Abstract. Le distribuzioni dello spessore del ghiaccio marino artico, ricavate dai modelli partecipanti al Progetto di Intercomparazione dei Modelli Accoppiati Fase 5 (CMIP5) del Programma di Ricerca sul Clima Mondiale, vengono valutate rispetto alle osservazioni provenienti da sottomarini, aerei e satelliti. Anche se è incoraggiante che le distribuzioni dello spessore medio dei modelli siano generalmente in accordo con le osservazioni, la rappresentazione spaziale dello spessore del ghiaccio marino è carente nella maggior parte dei modelli. Questa scarsa rappresentazione spaziale è associata all’incapacità dei modelli di rappresentare i dettagli della circolazione atmosferica media, che governa il trasporto e la distribuzione spaziale del ghiaccio marino. I modelli climatici tendono anche a sottostimare il tasso di perdita di volume del ghiaccio dal 1979 al 2013, sebbene la tendenza media dell’ensemble multimodello rimanga entro i limiti di incertezza del Sistema di Modellazione e Assimilazione del Ghiaccio Oceano Pan-Artico. Sebbene le grandi incertezze nei prodotti osservazionali complichino le valutazioni dei modelli, questi risultati sollevano preoccupazioni riguardo alla capacità dei modelli CMIP5 di rappresentare realisticamente i processi che guidano il declino del ghiaccio marino artico e di prevedere quando un Artico stagionalmente privo di ghiaccio potrebbe diventare una realtà.

¹Introduzione

Negli ultimi quattro decenni si è osservato un notevole declino nell’estensione spaziale del ghiaccio marino artico alla fine della stagione di fusione. Secondo le concentrazioni di ghiaccio marino rilevate dall’Indice del Ghiaccio Marino del National Snow and Ice Data Center (NSIDC) (Fetterer et al., 2002), la tendenza lineare per settembre, calcolata nel periodo 1979-2013, è di -14,0 % per decennio, ovvero -895 300 km² per decennio. Questo trend al ribasso è stato collegato a una combinazione di variabilità climatica naturale e riscaldamento, dovuto all’aumento delle concentrazioni di gas serra atmosferici (ad esempio, Notz e Marotzke, 2012; Stroeve et al., 2012a). L’estensione registrata per settembre 2012 (il minimo record nell’era satellitare) era solo il 50% dei valori registrati tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Le perdite di volume sono ancora maggiori, mostrando un calo dell’80% tra settembre 1979 e 2012 secondo il Sistema di Assimilazione del Ghiaccio Oceano Pan-Artico (PIOMAS). Sebbene l’estensione del ghiaccio di settembre sia rimbalzata nel 2013, in parte a causa di condizioni estive anormalmente fresche (ad esempio, Stroeve et al., 2014), è stata comunque la sesta più bassa nella registrazione satellitare.

I modelli climatici globali accoppiati (GCM) prevedono costantemente che, se le concentrazioni di gas serra continueranno a crescere, l’esito finale sarà una completa perdita della copertura di ghiaccio pluriennale, ovvero il ghiaccio marino diventerà una caratteristica stagionale dell’Oceano Artico (ad esempio, Stroeve et al., 2007, 2012b). Questo fenomeno presenterà sia sfide che opportunità per i residenti artici, le agenzie governative e l’industria. Sebbene i GCM possano fornire proiezioni utili su quando un Oceano Artico stagionalmente privo di ghiaccio potrebbe diventare una realtà, la fiducia in queste proiezioni dipende dalla loro capacità di riprodurre le caratteristiche del clima attuale. Stroeve et al. (2012b) hanno riscontrato che i modelli partecipanti al Progetto di Intercomparazione dei Modelli Accoppiati Fase 5 (CMIP5) del Programma di Ricerca sul Clima Mondiale sono più coerenti con le osservazioni rispetto a quelli del precedente sforzo CMIP3, con il 67% dei modelli (ovvero 16 su 24) che mostrano una media dell’estensione del ghiaccio di settembre nel periodo 1953-1995 rientrante nei limiti minimi e massimi dei valori osservati. Tuttavia, le tendenze storiche dell’85% dei membri dell’ensemble dei modelli esaminati rimangono inferiori a quelle osservate e la variazione dell’estensione simulata tra i diversi modelli rimane ampia.

Simulare con realismo l’evoluzione passata e futura della copertura di ghiaccio marino galleggiante dell’Artico rappresenta una delle sfide più complesse della modellazione climatica. Una questione chiave è emersa nella simulazione della distribuzione spaziale dello spessore del ghiaccio marino. Infatti, i modelli climatici con una copertura iniziale di ghiaccio eccessivamente spessa (inizio XXI secolo) tendono a perdere il loro ghiaccio estivo più tardi rispetto a modelli con un ghiaccio inizialmente più sottile, a parità di forzamento climatico (ad esempio, Holland et al., 2010). La distribuzione dello spessore del ghiaccio influisce notevolmente sui flussi di calore superficiali, impattando sul bilancio di massa del ghiaccio e sul tasso di perdita di ghiaccio, che a sua volta è un driver principale dell’amplificazione artica – l’aumento sproporzionato delle temperature dell’aria nella bassa troposfera sopra l’Oceano Artico rispetto a quelle delle latitudini inferiori (Serreze et al., 2009).

Una delle principali difficoltà nella valutazione delle distribuzioni di spessore nei modelli climatici globali (GCM) è la mancanza di osservazioni coerenti che coprano un arco temporale sufficientemente ampio. Solo a partire dal 2003 sono diventate disponibili stime quasi complete del ghiaccio artico, limitate tuttavia ai periodi autunnale e primaverile, grazie al sistema Geoscience Laser Altimeter System (GLAS) del satellite ICESat della NASA. Prima di ICESat, le informazioni erano prevalentemente limitate ai dati provenienti da sonar rivolti verso l’alto su sottomarini britannici e statunitensi raccolti durante gli anni ’80 e ’90, che coprivano principalmente la regione vicina al polo, e ai dati da diverse boe fisse che fornivano serie temporali in posizioni fisse (Lindsay, 2010). Il primo satellite europeo di telerilevamento (ERS-1) includeva un altimetro radar che forniva dati sullo spessore del ghiaccio marino fino alla latitudine di 81,5° N, ma solo per il periodo dal 1993 al 2001 (Laxon et al., 2003). Dopo il guasto di ICESat nel 2009, sono state raccolte ulteriori misurazioni dello spessore del ghiaccio marino tramite voli aerei nell’ambito del programma Operation IceBridge della NASA.

La copertura dell’Artico è stata ripristinata a partire dal 2010, utilizzando l’altimetro radar a bordo del CryoSat-2 dell’Agenzia Spaziale Europea. Questi dati, insieme ad altri, rappresentano una fonte preziosa per la validazione dei modelli spaziali dello spessore del ghiaccio marino. Inoltre, le osservazioni satellitari e in situ sono state impiegate per validare i sistemi di ri-analisi del ghiaccio marino come il PIOMAS, che a sua volta può offrire un registro coerente di spessore e volume, utile per il confronto con le tendenze a lungo termine dei modelli climatici (Schweiger et al., 2011).

Questo articolo indaga sui bias relativi allo spessore e al volume del ghiaccio marino artico attuale nei modelli CMIP5, facendo uso di tutti questi set di dati. Gli spessori modellati sono valutati per l’intero Oceano Artico e su base regionale, a seconda della disponibilità dei dati. Dato che le misurazioni radar sono influenzate dalla fusione della neve e i dati di IceBridge sono disponibili solo a marzo, il nostro focus è sulle stime di spessore del ghiaccio in primavera, in particolare a marzo. Il volume di ghiaccio modellato per il periodo 1979-2013 è ulteriormente confrontato con le stime di volume simulate dal PIOMAS (Zhang e Rothrock, 2003) per i mesi di marzo e settembre.

2 Metodologia

2.1 Quadro di Valutazione

Valutiamo i modelli seguendo tre criteri: (1) la capacità di replicare la distribuzione statistica dei campi medi osservati dello spessore del ghiaccio marino, basandosi sull’aggregazione di tutti i dati disponibili attraverso l’Artico per ogni insieme di dati osservazionali; (2) la capacità di replicare il modello spaziale osservato dello spessore del ghiaccio marino; e (3) la capacità di replicare la migliore stima delle tendenze nel volume del ghiaccio marino. Le prime due valutazioni sfruttano i dati di spessore provenienti da ormeggi in situ, sottomarini, aerei e strumentazioni satellitari, come introdotto nella sezione precedente. Questo registro non è omogeneo abbastanza per valutare le tendenze di spessore o di volume, perciò facciamo affidamento anche sul record di PIOMAS. PIOMAS integra dati come la concentrazione di ghiaccio marino, la temperatura della superficie del mare e la velocità del ghiaccio. Nonostante PIOMAS sia un modello e sia sensibile alla ri-analisi atmosferica utilizzata, le stime di spessore sono ben confrontabili con le osservazioni in situ e le misurazioni da sottomarini, aerei e satelliti (Zhang e Rothrock, 2003; Schweiger et al., 2011; Lindsay et al., 2012; Laxon et al., 2013).

Un’altra difficoltà nella valutazione dei modelli, accentuata dalla natura frammentata del registro dello spessore del ghiaccio, è che gli anni individuali nel tempo del modello CMIP5 non corrispondono agli stessi anni nel registro osservativo. Le impronte della variabilità climatica naturale intrinseca nel registro osservativo, come quelle associate alla fase dell’Oscillazione Nord Atlantica, probabilmente non coincideranno con la variabilità naturale nelle simulazioni dei modelli. Di conseguenza, le discrepanze nello spessore del ghiaccio modellato possono derivare sia da bias del modello sia da variabilità climatica naturale. Idealmente, le climatologie di spessore del ghiaccio marino modellato dovrebbero essere confrontate con climatologie osservate di durata simile e sufficientemente estese (ad esempio, 30 anni) per attenuare la maggior parte della variabilità naturale.

I dati medi mensili dello spessore del ghiaccio marino, relativi a 92 membri dell’ensemble di 33 modelli climatici, sono stati scaricati dall’archivio CMIP5 tramite il portale dati del Programma per la Diagnosi e l’Interconfronto dei Modelli Climatici (PCMDI) accessibile attraverso l’Earth System Grid (http://cmip-pcmdi.llnl.gov/cmip5/). L’archivio comprende sia modelli climatici globali atmosfera-oceano (AOGCM) sia modelli del sistema terrestre (ESM), questi ultimi arricchiti da cicli biogeochimici interattivi. Sono stati elaborati sia gli scenari storici (1850–2005) che quelli futuri relativi al Percorso di Concentrazione Rappresentativo (RCP) 4.5 (2006–2100), mantenendo lo stesso numero di ensemble per entrambi gli scenari di emissione. Lo scenario RCP4.5, che prevede una stabilizzazione della CO2 a circa 650 ppm entro la fine del secolo (ad esempio, Thompson et al., 2011), corrisponde a una forzatura radiativa di 4.5 Wm−2 per il 2100, rappresentando un approccio piuttosto conservativo considerati gli attuali tassi di emissione. Un elenco dei modelli utilizzati è disponibile nella Tabella 1.

I campi medi mensili di spessore del ghiaccio marino per il periodo 1981-2010 sono stati calcolati per ogni membro dell’ensemble. Nei casi in cui i modelli presentavano più di un membro dell’ensemble, i campi di spessore medi di ogni ensemble per un determinato modello sono stati aggregati per ottenere una media unica dell’ensemble. Le risoluzioni spaziali variano significativamente, da griglie di modellazione oceanica ad alta risoluzione a griglie più grossolane con una spaziatura di circa 1° x 1°. Per permettere i confronti tra i modelli e le osservazioni, i campi medi di spessore sono stati riallineati alla griglia di 100 km Equal Area Scalable Earth (EASE) (Brodzik e Knowles, 2002) utilizzando un metodo di interpolazione di tipo drop-in-the-bucket. La risoluzione di 100 km coincide con quella delle griglie più grossolane dei modelli.

La Tabella 1 elenca i modelli climatici utilizzati in un’analisi, specificando i centri di modellazione che li hanno sviluppati, il nome di ciascun modello, il componente specifico che tratta il ghiaccio marino e le particolarità fisiche del modello. Questi dettagli sono suddivisi nelle seguenti colonne:

  1. Modeling center (or group): Identifica il centro di ricerca o il gruppo che ha sviluppato il modello. Questi possono variare da università a istituti di ricerca e agenzie governative, mostrando la diversità e la provenienza geografica dei contributi al campo della modellazione climatica.
  2. Model name: Fornisce il nome specifico del modello utilizzato. Questo aiuta a identificare i diversi strumenti utilizzati nell’analisi e a distinguere le varie configurazioni e approcci alla modellazione.
  3. Sea ice model: Specifica il modulo o il sottoinsieme del modello che si occupa di simulare il ghiaccio marino. Questo è cruciale per comprendere come ciascun modello tratta le dinamiche e le caratteristiche del ghiaccio marino, che sono elementi centrali per studiare l’Artico.
  4. Physics: Descrive le caratteristiche fisiche integrate nel modello, come la dinamica del ghiaccio, le interazioni termiche, e altri processi fisici che il modello è in grado di simulare. Questo dettaglio è fondamentale per valutare la complessità e l’accuratezza di ciascun modello nel replicare i fenomeni naturali.

La tabella include anche una nota che per alcuni modelli le informazioni specifiche sui componenti e sulla fisica non sono disponibili pubblicamente. Questo riepilogo offre una panoramica chiara e strutturata dei diversi strumenti utilizzati dagli scienziati per analizzare e prevedere le variazioni nel ghiaccio marino e il loro impatto sul clima globale.

Per confrontare lo spessore medio aggregato (criterio di valutazione 1), sono state create distribuzioni di frequenza per ogni modello utilizzando i campi medi ricondotti alla griglia. Distribuzioni separate sono state generate per ogni campo di spessore osservato, in modo tale che gli spessori dei modelli corrispondessero alla copertura di ciascun set di dati di spessore osservato. Ad esempio, solo le celle della griglia che avevano spessori sia da IceBridge sia dal modello sono state considerate quando si valutava la capacità dei modelli di rappresentare la distribuzione dello spessore aggregato durante il periodo di IceBridge. I campi dei modelli ricondotti alla griglia sono stati utilizzati anche per valutare i modelli spaziali di spessore (criterio 2). Per assicurare che i membri dell’ensemble del modello possano essere usati per validare i modelli spaziali, è essenziale valutare prima la variabilità naturale dei modelli spaziali di spessore del ghiaccio marino all’interno dei modelli. Nei modelli con cinque o più membri dell’ensemble, abbiamo analizzato la variabilità nei modelli spaziali e nello spessore medio su scala artica dal 1981 al 2010 (Fig. 1). Come previsto, una maggiore variabilità è stata osservata sopra l’Atlantico Nord vicino al margine del ghiaccio marino. Tre dei modelli (CCSM4, EC-EARTH e HadCM3) si sono distinti a causa dell’elevata variabilità locale, come nel settore del Mare di Beaufort nel CCSM4. Due di questi modelli (CCSM4 e EC-EARTH) incorporano un quadro di distribuzione dello spessore del ghiaccio (ITD) (Tabella 1). È possibile che i modelli che risolvono la distribuzione statistica su scala sub-grid dello spessore del ghiaccio producano spessori delle celle della griglia più influenzati dalla variabilità naturale rispetto ai modelli senza ITD.

Tuttavia, per i modelli valutati, la variabilità è inferiore all’8% della media su tutto l’Oceano Artico. Inoltre, le correlazioni dei modelli spaziali tra i singoli ensemble all’interno di un modello sono superiori a 0,9 (e per la maggior parte superiori a 0,98) (non mostrato). Questo suggerisce che il record osservazionale frammentato offre un’opportunità per confrontare le caratteristiche dei modelli di spessore, che sono meno impattati dalla variabilità naturale.

Per valutare il criterio 3 (trend nel volume del ghiaccio utilizzando i dati PIOMAS), il volume del ghiaccio di marzo è stato calcolato per ogni membro dell’ensemble del modello corrispondente al dominio delle stime PIOMAS. A differenza dello spessore, il volume del ghiaccio è stato calcolato sulla griglia nativa del modello. Lo spessore del ghiaccio nell’archivio CMIP5 è dato come media della cella di griglia, includendo le porzioni libere da ghiaccio della cella di griglia. Il volume del ghiaccio della cella di griglia è semplicemente il prodotto dello spessore medio della cella di griglia e dell’area della cella di griglia. I volumi delle celle di griglia sono stati sommati per il dominio PIOMAS per ottenere una serie temporale del volume medio mensile del ghiaccio.

La Figura 1 mostra la variabilità dello spessore del ghiaccio marino nel mese di marzo per sette diversi modelli climatici, coprendo il periodo dal 1981 al 2010. I valori visualizzati rappresentano il coefficiente di variabilità, che è calcolato come il rapporto tra la deviazione standard e la media (SD/media). Questo coefficiente è una misura normalizzata della variabilità, il che consente di effettuare confronti sia tra le diverse aree geografiche sia tra i vari modelli.

Ogni mappa corrisponde a un modello climatico specifico, indicato sopra ogni mappa. I numeri tra parentesi mostrano il numero di membri dell’ensemble utilizzati per ciascun modello. La legenda a sinistra mostra una scala di colori che varia dal blu al rosso, dove il blu indica una variabilità minore e il rosso una variabilità maggiore.

Le aree colorate sulle mappe segnalano le regioni artiche dove si osserva una significativa variabilità dello spessore del ghiaccio a marzo nel corso dei trent’anni osservati. Queste mappe sono utili per identificare quali modelli e quali regioni mostrano maggiori incertezze o variabilità nello spessore del ghiaccio, fornendo così indicazioni preziose su come diversi modelli simulano la dinamica del ghiaccio marino in risposta ai cambiamenti climatici.

2.2 Dati: Osservazioni

Come già introdotto, il registro osservato dello spessore del ghiaccio marino si basa su una combinazione di dati raccolti in situ, da sottomarini, aerei e satelliti. Sebbene i dati siano disponibili a partire dal 1975 fino ai giorni nostri, nessuna fonte dati è continua nello spazio e nel tempo per tutto questo periodo, rendendo quindi impossibile creare una serie temporale omogenea basata esclusivamente su osservazioni. Per ottenere una visione a lungo termine, è necessario integrare stime dello spessore del ghiaccio provenienti da fonti diverse. Offriamo dati organizzati in griglie a due risoluzioni sulla griglia EASE (25 e 100 km), facilitando così i confronti sia con PIOMAS, che ha una risoluzione spaziale di 25 km, sia con i campi medi di spessore del CMIP5, che hanno una risoluzione di 100 km.

I dati sonar non classificati provenienti dalle missioni dei sottomarini della Marina degli Stati Uniti e della Royal Navy del Regno Unito forniscono le stime più antiche, iniziando nel 1975 e terminando nel 1993. Le stime dello spessore del ghiaccio raccolte da sottomarini e altre piattaforme sono state armonizzate e formattate in modo coerente da R. Lindsay presso il Polar Science Center dell’Università di Washington, risultando nel Record Climatico Unificato dello Spessore del Ghiaccio Marino (CDR) (Lindsay, 2010). La versione più recente dei dati dei sottomarini è stata acquisita dal Polar Science Center dell’Università di Washington. Una versione archiviata del CDR, aggiornata annualmente, è disponibile anche tramite il NSIDC (Lindsay, 2013). I sonar dei sottomarini forniscono misure della pescaggine del ghiaccio, ovvero la profondità del ghiaccio sotto il livello del mare. Rothrock e Wenshahan (2007) hanno documentato come convertire la pescaggine in spessore del ghiaccio, applicando il principio di Archimede e assumendo specifiche densità per il ghiaccio, la neve e l’acqua, e considerando la profondità della neve sul ghiaccio. Nella maggior parte dei casi, la profondità della neve è incerta e si fa riferimento alla climatologia della neve di Warren (Warren et al., 1998). Rothrock e Wenshahan (2007) hanno stimato un bias medio di spessore di 0,29 m nei dati sonar rispetto alle osservazioni dirette.

Abbiamo corretto i dati dei sottomarini sottraendo il bias identificato prima di confrontarli con i risultati dei modelli CMIP5. Seguendo quanto riportato da Schweiger et al. (2011), abbiamo scelto di utilizzare solo i dati provenienti dalle missioni statunitensi a causa dell’incertezza nella documentazione del processo di elaborazione dei dati delle missioni britanniche. Le missioni dei sottomarini sono classificate in base alla stagione di esecuzione: primaverili o estive. Noi abbiamo utilizzato quelle primaverili, che si svolgono tra marzo e giugno, e che principalmente forniscono dati per la parte centrale dell’Oceano Artico, lontano dai bassifondali continentali.

Gli strumenti sonar rivolti verso l’alto (ULS), installati su ormeggi ancorati al fondo nel Mare di Beaufort orientale, nel Giro del Beaufort e nel Mare di Chukchi, offrono ulteriori stime dello spessore del ghiaccio. Gli ormeggi nelle acque del Mare di Beaufort orientale e del Mare di Chukchi sono gestiti dall’Istituto di Scienze Oceaniche (Melling e Riedel, 2008), con registrazioni che vanno dal 1990 al 2005. Gli ormeggi nella regione del Giro del Beaufort sono curati dal Progetto di Esplorazione del Giro del Beaufort, con base al Woods Hole Oceanographic Institution (http://www.whoi.edu/beaufortgyre). Questi strumenti ULS misurano anche la pescaggine del ghiaccio, e le stime più recenti di questa pescaggine in situ sono state acquisite dal Polar Science Center. Il calcolo dello spessore del ghiaccio è stato effettuato a partire dalle misure di pescaggine utilizzando lo stesso metodo applicato ai dati dei sottomarini.

A differenza del sonar dei sottomarini, i radar satellitari e gli altimetri laser degli aerei misurano l’altezza del ghiaccio sia nudo sia coperto di neve, oltre alle superfici nevose sopra il livello del mare, variando in base alle caratteristiche dello strumento e alle condizioni della superficie. Identificando i canali tra i lastroni di ghiaccio, si può calcolare il freeboard, ovvero l’altezza delle superfici di ghiaccio o neve sopra il livello del mare. Questo freeboard viene poi convertito in spessore del ghiaccio utilizzando il principio di Archimede, in maniera simile alla conversione della pescaggine del ghiaccio dei sottomarini, e basandosi su stime o assunzioni relative alla densità della neve e del ghiaccio e alla profondità della neve.

Laxon et al. (2003) hanno estratto dati sullo spessore del ghiaccio dal radar altimetro da 13.8 GHz a bordo del satellite ERS-1, analizzando i cambiamenti dello spessore del ghiaccio marino artico dal 1993 al 2001 fino alla latitudine di 81.5° N. L’area coperta da ERS-1 durante l’inverno comprende circa 3,08 × 10^6 km² e include i mari di Beaufort, Chukchi, Siberiano Orientale, Kara, Laptev, Barents e Groenlandia. Le misure di spessore del ghiaccio derivanti da ERS-1 sono fornite come un campo medio unico, calcolato per il mese di marzo dal 1993 al 2001, su una griglia di 0.1° di latitudine per 0.5° di longitudine.

ICESat, con il suo altimetro laser, ha fornito il primo set di dati sullo spessore che copre quasi tutto l’Oceano Artico. Questi spessori sono stati calcolati seguendo la metodologia descritta da Kwok et al. (2009), con l’archivio ICESat che offre cinque anni di dati grigliati (2004–2009) con una risoluzione di 25 km, estendendosi fino a 86° N. Kwok et al. (2009) stimano un’incertezza di 0,5 m per ciascuna cella di griglia di 25 km.

Operation IceBridge è una missione aerea in corso che utilizza un altimetro laser, ideata per colmare il divario tra ICESat e il suo successore ICESat-2, previsto per il lancio nel 2017. IceBridge fornisce tracce individuali di spessore del ghiaccio, principalmente concentrate nell’Oceano Artico occidentale durante i mesi di marzo e aprile dal 2009 ad oggi. La copertura era inizialmente sporadica ma è migliorata nel tempo. Ogni traccia di IceBridge offre stime dello spessore del ghiaccio a intervalli di 40 m, con i dettagli del metodo di recupero dello spessore descritti da Kurtz et al. (2013).

Infine, le stime dello spessore del ghiaccio di CryoSat-2 sono ottenute tramite un altimetro radar satellitare, con una copertura che si estende fino a 88° N. Utilizziamo il prodotto preliminare dello spessore prodotto dall’Istituto Alfred Wegner (www.meereisportal.de/cryosat), disponibile dal 2011 al 2013 su una griglia EASE-2 di 25 km (Brodzik et al., 2012).

Lo spessore del ghiaccio viene anche misurato combinando strumenti di induzione elettromagnetica (EM) aerei e altimetri laser, come descritto da Haas et al. (2009). Questi strumenti sono trasportati sopra la superficie del ghiaccio marino tramite elicottero. Lo strumento EM rileva la distanza tra lo strumento stesso e l’interfaccia ghiaccio-acqua, mentre l’altimetro laser misura l’altezza della superficie di neve o ghiaccio. La differenza tra queste due misurazioni fornisce lo spessore combinato di neve e ghiaccio. Utilizzando dati sullo spessore della neve e sulla sua densità, è possibile ottenere lo spessore del ghiaccio. Le misurazioni dello spessore del ghiaccio ottenute tramite EM sono disponibili per l’Oceano Artico centrale e occidentale dal 2002 al 2012, e questi dati sono inclusi nel Record Climatico Unificato dello Spessore del Ghiaccio Marino, acquisiti dal Polar Science Center.

Tutti i dati di spessore del ghiaccio derivati dai satelliti sono stati adeguatamente ricondotti alle griglie EASE di 25 km e 100 km, usando un metodo di mediazione chiamato “drop-in-the-bucket”. Questo processo fornisce un campo medio di spessore dal 1993 al 2001 da ERS-1, così come un campo annuale per ciascuno dei cinque anni di ICESat (dal 2004 al 2009) e per ciascuno dei tre anni di CryoSat (dal 2011 al 2013). Inoltre, sono stati calcolati campi medi per il periodo di registrazione da ICESat e CryoSat, inizialmente mediati sulle loro griglie native e successivamente ricondotti a risoluzioni di 25 e 100 km.

I dati provenienti dagli ormeggi in situ, da strumentazioni EM aeree, da IceBridge e dalle tracce sonar dei sottomarini hanno richiesto un approccio di trattamento differente. Per il confronto con i modelli CMIP5, tutte le stime osservate dello spessore entro 70 km dal centro di una griglia EASE di 100 km sono state mediate per ottenere uno spessore medio della cella. Per garantire la migliore copertura possibile nel confronto con le distribuzioni di spessore modellate, tutte le stime di spessore di tutti gli anni sono state utilizzate per calcolare un unico campo medio per il periodo di registrazione. Inoltre, sono state create griglie di dati di IceBridge e di dati sottomarini a una risoluzione spaziale di 25 km per singoli anni, combinando più traiettorie di volo e percorsi di crociera in un solo anno. Poiché i periodi di copertura variano, i composti dello spessore del ghiaccio da IceBridge e dai dati dei sottomarini si basano su intervalli temporali variabili durante i periodi di osservazione e non corrispondono esattamente alle medie mensili. Questo può introdurre un errore di campionamento temporale nei confronti tra le osservazioni di questi dataset e gli output mensili dei modelli CMIP5 e di PIOMAS.

Oltre ai problemi di campionamento temporale, i vari registri dello spessore del ghiaccio presentano delle discrepanze dovute alle differenze nei tipi di sensori utilizzati e nei metodi di rilevamento. Tecnologie radar e laser, ad esempio, impiegano diverse lunghezze d’onda e dimensioni del campo di misura, e sono state adottate varie tecniche per stimare la profondità della neve e la densità di neve e ghiaccio, influenzando così la determinazione dello spessore del ghiaccio. Queste differenze creano ulteriori sfide, poiché le variazioni nei valori utilizzati per la densità di neve e ghiaccio e per la profondità della neve possono generare significativi errori nella misurazione dello spessore del ghiaccio. Ad esempio, per il ghiaccio pluriennale, Kwok et al. (2009) adottano una densità di 925 kg/m³, mentre Laxon et al. (2013) utilizzano 882 kg/m³. Secondo Kurtz et al. (2014), questa differenza potrebbe tradursi in una discrepanza di spessore di 1,1 m per un tipico lastrone di ghiaccio pluriennale con un freeboard di neve-ghiaccio di 60 cm e una copertura nevosa di 35 cm. Analogamente, con un freeboard ICESat di 0,325 m e uno strato di neve stimato di 0,25 m (densità 300 kg/m³) sopra il ghiaccio (densità 900 kg/m³), lo spessore del ghiaccio marino calcolato sarebbe di 1,5 m. Tuttavia, se lo strato di neve fosse solo di 0,15 m, lo spessore del ghiaccio salirebbe a 2,2 m, variando del 46% rispetto alla stima originale.

Al momento, non esiste un database di spessore del ghiaccio marino a lungo termine che applichi questi parametri in modo coerente, a prescindere dallo strumento utilizzato. È tuttavia incoraggiante notare che tutti i registri mostrano modelli spaziali simili di spessore del ghiaccio, il che non solo aumenta la fiducia nei dati, ma dimostra anche la persistenza del modello spaziale generale dello spessore del ghiaccio marino artico dal 1979 ad oggi. Gli spessori medi sono maggiori lungo le coste settentrionali dell’Arcipelago Artico Canadese e della Groenlandia, dove il movimento del ghiaccio verso la costa porta a un’intensa formazione di creste. Al contrario, gli spessori medi sono minori sul lato eurasiatico dell’Oceano Artico, dove il movimento persistente del ghiaccio verso il largo e la divergenza del ghiaccio favoriscono la formazione di nuovo ghiaccio in aree di acqua aperta. Considerando l’Artico nel suo complesso, i dati combinati indicano una riduzione nel tempo dello spessore del ghiaccio, sebbene questo debba essere considerato alla luce delle diverse ipotesi fisiche impiegate per determinare lo spessore (Zygmuntowska et al., 2014).

2.3 Modelli e volume del ghiaccio di PIOMAS

Dato che non esiste un insieme di dati coerente e a lungo termine sullo spessore del ghiaccio per valutare le tendenze del volume del ghiaccio, analizziamo le tendenze del volume dei modelli CMIP5 dal 1979 al 2013 confrontandole con le stime fornite da PIOMAS (Zhang e Rothrock, 2003). PIOMAS integra le concentrazioni di ghiaccio marino osservate e le temperature superficiali del mare in un modello numerico per calcolare il volume del ghiaccio in modo continuativo. Il modello è alimentato in superficie dai dati di ri-analisi atmosferica del National Centers for Environmental Prediction (NCEP).

Schweiger et al. (2011) hanno riscontrato che le stime dello spessore del ghiaccio fornite da PIOMAS corrispondono bene sia con quelle di ICESat (Kwok et al., 2009) sia con le osservazioni in situ e con quelle elettromagnetiche aeree provenienti dal record climatico dello spessore del ghiaccio marino. Hanno definito delle stime di incertezza per il volume del ghiaccio e le tendenze osservate da PIOMAS, concludendo che PIOMAS offre valutazioni attendibili dei cambiamenti nel volume del ghiaccio. Questi confronti sono stati realizzati per tutti i mesi dell’anno. Laxon et al. (2013) hanno esaminato le serie temporali concatenate dei dati di ICESat e CryoSat, trovando che le tendenze identificate si accordano con i limiti di incertezza stabiliti da PIOMAS, confermando ulteriormente che PIOMAS è uno strumento utile per la valutazione dei modelli climatici.

In questo studio, ci concentriamo sulla rappresentazione dello spessore e del volume del ghiaccio di marzo. Pertanto, è utile valutare PIOMAS per questo specifico periodo. Abbiamo incluso dati da ERS-1 e IceBridge, che non sono stati utilizzati in precedenti studi comparativi. Per fare ciò, la colonna centrale della Figura 2 mostra le stime dello spessore di PIOMAS corrispondenti ai cinque set di dati di spessore osservazionali utilizzati in questo studio. La colonna di destra della Figura 2 presenta gli scatterplot corrispondenti tra PIOMAS e le osservazioni per ogni anno di osservazione (rappresentato con diversi colori per ogni anno di dati, tranne per il CDR in situ, che include 29 anni di dati, e ERS-1, fornito come campo medio per l’intero periodo).

I dati del CDR nello scatterplot superiore includono spessori da ormeggi in situ, sottomarini degli Stati Uniti e osservazioni EM aeree. Le statistiche sono riassunte nella Tabella 2.

I modelli di spessore osservati e le relative magnitudini generalmente si confrontano bene con quelli simulati da PIOMAS, fornendo ulteriore conferma che PIOMAS può essere utilizzato per valutare le tendenze del volume dei modelli CMIP5 durante l’inverno. Tuttavia, gli scatterplot mostrano un bias generale negativo (troppo sottile) in PIOMAS per valori di spessore più elevati (riscontrati vicino all’Arcipelago Canadese e a nord della Groenlandia). Il contrario tende a essere vero per le aree di ghiaccio sottile. Inoltre, PIOMAS tende a mostrare una fascia di ghiaccio più spesso (circa 2,5 m) che si estende attraverso l’Oceano Artico fino ai mari di Chukchi e Siberiano Orientale. Le osservazioni generalmente non raffigurano questa caratteristica, in particolare i dati di ICESat. PIOMAS sottostima anche lo spessore del ghiaccio nel Mare di Groenlandia Orientale. Questa sottostima del ghiaccio spesso e sovrastima del ghiaccio sottile da parte di PIOMAS era già stata notata in Schweiger et al. (2011). In generale, gli errori medi sono minori rispetto ai dati dei sottomarini e di ICESat e maggiori per i dati di IceBridge, CryoSat e ERS-1.

Basandosi su confronti di dati e studi di sensibilità, Schweiger et al. (2011) hanno stimato un limite superiore per l’incertezza delle tendenze decennali di PIOMAS di 1 × 10³ km³ dec⁻¹. Data l’ampia tendenza di volume osservata di 2,8 × 10³ km³ dec⁻¹ in marzo, PIOMAS si dimostra uno strumento adatto per valutare le tendenze a lungo termine nei modelli CMIP5. Le stime giornaliere del volume del ghiaccio a una risoluzione spaziale di 25 km da PIOMAS sono state mediate per creare medie mensili del volume del ghiaccio per il periodo 1979-2013 per confrontarle con l’output di CMIP5.

La Tabella 2 presenta un confronto statistico tra le misurazioni di spessore del ghiaccio marino modellate da PIOMAS e i dati ottenuti da diverse fonti di osservazione remota. Questa tabella è utile per valutare l’accuratezza delle stime di PIOMAS confrontandole con misurazioni reali provenienti da strumenti diversi. Nella tabella sono riportati tre tipi di dati statistici per ogni fonte di osservazione: l’errore medio, l’errore quadratico medio (RMSE) e il coefficiente di correlazione.

  • Errore medio (m): Questo valore indica la differenza media tra lo spessore del ghiaccio stimato da PIOMAS e quello misurato dalle varie fonti. Un valore negativo suggerisce che PIOMAS tende a sottostimare lo spessore del ghiaccio rispetto a quella fonte specifica. Ad esempio, per le osservazioni “In situ e submarine” l’errore medio è di -0,15 metri, indicando che PIOMAS sottostima lo spessore del ghiaccio di questa quantità in media.
  • RMSE (m): L’errore quadratico medio fornisce un’indicazione della dispersione degli errori tra le stime di PIOMAS e le misurazioni effettive. Valori più bassi indicano una maggiore precisione del modello. Per esempio, l’RMSE per ERS-1 è di 0,55 metri, il che implica una discreta aderenza tra le stime di PIOMAS e i dati di ERS-1.
  • Correlazione (r): Il coefficiente di correlazione misura la forza e la direzione di una relazione lineare tra le stime di spessore del ghiaccio di PIOMAS e le misurazioni effettuate. Un valore vicino a 1 indica una forte correlazione positiva. Ad esempio, le misurazioni “In situ e submarine” hanno un coefficiente di correlazione di 0,70, suggerendo una buona correlazione tra PIOMAS e questi dati.

I risultati mostrano che, mentre le stime di PIOMAS generalmente concordano con le osservazioni in termini di modelli spaziali di spessore del ghiaccio, esistono variazioni significative tra le diverse fonti di dati in termini di errore medio e RMSE. Ad esempio, IceBridge presenta l’errore medio più elevato e una correlazione relativamente bassa, indicando che PIOMAS potrebbe non essere altrettanto preciso in tutte le condizioni o regioni. Tali differenze sottolineano l’importanza di considerare queste variazioni quando si utilizzano le stime di PIOMAS per valutazioni o decisioni basate sul modello.

La Figura 2 offre un’analisi comparativa approfondita tra i dati osservati di spessore del ghiaccio marino e le simulazioni fornite da PIOMAS, strutturata in tre colonne per facilitare la visualizzazione e il confronto:

  1. Colonna di Sinistra – Dati Osservati: Qui sono rappresentate le mappe del spessore del ghiaccio marino (zi) ottenuto da diverse campagne di osservazione come sottomarini, ERS-1, ICESat, IceBridge e CryoSat-2. Ciascuna mappa mostra lo spessore del ghiaccio durante il periodo specifico di ogni campagna. La scala di colori varia dall’azzurro per gli spessori minori al rosso per quelli maggiori, evidenziando le variazioni geografiche dello spessore del ghiaccio marino.
  2. Colonna Centrale – Simulazioni di PIOMAS: Questa colonna presenta le mappe dei campi di spessore del ghiaccio marino calcolati da PIOMAS per i mesi di marzo corrispondenti ai periodi delle osservazioni. Utilizzando lo stesso schema di colori delle mappe osservate, queste simulazioni mirano a riflettere e replicare i pattern osservati, permettendo un confronto diretto e visuale tra modello e realtà.
  3. Colonna di Destra – Scatterplots: Gli scatterplot confrontano i valori di spessore del ghiaccio marino di PIOMAS (asse delle x) con quelli osservati (asse delle y) per ogni anno specifico di osservazione. Ogni anno è indicato con un colore diverso, ad eccezione di ERS-1 che mostra un valore medio per l’intero periodo. Questi grafici sono cruciali per valutare la correlazione tra i dati simulati e quelli reali, indicando visivamente quanto bene PIOMAS riesca a replicare le misurazioni sul campo.

In generale, la Figura 2 è fondamentale per apprezzare visivamente la capacità di PIOMAS di simulare accuratamente lo spessore del ghiaccio in confronto con diverse fonti di dati osservativi. Questo tipo di confronto è essenziale per validare la precisione delle simulazioni di PIOMAS e per identificare aree dove il modello può essere migliorato o dove presenta limitazioni, come suggerito dalle differenze nei pattern e nella correlazione mostrati negli scatterplots.

3 Risultati

3.1 Spessore del ghiaccio

Abbiamo iniziato confrontando i campi medi di spessore del ghiaccio marino osservati con quelli dei modelli CMIP5, calcolati sulle aree coperte da ciascun set di dati rilevati da remoto (Fig. 3). Lo spessore medio della primavera per ciascun set di dati è rappresentato da una linea rossa solida, affiancata dai percentili 10° e 90° (linee verdi) e dall’intervallo interquartile (in ombreggiatura grigia).

Gli spessori del ghiaccio dei 33 modelli CMIP5 sono presentati tramite diagrammi a scatola e baffi, basati sui dati relativi agli anni modello 1981-2010. Le scatole indicano l’intervallo interquartile dello spessore (dal 25° al 75° percentile), i baffi estendono ai percentili 10° e 90°, e le barre orizzontali e gli asterischi all’interno di ciascuna scatola indicano rispettivamente la mediana e la media. È importante notare che il periodo di media dal 1981 al 2010 per i modelli CMIP5 è scelto in modo piuttosto arbitrario e non possiamo aspettarci che la variabilità naturale nei modelli coincida con quella osservata. Pertanto, questo confronto dimostra semplicemente quanto accuratamente i campi di spessore medio a lungo termine nei modelli corrispondano ai diversi set di dati osservativi, tale che se la distribuzione delle osservazioni per un dato strumento rientra nell’ambito della distribuzione di un modello, concludiamo che il modello rappresenta adeguatamente lo spessore. Se le distribuzioni non si sovrappongono, ciò indica un bias. Inoltre, ci aspettiamo che le tendenze di spessore nei modelli siano rispecchiate se effettivamente presenti.

In generale, le distribuzioni di spessore derivanti dai modelli tendono a sovrapporsi a quelle ottenute dai vari set di dati rilevati da remoto. Tuttavia, ci sono delle eccezioni. Alcuni modelli mostrano un bias negativo, specialmente nei confronti dei dati in situ, ERS-1 e IceBridge, con valori medi che scendono sotto il 10° percentile delle osservazioni.

Non sorprende che si riscontri un bias negativo rispetto ai dati in situ e di ERS-1, poiché queste osservazioni si basano su un regime di ghiaccio più spesso rispetto agli ultimi due decenni. Tuttavia, alcuni modelli, che già mostrano un bias negativo rispetto ai dati in situ e ERS-1, evidenziano lo stesso bias anche nei confronti dei dati di IceBridge (ad esempio, bcc-csm1-1, CanCM4, CanESM2, CNRM-CM5, i modelli GFDL, MIROC ESM, MIROC-ESMCHEM, MIROC4h, i modelli MPI e MRI-CGCM3). Questo suggerisce che i modelli potrebbero sottostimare lo spessore del ghiaccio nelle regioni a nord della Groenlandia e dell’Arcipelago Canadese, aree esplorate dai voli di IceBridge.

I modelli CMIP5 si allineano meglio con le osservazioni di ICESat e CryoSat. Le analisi con ICESat e CryoSat includono sia regioni di ghiaccio sottile sia aree di ghiaccio più spesso, risultando in valori medi di spessore generalmente più bassi rispetto ad altri set di dati. Queste osservazioni provengono da un periodo caratterizzato da un marcato assottigliamento del ghiaccio in gran parte dell’Oceano Artico, come documentato in vari studi (ad esempio, Kwok e Rothrock, 2009; Kwok et al., 2009; Laxon et al., 2013). Confrontando i dati con ICESat, tutti i modelli tranne due (CESM1-WACCM e FGOALS-g2) registrano uno spessore medio che rientra tra il 10° e il 90° percentile delle misurazioni osservate.

Durante il periodo coperto da CryoSat, gli spessori medi risultano leggermente inferiori a quelli registrati durante il periodo di ICESat, portando otto modelli (CESM-CAM5, CESM1-WACCM, CSIRO-MK3-6-0, EC-EARTH, FGOALS-g2, IPSL-CM5A-MR, MIROC5, NorESM1-M) a registrare spessori medi superiori al 90° percentile delle misurazioni di CryoSat. Questo dimostra che, nonostante alcune discrepanze, i modelli CMIP5 forniscono una rappresentazione abbastanza accurata dell’andamento e della distribuzione dello spessore del ghiaccio marino, anche se con alcune limitazioni nella precisione.

La Figura 3 mostra un confronto dettagliato tra le distribuzioni di spessore del ghiaccio marino provenienti da cinque diversi set di dati osservativi, le stime di PIOMAS e i risultati di 33 modelli CMIP5. La visualizzazione è organizzata per facilitare il confronto diretto delle varie fonti e metodi di stima del ghiaccio.

Struttura della Figura 3:

  1. Diagrammi a Scatola e Baffi: Ogni riga del grafico rappresenta un diverso set di dati o modello. I diagrammi a scatola e baffi mostrano la distribuzione dello spessore del ghiaccio per i modelli CMIP5, con i seguenti dettagli:
    • Le scatole indicano l’intervallo interquartile (dal 25° al 75° percentile), mostrando dove si concentra la maggior parte dei valori di spessore.
    • I baffi estendono dai percentili 10° a 90°, illustrando la variazione complessiva dei dati.
    • Le barre orizzontali dentro le scatole indicano la mediana, mentre gli asterischi mostrano la media.
  2. Dati Osservativi e PIOMAS:
    • Una linea rossa solida attraversa ogni riga, rappresentando lo spessore mediano di primavera per ciascun set di dati osservativi e per PIOMAS.
    • Le linee verdi segnano i percentili 10° e 90°, offrendo una vista dell’ampiezza della variazione nei dati osservati.
    • L’ombreggiatura grigia riflette l’intervallo interquartile degli osservati, parallelo all’intervallo mostrato nei boxplot per i modelli.

Analisi e Interpretazione:

  • Osservando come le mediane (linee rosse) di ciascun set di dati si collocano rispetto ai boxplot dei modelli, è possibile valutare l’accuratezza dei modelli nel replicare lo spessore medio del ghiaccio. Un allineamento stretto indica una buona corrispondenza tra i modelli e i dati reali.
  • Le discrepanze tra i percentili estremi (linee verdi) e i baffi dei boxplot possono indicare dove i modelli possono sottostimare o sovrastimare estremi di spessore.
  • Questa figura fornisce un’indicazione visiva chiara di quale modello riflette meglio la realtà osservata, evidenziando modelli che possono essere più o meno affidabili per rappresentare le dinamiche del ghiaccio marino.

In conclusione, la Figura 3 è essenziale per valutare come i modelli CMIP5 si confrontano con le misurazioni reali e le stime di PIOMAS, offrendo una panoramica visiva delle somiglianze e delle differenze nelle stime del spessore del ghiaccio marino.

La Figura 4 illustra i modelli spaziali di spessore del ghiaccio marino, come simulato dai 33 modelli CMIP5 e dal modello PIOMAS, coprendo il periodo dal 1981 al 2010. Ogni mappa nella griglia rappresenta le simulazioni di uno specifico modello, mostrando variazioni nella rappresentazione dello spessore del ghiaccio attraverso l’Artico.

Dettagli della Figura 4:

  • Organizzazione delle Mappe: Ciascuna mappa corrisponde a un differente modello CMIP5 o a PIOMAS, permettendo un confronto immediato tra le varie simulazioni. Questo formato aiuta a identificare visivamente come ciascun modello predice la distribuzione dello spessore del ghiaccio marino.
  • Scala di Colori: I colori sulle mappe variano dall’azzurro, indicante gli spessori più sottili del ghiaccio (1,5 metri), al rosso, che indica gli spessori più spessi (5 metri). Questo schema cromatico facilita la distinzione delle aree con differenti spessori di ghiaccio.
  • Variazioni Regionali: Osservando i colori nelle diverse mappe, è possibile notare come i modelli variino significativamente nella loro previsione delle aree con ghiaccio più spesso o più sottile. Le zone con ghiaccio più spesso sono generalmente visualizzate in tonalità di rosso e arancione, mentre le zone con ghiaccio più sottile in tonalità di blu e verde.
  • Riferimento con PIOMAS: Una delle mappe mostra i risultati di PIOMAS, che serve come benchmark per confrontare l’accuratezza dei modelli CMIP5. Analizzando la corrispondenza tra le mappe dei modelli CMIP5 e quella di PIOMAS, i ricercatori possono valutare quali modelli si allineano meglio con una fonte ritenuta affidabile nella comunità scientifica.

Utilizzo della Figura 4:

Questa figura è essenziale per comprendere come differenti modelli climatici interpretano il fenomeno dello spessore del ghiaccio marino. Le discrepanze tra le mappe evidenziano le diverse metodologie e i diversi approcci di modellazione, offrendo spunti su possibili aree di miglioramento per alcuni modelli. Inoltre, permette ai ricercatori di identificare quali modelli producono risultati che si avvicinano di più alle stime di PIOMAS, considerate affidabili. Analizzare e confrontare queste simulazioni è fondamentale per affinare le previsioni future e per una migliore comprensione dei cambiamenti climatici nell’Artico.

Date le coperture temporali limitate di ogni set di dati osservativi, questi confronti dovrebbero essere considerati come valutazioni qualitative. D’altra parte, il lungo periodo di dati di PIOMAS (30 anni) offre il vantaggio di disporre di un record di dati lungo e relativamente omogeneo per il confronto con i dati dei modelli. Nella parte inferiore della Figura 3, lo spessore del ghiaccio marino modellato dai modelli CMIP5 è confrontato con le stime di PIOMAS per lo stesso intervallo temporale 1981-2010. Tutti i modelli tranne sei (CESM1-WACCM, EC-EARTH, FGOALS-g2, IPSL-CM5A-LR, MIROC5 e NORESM1-M) presentano valori medi di spessore del ghiaccio a marzo che rientrano tra il 10° e il 90° percentile dei valori PIOMAS, e il 70% (23 modelli) registra spessori medi all’interno dell’intervallo interquartile di PIOMAS, rappresentato dall’ombreggiatura grigia.

Tuttavia, questo buon accordo con PIOMAS deve essere valutato con cautela a causa della notevole variabilità tra i modelli nella rappresentazione dello spessore del ghiaccio aggregato sull’intero Oceano Artico e delle grandi differenze nei modelli spaziali di spessore mostrati nella Figura 4. Solo pochi modelli riescono a catturare il pattern di ghiaccio sottile vicino alla costa eurasiatica e molti falliscono nel localizzare il ghiaccio più spesso lungo l’Arcipelago Artico Canadese e la costa nord della Groenlandia. Invece, molti modelli mostrano una cresta di ghiaccio spesso a nord della Groenlandia che si estende verso la dorsale di Lomonosov e la piattaforma della Siberia orientale, con ghiaccio più sottile nei mari di Beaufort-Chukchi e Kara-Barents. Generalmente, i modelli tendono a sovrastimare lo spessore del ghiaccio nell’Oceano Artico centrale e lungo la costa eurasiatica, mentre sottovalutano lo spessore lungo la costa nordamericana e a nord della Groenlandia e dell’Arcipelago Canadese.

Un’analisi delle correlazioni dei modelli spaziali e dell’errore quadratico medio (RMSE) dello spessore del ghiaccio tra i modelli CMIP5 e le osservazioni ICESat evidenzia gravi limitazioni dei modelli. Le correlazioni dei modelli spaziali sono inferiori a 0,4 per tutti tranne tre modelli (CCSM4, MIROC5 e CGCM3), e i valori RMSE generalmente superano 0,7 metri. Queste basse correlazioni indicano che le discrepanze non possono essere attribuite alla variabilità naturale, ma piuttosto a un bias intrinseco nei modelli. È interessante notare che le correlazioni spaziali tra i modelli CMIP5 e PIOMAS sono generalmente superiori rispetto a quelle tra i modelli CMIP5 e i dati ICESat. Ciò è dovuto al fatto che sia PIOMAS che molti modelli CMIP5 presentano una caratteristica comune: una lingua di ghiaccio relativamente spessa che si estende attraverso l’Oceano Artico verso i mari di Chukchi e della Siberia Orientale.

Kwok (2011) aveva già evidenziato che le carenze nei campi di spessore del ghiaccio nei modelli CMIP3 erano dovute alla loro incapacità di simulare correttamente il modello osservato della pressione atmosferica al livello del mare e, di conseguenza, i venti superficiali. Per esempio, se un modello non riesce a riprodurre accuratamente un Alto del Mare di Beaufort (BSH) ben strutturato nella posizione corretta a nord dell’Alaska, questo influenzerà negativamente la deriva del ghiaccio nel Giro del Beaufort e, di conseguenza, il pattern di spessore del ghiaccio. I modelli che presentano uno spessore del ghiaccio eccessivamente alto al largo della Siberia indicano la presenza di una forte deriva anticiclonica che si estende fino alla costa, causando l’accumulo di ghiaccio sul lato sottovento. Tuttavia, la presenza di ghiaccio spesso sul lato siberiano potrebbe anche risultare da una maggiore frequenza di un particolare schema di circolazione atmosferica anomala.

Abbiamo valutato i campi medi annui della pressione atmosferica al livello del mare e i relativi campi dei venti geostrofici superficiali nei modelli CMIP5, confrontandoli con i dati provenienti da quattro diverse ri-analisi atmosferiche. È importante notare che le correlazioni tra le stesse ri-analisi variano tra 0,91 e 0,99. In generale, la maggior parte dei modelli presenta un BSH chiuso, anche se in alcuni non è ben definito o è spostato verso il polo o verso l’Artico orientale. I modelli che non presentano un BSH chiuso tendono generalmente ad avere scarse correlazioni nel pattern di spessore del ghiaccio e elevati valori di RMSE. Un’eccezione è il modello CCSM4, che pur mostrando una buona correlazione nel pattern spaziale dello spessore del ghiaccio e il più basso RMSE tra tutti i modelli, non presenta un BSH chiuso nel pattern di pressione al livello del mare e non riesce a catturare il Giro del Beaufort e la Corrente Transpolare.

Questo suggerisce che, sebbene parte del mancato riscontro dei modelli nella distribuzione dello spessore del ghiaccio osservato possa essere spiegata da bias nei campi dei venti superficiali, ciò non vale sempre. Ci sono altri fattori da considerare, come la stabilità verticale vicino alla superficie, che influisce sullo stress del vento superficiale, oltre alla reologia del ghiaccio marino, ai flussi di calore oceanici e allo spessore del ghiaccio stesso, che influenzano la mobilità del ghiaccio.

Sotto la continuazione della figura 4

3.2 Volume del Ghiaccio

Studi recenti indicano che, a causa dell’assottigliamento, il volume del ghiaccio marino sta diminuendo più rapidamente rispetto alla sua estensione superficiale (es. Schweiger et al., 2011). Il volume del ghiaccio è anche considerato un indicatore climatico più significativo rispetto alla sua estensione, per via della sua diretta connessione con il bilancio energetico del ghiaccio marino. I tassi di perdita di volume del ghiaccio a marzo e settembre, calcolati per il periodo dal 1979 al 2013 da PIOMAS, sono rispettivamente del -9.9% e del -27.9% per decennio.

La media dell’ensemble multimodello CMIP5 per il volume del ghiaccio a marzo, calcolata per questo periodo, concorda bene con PIOMAS, rimanendo entro una deviazione standard (1σ) per tutto il periodo 1979-2013 (Fig. 7). Considerati come un gruppo, i modelli sembrano catturare realisticamente gli ultimi tre decenni di cambiamenti nel volume del ghiaccio artico, presupponendo che PIOMAS offra una rappresentazione accurata di questi cambiamenti.

Nonostante ci sia un buon accordo tra il volume del ghiaccio di PIOMAS e la media dell’ensemble multimodello CMIP5, il volume del ghiaccio varia notevolmente tra i diversi modelli. Il volume medio del ghiaccio a marzo varia da circa 18.000 km³ (CanESM2) a 48.000 km³ (CESM1-WACCM) (Fig. 7 – linee tratteggiate). Inoltre, come già notato, pochi modelli riescono a riprodurre correttamente il modello spaziale osservato dello spessore del ghiaccio. Data la vasta gamma di risultati dei modelli CMIP5, la stretta corrispondenza della media dell’ensemble con quella di PIOMAS risulta piuttosto sorprendente. Si ipotizza che i gruppi di modellazione partecipanti al CMIP5 stiano lavorando individualmente per costruire e calibrare i loro modelli in modo che corrispondano alle estensioni e agli spessori del ghiaccio storici osservati. Se gli sforzi o il successo di questi gruppi sono distribuiti casualmente, allora si potrebbe prevedere una stretta corrispondenza tra il volume medio dell’ensemble e il volume di PIOMAS, che assimila le concentrazioni di ghiaccio marino osservate e viene calibrato in base alle osservazioni di spessore.

Per una valutazione approfondita del volume del ghiaccio dei modelli CMIP5, sono stati calcolati i trend di volume utilizzando la regressione lineare dei minimi quadrati. Questo metodo include una statistica di test che combina l’errore standard sia dei modelli che delle osservazioni, considerando anche gli effetti dell’autocorrelazione temporale. Questo approccio segue quello di Santer et al. (2008) ed è stato già utilizzato da Stroeve et al. (2012a) per analizzare i trend dell’estensione del ghiaccio nei modelli CMIP3 e CMIP5, confrontandoli con il trend osservato. Come in Stroeve et al. (2012a), l’ipotesi di partenza è che i trend di volume del CMIP5 siano consistenti con quelli di PIOMAS.

I trend di volume del ghiaccio di marzo, per i singoli membri dell’ensemble, variano da -0,49 × 10³ km³ per decennio (INMCM3) a -4,28 × 10³ km³ per decennio (MIROC5), calcolati per il periodo dal 1979 al 2013 (vedi Tabella 4 e Figura 8). Il trend corrispondente di PIOMAS è visualizzato con un’ombreggiatura grigia per indicare una e due deviazioni standard (grigio scuro e grigio chiaro rispettivamente). È importante notare che l’ombreggiatura grigia non rappresenta l’incertezza nelle stime del volume di PIOMAS, stimate da Schweiger et al. (2011) a 1 × 10³ km³. Quindi, l’incertezza in PIOMAS potrebbe essere superiore a quella mostrata.

Mentre tutti i trend dei modelli risultano negativi, 10 membri dell’ensemble mostrano trend che non differiscono significativamente da zero (ovvero, il range di due deviazioni standard del trend include lo zero). Escludendo i membri dell’ensemble con trend non distinguibili da zero, 36 dei membri restanti mostrano trend medi di volume a marzo più lenti e due più veloci (IPSL-CM5A-LR e MIROC5) rispetto all’incertezza di due deviazioni standard del trend di PIOMAS.

Nonostante la maggior parte dei trend dei membri dell’ensemble non sia incompatibile con PIOMAS, è importante notare che diversi ensemble mostrano una notevole variabilità interannuale nel volume del ghiaccio, includendo periodi di incremento del volume che non sono rilevati da PIOMAS. Tale variabilità interannuale negli ensemble probabilmente riflette la variabilità del forcing atmosferico. Aggregando i valori medi individuali di ciascun ensemble dei vari modelli, otteniamo un trend medio dell’ensemble multimodello per il volume del ghiaccio a marzo di -1,95 × 10³ km³ per decennio (o -6,8% per decennio rispetto alla media del periodo 1979–2013). Questo è inferiore al tasso di declino osservato da PIOMAS, che è di -2,79 × 10³ km³ per decennio (o -10,3% per decennio), ma rimane entro due deviazioni standard (2σ) di quel valore.

È cruciale riconoscere che le differenze nei trend tra PIOMAS e i membri dell’ensemble CMIP5 possono derivare da errori sistematici nei modelli PIOMAS o CMIP5, dalle incertezze nelle ri-analisi atmosferiche o dal fatto che il trend di PIOMAS includa contributi significativi dalla variabilità climatica naturale. Per esempio, Day et al. (2012) attribuiscono da 0,5% a 3,1% del trend di riduzione dell’estensione del ghiaccio marino di settembre dal 1979 al 2010 a cambiamenti nella Circolazione Meridionale Atlantica di Rivolgimento. L’ampiezza dei trend nei singoli modelli, come riassunto nella Tabella 4, suggerisce che la variabilità naturale possa essere un fattore significativo nei trend del volume del ghiaccio negli ultimi 35 anni. Tuttavia, i modelli variano notevolmente per quanto riguarda l’entità della variabilità naturale nelle loro simulazioni. Ad esempio, i trend del CSIRO-Mk3-6-0 oscillano tra -3,19 e -0,67 × 10³ km³ per decennio tra i suoi dieci membri dell’ensemble, mentre HadCM3 mostra un intervallo molto più ristretto, tra -2,34 e -1,01 × 10³ km³ per decennio, nei suoi dieci membri dell’ensemble. Questa variazione complica l’identificazione dei bias dei modelli o la selezione dei modelli in base alla loro capacità di rappresentare accuratamente i trend osservati.

La Figura 5 presenta due matrici triangolari che mostrano le analisi di 27 modelli CMIP5 in confronto con le osservazioni del satellite ICESat riguardo allo spessore del ghiaccio marino. Queste matrici esaminano le correlazioni spaziali e l’errore quadratico medio (RMSE) tra le simulazioni dei modelli e le osservazioni reali.

Parte Superiore – Correlazioni Spaziali dei Modelli:

  • La matrice superiore visualizza il coefficiente di correlazione per ogni modello CMIP5 rispetto alle osservazioni ICESat. I valori vanno da -1.0 a 1.0, dove 1.0 indica una correlazione perfetta, 0 indica nessuna correlazione, e -1.0 una correlazione perfettamente inversa.
  • Il colore delle celle varia dal rosso al blu, indicando correlazioni positive in rosso e negative in blu.
  • I cerchi pieni e vuoti segnano le correlazioni che sono statisticamente significative al 99% e al 95%, rispettivamente.

Parte Inferiore – RMSE:

  • Questa matrice mostra l’RMSE tra le stime di spessore del ghiaccio dei modelli e quelle osservate da ICESat.
  • L’RMSE varia da 0 a 3.0, dove valori più bassi indicano una maggiore accuratezza del modello rispetto alle osservazioni.
  • Le celle sono colorate in diverse tonalità di blu, con tonalità più scure che indicano errori maggiori e tonalità più chiare che indicano errori minori.

Interpretazione e Utilizzo:

  • Le matrici forniscono una visione dettagliata delle prestazioni di ciascun modello CMIP5 nella simulazione dello spessore del ghiaccio marino, facilitando il confronto diretto tra modelli in termini di corrispondenza spaziale e precisione.
  • Modelli con correlazioni elevate e RMSE bassi sono generalmente considerati più affidabili nel replicare il vero spessore del ghiaccio, mentre quelli con basse correlazioni e alti RMSE mostrano maggiori discrepanze rispetto alle osservazioni reali.
  • Questo strumento è utile per identificare i modelli che necessitano di miglioramenti e per comprendere meglio come i diversi modelli gestiscono la dinamica del ghiaccio marino rispetto a dati osservativi affidabili come quelli di ICESat.

La Figura 6 mostra una rappresentazione visuale della pressione atmosferica media annuale al livello del mare e dei venti geostrofici superficiali per 27 modelli CMIP5, oltre ai dati del reanalysis ERA-Interim, coprendo il periodo dal 1981 al 2010. Ogni pannello nella griglia rappresenta un modello diverso, offrendo una visualizzazione chiara di come ogni modello simula questi elementi cruciali per il clima.

Dettagli della Figura 6:

  • Linee di Contorno: Le mappe mostrano linee di contorno che indicano la pressione atmosferica al livello del mare, con un intervallo di contorno di 1 hPa. Queste linee aiutano a identificare aree di alta e bassa pressione, che sono fondamentali per comprendere la circolazione atmosferica e il movimento del ghiaccio marino.
  • Vettori Rossi: I vettori rossi rappresentano i venti geostrofici superficiali, usati come proxy per il movimento del ghiaccio marino. La lunghezza di ciascun vettore è proporzionale alla velocità del vento, mostrando come il vento potrebbe influenzare la distribuzione e il movimento del ghiaccio. La direzione dei vettori indica la direzione del flusso del vento.
  • Rappresentazione dei Modelli: Ogni mappa nella griglia corrisponde alle simulazioni di un modello CMIP5 specifico o ai dati di ERA-Interim. Questo layout facilita il confronto diretto tra le diverse simulazioni, permettendo di valutare come ciascun modello gestisce gli stessi parametri climatici.

Implicazioni della Figura 6:

  • Valutazione dell’Accuratezza dei Modelli: Analizzando queste mappe, è possibile determinare quali modelli simulano più accuratamente le condizioni atmosferiche che influenzano il ghiaccio marino. Modelli che riproducono più fedelmente i pattern di pressione e vento suggeriscono una maggiore affidabilità nelle loro previsioni del comportamento del ghiaccio marino.
  • Analisi delle Forzanti Atmosferiche: Comprendere come i vari modelli rappresentano le dinamiche di pressione e vento è essenziale per studiare il loro impatto sui cambiamenti del clima e del ghiaccio marino. Discrepanze significative nei campi di pressione e nei modelli di vento tra i modelli possono avere grandi implicazioni per la comprensione e la previsione dei cambiamenti climatici.

In conclusione, la Figura 6 è fondamentale per confrontare e analizzare come i modelli CMIP5 riproducono elementi chiave che influenzano direttamente il movimento e la dinamica del ghiaccio marino nell’Artico, fornendo intuizioni vitali sull’accuratezza e la variazione tra i diversi modelli climatici.

La Tabella 3 fornisce un confronto dettagliato tra le correlazioni spaziali della pressione media annuale al livello del mare osservata da quattro diversi set di dati di ri-analisi e quelle dei modelli CMIP5. Include anche dettagli su come ciascun modello rappresenta il Beaufort Sea High (BSH) chiuso.

Struttura della Tabella:

  • Colonne: Ogni colonna rappresenta una diversa fonte di dati di ri-analisi:
    • ERA-Interim
    • MERRA (MODERN-ERA RETROSPECTIVE ANALYSIS FOR RESEARCH AND APPLICATIONS)
    • CFSR (The Climate Forecast System Reanalysis)
    • NCEP (National Centers for Environmental Prediction)
  • I valori nelle colonne mostrano i coefficienti di correlazione tra la pressione al livello del mare calcolata dai modelli CMIP5 e quella misurata nelle ri-analisi. Questi valori vanno da -1 a 1, dove 1 indica una correlazione perfetta.
  • Parentesi: I numeri tra parentesi sono i ranking delle correlazioni, dal più basso al più alto. Questo aiuta a identificare rapidamente i modelli con le migliori e peggiori corrispondenze rispetto ai dati di ri-analisi.
  • BSH Chiuso: L’ultima colonna indica se il modello rappresenta un BSH chiuso (“Y” per sì, “N” per no), un dettaglio cruciale per la rappresentazione delle dinamiche atmosferiche dell’Artico.

Utilità e Implicazioni:

  • Valutazione della Precisione dei Modelli: La tabella è utile per valutare l’accuratezza con cui i modelli CMIP5 simulano la pressione al livello del mare, confrontandola con standard di riferimento affidabili nel campo della meteorologia e climatologia.
  • Confronto tra Modelli e Ri-analisi: Offre una visione comparativa sulle prestazioni dei vari modelli rispetto a diverse fonti di ri-analisi, evidenziando quali modelli allineano meglio i loro dati con quelli osservati.
  • Rappresentazione di Fenomeni Specifici: La colonna relativa al BSH chiuso è particolarmente rilevante per studi sulla circolazione atmosferica nell’Artico e il suo impatto sul clima.

In conclusione, la Tabella 3 fornisce una panoramica essenziale su come i vari modelli climatici riescono a riprodurre le condizioni atmosferiche misurate, permettendo agli scienziati di valutare la loro affidabilità e precisione nel simulare dinamiche climatiche cruciali.

La Figura 7 illustra l’evoluzione del volume del ghiaccio marino artico per il mese di marzo, dal 1979 al 2012, secondo i dati di PIOMAS e l’ensemble dei modelli CMIP5.

Dettagli della Figura 7:

  • Linea Rossa: Rappresenta il trend del volume del ghiaccio marino secondo PIOMAS. Questa linea fornisce un punto di riferimento per valutare come i modelli CMIP5 tracciano le variazioni osservate nel volume del ghiaccio marino nel tempo.
  • Linea Nera: Mostra la media dell’ensemble multimodello dei modelli CMIP5. Questa linea indica la tendenza media del volume del ghiaccio calcolata attraverso vari modelli climatici e serve per confrontare direttamente con la stima di PIOMAS.
  • Ombreggiatura Grigia: Rappresenta la deviazione standard di ±1 dell’ensemble CMIP5. Quest’area grigia mostra l’intervallo di incertezza e la variabilità nei risultati dei diversi modelli, indicando dove la maggior parte dei risultati dei modelli si posiziona rispetto alla media.
  • Linee tratteggiate: Le linee tratteggiate sopra e sotto il grafico indicano rispettivamente i valori massimi e minimi di volume del ghiaccio simulati dall’ensemble dei modelli. Queste linee forniscono una visione della gamma di variazioni estreme che i modelli CMIP5 hanno simulato per il volume del ghiaccio marino.

Interpretazione della Figura 7:

  • La figura mostra chiaramente una tendenza alla diminuzione del volume del ghiaccio marino, con variazioni sostanziali tra i modelli, come evidenziato dall’ombreggiatura grigia.
  • La media dell’ensemble (linea nera) generalmente segue una traiettoria simile a quella di PIOMAS (linea rossa), ma si nota che tende a posizionarsi leggermente al di sotto, suggerendo che in media, i modelli CMIP5 potrebbero sottostimare il declino del volume del ghiaccio marino rispetto a PIOMAS.
  • Le estremità indicate dalle linee tratteggiate evidenziano che alcuni modelli prevedono estremi di volume del ghiaccio notevolmente più alti o più bassi rispetto alla media, dimostrando la diversità nelle risposte dei modelli alle condizioni climatiche simulate.

In conclusione, la Figura 7 offre una comparazione efficace e visiva tra le stime di PIOMAS e le simulazioni degli ensemble CMIP5, mostrando come i vari modelli climatici interpretano le variazioni nel volume del ghiaccio marino artico nel corso degli anni, e mettendo in evidenza l’ampiezza delle loro proiezioni.

La Figura 8 mostra i trend del volume del ghiaccio marino artico nel mese di marzo dal 1979 al 2013 per tutti i 92 ensemble dei modelli CMIP5, oltre a illustrare la media dell’ensemble multimodello e gli intervalli di confidenza associati.

Ecco una spiegazione dettagliata degli elementi chiave della figura:

  • Punti Colorati: Ogni punto colorato rappresenta il trend di volume del ghiaccio marino per un singolo ensemble di un modello CMIP5. I colori diversi corrispondono a diversi modelli, come indicato nella legenda. Questi punti mostrano la diversità dei risultati tra i vari modelli.
  • Linea Nera: Questa linea rappresenta la media dei trend di tutti gli ensemble dei modelli CMIP5, fornendo un riferimento aggregato per confrontare la tendenza media del volume del ghiaccio marino.
  • Linee Verticali: Indicano gli intervalli di confidenza per la media dell’ensemble multimodello, mostrando l’incertezza associata a questa media.
  • Ombreggiature Grigie: Le ombreggiature più scure e più chiare rappresentano rispettivamente gli intervalli di confidenza di 1σ e 2σ dei trend di PIOMAS. Queste ombreggiature sono utilizzate per valutare l’aderenza dei trend dei modelli CMIP5 rispetto alle stime di PIOMAS.

Interpretazioni principali della Figura 8:

  • La varietà dei punti colorati evidenzia la variabilità significativa nei trend di volume del ghiaccio tra i diversi ensemble dei modelli. Mentre alcuni indicano un declino più marcato, altri mostrano variazioni minori o quasi nulle.
  • La linea nera, che rappresenta la media dell’ensemble multimodello, e le linee verticali degli intervalli di confidenza illustrano che, nonostante la variabilità tra i singoli modelli, la tendenza generale aggregata mostra una riduzione del volume del ghiaccio marino, supportata statisticamente.
  • Le ombreggiature grigie confermano che la maggior parte dei trend dei modelli si posiziona entro gli intervalli di confidenza stabiliti da PIOMAS, suggerendo che i modelli, pur con le loro differenze, in generale riflettono un trend osservabile anche nei dati di PIOMAS, benché con variazioni nella grandezza del trend.

In conclusione, la Figura 8 fornisce una visione comprensiva dei trend di volume del ghiaccio marino artico simulati da un ampio spettro di modelli climatici, evidenziando come questi si confrontano con le stime indipendenti fornite da PIOMAS, e mettendo in luce sia la coerenza sia le discrepanze rispetto a questi dati di riferimento.

4 Conclusioni

Valutare l’efficacia dei modelli è essenziale, considerando l’importante ruolo che le loro proiezioni giocano nel dibattito su come affrontare i cambiamenti ambientali globali. Anche se i modelli CMIP5 prevedono l’estensione del ghiaccio marino con maggiore precisione rispetto ai modelli CMIP3 (es. Stroeve et al., 2012a), i trend di molti modelli risultano ancora inferiori rispetto a quelli osservati. Questo solleva preoccupazioni sul fatto che uno stato artico privo di ghiaccio stagionale possa manifestarsi prima di quanto indicato dai modelli. In questo studio, abbiamo valutato lo spessore e il volume del ghiaccio marino di 33 modelli CMIP5 confrontandoli con i dati osservati e con le simulazioni di volume del ghiaccio effettuate da PIOMAS. Sebbene le incertezze relative allo spessore del ghiaccio marino non siano quantificate con la stessa precisione di quelle relative all’estensione o all’area del ghiaccio, abbiamo trovato che i modelli CMIP5 generalmente indicano un assottigliamento e una riduzione del volume del ghiaccio, in linea con le osservazioni. Il trend medio del volume di ghiaccio dell’ensemble CMIP5 nel periodo 1979–2013 è inferiore, ma rientra nelle incertezze dei dati PIOMAS. Nonostante il volume medio di ghiaccio artico dell’ensemble e i relativi trend siano molto simili a quelli di PIOMAS, si notano notevoli variazioni tra i modelli. Inoltre, mentre molti modelli rappresentano adeguatamente lo spessore medio e il volume per l’oceano Artico nel suo insieme, la rappresentazione dei modelli spaziali dello spessore del ghiaccio è carente. Molti modelli non individuano correttamente il ghiaccio più spesso al largo delle coste settentrionali della Groenlandia e dell’Arcipelago Artico Canadese, e il ghiaccio più sottile sulla piattaforma della Siberia Orientale. Una parte della spiegazione di queste discrepanze può essere trovata nelle carenze nella rappresentazione dei dettagli della circolazione atmosferica predominante sull’oceano Artico. Questa è una lacuna critica, poiché le proiezioni sull’estensione del ghiaccio sono strettamente correlate alla distribuzione iniziale dei pattern di spessore del ghiaccio (es. Holland et al., 2010; Holland e Stroeve, 2011).

Holland e Stroeve (2011) hanno proposto che la variabilità delle anomalie nell’estensione del ghiaccio marino di settembre potrebbe essere spiegata dall’aumento dello spessore del ghiaccio durante l’inverno e la primavera, man mano che il ghiaccio si assottiglia e tende verso una copertura stagionale. Pertanto, la capacità dei modelli di rappresentare accuratamente la distribuzione spaziale dello spessore diventa sempre più rilevante man mano che il ghiaccio si riduce.

Sono state sviluppate diverse tecniche per selezionare i modelli basati su differenti metriche di performance durante il periodo storico, con l’obiettivo di ridurre l’incertezza su quando l’Artico potrebbe diventare privo di ghiaccio (es. Wang e Overland, 2009, 2012; Boe et al., 2009; Massonnet et al., 2012). Dal nostro studio emerge che, anche se un modello può accuratamente prevedere l’estensione del ciclo stagionale o le tendenze nell’estensione e/o nel volume del ghiaccio, potrebbe comunque non rappresentare adeguatamente i pattern della circolazione atmosferica prevalente e le distribuzioni dello spessore del ghiaccio. Abbiamo riscontrato che un modello potrebbe mostrare correttamente la tendenza nel volume del ghiaccio o nell’estensione, ma fallire nel localizzare il ghiaccio più spesso a nord della Groenlandia e dell’Arcipelago Artico Canadese. Solo due modelli, MIROC5 e MRI-CGCM3, riescono a catturare sia il pattern spaziale dello spessore del ghiaccio sia il modello generale della circolazione atmosferica, il che riduce ulteriormente la fiducia nella precisione delle future proiezioni basate sui modelli climatici CMIP5. Il fatto che questi modelli mostrino tendenze significativamente diverse nel volume del ghiaccio (-3.6 × 10³ km³ per decennio e -1.15 × 10³ km³ per decennio) non è promettente per la validazione dei modelli climatici basati unicamente sui pattern di spessore del ghiaccio marino.

La Tabella 4 presenta i trend lineari nel volume del ghiaccio marino artico per il mese di marzo, basati sul periodo dal 1979 al 2013, per 33 modelli CMIP5 e PIOMAS. Questi trend sono espressi in termini di migliaia di chilometri cubi (km³) per decennio.

Dettagli della Tabella 4:

  • Nome del Modello: Elenco dei nomi dei modelli CMIP5 e PIOMAS utilizzati per l’analisi.
  • Trend: Il numero rappresenta il trend di variazione del volume del ghiaccio marino per ciascun modello, misurato in migliaia di chilometri cubi per decennio. Un numero negativo indica una diminuzione nel volume del ghiaccio marino.
  • Range dei Trend (tra parentesi): Per i modelli con più di un membro dell’ensemble, è fornito il trend medio insieme all’intervallo di variazione dei trend tra i diversi membri dell’ensemble. Questo intervallo è utile per vedere la consistenza o la variabilità del trend all’interno dello stesso modello.
  • Numero di Ensemble: Questa colonna mostra il numero di membri dell’ensemble disponibili per ciascun modello, che fornisce un’idea della robustezza delle stime del trend.
  • Significatività Statistica: I trend statisticamente diversi da zero al 95% e al 99% di significatività sono indicati rispettivamente con + e ++. Questo indica la robustezza statistica del trend rispetto alla nullità (nessun cambiamento).

Interpretazione della Tabella 4:

  • Valutazione dei Trend: La tabella fornisce una visione comprensiva dei trend di diminuzione del volume del ghiaccio marino artico tra i vari modelli climatici. Mostra chiaramente quale modello prevede una riduzione maggiore o minore del ghiaccio marino.
  • Confronto tra Modelli e PIOMAS: Confrontando i trend dei modelli con quelli di PIOMAS, che è considerato un riferimento nel campo, si può valutare l’accuratezza e la plausibilità delle proiezioni dei modelli.
  • Implicazioni per la Ricerca Futura: Identificare i modelli che mostrano trend significativi aiuta gli scienziati a scegliere quali modelli potrebbero essere più affidabili per studi futuri sul clima e per la pianificazione delle politiche ambientali, in particolare per quanto riguarda le proiezioni di un Artico privo di ghiaccio.

In sintesi, la Tabella 4 è cruciale per comprendere come diversi modelli climatici prevedono il futuro del ghiaccio marino artico, offrendo un’importante risorsa per valutare quali modelli sono in linea con le osservazioni e quali potrebbero necessitare di ulteriori aggiustamenti o valutazioni.

https://tc.copernicus.org/articles/8/1839/2014/tc-8-1839-2014.html

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »