermandosi tra luglio e febbraio. Questo contrasta con il comportamento più uniforme dei regimi occidentali, che di solito impiegano da 7 a 12 mesi per spostarsi dall’altitudine di 10mb a quella di 50mb. Interessantemente, le accelerazioni dei regimi occidentali sono più marcate rispetto a quelle orientali e tendono a concentrarsi maggiormente all’equatore.

La distribuzione temporale degli inizi delle correnti orientali, quando analizzata, rivela una concentrazione nella stagione primaverile/estiva dell’emisfero nord, con un netto calo o assenza di nuovi inizi dopo agosto. Questo andamento suggerisce che il ciclo stagionale potrebbe agire come un moderatore della discesa delle zone di taglio orientale, specialmente sopra i 50mb tra luglio e febbraio. Tale osservazione corrobora l’idea che, nonostante l’assenza di una sincronizzazione stagionale esatta della QBO dinamica, il ciclo stagionale esercita comunque una certa influenza, sebbene in modo indiretto e meno prevedibile.

In sintesi, mentre la QBO si distingue per la sua variabilità e mancanza di sincronizzazione stagionale precisa, l’analisi del suo rapporto con il ciclo stagionale rivela una dinamica complessa e stratificata, dove fattori stagionali contribuiscono a modulare l’oscillazione in modi sottili ma significativi. Questa interazione tra cicli atmosferici offre spunti preziosi per la comprensione dei meccanismi che governano la dinamica della stratosfera equatoriale e il suo impatto sul clima globale.

L’oscillazione quasi-biennale (QBO) è un fenomeno atmosferico complesso caratterizzato da cambiamenti periodici nella direzione dei venti nella stratosfera equatoriale. Un aspetto chiave della sua variabilità è la lunghezza non costante del suo ciclo, che si pensa sia influenzata in modo significativo dalla tempistica degli inizi dei venti orientali. In particolare, la tendenza di questi inizi a non verificarsi nella parte finale dell’anno gioca un ruolo cruciale nel determinare perché il periodo della QBO non sia fisso.

Se ipoteticamente la durata “normale” della QBO fosse di 26 mesi, ci si aspetterebbe che, a un certo punto, si verificherebbe un inizio di vento orientale anche dopo agosto. Tuttavia, identificare un periodo costante della QBO che non incontri il “vuoto” osservato negli inizi della fase orientale è problematico. Qualsiasi periodo regolare dovrebbe adattarsi a un modello temporale specifico, come un numero intero o semi-intero di anni, o forse un multiplo di un terzo di anno. Di conseguenza, si deduce che il periodo della QBO debba variare nel tempo per adattarsi a queste osservazioni.

Si potrebbe considerare l’idea che il “vuoto” osservato nei mesi più tardivi dell’anno possa essere il risultato delle fluttuazioni nel periodo della QBO. Tuttavia, se tali variazioni fossero completamente disaccoppiate dal ciclo stagionale, ci si aspetterebbe che la distribuzione degli inizi di fase diventi indipendente dalle stagioni, portando alla scomparsa graduale di qualsiasi vuoto osservato con il passare del tempo. Sebbene questa ipotesi non possa essere completamente esclusa, appare improbabile alla luce della costante presenza di un effetto stagionale attraverso 17 cicli della QBO.

Con oltre quattro decenni di osservazioni della QBO nei tropici, diventa fondamentale esplorare con maggiore dettaglio la stagionalità apparente di questo fenomeno. Questo articolo si propone di fare proprio ciò, cercando di approfondire la comprensione della significatività statistica di tale stagionalità, esaminare le possibili cause alla base di questa caratteristica e valutare le sue implicazioni per la capacità di prevedere con precisione la QBO. La persistenza di un effetto stagionale così marcato suggerisce che, nonostante le complessità intrinseche nel comportamento della QBO, vi sono ancora pattern riconoscibili che possono offrire intuizioni preziose per migliorare le nostre previsioni e comprensione di questo intrigante fenomeno atmosferico.

Il grafico mostra un periodo di circa 40 anni, dal 1950 fino quasi al 1990, durante il quale sono state registrate le velocità dei venti zonali medi a un’altitudine di 50 millibar da stazioni di monitoraggio situate a Singapore, Balboa e Ascensione. Il termine “zonal” significa che i venti sono misurati nella direzione ovest-est lungo una latitudine costante, ovvero paralleli all’equatore.

La desagionealizzazione dei dati è una tecnica utilizzata per rimuovere le variazioni di vento tipiche delle diverse stagioni, permettendo così di osservare più chiaramente altre forme di variabilità atmosferica, come la QBO. La media mobile di 5 mesi applicata ai dati serve a lisciare le fluttuazioni a breve termine, rendendo più evidenti i cambiamenti di lungo periodo.

Sull’asse verticale, la velocità del vento è misurata in metri al secondo (m/s). I valori positivi sopra lo zero indicano la forza dei venti orientali (mossi da est verso ovest), mentre i valori negativi sotto lo zero rappresentano i venti occidentali (da ovest verso est). Il passaggio da valori positivi a negativi e viceversa riflette l’inversione periodica dei venti che è caratteristica della QBO.

Osservando il grafico, vediamo chiaramente le oscillazioni: i picchi (sopra la linea dello zero) indicano i periodi durante i quali prevalgono i venti orientali, mentre le depressioni (sotto la linea dello zero) mostrano i periodi in cui dominano i venti occidentali. Queste oscillazioni si succedono con una periodicità che non è perfettamente biennale, ma varia di volta in volta, da cui il nome “quasi-biennale”.

Questo modello ritmico, tuttavia, non segue un ciclo esatto e prevedibile di due anni; piuttosto, varia leggermente nel tempo, che è il motivo per cui la QBO è descritta come “quasi” biennale. Questa irregolarità nella periodicità della QBO è fondamentale per capire la complessità dei meccanismi atmosferici e per migliorare le nostre previsioni climatiche e meteorologiche a lungo termine.

La coerenza di questo modello attraverso decenni, come mostrato nel grafico, enfatizza la robustezza della QBO come caratteristica della circolazione atmosferica. E il fatto che possiamo osservare simili modelli attraverso diverse località geografiche rinforza ulteriormente l’importanza di studiare la QBO per comprendere la dinamica del nostro clima.

2. Analisi delle Transizioni di Fase dell’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO)

Quando analizziamo le transizioni di fase della QBO, ci riferiamo ai cambiamenti regolari tra i regimi di vento est-ovest a un’altitudine di 50 millibar, come osservato in punti specifici sopra l’equatore. Questi dati, rilevati da stazioni meteorologiche a Singapore, Balboa e Ascensione, ci danno un’immagine chiara dell’oscillazione quasi-biennale desagionealizzata, ossia privata delle variazioni tipiche legate alle stagioni, per isolare meglio la pura dinamica della QBO.

Il processo di desagionealizzazione è fondamentale: si rimuove la media dei venti zonali per ciascun mese per poter osservare la vera varianza attribuibile alla QBO. L’applicazione di una media mobile su cinque mesi ai dati serve a minimizzare le fluttuazioni a breve termine, rendendo più evidenti i pattern di lungo periodo.

Si è notato che, nonostante le differenze in ampiezza, c’è una notevole coerenza nei dati tra le tre stazioni. Tuttavia, a Singapore, la QBO mostra un’ampiezza maggiore, il che era previsto da precedenti studi. La lunghezza del ciclo QBO varia significativamente e non sembra essere direttamente influenzata da forze esterne note, come il ciclo solare o grandi eventi vulcanici come l’eruzione di El Chichon. Questo contrasta con alcune ipotesi precedenti, che suggerivano una connessione diretta con tali eventi.

Un dato interessante emerge dall’analisi approfondita: le transizioni alla fase orientale del vento raramente si verificano dopo agosto. Questa tendenza si osserva chiaramente a Singapore, dove la serie temporale lisciata mostra questo modello di “vuoti” nelle transizioni oltre la fine dell’estate. Anche se ci sono state alcune eccezioni negli altri due luoghi, tali anomalie si verificano di rado.

Questa osservazione potrebbe sembrare una semplice curiosità, ma ha importanti implicazioni: suggerisce che esiste una componente stagionale sottile ma persistente che influenza la QBO, nonostante la sua irregolarità generale. Comprendere questo schema può aiutare a decifrare alcuni dei misteri che circondano la QBO, offrendo potenzialmente nuove vie per affinare le previsioni atmosferiche legate a questo fenomeno.

Con decenni di osservazioni, i ricercatori stanno cercando di documentare e spiegare meglio questa apparente stagionalità della QBO. Il testo sottolinea come, nonostante le incertezze, la ricerca continua a fare progressi nel comprendere come la QBO, un elemento chiave della nostra atmosfera, varia nel tempo e quale possa essere l’entità del suo impatto sulla prevedibilità del clima terrestre.

Nel testo, ci immergiamo nell’analisi dei cambiamenti ciclici dei venti nella stratosfera, osservati in particolare a 50 millibar di altitudine. La numerazione di questi cicli, che si alternano tra orientali e occidentali, parte dal primo ciclo registrato nel 1952 e segue la classificazione proposta da Dunkerton e Delisi nel 1985.

La ricerca evidenzia un pattern interessante: si registra un notevole numero di inizi sia dei venti occidentali che orientali durante la primavera e l’estate dell’emisfero nord, mentre in altri periodi dell’anno questi eventi sono meno frequenti. Particolarmente degno di nota è il fatto che, nei dati desagionealizzati e lisciati, non si sono verificati inizi di venti orientali da settembre a dicembre a questa specifica quota e località. Tale andamento è in linea con le osservazioni di Naujokat del 1986, che mostrava nei grafici ciò che sono stati definiti “ripiani” orientali che si formano tra luglio e febbraio.

Al contrario, per i venti occidentali non si osservano questi “ripiani” nel loro movimento verso il basso; questo può essere dovuto al fatto che la loro discesa è piuttosto regolare e inizia subito dopo la transizione verso i venti orientali più in basso nella stratosfera. Questo ci dice che l’apparente dipendenza stagionale degli inizi di fase occidentale è in parte legata al momento in cui si verificano gli inizi di fase orientale.

Le transizioni di fase dei venti sono accompagnate da accelerazioni nel flusso medio, che sono più evidenti durante i cambiamenti di fase. Quando dai dati si rimuovono le variazioni stagionali, l’accelerazione del flusso medio che rimane non segue un ciclo annuale. Per comprendere meglio la dipendenza stagionale dell’accelerazione del flusso medio, le accelerazioni sono state suddivise in positive e negative prima di procedere con ulteriori analisi.

Nella Figura 3 vengono mostrate le accelerazioni medie, sia positive che negative, calcolate per la QBO desagionealizzata rispetto al periodo dell’anno, per diversi livelli di altitudine e località. È interessante notare che quasi tutte le stazioni e altitudini mostrano un marcato ciclo annuale per entrambi i tipi di accelerazione, eccetto per i dati di Balboa a 30 mb. Queste accelerazioni sono particolarmente evidenti per i venti orientali.

Infine, viene osservato che sebbene il tempo che intercorre tra gli inizi di fase orientale a 30 e 50 mb varia ampiamente, da un minimo di 2 a un massimo di 12 mesi, questi dati sono coerenti con la distribuzione stagionale degli inizi di fase mostrati nella Figura 2. Questo tipo di analisi fornisce una visione più profonda delle forze dinamiche alla base della QBO e potrebbe aiutarci a capire meglio i meccanismi che influenzano il nostro clima a livello globale.

Le accelerazioni orientali a 10mb raggiungono il loro picco durante la tarda estate e l’autunno dell’emisfero nord, evidenziando un raggruppamento degli inizi in questo periodo. È interessante notare che l’uso di una media mobile di cinque mesi nelle analisi elimina quasi completamente qualsiasi variazione semestrale dai dati, rendendo i risultati desezionalizzati. Nonostante ciò, le transizioni di fase orientali a 10mb suggeriscono debolmente un raggruppamento semestrale, secondo quanto osservato da Dunkerton e Delisi nel 1985. Questo pattern semestrale però scompare scendendo a livelli più bassi, dove la variazione stagionale degli inizi e delle accelerazioni diventa più evidente, specialmente vicino ai 50mb, con un segnale prevalentemente annuale, e anche a 10mb, dove la QBO mostra una fase quasi opposta.

Ciò implica che le fasi della QBO tendono a estremizzarsi durante l’inverno dell’emisfero nord e l’estate dell’emisfero sud, sia a 50 che a 10mb. Questo aspetto della QBO è spesso discusso in letteratura, soprattutto per quanto riguarda i possibili impatti sulla distribuzione del vortice polare extratropicale e dell’ozono. Tuttavia, emerge una certa ambiguità: dato che le fasi a 50 e 10mb sono spesso opposte, non si può determinare a priori quale livello di QBO sia effettivamente responsabile degli effetti extratropicali. Per chiarire questa questione sono necessari ulteriori studi di modellazione.

Dunkerton e Delisi, nel loro studio del 1985, hanno evidenziato una dipendenza stagionale nelle transizioni di fase attraverso l’analisi dei dati di una singola stazione. Questa dipendenza stagionale viene confermata anche dall’analisi di dati provenienti da tre diverse stazioni, come mostrato in una serie di istogrammi che combinano le statistiche delle stazioni, con e senza l’applicazione della media mobile di cinque mesi. Questo approccio offre una visione a sei volte della QBO desezionalizzata, con lievi variazioni tra i campioni. Gli effetti stagionali si manifestano chiaramente in tutti gli istogrammi e sono coerenti con le accelerazioni osservate. In particolare, l’inizio delle fasi orientali a 10mb sembra mostrare un marcato effetto stagionale, con una leggera preferenza semestrale, sebbene la distribuzione sia principalmente annuale.

La ricerca include anche i dati di Singapore a 10mb, sebbene il periodo di raccolta sia relativamente breve (iniziando nel 1984), limitando il numero di occorrenze analizzabili. Questi risultati sottolineano come la dipendenza stagionale degli inizi sia una componente primaria, o almeno significativa, della variabilità della QBO. Tuttavia, suggeriscono anche che la QBO non sia sincronizzata stagionalmente in modo esatto. Una vera sincronizzazione implicherebbe un inizio dei cicli della QBO in momenti esatti o periodi dell’anno, con periodi della QBO che assumerebbero valori discreti ben definiti. Questa conclusione apre la strada a ulteriori indagini per comprendere meglio i meccanismi alla base della variabilità della QBO.

La Figura 2 è un grafico che illustra la cronologia dei cambiamenti nella direzione del vento stratosferico a 50 millibar (mb) sopra Singapore, secondo una serie temporale desezionalizzata. Questo livello di altitudine corrisponde a circa 20 chilometri sopra la superficie terrestre, dove si verifica la QBO, l’oscillazione quasi-biennale.

Guardando il grafico, vediamo due tipi di segni:

  • Cerchi pieni: indicano il passaggio a una fase di vento occidentale (da ovest verso est).
  • Cerchi vuoti: rappresentano il passaggio a una fase di vento orientale (da est verso ovest).

Il grafico traccia questi cambiamenti dal 1950 al 1980, e la numerazione dei cicli inizia dal ciclo est-ovest numero 2, dato che il ciclo 1 ha avuto inizio a Balboa nel 1952 e viene mostrato in una figura precedente non inclusa qui.

Ogni punto sul grafico è posizionato al più vicino mese in cui è stato osservato il cambiamento di fase. Ad esempio, un cerchio pieno in corrispondenza dell’asse verticale su “J” (Gennaio) e l’asse orizzontale su “1960” indica che in quel mese vi è stato l’inizio di una fase occidentale a 50mb.

La distribuzione dei punti nel tempo ci mostra quando e quanto spesso si sono verificati questi cambiamenti di fase del vento nella QBO. Per esempio, se notiamo gruppi di cerchi vicini l’uno all’altro, possiamo ipotizzare una maggiore frequenza di cambiamenti in quel particolare periodo di tempo. La presenza di punti sia nella parte superiore che in quella inferiore del grafico per ogni anno indica la presenza di almeno due cambiamenti di fase all’anno, il che è tipico del pattern quasi-biennale.

Questi dati sono importanti perché il comportamento dei venti a questi livelli elevati ha implicazioni significative per i fenomeni meteorologici e climatici, come la distribuzione dell’ozono e l’interazione tra la stratosfera e la troposfera. La numerazione dei cicli aiuta i ricercatori a tracciare e a confrontare questi eventi nel tempo, dando loro una visione storica di come la QBO si sia manifestata nel corso delle decadi.

I dati mostrano chiaramente che la QBO, l’oscillazione quasi-biennale dell’atmosfera, non segue in maniera semplice e diretta il ciclo delle stagioni. Non esistono prove attuali che inducano a pensare che la QBO sia perfettamente allineata con i cambiamenti stagionali; piuttosto, gli elementi che influenzano il ritmo della QBO, chiamati “pacemakers” come quelli studiati da Yasunari nel 1989, servono solo a influenzare la distribuzione temporale dell’inizio delle fasi della QBO.

Questo significa che il periodo, o la durata dei cicli della QBO, non si presenta in intervalli fissi, ma piuttosto forma una gamma continua di valori che tende ad espandersi col passare del tempo. Ciò non vuol dire che ogni valore di periodo è possibile. Dall’analisi di un determinato inizio di fase della QBO, come l’inizio di un ciclo orientale a 50mb, emergono alcuni intervalli di periodo “proibiti”. Questi intervalli sono tali che, se fossero seguiti, farebbero iniziare il ciclo successivo troppo tardi, ad esempio dopo agosto.

Quando si grafica il periodo della QBO in relazione al tempo di inizio della fase orientale a 50mb, come è stato fatto in studi precedenti e illustrato nella Figura 5, si osserva che i periodi si raggruppano in due categorie: alcuni cicli durano “più a lungo” e superano un intervallo temporale non coperto dagli altri, mentre la maggior parte dei cicli ha una durata “normale”. Questi ultimi mostrano inizi successivi che si spostano progressivamente avanti nel corso dell’anno, terminando prima dell’autunno nell’emisfero nord. Circa due terzi dei cicli QBO osservati appartengono a questa categoria “normale”.

Le aree ombreggiate nella Figura 5 non devono essere intese come aree permanentemente “proibite”, in quanto esistono alcune eccezioni. Infatti, si sono già osservati casi contrari a Balboa e Ascensione, dimostrando che l’atmosfera può essere imprevedibile e che è rischioso per gli scienziati dipendere da regole troppo semplificate. Ciò che possiamo ragionevolmente aspettarci è che, ammesso che l’effetto stagionale sia un fattore concreto, vi sarà una tendenza generale per i nuovi dati di evitare queste aree ombreggiate, conducendo così alla distinzione tra cicli di durata “normale” e “lunga”.

La Figura 3 è una rappresentazione grafica delle accelerazioni medie positive e negative dei venti stratosferici a diversi livelli di pressione atmosferica (50, 30 e 10 millibar) per tre diverse località: Singapore, Balboa e Ascension.

Ogni pannello del grafico, da (a) a (c), corrisponde a un diverso livello di pressione nella stratosfera, con il pannello (a) che mostra i dati a 50mb, il pannello (b) a 30mb e il pannello (c) a 10mb. Questi livelli rappresentano diverse altezze nell’atmosfera, con 10mb che si trova molto più in alto di 50mb.

Sull’asse orizzontale abbiamo il tempo dell’anno, che si estende da febbraio a dicembre, consentendoci di osservare come le accelerazioni dei venti variano con le stagioni. Sull’asse verticale, vediamo l’accelerazione misurata in metri al secondo quadrato (m/s²). I valori positivi sopra lo zero indicano accelerazioni verso est, mentre i valori negativi sotto lo zero indicano accelerazioni verso ovest.

Le accelerazioni sono rappresentate con differenti stili di linee e simboli per ciascuna località:

  • Singapore è segnato con una linea continua e punti marcati con un asterisco (*).
  • Balboa è indicato da una linea a tratto-punto con asterischi (*).
  • Ascension è rappresentato da una linea tratteggiata con croci (+).

Prima di mediare le accelerazioni, il ciclo stagionale è stato rimosso dai dati, per focalizzarsi sulle variazioni indipendenti dalla stagione regolare. Inoltre, i dati sono stati lisciati con una media mobile di cinque mesi per rendere le tendenze più chiare e meno soggette a fluttuazioni a breve termine.

Le linee morbide tracciate attraverso i punti dati sono una rappresentazione liscia che mantiene solo gli armonici più significativi (zero, primo e secondo), offrendo una visione semplificata e depurata del comportamento stagionale dei venti.

Le frecce verticali evidenziano i periodi dell’anno in cui si verificano le massime accelerazioni, sia positive che negative. Ciò che emerge da questa rappresentazione è che ci sono tendenze stagionali e differenze nelle accelerazioni a seconda dell’altitudine e della località, che sono importanti per comprendere la dinamica atmosferica e per la previsione meteorologica.

Significato Statistico dell’Effetto Stagionale sulla QBO

Il testo esamina la possibile influenza del ciclo stagionale sull’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO), un fenomeno caratterizzato da variazioni periodiche nella direzione del vento stratosferico equatoriale. Dal 1951, sono stati osservati 16 cicli completi, 17 se si considera anche l’inizio rilevato nell’agosto del 1989. Esiste dunque la questione se la distribuzione stagionale degli inizi di questi cicli sia dovuta al caso o meno.

Per indagare questa ipotesi, è stato realizzato un esperimento di simulazione: usando un generatore di numeri pseudo-casuali, sono stati creati 15 o 20 cicli consecutivi della QBO, scegliendo periodi casuali seguendo una distribuzione normale basata sul periodo medio e sulla deviazione standard osservata di 28,2 mesi con una variazione di 3,4 mesi. I periodi che si discostavano troppo dalla media (più di due deviazioni standard) sono stati esclusi, proprio come osservato nei dati reali.

Dopo aver ripetuto il calcolo 10.000 volte, si è osservato che circa il 3% delle simulazioni generava un intervallo, o “vuoto”, simile a quello più ampio rilevato nelle registrazioni – di quattro mesi o più – quando si consideravano 15 cicli. Quando i cicli erano 20, la probabilità di un tale intervallo scendeva allo 0,5%.

Sono stati condotti anche altri test con approcci simili, come la distribuzione di 15 numeri casuali nell’intervallo da 0 a 1, che hanno prodotto risultati consoni. Per valutare il significato delle variazioni annuali delle accelerazioni della QBO (come mostrato nella Figura 3), si potrebbero riordinare casualmente le fasi della QBO conosciute e ricalcolare le variazioni. Tuttavia, con 16 cicli e 2 fasi della QBO, un tale calcolo sarebbe estremamente complesso e probabilmente non fattibile, anche se campioni più piccoli potrebbero offrire risultati significativi.

In conclusione, le osservazioni finora condotte suggeriscono che il ciclo stagionale ha un effetto reale sulla QBO. Se questa tendenza si confermerà nei prossimi cicli, l’influenza stagionale sulla QBO potrebbe essere dimostrata con una forte significatività statistica. I test futuri dovranno forse considerare i dati che cadono nel “vuoto” osservato, ma la presenza di questi non negherebbe necessariamente la validità statistica delle conclusioni.

La Figura 4 ci offre una serie di istogrammi, che sono grafici a barre, per illustrare la frequenza con cui i venti nella stratosfera cambiano direzione a tre diverse altitudini, misurate in millibar: 50 mb (grafico a), 30 mb (grafico b) e 10 mb (grafico c). I millibar sono un’unità di pressione e, in meteorologia, vengono spesso utilizzati per identificare differenti strati dell’atmosfera. Più basso è il numero in millibar, più alto è lo strato atmosferico a cui ci si riferisce.

Ogni istogramma ha due parti. La parte superiore di ciascun grafico mostra quante volte all’anno il vento cambia da una direzione est-ovest (E-W), mentre la parte inferiore mostra il cambiamento da ovest-est (W-E). Questi cambiamenti sono chiamati “zero crossings” perché il vento passa da un valore positivo a uno negativo, o viceversa, attraversando lo zero.

Le date sull’asse orizzontale, da gennaio (1/1) a novembre (11/1), ci indicano in quali periodi dell’anno questi cambiamenti sono più comuni. Le barre verticali mostrano il numero di volte in cui è stato osservato un cambio di direzione del vento in un dato mese.

I dati di questi istogrammi sono stati presi da tre stazioni diverse, e poi ‘deseasonalizzati’, il che significa che gli effetti tipici delle quattro stagioni sono stati rimossi per evidenziare altri pattern. Inoltre, l’analisi include sia dati diretti che dati trattati con una media mobile di cinque mesi, che aiuta a lisciare le fluttuazioni a breve termine.

In essenza, guardando questi istogrammi possiamo notare se esiste una tendenza stagionale nelle inversioni della direzione dei venti della QBO, e questo dopo aver eliminato i normali cambiamenti stagionali. Quindi, ciò che vediamo in questi grafici è un’indicazione di come la QBO si manifesti e cambi nel corso dell’anno, dato un numero di osservazioni che è sei volte maggiore rispetto al numero totale di cicli della QBO registrati.

Discussione Conclusiva sulla Stagionalità della QBO

Nel campo della meteorologia stratosferica, abbiamo osservato che gli incrementi della velocità dei venti diretti verso est, a livelli di circa 50 millibar, si manifestano con una certa predilezione durante la primavera e l’estate dell’emisfero settentrionale, mentre tendono a ridursi significativamente durante l’inverno. Questo è interessante perché le fasi di vento occidentale, ossia quelle che spostano l’aria da ovest verso est, non impiegano più di un anno per muoversi dall’alto verso il basso in questo strato dell’atmosfera, da 10 a 50 millibar. Di conseguenza, l’inizio delle fasi occidentali a 50 millibar si allinea spesso con la primavera e l’estate nordica.

Guardando a 30 millibar, vediamo che le accelerazioni orientali raggiungono il punto più basso verso la fine dell’autunno o all’inizio dell’inverno nordico, poco prima di quanto accade a 50 millibar. Questo sfasamento temporale è previsto dal modello medio di come la fase della QBO si sposta verso il basso, ma l’intervallo di tempo specifico tra gli inizi delle fasi orientali a 30 e 50 millibar può variare notevolmente. Tale variabilità dipende dalla formazione o meno di una sorta di “gradino” orientale nell’atmosfera.

Anche a 10 millibar si nota una variazione stagionale degli inizi: le transizioni verso est a questa quota seguono strettamente quelle verso ovest a 50 millibar e viceversa. Questo rispecchia la coerenza verticale della QBO e indica una tendenza per i nuovi inizi di fase a 10 millibar a sincronizzarsi con la conclusione della fase precedente più in basso nella stratosfera. Questa correlazione supporta la teoria della QBO formulata da Lindzen e Holton nei tardi anni ’60, che coinvolge le interazioni tra il flusso medio e le onde atmosferiche che si propagano verticalmente, un meccanismo ulteriormente elaborato da Plumb negli anni ’70 e dimostrato sperimentalmente da Plumb e McEwan alla fine di quel decennio.

La teoria e le modellazioni della QBO si sono evolute nel tempo, passando da un’interpretazione monodimensionale a una bidimensionale, arricchendo la comprensione del fenomeno. Gli studi sulle onde equatoriali hanno contribuito a questa evoluzione, fornendo dati empirici che hanno alimentato le teorie e modelli successivi.

Analizzando la stagionalità della QBO, possiamo trarre alcune conclusioni che aiutano a spiegare questo effetto. In particolare, la variazione stagionale sembra avere origine all’interno o al di sotto della regione in cui si manifesta la QBO, visto che la variazione osservata è principalmente annuale, piuttosto che semiannuale. Questo dato si accorda con la teoria della QBO nella sua forma più elementare, in cui si presume che i flussi sovrastanti non influenzino direttamente l’interazione tra le onde e il flusso medio a un dato livello dell’atmosfera, escluso forse nella parte più bassa dove avvengono dei cambiamenti dovuti a processi diffusivi.

Sebbene la teoria non sia perfetta, poiché ci sono ulteriori fattori come la diffusione e l’avvezione verticale del momento angolare che giocano un ruolo nella stratosfera equatoriale inferiore, si osserva che se l’influenza dell’oscillazione semiannuale superiore fosse significativa per la QBO, ci aspetteremmo una variazione semiannuale degli inizi a tutti i livelli. Invece, ciò che vediamo è una variazione principalmente annuale vicino a 50 millibar, coerente con le aspettative teoriche. La teoria suggerisce che la QBO non può ricominciare fino a che il getto d’aria più basso non viene distrutto, indicando che il periodo della QBO dipende dall’equilibrio dei termini nella regione di commutazione ai livelli più bassi. Questo concetto trova riscontro nelle variazioni annuali osservate anche a 10 millibar, come mostrato chiaramente nelle figure precedentemente menzionate.

Questa figura illustra come si comporta il ciclo della Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) analizzando specificamente quando ha inizio la fase orientale e la sua durata totale. La QBO è caratterizzata da venti che soffiano alternativamente da est a ovest e viceversa nell’equatore stratosferico.

L’asse verticale del grafico misura la durata totale di ciascun ciclo QBO in anni, combinando le fasi di vento orientale e occidentale. L’asse orizzontale, invece, mostra i mesi dell’anno e segnala il momento in cui inizia una nuova fase orientale.

I punti sparsi sul grafico rappresentano l’inizio di ciascun ciclo QBO, ognuno marcato da un numero che potrebbe indicare una sequenza temporale di eventi. Questi punti sono collegati da frecce che indicano il flusso del tempo e la successione dei cicli: si passa da un ciclo al successivo seguendo il percorso della freccia.

Le linee diagonali tracciate nel grafico hanno una pendenza che riflette il passaggio di un anno intero. Per prevedere l’inizio del prossimo ciclo QBO, ci si sposta lungo una linea parallela a queste diagonali fino a intersecare una linea orizzontale posta a 2 o 3 anni di durata.

Le aree ombreggiate e inclinate sul grafico rappresentano i periodi autunnali dell’emisfero settentrionale, durante i quali si osserva una mancanza di transizione dei venti QBO; per questo motivo, non si trovano punti dati all’interno di queste zone.

Inoltre, il grafico evidenzia ciò che sono definiti i “cicli lunghi” della QBO, che superano la soglia dei 2,5 anni. Questi cicli sembrano iniziare più precocemente all’interno dell’anno solare e si estendono attraverso le aree ombreggiate, evitando le transizioni di vento durante l’autunno nell’emisfero settentrionale.

Attraverso questa visualizzazione, i ricercatori possono dedurre modelli nel tempo e nella durata dei cicli della QBO, sfruttando i dati storici raccolti per formulare previsioni future sulla natura ciclica di questo fenomeno atmosferico.

Meccanismi Possibili di Modulazione del QBO: Una Discussione Approfondita

La questione di come il ciclo stagionale influenzi la regione del Quasi-Biennial Oscillation (QBO) rimane una delle sfide intriganti nella dinamica atmosferica. Attraverso l’analisi corrente, emerge con maggiore probabilità che tale effetto stagionale abbia le sue radici all’interno o immediatamente al di sotto della regione QBO. Questa ipotesi solleva l’esigenza di studi di modellazione più approfonditi per confermare con precisione le dinamiche in gioco.

Un elemento cruciale in questa discussione è il ciclo annuale che si manifesta vicino alla tropopausa tropicale, dove si osserva che la temperatura raggiunge il suo punto minimo durante la tarda stagione invernale dell’emisfero nord. Tale fenomeno è stato documentato in diversi studi, tra cui quelli di Reed e Vleck (1969), van Loon e Jenne (1970), e van Loon et al. (1973), che hanno evidenziato come anche l’ozono colonna mostri variazioni analoghe, come illustrato da Bowman e Krueger (1985). Questo segnale termico non si limita alla tropopausa ma si estende nella stratosfera inferiore, influenzando direttamente il riscaldamento radiativo e, di conseguenza, il sollevamento diabatico in quest’area, come dimostrato da Dopplick (1979).

La genesi di questo ciclo annuale rimane tuttavia avvolta nel mistero, sebbene l’ipotesi più accreditata punti verso le asimmetrie emisferiche nel trasporto di onde atmosferiche. Queste asimmetrie sembrano modificare la forza della circolazione di Hadley troposferica in modo stagionale, suggerendo una relazione significativa con la variazione annuale del sollevamento nella stratosfera equatoriale inferiore, che potrebbe raggiungere i 0.6 km al mese. Questo fenomeno è rilevante su una scala temporale compatibile con il QBO, ma sorgono dubbi sulla sua capacità di estendersi abbastanza in alto o di presentare la fase corretta per spiegare in modo esaustivo le fasce easterly del QBO in ogni situazione.

In sintesi, mentre emerge con chiarezza il ruolo potenzialmente cruciale del ciclo annuale all’interno o al di sotto della regione QBO nella modulazione di questo fenomeno, la necessità di studi di modellazione più dettagliati è imprescindibile per disvelare completamente le dinamiche in gioco e i meccanismi sottostanti.

Variazioni Annuali nel Vento Zonale e nell’Energia Cinetica di Perturbazione: Implicazioni per la Modulazione del QBO

La dinamica atmosferica, in particolare la modulazione del Quasi-Biennial Oscillation (QBO), è influenzata da una serie di fattori che variano nel corso dell’anno. Tra questi, due aspetti rilevanti sono la variazione annuale del vento zonale e dell’energia cinetica di perturbazione, oltre all’attività delle onde equatoriali. Questi fenomeni offrono una finestra unica sulle forze che plasmano il QBO, uno dei cicli atmosferici più intriganti.

La variazione stagionale del vento zonale nella troposfera superiore è caratterizzata da un minimo durante l’estate dell’emisfero nord, dove i venti tendono a essere debolmente orientati verso est. Questo periodo coincide con un minimo nell’energia cinetica di perturbazione, evidenziando una connessione tra la velocità del vento zonale e le variazioni energetiche atmosferiche. Tuttavia, questa variazione non è uniforme in tutte le longitudini; specifiche aree geografiche possono esperire variazioni molto più marcate. Un esempio emblematico è il forte getto di est osservato da Maruyama (1979) a Gan durante l’estate dell’emisfero nord, che raggiunge velocità fino a -30 ms-1.

Parallelamente, l’attività delle onde equatoriali, inclusi i fenomeni associati alle onde di Kelvin e alle onde di gravità-Rossby, mostra significative variazioni stagionali. Sebbene la ricerca in questo campo sia stata meno intensiva rispetto ad altri aspetti della dinamica atmosferica, le osservazioni di Maruyama (1979, comunicazione personale, 1989) indicano variazioni stagionali notevoli. Queste fluttuazioni sono particolarmente interessanti perché l’energia cinetica di perturbazione associata a movimenti asimmetrici zonalmente tende ad aumentare, specialmente nella stagione invernale-primaverile dell’emisfero nord. Questo aumento potrebbe essere parzialmente attribuito a un’accentuata attività delle onde di gravità-Rossby, come suggerito da studi precedenti.

Queste interazioni tra vento zonale, energia cinetica di perturbazione e attività delle onde equatoriali non solo evidenziano la complessità delle dinamiche atmosferiche ma anche il loro impatto diretto sulla modulazione del QBO. Le variazioni stagionali di questi fattori influenzano le accelerazioni del QBO, i tassi di discesa e la periodicità del ciclo, sottolineando la necessità di una comprensione più profonda di come queste dinamiche si intrecciano e si influenzano reciprocamente. La complessità di questi processi enfatizza ulteriormente l’importanza di approfondire gli studi in questo ambito per decifrare gli enigmi rimasti nel comportamento del QBO.

Simulazioni del Modello che Illustrano un Effetto Stagionale sulla Modulazione del QBO

Per approfondire la comprensione di come il ciclo stagionale influenzi il Quasi-Biennial Oscillation (QBO), sono stati realizzati esperimenti pionieristici con un modello bidimensionale basato sulla parametrizzazione delle onde equatoriali proposta da Dunkerton nel 1985. Questi esperimenti, descritti in modo esaustivo in Dunkerton (1990), hanno impiegato il cosiddetto “Modello I”. Tale modello, operante nel piano latitudine-altezza, si estende verticalmente da 17 a 32 km e si sviluppa su una griglia di 97×97, da polo a polo, simulando la propagazione verticale di un insieme di onde equatoriali iniziate alla tropopausa, responsabili delle accelerazioni del flusso medio.

Interessante notare, il Modello I non incorporava cicli stagionali, generando così oscillazioni quasi-biennali che, pur asincrone e aseasonali, riproducevano la struttura osservata nei modelli unidimensionali più antichi, come quelli di Holton e Lindzen del 1972. Nonostante l’assenza dell’upwelling della circolazione di Brewer-Dobson, il modello riusciva a simulare oscillazioni plausibili grazie alla presenza di tre specifiche onde equatoriali: una onda di Kelvin di Wallace-Kousky, un’onda di Kelvin secondo Parker e un’onda di Rossby-gravità di Yanai-Maruyama, ciascuna caratterizzata da specifici parametri di velocità di fase e flusso verticale d’onda.

L’analisi ha evidenziato che la forza delle onde equatoriali nella stratosfera inferiore varia annualmente, con picchi intorno a marzo, suggerendo un significativo impatto stagionale sulle dinamiche del QBO. Queste variazioni di forza, influenzando il momento e l’intensità delle accelerazioni del flusso medio, hanno mostrato come il periodo del QBO possa variare in funzione della stagione, con periodi più lunghi o più brevi associati rispettivamente agli inizi di fase in estate o in inverno dell’emisfero nord.

Le simulazioni hanno altresì dimostrato che, pur in presenza di un forcing costante delle onde, la modulazione stagionale del QBO può emergere variando stagionalmente condizioni al contorno specifiche o attraverso il ciclo della circolazione di Brewer-Dobson. Ciò riflette la complessità e l’interconnessione dei meccanismi atmosferici reali, ponendo le basi per ulteriori indagini sull’effetto combinato di questi fattori sulla modulazione stagionale osservata nel QBO.

Questi studi aprono nuove prospettive sulla comprensione delle oscillazioni atmosferiche, sottolineando l’importanza delle variazioni stagionali e dei meccanismi equatoriali sottostanti. Inoltre, invitano a considerare come eventi climatici più ampi, come la migrazione annuale della convezione monsonica e gli spostamenti della Zona di Convergenza Intertropicale (ITCZ), possano influenzare le onde equatoriali e, di conseguenza, la dinamica complessiva del QBO.

La Figura 6 si compone di due parti, entrambe legate alle simulazioni del periodo dell’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO), che è un fenomeno atmosferico caratterizzato da venti alternati est-ovest che si verificano nella stratosfera tropicale.

Parte (a)

Il primo pannello, etichettato come (a), visualizza il periodo della QBO, che è il tempo impiegato per completare un intero ciclo di fasi orientali e occidentali, a un’altezza di circa 20 km (o 50 mb di pressione atmosferica). Il grafico mostra la durata di questi cicli in funzione del tempo di inizio della fase orientale.

Ci sono tre curve distintive, ciascuna contrassegnata da un diverso rapporto di forzatura, che rappresenta il grado di variazione della forza che influisce sul sistema atmosferico entro un anno. La curva con l’etichetta 1:1 denota una forzatura costante, e come conseguenza, anche il periodo della QBO rimane costante, indicando un’oscillazione non influenzata dal cambiamento delle stagioni. Le altre due curve mostrano che, con una forzatura variabile, la durata del periodo QBO dipende effettivamente dal tempo di inizio della fase. In particolare, i periodi più lunghi della QBO si presentano quando la fase orientale ha inizio verso la metà dell’anno, che è anche il periodo precedente la forzatura minima.

Parte (b)

Il secondo pannello, contrassegnato come (b), illustra la distribuzione degli inizi delle fasi orientali della QBO. Questi dati sono stati dedotti tramite un’analisi dettagliata delle simulazioni di modello mostrate nel pannello (a). La distribuzione è rappresentata da un istogramma che traccia la frequenza con cui si verifica l’inizio della fase orientale nei 10.000 cicli della QBO ipotizzati dal modello. Sull’asse orizzontale è riportato il tempo di inizio, che è stato normalizzato in modo da rappresentare un intervallo di un anno completo, da 0 a 1.

Il grafico rivela che gli inizi delle fasi non sono distribuiti uniformemente durante l’anno, bensì ci sono picchi specifici dove si verifica un numero maggiore di inizi di fase. Ciò suggerisce che certi periodi dell’anno sono più propensi a vedere l’avvio di una nuova fase orientale, probabilmente a causa delle fluttuazioni stagionali nella forzatura.

In conclusione, la Figura 6 ci offre una visione approfondita di come le variazioni stagionali e le differenze nella forzatura influenzino il ciclo della QBO. I modelli simulati ci aiutano a comprendere i pattern complessi di questo fenomeno e ad anticipare quando potrebbe iniziare una nuova fase nel ciclo della QBO.

Riassunto: Meccanismi Possibili di Effetto Stagionale sul QBO e le Loro Implicazioni

Il Quasi-Biennial Oscillation (QBO), con le sue fluttuazioni quasi biennali dei venti equatoriali nella stratosfera, è un fenomeno complesso influenzato da una varietà di fattori, sia all’interno che al di sotto della sua regione. Questa analisi ha esplorato alcuni dei meccanismi potenziali che potrebbero avere effetti significativi sul QBO, originando principalmente nella troposfera tropicale. È interessante notare come questi meccanismi differiscano concettualmente da quelli associati all’oscillazione semestrale situata al di sopra del QBO, suggerendo una vasta gamma di influenze e interazioni dinamiche all’interno dell’atmosfera.

Nonostante la tentazione di attribuire variazioni stagionali del QBO esclusivamente a cicli ben noti, come quello stagionale o eventi come l’ENSO, la realtà è più sfumata. Variazioni a lungo termine, probabilmente legate a grandi cambiamenti nella circolazione atmosferica legati all’ENSO, e fluttuazioni a breve termine, di natura apparentemente casuale, complicano ulteriormente il quadro. Tra queste, una variazione annuale che sembra modulare le transizioni di fase del QBO senza sincronizzarle perfettamente è stata identificata come particolarmente degna di nota.

Questa associazione annuale con le transizioni di fase del QBO ha dimostrato di essere resiliente nel tempo, a differenza di altre correlazioni proposte, come quelle con il ciclo solare o gli aerosol vulcanici, che non hanno trovato conferme sostanziali. La domanda su se questa modulazione stagionale manterrà la sua rilevanza nei decenni a venire resta aperta, ma ciò che è chiaro è che il QBO dinamico non è guidato da “pacemaker” esterni forti o consistenti che lo allineano precisamente con il ciclo stagionale.

Questa comprensione porta a riflettere sulla prevedibilità del QBO. L’osservazione che le fasi discendenti verso est tendono a iniziare più frequentemente nella prima metà dell’anno offre una base per migliorare le previsioni relative alle transizioni del QBO. Le fasi che iniziano in questo periodo dell’anno hanno dimostrato di essere più prevedibili rispetto a quelle che iniziano nella seconda metà, offrendo potenzialmente un modello per anticipare meglio i cambiamenti futuri nella struttura dei venti stratosferici equatoriali.

In conclusione, la ricerca sui meccanismi che influenzano il QBO e la sua variabilità stagionale sottolinea non solo la complessità delle dinamiche atmosferiche ma anche le potenzialità per affinare ulteriormente la nostra capacità di prevedere questo importante fenomeno climatico. Con ulteriori studi e l’evoluzione dei modelli di circolazione generale, possiamo aspettarci di approfondire la nostra comprensione del QBO, migliorando così la nostra capacità di prevedere e gestire le sue implicazioni sul clima globale.

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