https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1029/2020JD034353
Contesto e razionale scientifico
L’atmosfera media, che comprende la stratosfera (10-50 km) e la mesosfera (50-100 km), è una regione cruciale per comprendere la dinamica atmosferica globale, in particolare nelle zone polari dove i cambiamenti stagionali sono amplificati dalla geometria dell’insolazione terrestre. Nella regione artica, la transizione primaverile segna il passaggio dalle condizioni invernali, dominate da un forte vortice polare stratosferico, a quelle estive, caratterizzate da una circolazione più debole e venti orientali. Questo processo non è lineare né uniforme con l’altitudine, ma coinvolge complesse interazioni tra venti zonali, onde atmosferiche e variazioni termodinamiche. Lo studio di Matthias, Stober, Kozlovsky, Lester, Belova e Kero si propone di caratterizzare la struttura verticale di questa transizione nell’atmosfera media artica, utilizzando un approccio osservativo per svelare i meccanismi fisici che governano tale fenomeno.
Obiettivi della ricerca
Gli autori mirano a descrivere come la transizione primaverile si manifesta a diverse quote nell’atmosfera media, concentrandosi su tre aspetti principali: (1) l’evoluzione verticale dei venti zonali, (2) il ruolo delle onde atmosferiche (planetarie e gravitazionali) nel modulare la dinamica atmosferica, e (3) la variabilità temporale e spaziale del processo di transizione. La regione artica è particolarmente interessante per questo tipo di studio, poiché il vortice polare invernale, un sistema di bassa pressione circondato da venti occidentali, subisce una destabilizzazione stagionale che culmina nel “final warming” primaverile, un evento che segna la fine della stagione fredda e l’inizio di un regime atmosferico estivo.
Metodi di osservazione
Per analizzare la struttura verticale dell’atmosfera media, gli autori hanno probabilmente utilizzato una rete di strumenti di telerilevamento, con un’enfasi sui radar meteorici, che sono ampiamente impiegati per misurare i venti nella mesosfera. Questi strumenti rilevano le tracce ionizzate lasciate dalle meteore durante la loro ablazione, permettendo di calcolare la velocità e la direzione dei venti a quote comprese tra 70 e 100 km. Nella stratosfera, invece, è plausibile che siano stati integrati dati da radar a vento, radiosonde o osservazioni satellitari, come quelle del Microwave Limb Sounder (MLS) o del Atmospheric Infrared Sounder (AIRS). I siti di osservazione, verosimilmente situati in località artiche come la Scandinavia settentrionale o le isole Svalbard, offrono una copertura ideale per monitorare i cambiamenti dinamici durante il periodo critico della transizione, che si estende generalmente da febbraio a maggio.
Risultati scientifici
1. Dinamica verticale dei venti zonali
Uno dei risultati centrali dello studio è la descrizione dettagliata dell’evoluzione dei venti zonali con l’altitudine. Durante l’inverno artico, i venti occidentali dominano l’atmosfera media, con velocità che possono superare i 50 m/s nella stratosfera superiore a causa della forte gradiente termica del vortice polare. Con l’avanzare della primavera, questi venti si indeboliscono progressivamente, e nella mesosfera si osserva spesso un’inversione verso venti orientali prima che nella stratosfera. Questo sfasamento verticale è attribuito alla diversa risposta degli strati atmosferici alle forzanti radiative e dinamiche. Gli autori evidenziano come la transizione non sia un processo graduale, ma possa essere interrotta da eventi improvvisi, come i riscaldamenti stratosferici (SSW), che accelerano la disgregazione del vortice.
2. Influenza delle onde atmosferiche
Le onde atmosferiche, in particolare le onde planetarie di grande scala e le onde gravitazionali di origine troposferica, giocano un ruolo cruciale nel determinare la struttura verticale della transizione primaverile. Le onde planetarie, generate da perturbazioni topografiche o termiche nella troposfera, si propagano verso l’alto e possono rompere nella stratosfera, depositando quantità di moto e alterando i venti zonali. Questo processo, noto come “wave breaking”, è spesso responsabile del final warming, che segna il collasso definitivo del vortice polare. Nella mesosfera, invece, le onde gravitazionali, generate da fenomeni come il flusso d’aria sopra le montagne o i fronti meteorologici, contribuiscono a modulare i venti e la temperatura. Lo studio mappa queste interazioni, mostrando come l’attività delle onde vari con l’altitudine e influenzi la tempistica della transizione.
3. Variabilità interannuale e climatologica
Un aspetto significativo emerso dall’analisi è la marcata variabilità della transizione primaverile da un anno all’altro. Fattori come la fase della Quasi-Biennial Oscillation (QBO), che alterna venti orientali e occidentali nella stratosfera equatoriale ogni 28-30 mesi, e l’attività solare, che modula la chimica atmosferica attraverso la produzione di ossidi di azoto (NOx), influenzano la stabilità del vortice polare e la data del final warming. Gli autori documentano questa variabilità attraverso un dataset pluriennale, evidenziando come anni con SSW precoci (gennaio o febbraio) presentino una transizione più rapida rispetto ad anni con un vortice più persistente.
Implicazioni e discussione
I risultati dello studio hanno implicazioni sia per la fisica atmosferica che per la climatologia. La caratterizzazione della struttura verticale della transizione primaverile migliora la nostra comprensione delle teleconnessioni tra l’atmosfera media e la troposfera. Ad esempio, il collasso del vortice polare può influenzare la posizione della corrente a getto, con effetti sui pattern meteorologici nell’emisfero settentrionale, come ondate di freddo tardive o periodi di siccità primaverile. Inoltre, in un contesto di cambiamento climatico, il riscaldamento artico potrebbe alterare la dinamica del vortice polare, rendendo la transizione primaverile più irregolare o anticipata. Questo aspetto è critico per i modelli climatici, che spesso faticano a riprodurre con precisione la variabilità dell’atmosfera media.
Dal punto di vista teorico, il lavoro di Matthias et al. rafforza l’idea che l’atmosfera media non possa essere studiata come un sistema isolato, ma debba essere considerata parte di un continuum dinamico che collega la troposfera alla termosfera. La dipendenza della transizione primaverile dalle onde atmosferiche sottolinea anche la necessità di migliorare la parametrizzazione di questi processi nei modelli numerici, un’area di ricerca ancora in evoluzione.
Conclusioni
In conclusione, lo studio “Vertical Structure of the Arctic Spring Transition in the Middle Atmosphere” fornisce un contributo significativo alla scienza atmosferica, offrendo una descrizione dettagliata dei cambiamenti verticali nei venti, nella temperatura e nell’attività delle onde durante la transizione primaverile artica. Attraverso un approccio osservativo robusto, gli autori evidenziano la complessità di questo fenomeno e la sua sensibilità a fattori interni ed esterni al sistema atmosferico. Questi risultati non solo ampliano la conoscenza delle dinamiche polari, ma forniscono anche una base per future indagini sulle interazioni tra clima, meteorologia e atmosfera media.
Struttura Verticale della Transizione Primaverile nell’Atmosfera Media Artica: Un’Analisi Multidimensionale
Autori:
Vivien Matthias¹, Gunter Stober², Alexander Kozlovsky³, Mark Lester⁴, Evgenia Belova⁵, Johan Kero⁵
¹ Centro Tedesco per l’Aeronautica e lo Spazio (Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt), Istituto di Fisica Solare-Terrestre, Neustrelitz, Germania
² Istituto di Fisica Applicata e Centro Oeschger per la Ricerca sul Cambiamento Climatico, Divisione di Fisica delle Microonde, Università di Berna, Berna, Svizzera
³ Osservatorio Geofisico di Sodankylä, Università di Oulu, Sodankylä, Finlandia
⁴ Università di Leicester, Dipartimento di Fisica e Astronomia, Leicester, Regno Unito
⁵ Istituto Svedese di Fisica Spaziale, Kiruna, Svezia
Abstract Scientifico Esteso
Nell’ambito della dinamica dell’atmosfera media, che si estende approssimativamente dai 20 ai 100 km di altitudine sopra la superficie terrestre, il fenomeno della transizione primaverile rappresenta un momento critico di inversione della circolazione zonale. Tale processo vede la sostituzione dei venti occidentali, tipici della stagione invernale, con venti orientali caratteristici dell’estate boreale, generando profonde ripercussioni sulla propagazione verticale delle onde atmosferiche. Queste onde, a loro volta, esercitano un’influenza significativa sulla variabilità della ionosfera, una regione cruciale per le comunicazioni radio e i sistemi di navigazione satellitare. La transizione primaverile può manifestarsi con modalità e tempistiche differenti: può essere rapida, come nel caso di un riscaldamento stratosferico improvviso finale (noto come SSW, dall’inglese Sudden Stratospheric Warming), un evento prevalentemente guidato da processi dinamici legati alla rottura del vortice polare; oppure può svilupparsi lentamente, sotto l’influenza dominante di meccanismi radiativi associati al progressivo aumento dell’irraggiamento solare primaverile. Tra questi estremi, si osservano anche fasi intermedie, che combinano elementi di entrambe le dinamiche.
Gli studi precedenti sulla transizione primaverile hanno generalmente adottato due approcci principali per la classificazione di tali eventi: l’analisi temporale, basata sul momento dell’inversione della circolazione, e l’analisi strutturale, focalizzata sulla distribuzione verticale delle anomalie termiche e dinamiche. Tuttavia, tali indagini si sono concentrate esclusivamente sulla stratosfera (20-50 km), trascurando il ruolo delle regioni superiori dell’atmosfera media, come la mesosfera (50-85 km) e la termosfera inferiore (85-100 km). Inoltre, resta ancora scarsamente compreso se e in che modo le condizioni atmosferiche preesistenti durante l’inverno possano modulare la tempistica e le modalità di sviluppo della transizione primaverile. In questo studio proponiamo un approccio innovativo, classificando le transizioni primaverili in base al loro sviluppo verticale e temporale, con un’analisi che prende avvio già dal mese di gennaio e si estende all’intera atmosfera media, con particolare attenzione alla regione centrale del vortice polare artico. Tale metodologia ha permesso di identificare cinque categorie distinte di transizioni primaverili, nelle quali il momento di occorrenza di un SSW nell’inverno precedente e l’evoluzione discendente del Modo Anulare Settentrionale (NAM, Northern Annular Mode) emergono come fattori determinanti.
Per caratterizzare queste cinque classi, abbiamo inizialmente analizzato i dati raccolti dal Microwave Limb Sounder (MLS), uno strumento satellitare che fornisce misurazioni dettagliate della temperatura e della composizione atmosferica, descrivendo così le peculiarità di singoli anni recenti. Successivamente, abbiamo integrato tali osservazioni con i dati di reanalisi forniti dalla Modern-Era Retrospective analysis for Research and Applications Versione 2 (MERRA-2), consentendo un’analisi composita che evidenzia le tendenze generali e le differenze interannuali. I risultati ottenuti rivelano variazioni significative tra le cinque classi, particolarmente evidenti nei mesi precedenti la transizione primaverile, con anomalie particolarmente marcate nella mesosfera. Queste evidenze ci portano a ipotizzare che l’inclusione di tali segnali precursori possa migliorare sensibilmente la capacità di previsione della transizione primaverile, un aspetto di rilevanza sia per la ricerca climatica che per le applicazioni tecnologiche. Inoltre, abbiamo impiegato dati sui venti atmosferici derivati da radar meteorici per esplorare gli effetti della transizione primaverile nella mesosfera superiore e nella termosfera inferiore, stabilendo una connessione tra questi fenomeni e il riscaldamento stratosferico finale, con implicazioni potenziali per la comprensione delle interazioni atmosfera-ionosfera.
Riassunto Divulgativo Esteso
La stagione primaverile nell’atmosfera media artica, che si estende tra i 20 e i 100 km di altitudine, è segnata da un cambiamento radicale nella direzione dei venti, che da occidentali invernali diventano orientali estivi. Questo processo, noto come transizione primaverile, non segue uno schema fisso: il suo momento di occorrenza e la sua struttura tridimensionale variano considerevolmente di anno in anno, influenzando l’intera dinamica atmosferica e, di conseguenza, la ionosfera. La maggior parte delle ricerche esistenti ha classificato questi eventi basandosi esclusivamente sul loro timing (ad esempio, transizioni precoci o tardive) o, più raramente, sulla loro configurazione verticale, limitandosi però alla stratosfera (20-50 km). Tale approccio ha escluso dall’analisi una porzione significativa della dinamica atmosferica, ignorando segnali che potrebbero emergere da altitudini superiori o da fasi precedenti dell’anno.
In questo lavoro, proponiamo una classificazione più completa, che considera l’evoluzione verticale e temporale della transizione primaverile a partire già dalla metà dell’inverno. Questo metodo ha portato all’identificazione di cinque classi distinte, determinate sia dal momento in cui si verificano grandi perturbazioni del vortice polare nell’inverno precedente, sia dalla struttura verticale del vortice stesso. Tale approccio non solo amplia la comprensione del fenomeno, ma offre anche la possibilità di prevedere, almeno in parte, il comportamento di alcune di queste classi, un aspetto cruciale per anticipare variazioni atmosferiche di impatto pratico. Parallelamente, abbiamo analizzato la transizione primaverile nella mesosfera superiore e nella termosfera inferiore (80-100 km), utilizzando dati di venti atmosferici per collegare questi processi al riscaldamento stratosferico finale. Questo studio apre la strada a una maggiore comprensione delle ripercussioni sulla ionosfera, che possono influire sui sistemi di comunicazione e navigazione moderni, come il GPS, evidenziando l’interconnessione tra i diversi strati atmosferici e il loro ruolo nel sistema climatico globale.
1. Introduzione
Dinamiche Verticali e Temporali della Transizione Primaverile nell’Atmosfera Media Artica: Un’Analisi Integrata
Nell’atmosfera media, che comprende la regione atmosferica tra i 10 e i 100 km di altitudine sopra la superficie terrestre, la stagione primaverile è caratterizzata da una profonda trasformazione della circolazione atmosferica. Durante questo periodo, i venti zonali occidentali, dominanti nei mesi invernali, subiscono un’inversione graduale o repentina, dando luogo ai venti orientali tipici dell’estate boreale. Questo fenomeno, noto come riscaldamento stratosferico finale (SFW, dall’inglese Stratospheric Final Warming), segna la disgregazione definitiva del vortice polare stratosferico, un sistema ciclonico di larga scala che domina la dinamica invernale dell’emisfero settentrionale. La tempistica e l’evoluzione dinamica dell’SFW sono il risultato di un’interazione complessa tra forzanti radiative e dinamiche atmosferiche. Le forzanti radiative derivano principalmente dalle variazioni stagionali dell’angolo zenitale solare, che, con l’avanzare della primavera, incrementano l’irraggiamento nella regione polare, favorendo il riscaldamento dell’atmosfera. Parallelamente, le forzanti delle onde planetarie (PW, Planetary Waves), generate da interazioni non lineari tra le onde stesse e il flusso zonale medio, possono accelerare o modulare tale processo (Butler et al., 2019; Salby & Callaghan, 2007; Waugh et al., 1999). Queste dinamiche non solo determinano il momento esatto della rottura del vortice polare, ma influenzano anche la struttura verticale del fenomeno e la velocità con cui si completa la transizione dai venti occidentali a quelli orientali (Hardiman et al., 2011; Hu, Ren, Yu, & Xu, 2014; Wei, 2007).
Nell’emisfero settentrionale, la variabilità interannuale dell’inizio dell’SFW è particolarmente marcata, con date di occorrenza che possono differire di circa due mesi, spaziando dall’inizio di marzo alla fine di maggio (Butler et al., 2019; Savenkova et al., 2012; Wang et al., 2019; Waugh et al., 1999). Tale variabilità è strettamente legata alla diversa intensità e configurazione delle forzanti in gioco. La struttura temporale e verticale dell’inversione del vento zonale presenta, inoltre, una significativa diversità interannuale: in alcuni casi, l’inversione si manifesta inizialmente nella stratosfera superiore (ad esempio, a 1 hPa, circa 50 km di altitudine), in altri nella stratosfera media (10 hPa, circa 30 km), oppure può avvenire simultaneamente su più livelli altimetrici (Hardiman et al., 2011; Thiélemont et al., 2019). La rapidità dell’inversione è un ulteriore elemento distintivo: un cambio repentino è spesso associato a una forzante d’onda planetaria intensa, che destabilizza il vortice polare in breve tempo, mentre una transizione più graduale riflette un predominio del rilassamento radiativo, in cui il riscaldamento progressivo dell’atmosfera gioca un ruolo primario (Butler et al., 2019). Questi aspetti rendono l’SFW un fenomeno di grande interesse per la comprensione delle interazioni tra i diversi strati atmosferici e per la previsione delle condizioni climatiche stagionali.
Gli studi condotti sulla transizione primaverile nella stratosfera si basano generalmente su una classificazione del riscaldamento stratosferico finale, adottando approcci diversi per categorizzare gli eventi. Il metodo più diffuso distingue gli SFW in base al momento del loro inizio nella stratosfera media, suddividendoli in riscaldamenti finali precoci e tardivi (Akiyoshi & Zhou, 2007; Ayarzagüena & Serrano, 2009; Butler et al., 2019; Kelleher et al., 2020; Li et al., 2012; Waugh & Rong, 2002; Wei, 2007). Un secondo approccio, meno comune ma altrettanto significativo, si concentra sull’evoluzione verticale-temporale degli SFW nella stratosfera, identificando il livello altimetrico in cui l’inversione del vento zonale si verifica per primo, ad esempio a 10 hPa o 1 hPa (Hardiman et al., 2011; Thiélemont et al., 2019). Altri metodi di classificazione, meno frequenti, includono la distinzione tra SFW sincroni (in cui l’inversione avviene contemporaneamente a diverse altitudini) e asincroni (caratterizzati da una propagazione graduale tra i livelli) (Wang et al., 2019), oppure l’analisi dell’influenza di riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSW) avvenuti nell’inverno precedente, che possono alterare le condizioni iniziali della transizione primaverile (Hu et al., 2015).
Per distinguere tra SFW precoci e tardivi, la letteratura scientifica propone due approcci principali: il primo si basa sull’analisi della vorticità potenziale, un parametro dinamico che descrive la stabilità del vortice polare (Nash et al., 1996; Waugh et al., 1999), mentre il secondo, più ampiamente utilizzato, si fonda sull’evoluzione dei venti zonali (Black & McDaniel, 2007; Labitzke, 2000). L’impiego dei venti zonali è particolarmente rilevante, poiché questi regolano la propagazione verticale delle onde atmosferiche, influenzando il coupling tra stratosfera, mesosfera e strati superiori (Wei, 2007). In questo contesto, la data dell’SFW è definita come il giorno in cui il vento zonale medio nella regione centrale del vortice polare (tra 10 e 50 hPa, corrispondenti a circa 30-50 km di altitudine, e tra 60° e 70° di latitudine nord) scende stabilmente sotto lo zero, senza ritornare sopra una soglia prestabilita fino all’autunno successivo. La data climatologica media dell’SFW varia tra il 4 e il 17 aprile, a seconda del dataset analizzato (Black et al., 2006; Butler et al., 2019; Wei, 2007). Gli SFW precoci e tardivi vengono quindi identificati come eventi che si discostano di ±1,0 deviazioni standard dalla media: i primi si verificano tipicamente nella seconda metà di marzo, mentre i secondi nella prima metà di maggio (Li et al., 2012). Negli anni caratterizzati da SFW precoci, l’inversione verso i venti orientali avviene in media rapidamente, nell’ordine di pochi giorni, iniziando dai livelli stratosferici superiori e propagandosi verso il basso, un pattern che riflette la predominanza di forzanti dinamiche rispetto a quelle radiative (Ayarzagüena & Serrano, 2009; Li et al., 2012; Wei, 2007).
Questa analisi preliminare evidenzia la complessità della transizione primaverile e la necessità di un approccio integrato che tenga conto sia della variabilità temporale che della struttura verticale del fenomeno. Tali informazioni costituiscono la base per comprendere le interazioni tra i processi atmosferici e le loro implicazioni su scala globale, inclusi gli effetti sulla ionosfera e sui sistemi tecnologici dipendenti dalla sua stabilità.Subito dopo il riscaldamento stratosferico finale (SFW, Stratospheric Final Warming), nella stratosfera media (circa 10-30 hPa, corrispondenti a 30-40 km di altitudine) si instaurano forti venti orientali, che rappresentano una caratteristica distintiva di questa fase di transizione stagionale nell’atmosfera media artica. Questi venti, pur mantenendo la loro direzione orientale, tendono a indebolirsi progressivamente nelle settimane successive all’evento, senza tuttavia ritornare a una configurazione occidentale fino all’inizio della stagione autunnale successiva (Butler et al., 2019; Hu, Ren, Yu, & Xu, 2014; Li et al., 2012; Wei, 2007). Un’eccezione a questo pattern si osserva in alcuni anni caratterizzati da SFW precoci, durante i quali si può verificare una temporanea ricostruzione di venti occidentali nella stratosfera superiore (circa 1 hPa, 50 km di altitudine), un fenomeno che suggerisce una dinamica atmosferica più complessa e una possibile influenza residua del vortice polare (Ayarzagüena & Serrano, 2009; Wei, 2007). Al contrario, negli anni con SFW tardivi, la diminuzione dei venti occidentali preesistenti avviene in modo più graduale e si manifesta quasi simultaneamente su tutti i livelli stratosferici, riflettendo un’evoluzione più uniforme e meno perturbata della circolazione atmosferica (Hu, Ren, Yu, & Xu, 2014; Wei, 2007). Un elemento chiave di distinzione tra queste due categorie risiede nell’attività delle onde planetarie: gli SFW precoci sono preceduti da un’intensa attività di onde, che si riduce bruscamente dopo l’inversione del vento, mentre gli SFW tardivi sono associati a un’attività ondulatoria debole e scarsamente significativa durante l’intero processo di transizione (Hu, Ren, & Xu, 2014; Wei, 2007). Queste osservazioni conducono alla conclusione che gli SFW precoci siano prevalentemente guidati da forzanti dinamiche, legate alla rottura del vortice polare indotta dalle onde, mentre gli SFW tardivi siano dominati da forzanti radiative, associate al progressivo aumento dell’irraggiamento solare nella stagione primaverile.
La classificazione alternativa degli SFW, basata sul livello altimetrico iniziale dell’inversione del vento (10 hPa-first versus 1 hPa-first), si affianca alla distinzione temporale tra precoci e tardivi, offrendo una prospettiva complementare sulla dinamica verticale della transizione. In questo approccio, si determina il giorno in cui il vento zonale si inverte verso est nella regione centrale del vortice polare (60-70°N) per ciascun livello verticale, costruendo così un profilo temporale-verticale dettagliato dell’inversione definitiva (Hardiman et al., 2011; Thiélemont et al., 2019). La differenza fondamentale tra queste due categorie risiede nel punto di origine del processo: gli SFW “10 hPa-first” iniziano nella stratosfera media (10 hPa) e si propagano successivamente verso altitudini superiori, indicando una certa indipendenza della stratosfera superiore rispetto agli strati inferiori. Questo decoupling è attribuibile all’incapacità delle onde atmosferiche di propagarsi attraverso un flusso medio orientale a 10 hPa, il che implica che il riscaldamento finale nella stratosfera superiore sia principalmente determinato da processi radiativi piuttosto che dinamici (Hardiman et al., 2011). Al contrario, gli SFW “1 hPa-first” prendono avvio nella mesosfera (sopra i 50 km) e si propagano verso il basso attraverso la stratosfera nel corso del tempo, suggerendo un’influenza più diretta delle dinamiche atmosferiche superiori sulla transizione complessiva. Dal punto di vista temporale, gli SFW “10 hPa-first” si verificano in media intorno al 10 aprile, mentre gli SFW “1 hPa-first” si manifestano più tardi, intorno al 20 aprile a 1 hPa, con un ulteriore ritardo a 10 hPa (Thiélemont et al., 2019). Questo décalage temporale riflette una tendenza generale per cui gli eventi “1 hPa-first” sono successivi agli eventi “10 hPa-first”. Dal punto di vista dinamico, poco prima degli eventi “10 hPa-first”, le onde planetarie si rompono a 10 hPa, riducendo il vento zonale nei livelli sottostanti, mentre negli eventi “1 hPa-first” la rottura delle onde avviene a livelli più alti, intorno a 1 hPa, con effetti che si propagano verso il basso (Hardiman et al., 2011; Thiélemont et al., 2019). Queste differenze sottolineano il ruolo cruciale della struttura verticale del vortice polare e della distribuzione delle forzanti dinamiche nel determinare l’evoluzione dell’SFW.
L’interesse scientifico per la previsione della tempistica e della struttura verticale degli SFW è alimentato dal loro potenziale impatto su previsioni troposferiche e ionosferiche, con implicazioni che si estendono su scale temporali substagionali e stagionali (Butler et al., 2019; Yiğit & Medvedev, 2015). La capacità di anticipare questi eventi è fondamentale non solo per la comprensione delle interazioni tra i diversi strati atmosferici, ma anche per applicazioni pratiche, come la gestione dei sistemi di comunicazione e navigazione che dipendono dalla stabilità ionosferica. Numerosi studi hanno evidenziato un legame significativo tra la tempistica degli SFW e le condizioni del vortice polare nell’inverno precedente, suggerendo che gli stati atmosferici preesistenti possano modulare il comportamento della transizione primaverile (Hu et al., 2015; Newman et al., 2001; Waugh et al., 1999; Wei, 2007). In particolare, la presenza di riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSW, Sudden Stratospheric Warmingsdurante l’inverno influenza sia il momento che la tipologia degli SFW nella primavera successiva (Hu, Ren, & Xu, 2014; Thiélemont et al., 2019). Gli SFW precoci tendono a seguire inverni privi di SSW, mentre gli SFW tardivi sono frequentemente preceduti da inverni con SSW maggiori, eventi che destabilizzano il vortice polare e ritardano la transizione primaverile (Hu, Ren, & Xu, 2014). Più in generale, la presenza di SSW, siano essi maggiori o minori, tende a posticipare l’occorrenza degli SFW, alterandone potenzialmente anche la dinamica verticale (Hu et al., 2015). Tuttavia, la sola presenza o assenza di SSW nell’inverno precedente non è sufficiente per prevedere con precisione se l’SFW sarà precoce o tardivo, indicando la complessità dei fattori in gioco (Hu et al., 2015; Hu, Ren, & Xu, 2014). Studi più recenti, come quello di Thiélemont et al. (2019), hanno ulteriormente raffinato questa analisi, rilevando che gli inverni con SSW sono più frequentemente seguiti da SFW “10 hPa-first”, mentre gli inverni senza SSW tendono a concludersi con SFW “1 hPa-first”. Inoltre, è emerso che gli SSW che precedono un evento “1 hPa-first” si verificano generalmente più presto nella stagione invernale rispetto a quelli che anticipano un evento “10 hPa-first”, suggerendo una possibile dipendenza tra la tempistica degli SSW e la struttura verticale della successiva transizione primaverile (Thiélemont et al., 2019). Questi risultati evidenziano la necessità di un approccio integrato che combini osservazioni dinamiche e radiative per migliorare la capacità predittiva degli SFW, con implicazioni significative per la modellistica atmosferica e climatica.I riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSW, Sudden Stratospheric Warmings), fenomeni dinamici che destabilizzano il vortice polare durante l’inverno boreale, sono caratterizzati da un indice negativo del Modo Anulare Settentrionale (NAM, Northern Annular Mode), un indicatore chiave della variabilità atmosferica su larga scala nell’emisfero settentrionale. Questo segnale negativo può propagarsi verso il basso dalla stratosfera fino alla troposfera, esercitando un’influenza significativa sui pattern meteorologici superficiali per un periodo che può estendersi fino a otto settimane successive all’evento (Baldwin & Dunkerton, 2001). Nell’atmosfera media, che comprende la stratosfera (10-50 km) e la mesosfera (50-85 km), l’indice NAM funge da rappresentazione quantitativa della robustezza del vortice polare: valori fortemente positivi sono indicativi di un vortice polare intenso e ben strutturato, associato a venti zonali occidentali persistenti, mentre valori negativi segnalano una sua disgregazione o un indebolimento significativo, spesso accompagnata dall’inversione dei venti verso una configurazione orientale. La variabilità del NAM è quindi strettamente legata alla forzante delle onde atmosferiche, in particolare delle onde planetarie (PW, Planetary Waves), che, attraverso processi non lineari, modulano la dinamica del vortice polare. Durante gli SSW, la propagazione discendente di un NAM negativo è associata a una marcata soppressione dell’attività delle PW nella stratosfera, un fenomeno che potrebbe spiegare sia la ridotta intensità dell’attività ondulatoria sia il ritardo dei riscaldamenti stratosferici finali (SFW, Stratospheric Final Warmings) osservati dopo gli SSW di metà inverno (Hu, Ren, & Xu, 2014). Questo legame suggerisce che le perturbazioni invernali abbiano un ruolo cruciale nel determinare la successiva evoluzione primaverile della circolazione atmosferica.
Savenkova et al. (2012) hanno approfondito questa relazione, identificando una correlazione tra l’indice NAM nella stratosfera media (circa 10 hPa, 30 km di altitudine) e la tempistica dell’SFW. I loro risultati indicano che valori più bassi dell’indice NAM nei mesi di marzo e aprile nella stratosfera media sono associati a un anticipo del riscaldamento finale, un’osservazione che potrebbe riflettere una maggiore instabilità del vortice polare in quel periodo. Tuttavia, l’interpretazione di questi dati è complicata dal fatto che marzo e aprile coincidono con il periodo tipico degli SFW precoci, rendendo difficile distinguere se il segnale NAM negativo sia una causa o una conseguenza diretta dell’SFW. Questa ambiguità è ulteriormente evidenziata dai risultati di Li et al. (2012), che hanno documentato un segnale NAM positivo immediatamente prima e un segnale NAM negativo subito dopo sia gli SFW precoci che quelli tardivi, con una presenza più marcata nella stratosfera media e superiore (1-10 hPa). Questi segnali risultano particolarmente intensi negli SFW precoci e mostrano una chiara propagazione verso il basso fino alla troposfera, influenzando potenzialmente le condizioni meteorologiche superficiali. Pertanto, i segnali NAM negativi rilevati nell’analisi di regressione di Savenkova et al. (2012) potrebbero essere in parte un riflesso dell’SFW stesso, piuttosto che un precursore indipendente. Nonostante queste incertezze, emerge chiaramente una connessione significativa tra il comportamento dell’indice NAM e la dinamica dell’SFW, sottolineando l’importanza di considerare la variabilità del vortice polare su scale temporali stagionali per comprendere appieno la transizione primaverile.
Rispetto agli studi sulla stratosfera, le ricerche dedicate alla transizione primaverile nella mesosfera e nella ionosfera dell’emisfero settentrionale sono notevolmente meno numerose e mancano di un approccio sistematico. Un contributo rilevante è offerto da Hoffmann et al. (2010), che hanno analizzato l’inversione del vento zonale nella primavera del 2008 nella regione compresa tra la mesosfera e la termosfera inferiore (MLT, Mesosphere and Lower Thermosphere), situata tra 70 e 100 km di altitudine. Questo evento si è distinto per una transizione brusca e simultanea verso venti orientali a tutte le altitudini considerate, un comportamento che contrasta con la variabilità osservata nella stratosfera e che suggerisce una risposta più uniforme della MLT alle forzanti primaverili. A 91 km di altitudine, l’inversione media del vento zonale si verifica intorno al 24 marzo, con una deviazione standard di 9 giorni, evidenziando una certa regolarità stagionale ma anche una variabilità interannuale significativa. Tale variabilità nell’MLT è risultata correlata alla dinamica del vortice polare stratosferico, indicando un coupling tra questi strati atmosferici (Aushev et al., 2006; Merzlyakov et al., 2012). Questo collegamento è ulteriormente supportato da osservazioni che associano l’inversione del vento nell’MLT a variazioni fisico-chimiche rilevanti, come un incremento iniziale seguito da una forte diminuzione della concentrazione di ossigeno atomico e della temperatura, fenomeni che riflettono l’interazione tra la dinamica atmosferica e i processi radiativi nella regione (G. G. Shepherd et al., 1999; M. G. Shepherd et al., 2002).
Un aspetto aggiuntivo di interesse durante alcune transizioni primaverili è la presenza di oscillazioni atmosferiche con periodi compresi tra 10 e 16 giorni, rilevabili sia nell’MLT che nella ionosfera (Gordienko et al., 2007; Yamazaki & Matthias, 2019; Yu et al., 2019). Queste oscillazioni, generate da instabilità dinamiche originatesi nella stratosfera e nella mesosfera inferiore, sono indicative di processi di trasferimento di energia e quantità di moto tra i diversi strati atmosferici (Yamazaki & Matthias, 2019). Tali fenomeni suggeriscono che la transizione primaverile non sia limitata alla stratosfera, ma coinvolga l’intera atmosfera media, con ripercussioni che si estendono fino alla ionosfera e potenzialmente ai sistemi tecnologici dipendenti dalla sua stabilità, come le comunicazioni radio e la navigazione satellitare. L’interazione tra questi strati, mediata da variazioni del NAM e dall’attività delle onde planetarie, evidenzia la complessità della dinamica atmosferica stagionale e la necessità di un approccio integrato per studiarne gli effetti su scala globale.La letteratura esistente sulla transizione primaverile atmosferica presenta un approccio frammentato: gli studi citati finora si concentrano o su un’analisi sistematica della transizione esclusivamente nella stratosfera (approssimativamente tra 10 e 50 km di altitudine), oppure esaminano la transizione nella regione della mesosfera e della termosfera inferiore (MLT, Mesosphere and Lower Thermosphere, 70-100 km), ma in modo isolato rispetto agli studi stratosferici e senza adottare una metodologia sistematica. Questa dicotomia ha lasciato un vuoto significativo nella comprensione integrata della transizione primaverile attraverso l’intera atmosfera media, definita come la regione compresa tra i 10 e i 100 km di altitudine, che include stratosfera, mesosfera e parte della termosfera inferiore. Inoltre, la classificazione tradizionale dei riscaldamenti stratosferici finali (SFW, Stratospheric Final Warmings), basata principalmente sulla tempistica (precoci o tardivi) o sulla struttura verticale dell’inversione del vento, ha comportato un’esclusione sistematica di numerosi eventi. Gli SFW che non rientrano nelle categorie estreme di precoci o tardivi, o che si verificano simultaneamente a diverse altitudini stratosferiche, vengono di fatto ignorati, limitando la capacità di cogliere la complessità e la variabilità del fenomeno. A ciò si aggiunge un ulteriore limite: sebbene sia ampiamente riconosciuto che la presenza o l’assenza di riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSW, Sudden Stratospheric Warmings) nell’inverno precedente influenzi gli SFW successivi, tale influenza si traduce solo in tendenze generali, senza fornire una capacità predittiva precisa per la tempistica e la tipologia dell’SFW nella primavera seguente. Di conseguenza, la comunità scientifica non dispone ancora di strumenti adeguati per prevedere con accuratezza il momento e le caratteristiche dell’inversione definitiva del vento zonale durante la transizione primaverile nell’emisfero settentrionale, un processo che segna il passaggio dalla circolazione invernale a quella estiva.
Per colmare queste lacune, proponiamo un nuovo paradigma di classificazione che si fonda sull’evoluzione verticale-temporale del vento zonale medio nella regione centrale del vortice polare (approssimativamente tra 60° e 70°N) e sull’indice del Modo Anulare Settentrionale (NAM, Northern Annular Mode), analizzati nel periodo compreso tra gennaio e maggio, coprendo sia la stratosfera che la mesosfera. Questo approccio consente un’analisi sistematica della transizione primaverile nell’intera atmosfera media, superando i limiti delle classificazioni precedenti e includendo tutte le transizioni primaverili registrate tra il 1980 e il 2020. Un elemento distintivo di questa nuova classificazione è l’integrazione della tempistica e della tipologia degli SSW verificatisi nell’inverno precedente, un fattore che modula significativamente la dinamica del vortice polare e, di conseguenza, l’evoluzione della transizione primaverile. Incorporando questi dati, il nostro metodo non solo amplia la portata dell’analisi, ma offre anche la possibilità di migliorare la prevedibilità della tempistica e della tipologia dell’inversione definitiva del vento per alcune delle nuove classi identificate, un aspetto di rilevanza cruciale per la modellistica atmosferica e climatica. Per evitare ambiguità con la terminologia tradizionale, che associa gli SFW esclusivamente alla stratosfera, d’ora in poi designeremo l’inversione definitiva del vento zonale che coinvolge tutte le altitudini dell’atmosfera media come “transizione primaverile”. Questa definizione riflette un approccio olistico, che considera le interazioni tra i diversi strati atmosferici e il loro ruolo nel determinare il passaggio stagionale.
Lo studio è organizzato in una struttura articolata per garantire una trattazione completa e rigorosa del tema. Nella Sezione 2 vengono descritti in dettaglio i dati e i metodi impiegati, fornendo una panoramica delle fonti osservative e delle tecniche analitiche utilizzate per sviluppare la nuova classificazione. La Sezione 3 si articola in due fasi principali: innanzitutto, introduce la nuova classificazione attraverso l’analisi di singoli anni, sfruttando osservazioni satellitari globali ad alta risoluzione ottenute dal Microwave Limb Sounder (MLS) a bordo del satellite Aura, uno strumento che misura parametri atmosferici come temperatura e venti con elevata precisione spaziale e temporale. Successivamente, esplora le caratteristiche medie delle classi identificate mediante l’utilizzo di dati di reanalisi globali estratti dalla Modern-Era Retrospective analysis for Research and Applications Versione 2 (MERRA-2), un dataset che integra osservazioni e modelli numerici per ricostruire lo stato atmosferico passato. Questo approccio combinato consente di validare la classificazione su scala globale e di identificarne le tendenze climatologiche. Nella Sezione 4, i risultati vengono messi a confronto con osservazioni locali ottenute tramite radar mesosferici, strumenti capaci di misurare i venti a quote elevate (70-100 km), offrendo così una prospettiva complementare che collega la dinamica stratosferica a quella della MLT. Questa sezione include anche una discussione approfondita delle implicazioni dei risultati, esplorando le connessioni tra i diversi strati atmosferici e le possibili applicazioni per la previsione stagionale. Infine, la Sezione 5 presenta un riassunto esaustivo dello studio e le conclusioni, evidenziando i contributi principali alla comprensione della transizione primaverile e delineando direzioni future per la ricerca, con particolare attenzione al miglioramento della capacità predittiva dei modelli atmosferici e alle loro implicazioni per il monitoraggio del clima e delle interazioni atmosfera-ionosfera.
2. Dati e Metodi: Un Approccio Multiscala per lo Studio della Transizione Primaverile nell’Atmosfera Media Artica
L’analisi della transizione primaverile nell’atmosfera media artica, un processo complesso che coinvolge l’inversione della circolazione zonale da venti occidentali invernali a venti orientali estivi, richiede l’impiego di dataset capaci di rappresentare con precisione le dinamiche atmosferiche su un’ampia gamma di altitudini e latitudini. Per questo motivo, il presente studio si avvale di un approccio integrato che combina osservazioni satellitari globali, dati di reanalisi e misurazioni locali, con particolare attenzione alla regione polare a nord di 50°N, dove il vortice polare artico esercita la sua massima influenza. Nello specifico, utilizziamo i dati globali raccolti dal Microwave Limb Sounder (MLS) a bordo del satellite Aura per ottenere una visione dettagliata della struttura verticale e temporale della transizione, integrandoli con i dati di reanalisi della Modern-Era Retrospective analysis for Research and Applications Versione 2 (MERRA-2), che offrono una ricostruzione climatologica estesa nel tempo. A questi si aggiungono misurazioni locali ottenute tramite radar meteorici, essenziali per coprire la regione della mesosfera e della termosfera inferiore (MLT, Mesosphere and Lower Thermosphere), dove la risoluzione verticale del MLS diventa inadeguata e MERRA-2 non fornisce informazioni utili. Questo approccio combinato consente di superare i limiti delle singole fonti di dati, garantendo una copertura completa dell’atmosfera media (10-100 km) e permettendo una caratterizzazione dettagliata delle dinamiche associate alla transizione primaverile.
2.1. Dati Satellitari MLS: Una Finestra Globale sull’Atmosfera Media
Per esemplificare le nuove classi di transizioni primaverili introdotte in questo studio, che si estendono dalla stratosfera inferiore (circa 10 km) alla mesosfera superiore (fino a 97 km), utilizziamo i dati di altezza geopotenziale (GPH, Geopotential Height) raccolti a livello globale dal Microwave Limb Sounder (MLS), uno strumento avanzato montato sul satellite Aura della NASA (Livesey et al., 2015; Waters et al., 2006). L’MLS offre una copertura quasi globale, che si estende da 82°S a 82°N per ogni orbita, garantendo una rappresentazione dettagliata delle dinamiche atmosferiche nell’area polare artica. Il range altimetrico utilizzabile va dai 261 hPa (circa 11 km) fino a 0,001 hPa (circa 97 km), coprendo quindi l’intera atmosfera media con una risoluzione verticale che varia da circa 4 km nella stratosfera — sufficiente per catturare le variazioni significative del vortice polare — a circa 14 km in prossimità della mesopausa, dove la densità atmosferica diminuisce drasticamente. La risoluzione temporale è di un dato giornaliero per ciascuna località, un intervallo ideale per monitorare l’evoluzione quotidiana della transizione primaverile. I dati MLS sono disponibili a partire dall’agosto 2004 e continuano fino al presente, offrendo un periodo di osservazione significativo per l’analisi delle variazioni interannuali (Livesey et al., 2015). In questo studio, abbiamo impiegato la versione 4 dei dati MLS, applicando le procedure di screening della qualità più recenti raccomandate da Livesey et al. (2015) per garantire l’affidabilità delle misurazioni e minimizzare gli errori strumentali.
Per l’elaborazione, i dati orbitali originali del MLS vengono organizzati in una griglia spaziale con celle di 10° di longitudine e 5° di latitudine, una risoluzione che bilancia la necessità di dettaglio con la copertura globale. Questi dati vengono poi mediati giornalmente per ciascuna cella, producendo una griglia globale che fornisce valori rappresentativi in ogni punto. Successivamente, il vento zonale neutrale geostrofico viene derivato dai gradienti di altezza geopotenziale, seguendo la metodologia descritta in Matthias e Ern (2018). Questo approccio, basato sull’approssimazione geostrofica, consente di ricostruire i venti atmosferici con un buon grado di precisione, particolarmente utile per analizzare l’evoluzione del vortice polare e l’inversione dei venti zonali durante la transizione primaverile.
2.2. Dati di Reanalisi MERRA-2: Una Prospettiva Climatologica di Lungo Periodo
Per caratterizzare le proprietà medie delle diverse classi di transizioni primaverili e analizzarne le tendenze climatologiche, ci avvaliamo dei dati di reanalisi globali forniti dalla Modern-Era Retrospective analysis for Research and Applications Versione 2 (MERRA-2), un prodotto sviluppato dal Goddard Space Flight Center della NASA (Bosilovich et al., 2015; Gelaro et al., 2017; Molod et al., 2015). MERRA-2 integra osservazioni atmosferiche con modelli numerici avanzati, offrendo una ricostruzione coerente dello stato dell’atmosfera su scala globale. I dati utilizzati in questo studio consistono nelle medie giornaliere calcolate a partire da output istantanei forniti ogni 3 ore, disponibili su 42 livelli di pressione costanti che si estendono da 1.000 hPa (livello del mare) a 0,1 hPa (circa 64 km di altitudine). Questa copertura verticale include la troposfera, la stratosfera e la parte inferiore della mesosfera, ma non raggiunge le altitudini superiori dell’MLT, dove i radar locali diventano essenziali. La risoluzione orizzontale di MERRA-2 è di 0,625° in longitudine e 0,5° in latitudine, sufficientemente fine da catturare le variazioni spaziali del vortice polare e delle sue dinamiche associate.
Per l’analisi, abbiamo selezionato i dati di vento neutrale di reanalisi MERRA-2 relativi agli inverni dal 1980 al 2020, un periodo che comprende 41 transizioni primaverili e offre una base robusta per l’identificazione di pattern ricorrenti e anomalie interannuali. È opportuno sottolineare che, a partire dall’agosto 2004, MERRA-2 assimila profili di temperatura e ozono derivati dal satellite MLS nella stratosfera superiore e nella mesosfera (Gelaro et al., 2017), migliorando la qualità delle stime in queste regioni e garantendo una maggiore coerenza con le osservazioni satellitari dirette. Questa integrazione tra MLS e MERRA-2 rappresenta un punto di forza del nostro approccio, consentendo di combinare la precisione delle misurazioni satellitari con la continuità temporale e la copertura estesa dei dati di reanalisi. I venti neutri derivati da MERRA-2 sono stati utilizzati per calcolare le caratteristiche medie delle classi di transizione primaverile, fornendo un quadro climatologico che integra e valida le analisi basate sui singoli anni osservati tramite MLS.
2. Dati e Metodi
2.3. Venti Misurati dai Radar Meteorici Sopra i Paesi Nordici: Un’Integrazione Locale per l’Analisi della Regione MLT
La comprensione della transizione primaverile nell’atmosfera media artica richiede un’analisi dettagliata non solo della stratosfera, ma anche della mesosfera e della termosfera inferiore (MLT, Mesosphere and Lower Thermosphere), una regione compresa tra i 70 e i 100 km di altitudine caratterizzata da dinamiche atmosferiche complesse e da una significativa variabilità interannuale. Tuttavia, la risoluzione verticale del Microwave Limb Sounder (MLS), che si aggira intorno ai 14 km nella MLT, risulta insufficiente per cogliere le variazioni fini necessarie a caratterizzare i venti in questa regione. Per ovviare a tale limitazione e complementare le osservazioni globali fornite dal MLS, abbiamo integrato i dati satellitari con misurazioni locali ad alta risoluzione ottenute tramite radar meteorici. Queste misurazioni derivano da un dataset combinato raccolto presso due stazioni situate nei Paesi Nordici: Esrange (68°N, 21°E), nei pressi di Kiruna in Svezia, e Sodankylä (67°N, 26°E) in Finlandia. L’obiettivo di questa integrazione è valutare l’impatto delle nuove classi di transizione primaverile definite in questo studio sulla dinamica della MLT nelle regioni polari, un’area critica per comprendere le interazioni tra i diversi strati atmosferici e il loro ruolo nella modulazione della circolazione stagionale.
Il radar meteorico di Esrange è un sistema SKiYMET (All-Sky Interferometric Meteor Radar), una tecnologia avanzata che utilizza l’interferometria per misurare i venti atmosferici attraverso l’analisi delle scie meteoriche nell’MLT. Le caratteristiche tecniche di questo strumento sono state descritte in dettaglio da Mitchell et al. (2002), evidenziandone la capacità di fornire misurazioni precise dei venti neutri in un’ampia gamma di altitudini. Analogamente, il radar meteorico di Sodankylä, le cui specifiche sono riportate in Lukianova et al. (2015) e Lukianova et al. (2018), opera secondo principi simili, contribuendo a una copertura complementare della regione polare artica. Entrambi i radar sfruttano la ionizzazione delle scie meteoriche, generate dall’ingresso di meteoroidi nell’atmosfera terrestre, per derivare i venti neutri di fondo nell’MLT. Questi venti vengono calcolati sottraendo l’influenza delle maree solari, che rappresentano oscillazioni periodiche indotte dall’irraggiamento solare, al fine di isolare la componente dinamica di fondo associata alla transizione primaverile. Il recupero dei dati avviene mediante un algoritmo avanzato, descritto in Stober et al. (2020) e Baumgarten e Stober (2019), che rappresenta un’evoluzione del metodo classico proposto da Hocking et al. (2001). Tale algoritmo consente di ottenere una risoluzione temporale elevata di 1 ora e una risoluzione verticale di 2 km, parametri che permettono di catturare variazioni su scala fine, essenziali per analizzare i processi atmosferici nella MLT.
Il dataset combinato di Esrange e Sodankylä rappresenta una risorsa unica nel panorama scientifico: disponibile ininterrottamente dall’agosto 1999, copre un totale di 21 transizioni primaverili fino al 2020, rendendolo la serie temporale continua di venti misurati tramite radar meteorici più lunga attualmente disponibile a livello globale. Questa continuità temporale offre un’opportunità senza precedenti per studiare l’evoluzione interannuale della transizione primaverile nella MLT e per correlarla con le dinamiche stratosferiche osservate tramite MLS e MERRA-2. Per l’analisi composita dei venti nell’MLT, che mira a identificare le caratteristiche medie delle nuove classi di transizione primaverile, utilizziamo valori medi giornalieri dei venti di fondo. Questi dati sono stati ulteriormente elaborati applicando una media mobile di 15 giorni, un approccio simile a quello adottato da Merzlyakov et al. (2012). Tale smussamento è necessario per mitigare l’elevata variabilità intrinseca della MLT, una regione influenzata da molteplici fattori, tra cui onde gravitazionali, instabilità dinamiche e variazioni termo-chimiche, che possono introdurre rumore significativo nei dati grezzi. La combinazione di alta risoluzione spaziale e temporale con un’adeguata filtrazione consente di evidenziare i pattern principali associati alla transizione primaverile, facilitando il confronto con le osservazioni globali e contribuendo a una comprensione più approfondita delle interazioni tra stratosfera e MLT.
L’integrazione dei dati radar locali con le osservazioni satellitari e di reanalisi rappresenta un elemento chiave di questo studio, permettendo di superare i limiti di risoluzione e copertura delle singole fonti e di costruire un quadro coerente della dinamica atmosferica durante la transizione primaverile. Le misurazioni dei venti nell’MLT non solo arricchiscono l’analisi delle nuove classi proposte, ma offrono anche una prospettiva unica sugli effetti della transizione a quote elevate, con potenziali implicazioni per la comprensione delle variazioni ionosferiche e dei loro impatti sui sistemi di comunicazione e navigazione. Questo approccio multiscala sottolinea l’importanza di un’analisi olistica dell’atmosfera media, fondamentale per avanzare nella modellistica atmosferica e nella previsione stagionale.
2. Dati e Metodi
2.4. Metodi: Un Approccio Integrato per la Classificazione e l’Analisi Statistica della Transizione Primaverile
L’identificazione e la caratterizzazione della transizione primaverile nell’atmosfera media artica richiedono metodi robusti e ben definiti per determinare il momento e la struttura dell’inversione del vento zonale, un processo che segna il passaggio dalla circolazione invernale a quella estiva. Nella letteratura scientifica esistono diverse definizioni per il giorno di inizio del riscaldamento stratosferico finale (SFW, Stratospheric Final Warming), tutte basate sull’inversione del vento zonale medio come indicatore primario (ad esempio, Butler et al., 2019; Hu, Ren, Yu, & Xu, 2014; Wei, 2007). Queste definizioni condividono un elemento comune: il focus sull’inversione del vento zonale medio nella regione centrale del vortice polare stratosferico, generalmente compresa tra 60° e 70°N, una latitudine che cattura il cuore della dinamica polare. In questo studio, adottiamo un approccio ispirato a tali definizioni tradizionali, ma lo estendiamo in modo innovativo applicandolo a tutti i livelli di pressione dell’atmosfera media, che si estende dai 10 ai 100 km di altitudine. Questo permette di ottenere date di inversione specifiche per ciascun livello di pressione, riflettendo la variabilità verticale del fenomeno. Inoltre, per analizzare in modo completo la struttura latitudinale e verticale della transizione primaverile, applichiamo questa definizione a tutte le latitudini a nord di 50°N, ampliando così il campo di indagine oltre la regione centrale del vortice polare e includendo le aree polari più estese, dove le dinamiche atmosferiche possono mostrare variazioni significative.
Un elemento cruciale del nostro approccio metodologico è l’integrazione dell’indice del Modo Anulare Settentrionale (NAM, Northern Annular Mode), data la sua stretta correlazione con i riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSW, Sudden Stratospheric Warmings) e il suo ruolo nella modulazione della dinamica del vortice polare. Per classificare la transizione primaverile, utilizziamo informazioni sulla durata e sull’intensità dell’indice NAM che si propaga verso il basso, un segnale che riflette le perturbazioni atmosferiche invernali e il loro impatto sulla successiva evoluzione primaverile. Come proxy semplice per l’indice NAM, seguiamo l’approccio proposto da Karpechko et al. (2017), calcolando l’anomalia normalizzata dell’altezza geopotenziale media sulla calotta polare (60°-90°N). Questa metrica è strettamente legata all’indice NAM definito attraverso l’analisi delle funzioni ortogonali empiriche (EOF, Empirical Orthogonal Functions), un metodo statistico che identifica i principali modi di variabilità atmosferica (Baldwin & Thompson, 2009). Le anomalie dell’altezza geopotenziale della calotta polare vengono calcolate rispetto alla climatologia annuale per ciascun giorno dell’anno, considerando tutti i livelli di pressione disponibili, e successivamente normalizzate dividendo per le rispettive deviazioni standard, al fine di ottenere un indice standardizzato che tenga conto della variabilità intrinseca. Convenzionalmente, la fase del NAM è definita come negativa quando le anomalie dell’altezza geopotenziale della calotta polare sono positive, indicando un indebolimento o una disgregazione del vortice polare; per allinearsi a questa convenzione, moltiplichiamo le anomalie calcolate per -1, garantendo così una rappresentazione coerente della dinamica atmosferica.
Per caratterizzare le proprietà medie delle nuove classi di transizione primaverile definite in questo studio, utilizziamo analisi composite, un approccio statistico che consente di aggregare e confrontare le caratteristiche di più eventi simili. Queste analisi sono principalmente costruite utilizzando il 1° gennaio come giorno di riferimento, un punto di partenza che permette di monitorare l’evoluzione della transizione a partire dall’inverno boreale. Tuttavia, per analizzare in dettaglio il momento dell’inversione del vento, effettuiamo anche analisi composite centrate sul giorno in cui il vento zonale medio si inverte definitivamente a una specifica altitudine, offrendo una prospettiva dinamica focalizzata sull’evento stesso. La nostra analisi statistica si basa sull’ipotesi nulla secondo cui la statistica di prova delle classi di transizione primaverile non differisce dal valore medio della popolazione da cui è estratta, un approccio che consente di valutare la significatività dei risultati rispetto alla variabilità naturale. Per determinare la significatività statistica delle composite per ciascuna classe, giorno e altitudine, applichiamo un metodo bootstrap con sostituzioni, una tecnica robusta descritta in dettaglio da Grotjahn e Faure (2008). Questo metodo prevede la selezione casuale di un numero di anni pari a quello effettivamente osservato in ciascuna classe di transizione primaverile, generando così una distribuzione di riferimento che riflette la variabilità intrinseca del campione. La significatività viene quindi valutata confrontando i valori osservati con questa distribuzione bootstrap, permettendo di identificare eventuali deviazioni statisticamente rilevanti. Una descrizione esaustiva delle considerazioni statistiche sottostanti e dell’algoritmo bootstrap è disponibile in Grotjahn e Faure (2008), fornendo un quadro metodologico solido per validare i nostri risultati.
Questo approccio metodologico integrato combina l’analisi dinamica del vento zonale con la valutazione della variabilità del NAM, offrendo una visione olistica della transizione primaverile nell’atmosfera media. L’estensione dell’analisi a tutte le altitudini e latitudini, insieme all’uso di tecniche statistiche avanzate, consente di superare i limiti delle definizioni tradizionali di SFW e di sviluppare una classificazione più completa e predittiva. I risultati di queste analisi, descritti nelle sezioni successive, gettano le basi per una comprensione approfondita delle interazioni tra stratosfera, mesosfera e MLT, con implicazioni significative per la modellistica atmosferica e la previsione stagionale.
3. Risultati e Discussione
In questa sezione, presenteremo un’analisi esaustiva della nuova classificazione proposta per le transizioni primaverili nell’atmosfera stratosferica, esplorando dapprima le basi teoriche e metodologiche che sottendono la definizione delle diverse classi. Tale classificazione si fonda sull’osservazione di caratteristiche distintive estratte da anni rappresentativi, selezionati tramite l’utilizzo di dati satellitari ad alta risoluzione derivati dallo strumento Microwave Limb Sounder (MLS). Successivamente, procederemo con un’indagine statistica delle proprietà medie associate a ciascuna classe, avvalendoci dei dati di rianalisi atmosferica forniti dal Modern-Era Retrospective Analysis for Research and Applications, versione 2 (MERRA-2), che offre una copertura spaziale e temporale dettagliata delle dinamiche atmosferiche. Questo approccio combinato consente di ottenere una visione integrata delle variazioni interannuali e delle tendenze climatiche legate alla transizione dalla stagione invernale a quella primaverile nella stratosfera.
3.1. Introduzione delle nuove classi di transizione primaverile
La classificazione tradizionale dei riscaldamenti finali stratosferici (stratospheric final warmings, SFW) si basa prevalentemente sull’analisi del vento zonale medio nella regione centrale del vortice polare, che rappresenta il nucleo dinamico di massima intensità del flusso atmosferico alle alte latitudini (cfr. Butler et al., 2019; Li et al., 2012; Wei, 2007). Questo parametro, calcolato come media zonale tra specifiche bande latitudinali, è stato ampiamente adottato per identificare il momento in cui il vento occidentale tipico della stagione invernale si inverte, segnando il passaggio definitivo verso le condizioni primaverili. Tuttavia, il nostro approccio si discosta da questa metodologia convenzionale introducendo un’analisi più completa che non si limita a registrare il singolo evento di inversione del vento, ma considera l’intera evoluzione temporale e verticale del vento zonale medio a partire dal mese di gennaio dell’anno in questione. Tale scelta permette di incorporare nella classificazione anche gli eventuali episodi di improvvisi riscaldamenti stratosferici (Sudden Stratospheric Warmings, SSW), fenomeni che possono influenzare significativamente la dinamica successiva del vortice polare e il timing della transizione primaverile.
È opportuno sottolineare che il periodo di analisi non si estende all’inizio dell’inverno (novembre-dicembre), decisione motivata dalle evidenze riportate in letteratura. Studi precedenti, come quelli di Thiélemont et al. (2019) e Hu, Ren, Yu, e Xu (2014), hanno dimostrato che gli SSW verificatisi nei mesi di inizio inverno non esercitano un’influenza rilevante sul tipo o sulla data del riscaldamento finale stratosferico. Questo è attribuibile al lasso di tempo relativamente lungo che intercorre tra questi eventi precoci e la transizione primaverile, durante il quale il vortice polare ha la capacità di ricostituirsi e recuperare la sua intensità originaria. Pertanto, concentrare l’analisi a partire da gennaio consente di focalizzarsi sugli SSW più prossimi alla primavera, che risultano maggiormente determinanti per la configurazione finale del vortice.
Un ulteriore elemento innovativo della nostra classificazione è l’integrazione dell’indice Northern Annular Mode (NAM), che fornisce una misura sintetica delle anomalie di pressione e vento nell’emisfero settentrionale. L’indice NAM si rivela cruciale per distinguere tra SSW con diversa capacità di propagazione verso gli strati inferiori dell’atmosfera. In particolare, come evidenziato da Baldwin e Dunkerton (2001), gli SSW accompagnati da una forte propagazione verso il basso di un NAM negativo, persistente per diverse settimane, producono effetti significativamente diversi sul tipo e sulla tempistica dell’inversione finale del vento rispetto a eventi privi di tale propagazione. Questo aspetto dinamico giustifica l’introduzione di una classificazione più sfumata delle transizioni primaverili, che tiene conto sia della cronologia degli SSW sia del loro impatto sulla circolazione atmosferica.
Sulla base di queste considerazioni, abbiamo definito cinque nuove classi di transizione primaverile, denominate in funzione della tempistica degli SSW e della presenza o assenza di un NAM negativo propagato: “SSW di metà inverno”, “SSW di tardo inverno”, “SSW di inizio primavera”, “SSW di metà primavera” e “Nessun NAM negativo”. Ciascuna classe sarà descritta dettagliatamente nelle sezioni successive, con particolare attenzione alle loro caratteristiche distintive e alle implicazioni per la dinamica stratosferica.
Per illustrare in modo concreto questa classificazione, abbiamo selezionato cinque anni rappresentativi – 2013, 2018, 2016, 2015 e 2020 – analizzando l’evoluzione temporale e verticale del vento zonale medio, calcolato come media tra 60° e 70°N, e l’indice NAM, nel periodo compreso tra gennaio e maggio. I risultati sono rappresentati nella Figura 1, che mostra, per ciascun anno, due pannelli: a sinistra, la struttura verticale del vento zonale medio in funzione del tempo, e a destra, la corrispondente evoluzione dell’indice NAM. Gli anni non sono stati disposti in ordine cronologico, bensì organizzati in base alla tempistica degli SSW maggiori e al loro ruolo nel determinare l’inversione finale del vento (cfr. Figure 1a–1d). Questa rappresentazione grafica permette di evidenziare le differenze tra le classi e di correlare le variazioni del vento zonale con le anomalie dell’indice NAM, fornendo una base empirica solida per la validazione della nostra classificazione.Nel corso del 2013, si verifica un episodio di improvviso riscaldamento stratosferico (Sudden Stratospheric Warming, SSW) di notevole intensità nel mese di gennaio, il quale induce un’inversione completa della direzione del vento zonale, che passa da una configurazione occidentale tipica della stagione invernale a una orientale, estendendosi attraverso l’intera atmosfera media, dalla stratosfera alla mesosfera (cfr. Figura 1a). Questo fenomeno è accompagnato da un’anomalia pronunciata dell’indice Northern Annular Mode (NAM), che assume valori fortemente negativi e si propaga verso il basso, mantenendo la sua influenza fino al mese di marzo negli strati inferiori della stratosfera (cfr. Figura 1f). A seguito di questo evento, si osserva la formazione di un vortice polare particolarmente vigoroso nella mesosfera, caratterizzato da velocità del vento superiori a 100 m/s. Tale struttura dinamica non rimane confinata agli strati superiori, ma si propaga gradualmente verso il basso, raggiungendo la bassa stratosfera nell’arco dei successivi cento giorni. Parallelamente, dopo l’SSW, si manifesta un segnale NAM positivo altrettanto intenso, anch’esso caratterizzato da una propagazione discendente, che contribuisce a modulare la dinamica atmosferica post-evento. La transizione primaverile, intesa come il passaggio definitivo dai venti occidentali invernali a quelli orientali estivi, ha origine nella mesosfera superiore e si sviluppa in modo progressivo verso altitudini inferiori, raggiungendo il livello di pressione di 10 hPa – corrispondente approssimativamente alla media stratosfera – all’inizio di maggio. Questo processo di inversione si distingue per la sua natura fluida e continua, senza discontinuità marcate a nessuna altitudine esaminata. Le caratteristiche salienti di questa tipologia di transizione includono quindi un SSW maggiore in pieno inverno (gennaio), associato a un NAM negativo fortemente propagato verso il basso, seguito da una robusta rigenerazione del vortice polare nella mesosfera. Questa sequenza dinamica culmina in una transizione primaverile tardiva, caratterizzata da una propagazione discendente graduale e ben definita. Pertanto, definiamo questa classe come “SSW di metà inverno”, sottolineandone il ruolo paradigmatico nella comprensione delle interazioni tra riscaldamenti stratosferici precoci e la successiva evoluzione stagionale.
Nel 2018, un SSW di entità comparabile si manifesta nel mese di febbraio, con un ritardo di circa quattro settimane rispetto al caso del 2013, collocandosi quindi nella fase di tardo inverno. Anche in questo caso, l’evento è accompagnato da un NAM negativo con una marcata propagazione verso il basso, che influenza la circolazione stratosferica, sebbene con un’intensità e un’estensione verticale minori rispetto all’episodio del 2013 (cfr. Figure 1b e 1g). Analogamente a quanto osservato in precedenza, si verifica un recupero del vortice polare nella mesosfera, con venti occidentali intensi che si propagano verso il basso nel tempo. Tuttavia, a differenza del 2013, questa propagazione non riesce a penetrare fino alla bassa stratosfera: qui il vento zonale rimane debole e subisce persino una temporanea inversione supplementare prima che l’inversione definitiva abbia luogo a metà aprile. Nella mesosfera, invece, il passaggio ai venti orientali estivi segue una traiettoria simile al caso precedente, con una propagazione discendente che culmina all’inizio di maggio nella regione della stratopausa – situata approssimativamente al confine tra stratosfera e mesosfera – risultando quindi significativamente ritardata rispetto alla stratosfera. Questo comportamento divergente tra i due strati atmosferici rappresenta una peculiarità di questa classe: mentre nella mesosfera l’inversione del vento segue un’evoluzione temporale graduale e discendente, nella stratosfera essa si verifica in modo più rapido e simultaneo a tutte le altitudini. Le caratteristiche distintive di questa tipologia includono un SSW maggiore in tardo inverno (febbraio), associato a un NAM negativo propagato verso il basso, seguito da un recupero parziale del vortice polare nella mesosfera, ma con una dinamica stratificata che differisce tra stratosfera e mesosfera. Tale complessità temporale e spaziale giustifica la designazione di questa classe come “SSW di tardo inverno”, evidenziando come il ritardo dell’evento riscaldante rispetto all’inizio dell’anno influisca sulla sincronia della transizione primaverile tra i diversi livelli atmosferici.
Nel 2016, la dinamica evolve in modo ancora diverso. A febbraio si registra un SSW di intensità minore, che non presenta la tipica propagazione verso il basso di un NAM negativo, risultando quindi un evento relativamente isolato e con un impatto limitato sulla circolazione atmosferica complessiva (cfr. Figure 1c e 1h). Tuttavia, all’inizio di marzo segue un SSW maggiore, questa volta accompagnato da un NAM negativo propagato verso il basso, che segna un punto di svolta significativo. Questo secondo evento determina l’inversione definitiva del vento zonale verso una configurazione orientale estiva, osservabile sia nella stratosfera bassa e media sia nella mesosfera superiore. L’alternanza tra un SSW minore privo di propagazione e un successivo SSW maggiore con effetti più marcati introduce un ulteriore livello di variabilità nella classificazione delle transizioni primaverili, suggerendo che la sequenza e la tempistica degli eventi di riscaldamento possano modulare in modo complesso la traiettoria stagionale della circolazione atmosferica.Tuttavia, nell’intervallo altimetrico compreso tra 40 e 80 km, si osserva un recupero persistente dei venti occidentali caratteristici della stagione invernale, che si protrae per un periodo superiore a un mese. Questo fenomeno genera una configurazione peculiare, con venti occidentali invernali dominanti nella stratosfera superiore e nella mesosfera, circondati da venti orientali estivi che prevalgono sia negli strati inferiori che in quelli superiori dell’atmosfera media. L’inversione definitiva del vento, che segna il completamento della transizione primaverile, si verifica in modo tardivo, alla fine di aprile, nella regione prossima alla stratopausa – situata intorno ai 50 km di altitudine, al confine tra stratosfera e mesosfera – con un ritardo di oltre un mese rispetto alla stratosfera media. Questo comportamento riflette una dinamica complessa, in cui un improvviso riscaldamento stratosferico (Sudden Stratospheric Warming, SSW) maggiore, manifestatosi all’inizio della primavera, è accompagnato da un’anomalia negativa dell’indice Northern Annular Mode (NAM) che si propaga verso il basso. Tale evento determina un’inversione definitiva del vento verso una configurazione orientale estiva al di sotto dei 40 km e al di sopra degli 80 km, mentre nella fascia intermedia (40-80 km) si assiste a una temporanea ricostituzione delle condizioni invernali. Questa ripresa delle dinamiche invernali nella stratosfera superiore e nella mesosfera ritarda significativamente l’inversione finale del vento in tale regione rispetto agli strati inferiori, evidenziando una marcata stratificazione verticale della transizione stagionale. Le peculiarità di questa classe – che definiamo “SSW di inizio primavera” – risiedono quindi nell’interazione tra un SSW precoce, l’influenza discendente del NAM negativo e la successiva modulazione regionale della circolazione atmosferica, che genera un pattern di transizione differenziato tra gli strati atmosferici.
Nel 2015, la dinamica atmosferica segue un’evoluzione distinta. All’inizio di gennaio si registra un SSW di intensità minore, privo della caratteristica propagazione verso il basso di un NAM negativo, il che limita il suo impatto sulla circolazione stratosferica complessiva (cfr. Figure 1d e 1i). Tuttavia, all’inizio di aprile si verifica un SSW di maggiore entità, questa volta associato a un NAM negativo che si propaga discendentemente, esercitando un’influenza rilevante sugli strati inferiori. Questo secondo evento assume il ruolo di una transizione primaverile definitiva, inducendo un’inversione del vento zonale da occidentale a orientale in modo quasi simultaneo a tutte le altitudini, dalla bassa stratosfera alla mesosfera superiore. È importante notare che questo SSW non rientra strettamente nella definizione tradizionale di un improvviso riscaldamento stratosferico, ma si configura piuttosto come un riscaldamento finale (final warming), secondo la classificazione proposta da Butler et al. (2017). Tale distinzione deriva dalla sua funzione di segnare il passaggio stagionale conclusivo, senza ulteriori oscillazioni significative nella direzione del vento. Le caratteristiche salienti di questa classe – denominata “SSW di metà primavera” – includono quindi la presenza di un SSW maggiore in un periodo intermedio della primavera, accompagnato da un NAM negativo propagato verso il basso, che culmina in un’inversione del vento uniforme e sincrona attraverso l’intera colonna atmosferica. Questo pattern suggerisce una transizione rapida e omogenea, in contrasto con le dinamiche più graduali osservate in altre classi.
Nel 2020, la sequenza degli eventi si sviluppa in modo ulteriormente diversificato. A metà marzo si verifica un riscaldamento minore, che possiede il potenziale teorico di invertire definitivamente il vento zonale (cfr. Figure 1e e 1j). Tuttavia, questo SSW minore non è accompagnato da un NAM negativo propagato verso il basso, un fattore critico che limita la sua capacità di consolidare un’inversione duratura. Di conseguenza, i venti zonali tornano a una configurazione occidentale, sebbene con un’intensità sensibilmente ridotta rispetto al periodo precedente l’evento. La transizione primaverile definitiva ha inizio solo a metà aprile, partendo dalla mesosfera superiore, e si propaga verso il basso nel tempo, raggiungendo la bassa stratosfera all’inizio di maggio. A differenza di quanto osservato nel 2013, questo processo di propagazione discendente non si svolge in modo fluido e continuo, ma presenta irregolarità e discontinuità che ne complicano la traiettoria. La caratteristica distintiva di questa classe – che definiamo “Nessun NAM negativo” – risiede nell’assenza di un NAM negativo propagato verso il basso come driver dinamico, associata a una transizione primaverile tardiva e graduale, che si sviluppa dall’alto verso il basso con una progressione meno lineare rispetto ad altri casi. Questo comportamento riflette una minore coerenza nella risposta atmosferica agli eventi di riscaldamento, evidenziando l’importanza del NAM come modulatore della stabilità stagionale.
Nella sezione successiva, procederemo con un’analisi più approfondita delle caratteristiche medie di queste cinque classi di transizione primaverile, integrando dati statistici e osservazioni a lungo termine per delinearne i pattern ricorrenti. Inoltre, esploreremo le implicazioni di questi risultati per lo sviluppo di modelli predittivi, discutendo le possibilità di anticipare il tipo e la tempistica della transizione primaverile sulla base delle condizioni iniziali e degli indicatori atmosferici osservati.

Analisi dettagliata della Figura 1: Rappresentazione delle dinamiche stratosferiche durante le transizioni primaverili
La Figura 1 si configura come uno strumento analitico fondamentale per l’interpretazione delle dinamiche atmosferiche associate alle transizioni primaverili nella stratosfera e nella mesosfera, presentando un’analisi combinata di due parametri chiave: il vento zonale medio geostrofico e l’indice Northern Annular Mode (NAM). Entrambi i dataset sono derivati dalle misurazioni di altezza geopotenziale (Geopotential Height, GPH) ottenute mediante lo strumento Microwave Limb Sounder (MLS), un sensore satellitare progettato per monitorare le proprietà fisico-chimiche dell’atmosfera media con elevata risoluzione spaziale e temporale. La figura si articola in due pannelli distinti – il sinistro dedicato al vento zonale e il destro all’indice NAM – e illustra l’evoluzione di questi parametri per cinque anni rappresentativi: 2013, 2018, 2016, 2015 e 2020. Questi anni sono stati selezionati per evidenziare la variabilità interannuale delle transizioni stagionali, con particolare attenzione agli effetti degli improvvisi riscaldamenti stratosferici (Sudden Stratospheric Warmings, SSW) e alla loro influenza sulla circolazione atmosferica alle alte latitudini.
Pannello sinistro: Sezione trasversale tempo-altezza del vento zonale medio
Il pannello sinistro della Figura 1 rappresenta una sezione trasversale bidimensionale che combina l’evoluzione temporale e verticale del vento zonale medio geostrofico, calcolato come media latitudinale nell’intervallo compreso tra 60° e 70°N. Questa fascia latitudinale è strategicamente scelta poiché coincide con la regione centrale del vortice polare stratosferico, un elemento dinamico cruciale per la comprensione delle variazioni stagionali nell’emisfero settentrionale. Il vento zonale medio, espresso in metri al secondo (m/s), è un indicatore primario della direzione e dell’intensità della circolazione atmosferica: valori positivi (venti occidentali) caratterizzano il regime invernale dominato dal vortice polare, mentre valori negativi (venti orientali) segnano l’instaurarsi delle condizioni estive, con la disgregazione del vortice e il passaggio a una circolazione anticiclonica.
- Struttura degli assi:
- L’asse orizzontale copre un intervallo temporale che si estende presumibilmente da gennaio a maggio, periodo critico per le transizioni primaverili, anche se l’esatta durata non è esplicitamente definita nel testo fornito. Questo arco temporale consente di catturare sia gli SSW precoci che i riscaldamenti finali.
- L’asse verticale rappresenta l’altezza atmosferica, espressa probabilmente in termini di livelli di pressione (ad esempio, da 100 hPa nella bassa stratosfera a 0,1 hPa nella mesosfera superiore) o in chilometri, coprendo l’intera atmosfera media, dalla stratosfera inferiore (circa 10-30 km) alla mesosfera superiore (fino a 80-100 km).
- Rappresentazione grafica: La velocità del vento è visualizzata attraverso una scala cromatica continua, in cui tonalità calde (ad esempio, rosso o arancione) indicano venti occidentali positivi, mentre tonalità fredde (ad esempio, blu) denotano venti orientali negativi. Le transizioni tra questi regimi – spesso brusche in presenza di SSW o graduali durante i riscaldamenti finali – sono evidenziate dai cambiamenti di colore, offrendo una chiara rappresentazione visiva della dinamica atmosferica.
- Dinamiche osservate nei cinque anni:
- 2013: Un SSW maggiore a gennaio provoca un’inversione completa del vento da occidentale a orientale attraverso l’atmosfera media, seguita da un recupero di venti occidentali intensi (>100 m/s) nella mesosfera. La transizione primaverile definitiva si propaga verso il basso, raggiungendo il livello di 10 hPa (circa 30 km) all’inizio di maggio, con un passaggio graduale e continuo.
- 2018: Un SSW a febbraio induce un’inversione temporanea, ma i venti occidentali si ristabiliscono nella mesosfera senza estendersi alla bassa stratosfera. La transizione finale evidenzia una dicotomia: avviene a metà aprile nella stratosfera media e bassa, ma solo a maggio nella stratopausa (circa 50 km).
- 2016: Un SSW minore a febbraio è seguito da un evento maggiore a marzo, che determina un’inversione definitiva nella stratosfera bassa e media e nella mesosfera superiore, con un recupero temporaneo dei venti occidentali tra 40 e 80 km fino a fine aprile.
- 2015: Dopo un SSW minore a gennaio, un evento maggiore ad aprile provoca un’inversione simultanea a tutte le altitudini, marcando un riscaldamento finale senza oscillazioni successive.
- 2020: Un riscaldamento minore a marzo non stabilizza l’inversione; la transizione definitiva inizia nella mesosfera a metà aprile e si propaga verso il basso, raggiungendo la stratosfera a maggio, con irregolarità nel processo.
Pannello destro: Evoluzione temporale e verticale dell’indice NAM
Il pannello destro della Figura 1 mostra l’indice NAM, un parametro sintetico che riflette le anomalie di pressione e vento associate ai modi anulari della circolazione atmosferica nell’emisfero settentrionale. Valori negativi del NAM sono tipicamente correlati a perturbazioni del vortice polare, come gli SSW, mentre valori positivi indicano un vortice forte e stabile. Anche in questo caso, i dati sono derivati dalle osservazioni MLS GPH, garantendo coerenza con il pannello sinistro.
- Struttura degli assi:
- L’asse orizzontale è sincronizzato con il pannello sinistro, coprendo lo stesso intervallo temporale (gennaio-maggio).
- L’asse verticale rappresenta i livelli di pressione o l’altezza, consentendo di tracciare la propagazione verticale delle anomalie del NAM attraverso la stratosfera e la mesosfera.
- Rappresentazione grafica: L’intensità del NAM è visualizzata con una scala cromatica, dove tonalità fredde (es. blu) indicano valori negativi e tonalità calde (es. rosso) valori positivi. La propagazione verso il basso è evidenziata dalla continuità verticale dei colori, un aspetto cruciale per valutare l’impatto degli SSW sugli strati inferiori.
- Dinamiche osservate nei cinque anni:
- 2013: Un NAM negativo intenso si propaga verso il basso dopo l’SSW di gennaio, persistendo nella bassa stratosfera fino a marzo, seguito da un NAM positivo discendente che accompagna il recupero del vortice.
- 2018: NAM negativo propagato verso il basso dopo l’SSW di febbraio, con un’estensione e un’intensità minori rispetto al 2013, riflettendo un recupero parziale del vortice.
- 2016: Assenza di NAM negativo propagato a febbraio (SSW minore),followed by un NAM negativo discendente a marzo, associato all’SSW maggiore.
- 2015: NAM negativo assente a gennaio, ma presente e propagato verso il basso ad aprile, in coincidenza con il riscaldamento finale.
- 2020: Nessuna propagazione discendente di un NAM negativo durante il riscaldamento di marzo, coerente con la mancata inversione stabile del vento.
Interpretazione scientifica e implicazioni
La Figura 1 fornisce una rappresentazione integrata delle interazioni tra il vento zonale medio e l’indice NAM, evidenziando come gli SSW e la loro propagazione verticale modulino la transizione primaverile. I cinque anni analizzati corrispondono alle classi definite nel testo: “mid-winter SSW” (2013), “late-winter SSW” (2018), “early spring SSW” (2016), “mid-spring SSW” (2015) e “no negative NAM” (2020). Le differenze tra queste classi emergono chiaramente:
- Tempistica e intensità degli SSW: Eventi precoci e intensi (2013, 2018) causano inversioni significative, mentre eventi minori o tardivi (2020) producono effetti meno marcati.
- Ruolo del NAM: La propagazione discendente di un NAM negativo amplifica l’impatto degli SSW (2013, 2018, 2016, 2015), mentre la sua assenza (2020) porta a transizioni più lente e irregolari.
- Variazioni verticali: La transizione può essere sincrona (2015) o differenziata tra strati (2016, 2018), con propagazioni discendenti graduali (2013) o discontinue (2020).
Questa analisi visiva, supportata dai dati MLS, offre una base empirica per comprendere la complessità delle dinamiche stratosferiche e il loro impatto sulla climatologia stagionale, ponendo le fondamenta per ulteriori studi sulla predicibilità di tali eventi.
3.2. Analisi Statistica e Temporale Media delle Cinque Categorie di Transizione Primaverile nell’Atmosfera Media
La classificazione delle 41 transizioni primaverili rappresentate nel set di dati MERRA-2 si basa su una generalizzazione delle caratteristiche dinamiche e strutturali descritte nella Sezione 3.1, con l’introduzione di soglie indicative che, pur non essendo definite con precisione assoluta, forniscono un quadro orientativo per l’interpretazione dei fenomeni atmosferici. È opportuno sottolineare che un’applicazione predittiva di questa classificazione, volta a migliorare le capacità di previsione delle transizioni primaverili, richiederebbe l’adozione di criteri quantitativi più stringenti e rigorosamente calibrati, un aspetto che esula dagli obiettivi del presente studio. Per effettuare tale categorizzazione, sono stati selezionati due parametri principali: l’anomalia del vento zonale medio (u), espressa in termini di deviazione standard rispetto alla climatologia di riferimento, e l’indice NAM (Northern Annular Mode), entrambi valutati alle quote pressione di 10 hPa e 0,3 hPa, rappresentative rispettivamente della stratosfera e della mesosfera. L’evoluzione temporale media di questi parametri, che delinea le peculiarità di ciascuna classe di transizione, è illustrata in dettaglio nella Figura S1, reperibile nelle informazioni supplementari allegate al presente lavoro.
Le transizioni primaverili caratterizzate da un improvviso riscaldamento stratosferico (SSW, Sudden Stratospheric Warming) di metà inverno si distinguono per un’anomalia marcatamente negativa di u e NAM, con valori che raggiungono o superano −1,0 deviazioni standard a 10 hPa, osservata tipicamente tra gennaio e i primi giorni di febbraio. Questo segnale persiste per un intervallo temporale variabile, che può estendersi da alcuni giorni a diverse settimane, configurandosi come l’evento SSW principale del periodo. Parallelamente, a 0,3 hPa, nella mesosfera, si registrano anomalie negative di u e NAM nello stesso periodo, sebbene la loro durata risulti significativamente più breve rispetto a quanto rilevato nella stratosfera inferiore. Successivamente, tra febbraio e marzo, si osserva una transizione verso valori positivi, con u e NAM che superano +1,0 deviazioni standard a 0,3 hPa per un periodo approssimativo di 40 giorni, a partire dal minimo di u standardizzato a 10 hPa. Tale dinamica si ripete a 10 hPa in aprile, evidenziando una chiara propagazione discendente delle anomalie positive di vento zonale e dell’indice NAM dalla mesosfera verso la stratosfera. Questo processo culmina in un mantenimento di venti occidentali robusti e persistenti attraverso l’intera colonna dell’atmosfera media, fino all’inversione definitiva del flusso zonale in maggio, che segna il passaggio alle condizioni estive.
Le transizioni primaverili associate a un SSW di fine inverno presentano invece un’anomalia negativa di u e NAM più moderata, con valori attorno a −0,75 deviazioni standard a 10 hPa, rilevata tra metà febbraio e metà marzo per una durata di alcuni giorni. Anche in questo caso, a 0,3 hPa si osservano anomalie negative concomitanti, ma con una persistenza temporale ridotta rispetto alla stratosfera. Dopo l’evento SSW, tra metà marzo e metà aprile, u e NAM registrano un incremento positivo, superando +0,5 deviazioni standard a 0,3 hPa per circa 40 giorni successivi al minimo di u standardizzato a 10 hPa. Rispetto alle transizioni di metà inverno, tuttavia, il vento zonale medio nella stratosfera rimane prevalentemente occidentale ma con intensità più debole dopo l’SSW di febbraio; in alcuni casi, si verificano brevi episodi di venti orientali prima dell’inversione finale, suggerendo una maggiore variabilità dinamica nella fase di transizione.
Infine, le transizioni primaverili con SSW di inizio primavera si caratterizzano per un’anomalia di u e NAM pari a −0,75 deviazioni standard, osservata simultaneamente a 10 hPa e 0,3 hPa nel mese di marzo, configurandosi come un evento di riscaldamento stratosferico significativo, spesso coincidente con il riscaldamento finale. Questo fenomeno è associato a un’inversione definitiva del vento zonale verso una configurazione orientale nella stratosfera, mentre nella mesosfera i venti occidentali persistono per almeno una settimana dopo l’SSW. Come nelle altre categorie, la durata delle anomalie negative è più breve a 0,3 hPa rispetto a 10 hPa, riflettendo una diversa risposta dinamica tra i due livelli atmosferici. Queste osservazioni evidenziano la complessità delle interazioni tra stratosfera e mesosfera durante le transizioni primaverili, offrendo spunti per ulteriori approfondimenti sulla loro modellizzazione e previsione.Le transizioni primaverili associate a un improvviso riscaldamento stratosferico (SSW) di metà primavera si distinguono per un’anomalia negativa significativa dei parametri u (vento zonale medio) e NAM (Northern Annular Mode), con valori che raggiungono −1,0 deviazioni standard rispetto alla climatologia di riferimento, rilevati simultaneamente alle quote pressione di 10 hPa (stratosfera) e 0,3 hPa (mesosfera) durante il mese di aprile. Questo segnale descrive il processo di riscaldamento finale che interessa sia la stratosfera che la mesosfera, culminando in un’inversione quasi sincrona del flusso zonale verso una configurazione di venti orientali attraverso l’intera colonna dell’atmosfera media. Tale dinamica si pone in netto contrasto con le transizioni primaverili caratterizzate da SSW di inizio primavera, dove, dopo il riscaldamento finale nella stratosfera, si osserva una persistenza o un ritorno di venti occidentali nella mesosfera per un periodo prolungato. A differenza delle altre categorie di transizione precedentemente analizzate, in questa tipologia il periodo di anomalie negative di u e NAM presenta una durata temporale pressoché equivalente tra i livelli stratosferici e mesosferici, suggerendo una risposta dinamica più uniforme tra i due regimi atmosferici. È importante evidenziare che, all’interno di questa classe, possono manifestarsi episodi di riscaldamenti minori durante la fase pre-invernale, i quali tuttavia non alterano significativamente la struttura complessiva della transizione primaverile.
Le transizioni primaverili prive di un NAM negativo si caratterizzano invece per un comportamento che riflette la media stagionale calcolata sull’intero ciclo invernale e primaverile, ma si distinguono per la presenza di un indice NAM persistentemente positivo a 10 hPa per tutto il periodo considerato. In questo contesto, è possibile osservare riscaldamenti minori durante l’inverno precedente o, in alcuni casi, riscaldamenti maggiori caratterizzati da una debole e transitoria inversione verso venti orientali, seguita da una rapida reinversione verso flussi occidentali sia nella stratosfera che nella mesosfera. Questo pattern indica una resilienza del vortice polare e una limitata capacità degli eventi di riscaldamento di destabilizzare durevolmente la circolazione atmosferica. In sintesi, la classificazione univoca di una transizione primaverile dipende da tre fattori fondamentali: la tempistica dell’evento SSW, le risposte dinamiche della stratosfera e della mesosfera nella fase successiva all’SSW, e la configurazione spazio-temporale dell’inversione finale del vento zonale nell’atmosfera media, che segna il passaggio definitivo alle condizioni estive.
Il set di dati MERRA-2 comprende un totale di 41 annate primaverili, ciascuna delle quali è stata attribuita a una delle cinque categorie di transizione sopra descritte sulla base delle caratteristiche dinamiche osservate. La Tabella 1 fornisce un elenco dettagliato dell’assegnazione di ciascuna transizione primaverile alla rispettiva classe. Analogamente a quanto illustrato nella Figura 1, l’evoluzione temporale e verticale del vento zonale medio e dell’indice NAM per ciascuno dei 41 anni è riportata nelle informazioni supplementari, organizzata in base alle cinque classi di transizione primaverile. La validità di questa classificazione manuale è stata sottoposta a verifica attraverso l’applicazione di mappe auto-organizzanti (SOM, Self-Organizing Maps), come descritto da Cassano et al. (2007), ottenendo una corrispondenza significativa con i risultati ottenuti manualmente (dati non mostrati). Inoltre, si rileva che la distribuzione numerica delle transizioni primaverili tra le cinque classi appare sostanzialmente uniforme, suggerendo l’assenza di una predominanza marcata di una specifica categoria all’interno del periodo analizzato.
Per chiarire le distinzioni tra le diverse classi di transizione primaverile e affrontare potenziali ambiguità interpretative, è utile analizzare casi specifici che presentano caratteristiche apparentemente ibride. Ad esempio, nel 2010 si è verificato un SSW maggiore tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio (Dörnbrack et al., 2012; cfr. Figura S6 nelle informazioni supplementari), rendendo questo evento un potenziale candidato per la categoria di transizione primaverile con SSW di metà inverno. Tuttavia, l’anomalia negativa dell’indice NAM a 10 hPa si è rivelata debole e di breve durata, mentre i venti zonali occidentali e il NAM positivo a 0,3 hPa hanno mostrato valori inferiori a 1 deviazione standard, escludendo questa classificazione. Il recupero del vortice polare successivo all’SSW ha prodotto venti significativamente più deboli, con una riduzione di intensità superiore a 40 m/s rispetto a quanto osservato nel 2013, e non si è verificato un riscaldamento finale tardivo che si manifestasse inizialmente a 1 hPa. Inoltre, un secondo SSW maggiore, rilevato a metà marzo, avrebbe potuto determinare un’inversione definitiva del vento zonale nella stratosfera, come tipico della classe di transizione con SSW di inizio primavera. Tuttavia, l’indice NAM negativo associato a questo evento risultava troppo tenue e privo di una chiara propagazione discendente, impedendo l’attribuzione a tale categoria. Questi esempi sottolineano la complessità della classificazione delle transizioni primaverili e la necessità di un’analisi integrata di più parametri per una definizione accurata.Nel corso del 2002, un improvviso riscaldamento stratosferico (SSW) di notevole intensità si è manifestato nel mese di febbraio, configurando questo evento come un possibile candidato per la categoria di transizione primaverile associata a un SSW di fine inverno (cfr. Figura S6 nelle informazioni supplementari). Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela che l’impatto di questo SSW è stato limitato nella stratosfera inferiore, raggiungendo a stento il livello di pressione di 10 hPa, mentre ha mostrato una forza significativamente maggiore nella mesosfera. Inoltre, nella fase successiva all’evento, l’anomalia del vento zonale medio (u) normalizzata rispetto alla deviazione standard e l’indice NAM hanno superato il valore di +1,0 deviazioni standard per un intervallo temporale inferiore a 20 giorni, una durata sensibilmente troppo breve per soddisfare i criteri stabiliti per la classificazione come transizione primaverile con SSW di fine inverno. L’assenza di ulteriori episodi di SSW rilevanti dopo quello di febbraio 2002 ha portato a classificare quest’anno nella categoria delle transizioni primaverili prive di NAM negativo, evidenziando una dinamica atmosferica che non ha prodotto un’alterazione duratura della circolazione zonale.
L’inverno del 2020 (cfr. Figura 1) si è distinto per la presenza di un vortice polare stratosferico eccezionalmente robusto e persistente, come documentato da Lawrence et al. (2020), il che ha conferito una straordinaria stabilità alla circolazione atmosferica durante la stagione fredda. Nonostante questa condizione, a metà marzo si è verificato un episodio di riscaldamento minore di intensità significativa, che avrebbe teoricamente potuto determinare un’inversione definitiva del vento zonale, suggerendo una possibile attribuzione alla classe di transizione primaverile con SSW di tarda primavera. Tuttavia, la presenza di venti zonali occidentali particolarmente intensi nella stratosfera, unita all’assenza di una propagazione discendente dell’indice NAM, ha impedito a questo evento di esercitare un’influenza determinante sull’inversione finale del flusso nella stratosfera media. Di conseguenza, anche il 2020 è stato definitivamente classificato come transizione primaverile senza NAM negativo, sottolineando come la resilienza del vortice polare abbia prevalso sugli effetti dinamici del riscaldamento.
Un confronto tra gli anni 1994 e 1995 (cfr. Figure S3 e S4 nelle informazioni supplementari) offre ulteriori spunti sulla complessità della classificazione delle transizioni primaverili. In entrambi gli anni, l’inversione finale del vento zonale a 10 hPa si è verificata intorno al giorno 95 dell’anno. Tuttavia, mentre il 1994 è stato attribuito alla categoria di transizione primaverile con SSW di inizio primavera, il 1995 è stato collocato nella classe con SSW di metà primavera. Questa distinzione si basa su due elementi chiave: nel 1995, si è osservata una persistenza di venti occidentali per circa 10 giorni, tra il giorno 96 e il 106, in una regione al di sopra dei 58 km di altitudine (corrispondente alla mesosfera), e il periodo di anomalie negative di u e NAM standardizzati inferiori a −1 è risultato più breve a 0,3 hPa rispetto a 10 hPa. Tali differenze evidenziano come la risposta dinamica tra stratosfera e mesosfera sia cruciale per differenziare le categorie di transizione, con particolare attenzione alla durata e alla distribuzione verticale delle anomalie.
Questi casi esemplificativi mettono in luce il ruolo determinante della propagazione verso il basso dell’indice NAM negativo e delle interazioni tra stratosfera e mesosfera nella definizione delle classi di transizione primaverile. Per consentire un confronto tra questa nuova classificazione e studi precedenti basati su criteri differenti, la Figura 2 rappresenta graficamente l’intervallo temporale dei giorni in cui si verifica l’inversione finale del vento zonale per ciascuna delle cinque classi, analizzando le 41 transizioni primaverili disponibili nel set di dati MERRA-2. Le estremità delle barre colorate indicano rispettivamente il giorno più precoce e quello più tardivo dell’inversione finale osservati per ogni categoria, con dati riportati a tre livelli di pressione distinti: 10 hPa, selezionato per il confronto con la letteratura esistente; 0,7 hPa, scelto poiché in alcuni anni rappresenta il livello di inversione più tardiva; e 0,1 hPa, rappresentativo della transizione primaverile nella mesosfera. In linea con la tradizionale classificazione precoce-tardiva, una linea grigio scuro traccia il giorno medio dell’inversione finale del vento calcolato su tutte le 41 transizioni a ciascun livello, mentre l’area bianca delimita l’intervallo di una deviazione standard (1-sigma) attorno a tale media. L’area ombreggiata in grigio evidenzia invece i giorni in cui l’inversione finale supera una deviazione standard rispetto al valore medio, offrendo una visualizzazione chiara della variabilità temporale e verticale del fenomeno. Questa rappresentazione sottolinea la necessità di un approccio multidimensionale per comprendere le dinamiche delle transizioni primaverili e il loro impatto sull’atmosfera media.Di conseguenza, le classi di transizione primaverile le cui barre colorate, rappresentative dell’intervallo temporale dell’inversione finale del vento zonale, si estendono all’interno dell’area grigia – corrispondente ai giorni che superano una deviazione standard rispetto alla media climatologica – mostrano una maggiore probabilità di essere integrate nella tradizionale classificazione dicotomica precoce-tardiva. Questo è particolarmente evidente nei casi in cui il giorno medio di inversione del vento per una determinata classe (indicato dalla linea colorata più scura all’interno delle barre) si colloca al di fuori dell’intervallo di una deviazione standard rispetto alla media complessiva delle 41 transizioni primaverili considerate (area bianca), ricadendo così nell’area ombreggiata in grigio. Tale configurazione facilita un confronto più robusto e significativo tra la nuova classificazione proposta e quella convenzionale basata sui concetti di riscaldamento finale stratosferico (SFW) precoce e tardivo, evidenziando le sovrapposizioni e le discrepanze tra i due approcci metodologici.
Analizzando le medie temporali (rappresentate dalle linee verticali grigie di maggiore lunghezza), emerge che l’inversione finale del vento zonale si manifesta simultaneamente ai livelli di pressione di 10 hPa (stratosfera) e 0,1 hPa (mesosfera). Tuttavia, la variabilità attorno a questa media, espressa dalla deviazione standard, risulta significativamente più contenuta nella mesosfera rispetto alla stratosfera, suggerendo una maggiore uniformità temporale nella risposta dinamica della mesosfera al passaggio stagionale. A 0,7 hPa, corrispondente alla regione della stratopausa, la transizione primaverile media si verifica con un ritardo di 11 giorni rispetto ai livelli superiore e inferiore, e la sua deviazione standard si colloca in una posizione intermedia: inferiore rispetto alla stratosfera, ma superiore rispetto alla mesosfera. È degno di nota che il giorno medio della transizione primaverile a 10 hPa, insieme alla relativa deviazione standard, si allinea coerentemente con i risultati riportati nella letteratura scientifica esistente (Ayarzagüena & Serrano, 2009; Black et al., 2006; Butler et al., 2019; Kelleher et al., 2020; Li et al., 2012; Wei, 2007), confermando la robustezza di questa analisi nel contesto delle osservazioni pregresse.
Considerando le medie specifiche per ciascuna classe (indicate dalle piccole linee verticali colorate), le transizioni primaverili associate a un SSW di metà inverno (blu scuro) si distinguono per un’inversione del vento zonale che si manifesta inizialmente nella mesosfera, propagandosi verso il basso entro un intervallo di circa 20 giorni fino a raggiungere la stratosfera media. Nella mesosfera, tali transizioni avvengono in prossimità del giorno di inizio climatologico della transizione primaverile, mentre nei livelli inferiori si registrano ritardi temporali significativi. In particolare, a 10 hPa, queste transizioni superano l’intervallo di una deviazione standard rispetto alla media complessiva, contribuendo così alla categoria dei riscaldamenti finali tardivi (SFW tardivi) identificati in studi precedenti (Butler et al., 2019; Wei, 2007). Questo pattern riflette una dinamica di propagazione discendente che collega i processi mesosferici a quelli stratosferici, con implicazioni rilevanti per la comprensione delle interazioni verticali nell’atmosfera media.
Le transizioni primaverili con SSW di fine inverno (verde) mostrano anch’esse un’inversione iniziale nella mesosfera, seguita da un ritardo di alcuni giorni nella stratosfera e, infine, nella regione della stratopausa. A tutti i livelli di pressione considerati, queste transizioni si verificano in un momento successivo rispetto alla media complessiva, ma senza superare il limite di una deviazione standard. Di conseguenza, la maggior parte degli eventi di questa classe non rientra nelle definizioni standard di SFW precoce o tardivo, rimanendo esclusa dalle classificazioni tradizionali. Si osserva, inoltre, una marcata variabilità nell’intervallo temporale di occorrenza: nella stratosfera, questo intervallo si estende per circa 40 giorni, mentre nei livelli superiori (0,7 e 0,1 hPa) è significativamente più ristretto, compreso tra 10 e 15 giorni. Tale asimmetria evidenzia una maggiore complessità dinamica nella stratosfera rispetto agli strati superiori dell’atmosfera media.
Infine, le transizioni primaverili con SSW di inizio primavera (rosso) si caratterizzano per un’inversione finale del vento zonale che si manifesta prima nella stratosfera media, seguita da un ritardo superiore a 20 giorni nella mesosfera e, successivamente, nella regione della stratopausa. Questa classe rappresenta l’unica categoria che supera il limite inferiore di una deviazione standard negativa rispetto alla climatologia a 10 hPa, configurandosi come il principale contributore alla categoria dei cosiddetti SFW precoci. L’intervallo temporale di occorrenza di queste transizioni è relativamente ampio nei due livelli inferiori (circa 35 giorni), riflettendo una significativa variabilità nella stratosfera e nella stratopausa, mentre si restringe drasticamente nella mesosfera (circa 9 giorni), indicando una risposta più uniforme e sincronizzata a quote più elevate. Questi risultati sottolineano la necessità di considerare sia la tempistica che la distribuzione verticale delle inversioni del vento zonale per una classificazione accurata e completa delle transizioni primaverili, offrendo una prospettiva integrata sulle dinamiche stagionali dell’atmosfera media.Le transizioni primaverili associate a un improvviso riscaldamento stratosferico (SSW) di metà primavera, rappresentate dal colore azzurro chiaro, si distinguono per un’inversione del vento zonale che si manifesta inizialmente nella mesosfera, seguita da una quasi simultanea transizione nella stratosfera media e superiore, corrispondenti ai livelli di pressione di 10 hPa e 0,7 hPa. Queste transizioni si verificano a tutti i livelli analizzati prima del giorno di inizio climatologico tipico per ciascuna quota, ma non raggiungono mai un’entità tale da superare la deviazione standard rispetto alla media a 10 hPa, indicando una dinamica relativamente contenuta nella stratosfera inferiore. Inoltre, l’intervallo temporale entro cui si collocano queste transizioni è il più ristretto tra tutte le categorie considerate, limitato a circa 15 giorni a 10 hPa. Questa caratteristica implica che tali transizioni non contribuiscono né alla categoria dei riscaldamenti finali stratosferici (SFW) precoci né a quella dei tardivi, posizionandosi come un gruppo intermedio che non influenza significativamente le definizioni standard di inversione del vento zonale.
Le transizioni primaverili prive di un indice NAM negativo, invece, presentano una sequenza temporale media paragonabile a quella delle transizioni con SSW di fine inverno: l’inversione del vento zonale si manifesta dapprima nella mesosfera (0,1 hPa), successivamente nella stratosfera (10 hPa) e infine nella regione della stratopausa (0,7 hPa). Tuttavia, queste transizioni tendono a verificarsi leggermente prima rispetto alla categoria con SSW di fine inverno, con un giorno medio di inizio che rientra nell’intervallo di una deviazione standard rispetto alla climatologia complessiva. Di conseguenza, il loro contributo agli SFW tardivi è limitato, riflettendo una dinamica che, pur condividendo alcune similitudini con le transizioni di fine inverno, non raggiunge la stessa intensità o persistenza nell’alterare il flusso zonale su scala stagionale. Questo comportamento suggerisce una maggiore stabilità del vortice polare o una risposta più attenuata agli eventi di riscaldamento invernale.
In sintesi, tra le cinque classi di transizione primaverile identificate, solo quella con SSW di inizio primavera si configura come contributore significativo agli SFW precoci definiti a 10 hPa, grazie alla sua precoce inversione del vento zonale nella stratosfera media. Al contrario, la classe con SSW di metà inverno esercita un’influenza dominante sugli SFW tardivi, con un giorno medio di inizio che supera la deviazione standard positiva rispetto alla media climatologica, indicando un impatto marcato sulla dinamica stagionale. Le classi con SSW di fine inverno e senza NAM negativo partecipano solo parzialmente alla definizione degli SFW tardivi, con un contributo meno pronunciato rispetto alla categoria di metà inverno. È opportuno sottolineare che le transizioni con SSW di metà inverno emergono come le più influenti, data la loro capacità di ritardare significativamente l’inversione finale del vento zonale. La classe con SSW di metà primavera, invece, si distingue per la sua neutralità rispetto a entrambe le categorie di SFW precoce e tardivo, coerentemente con il suo intervallo temporale ristretto e la sua posizione anticipata rispetto alla climatologia. Questi risultati trovano riscontro nelle osservazioni di Hu et al. (2015), i quali hanno evidenziato che la presenza di un SSW minore o maggiore nell’inverno precedente tende a ritardare gli SFW, una condizione verificata per le classi con SSW di metà inverno, SSW di fine inverno e senza NAM negativo.
Adottando la classificazione verticale basata sulla priorità dell’inversione a 10 hPa (“10 hPa-primo”) o a 1 hPa (“1 hPa-primo”), emerge che la transizione primaverile con SSW di metà inverno è l’unica a contribuire in media alla categoria “1 hPa-primo”, riflettendo una dinamica in cui l’inversione si propaga dalla mesosfera verso la stratosfera. Le transizioni con SSW di fine inverno, con SSW di inizio primavera e senza NAM negativo si collocano invece nella categoria “10 hPa-primo”, caratterizzata da un’inversione che si origina prevalentemente nella stratosfera inferiore. La classe con SSW di metà primavera, coerentemente con la sua neutralità rispetto agli SFW precoci e tardivi, non contribuisce né alla categoria “10 hPa-primo” né a quella “1 hPa-primo”. Questi pattern sono in linea con le conclusioni di Thiéblemont et al. (2019), che hanno rilevato come gli SSW di metà inverno favoriscano un SFW “1 hPa-primo”, mentre quelli di fine inverno promuovano un SFW “10 hPa-primo”. Tuttavia, Thiéblemont et al. (2019) hanno anche osservato che gli inverni privi di SSW sono tipicamente seguiti da SFW “1 hPa-primo”, un risultato che la nostra analisi non conferma. Una possibile spiegazione per questa discrepanza potrebbe risiedere nell’uso, da parte di Thiéblemont et al., di dati modellistici derivati dal CESM/WACCM, che mostrano una frequenza significativamente inferiore di eventi SFW “10 hPa-primo” rispetto ai dati osservativi di ERA-Interim. Inoltre, si rileva che, in singoli casi, la classificazione “10 hPa-primo” e “1 hPa-primo” può variare, specialmente nella categoria senza NAM negativo, dove i giorni medi di inizio a 10 hPa e 0,7 hPa sono molto ravvicinati. Questo fenomeno evidenzia la complessità e la parziale sovrapposizione tra i diversi tipi di transizioni primaverili nelle classificazioni adottate dagli studi precedenti, suggerendo la necessità di un approccio più integrato per catturare la variabilità intrinseca di questi processi atmosferici.

La tabella intitolata “Table 1 of Spring Transitions” presenta una classificazione sistematica e quantitativa delle transizioni primaverili osservate nel set di dati MERRA-2, coprendo un periodo di 41 anni, dal 1982 al 2020. Questa rappresentazione tabulare suddivide le transizioni stagionali dell’atmosfera media in cinque distinte categorie, ciascuna caratterizzata da specifici pattern dinamici legati agli improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW, Sudden Stratospheric Warming) e all’indice NAM (Northern Annular Mode), parametri fondamentali per analizzare le interazioni tra stratosfera, mesosfera e la loro evoluzione stagionale. La struttura della tabella è organizzata in cinque colonne, corrispondenti alle seguenti classi di transizione primaverile: Mid-winter SSW, Late-winter SSW, Early spring SSW, Mid-spring SSW e No negative NAM, con ciascun anno attribuito a una singola categoria in base alle caratteristiche osservate nei dati atmosferici, come descritto nei segmenti precedenti.
Analisi dettagliata della struttura e dei contenuti
Ciascuna colonna elenca gli anni in cui le transizioni primaverili sono state classificate in una specifica categoria, seguendo un ordine cronologico. Di seguito, si riportano i dati estratti dalla tabella:
- Mid-winter SSW (blu scuro): Include gli anni 1987, 2001, 2004, 2006, 2009, 2013 e 2019. Questa categoria identifica transizioni primaverili associate a SSW significativi che si verificano a metà inverno, tipicamente tra gennaio e i primi giorni di febbraio. Tali eventi sono caratterizzati da anomalie negative marcate del vento zonale medio (u) e dell’indice NAM, con valori inferiori a −1,0 deviazioni standard a 10 hPa, seguite da una propagazione verso il basso delle anomalie positive che ritardano l’inversione finale del vento zonale, contribuendo in modo preponderante ai riscaldamenti finali stratosferici tardivi (SFW tardivi) identificati in studi precedenti (ad esempio, Butler et al., 2019; Wei, 2007).
- Late-winter SSW (verde): Comprende gli anni 1980, 1981, 1983, 1984, 1988, 1989, 1999, 2008, 2016 e 2020. Questa classe si riferisce a transizioni primaverili indotte da SSW che si manifestano alla fine dell’inverno, generalmente tra metà febbraio e metà marzo, con anomalie negative di u e NAM attorno a −0,75 deviazioni standard a 10 hPa. Sebbene simili a quelle di metà inverno, queste transizioni mostrano un impatto meno intenso o più breve, con venti zonali occidentali deboli o persino orientali nella stratosfera prima dell’inversione finale, contribuendo parzialmente agli SFW tardivi senza superare una deviazione standard rispetto alla media climatologica.
- Early spring SSW (rosso): Include gli anni 1985, 1986, 1992, 1994, 2000, 2005 e 2014. Questa categoria descrive transizioni primaverili con SSW che si verificano all’inizio della primavera, tipicamente a marzo, caratterizzate da anomalie negative di u e NAM pari a −0,75 deviazioni standard sia a 10 hPa che a 0,3 hPa. Queste transizioni sono associate a un’inversione precoce del vento zonale verso venti orientali nella stratosfera, ma con venti occidentali persistenti nella mesosfera per almeno una settimana, rendendo questa classe l’unica a contribuire significativamente agli SFW precoci a 10 hPa, come evidenziato dalla sua posizione al di sotto di una deviazione standard negativa rispetto alla climatologia.
- Mid-spring SSW (azzurro chiaro): Comprende gli anni 1982, 1991, 1995, 2003, 2011, 2015 e 2017. Questa categoria identifica transizioni primaverili con SSW che si verificano a metà primavera, generalmente ad aprile, con un’inversione del vento zonale che si manifesta prima nella mesosfera e quasi simultaneamente nella stratosfera media e superiore. Queste transizioni si collocano temporalmente prima del giorno di inizio climatologico a tutti i livelli, ma non superano la deviazione standard a 10 hPa, mantenendo un intervallo temporale ristretto (circa 15 giorni), il che le esclude dal contribuire sia agli SFW precoci che tardivi.
- No negative NAM (grigio): Include gli anni 1990, 1993, 1997, 1998, 2002, 2007, 2010 e 2012. Questa classe si riferisce a transizioni primaverili caratterizzate da un indice NAM persistentemente positivo a 10 hPa, indicando una stabilità del vortice polare senza SSW significativi o con riscaldamenti minori nell’inverno precedente. L’inversione del vento zonale segue un pattern simile a quello delle transizioni con SSW di fine inverno, ma si verifica leggermente prima, contribuendo marginalmente agli SFW tardivi, poiché il giorno medio di inizio rientra nell’intervallo di una deviazione standard.
Distribuzione e implicazioni scientifiche
Un’analisi quantitativa della tabella rivela una distribuzione relativamente uniforme delle transizioni primaverili tra le cinque categorie, con un numero di anni per classe che varia tra 7 e 10, per un totale di 41 transizioni. Questa uniformità è coerente con quanto descritto nei segmenti precedenti, dove si sottolinea che il numero di transizioni è simile in ciascuna classe, suggerendo un’equa rappresentazione delle diverse dinamiche atmosferiche nel periodo considerato. La classificazione si basa su parametri critici come l’anomalia del vento zonale medio (u) normalizzata rispetto alla sua deviazione standard e l’indice NAM, misurati a livelli di pressione specifici (10 hPa, 0,7 hPa e 0,1 hPa), che riflettono le complesse interazioni tra stratosfera e mesosfera durante le transizioni stagionali.
Le categorie Mid-winter SSW, Late-winter SSW e No negative NAM mostrano un’influenza diretta sugli SFW tardivi, con la classe Mid-winter SSW che esercita il maggiore impatto, data la sua capacità di superare la deviazione standard positiva a 10 hPa, come evidenziato dalla propagazione discendente delle anomalie. Al contrario, la classe Early spring SSW è l’unica a contribuire agli SFW precoci, mentre la classe Mid-spring SSW rimane neutrale, non influenzando né le categorie precoci né quelle tardive. Tali pattern trovano riscontro nelle osservazioni di Hu et al. (2015), che hanno correlato i ritardi negli SFW alla presenza di SSW minori o maggiori nell’inverno precedente, una condizione soddisfatta per le classi Mid-winter SSW, Late-winter SSW e No negative NAM.
Inoltre, la classificazione verticale basata su “10 hPa-primo” e “1 hPa-primo” evidenzia ulteriori dettagli: la transizione Mid-winter SSW è l’unica a contribuire significativamente alla categoria “1 hPa-primo”, riflettendo una dinamica di inversione che si propaga dalla mesosfera verso la stratosfera, mentre le transizioni Late-winter SSW, Early spring SSW e No negative NAM si collocano nella categoria “10 hPa-primo”, con un’inversione che si origina prevalentemente nella stratosfera inferiore. La classe Mid-spring SSW, coerentemente con la sua neutralità, non contribuisce a nessuna delle due categorie verticalmente definite. Questi risultati sono in accordo con le conclusioni di Thiéblemont et al. (2019), che hanno associato gli SSW di metà inverno a SFW “1 hPa-primo” e quelli di fine inverno a SFW “10 hPa-primo”, sebbene si rilevi una discrepanza con la loro osservazione che gli inverni senza SSW siano seguiti da SFW “1 hPa-primo”, una tendenza non confermata dalla presente analisi, potenzialmente attribuibile a differenze nei dataset utilizzati (modellistici CESM/WACCM vs. osservativi ERA-Interim).
Considerazioni metodologiche e limiti
La legenda della tabella chiarisce le abbreviazioni utilizzate: “NAM, Northern Annular Mode; SSW, sudden stratospheric warming,” fornendo un riferimento immediato per i termini tecnici. Tuttavia, si deve notare che la classificazione manuale delle transizioni primaverili, sebbene validata con tecniche avanzate come le mappe auto-organizzanti (Cassano et al., 2007), può presentare ambiguità in singoli casi, specialmente per la classe No negative NAM, dove i giorni medi di inizio a 10 hPa e 0,7 hPa sono particolarmente ravvicinati. Questo suggerisce una possibile sovrapposizione o commistione con altre classi, evidenziando la complessità intrinseca delle dinamiche atmosferiche e la necessità di un’integrazione con ulteriori parametri o modelli per una classificazione ancora più raffinata.
In conclusione, la tabella “Table 1 of Spring Transitions” rappresenta un contributo fondamentale per l’analisi delle transizioni primaverili nell’atmosfera media, offrendo una base solida per confrontare la nuova classificazione con approcci precedenti e per esplorare le interazioni tra stratosfera e mesosfera. Sebbene i risultati siano coerenti con la letteratura esistente, le discrepanze con alcuni studi sottolineano l’importanza di considerare le specificità dei dataset e delle metodologie adottate, aprendo la strada a ulteriori indagini sulla variabilità climatica e sulla previsione stagionale.

La Figura 2 rappresenta una rappresentazione grafica dettagliata e quantitativa delle transizioni primaverili osservate nel periodo 1980-2020, come desunto dal set di dati MERRA-2, suddividendo queste transizioni in cinque classi distinte (Mid-winter SSW, Late-winter SSW, Early spring SSW, Mid-spring SSW e No negative NAM) e analizzandone la distribuzione temporale a tre livelli di pressione atmosferica specifici: (a) 0,1 hPa (mesosfera), (b) 0,7 hPa (stratopausa) e (c) 10 hPa (stratosfera media). Questo diagramma offre una visualizzazione sistematica delle dinamiche stagionali dell’atmosfera media, concentrandosi sull’inversione finale del vento zonale, un processo critico per comprendere le interazioni tra stratosfera e mesosfera durante la transizione da inverno a primavera, ed è strutturato per consentire un confronto tra la nuova classificazione proposta e la tradizionale classificazione basata sui riscaldamenti finali stratosferici precoci e tardivi (SFW, Sudden Final Warming).
Descrizione degli elementi grafici
- Barre colorate:
- Ogni barra colorata delimita l’intervallo temporale, espresso in giorni dell’anno, durante il quale si verifica l’inversione finale del vento zonale per ciascuna delle cinque classi di transizione primaverile, a ciascun livello di pressione considerato (0,1 hPa, 0,7 hPa e 10 hPa). L’estremità sinistra di ogni barra identifica il giorno più precoce dell’inversione finale osservato per quella specifica classe, mentre l’estremità destra indica il giorno più tardivo, fornendo una misura completa della variabilità temporale per ciascuna categoria. Sebbene la leggenda dei colori non sia visibile nell’immagine fornita, è ragionevole presumere che i colori seguano la convenzione descritta nei segmenti precedenti: blu scuro per Mid-winter SSW, verde per Late-winter SSW, rosso per Early spring SSW, azzurro chiaro per Mid-spring SSW e grigio per No negative NAM, coerentemente con la classificazione manuale e i pattern dinamici associati.
- Queste barre consentono di valutare l’ampiezza dell’intervallo temporale di occorrenza di ciascuna classe, riflettendo la variabilità intrinseca delle dinamiche atmosferiche e la loro dipendenza dalla quota atmosferica, offrendo un quadro integrato della propagazione verticale delle inversioni del vento zonale.
- Linea verticale piccola all’interno di ogni barra:
- Questa linea verticale, posizionata all’interno di ciascuna barra colorata, rappresenta il giorno medio (o giorno di onset medio) dell’inversione finale del vento zonale per la rispettiva classe di transizione a ciascun livello di pressione. Tale indicatore fornisce una misura statistica centrale della tempistica tipica di ciascuna categoria, permettendo di confrontare il comportamento medio di ogni classe con la climatologia complessiva e di identificare eventuali deviazioni significative rispetto alla media stagionale. Questo elemento è cruciale per analizzare se una classe contribuisce agli SFW precoci (avvenendo prima della media climatologica) o tardivi (avvenendo dopo), o se si colloca in un intervallo neutrale entro la deviazione standard.
- Linea verticale grigia:
- Una linea verticale grigia, comune a tutti e tre i pannelli (0,1 hPa, 0,7 hPa e 10 hPa), rappresenta il giorno medio di inizio della transizione primaverile calcolato sulla base di tutte le 41 transizioni primaverili osservate nel periodo 1980-2020, per ciascun livello di pressione separatamente. Questo elemento funge da riferimento climatologico, sintetizzando la media temporale di tutte le inversioni finali del vento zonale, indipendentemente dalla classe specifica, e costituisce un benchmark per valutare la posizione relativa delle diverse categorie di transizione rispetto alla norma storica.
- Sfondo grigio:
- L’area grigia che delimita lo sfondo della figura identifica l’intervallo temporale in cui il giorno di inversione finale del vento zonale supera una deviazione standard (1-sigma) rispetto al giorno medio climatologico (rappresentato dalla linea verticale grigia), calcolato separatamente per ciascun livello di pressione. Questa area ombreggiata evidenzia i periodi in cui le transizioni primaverili si verificano in modo significativamente precoce o tardivo rispetto alla media, fornendo un criterio per determinare quali classi contribuiscono agli SFW precoci (quando le barre si estendono nell’area grigia inferiore) o tardivi (quando si estendono nell’area grigia superiore). Questo elemento è fondamentale per il confronto con la classificazione tradizionale precoce-tardiva e per identificare la variabilità interannuale delle dinamiche atmosferiche.
Interpretazione scientifica e implicazioni
L’obiettivo principale della Figura 2 è fornire una rappresentazione visiva della tempistica e della variabilità delle transizioni primaverili nelle diverse classi, analizzando come queste si distribuiscono temporalmente e verticalmente nell’atmosfera media. I risultati evidenziano pattern distinti per ciascuna categoria, come segue:
- Mid-winter SSW: Queste transizioni, tipicamente rappresentate in blu scuro, si verificano inizialmente nella mesosfera (0,1 hPa) e si propagano verso il basso entro circa 20 giorni, superando spesso la deviazione standard positiva a 10 hPa. Ciò le posiziona come contributrici principali agli SFW tardivi, coerentemente con studi precedenti (Butler et al., 2019; Wei, 2007), riflettendo un ritardo significativo nell’inversione finale del vento zonale dovuto agli SSW significativi di metà inverno.
- Late-winter SSW: Rappresentate in verde, queste transizioni iniziano nella mesosfera, seguite dalla stratosfera e infine dalla stratopausa, con un ritardo rispetto alla media complessiva ma senza superare la deviazione standard a nessun livello. Di conseguenza, contribuiscono solo marginalmente agli SFW tardivi, con un intervallo temporale più ampio nella stratosfera (circa 40 giorni) rispetto agli altri livelli (10-15 giorni).
- Early spring SSW: Indicate in rosso, queste transizioni si verificano prima nella stratosfera media (10 hPa), seguite dalla mesosfera e dalla stratopausa, con un giorno medio che supera la deviazione standard negativa a 10 hPa. Sono quindi l’unica classe a contribuire significativamente agli SFW precoci, con un intervallo temporale ampio nei livelli inferiori (circa 35 giorni) e molto ristretto nella mesosfera (circa 9 giorni).
- Mid-spring SSW: Rappresentate in azzurro chiaro, queste transizioni si manifestano prima nella mesosfera e quasi simultaneamente nella stratosfera media e superiore, avvenendo prima del giorno climatologico a tutti i livelli ma senza mai superare la deviazione standard a 10 hPa. Con un intervallo temporale ristretto (circa 15 giorni a 10 hPa), questa classe non contribuisce né agli SFW precoci né tardivi, posizionandosi come un gruppo neutrale.
- No negative NAM: Indicate in grigio, queste transizioni seguono un pattern simile a quello delle Late-winter SSW, iniziando nella mesosfera, poi nella stratosfera e infine nella stratopausa, ma leggermente prima. Il loro giorno medio di inizio rientra nell’intervallo di una deviazione standard, contribuendo solo marginalmente agli SFW tardivi.
La variazione verticale dei pattern è coerente con le dinamiche descritte nei segmenti precedenti: la mesosfera (0,1 hPa) mostra una deviazione standard più piccola rispetto alla stratosfera (10 hPa), indicando una maggiore uniformità temporale nelle inversioni mesosferiche, mentre a 0,7 hPa si osserva un ritardo medio di 11 giorni rispetto agli altri livelli, con una variabilità intermedia. Questi risultati sono in accordo con la letteratura scientifica, come riportato da Ayarzagüena & Serrano (2009), Black et al. (2006), Butler et al. (2019), Kelleher et al. (2020), Li et al. (2012) e Wei (2007), che hanno analizzato le transizioni primaverili e gli SFW in relazione agli SSW e al NAM.
Contesto metodologico e limiti
La Figura 2 si basa su parametri critici come l’anomalia del vento zonale medio (u) normalizzata rispetto alla deviazione standard e l’indice NAM, misurati a 10 hPa, 0,7 hPa e 0,1 hPa, come descritto nei segmenti precedenti. La classificazione manuale delle transizioni primaverili, validata con tecniche avanzate come le mappe auto-organizzanti (Cassano et al., 2007), è stata confrontata con la climatologia complessiva delle 41 transizioni, permettendo di evidenziare la variabilità interannuale e verticale. Tuttavia, si deve considerare che, in singoli casi, specialmente per la classe No negative NAM, l’intervallo temporale tra i livelli 10 hPa e 0,7 hPa può essere molto ristretto, suggerendo una possibile sovrapposizione con altre classi o ambiguità nella classificazione, come notato da Thiéblemont et al. (2019) in studi basati su dati modellistici (CESM/WACCM) rispetto a osservazioni come ERA-Interim.
Conclusione
La Figura 2 rappresenta un contributo fondamentale per l’analisi delle transizioni primaverili, fornendo una rappresentazione visiva della loro tempistica, variabilità e propagazione verticale nell’atmosfera media. Essa consente di identificare quali classi contribuiscono agli SFW precoci o tardivi e di confrontare la nuova classificazione con approcci tradizionali, come “10 hPa-primo” e “1 hPa-primo” (Thiéblemont et al., 2019). I risultati confermano la complessità delle interazioni tra stratosfera e mesosfera e l’importanza di un approccio multidimensionale per comprendere le dinamiche stagionali, aprendo la strada a ulteriori studi sulla variabilità climatica e sulla previsione delle transizioni primaverili.
3.3. Caratteristiche Medie delle Classi di Transizione Primaverile
Attraverso un’analisi composita, volta a sintetizzare le proprietà medie delle cinque classi di transizione primaverile identificate nel set di dati MERRA-2, si è proceduto a investigare le caratteristiche dinamiche e strutturali associate a ciascuna categoria, al fine di identificare specifici periodi temporali e regioni atmosferiche che potrebbero consentire una previsione precoce del tipo di transizione primaverile e del giorno di onset già durante la stagione invernale. Tale approccio contribuisce significativamente al miglioramento delle previsioni stagionali e substagionali, offrendo un quadro integrato per la comprensione delle interazioni tra stratosfera e mesosfera durante la transizione da inverno a primavera.
Similmente alla Figura 1, la Figura 3 presenta, per ciascuna classe di transizione primaverile (riportata in righe distinte), il composito del vento zonale medio (sul lato sinistro) e dell’indice NAM (Northern Annular Mode, sul lato destro), calcolati su un intervallo temporale esteso e a diverse altitudini. La puntinatura presente nei grafici identifica i valori statisticamente significativi, ottenuti mediante un metodo di bootstrap con un livello di significatività di p < 0,05, come descritto nella Sezione 2.4, garantendo una robustezza statistica nell’analisi delle anomalie atmosferiche.
La classe di transizione primaverile con SSW di metà inverno (rappresentata nelle Figure 3a e 3f) si distingue, in media, per la presenza di un vento zonale estremamente debole o persino invertito (conflussi orientali dominanti) nei mesi di gennaio e febbraio. Questo indebolimento si manifesta inizialmente tra le altitudini di 20 e 60 km, corrispondenti alla stratosfera inferiore e media, e si propaga verso il basso nel tempo, configurandosi come un evento di SSW maggiore che si avvia in qualche momento di gennaio. Tale dinamica è accompagnata da un indice NAM fortemente negativo, anch’esso soggetto a una propagazione discendente temporale, che riflette una significativa destabilizzazione del vortice polare stratosferico. Successivamente all’SSW, si osserva la formazione di un vortice polare robusto nella mesosfera media, il quale si propaga verso la stratosfera inferiore col passare del tempo, accompagnato da un indice NAM fortemente positivo. Queste caratteristiche, tutte statisticamente significative e distintive rispetto alle altre classi, permettono di prevedere già a metà inverno sia il giorno di onset che il tipo specifico di transizione primaverile, rendendo questa categoria un caso paradigmatico per le applicazioni previsionali. L’inversione finale del vento zonale, che segna il passaggio definitivo a venti orientali, ha inizio a metà aprile nella mesosfera, si propaga verso il basso fino alla regione della stratopausa (circa 0,7 hPa) e si verifica successivamente in modo quasi simultaneo a tutti i livelli stratosferici, evidenziando una sincronia verticale nella fase conclusiva della transizione.
La struttura verticale e temporale della transizione primaverile con SSW di fine inverno (illustrata nelle Figure 3b e 3g) presenta un comportamento del vento zonale e dell’indice NAM analogo a quello osservato per le transizioni con SSW di metà inverno, ma con una tempistica spostata in avanti di circa 30 giorni nell’arco dell’anno e con una magnitudine complessivamente più debole. Si noti che, sebbene sia presente una propagazione verso il basso dell’indice NAM positivo, questa risulta meno pronunciata rispetto alle transizioni con SSW di metà inverno, suggerendo una minore intensità o una diversa dinamica del vortice polare. L’inversione finale del vento nelle transizioni con SSW di fine inverno è simile a quella delle transizioni con SSW di metà inverno nella mesosfera, ma differisce nella stratosfera. In quest’ultima, l’inversione finale ha inizio intorno ai 30 km di altitudine (stratosfera media) e si propaga verso il basso fino alla stratosfera inferiore, mentre simultaneamente si estende verso l’alto fino alla stratopausa. Questa configurazione indica un parziale disaccoppiamento tra le dinamiche mesosferiche e stratosferiche, riflettendo una maggiore complessità nelle interazioni verticali durante questa classe di transizione.
La struttura della transizione primaverile con SSW di inizio primavera (mostrata nelle Figure 3c e 3h) ripropone nuovamente analogie con le transizioni con SSW di metà inverno, ma si verifica circa 50 giorni più tardi nell’anno e con una magnitudine ancora più ridotta. Nonostante ciò, sebbene si formi un vortice polare nella mesosfera, la sua intensità è ulteriormente attenuata rispetto alle transizioni con SSW di fine inverno. Nella stratosfera, il vento zonale rimane orientato verso est, determinando una transizione primaverile estremamente precoce in questa regione, dominata da un’inversione finale anticipata. Al contrario, nella mesosfera, l’inversione finale del vento si manifesta almeno un mese dopo rispetto alla stratosfera e si propaga verso il basso nel tempo, suggerendo un ruolo predominante della forzante radiativa (ad esempio, il riscaldamento solare) nella guida di questa dinamica stagionale. Anche in questo caso, si osserva un disaccoppiamento tra mesosfera e stratosfera, con una risposta differenziata ai processi fisici che governano l’inversione del vento zonale, evidenziando la diversità delle interazioni termo-dinamiche tra i livelli atmosferici durante questa classe di transizione.La classe di transizione primaverile associata a un improvviso riscaldamento stratosferico (SSW) di metà primavera, rappresentata nelle Figure 3d e 3i, si distingue, in media, per un significativo indebolimento del vento zonale medio (u) osservato alla fine di gennaio e all’inizio di febbraio, un indicatore chiaro di un SSW minore di metà inverno. Questo fenomeno è accompagnato da un indice NAM (Northern Annular Mode) negativo, che tuttavia non mostra una propagazione verso i livelli inferiori dell’atmosfera, suggerendo una risposta dinamica limitata o confinata nella stratosfera superiore e nella mesosfera. Successivamente, all’inizio del mese di aprile, e quindi con un ritardo di circa 70 giorni rispetto alla classe di transizione primaverile con SSW di metà inverno, si verifica un evento di SSW maggiore, tradizionalmente identificato come un riscaldamento finale (final warming). Questo SSW determina un’inversione definitiva del vento zonale verso una configurazione orientale a tutte le altitudini atmosferiche, che si manifesta in modo quasi simultaneo tra mesosfera e stratosfera, riflettendo una sincronia verticale nella fase conclusiva della transizione stagionale. L’evento SSW è nuovamente accompagnato da un indice NAM negativo che si propaga verso il basso nel tempo, evidenziando una dinamica di destabilizzazione del vortice polare stratosferico simile, sebbene temporalmente spostata, a quella osservata nelle altre classi con SSW maggiore. Nella fase di recupero successiva all’SSW, i venti orientali si indeboliscono progressivamente, ma non si invertono mai tornando ai flussi occidentali tipici dell’inverno a nessuna altitudine, consolidando la transizione verso le condizioni primaverili ed estive.
Pertanto, le quattro classi di transizione primaverile precedentemente descritte – Mid-winter SSW, Late-winter SSW, Early spring SSW e Mid-spring SSW – condividono un elemento comune: la presenza, in un momento qualsiasi del periodo invernale-primaverile, di un SSW maggiore accompagnato da un indice NAM negativo che si propaga verso i livelli inferiori dell’atmosfera. Questa caratteristica rappresenta un marker distintivo per queste categorie, sottolineando il ruolo cruciale degli SSW nel determinare la tempistica e la natura delle inversioni del vento zonale, con implicazioni significative per la previsione stagionale e substagionale delle condizioni atmosferiche.
La quinta classe, denominata transizione primaverile senza NAM negativo (rappresentata nelle Figure 3e e 3j), si caratterizza, in media, per un indebolimento non statisticamente significativo del vento zonale e dell’indice NAM alla fine di febbraio, indicativo di un SSW minore confinato nella stratosfera superiore e nella mesosfera. Questo evento, privo dell’intensità e della portata di un SSW maggiore, non produce un’alterazione marcata della circolazione atmosferica, mantenendo i valori di vento zonale e NAM entro intervalli prossimi alla media climatologica. Valori significativi di vento zonale positivo e di NAM emergono solo dopo febbraio, prevalentemente nella stratosfera inferiore e media, riflettendo una stabilizzazione graduale del vortice polare senza perturbazioni rilevanti. L’inversione finale del vento zonale in questa classe si propaga in modo irregolare verso il basso nella mesosfera, iniziando attorno ai 35 km di altitudine nella stratosfera, mentre sopra tale livello si manifesta una propagazione verso l’alto e sotto una propagazione verso il basso, ciascuna caratterizzata da una certa irregolarità temporale e spaziale. Questa configurazione suggerisce un disaccoppiamento parziale tra le dinamiche mesosferiche e stratosferiche, con una risposta asincrona agli stimoli termodinamici e radiativi che governano la transizione primaverile. Ciò che rende questa classe particolarmente notevole è l’assenza di un SSW maggiore accompagnato da un indice NAM negativo che si propaga verso il basso, un tratto distintivo che la differenzia radicalmente dalle altre categorie e indica una maggiore stabilità del vortice polare o una risposta meno pronunciata agli eventi di riscaldamento invernale.
Si deve inoltre considerare che la puntinatura osservata nella stratosfera inferiore nei mesi di marzo e aprile, che evidenzia valori significativi, deriva in larga misura dall’anno 2020, come documentato da Lawrence et al. (2020). In quell’anno, il vortice polare stratosferico è stato eccezionalmente forte e persistentemente freddo, rappresentando uno dei periodi più estremi degli ultimi 40 anni in termini di stabilità atmosferica. Questo evento ha contribuito in modo preponderante alla struttura composita di questa classe, influenzando le anomalie osservate e sottolineando l’importanza di considerare la variabilità interannuale nella caratterizzazione delle transizioni primaverili.

La Figura 3 offre una rappresentazione grafica avanzata e quantitativa delle sezioni temporali-altezzimetriche (time-height cross-sections) dei compositi del vento zonale medio (zonal mean zonal wind) e dell’indice NAM (Northern Annular Mode) per ciascuna delle cinque classi di transizione primaverile identificate nel set di dati MERRA-2, coprendo il periodo 1980-2020. Questi compositi, derivati da un’analisi statistica robusta, sono strutturati in dieci pannelli distinti (a–e per il vento zonale medio e f–j per l’indice NAM, presumibilmente), ciascuno corrispondente a una specifica classe di transizione primaverile: Mid-winter SSW, Late-winter SSW, Early spring SSW, Mid-spring SSW e No negative NAM. La figura si concentra sulle dinamiche atmosferiche medie tra le latitudini 60°N e 70°N, una regione critica dell’emisfero nord per lo studio del vortice polare stratosferico e delle sue interazioni con la mesosfera durante la transizione stagionale da inverno a primavera. L’obiettivo principale di questa rappresentazione è investigare le caratteristiche medie e significative di ciascuna classe, al fine di identificare pattern ricorrenti e fornire un supporto per la previsione precoce (già durante l’inverno) del tipo di transizione primaverile e del giorno di onset, contribuendo così al miglioramento delle previsioni stagionali e substagionali.
Descrizione dettagliata degli elementi grafici
- Sezioni temporali-altezzimetriche:
- Ogni pannello della figura presenta una matrice bidimensionale che descrive l’evoluzione temporale (lungo l’asse orizzontale, tipicamente espresso in giorni o mesi, come gennaio-maggio) e altezzimetrica (lungo l’asse verticale, espressa in chilometri o livelli di pressione, come 0,1 hPa, 0,7 hPa e 10 hPa) delle variabili considerate. Il vento zonale medio è rappresentato come un campo di valori (ad esempio, in m/s), con colori o gradazioni che indicano la direzione e l’intensità del flusso zonale (valori positivi per venti occidentali, negativi per venti orientali). L’indice NAM, anch’esso visualizzato tramite gradazioni cromatiche, riflette la variabilità del vortice polare stratosferico, con valori positivi associati a un vortice forte e ben definito, e valori negativi indicativi di un vortice debole o disturbato, spesso correlato a eventi di SSW.
- I dati sono stati mediati tra 60°N e 70°N, una fascia di latitudine nell’emisfero nord caratterizzata da una pronunciata attività del vortice polare, rendendola ideale per analizzare le perturbazioni stratosferiche e mesosferiche legate agli SSW e alle transizioni stagionali. Questa scelta geografica massimizza la rilevanza dei pattern osservati rispetto alla dinamica del vortice polare e alle sue interazioni con i processi radiativi e dinamici.
- Compositi:
- I compositi sono calcolati come medie statistiche delle osservazioni per ciascuna classe di transizione primaverile, basandosi sugli anni specificamente attribuiti a ciascuna categoria (come elencato nella Tabella 1, con 41 transizioni totali). Questo approccio consente di sintetizzare la variabilità interannuale, enfatizzando le caratteristiche ricorrenti e significative di ogni classe, come l’intensità, la tempistica e la propagazione verticale degli SSW e delle anomalie del NAM. L’analisi composita elimina il rumore casuale, evidenziando pattern comuni che sono rappresentativi delle dinamiche medie associate a ciascuna classe, fornendo una base solida per l’interpretazione climatica e previsiva.
- Puntinatura:
- La puntinatura sovrimpressa nei pannelli identifica i valori statisticamente significativi, determinati mediante un metodo di bootstrap con un livello di significatività di p < 0,05, come specificato nella Sezione 2.4. Questo approccio statistico valuta la robustezza delle anomalie osservate nel vento zonale e nel NAM, distinguendo i pattern reali dal rumore statistico. La puntinatura assicura che le caratteristiche evidenziate siano affidabili per scopi scientifici, permettendo di identificare con precisione le variazioni significative nelle dinamiche stratosferiche e mesosferiche, essenziali per differenziare le classi di transizione primaverile e supportare previsioni accurate.
- Legenda e contesto metodologico:
- La legenda della figura specifica che “NAM, Northern Annular Mode” si riferisce all’indice che quantifica la variabilità del vortice polare stratosferico, un parametro chiave per analizzare la stabilità e le perturbazioni della circolazione atmosferica nell’emisfero nord. I dati provengono dal set MERRA-2, un reanalysis atmosferico globale noto per la sua elevata risoluzione temporale e spaziale, che integra osservazioni satellitari e modelli numerici per ricostruire con precisione le condizioni atmosferiche passate. Questa fonte dati garantisce una base affidabile per l’analisi composita e il confronto con studi precedenti.
Interpretazione scientifica delle classi di transizione primaverile
La Figura 3 illustra le differenze medie tra le cinque classi di transizione primaverile, coerentemente con le descrizioni fornite nella Sezione 3.3. Di seguito, un’analisi dettagliata per ciascuna classe, integrando i pattern osservati nei pannelli con le informazioni testuali:
- Mid-winter SSW (pannelli 3a e 3f):
- Il vento zonale medio mostra un indebolimento significativo o un’inversione verso venti orientali nei mesi di gennaio e febbraio, con il massimo effetto osservato tra le altitudini di 20 e 60 km (stratosfera media). Questo pattern riflette un SSW maggiore di metà inverno, caratterizzato da un indice NAM fortemente negativo che si propaga verso il basso nel tempo, indicando una destabilizzazione del vortice polare stratosferico. La puntinatura evidenzia la significatività statistica di queste anomalie, distinguendo questa classe dalle altre. Successivamente, si osserva la formazione di un vortice polare robusto nella mesosfera (con NAM positivo) che si propaga verso la stratosfera, culminando in un’inversione finale del vento che inizia a metà aprile nella mesosfera e si verifica simultaneamente in tutta la stratosfera. Questo pattern supporta la possibilità di prevedere il tipo e il momento della transizione già a metà inverno, grazie alla sua chiara firma dinamica e statistica.
- Late-winter SSW (pannelli 3b e 3g):
- Simile al Mid-winter SSW, ma con un ritardo temporale di circa 30 giorni (febbraio-marzo) e una magnitudine complessivamente più debole, come evidenziato da valori meno estremi di vento zonale negativo e NAM negativo. La propagazione verso il basso del NAM positivo è meno pronunciata, suggerendo una dinamica meno intensa del vortice polare. L’inversione finale del vento nella mesosfera segue un pattern simile a quello del Mid-winter SSW, ma nella stratosfera l’inversione inizia attorno a 30 km, propagandosi verso il basso fino alla stratosfera inferiore e verso l’alto fino alla stratopausa. La puntinatura evidenzia significative discrepanze, confermando un disaccoppiamento parziale tra mesosfera e stratosfera, con una risposta meno coordinata ai processi dinamici.
- Early spring SSW (pannelli 3c e 3h):
- Analogamente al Mid-winter SSW, questa classe si verifica circa 50 giorni più tardi (marzo) e con una magnitudine ancora più debole. Il vento zonale rimane orientale nella stratosfera, portando a un’inversione precoce, mentre nella mesosfera l’inversione finale avviene almeno un mese dopo, dominata da forzanti radiativi (come il riscaldamento solare). La puntinatura evidenzia la significatività di queste differenze, confermando un disaccoppiamento tra stratosfera e mesosfera, con una dinamica asincrona guidata da processi termodinamici distinti.
- Mid-spring SSW (pannelli 3d e 3i):
- Caratterizzata da un indebolimento del vento zonale a fine gennaio/inizio febbraio, indicativo di un SSW minore di metà inverno, accompagnato da un NAM negativo non propagante verso il basso. A inizio aprile si verifica un SSW maggiore (riscaldamento finale), che inverte il vento zonale simultaneamente a tutte le altitudini, accompagnato da un NAM negativo propagante verso il basso. La puntinatura evidenzia la significatività di questi eventi, mentre nella fase di recupero i venti orientali si indeboliscono senza tornare occidentali, consolidando la transizione primaverile.
- No negative NAM (pannelli 3e e 3j):
- Mostra un indebolimento non significativo del vento zonale e del NAM a fine febbraio, indicativo di un SSW minore nella stratosfera superiore e mesosfera, senza un SSW maggiore o un NAM negativo propagante verso il basso. Valori significativi di vento zonale positivo e NAM emergono dopo febbraio nella stratosfera inferiore/media, riflettendo una stabilizzazione del vortice polare. L’inversione finale si propaga irregolarmente nella mesosfera e inizia a 35 km nella stratosfera, con propagazione irregolare verso l’alto e verso il basso, confermando un disaccoppiamento tra mesosfera e stratosfera. La puntinatura a marzo-aprile nella stratosfera inferiore deriva principalmente dal 2020, con un vortice polare eccezionalmente forte e freddo (Lawrence et al., 2020).
Contesto metodologico, implicazioni e limiti
La Figura 3 si basa su parametri chiave come l’anomalia del vento zonale medio normalizzata rispetto alla deviazione standard e l’indice NAM, misurati a livelli di pressione multipli (0,1 hPa, 0,7 hPa, 10 hPa) e mediati tra 60°N e 70°N. L’analisi composita, validata statisticamente con il metodo di bootstrap (p < 0,05), consente di distinguere pattern significativi, supportando la previsione precoce delle transizioni primaverili. I risultati sono coerenti con studi precedenti (Hu et al., 2015; Thiéblemont et al., 2019) e offrono un confronto con classificazioni tradizionali (SFW precoce/tardivo, 10 hPa-primo/1 hPa-primo). Tuttavia, si deve considerare che la classe No negative NAM può presentare ambiguità in singoli casi, con sovrapposizioni temporali tra livelli (10 hPa e 0,7 hPa), suggerendo la necessità di ulteriori raffinamenti metodologici o l’integrazione con dataset alternativi (es. ERA-Interim) per mitigare discrepanze legate a variazioni interannuali o modellistiche.
Conclusione
La Figura 3 rappresenta un contributo fondamentale per l’analisi delle transizioni primaverili, fornendo una rappresentazione visiva dettagliata delle loro dinamiche verticali e temporali. Essa consente di identificare pattern distintivi per ciascuna classe, supportando previsioni stagionali e substagionali, e aprendo la strada a ulteriori ricerche sulla variabilità climatica e le interazioni stratosfera-mesosfera.
3.4. Analisi dettagliata della struttura latitudinale-altitudinale media del giorno di onset della transizione primaverile
La definizione adottata per la transizione primaverile nell’ambito di questa ricerca, coerentemente con quanto riportato in letteratura (Butler et al., 2019; Hu, Ren, Yu, & Xu, 2014; Wei, 2007), si basa sul calcolo del vento zonale medio zonale, determinato come media spaziale nell’intervallo latitudinale compreso tra 60° e 70°N. Tale scelta consente di catturare un segnale rappresentativo delle dinamiche atmosferiche caratteristiche della stagione, ma il nostro interesse si estende oltre, focalizzandosi sulla caratterizzazione della struttura media latitudinale-altitudinale delle transizioni primaverili nell’atmosfera media, con particolare attenzione alle variazioni spaziali e temporali associate al fenomeno. A tal fine, la Figura 4 presenta una sezione trasversale bidimensionale (latitudine-altitudine) che illustra il giorno medio in cui si verifica l’inversione definitiva del vento zonale medio, calcolato in maniera indipendente per ciascuna combinazione di coordinate spaziali considerate. Tra le peculiarità emerse dall’analisi, si evidenzia una caratteristica ricorrente in tutte le categorie di transizioni primaverili: una regione elongata, definita come “lingua”, caratterizzata da un’inversione del vento significativamente ritardata rispetto alle aree circostanti. Questa struttura si manifesta tra i 40 e i 50 km di altitudine e si estende latitudinalmente tra 50° e 70°N, rappresentando un elemento distintivo delle dinamiche di transizione stagionale.
Nelle transizioni primaverili associate a improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW) di metà inverno, illustrate nella Figura 4a, la propagazione dell’inversione del vento segue un pattern esclusivamente discendente, con una velocità di progressione marcatamente superiore nella stratosfera rispetto alla mesosfera, suggerendo una dinamica dominata da processi gravitativi e termodinamici stratosferici. Diversamente, per le transizioni primaverili legate a SSW di fine inverno (Figura 4b), l’inversione più precoce del vento zonale si verifica nella stratosfera media, con un epicentro localizzato tra 70° e 75°N a un’altitudine di circa 32 km, a nord di 60°N. Nella mesosfera, invece, la propagazione discendente dell’inversione appare modulata da una lingua di ritardo più pronunciata, situata tra la stratosfera superiore e la mesosfera inferiore, che anticipa il cambio di regime a latitudini superiori a 70°N. Per le transizioni primaverili associate a SSW di inizio primavera (Figura 4c), il processo di inversione si manifesta inizialmente a nord di 50°N, con un centro di attività primaria collocato tra 57° e 67°N a circa 37 km di altitudine, nella stratosfera media e superiore. Un secondo nucleo di inversione precoce emerge a latitudini polari (>70°N) al di sopra della stratopausa, evidenziando una complessità strutturale maggiore rispetto agli altri casi. Le transizioni primaverili di metà primavera (Figura 4d), invece, mostrano una sincronia quasi perfetta a tutte le altitudini a nord di 65°N, mentre a latitudini inferiori la presenza della lingua di inversione tardiva ostacola un onset precoce, pur registrando, all’interno di tale regione, i giorni di inversione più anticipati tra tutte le classi analizzate. Infine, nelle transizioni primaverili prive di un Modo Annulare Nordico (NAM) negativo (Figura 4e), l’inversione del vento si manifesta dapprima nella mesosfera a nord di 70°N, propagandosi successivamente verso il basso nel tempo. Parallelamente, un ulteriore centro di inversione precoce si sviluppa nella stratosfera media e superiore a nord di 65°N, da cui il processo si estende sia verso il basso che verso latitudini più equatoriali, con una lingua di ritardo ben definita, sebbene meno marcata rispetto al caso delle SSW di fine inverno.
Queste evidenze mettono in luce l’esistenza di variazioni latitudinali significative nelle dinamiche delle transizioni primaverili, sia nella stratosfera che nella mesosfera, suggerendo che un approccio analitico differenziato per latitudine potrebbe rivelare ulteriori dettagli sulle interazioni atmosfera-alta atmosfera. Tuttavia, tali approfondimenti esulano dagli obiettivi del presente studio. La scelta di concentrare l’analisi sulla fascia latitudinale 60°–70°N si conferma comunque adeguata, poiché consente di intercettare e descrivere con sufficiente accuratezza le principali caratteristiche dinamiche e strutturali di ciascuna classe di transizione primaverile identificata.

La Figura 4 presenta una serie di sezioni trasversali latitudine-altitudine che illustrano il giorno medio di onset della transizione primaverile, definito come il momento in cui il vento zonale medio subisce un’inversione definitiva dalla configurazione invernale (dominazione dei venti occidentali) a quella estiva (prevalenza dei venti orientali), per cinque distinte classi di transizioni primaverili, etichettate da (a) a (e). Queste rappresentazioni grafiche sono state costruite utilizzando i dati derivati dal Modern-Era Retrospective Analysis for Research and Applications, versione 2 (MERRA-2), un sistema di rianalisi atmosferica che integra osservazioni satellitari e modellistiche per fornire una ricostruzione tridimensionale delle variabili atmosferiche su scala globale. L’obiettivo della figura è quello di evidenziare la variabilità spazio-temporale dell’inversione del vento zonale medio in funzione della latitudine (asse orizzontale, generalmente compreso tra 30°N e 90°N) e dell’altitudine (asse verticale, che copre tipicamente la stratosfera e la mesosfera, da circa 10 km a 70–80 km), mettendo in luce le peculiarità strutturali e dinamiche di ciascun tipo di transizione primaverile.
I pannelli della Figura 4 sono organizzati come segue:
- Pannello (a): Rappresenta le transizioni primaverili associate a improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW) di metà inverno. In questo caso, l’inversione del vento zonale medio segue una traiettoria di propagazione esclusivamente discendente, con un gradiente temporale che evidenzia una velocità di transizione più rapida nella stratosfera (10–50 km) rispetto alla mesosfera (50–80 km). Questo comportamento riflette l’influenza dominante dei processi stratosferici, probabilmente legati alla dissipazione di onde planetarie che modulano la circolazione zonale.
- Pannello (b): Descrive le transizioni primaverili di fine inverno con SSW. Qui, l’inversione più precoce si manifesta nella stratosfera media, con un centro di attività identificato tra 70° e 75°N a circa 32 km di altitudine. La propagazione verso la mesosfera avviene in modo discendente, ma è modulata da una regione di ritardo pronunciato, definita come “lingua”, che si estende nella stratosfera superiore e nella mesosfera inferiore, anticipando l’inversione a latitudini polari (>70°N).
- Pannello (c): Illustra le transizioni primaverili di inizio primavera con SSW. L’onset precoce del vento zonale si concentra nella stratosfera media e superiore, con un epicentro tra 57° e 67°N a circa 37 km, accompagnato da una seconda regione di inversione anticipata al di sopra della stratopausa (circa 50 km) a nord di 70°N. Questa duplice struttura suggerisce una dinamica complessa, potenzialmente influenzata da interazioni tra stratosfera e mesosfera in risposta a forcing radiativi o dinamici specifici della stagione.
- Pannello (d): Rappresenta le transizioni primaverili di metà primavera con SSW. In questo scenario, l’inversione del vento zonale si verifica in modo quasi sincrono a tutte le altitudini a nord di 65°N, indicando una transizione altamente coerente verticalmente. Tuttavia, a latitudini più meridionali, la presenza di una “lingua” di inversione tardiva impedisce un onset precoce, pur mostrando, all’interno di questa regione, i giorni di inversione più anticipati rispetto alle altre classi.
- Pannello (e): Mostra le transizioni primaverili prive di un Modo Annulare Nordico (NAM) negativo. L’inversione inizia nella mesosfera a nord di 70°N, propagandosi successivamente verso altitudini inferiori con una chiara traiettoria discendente. Parallelamente, emerge una seconda area di inversione precoce nella stratosfera media e superiore a nord di 65°N, da cui il processo si estende sia verso il basso che verso latitudini più equatoriali, con una “lingua” di ritardo meno marcata rispetto al pannello (b).
Un elemento ricorrente in tutti i pannelli è la presenza di una regione elongata di inversione tardiva, denominata “lingua”, localizzata tra 40 e 50 km di altitudine e compresa latitudinalmente tra 50° e 70°N. Questa struttura appare come un’anomalia temporale rispetto alle regioni adiacenti ed è probabilmente legata a una persistenza locale della circolazione invernale, influenzata da fattori come la stabilità termica o la modulazione delle onde atmosferiche. La sua rappresentazione grafica si distingue per un contrasto cromatico, che potrebbe riflettersi in tonalità più calde (ad esempio, rosso o arancione) su una scala di colori graduata in base al giorno dell’anno (ad esempio, dal blu per i giorni precoci al rosso per quelli tardivi).
Un ulteriore livello di analisi è fornito dalla puntinatura (stippling) sovrapposta ai dati, che indica le regioni in cui i valori del giorno di onset della transizione primaverile risultano statisticamente significativi (p < 0.05), secondo un test statistico non specificato ma tipicamente basato su metodologie standard come il t-test o il bootstrap. Questa marcatura fornisce un’indicazione della robustezza dei pattern osservati, distinguendo le variazioni sistematiche da quelle potenzialmente attribuibili al rumore nei dati. Si prevede che la puntinatura sia più concentrata nelle aree di inversione precoce o nella “lingua” tardiva, dove le dinamiche atmosferiche sono più pronunciate e consistenti.
In sintesi, la Figura 4 offre una rappresentazione spazialmente esplicita e quantitativa della variabilità del giorno medio di inversione del vento zonale medio durante la transizione primaverile, evidenziando differenze strutturali e temporali tra le cinque classi analizzate. La combinazione di propagazioni discendenti, punti di onset precoce e regioni di ritardo consente di comprendere meglio le interazioni tra stratosfera e mesosfera, nonché l’influenza di eventi come gli SSW o lo stato del NAM sulla dinamica stagionale. Questa visualizzazione sottolinea l’importanza di considerare la dimensione latitudinale e altitudinale per una caratterizzazione completa delle transizioni atmosferiche, fornendo una base solida per ulteriori indagini sui processi fisici sottostanti.
3.5. Forzanti dominanti e loro ruolo nella modulazione delle classi di transizione primaverile
La tempistica e l’evoluzione dinamica delle transizioni primaverili nell’atmosfera media risultano determinate dall’interazione complessa tra forzanti radiative, associate principalmente al gradiente stagionale di radiazione solare, e forzanti dinamiche, mediate dall’attività delle onde planetarie (PWs). Tali onde, generate nella troposfera e propagate verso la stratosfera e la mesosfera, giocano un ruolo cruciale nel modulare la circolazione zonale, influenzando il momento e la struttura dell’inversione definitiva del vento zonale medio, che segna il passaggio dalla configurazione invernale a quella estiva. Al fine di quantificare il contributo delle onde planetarie all’inversione finale del vento nelle diverse classi di transizioni primaverili, nel presente studio si propone un’analisi dettagliata dell’evoluzione temporale delle variabili atmosferiche chiave. A questo scopo, la Figura 5 riporta l’andamento medio del vento zonale nella stratosfera (10–50 km) e nella mesosfera (50–80 km), affiancato dal flusso di calore meridionale (v′T′), un proxy consolidato dell’intensità dell’attività delle onde planetarie, calcolato nella stratosfera media e superiore. Le diverse classi di transizioni primaverili sono rappresentate tramite linee distinte contraddistinte da colori specifici, con l’aggiunta di marcatori puntiformi (dots) per evidenziare i valori che raggiungono significatività statistica, presumibilmente determinata attraverso un test con soglia p < 0.05.
L’analisi generale rivela una tendenza stagionale coerente: sia i venti zonali medi che i flussi di calore meridionali mostrano una progressiva diminuzione di intensità dal cuore dell’inverno (gennaio) fino alla tarda primavera (aprile-maggio), come illustrato dalla linea grigia nella Figura 5. Tale evoluzione riflette il graduale indebolimento della circolazione polare invernale sotto l’influenza del crescente apporto radiativo solare e della riduzione dell’attività delle onde planetarie tipica della stagione avanzata. Gli improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW), eventi dinamici che definiscono la classificazione temporale delle transizioni primaverili considerate, si distinguono per una sequenza caratteristica: picchi di flussi di calore meridionali eccezionalmente intensi (registrati approssimativamente ai giorni dell’anno – DoY – 18, 42, 65, 85, e ulteriori date non specificate) precedono fasi di venti zonali significativamente deboli (DoY 22, 55, 75, 95, e ulteriori date), come mostrato nei pannelli 5c e 5d della Figura 5. Questa relazione temporale suggerisce che l’attività delle onde planetarie, dissipandosi nella stratosfera, trasferisce momento angolare sufficiente a perturbare la circolazione zonale, favorendo l’instaurarsi di condizioni favorevoli all’inversione finale.
Focalizzandosi sulle transizioni primaverili associate a SSW di metà inverno (rappresentate dalla linea blu), si osserva un flusso di calore meridionale marcatamente debole nella mesosfera intorno al giorno 30 successivo all’evento SSW principale di gennaio. Questa riduzione significativa dell’attività delle onde coincide con un’anomala intensificazione dei venti zonali nella mesosfera (DoY 30–90), un fenomeno che si propaga verso il basso nel tempo, raggiungendo la stratosfera immediatamente prima dell’inversione definitiva del vento (DoY 75–110). In prossimità di tale inversione, si registra un lieve incremento del flusso di calore (DoY 112), che tuttavia non raggiunge livelli statisticamente significativi. Questi dati indicano che, per questa classe di transizioni, l’inversione finale del vento è prevalentemente governata da processi radiativi, i quali dominano sia nella stratosfera che nella mesosfera, con un contributo dinamico delle onde planetarie limitato e subordinato al forcing radiativo stagionale.
Per le transizioni primaverili legate a SSW di fine inverno (rappresentate dalla linea arancione), l’evoluzione dinamica presenta caratteristiche distinte. Intorno al giorno 80 successivo all’evento SSW di febbraio, si rileva un flusso di calore meridionale significativamente ridotto nella mesosfera, associato a un rafforzamento marcato dei venti zonali in questa regione (DoY 80–130), rilevabile poco prima dell’inversione definitiva. Contemporaneamente, nella stratosfera, i venti zonali risultano deboli (DoY 90–110), pur senza raggiungere significatività statistica, consentendo al flusso di calore, anch’esso debole (DoY 80–100), di facilitare l’inversione del vento con relativa facilità. Tale configurazione suggerisce una dinamica bifasica: nella mesosfera, l’inversione finale appare principalmente determinata da processi radiativi, data la scarsa attività delle onde planetarie; nella stratosfera, invece, l’equilibrio tra forzanti radiative e dinamiche sembra più bilanciato, con un ruolo non trascurabile delle onde planetarie nel modulare la tempistica dell’inversione.Le transizioni primaverili associate a improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW) di inizio primavera, rappresentate dalla linea verde, si distinguono per un’intensa attività di flussi di calore meridionali (v′T′) diretti verso la stratosfera e la mesosfera, con picchi significativi registrati intorno al giorno dell’anno (DoY) 65, precedente l’evento SSW di marzo e, conseguentemente, l’inversione definitiva del vento zonale nella stratosfera. Tale configurazione dinamica è indicativa di una robusta forzatura delle onde planetarie (PWs), che trasferiscono momento angolare verso l’atmosfera media, perturbando la circolazione zonale invernale. Tuttavia, nella mesosfera, si osserva un recupero dei venti zonali (DoY 90–110), attribuibile a un calo significativo dei flussi di calore (DoY 80–100), che riduce l’influenza dinamica delle onde. Questo lascia spazio alla predominanza di processi radiativi, i quali, data la fase stagionale ancora prossima all’inverno boreale, riflettono un bilancio radiativo tipico della stagione fredda, caratterizzato da un basso angolo di incidenza solare e da una persistente configurazione invernale della temperatura atmosferica. Ne consegue che, per questa classe di transizioni, l’inversione finale del vento nella stratosfera è prevalentemente governata da meccanismi dinamici legati alla dissipazione delle onde planetarie, mentre nella mesosfera i processi radiativi assumono un ruolo dominante, modulando il ritardo nell’inversione rispetto alla stratosfera.
Le transizioni primaverili delle SSW di metà primavera, indicate dalla linea rossa, presentano un’evoluzione distinta, caratterizzata da flussi di calore meridionali significativamente intensi verso la stratosfera e la mesosfera nel periodo compreso tra DoY 70 e 100. Questa forzatura dinamica sostenuta culmina in un’inversione finale del vento zonale in entrambe le regioni pochi giorni dopo, tra DoY 85 e 95, suggerendo una transizione altamente sincronizzata verticalmente. L’elevata attività delle onde planetarie in questo intervallo temporale implica che, per questa classe, l’inversione definitiva sia principalmente guidata da processi dinamici, con un contributo radiativo subordinato, probabilmente a causa della concomitante transizione stagionale verso un regime radiativo primaverile che amplifica gli effetti delle perturbazioni dinamiche.
Le transizioni primaverili prive di un Modo Annulare Nordico (NAM) negativo, rappresentate dalla linea viola, seguono un andamento più vicino alla climatologia media della stratosfera e della mesosfera, senza evidenziare deviazioni statisticamente significative nei flussi di calore o nei venti zonali. Questo comportamento sugere un equilibrio tra forzanti radiative, legate al progressivo aumento della radiazione solare primaverile, e forzanti dinamiche, associate all’attività residua delle onde planetarie. L’inversione finale del vento in questa classe appare quindi determinata da una combinazione di entrambi i processi, con una possibile lieve predominanza dinamica, come deducibile dalla struttura irregolare della linea di vento zero osservata nella Figura 3e. Tale irregolarità potrebbe riflettere variazioni interannuali nell’intensità o nella tempistica delle onde planetarie, introducendo una certa aleatorietà nella dominanza dei meccanismi coinvolti.
Questi risultati si allineano con le classificazioni esistenti dei riscaldamenti finali stratosferici (SFW). Gli SFW precoci, noti per essere guidati principalmente da processi dinamici (Wei, 2007; Hu, Ren, Yu, & Xu, 2014), trovano corrispondenza nelle transizioni primaverili delle SSW di inizio primavera (cfr. Figura 2), dove l’attività delle onde planetarie è determinante. Gli SFW tardivi, caratterizzati da una predominanza di processi radiativi (Wei, 2007; Li et al., 2012; Hu, Ren, Yu, & Xu, 2014), sono rappresentati prevalentemente, ma non esclusivamente, dalle transizioni delle SSW di metà inverno (cfr. Figura 2), in cui il forcing radiativo stagionale prevale. Gli SFW con inversione iniziale a 1 hPa, anch’essi influenzati principalmente da processi radiativi (Hardiman et al., 2011; Thiélemont et al., 2019), corrispondono soprattutto alle transizioni delle SSW di metà inverno, pur con alcune eccezioni. Infine, gli SFW con inversione iniziale a 10 hPa, dominati da dinamiche (Hardiman et al., 2011; Thiélemont et al., 2019), si rispecchiano nelle transizioni delle SSW di inizio primavera, ma trovano rappresentazione anche nelle transizioni delle SSW di fine inverno e in alcune transizioni senza NAM negativo, evidenziando una certa sovrapposizione tra classi dinamiche. La coerenza di questi risultati con la letteratura precedente valida l’approccio adottato, confermando il ruolo differenziale delle forzanti radiative e dinamiche nelle diverse configurazioni di transizione.
Un’eccezione degna di nota è rappresentata dalle transizioni primaverili delle SSW di metà primavera, che non si inseriscono pienamente nelle classificazioni standard degli SFW. La loro occorrenza media non supera la deviazione standard climatologica nella stratosfera (cfr. Figura 2c), e la quasi simultaneità dell’inversione a tutte le altitudini le distingue come un caso intermedio, in cui la sincronia verticale suggerisce un’interazione particolarmente efficace tra dinamiche e radiazione. Questa peculiarità sottolinea i limiti delle classificazioni tradizionali e evidenzia il valore aggiunto della presente analisi, che propone una nuova categorizzazione delle transizioni primaverili. Tale approccio consente una comprensione più granulare dei processi fisici che regolano l’inversione del vento zonale nella stratosfera e nella mesosfera, offrendo potenzialmente strumenti predittivi più raffinati per determinare la tempistica e le modalità delle transizioni primaverili. L’integrazione di queste osservazioni in modelli atmosferici potrebbe migliorare la capacità di anticipare le variazioni stagionali della circolazione atmosferica, con implicazioni per la previsione meteorologica e climatica a medio e lungo termine.Un indicatore complementare per discernere se una transizione primaverile sia prevalentemente modulata da processi dinamici o radiativi è rappresentato dalla velocità di transizione del vento zonale medio dalla configurazione occidentale (westerly) a quella orientale (easterly). Studi precedenti (Butler et al., 2019; Wei, 2007) hanno stabilito che transizioni lente, caratterizzate da variazioni inferiori a 2 m/s al giorno, sono tipicamente dominate da forzanti radiative, legate al graduale aumento dell’insolazione primaverile e al conseguente riscaldamento differenziale dell’atmosfera media. Viceversa, transizioni rapide, con variazioni superiori a 3 m/s al giorno, risultano principalmente guidate da processi dinamici, associati alla dissipazione delle onde planetarie (PWs) e al trasferimento di momento angolare nella stratosfera e mesosfera. Per analizzare questo aspetto, la Figura 6 presenta l’evoluzione temporale media della velocità di cambiamento del vento zonale (espressa in m/s al giorno) per le diverse classi di transizioni primaverili, con i dati centrati sul giorno dell’inversione definitiva del vento (definito come giorno 0) sia nella stratosfera che nella mesosfera, consentendo una valutazione diretta della rapidità del processo di transizione in ciascuna regione atmosferica.
Nella stratosfera (cfr. Figura 6b), l’analisi evidenzia che le transizioni primaverili delle SSW di inizio primavera (linea verde) e delle SSW di metà primavera (linea rossa) mostrano una diminuzione del vento zonale particolarmente marcata, raggiungendo valori fino a 4 m/s al giorno nella settimana precedente il giorno 0. Questa elevata velocità di transizione classifica tali eventi come rapidi, coerentemente con una predominanza di forzanti dinamiche, probabilmente legate all’intensa attività delle onde planetarie che perturbano la circolazione zonale invernale in queste fasi stagionali. Al contrario, le altre tre classi di transizioni primaverili – SSW di metà inverno, SSW di fine inverno e transizioni senza NAM negativo – mostrano una riduzione del vento zonale più graduale, con tassi che non superano i 2 m/s al giorno, indicando una transizione lenta e suggerendo una dominanza dei processi radiativi, in linea con un’evoluzione stagionale più vicina alla climatologia radiativa primaverile. Questi risultati si allineano con le osservazioni di Wei (2007) e Butler et al. (2019), che identificano i riscaldamenti finali stratosferici precoci (SFW) come eventi rapidi, qui rappresentati dalle transizioni delle SSW di inizio primavera, e gli SFW tardivi come eventi lenti, qui incarnati principalmente dalle transizioni delle SSW di metà inverno, confermando la validità del nostro schema classificativo rispetto ai paradigmi esistenti.
Nella mesosfera inferiore (cfr. Figura 6a), la dinamica si presenta più uniforme tra le classi, con un’eccezione significativa: solo le transizioni primaverili delle SSW di metà primavera superano la soglia di 2 m/s al giorno nella diminuzione del vento zonale, indicando una transizione rapida e un ruolo rilevante delle forzanti dinamiche anche a queste altitudini. Le rimanenti quattro classi – SSW di metà inverno, fine inverno, inizio primavera e senza NAM negativo – mostrano tassi di variazione inferiori a 2 m/s al giorno, caratterizzando una transizione lenta e suggerendo che, nella mesosfera, i processi radiativi tendano a prevalere, coerentemente con quanto emerso dall’analisi dei flussi di calore e dei venti zonali nella Figura 5. Questa predominanza radiativa nella mesosfera potrebbe riflettere una minore penetrazione delle onde planetarie a queste altitudini durante la maggior parte delle transizioni, con l’eccezione delle SSW di metà primavera, dove la sincronia tra stratosfera e mesosfera implica un’interazione dinamica più robusta e persistente.
In sintesi, l’introduzione di cinque nuove classi di transizioni primaverili, definite in base all’occorrenza, alla tempistica e all’intensità degli SSW (misurata attraverso l’indice NAM), arricchisce la comprensione dei processi fisici che regolano la transizione stagionale nell’atmosfera media. Tale approccio consente di integrare informazioni sulla dinamica invernale e primaverile, migliorando potenzialmente la capacità predittiva dei riscaldamenti finali stratosferici. In particolare, la classe delle transizioni primaverili delle SSW di metà inverno emerge come un candidato promettente per una previsione precoce, già a partire da gennaio, qualora si considerino anche le variazioni del vento zonale nella mesosfera (cfr. Figura 5a). Questo dato sottolinea il valore critico delle osservazioni mesosferiche su scala globale, rese possibili da strumenti come il Microwave Limb Sounder (MLS) e da dataset di rianalisi come MERRA-2, che estendono la loro copertura oltre la stratopausa (McCormack et al., 2017). La disponibilità di tali dati consente di catturare le interazioni tra stratosfera e mesosfera con un livello di dettaglio senza precedenti, evidenziando l’importanza di un monitoraggio integrato dell’atmosfera media per comprendere e prevedere le dinamiche stagionali. Questi risultati non solo corroborano le conoscenze pregresse, ma offrono una base più solida per lo sviluppo di modelli predittivi avanzati, con implicazioni significative per la meteorologia e la climatologia stratosferica.

La Figura 5 presenta un’analisi quantitativa e comparativa dell’evoluzione temporale media di due parametri atmosferici fondamentali – il vento zonale medio e il flusso di calore meridionale (v′T′) – durante la transizione primaverile, con un focus sulle dinamiche della stratosfera e della mesosfera per cinque classi distinte di transizioni primaverili, ciascuna identificata da linee colorate specifiche. Questi parametri sono calcolati su intervalli latitudinali selezionati e a livelli di pressione rappresentativi di diverse altitudini atmosferiche, consentendo una valutazione dettagliata delle interazioni tra processi radiativi e dinamici che modulano l’inversione definitiva del vento zonale, ovvero il passaggio dalla circolazione invernale occidentale a quella estiva orientale. La figura è strutturata in quattro pannelli (a–d), ciascuno dei quali esplora una combinazione unica di variabile e livello altitudinale, integrando una climatologia di riferimento (linea grigia) derivata da 41 anni di dati, accompagnata dalla relativa deviazione standard (ombreggiatura grigia), per contestualizzare le anomalie delle singole classi rispetto al comportamento medio stagionale. I valori significativi (p < 0.05) per ciascuna classe sono evidenziati mediante punti colorati, offrendo un’indicazione statistica robusta delle deviazioni rilevanti dalla climatologia.
Il pannello (a) illustra l’evoluzione del vento zonale medio a 0.3 hPa, corrispondente alla mesosfera inferiore (circa 55–60 km di altitudine), calcolato come media spaziale tra 60° e 70°N, una fascia latitudinale critica per monitorare la circolazione polare. Le linee colorate rappresentano le cinque classi di transizioni primaverili (SSW di metà inverno, fine inverno, inizio primavera, metà primavera e senza NAM negativo), mentre la linea grigia traccia la climatologia media, evidenziando il progressivo indebolimento del vento zonale da valori positivi (occidentali) a valori nulli o negativi (orientali) nel corso della stagione. I punti colorati indicano i momenti in cui il vento zonale di una specifica classe si discosta significativamente dalla media climatologica, riflettendo l’influenza di forzanti dinamiche o radiative. Ad esempio, per le transizioni delle SSW di metà inverno (linea blu), si potrebbe osservare un’anomala persistenza di venti zonali intensi tra i giorni dell’anno (DoY) 30 e 90, come conseguenza di un flusso di calore meridionale ridotto, coerentemente con una dominanza radiativa in questa regione atmosferica.
Il pannello (b) analizza il vento zonale medio a 10 hPa, corrispondente alla stratosfera media (circa 30–35 km), sempre mediato tra 60° e 70°N. Questo livello altitudinale è particolarmente sensibile alle perturbazioni indotte dagli improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW) e rappresenta un punto focale per valutare la transizione stagionale. Le linee colorate mostrano variazioni distintive tra le classi: ad esempio, le SSW di inizio primavera (linea verde) potrebbero evidenziare un rapido indebolimento del vento zonale in prossimità dell’inversione finale, guidato da un’intensa attività dinamica, mentre le SSW di fine inverno (linea arancione) mostrano venti più deboli ma non statisticamente significativi tra DoY 90 e 110, suggerendo un equilibrio tra forzanti radiative e dinamiche. La climatologia (linea grigia) rivela una diminuzione graduale del vento zonale, tipica della transizione stagionale, con l’ombreggiatura grigia che delimita l’intervallo di variabilità naturale.
Il pannello (c) riporta l’evoluzione del flusso di calore meridionale (v′T′) a 1 hPa, nella stratosfera superiore (circa 45–50 km), mediato tra 40° e 75°N, un intervallo latitudinale più ampio che cattura l’attività delle onde planetarie propagate dalla troposfera verso l’atmosfera media. Questo parametro, che quantifica il trasporto meridionale di calore e momento angolare, è un indicatore diretto della forzatura dinamica associata alle onde planetarie. Le linee colorate evidenziano picchi significativi di attività per ciascuna classe: ad esempio, tutte le classi mostrano flussi di calore intensi in corrispondenza degli SSW (DoY 18, 42, 65, 85), come indicato dai punti colorati, seguiti da un declino che riflette la transizione verso una circolazione estiva. Per le SSW di metà primavera (linea rossa), il flusso di calore rimane elevato tra DoY 70 e 100, sostenendo un’inversione dinamica sincronizzata tra stratosfera e mesosfera. La climatologia grigia mostra un andamento decrescente, tipico del passaggio dall’inverno alla primavera, quando l’attività delle onde planetarie si attenua.
Il pannello (d) esplora il flusso di calore meridionale a 100 hPa, nella stratosfera inferiore (circa 15–20 km), anch’esso mediato tra 40° e 75°N. Questo livello, più vicino alla tropopausa, riflette le dinamiche di origine troposferica che alimentano le perturbazioni stratosferiche. Le linee colorate evidenziano variazioni significative nelle diverse fasi delle transizioni primaverili: ad esempio, un picco precoce nei flussi di calore per le SSW di inizio primavera (DoY 65, linea verde) potrebbe precedere un rapido indebolimento del vento zonale, mentre altre classi mostrano un’attenuazione più graduale. La climatologia grigia rivela un’attività più intensa in inverno, seguita da un calo verso la primavera, con deviazioni significative nelle classi dinamiche che sottolineano il ruolo delle onde planetarie nel modulare la transizione.
In sintesi, la Figura 5 offre una rappresentazione multidimensionale delle dinamiche atmosferiche associate alle transizioni primaverili, consentendo un confronto diretto tra le cinque classi in termini di vento zonale e flusso di calore a diverse altitudini. I pannelli evidenziano come le classi dominate da processi dinamici (ad esempio, SSW di inizio primavera e metà primavera) mostrino flussi di calore intensi e rapide variazioni del vento zonale, mentre quelle guidate da processi radiativi (ad esempio, SSW di metà inverno) presentino venti più persistenti e flussi deboli, in linea con il bilancio radiativo stagionale. La significatività statistica dei dati (punti colorati) e il confronto con la climatologia (linea grigia e ombreggiatura) forniscono una base solida per identificare i momenti critici e i processi dominanti, contribuendo a una comprensione più approfondita delle interazioni stratosfera-mesosfera durante la transizione primaverile.

La Figura 6 presenta un’analisi quantitativa dell’evoluzione temporale media della velocità di variazione del vento zonale medio (espressa in m/s al giorno), centrata sul giorno dell’inversione definitiva del vento (definito come giorno 0, o spring transition onset day), per cinque classi distinte di transizioni primaverili, ciascuna rappresentata da linee colorate specifiche. Questa metrica, che misura la rapidità con cui il vento zonale passa dalla direzione occidentale (positiva, tipica della circolazione invernale) a quella orientale (negativa, caratteristica della circolazione estiva), funge da indicatore diagnostico per discernere la predominanza di processi dinamici o radiativi nella modulazione della transizione stagionale. Transizioni rapide, con tassi di variazione superiori a 3 m/s al giorno, sono associate a forzanti dinamiche, come la dissipazione delle onde planetarie (PWs), mentre transizioni lente, con tassi inferiori a 2 m/s al giorno, riflettono una dominanza di processi radiativi legati al bilancio stagionale della radiazione solare (Butler et al., 2019; Wei, 2007). La figura è articolata in due pannelli – (a) a 0.3 hPa (mesosfera inferiore) e (b) a 10 hPa (stratosfera media) – che consentono un confronto verticale delle dinamiche atmosferiche. I valori statisticamente significativi (p < 0.05), evidenziati da punti colorati, identificano le deviazioni robuste delle singole classi rispetto a una baseline climatologica o a un’ipotesi nulla, fornendo una validazione statistica delle tendenze osservate.
Il pannello (a) illustra la velocità di cambiamento del vento zonale a 0.3 hPa, corrispondente alla mesosfera inferiore (circa 55–60 km di altitudine), una regione al di sopra della stratopausa dove le interazioni tra forzanti dinamiche e radiative assumono caratteristiche distintive. Le linee colorate rappresentano le cinque classi di transizioni primaverili: SSW di metà inverno, fine inverno, inizio primavera, metà primavera e senza NAM negativo. L’asse orizzontale copre un intervallo temporale simmetrico attorno al giorno 0 (ad esempio, da -10 a +10 giorni), mentre l’asse verticale riporta la velocità di variazione, con valori negativi che indicano un’accelerazione verso l’inversione (venti orientali). Dai dati emerge che solo la classe delle transizioni primaverili delle SSW di metà primavera (linea rossa) supera la soglia critica di 2 m/s al giorno, raggiungendo tassi di variazione potenzialmente prossimi a -2.5 o -3 m/s al giorno in prossimità del giorno 0, con punti significativi che confermano la robustezza statistica di questa transizione rapida. Tale comportamento riflette una marcata influenza dinamica, probabilmente sostenuta da un’attività persistente delle onde planetarie che si propaga fino alla mesosfera, come suggerito dai flussi di calore intensi osservati in Figura 5. Le rimanenti quattro classi mostrano tassi di variazione più contenuti, inferiori a 2 m/s al giorno, con linee che declinano gradualmente e pochi o nessun punto significativo, indicando una transizione lenta e una predominanza di processi radiativi. Questa tendenza è coerente con una ridotta penetrazione delle perturbazioni dinamiche a queste altitudini, dove il forcing radiativo stagionale tende a governare l’evoluzione della circolazione.
Il pannello (b) analizza la velocità di variazione del vento zonale a 10 hPa, corrispondente alla stratosfera media (circa 30–35 km), un livello altitudinale cruciale per monitorare gli effetti degli improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW) e la transizione stagionale della circolazione polare. Le linee colorate evidenziano una netta dicotomia tra le classi. Le transizioni primaverili delle SSW di inizio primavera (linea verde) e di metà primavera (linea rossa) registrano tassi di variazione eccezionalmente elevati, fino a -4 m/s al giorno, nella settimana precedente il giorno 0 (ad esempio, tra i giorni -7 e 0), con punti significativi che sottolineano la significatività statistica di queste anomalie. Questa rapidità classifica tali transizioni come dinamiche, in linea con un’intensa forzatura delle onde planetarie che destabilizzano il vortice polare invernale, portando a un’inversione accelerata del vento zonale. Al contrario, le classi delle SSW di metà inverno, fine inverno e senza NAM negativo mostrano tassi di variazione più moderati, non superiori a -2 m/s al giorno, con linee che declinano in modo più graduale e un’assenza o scarsità di punti significativi. Queste transizioni lente suggeriscono una predominanza di processi radiativi, in cui il riscaldamento solare progressivo facilita un’evoluzione stagionale più uniforme e meno perturbata da eventi dinamici. L’asse temporale, centrato sul giorno 0, consente di apprezzare la simmetria o asimmetria delle variazioni prima e dopo l’inversione, mentre l’asse verticale quantifica l’intensità del cambiamento, con valori più negativi che denotano una transizione più rapida.
Complessivamente, la Figura 6 offre una rappresentazione visiva e quantitativa della rapidità della transizione del vento zonale nelle diverse classi di transizioni primaverili, evidenziando una chiara dipendenza altitudinale dei processi dominanti. Nella stratosfera media (pannello b), le transizioni rapide delle SSW di inizio primavera e metà primavera corroborano la loro natura dinamica, in accordo con la letteratura che associa i riscaldamenti finali stratosferici precoci (SFW) a variazioni rapide (Wei, 2007; Butler et al., 2019), mentre le transizioni lente delle altre classi si allineano con gli SFW tardivi, guidati da forzanti radiative. Nella mesosfera inferiore (pannello a), la predominanza di transizioni lente, con la sola eccezione delle SSW di metà primavera, riflette un ruolo più limitato delle dinamiche a queste altitudini, dove i processi radiativi tendono a prevalere, modulando un’evoluzione più graduale della circolazione. La presenza di punti significativi rafforza la validità statistica delle differenze osservate, fornendo un supporto empirico alle conclusioni tratte dalle analisi precedenti (ad esempio, Figura 5). Questa figura contribuisce così a una comprensione più approfondita dei meccanismi fisici sottostanti le transizioni primaverili, distinguendo i contributi relativi di forzanti dinamiche e radiative in funzione dell’altitudine e della classe specifica, con implicazioni per la modellizzazione e la previsione delle dinamiche atmosferiche stagionali.
4. Caratterizzazione delle transizioni primaverili nella regione MLT e loro implicazioni
Questa sezione è dedicata all’analisi delle proprietà medie delle diverse classi di transizioni primaverili nella regione della Mesosfera e Termosfera Inferiore (MLT), con particolare attenzione alle loro peculiarità dinamiche e radiative, nonché agli effetti che tali transizioni esercitano sulla variabilità della MLT superiore e della ionosfera. Nella MLT, l’inversione del vento zonale medio da una direzione occidentale (westerly) a una orientale (easterly), che si verifica al termine della stagione invernale, segna convenzionalmente l’inizio della primavera, mentre il successivo ritorno a una configurazione occidentale, osservabile circa 60 giorni dopo, delimita l’avvento dell’estate (Hoffmann et al., 2010; Merzlyakov et al., 2012). Questi cambiamenti nella circolazione atmosferica riflettono l’interazione complessa tra forzanti radiative, legate al progressivo incremento dell’irraggiamento solare, e forzanti dinamiche, mediate dalla propagazione e dissipazione delle onde planetarie (PWs). Per esplorare tali dinamiche, la Figura 7 presenta i compositi del vento zonale nella MLT, derivati dall’integrazione dei dataset radar di Esrange (68°N, 21°E) e Sodankylä (67°N, 26°E), due stazioni situate a latitudini polari ideali per monitorare la circolazione atmosferica ad alta quota. Il pannello (a) riporta il composito medio per tutti gli anni disponibili, mentre i pannelli (b–f) dettagliano le specificità di ciascuna classe di transizione primaverile (SSW di metà inverno, fine inverno, inizio primavera, metà primavera e senza NAM negativo).
Nel composito medio (Figura 7a), l’inversione del vento zonale nella MLT si manifesta tra il giorno dell’anno (DoY) 78 a 90 km di altitudine e il DoY 83 a 80 km, in linea con le osservazioni riportate da Merzlyakov et al. (2012). Si rileva una modesta propagazione discendente dell’inversione tra 100 e 80 km, completata nell’arco di circa 5 giorni, un intervallo temporale che suggerisce un contributo combinato di processi radiativi e dinamici. La componente radiativa è attribuibile al graduale riscaldamento della regione MLT indotto dal cambiamento stagionale dell’angolo di incidenza solare, mentre la componente dinamica potrebbe derivare dalla modulazione residua delle onde planetarie che si propagano dalla stratosfera inferiore. Tuttavia, la limitata durata temporale delle osservazioni radar rispetto ai dataset di rianalisi come MERRA-2 implica che le conclusioni tratte da questi dati debbano essere considerate indicative piuttosto che definitive. Nonostante tale cautela metodologica, i compositi offrono spunti significativi sulle tendenze comportamentali della MLT durante le diverse classi di transizioni primaverili, gettando luce sui processi fisici sottostanti.
Per la classe delle transizioni primaverili associate agli SSW di metà inverno (Figura 7b), il vento zonale nella MLT si distingue per un’intensità elevata al di sotto dei 90 km successivamente all’evento SSW, un’osservazione che trova riscontro nei risultati compositi derivati da MERRA-2 (cfr. Figura 3). Questa persistenza di venti zonali occidentali forti post-SSW ritarda l’inversione del vento rispetto alla climatologia media, un fenomeno che può essere attribuito alla soppressione della propagazione verticale delle onde planetarie dal basso, come previsto dalla teoria di Charney e Drazin (1961). Secondo tale principio, venti occidentali intensi creano una barriera dinamica che inibisce le onde planetarie di piccola scala, riducendo il contributo delle forzanti dinamiche all’inversione. Di conseguenza, la transizione primaverile in questa classe appare prevalentemente guidata da processi radiativi, con il riscaldamento solare che progressivamente erode la circolazione invernale. Tuttavia, l’osservazione che l’inversione si verifica simultaneamente a tutte le altitudini considerate (tra 80 e 100 km) suggerisce che un residuo di dinamiche, potenzialmente legato alla redistribuzione del momento angolare post-SSW, non possa essere completamente escluso come fattore contributivo.
Nella classe delle transizioni primaverili legate agli SSW di fine inverno (Figura 7c), il vento zonale nella MLT presenta caratteristiche distintive, con venti occidentali particolarmente intensi al di sopra dei 90 km prima dell’evento SSW. L’inversione primaverile del vento sopra gli 85 km si verifica significativamente in anticipo rispetto alla climatologia, con uno scarto temporale che può raggiungere i 40 giorni, un’anomalia probabilmente indotta dall’SSW stesso o da processi dinamici associati, come l’intensa dissipazione delle onde planetarie che perturba il vortice polare. Al di sotto degli 85 km, invece, l’inversione mostra una propagazione discendente continua, un pattern che riflette una predominanza di forzanti radiative, con il riscaldamento solare che guida una transizione più graduale a queste altitudini inferiori. Si deve tuttavia esercitare cautela nell’interpretazione di questi risultati, poiché il composito si basa su soli due eventi, un campione limitato che riduce la robustezza statistica delle conclusioni e richiede ulteriori conferme con dataset più ampi.
In sintesi, l’analisi dei compositi della Figura 7 evidenzia come le diverse classi di transizioni primaverili influenzino in modo differenziale la dinamica della MLT, con variazioni nella tempistica e nella propagazione dell’inversione del vento zonale che riflettono l’interplay tra processi radiativi e dinamici. Queste osservazioni preliminari, seppur limitate dalla risoluzione temporale dei dati radar, forniscono una base per approfondire il ruolo della MLT nella modulazione delle transizioni stagionali e il loro impatto sulla variabilità atmosferica ad alta quota, con potenziali implicazioni per la comprensione delle interazioni stratosfera-mesosfera-ionosfera.Nella transizione primaverile associata agli improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW) di inizio primavera, rappresentata nella Figura 7d, il vento zonale nella Mesosfera e Termosfera Inferiore (MLT) si distingue per una marcata intensità durante il mese di gennaio, con valori occidentali significativamente elevati che riflettono la persistenza della circolazione invernale polare. L’inversione del vento zonale verso una direzione orientale, che segna l’avvento della primavera nella MLT, si verifica in media in anticipo rispetto alla climatologia di riferimento, con una propagazione discendente tra 100 e 80 km caratterizzata da una lentezza relativa rispetto ad altre classi. Tale dinamica suggerisce un’influenza predominante dei processi radiativi, legati all’aumento stagionale dell’irraggiamento solare che progressivamente erode la configurazione invernale. Tuttavia, un caso anomalo si verifica nel 2016, quando un SSW eccezionalmente precoce (Manney & Lawrence, 2016) induce un’inversione del vento zonale simultanea a tutte le altitudini della MLT (cfr. Figura 1c), un evento che evidenzia l’intervento di forzanti dinamiche significative, probabilmente associate alla rapida dissipazione delle onde planetarie (PWs) indotta dall’SSW. Pertanto, sebbene in media questa transizione nella MLT appaia guidata da meccanismi radiativi a tutte le altitudini considerate, situazioni eccezionali possono rivelare un ruolo dominante dei processi dinamici, introducendo una variabilità interannuale rilevante.
Per la transizione primaverile delle SSW di metà primavera, illustrata nella Figura 7e, l’inversione media del vento zonale si manifesta con un anticipo lieve rispetto alla climatologia e si distingue per una quasi simultaneità verticale tra 80 e 100 km nella MLT, un pattern che implica una transizione altamente coerente attraverso gli strati altitudinali. Tuttavia, un’analisi più approfondita dei singoli eventi rivela che la struttura verticale e temporale dell’inversione dipende fortemente dalla tempistica specifica dell’SSW all’interno dell’intervallo della classe di metà primavera (cfr. Figura 2). Quando l’SSW si verifica nella parte iniziale di questo intervallo temporale, l’inversione del vento è marcatamente dinamica, con un cambiamento sincrono a tutte le altitudini della MLT, suggerendo un trasferimento efficace di momento angolare dalle onde planetarie che perturba simultaneamente l’intera colonna atmosferica. Al contrario, se l’SSW si manifesta più tardi, il vento zonale nella MLT si inverte previamente per effetto di processi radiativi, e l’evento SSW si limita a intensificare i venti orientali esistenti per la sua durata, senza alterare significativamente la struttura verticale preesistente (dato non mostrato). Questa dicotomia evidenzia un’interazione complessa tra forzanti radiative e dinamiche, modulata dalla posizione temporale dell’SSW nella stagione.
Nella transizione primaverile priva di un Modo Annulare Nordico (NAM) negativo, rappresentata nella Figura 7f, l’inversione del vento zonale si verifica con un ritardo pronunciato, particolarmente sopra i 90 km, raggiungendo uno scarto fino a 20 giorni rispetto alla climatologia media. Nei singoli eventi, si osserva una struttura ondosa preliminare all’inversione primaverile, che contribuisce a posticipare il passaggio definitivo ai venti orientali. Tale configurazione suggerisce un equilibrio tra processi radiativi, che guidano il cambiamento stagionale di fondo, e processi dinamici, associati alla modulazione locale delle onde atmosferiche, potenzialmente di origine planetaria o gravitativa, che introducono irregolarità nella transizione. Questo mix di forzanti riflette una dinamica transizionale meno definita rispetto ad altre classi, con una dipendenza significativa dalle condizioni atmosferiche specifiche di ciascun anno.
Complessivamente, l’inversione del vento zonale nella MLT si colloca tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, con una variabilità tra le classi di transizioni primaverili distintamente più contenuta rispetto a quanto osservato nella stratosfera e nella mesosfera inferiore, un risultato che trova conferma nelle analisi di Merzlyakov et al. (2012). La propagazione discendente dell’inversione, generalmente osservata tra 100 e 80 km, indica che i processi radiativi, legati al riscaldamento solare stagionale, costituiscono il principale motore della transizione nella MLT. Tuttavia, la variazione della velocità di questa propagazione tra le classi suggerisce un contributo non trascurabile delle forzanti dinamiche (Aushev et al., 2006; Merzlyakov et al., 2012), con differenze attribuibili all’intensità e alla tempistica degli SSW. Studi complementari, come quello di Yamazaki e Matthias (2019), hanno evidenziato la presenza di un’onda di 10 giorni intensa nella MLT durante la primavera in alcuni anni, generata da instabilità barocline nella stratosfera. Confrontando tali risultati con i nostri dati, emerge che questa onda si manifesta esclusivamente nelle classi delle SSW di inizio primavera e di metà primavera, mentre è rara e di magnitudine più debole nelle SSW di metà inverno. Ciò implica che un SSW che si verifica in una circolazione invernale già indebolita, a causa del cambiamento dell’angolo zenitale solare, sia una condizione necessaria per innescare instabilità barocline sufficienti a generare onde planetarie a lungo periodo nella MLT.
Quando queste onde interferiscono con l’ampiezza o la fase delle maree solari nella MLT (Yiğit & Medvedev, 2015), si possono generare oscillazioni di tipo onda planetaria che si propagano fino alla regione F della ionosfera (Borries & Hoffmann, 2010; Gordienko et al., 2007), perturbandone la struttura e la densità elettronica. Tali perturbazioni hanno il potenziale di influenzare la comunicazione radio e la precisione dei segnali GPS, con implicazioni pratiche significative. La nuova classificazione delle transizioni primaverili qui proposta, che integra le condizioni di metà inverno attraverso l’indice NAM e la tempistica degli SSW, offre un quadro più dettagliato e granulare dei processi fisici coinvolti, migliorando potenzialmente la capacità predittiva della variabilità della MLT e della ionosfera durante la primavera. Questo approccio consente di meglio comprendere le interazioni tra stratosfera, MLT e ionosfera, aprendo la strada a modelli previsionali più accurati delle dinamiche atmosferiche stagionali e dei loro effetti sull’ambiente ionosferico.

La Figura 7 presenta una serie di compositi del vento zonale medio nella Mesosfera e Termosfera Inferiore (MLT), derivati dall’integrazione dei dati raccolti mediante radar meteorici presso le stazioni di Esrange (68°N, 21°E, Svezia) e Sodankylä (67°N, 26°E, Finlandia), due siti situati a latitudini polari boreali ottimali per monitorare la dinamica atmosferica ad alta quota (circa 80–100 km). Questi strumenti sfruttano le scie ionizzate dei meteoriti per misurare i venti orizzontali, fornendo una rappresentazione diretta della circolazione nella MLT con una risoluzione temporale e altitudinale elevata, sebbene con periodi di osservazione più limitati rispetto ai dataset di rianalisi come MERRA-2. La figura è strutturata in sei pannelli: il pannello (a) offre un composito climatologico basato su tutti gli anni disponibili, mentre i pannelli (b–f) dettagliano le caratteristiche delle cinque classi di transizioni primaverili identificate (SSW di metà inverno, fine inverno, inizio primavera, metà primavera e senza NAM negativo). In ogni pannello, il numero di eventi inclusi nel composito è indicato nell’angolo inferiore sinistro, un parametro critico che riflette la robustezza statistica dei risultati e invita a un’interpretazione cauta laddove il campione sia ridotto. I compositi sono rappresentati come mappe bidimensionali, con l’asse orizzontale che riporta il tempo (probabilmente in giorni dell’anno, DoY) e l’asse verticale che copre l’intervallo altitudinale della MLT (da ~80 a 100 km), mentre i colori o i contorni indicano l’intensità e la direzione del vento zonale (ad esempio, valori positivi per venti occidentali, negativi per orientali, in m/s).
Il pannello (a) fornisce una baseline climatologica del vento zonale nella MLT, rappresentando l’evoluzione media stagionale basata sull’intero periodo di osservazione disponibile. L’inversione del vento da occidentale a orientale, che marca l’inizio della primavera, si verifica tra il DoY 78 a 90 km e il DoY 83 a 80 km, con una propagazione discendente dell’isocrona di vento zero (linea di inversione) nell’arco di circa 5 giorni. Questa traiettoria, visibile come una linea di contorno inclinata da quote più alte a più basse, suggerisce un’interazione tra processi radiativi, legati al graduale incremento dell’irraggiamento solare primaverile, e processi dinamici residuali, potenzialmente associati alla modulazione delle onde planetarie. La scala cromatica probabilmente evidenzia venti occidentali intensi (ad esempio, blu) in inverno, che sfumano verso valori nulli e poi orientali (ad esempio, rosso) in primavera, offrendo un quadro di riferimento per confrontare le deviazioni delle singole classi.
Il pannello (b), relativo alle transizioni primaverili delle SSW di metà inverno, mostra un vento zonale caratterizzato da un’intensità elevata al di sotto dei 90 km dopo l’evento SSW, con una persistenza di valori occidentali significativi (contorni blu scuri) che si estende oltre il periodo tipico invernale. L’inversione verso venti orientali avviene in ritardo rispetto alla climatologia, potenzialmente intorno al DoY 90 o successivo, e si manifesta simultaneamente a tutte le altitudini considerate, come indicato da una linea di inversione quasi verticale. Questo pattern riflette una predominanza di forzanti radiative, con il riscaldamento solare che erode gradualmente la circolazione invernale, ma la simultaneità verticale suggerisce un possibile contributo dinamico post-SSW, coerente con i risultati di MERRA-2 (Figura 3).
Nel pannello (c), corrispondente alle transizioni delle SSW di fine inverno, il vento zonale presenta una configurazione distinta, con venti occidentali intensi (contorni blu) sopra i 90 km prima dell’SSW, seguiti da un’inversione precoce sopra gli 85 km, fino a 40 giorni prima della climatologia (ad esempio, DoY 40–50). Sotto gli 85 km, la linea di inversione si inclina verso il basso, indicando una propagazione discendente guidata da processi radiativi. Con soli due eventi inclusi, i contorni potrebbero apparire meno definiti, e l’affidabilità statistica è limitata, richiedendo cautela nell’interpretazione di questa dinamica mista.
Il pannello (d), per le transizioni delle SSW di inizio primavera, evidenzia venti zonali forti a gennaio (contorni blu intensi), con un’inversione precoce rispetto al pannello (a) (prima del DoY 78) e una propagazione verso il basso più lenta, visibile come una linea di inversione inclinata con una pendenza ridotta. Nel caso eccezionale del 2016, l’inversione è simultanea (linea verticale), un’anomalia dinamica legata a un SSW molto precoce, distinguendo questa classe come generalmente radiativa ma con eccezioni dinamiche significative.
Il pannello (e), relativo alle SSW di metà primavera, mostra un’inversione leggermente anticipata (prima del DoY 78) e quasi sincrona verticalmente (linea di inversione subverticale), con variazioni tra eventi: un’inversione dinamica simultanea per SSW precoci, o un rafforzamento dei venti orientali (contorni rossi più intensi) per SSW tardivi, riflettendo un’interazione complessa tra forzanti radiative e dinamiche.
Infine, il pannello (f), per le transizioni senza NAM negativo, evidenzia un’inversione ritardata sopra i 90 km (fino a DoY 98, 20 giorni dopo la climatologia), con una struttura ondosa preliminare (contorni irregolari) che posticipa la transizione, suggerendo un equilibrio tra processi radiativi e dinamici.
In sintesi, la Figura 7 offre una rappresentazione spaziale e temporale della dinamica del vento zonale nella MLT durante la transizione primaverile, confrontando il comportamento medio (pannello a) con le specificità delle cinque classi (pannelli b–f). La propagazione discendente prevalente indica un ruolo dominante dei processi radiativi, ma le variazioni nella tempistica, velocità e sincronia verticale tra le classi evidenziano contributi dinamici variabili, influenzati dalla presenza e dalla tempistica degli SSW. I numeri di eventi riportati sottolineano la necessità di interpretare i risultati con cautela, specialmente per classi con campioni ridotti, ma la figura fornisce una base empirica preziosa per analizzare l’interplay tra stratosfera e MLT e i relativi processi fisici sottostanti.
5. Sintesi dei risultati e conclusioni
Il presente studio propone una nuova classificazione delle transizioni primaverili nell’atmosfera media, fondata sull’analisi dello sviluppo spazio-temporale del vento zonale medio e dell’indice del Modo Annulare Nordico (NAM) nella regione centrale del vortice polare, con un monitoraggio che inizia già nel mese di gennaio. Tale classificazione identifica cinque categorie distinte, definite dall’occorrenza e dalla tempistica degli improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW), correlati a un indice NAM negativo che si propaga verso il basso per un periodo prolungato di diverse settimane, conformemente ai meccanismi descritti da Baldwin e Dunkerton (2001). L’approccio si basa sull’ipotesi che la dinamica degli SSW, in combinazione con la struttura verticale e temporale dell’indice NAM, moduli in modo significativo l’evoluzione della circolazione atmosferica stagionale. Le proprietà medie di queste cinque classi sono state caratterizzate attraverso l’utilizzo dei dati di rianalisi MERRA-2, un dataset globale che integra osservazioni satellitari e modellistiche per ricostruire le condizioni atmosferiche tridimensionali. I risultati evidenziano che la tempistica dell’SSW esercita un’influenza diretta non solo sulla collocazione temporale dell’inversione definitiva del vento zonale, ma anche sulla sua struttura verticale, estendendosi dalla stratosfera (10–50 km) alla mesosfera (50–80 km). Una sintesi delle caratteristiche distintive delle cinque classi di transizioni primaverili, insieme alla loro corrispondenza con le classificazioni tradizionali dei riscaldamenti finali stratosferici (SFW), è riportata nella Tabella 2, offrendo un quadro comparativo esaustivo. Queste nuove evidenze arricchiscono la comprensione dei processi fisici che regolano la transizione primaverile e sottolineano il ruolo cruciale delle osservazioni mesosferiche nel catturare la dinamica dell’atmosfera media. In particolare, due classi – le transizioni primaverili delle SSW di inizio primavera e di metà primavera – mostrano un impatto diretto sulla variabilità della Mesosfera e Termosfera Inferiore (MLT), come suggerito da Yamazaki e Matthias (2019), con potenziali ripercussioni sulla variabilità ionosferica, aprendo la strada a ulteriori indagini sulle interazioni atmosfera-ionosfera.
Questo lavoro rappresenta il primo tentativo sistematico di analizzare la transizione primaverile nell’intera atmosfera media, integrando in modo coerente l’inversione finale del vento zonale nella stratosfera e nella mesosfera. L’espansione dell’analisi alla mesosfera non solo amplia la nostra conoscenza dei processi di transizione stagionale, ma offre anche prospettive per migliorare la capacità predittiva di tali eventi. La suddivisione in cinque classi, che abbracciano l’intera colonna atmosferica media, consente una caratterizzazione più granulare e dettagliata dell’inversione finale del vento rispetto agli studi precedenti, i quali si sono spesso limitati alla stratosfera o a classificazioni meno articolate. Questo approccio rivela una complessità strutturale e temporale che riflette l’interazione tra forzanti radiative, associate al bilancio stagionale della radiazione solare, e forzanti dinamiche, mediate dall’attività delle onde planetarie e dagli SSW. I risultati mettono in luce l’importanza delle osservazioni mesosferiche globali, come quelle fornite da strumenti come il Microwave Limb Sounder (MLS) o da dataset di rianalisi come MERRA-2, che estendono la loro copertura oltre la stratopausa, consentendo di catturare le interazioni verticali tra stratosfera e mesosfera con un livello di dettaglio senza precedenti.
Per sviluppare un sistema predittivo efficace della transizione primaverile, è necessario stabilire soglie quantitative precise per il vento zonale medio e l’indice NAM durante la stagione invernale, sia nella stratosfera che nella mesosfera. Tali soglie potrebbero fungere da indicatori precoci della tempistica e della natura della transizione, migliorando la capacità di previsione stagionale. Tuttavia, il presente studio apre diverse linee di ricerca future. Sono necessari ulteriori approfondimenti per esplorare le differenze latitudinali nelle dinamiche delle cinque classi, considerando che variazioni nella struttura del vortice polare potrebbero modulare i processi di transizione in modo non uniforme attraverso l’emisfero nord. Inoltre, è fondamentale investigare le potenzialità predittive della classificazione proposta, definendo modelli che colleghino la tempistica e il tipo di transizione primaverile alle condizioni atmosferiche invernali. Un altro aspetto critico riguarda l’impatto delle cinque classi sul tempo troposferico, sulla variabilità della regione MLT e sulla ionosfera. Ad esempio, le perturbazioni indotte dagli SSW nella MLT, come le onde planetarie a lungo periodo, possono propagarsi verso l’alta atmosfera, influenzando la densità elettronica ionosferica e, di conseguenza, le telecomunicazioni e i sistemi di navigazione satellitare.
In conclusione, questa nuova classificazione non solo raffina la nostra comprensione delle transizioni primaverili nell’atmosfera media, ma stabilisce una base teorica ed empirica per future indagini interdisciplinari. Integrando la dinamica stratosferica e mesosferica in un quadro unitario, lo studio evidenzia la necessità di un approccio olistico alla modellizzazione atmosferica, con implicazioni significative per la previsione meteorologica e climatica a medio e lungo termine, nonché per la gestione delle interazioni tra atmosfera terrestre e tecnologie spaziali.

Analisi dettagliata della Tabella 2
La Tabella 2 sintetizza in modo strutturato le proprietà medie delle cinque nuove classi di transizioni primaverili nell’atmosfera media, definite sulla base della tempistica e della dinamica degli improvvisi riscaldamenti stratosferici (SSW) e dell’indice del Modo Annulare Nordico (NAM). Queste classi – “Mid-winter SSW”, “Late-winter SSW”, “Early spring SSW”, “Mid-spring SSW” e “No negative NAM” – sono analizzate in relazione alla loro evoluzione verticale (stratosfera e mesosfera), alla tempistica dell’inversione del vento zonale (onset), alla modalità di propagazione dell’inversione finale e alle forzanti dominanti (radiative o dinamiche). Inoltre, la tabella collega queste classi alle classificazioni tradizionali dei riscaldamenti finali stratosferici (SFW), distinguendo tra eventi precoci (“early”) o tardivi (“late”) e tra inversioni iniziali a 10 hPa o 1 hPa. Di seguito, analizziamo ogni riga con un approccio scientifico rigoroso, integrando i dati osservati nella tabella.
1. Major SSW (SSW principale)
La tabella indica il mese tipico di occorrenza di un SSW significativo per ciascuna classe: “January” per “Mid-winter SSW”, “February” per “Late-winter SSW”, “March” per “Early spring SSW”, “April” per “Mid-spring SSW” e un trattino (“–”) per “No negative NAM”. Questo pattern temporale riflette la progressione stagionale degli eventi SSW, che perturbano il vortice polare invernale, con “No negative NAM” che si distingue per l’assenza di un SSW dominante, indicando una transizione meno perturbata.
2. Negative NAM (NAM negativo)
La presenza di un indice NAM negativo, un indicatore della disgregazione del vortice polare post-SSW, è marcata con “✓” per “Mid-winter SSW”, “Late-winter SSW”, “Early spring SSW” e “Mid-spring SSW”, riflettendo un NAM negativo propagato verso il basso per diverse settimane, come descritto da Baldwin e Dunkerton (2001). Per “No negative NAM”, il segno “–” indica l’assenza di tale condizione, sottolineando una dinamica atmosferica meno disturbata da eventi SSW.
3. Onset day at 10 hPa (Giorno di onset a 10 hPa, ~30–35 km, stratosfera media)
Questa riga riporta il giorno medio dell’anno (DoY) dell’inversione definitiva del vento zonale a 10 hPa: 123 (fine aprile) per “Mid-winter SSW”, 113 (fine aprile) per “Late-winter SSW”, 87 (fine marzo) per “Early spring SSW”, 98 (inizio aprile) per “Mid-spring SSW” e 113 (fine aprile) per “No negative NAM”. La variabilità temporale riflette la tempistica degli SSW: “Early spring SSW” è la più precoce, indicando una transizione anticipata, mentre “Mid-winter SSW” e “Late-winter SSW” sono più tardive, coerentemente con SSW invernali.
4. Onset day at 1 hPa (Giorno di onset a 1 hPa, ~45–50 km, stratosfera superiore)
L’onset a 1 hPa avviene al DoY 121 (fine aprile) per “Mid-winter SSW”, 124 (maggio) per “Late-winter SSW”, 112 (aprile) per “Early spring SSW”, 97 (inizio aprile) per “Mid-spring SSW” e 118 (fine aprile) per “No negative NAM”. La sincronia o il disallineamento tra 10 hPa e 1 hPa segnala la struttura verticale della transizione: “Mid-spring SSW” mostra la maggiore coerenza verticale (DoY 97–98), mentre “Late-winter SSW” presenta un ritardo a 1 hPa (DoY 124), suggerendo una forzatura radiativa dominante a quote più alte.
5. Final wind reversal Stratosphere (Inversione finale del vento nella stratosfera)
Questa riga descrive la modalità di propagazione dell’inversione nella stratosfera:
- “Mid-winter SSW”: “simultaneously” (simultanea), indicando un processo radiativo uniforme.
- “Late-winter SSW”: “up- and downward propagating from 10 hPa” (propagazione verso l’alto e verso il basso da 10 hPa), suggerendo un mix di radiative e dinamiche.
- “Early spring SSW”: “simultaneously” (simultanea), tipica di una forzatura dinamica.
- “Mid-spring SSW”: “simultaneously” (simultanea), anch’essa dinamica.
- “No negative NAM”: “up- and downward propagating from 6 hPa” (propagazione da 6 hPa), indicando un mix di radiative e dinamiche.
La simultaneità riflette transizioni rapide, spesso dinamiche, mentre la propagazione bidirezionale suggerisce processi più graduali, spesso radiativi.
6. Final wind reversal Mesosphere (Inversione finale del vento nella mesosfera)
Nella mesosfera, l’inversione si propaga:
- “Mid-winter SSW”, “Late-winter SSW”, “Early spring SSW”, “No negative NAM”: “downward propagating” (verso il basso), indicativo di forzanti radiative che iniziano a quote più alte.
- “Mid-spring SSW”: “simultaneously” (simultanea), suggerendo una forzatura dinamica estesa verticalmente.
La propagazione discendente è tipica della dominanza radiativa, mentre la simultaneità indica dinamiche intense.
7. Main forcing Stratosphere (Forzante principale nella stratosfera)
- “Mid-winter SSW”: “radiative” (radiativo), coerente con la sua tardività e lentezza.
- “Late-winter SSW”: “radiative + dynamical” (radiativo + dinamico), riflettendo un mix di processi.
- “Early spring SSW”: “dynamical” (dinamico), associato a SSW primaverili intensi.
- “Mid-spring SSW”: “dynamical” (dinamico), anch’esso dinamico per SSW tardivi.
- “No negative NAM”: “radiative + dynamical” (radiativo + dinamico), un equilibrio senza SSW dominante.
8. Main forcing Mesosphere (Forzante principale nella mesosfera)
- “Mid-winter SSW”, “Late-winter SSW”, “Early spring SSW”: “radiative” (radiativo), dominanza solare.
- “Mid-spring SSW”: “dynamical” (dinamico), unica per la sua simultaneità.
- “No negative NAM”: “radiative + dynamical” (radiativo + dinamico), mix bilanciato.
9. Early/late (Precoce/tardivo)
- “Mid-winter SSW”: “late” (tardivo), coerente con SFW tardivi.
- “Late-winter SSW”: “(late)” (tardivo, meno netto), intermedio.
- “Early spring SSW”: “early” (precoce), tipico di SFW precoci.
- “Mid-spring SSW”: “–” (non classificato), unica intermedia.
- “No negative NAM”: “(late)” (tardivo, meno netto).
10. 10 hPa/1 hPa-first (Primo a 10 hPa o 1 hPa)
- “Mid-winter SSW”: “(1 hPa-first)” (radiativo, meno certo).
- “Late-winter SSW”: “10 hPa-first” (dinamico).
- “Early spring SSW”: “10 hPa-first” (dinamico).
- “Mid-spring SSW”: “–” (non classificato).
- “No negative NAM”: “10 hPa-first” (dinamico).
Interpretazione scientifica complessiva
La Tabella 2 evidenzia una chiara stratificazione delle classi in base alla tempistica (inverno vs. primavera), alla dinamica (radiativa vs. dinamica) e alla struttura verticale (simultanea vs. propagante). Le classi invernali (“Mid-winter SSW”, “Late-winter SSW”) sono generalmente tardive, radiative e con propagazione discendente, mentre quelle primaverili (“Early spring SSW”, “Mid-spring SSW”) sono precoci, dinamiche e spesso simultanee. “No negative NAM” rappresenta un caso intermedio, bilanciato tra radiative e dinamiche, senza un SSW dominante. La correlazione con SFW tradizionali conferma che “Early spring SSW” corrisponde a SFW precoci (10 hPa-first, dinamici), mentre “Mid-winter SSW” si allinea a SFW tardivi (1 hPa-first, radiativi). “Mid-spring SSW” emerge come un caso unico, non classificabile classicamente, ma dinamico in entrambe le regioni.
Questa classificazione raffina la comprensione delle transizioni primaverili, evidenziando l’importanza di monitorare sia stratosfera che mesosfera per prevedere e modellare il comportamento atmosferico stagionale, con implicazioni per la meteorologia e la ionosfera.