- Miscelazione e Agitazione nell’Oceano Artico L’Oceano Artico presenta una varietà di processi di mescolamento oceanico che si differenziano da quelli delle medie latitudini a causa della presenza del ghiaccio marino, dell’elevata latitudine e della particolare struttura stratificata dell’acqua legata alla salinità, con acque calde sottostanti a quelle più fredde. Questi processi includono la convezione dovuta ai flussi di galleggiabilità in superficie risultanti dal rifiuto di salamoia durante la formazione del ghiaccio, la turbolenza causata dallo stress all’interfaccia ghiaccio-oceano, la miscelazione tramite onde interne (dove il campo delle onde interne è influenzato dall’effetto Coriolis delle alte latitudini e dalla copertura di ghiaccio marino), e la miscelazione doppio-diffusiva (vedi il resoconto di questi processi in Padman, 1995). L’Oceano Artico è anche instabile baroclinicamente, e il flusso medio si manifesta solo dopo una mediazione su una mesoscala e submesoscala relativamente energetiche.
4.1. Processi Diapicnali su Piccola Scala
I livelli di miscelazione dell’Oceano Artico sono cruciali per il destino del ghiaccio marino poiché il calore oceanico accumulato in profondità è sufficiente a sciogliere l’intero ghiaccio marino artico (Maykut & Untersteiner, 1971). Tuttavia, ciò richiederebbe un meccanismo (come la dissipazione dell’energia delle onde interne, la diffusione doppia o il flusso di calore verticale dei vortici) per trasferire quel calore allo strato superficiale a contatto con il ghiaccio marino. Attualmente, l’Oceano Artico mostra generalmente tassi di miscelazione più bassi rispetto agli oceani liberi da ghiaccio delle medie latitudini (per esempio, D’Asaro & Morison, 1992; Rainville & Winsor, 2008).
Nell’Artico, l’influenza delle maree è relativamente debole, e la maggior parte della regione si trova al di sopra della latitudine critica a nord della quale la marea semidiurna lunare può propagarsi liberamente (Kowalik & Proshutinsky, 1993). Le onde topografiche generate su pendii batimetrici e topografie accidentate, forzate dalle maree, sono la principale fonte di energia per una maggiore dissipazione delle maree osservata sulla topografia (Holloway & Proshutinsky, 2007; Kowalik & Proshutinsky, 1995; Luneva et al., 2015; Padman et al., 1992; Rippeth et al., 2017). La copertura di ghiaccio marino è presente per la maggior parte dell’anno e agisce come un buffer per l’input di momento cinetico guidato dal vento nell’oceano superficiale; inoltre, l’energia delle onde interne può essere dissipata sotto il ghiaccio marino (Morison et al., 1985; Pinkel, 2005). Nei mesi invernali completamente coperti di ghiaccio, l’energia delle onde inerziali e lo shear sono generalmente più deboli rispetto all’assenza stagionale di ghiaccio marino (Dosser et al., 2014; Halle & Pinkel, 2003; Rainville & Woodgate, 2009). Nei mesi estivi, anche se i venti sono più deboli rispetto all’inverno, le ampiezze medie delle onde inerziali sono circa del 10% al 20% maggiori rispetto all’inverno. L’energia aggiuntiva è una conseguenza dell’aumentato trasferimento di momento dall’atmosfera all’oceano in regioni di acqua libera e dell’assenza di smorzamento delle onde interne da parte del ghiaccio marino (ad esempio, Dosser & Rainville, 2016). Nella sezione 8, discutiamo le implicazioni della perdita di ghiaccio marino artico sui livelli di miscelazione oceanica.
Le misurazioni microstrutturali indicano che la dissipazione dell’energia cinetica turbolenta 𝜖 nell’alostrato dei bacini profondi è di circa 5×10-10 a 2×10-9 W kg−1 (Fer, 2009; Lenn et al., 2009; Lincoln et al., 2016; Rippeth et al., 2015). Questi valori possono essere confrontati con i valori tipici della termoclina oceanica delle medie latitudini di circa 10-9 W kg-1 (Toole et al., 1994). Nelle regioni della piattaforma continentale artica, 𝜖 è stimata essere due ordini di grandezza maggiore rispetto alla pianura abissale; nella regione a nord di Svalbard, ad esempio, 𝜖 è di circa 3–20 × 10-8 W kg-1 (Rippeth et al., 2015).
Questi valori possono essere confrontati con quelli stimati da Ledwell et al. (2000) di circa 10−8 W kg-1 sopra la topografia impervia della Dorsale Medio-Atlantica. Tassi elevati di dissipazione dell’energia cinetica sono stati trovati anche nelle regioni della piattaforma continentale del Bacino del Canada, dove 𝜖 è approssimativamente 2 × 10-8 W kg-1 (Lincoln et al., 2016; Rippeth et al., 2015). La diffusività diapicnale K𝜌 assume valori intorno a 10-4 m^2 s-1 alla base dello strato mescolato fino a circa 1–7 × 10-6 m^2 s-1 nell’alostrato fortemente stratificato lontano dalle caratteristiche topografiche (D’Asaro & Morison, 1992; Fer, 2009; Padman & Dillon, 1989; Rainville & Winsor, 2008). Nei modelli di studio, la direzione e la forza della circolazione dell’Acqua Atlantica sono risultate essere molto sensibili al livello di miscelazione verticale. Zhang e Steele (2007) hanno trovato che valori di K𝜌 approssimativamente 10-6 m^2 s-1 forniscono schemi di circolazione dell’Acqua Atlantica e proprietà dell’acqua che concordano meglio con la climatologia (valori tipicamente appropriati per le medie latitudini, intorno a 10-5 m^2 s-1, hanno portato a una circolazione dell’Acqua Atlantica antioraria, non coerente con le osservazioni).
Bassi livelli di miscelazione nel bacino interno permettono il mantenimento di una struttura a scale doppio-diffusive al limite superiore dello strato di Acqua Atlantica (vedi Figura 3b, pannello inserito), e i flussi doppio-diffusivi sono il meccanismo principale per il trasporto verticale di calore dall’Acqua Atlantica. I flussi di calore verticali attraverso le scale doppio-diffusive nei bacini centrali sono solo nell’ordine di 0.02–0.3 W m-2, comunque (Guthrie et al., 2015; Padman & Dillon, 1987, 1989; Shibley et al., 2017; Sirevaag & Fer, 2012; Timmermans et al., 2008). Per contesto, questi flussi di calore rappresentano circa un decimo del flusso medio di calore della superficie oceanica verso il ghiaccio marino. I flussi medi annui di calore dall’oceano al ghiaccio sono intorno a 3–5 W m-2, con valori medi mensili fino a 30 W m-2 in luglio e agosto, e valori massimi fino a 60 W m-2 (Krishfield & Perovich, 2005; Maykut & McPhee, 1995; Wettlaufer, 1991). In queste regioni, il riscaldamento solare estivo dello strato superficiale dell’oceano (in regioni prive di ghiaccio o attraverso ghiaccio sottile) fornisce la principale fonte di calore per i flussi di calore dall’oceano al ghiaccio (Fer, 2009; Maykut & Untersteiner, 1971; Maykut & McPhee, 1995; Toole et al., 2010; Timmermans, 2015).
Una struttura a scale doppio-diffusive ben definita è assente nella maggior parte delle regioni della piattaforma continentale e del pendio dell’Oceano Artico (ovvero, nelle zone coincidenti con i percorsi dell’Acqua Atlantica) (Shibley et al., 2017), probabilmente a causa di livelli di miscelazione più elevati in queste regioni (ad esempio, Rippeth et al., 2015). Le scale si manifestano al confine orientale del Bacino Eurasiatico e nelle vicinanze del pendio continentale della Siberia Orientale, dove si stima che i flussi di calore doppio-diffusivi siano maggiori (dell’ordine di 1 W m-2) rispetto ai valori del bacino interno (Lenn et al., 2009; Polyakov et al., 2012). È da notare che i flussi di calore dall’oceano al ghiaccio possono raggiungere l’ordine di 100 W m-2 dove l’Acqua Atlantica entra nell’Oceano Artico e dove i livelli di stratificazione e turbolenza non favoriscono la formazione di una struttura a scale doppio-diffusive (Peterson et al., 2017).
Le intrusioni termoaline prominenti, correlate alla struttura a scale doppio-diffusive al limite superiore dello strato di Acqua Atlantica, sono posizionate al di sotto della scala e provengono dal nucleo dell’Acqua Atlantica (ad esempio, Bebieva & Timmermans, 2017; Carmack et al., 1998; Rudels et al., 2009). Queste intrusioni hanno una componente di movimento laterale, parzialmente guidata dalle divergenze dei flussi di galleggiamento verticale doppio-diffusivi, e trasportano Acqua Atlantica calda dai confini ai bacini interni (Bebieva & Timmermans, 2016; McLaughlin et al., 2004; Walsh & Carmack, 2003; Woodgate et al., 2007). Walsh e Carmack (2003) hanno stimato che le diffusività laterali associate a queste intrusioni termoaline siano intorno ai 50 m^2 s-1. In questo modo, la miscelazione diapicnale può redistribuire il calore dell’Acqua Atlantica lateralmente, con le intrusioni di Acqua Atlantica che impiegano circa un decennio per attraversare il Bacino del Canada (vedi, ad esempio, Bebieva & Timmermans, 2019).
Mentre la miscelazione diapicnale del calore degli oceani più profondi può ritardare l’inizio del congelamento all’avvio della stagione di crescita del ghiaccio e portare a una riduzione dello spessore totale del ghiaccio marino (ad esempio, Maykut & Untersteiner, 1971; Perovich et al., 2011; Steele et al., 2008; Timmermans, 2015), il suo ruolo nella circolazione oceanica su larga scala è meno evidente. Si presume che la miscelazione diapicnale giochi un ruolo nel guidare l’afflusso di Acqua Atlantica nell’Oceano Artico, come verrà discusso nella sezione 5.1. D’altra parte, i flussi laterali dei vortici sono stati identificati come un fattore chiave nella dinamica fondamentale del Giro di Beaufort, come verrà discusso nella sezione 7.
4.2. Vortici, Instabilità Baroclina e Diffusività dei Vortici Isopicnali
I vortici baroclini sono una caratteristica ubiquitaria dell’Oceano Artico, il quale si osserva avere un campo di vortici mesoscala e submesoscala vigoroso (ad esempio, Carpenter & Timmermans, 2012; Kozlov et al., 2019; Manley & Hunkins, 1985; Manucharyan et al., 2017; Mensa et al., 2018; Pnyushkov et al., 2018; Spall et al., 2008; Timmermans et al., 2008; Zhao et al., 2014, 2016). L’energia cinetica della colonna d’acqua nell’alostrato dell’Artico è dominata dai vortici (Zhao et al., 2018), e ci si aspetta che i flussi di galleggiabilità dei vortici e la miscelazione lungo-isopicnale da parte dei vortici giochino un ruolo importante nella circolazione generale, come sarà mostrato nella sezione 7. La scala orizzontale che caratterizza i vortici e le instabilità barocline dello stato medio oceanico è il primo raggio di deformazione baroclinico di Rossby, Rd, dove D è la scala verticale su cui variano le correnti orizzontali, f è il parametro di Coriolis, e N^2(z) rappresenta la stratificazione. Chelton et al. (1998) hanno stimato Rd dalla climatologia idrografica risolvendo le equazioni quasi-geostrofiche per un dato profilo di stratificazione. Nella Figura 4a seguono la metodologia di Chelton et al. (1998) per calcolare Rd dalla climatologia dell’Oceano Artico (vedi anche Nurser & Bacon, 2014; Zhao et al., 2014). Le regioni della piattaforma continentale poco profonda sono generalmente caratterizzate da un raggio di deformazione molto più piccolo rispetto ai bacini profondi, mentre le variazioni di Rd tra i bacini profondi derivano dalle differenze di stratificazione (vedi Zhao et al., 2014). Il Giro di Beaufort è più fortemente stratificato rispetto alla colonna d’acqua del Bacino Eurasiatico; i valori tipici di Rd nella regione del Giro di Beaufort sono circa il doppio rispetto ai valori nel Bacino Eurasiatico profondo. I vortici osservati hanno scale orizzontali che sono approssimativamente coerenti con i valori di Rd.
La Figura 4 che hai condiviso contiene due parti, ciascuna raffigurante un aspetto diverso della dinamica fisica nell’Oceano Artico, utilizzando dati idrografici raccolti nel periodo 2005-2017 dal World Ocean Database 2018 (WOD18). Queste mappe sono basate sui metodi di ricerca oceanografica per visualizzare caratteristiche dinamiche importanti nell’oceano.
(a) Raggio di deformazione baroclinica di Rossby: Il pannello (a) mostra la distribuzione del primo raggio baroclinico di deformazione di Rossby (Rd) calcolato in tutto l’oceano artico. Rd è un parametro fondamentale nella dinamica degli oceani che indica la dimensione massima dei vortici o delle onde che possono formarsi in un fluido stratificato sotto l’effetto della rotazione terrestre. In altre parole, è la scala a cui l’effetto stabilizzante della stratificazione (variazione della densità con la profondità) e l’effetto deflettente della forza di Coriolis (dovuto alla rotazione della Terra) si bilanciano. I valori più alti di Rd (colori caldi come il rosso e l’arancione) suggeriscono che i vortici in queste aree possono avere diametri più grandi, caratteristici dei bacini profondi. I valori più bassi (colori freddi come il blu) si trovano tipicamente nelle regioni della piattaforma continentale, dove i vortici tendono ad essere più piccoli a causa della minore profondità dell’acqua.
(b) Scala temporale di Eady: Il pannello (b) rappresenta la scala temporale approssimativa di Eady (ω−1), che è un indicatore del tempo necessario perché l’instabilità baroclina (un meccanismo che può generare vortici nell’oceano) cresca fino a livelli significativi. Questa scala temporale è inversamente proporzionale al tasso di crescita dell’instabilità: valori più bassi su questa mappa (colori più scuri) indicano un tasso di crescita più rapido, mentre valori più alti (colori più chiari) indicano un tasso di crescita più lento. Quindi, aree con tempi di Eady più brevi sono regioni dove le instabilità possono svilupparsi più rapidamente, il che può portare a una maggiore attività di mescolamento e formazione di vortici.
In entrambe le mappe, i contorni batimetrici indicano la profondità del fondale marino, con contorni più scuri che rappresentano profondità maggiori. La presenza di ghiaccio marino non è rappresentata direttamente in queste mappe, ma ha un effetto importante sulla dinamica del vortice e sulla stabilità, come suggerito dal testo di accompagnamento. In sintesi, queste mappe forniscono una visualizzazione delle dimensioni dei vortici che si possono formare e della rapidità con cui le instabilità barocline possono crescere in varie parti dell’oceano Artico, entrambi fattori importanti nella comprensione della circolazione e della miscelazione oceanica nella regione.
I vortici nel Bacino Canadese hanno diametri maggiori rispetto a quelli nel Bacino Eurasiatico (Zhao et al., 2014). Si nota che le scale orizzontali dei vortici che contengono energia possono differire dal raggio di deformazione a causa di una cascata inversa di energia. Il trasferimento di energia in scala maggiore su un piano beta può essere interrotto alla scala di Rhines, che può caratterizzare una transizione verso un regime di onde di Rossby (vedere Rhines, 1975, e la discussione in Tulloch et al., 2011). Nell’Oceano Artico, il parametro di Coriolis f è approssimativamente costante (ovvero, un piano f), e la scala di Rhines è definita dal beta topografico. Tuttavia, le scale mostrate nella Figura 4a evidenziano le sfide per la modellazione numerica dei processi oceanici nella regione, dove le scale della griglia del modello devono essere inferiori a pochi chilometri per risolvere i vortici mesoscala.
Relativamente al raggio di deformazione di Rossby, possiamo analizzare l’idrografia per esaminare le caratteristiche di stabilità lineare dello stato medio dell’Oceano Artico. Se la corrente media ha una velocità U, ci aspettiamo un inverso temporale (tasso di crescita) proporzionale a U diviso Rd. Questo può essere espresso in termini del numero di Richardson, Ri, dove D è la scala verticale su cui U varia. Calcoli più dettagliati calibrati contro la stabilità lineare forniscono un’analisi basata sulla stima del numero di Richardson Ri(z) come funzione della stratificazione e del taglio del vento termico. Tulloch et al. (2011) esaminano la climatologia idrografica per gli oceani globali a sud di 60° N e mostrano che i modelli spaziali dei tassi di crescita e le loro magnitudini stimati sono in ragionevole corrispondenza con i tassi di crescita calcolati dall’analisi completa di stabilità. Se la generazione di vortici è associata all’instabilità baroclina, ci aspettiamo che il periodo di tempo associato alla scala temporale di Eady sia breve nelle aree dove c’è un’energia cinetica dei vortici anormalmente alta e/o una stratificazione debole. Intorno ai margini del bacino artico, le scale temporali sono dell’ordine di 2 settimane o meno, mentre nelle regioni centrali del Bacino Canadese/Giro di Beaufort e dei Mari Nordici, le scale temporali di Eady calcolate sono tra alcune settimane e un paio di mesi (Figura 4b). Questo modello spaziale è coerente con le stime dell’energia cinetica dei vortici derivate da satelliti, che mostrano le regioni delle piattaforme continentali e delle correnti di confine con un’energia cinetica dei vortici più elevata rispetto all’interno del Bacino Canadese e dei Mari Nordici (Armitage et al., 2017). È notevole che il Bacino Eurasiatico centrale mostri scale temporali più brevi (tassi di crescita più rapidi) rispetto al Bacino Canadese, e questo può essere attribuito alla stratificazione significativamente più debole presente lì (Figura 3b); le stime dell’energia cinetica dei vortici derivate dai satelliti non sono disponibili per il Bacino Eurasiatico. Nell’interpretare la mappa del tasso di crescita di Eady (Figura 4b), va notato che la presenza di ghiaccio marino probabilmente smorza efficacemente le instabilità barocline instabili vicino alla superficie, ma che le modalità dell’alostrato interno sono meno suscettibili perché non hanno una forte espressione superficiale. Studi iniziali sull’instabilità baroclina nell’Artico, interpretando osservazioni di vortici mesoscala, hanno sostenuto che l’attrito frizionale contro il ghiaccio marino fosse un’influenza stabilizzante significativa (ad esempio, Hunkins, 1974; Manley & Hunkins, 1985).
Zhao et al. (2018) mostrano come la specifica struttura dell’halocline del Giro di Beaufort influenzi l’evoluzione dell’energia cinetica della colonna d’acqua e la sua dissipazione. Loro analizzano le misure di velocità ottenute dalle boe per dedurre che la maggior parte dell’energia cinetica nella colonna d’acqua del Giro di Beaufort è contenuta all’interno del modo barotropico e dei primi due modi baroclinici, e che questa suddivisione è il risultato della specifica stratificazione dell’halocline che determina le interazioni tra i modi. Zhao et al. (2018) scoprono che l’energia ha una tendenza a concentrarsi nel secondo modo baroclinico (in linea con la presenza ubiquitaria di vortici nell’halocline), con una tendenza molto minore al trasferimento al modo barotropico. In definitiva, l’energia cinetica può essere dissipata attraverso l’attrito sul fondo del mare o sotto la copertura del ghiaccio marino. Tuttavia, l’inefficienza del trasferimento di energia al modo barotropico suggerisce un percorso inefficace per la dissipazione dell’energia cinetica sul fondo marino e un ruolo importante per la dissipazione sotto il ghiaccio quando l’energia cinetica viene trasferita al primo modo baroclinico (intensificato in superficie).
Per il Giro di Beaufort, stime dell’energia cinetica dei vortici basate su dati satellitari e l’applicazione della teoria della lunghezza di miscelazione sono state utilizzate per inferire le diffusività dei vortici (Armitage et al., 2017). Un approccio simile è stato utilizzato per stimare le diffusività dei vortici nel Giro di Beaufort a partire dall’energia cinetica dei vortici basata su misurazioni di velocità delle boe in situ (Meneghello et al., 2017). Questi studi forniscono valori di diffusività dei vortici nell’ordine di 100–600 m^2 s^−1, diminuendo da valori più alti a più bassi con la profondità (Meneghello et al., 2017). Come descritto nella sezione 7, diffusività dei vortici di tale grandezza suggeriscono che la circolazione indotta dai vortici può essere grande quanto la circolazione Euleriana, con importanti implicazioni per la circolazione generale e il trasporto di traccianti nell’Artico.
La distribuzione delle masse d’acqua, la struttura e la forza della stratificazione, la miscelazione e i processi laterali dei vortici sono strettamente connessi con i percorsi di circolazione oceanica, che descriveremo in seguito, iniziando con un’analisi della circolazione dell’Acqua Atlantica nell’Artico e attorno al bacino.
La Circolazione dell’Acqua Atlantica nell’Artico
Nel suo percorso verso l’Oceano Artico, le Acque dell’Atlantico attraversano la Soglia Scozia-Groenlandia e si propagano nei Mari Nordici attraverso diramazioni che provengono dall’estensione della Corrente del Nord Atlantico, una continuazione della Corrente del Golfo. Nel Mare di Norvegia, il flusso verso nord segue due rami, uno occidentale e uno orientale, guidati dalla topografia, della Corrente Atlantica Norvegese (per esempio, Orvik & Niiler, 2002). Queste acque entrano nell’Oceano Artico attraverso lo Stretto di Fram, che è profondo circa 2.600 metri e largo circa 450 chilometri, ed è la connessione più profonda tra i Mari Nordici e l’Oceano Artico (Figura 5). Allo Stretto di Fram, si verifica uno scambio di flusso tra le acque in entrata dell’Atlantico e le acque superiori, più fredde e meno salate, dell’Oceano Artico (Figura 5c). La Corrente di Spitsbergen Occidentale (WSC) trasporta l’Acqua Atlantica, relativamente calda e salata, verso nord (circa 7 Sv) nell’Oceano Artico sul lato orientale dello Stretto di Fram, con una ricircolazione all’interno dello Stretto stesso (vedi, per esempio, Beszczynska-Möller et al., 2012; Schauer et al., 2004). La Corrente della Groenlandia Orientale (EGC) fluisce verso sud (circa 9 Sv) fuori dall’Oceano Artico lungo il lato occidentale dello Stretto di Fram (de Steur et al., 2014). Il trasporto netto attraverso lo Stretto di Fram è stato stimato essere di diversi Sv verso sud, con una variabilità da mese a mese che può essere considerevole (Schauer & Beszczynska-Möller, 2009). L’Acqua Atlantica entra anche nell’Oceano Artico dai Mari Nordici attraverso l’Apertura del Mare di Barents (circa 2 Sv) (Ingvaldsen et al., 2002; Schauer et al., 2002). Le osservazioni indicano che il trasporto di calore delle Acque dell’Atlantico verso l’Oceano Artico è maggiore attraverso l’Apertura del Mare di Barents (circa 70 TW, Smedsrud et al., 2013) rispetto allo Stretto di Fram (circa 40 TW, Schauer & Beszczynska-Möller, 2009), dove queste stime utilizzano 0 °C come temperatura di riferimento.
La Figura 5 illustra la distribuzione della temperatura potenziale massima dell’Acqua Atlantica nell’Oceano Artico e i dettagli fisici associati, basati sui dati raccolti dal World Ocean Database 2018 nel periodo 2005-2017. Ecco una spiegazione scientificamente precisa di ciascuna parte della figura:
(a) Mappa della temperatura potenziale massima dell’Acqua Atlantica (in gradi Celsius) nell’Oceano Artico. Il colore indica la temperatura potenziale massima, con il blu che rappresenta valori più bassi e il rosso valori più alti. L’acqua più calda dell’Atlantico entra nell’Artico prevalentemente attraverso lo Stretto di Fram e la corrente di Spitsbergen Occidentale.
(b) Questo pannello mostra la mappa della temperatura potenziale massima specifica per il settore delineato dalle linee nere punteggiate nel pannello (a). I contorni batimetrici sono intervalli di 500 metri, fino a un massimo di 3.500 metri, fornendo un contesto per come la topografia del fondale marino possa influenzare la distribuzione termica delle acque.
(c) Sezione trasversale di temperatura potenziale (in gradi Celsius, indicata dai colori) e salinità (indicate dalle linee di contorno) attraverso lo Stretto di Fram da ovest a est lungo gli 80°N. Il flusso di acqua più fredda e meno salata si dirige verso sud sul lato occidentale dello stretto, mentre l’acqua più calda e salata fluisce verso nord sul lato orientale, entrando nell’Oceano Artico dai Mari Nordici.
(d) Sezione lungo l’isobata di 1.000 metri che si muove in modo ciclonico attorno al bacino artico, con le lettere A-E che corrispondono alle posizioni marcate nel pannello (a). Questa sezione illustra la variabilità della temperatura potenziale dell’acqua lungo un percorso definito nel bacino artico, riflettendo i complessi processi di mescolamento e circolazione.
In generale, la Figura 5 evidenzia la circolazione delle acque dell’Atlantico all’interno del sistema oceanico artico, mostrando le aree di ingresso principali e la distribuzione termica associata, che ha importanti implicazioni per la dinamica oceanica, il clima e l’ecosistema dell’Artico.
Dove l’Acqua Atlantica entra nell’Oceano Artico attraverso lo Stretto di Fram e l’Apertura del Mare di Barents, il ghiaccio marino sovrapposto fonde e le acque più superficiali subiscono una trasformazione che le raffredda e le addolcisce, tanto che il massimo di temperatura dell’Acqua Atlantica si localizza a una certa profondità all’interno dell’Oceano Artico (es. Rudels et al., 1996; Untersteiner, 1988). La distribuzione spaziale del massimo di temperatura dell’Acqua Atlantica è stata utilizzata per dedurre il suo percorso ciclonico intorno al confine del Bacino Euroasiatico (es. Coachman & Barnes, 1963) ed è illustrata nelle Figure 5a, 5b e 5d. Si ipotizza l’esistenza di una ricircolazione all’interno del Bacino Euroasiatico, come rappresentato schematicamente da Rudels et al. (1994), vedi la loro Figura 9. L’Acqua Atlantica penetra nei Bacini di Makarov e del Canada (dove il cuore dell’Acqua Atlantica, indicato dalla profondità del massimo di temperatura, si situa intorno ai 400 metri di profondità, Figura 5d) e circola ciclonicamente lungo i margini del bacino, seguendo chiaramente le isobate. Le misure da boe indicano che la velocità della corrente di confine dell’Acqua Atlantica è circa di 2-4 cm/s (Woodgate et al., 2001). Ciò è in accordo con i dati di tracciatori transitori, che suggeriscono che la propagazione dell’Acqua Atlantica dal Bacino Euroasiatico al Bacino meridionale del Canada (per una distanza di circa 6.000 km) richieda circa 7,5 anni (Mauldin et al., 2010).
Al di sotto dello strato d’Acqua Atlantica, si ipotizza generalmente che le acque profonde e di fondo dell’Oceano Artico seguano un percorso ciclonico sia nel Bacino Euroasiatico che in quello Canadese, coerentemente con il movimento dell’Acqua Atlantica intermedia, come suggerito da misurazioni sporadiche (per esempio, Aagaard, 1981; Rudels, 2015). Anche le acque più profonde mostrano correnti e onde variabili intrappolate sul fondo (Aagaard, 1981; Timmermans et al., 2010; Zhao & Timmermans, 2018). È importante notare che, a differenza della corrente di confine dell’Acqua Atlantica, esistono correnti di confine strette, energetiche e con variazioni stagionali, confinate ai margini della piattaforma continentale nei Bacini Euroasiatico e Canadese, con velocità tipiche intorno ai 15 cm/s (per esempio, Aksenov et al., 2011; Dmitrenko et al., 2016; Nikolopoulos et al., 2009; Pickart, 2004); le caratteristiche di queste correnti lungo il bordo della piattaforma sono fortemente influenzate dai venti locali e a distanza e dalle forze di galleggiamento.
La comprensione di ciò che determina l’afflusso dell’Acqua Atlantica e la sua circolazione all’interno dell’Oceano Artico è stata oggetto di ricerca da quando Nansen (1902) identificò per la prima volta le acque calde subsuperficiali all’interno dell’Oceano Artico come provenienti dal Nord Atlantico. Attualmente, si esaminano brevemente due filoni di ricerca che esplorano i meccanismi da prospettive diverse: il primo, utilizzando un approccio estuariale, propone la miscelazione indotta dal vento all’interno dell’Artico come fattore di attrazione dell’acqua; il secondo suggerisce che siano i venti esterni all’Artico a spingere l’acqua verso l’interno seguendo i contorni batimetrici.
la Figura 6 include due parti principali: uno schema concettuale e un set di grafici che rappresentano soluzioni matematiche. Ecco una spiegazione scientificamente precisa per ogni parte della figura:
(a) Schema concettuale di un estuario a due strati: Questo schema illustra un modello semplificato del flusso di acqua nell’Oceano Artico che opera come un estuario inverso. Lo strato superiore è composto da Acqua Polare, che fluisce dall’Oceano Artico verso i Mari Nordici, contrassegnato come Q1, con caratteristiche di densità (ρ), salinità (S) e temperatura (T) specificate. Lo strato inferiore è rappresentato dall’Acqua Atlantica che entra nell’Oceano Artico dai Mari Nordici, con un afflusso contrassegnato come Q2, anch’esso con le proprie proprietà di densità, salinità e temperatura. L’entrainment, o incorporamento, dell’Acqua Atlantica nello strato superiore è il meccanismo che guida l’afflusso dell’Acqua Atlantica, simbolizzato dalla freccia che passa attraverso l’interfaccia tra i due strati.
(b) Soluzioni del sistema di equazioni:
- Grafico superiore: Mostra lo spessore dello strato superiore (H1) come funzione dell’apporto netto di acqua dolce (Qf). Le linee indicano che un aumento del tasso di miscelazione (u*) porta a un aumento dello spessore dello strato superiore.
- Grafico centrale: Presenta la salinità dello strato superiore (S1) in relazione a Qf. Un tasso di miscelazione più elevato comporta un aumento della salinità dello strato superiore.
- Grafico inferiore: Rappresenta l’influsso di volume dell’Acqua Atlantica (Q2) in funzione di Qf. Analogamente agli altri grafici, un maggiore tasso di miscelazione causa un aumento dell’influsso di volume dell’Acqua Atlantica.
Le linee continue e tratteggiate rappresentano due diversi valori di velocità di miscelazione vicino al fondo (u*), con 0,55 cm/s e 0,45 cm/s rispettivamente. Questi risultati sono coerenti con studi precedenti che dimostrano come una maggiore miscelazione possa influenzare la stratificazione, la salinità e il flusso volumetrico in sistemi oceanici come l’Oceano Artico (vedi Rudels, 1989; Stigebrandt, 1981).
In sintesi, la Figura 6 illustra un meccanismo fondamentale per comprendere come i processi fisici come il vento e la miscelazione influenzino la circolazione e le caratteristiche dell’acqua nell’Oceano Artico. Queste dinamiche sono cruciali per la comprensione dei cambiamenti nel sistema artico e del loro potenziale impatto sul clima globale.
5.1. Un Quadro sugli Estuari
I primi modelli di circolazione dell’Oceano Artico assomigliavano ai sistemi estuarini. Questo era basato sul concetto che l’Artico è un bacino semi-chiuso dove l’afflusso dal Mare Nordico è bilanciato da un deflusso di acqua relativamente dolce. Lo scambio di flusso in questa regione dipende dal livello di mescolamento all’interno del bacino artico. La circolazione è principalmente guidata dalla galleggiabilità, con i venti che giocano un ruolo solo nel mescolare le acque superiori e intermedie nel bacino estuarino.
Stigebrandt (1981) ha modellato la colonna d’acqua superiore dell’Oceano Artico considerando l’input di galleggiabilità, il mescolamento guidato dal vento e il controllo topografico agli stretti di collegamento, come lo Stretto di Fram e il Lancaster Sound. Questi stretti sono abbastanza ampi perché gli effetti della rotazione terrestre siano significativi. Il suo modello combina la conservazione del volume e del sale e include una formula per il flusso volumetrico idraulicamente controllato attraverso gli stretti, influenzato dalla rotazione terrestre. Inoltre, il modello considera una velocità di entrainamento verticale uniformemente distribuita che risulta sia dal mescolamento guidato dal vento sia dalla convezione. Questa descrizione estuarina della circolazione illustra come l’input di galleggiabilità e il mescolamento nell’Oceano Artico interno possano mantenere un flusso di scambio costante tra l’Oceano Artico e i Mari Nordici.
In un sistema idealizzato, c’è un flusso volumetrico di Acqua Polare dall’Oceano Artico e un flusso volumetrico di Acqua Atlantica che entra nell’Oceano Artico dai Mari Nordici. Inoltre, c’è un flusso attraverso lo Stretto di Bering e un flusso netto di acqua dolce nello strato superiore dell’Oceano Artico, che è approssimativamente la somma degli afflussi fluviali e delle precipitazioni nette, meno il flusso di esportazione di ghiaccio marino dall’Oceano Artico.
Per un flusso idraulicamente controllato dello strato superiore attraverso lo Stretto di Fram, la velocità di flusso è determinata da alcuni fattori, incluso la gravità ridotta tra gli strati di Acqua Polare e Acqua Atlantica, con una densità di riferimento considerata.
Una buona approssimazione è rappresentata considerando solo l’effetto della differenza di salinità tra le acque, trascurando l’influenza della temperatura sulla densità. Questo approccio è applicabile allo Stretto di Fram, che, con i suoi circa 500 km di larghezza, è molto più ampio rispetto al raggio di deformazione di Rossby interno. Questo accordo è evidenziato in una delle figure del testo.
Nel modello, la conservazione del sale nell’acqua superiore è espressa come un bilanciamento tra diversi flussi di acqua con differenti salinità. Un altro aspetto importante del modello è il flusso di acqua dall’estrato inferiore attraverso l’aloclino, che è rappresentato in termini di area dell’aloclino e una velocità di mescolamento. La determinazione di questa velocità richiede una quantificazione dei processi di mescolamento, che possono variare dalla convezione doppio-diffusiva alla miscelazione indotta dal movimento del mare e del ghiaccio marino, oltre ai flussi di galleggiabilità in superficie, come la formazione di ghiaccio marino che genera salamoia densa. Stigebrandt (1981) ha formulato un’espressione per la velocità di mescolamento che include sia l’energia cinetica che cambia il potenziale energetico del sistema, sia il contributo dei flussi di galleggiabilità dell’acqua dolce in superficie.
Scegliendo valori tipici per i parametri esterni (A = 1013 m², QB = 1.5×10⁶ m³/s, SB = 32.4, 𝛾 = 0.05, e S2 = 35; si veda Stigebrandt, 1981), è possibile risolvere il sistema di equazioni (dalla 2 alla 6) per determinare l’afflusso di Acqua Atlantica Q2 e le caratteristiche dello strato superiore, H1 e S1, che escono dall’Oceano Artico attraverso lo Stretto di Fram. Questi risultati sono funzioni dell’input netto di acqua dolce Qf e dei livelli di mescolamento (quantificati specificando u*), come mostrato nella Figura 6b.
La Figura 7 presenta due parti distinte relative alla dinamica oceanica:
(a) Media Annuale della Pompa di Ekman: Il pannello (a) è una rappresentazione grafica della velocità media annuale della pompa di Ekman (misurata in metri al secondo, m/s) per gli anni dal 2005 al 2017, indicata attraverso una scala di colori. La pompa di Ekman è un fenomeno fisico attraverso il quale il vento, soffiando sulla superficie dell’oceano, causa un trasporto di massa d’acqua verso destra o sinistra rispetto alla direzione del vento nell’emisfero nord o sud, rispettivamente. I contorni chiusi indicati sul grafico rappresentano le linee di f/H, dove f è la frequenza di Coriolis (che dipende dalla latitudine) e H è la profondità dell’acqua. Queste linee coincidono con i contorni batimetrici alle latitudini considerate. I contorni in nero indicano le aree con curl dello stress del vento positivo, che generalmente corrisponde a downwelling (moto discendente dell’acqua), mentre quelli in magenta circondano aree con curl negativo, che corrisponde a upwelling (moto ascendente dell’acqua).
(b) Pompa di Ekman Integrata per Area e per Lunghezza del Contorno: Il pannello (b) mostra un grafico scatter che correla il pompaggio di Ekman integrato per area per lunghezza del contorno (in m²/s) all’area racchiusa dai contorni dif/H (in m²). Ogni punto sul grafico corrisponde a un contorno mostrato nel pannello (a) e il colore di ogni punto indica la profondità del contorno. Questo diagramma potrebbe essere utilizzato per analizzare come la pompa di Ekman varia in funzione della dimensione dell’area racchiusa e della profondità, offrendo una visione della relazione tra la forza del pompaggio di Ekman e la morfologia del fondale marino.
I due pannelli combinati offrono una visione olistica di come il pompaggio di Ekman, che è una componente fondamentale della circolazione oceanica, sia distribuito e come interagisca con la topografia sottomarina nelle regioni polari. Questo fenomeno è cruciale per la comprensione di come il calore e la salinità vengano trasportati negli oceani, influenzando il clima globale e la circolazione termoalina. La citazione di Nøst e Isachsen (2003) suggerisce che questi risultati siano in relazione o coerenza con studi precedenti, che possono fornire contesto e validazione aggiuntivi per l’interpretazione dei dati mostrati.
Con flussi netti più elevati di acqua dolce Qf verso l’Oceano Artico (cioè, quando gli afflussi fluviali e le precipitazioni nette superano il flusso di esportazione del ghiaccio marino), lo strato superiore in uscita risulta più sottile e meno salato, e il volume di afflusso di Acqua Atlantica Q2 verso l’Oceano Artico si riduce. Inoltre, a parità di Qf, un aumento del mescolamento produce uno strato superiore più spesso e salato in uscita dall’Oceano Artico, e un maggiore afflusso volumetrico di Acqua Atlantica. Utilizzando una gamma appropriata di parametri, le soluzioni offrono generalmente risultati plausibili per il flusso di scambio nello Stretto di Fram. Rudels (1989) utilizza il formalismo di Stigebrandt (1981) e introduce un mescolamento variabile nello spazio (trasformazioni di masse d’acqua nelle regioni delle piattaforme continentali) per stimare l’entità dell’afflusso di Acqua Atlantica nell’Oceano Artico e l’intensità della stratificazione dipendente dall’input di galleggiabilità.
Questi concetti generali sono stati ulteriormente sviluppati considerando il Mediterraneo Artico come un doppio estuario (Eldevik & Nilsen, 2013; Lambert et al., 2016). Questo approccio considera il raffreddamento e la formazione di acqua densa nei Mari Nordici come un estuario negativo e il forcing di galleggiabilità positivo (input di acqua dolce) nell’Oceano Artico come un estuario positivo.
La perdita di calore nei Mari Nordici stimola una circolazione di capovolgimento in quella zona (Mauritzen, 1996), mentre l’afflusso di acqua dolce verso il nord promuove una circolazione estuarina assieme allo strato di Acqua Atlantica. Lambert e altri (2016) hanno osservato che, a causa della circolazione estuaria artica, un afflusso di Acqua Atlantica verso l’Artico può sussistere anche in assenza di convezione profonda nei Mari Nordici. Questo è un punto importante nel contesto delle discussioni riguardanti il modo in cui il calore dell’Acqua Atlantica che entra nell’Artico è influenzato dalla forza della Circolazione Meridionale Atlantica Overturning (AMOC). Sulla base di simulazioni climatiche, è stato proposto, per esempio, che un AMOC rafforzato sia stato parzialmente responsabile del riscaldamento dell’Oceano Artico e della perdita di ghiaccio marino (per esempio, Delworth et al., 2016).
La visione estuaria della circolazione nell’Artico è stata proposta per spiegare la presenza dell’aloclino. Questa interpretazione è in linea con il modello tradizionale dell’aloclino artico (Aagaard et al., 1985): il mescolamento necessario all’interno del bacino artico (rappresentato dalle frecce circolari ascendenti nella Figura 6a) è stato associato all’inglobamento di acqua ambientale da parte di flussi che scendono lungo i pendii continentali, alimentati da concentrazioni di salamoia densa formate dalla creazione di ghiaccio sui ripiani continentali, sebbene il grado in cui questo sia rilevante su scala artica sia stato oggetto di dibattito (ad esempio, Östlund et al., 1987).
Tuttavia, la struttura dell’aloclino interno dell’Artico richiede processi aggiuntivi, quali l’advezione tramite circolazione guidata dal vento e i flussi di vortice laterali, per allontanare l’acqua densa e ventilata dai pendii continentali e introdurla nell’interno del bacino. Spall (2013) propone un modello concettuale in cui la struttura dell’aloclino e il flusso dell’Acqua Atlantica sono determinati dagli effetti combinati dei flussi di vortice orizzontali che trasportano l’acqua dai limiti del bacino all’interno e dalla miscelazione diapicnale verticale nel bacino interno. Nelle sue simulazioni idealizzate, un afflusso di Acqua Atlantica sostanzialmente barotropico (e una corrente di confine ciclonica di Acqua Atlantica) è bilanciato da un deflusso di acqua più fredda che include un deflusso superficiale intensificato di acqua dolce. La caratteristica comune essenziale tra questo e altri modelli dell’estuario artico è che la forza di galleggiabilità e la miscelazione interna guidano lo scambio tra l’Oceano Artico e i Mari Nordici.
Le influenze della batimetria (a parte quelle degli stretti) e le ricircolazioni all’interno del bacino artico non sono rappresentate nei modelli estuari. Questi modelli non tengono conto nemmeno delle ricircolazioni nei dintorni degli stretti di collegamento. Inoltre, rimane incerto se la miscelazione necessaria tra gli strati superficiali freschi e l’Acqua Atlantica in arrivo sia realistica. In un approccio alternativo, è il vento a guidare direttamente la circolazione di Acqua Atlantica che segue la topografia. Nella sezione successiva, descriviamo studi che hanno evidenziato come il campo di vento prevalente sull’Artico sia tale da permettere alla curvatura dello stress del vento di determinare il trasporto oceanico osservato.
la Figura 8 è uno schema concettuale che illustra le principali caratteristiche della circolazione oceanica come viene guidata dai venti. Ecco la descrizione dei suoi elementi:
- Contorni f/H: Rappresentati in nero, questi contorni illustrano le linee lungo le quali il rapporto tra la frequenza di Coriolis (f) e la profondità dell’acqua (H) è costante. La direzione della circolazione lungo questi contorni è governata dal segno del curl dello stress del vento integrato sull’area circoscritta dal contorno.
- Patch Blu e Rosso: La patch blu nel Oceano Artico, in particolare nella regione del Giro del Beaufort, indica un dominio di curl dello stress del vento antociclonico (movimento orario nell’emisfero nord), mentre la patch rossa nei Mari Nordici rappresenta un dominio di curl dello stress del vento ciclonico (movimento antiorario nell’emisfero nord).
- Contorni di Vorticità Potenziale Costante: Le linee blu indicano i contorni di vorticità potenziale costante, che sono definiti per uno strato d’acqua racchiuso tra due isopicnali, cioè superfici di densità costante, mostrate in blu nell’inserzione a sezione.
- Linea tratteggiata blu: Indica il punto in cui l’isopicnale che delimita la parte superiore dello strato affiora alla superficie dell’oceano, come evidenziato nello schema inserito nella parte inferiore destra. Questo fenomeno è conosciuto come “outcrop”, dove l’acqua più fredda e densa interagisce direttamente con l’atmosfera.
- Inset Schematic: Questo piccolo schema mostra come gli isopicnali emergono alla superficie del mare. La direzione verticale è indicata con “z”, mentre “H” rappresenta la profondità totale dell’oceano e “h_t” indica l’altezza dello strato d’acqua sovrastante la topografia sottomarina.
Questo schema è un modello semplificato che aiuta a comprendere come i venti possano influenzare la circolazione oceanica attraverso il meccanismo di pompa di Ekman e il trasporto geostrofico. Le aree con curl dello stress del vento positivo o negativo possono promuovere rispettivamente upwelling o downwelling, che sono componenti critiche per il trasferimento di calore e di massa tra la superficie e le profondità dell’oceano.
5.2. Flusso Spinto dal Vento Lungo le Curve di Livello f∕H
I modelli del curl dello stress del vento sull’Artico sono tali da causare una diffusa discesa Ekman su gran parte del bacino interno, con un’ascensione relativamente forte sopra i Mari Nordici (Figure 2c e 7a). Nella maggior parte degli oceani tropicali e subtropicali, il curl dello stress del vento è bilanciato dal trasporto meridionale integrato in profondità, ossia l’equilibrio di Sverdrup (per esempio, Gray & Riser, 2014; Wunsch, 2011). Tuttavia, dove la topografia ha un’influenza forte, e alle latitudini più elevate dove l’effetto 𝛽 (qui, 𝛽 si riferisce al gradiente meridionale del parametro di Coriolis) è trascurabile, l’equilibrio di Sverdrup non si applica. Nøst e Isachsen (2003) hanno analizzato la forza del vento artico e la climatologia idrografica per dimostrare che i modelli di discesa e risalita Ekman differiscono significativamente dal trasporto meridionale integrato in profondità previsto sulla base dell’equilibrio di Sverdrup. Invece di essere limitato dall’effetto 𝛽, il flusso barotropico che conserva la vorticità potenziale è guidato dalla topografia del fondale marino.
Nel Mare Nordico e nell’Oceano Artico, i contorni di vorticità potenziale q = f∕H (dove H è la profondità dell’acqua) coincidono efficacemente con le isobate perché f è approssimativamente costante. Questi contorni di f∕H (Figura 7a) possono essere visti chiudersi all’interno dei bacini (invece di essere bloccati dalle isobate, come è tipico nei bacini oceanici alle medie latitudini), e i gradienti di vorticità potenziale (diretti attraverso le isolinee di f∕H) sono dominati dalle pendenze topografiche. Si potrebbe aspettare che il flusso integrato in profondità abbia la propensione a conservare q e quindi a seguire la batimetria. Questo è schematizzato nella Figura 8; contorni chiusi idealizzati di f∕H (neri) si trovano interamente all’interno dei bacini artici o includono sia i Mari Nordici che l’Oceano Artico. Questi sono i “binari ferroviari” lungo i quali circola il flusso barotropico, come indicato dalle frecce nella Figura 8. La direzione del flusso lungo i contorni di f∕H dipende dal segno dell’input di vorticità, determinato dal curl dello stress del vento integrato sull’area entro il contorno di q in questione. (Per il teorema di Stokes, questo è equivalente all’integrale dello stress del vento intorno al contorno chiuso).
Essi hanno integrato l’equazione governativa della vorticità su un’area delimitata da un contorno chiuso di f/H e hanno mostrato che il flusso nella regione delimitata varia in concomitanza con la differenza tra il trasporto nello strato Ekman superficiale, guidato dal vento, e quello nello strato Ekman di fondo. Questa rappresenta la modalità barotropica stimolata da venti variabili nel tempo. Si tratta di una soluzione vicina a una modalità libera, dove la modalità libera è quella che segue esattamente i contorni di f/H; in assenza di forzanti eoliche, il flusso che segue f/H continuerà, rallentando infine a causa dell’attrito di fondo (vedi Hughes et al., 1999; LaCasce et al., 2008).
Nøst e Isachsen (2003) hanno sviluppato un modello correlato per il flusso locale utilizzando un bilancio integrato di vorticità in un’area circondata da un contorno di f/H, ma per le velocità di fondo medie temporali dell’Oceano Artico e dei Mari Nordici. Il bilancio stazionario tra input e output di vorticità è dato da una relazione che stabilisce che l’input di vorticità superficiale dal vento all’interno delle superfici di q è bilanciato dallo stress di fondo integrato attorno ai contorni chiusi di q. Collegando lo stress di fondo alla velocità di fondo vb attraverso una legge di attrito lineare, si può riformulare l’equazione per indicare che il flusso in qualsiasi punto lungo un contorno di f/H può essere stimato come il prodotto del ricciolo dello stress del vento di superficie integrato sull’area all’interno del contorno, diviso per la lunghezza L del contorno di q = f/H, e la grandezza della pendenza locale rispetto alla pendenza media del contorno di f/H. Questo significa che la grandezza del gradiente trasversale di vorticità, modula la forza della corrente di fondo. Nøst e Isachsen (2003) hanno dimostrato che questa formulazione corrisponde ragionevolmente alle misurazioni dei flussometri della corrente di fondo nell’Oceano Artico. I flussi superficiali possono quindi essere calcolati dalla previsione della velocità di fondo usando dati idrografici climatologici per determinare lo shear termico del vento dal fondo alla superficie. Tuttavia, si noti che la presenza del ghiaccio marino non è considerata nelle stime degli stress superficiali dell’oceano, sebbene nella sezione 7 si ritorni a discutere il ruolo del ghiaccio marino come controllo sulla dinamica oceanica.
Prendendo in considerazione ciascuno dei contorni chiusi di f/H rappresentati nella Figura 7a, calcoliamo il totale del ricciolo dello sforzo del vento integrato sull’area all’interno di ogni contorno (diviso per la lunghezza del contorno) e lo rappresentiamo graficamente come funzione dell’area racchiusa dal contorno (Figura 7, dove i punti tracciati sono colorati in base alla profondità del contorno di f/H in questione; vedi anche la Figura 13 di Nøst & Isachsen, 2003). La forzatura del vento integrata sull’area per i contorni di f/H che racchiudono sia i Mari Nordici che l’intero bacino artico è ciclonica: è composta da contributi di forte forzatura ciclonica nei Mari Nordici e da una forzatura del vento anticionica relativamente debole nel Bacino Canadese.
In questo contesto, la corrente ciclonica di Acqua Atlantica al confine del Bacino Canadese è spinta dalla forzatura atmosferica ciclonica nei Mari Nordici. Questo è il concetto secondo cui il flusso che segue i contorni di f/H è mosso da stress eolici remoti (esterni all’Oceano Artico), mentre l’attrito di fondo equilibrante si distribuisce in tutto il bacino artico. Il concetto è in linea con uno studio recente sui modelli climatici che suggerisce che un’intensificazione dell’afflusso di Acqua Atlantica nei Mari Nordici e nell’Oceano Artico è correlata al rafforzamento della Bassa Islandese (Årthun et al., 2019).
Il flusso anticionico interno nel Bacino del Canada (ovvero, il Giro del Beaufort), intorno ai contorni chiusi di f/H interamente all’interno del Bacino del Canada, è quindi anch’esso spiegato dalla forzatura del vento anticionica integrata sull’area per i contorni chiusi in quella regione (Figure 7a e 7b). È importante notare che queste idee sono differenti da altre basate su un vincolo integrale della vorticità potenziale (per esempio, Karcher et al., 2007; Yang, 2005), in cui se la vorticità potenziale netta introdotta nel bacino artico attraverso gli ingressi degli stretti è positiva (negativa), il risultato è una circolazione interna ciclonica (anticionica); inoltre, i grandi flussi di galleggiabilità nel Mare di Barents sono una fonte importante di vorticità potenziale.
5.2.1. Influenze dei Vortici (Eddies)
Finora, abbiamo discusso solo un modello in cui la dissipazione dell’energia è limitata allo strato limite inferiore. I flussi di momento angolare laterali dei vortici, le interazioni vortice-topografia e i flussi diapicnali sono stati trascurati. Ad esempio, è stato dimostrato che i flussi di momento angolare laterali dei vortici possono essere almeno altrettanto importanti quanto l’attrito di fondo nel bilanciare la forzatura superficiale (Dewar, 1998), proprio come i flussi di momento angolare dei vortici sinottici mantengono i modelli di vento superficiale nell’atmosfera.
Dewar (1998) presenta un modello analitico stratificato del flusso abissale nell’Atlantico (invocando l’integrazione dell’area intorno ai contorni chiusi di f/H) in cui i flussi dei vortici risultanti dall’instabilità baroclinica sono parametrizzati come diffusione di vorticità potenziale a discesa del gradiente (vedi Marshall et al., 2001), una generalizzazione della diffusione di spessore. Applicato a un modello a due strati forzato da venti anticionici, il pompaggio Ekman indotto dal vento nello strato superiore approfondisce lo strato, che è bilanciato da un flusso di massa dei vortici divergente in quello strato. Nello strato profondo, i vortici mescolano i gradienti di spessore con flussi di massa esterni su un bacino a forma di ciotola e flussi di massa interni su un monte sottomarino (assumendo che l’inclinazione dell’interfaccia isopicnale tra i due strati rimanga piccola rispetto alla pendenza topografica). Questi devono essere bilanciati da flussi nel senso opposto nel confine inferiore; un flusso di massa verso l’interno nel confine inferiore dà origine a una corrente media che tende ad essere ciclonica nel caso del bacino a forma di ciotola, e viceversa. In questo modo, un giro può essere stabilito nello strato profondo, che è ciclonico attorno ai contorni chiusi di f/H in un bacino profondo e anticionico su un monte sottomarino; vale a dire, la direzione di circolazione nello strato profondo dipende dalla batimetria piuttosto che dal segno della forzatura del ricciolo del vento.
L’applicabilità di questa descrizione alla circolazione dell’Acqua Atlantica nell’Artico non è chiara. Il formalismo prevederebbe una circolazione ciclonica nel profondo Giro di Beaufort, mentre le osservazioni indicano che il flusso profondo è nella stessa direzione (cioè, anticionica) della circolazione nell’oceano superiore (ad esempio, Dosser & Timmermans, 2018). Inoltre, nel modello a due strati all’interno di un bacino a forma di ciotola descritto in precedenza, è assente un’inversione dei gradienti di vorticità potenziale orizzontale con la profondità, che è tuttavia una condizione necessaria per l’instabilità baroclinica.
Infine, per quanto riguarda l’influenza dei vortici, è stato mostrato che considerare le interazioni dei vortici con la topografia del fondo marino può dare luogo a una circolazione ciclonica media lungo i contorni di f/H in un bacino profondo, un risultato noto come Effetto Nettuno (Holloway, 1992, 2004) (vedi anche Bretherton & Haidvogel, 1976, che descrivono come i vortici possano indurre una circolazione lungo i contorni di f/H). La circolazione deriva dallo stress generato dalle anomalie di pressione dei vortici correlate con la pendenza del fondale marino. Questo effetto è probabilmente influente sulle velocità di propagazione e la diffusione del flusso ciclonico dell’Acqua Atlantica. Ad esempio, includendo una parametrizzazione dell’Effetto Nettuno in un modello oceanico si ottiene un campo di flusso per l’Oceano Artico che è più coerente con quello inferito dalle osservazioni di tracciatori; il flusso ciclonico complessivo è accentuato attorno ai singoli bacini, più intenso lungo i confini topografici (Nazarenko et al., 1998; Polyakov, 2001).
5.3. Estuario Versus Prospettive f∕H
Abbiamo analizzato i processi che guidano la circolazione dell’Acqua Atlantica nel bacino dell’Oceano Artico e intorno ad esso. Sia il modello dell’estuario, che invoca processi diabatici, sia il modello guidato dal vento seguente f∕H, che richiama la forzatura dinamica da parte dei venti, offrono prospettive importanti. I processi diabatici devono giocare un ruolo essenziale perché l’Acqua Atlantica, entrando nell’Artico, modifica le sue proprietà mentre percorre il bacino. Analogamente, l’apporto di acqua dolce all’Oceano Artico viene modificato prima di uscire dall’Oceano Artico. La forzatura di galleggiamento superficiale, una varietà di meccanismi di mescolamento, e la mescolanza indotta dai vortici hanno tutti un ruolo. Inoltre, i venti, attraverso la forzatura del ricciolo ciclonico sui Mari Nordici, determinano il senso di circolazione attorno ai contorni f∕H e orchestrano l’ingresso nell’Artico. I processi guidati sia dal vento che dalla spinta di galleggiamento lavorano insieme per facilitare l’ingresso e la circolazione dell’Acqua Atlantica nell’Artico, processi che sono indipendenti dalla forza e dalla struttura della Circolazione Meridionale Atlantica (AMOC). Rimane incerto come questo concetto si relazioni agli studi di modellazione. Delworth et al. (2016) esaminano i risultati dei modelli climatici per dedurre una relazione positiva tra la forza dell’AMOC e il trasporto di calore oceanico nel Mare di Barents, attribuendo le fluttuazioni dell’AMOC a cambiamenti nell’Oscillazione Nord Atlantica. Altri studi sui modelli climatici trovano lo stesso risultato per la variabilità climatica interna ma suggeriscono l’opposto sotto il cambiamento climatico (forzatura dei gas serra): il trasporto di calore oceanico verso i Mari Nordici e l’Artico aumenta mentre l’AMOC si indebolisce (Årthun et al., 2019; Oldenburg et al., 2018). Senza dubbio, anche i feedback sulla circolazione atmosferica regionale (ad esempio, il Minimo Islandese) sono importanti.
Coesistendo con il flusso arterioso dell’Acqua Atlantica ci sono modelli superficialmente intensificati, relativamente freddi e freschi, guidati dal vento, nei bacini interni dell’Artico: la Corrente Transpolare e il Giro di Beaufort. Nel modello di Nøst e Isachsen (2003), i venti antociclonici prevalenti stabiliscono la circolazione antociclonica del Giro di Beaufort nel Bacino Canadese (come mostrato dai contorni magenta nella Figura 7a), e l’attrito di fondo equilibra il ricciolo dello stress del vento. Il ruolo dell’attrito di fondo e delle influenze topografiche sul Giro di Beaufort (che talvolta può essere centrato sulla pianura abissale del Bacino del Canada) e sulla dinamica della Corrente Transpolare è meno evidente; in questi sistemi fortemente stratificati e guidati dal vento, la circolazione è maggiormente intensificata in superficie. Ora descriviamo alcune delle caratteristiche fondamentali della Corrente Transpolare, prima di procedere nella sezione 7 alla revisione dello stato attuale della comprensione della dinamica del Giro di Beaufort.