Lo studio accademico intitolato Revisiting the Last Ice Area projections from a high-resolution Global Earth System Model, pubblicato su Communications Earth & Environment (Fol et al., 2025), rappresenta un’analisi avanzata delle proiezioni relative alla Last Ice Area (LIA), una regione cruciale situata a nord della Groenlandia e dell’arcipelago artico canadese settentrionale. Questa regione è considerata l’ultima zona dell’Artico in cui si prevede che il ghiaccio marino estivo possa persistere, anche quando il resto dell’Oceano Artico centrale diventerà stagionalmente privo di ghiaccio nei prossimi decenni, a causa del riscaldamento globale. Tuttavia, le proiezioni precedenti della LIA si basavano su modelli climatici globali a bassa risoluzione, che non erano in grado di simulare adeguatamente il trasporto di ghiaccio marino attraverso i canali dell’arcipelago artico canadese e lo stretto di Nares. Questo studio utilizza simulazioni numeriche ad alta risoluzione del Community Earth System Model (CESM) per colmare queste lacune e fornire una valutazione più accurata delle dinamiche del ghiaccio marino nella LIA sotto scenari di forzatura climatica estremi.
Contesto scientifico e rilevanza della Last Ice Area
La LIA è di fondamentale importanza per il sistema climatico globale e per la biodiversità artica. È stata identificata come un rifugio per il ghiaccio marino pluriennale, che si prevede possa resistere più a lungo rispetto ad altre regioni dell’Artico, grazie alla sua posizione geografica e alle condizioni ambientali locali, come le basse temperature e la protezione dai venti caldi. Questo ghiaccio pluriennale è essenziale per le specie dipendenti dal ghiaccio (ice-obligate species), come gli orsi polari, le foche e alcune specie di plancton, che si affidano al ghiaccio marino per il loro ciclo vitale, l’habitat e la caccia. La perdita di questo ghiaccio potrebbe quindi avere effetti devastanti sugli ecosistemi artici e sulle comunità indigene che dipendono da queste specie per la loro sussistenza.
Le proiezioni climatiche precedenti, basate su modelli globali a bassa risoluzione (con griglie di circa 100-200 km), non erano in grado di risolvere i canali stretti e complessi dell’arcipelago artico canadese e dello stretto di Nares, che sono vie cruciali per l’esportazione del ghiaccio marino verso sud, in aree più calde dove il ghiaccio tende a sciogliersi. Questi limiti hanno portato a una sottostima della mobilità del ghiaccio e della sua vulnerabilità al riscaldamento globale. Lo studio qui descritto utilizza il CESM ad alta risoluzione (con griglie di circa 10-25 km per l’oceano e l’atmosfera), che consente di modellare con maggiore precisione i flussi di ghiaccio attraverso questi canali e di valutare meglio le dinamiche del ghiaccio marino nella LIA.
Metodologia e modello utilizzato
Il Community Earth System Model (CESM) è un modello completamente accoppiato che integra componenti atmosferiche, oceaniche, terrestri e del ghiaccio marino, permettendo di simulare le interazioni complesse tra questi sistemi. La versione ad alta risoluzione utilizzata in questo studio, sviluppata nell’ambito del progetto iHESP (Integrated High-Resolution Earth System Prediction), consente di risolvere i canali stretti dell’arcipelago artico canadese e dello stretto di Nares, che sono stati trattati come barriere nei modelli a bassa risoluzione. Questo miglioramento è cruciale, poiché recenti osservazioni, supportate da immagini satellitari e dati di drifter di ghiaccio, hanno evidenziato un aumento inatteso della mobilità del ghiaccio marino nella LIA, con un’esportazione significativa verso sud attraverso questi canali.
Lo studio utilizza uno scenario di forzatura climatica estremo, basato sul percorso di concentrazione rappresentativa (Representative Concentration Pathway, RCP) 8.5, che rappresenta uno scenario di “business as usual” con elevate emissioni di gas serra. Questo scenario è stato scelto per valutare il comportamento della LIA in condizioni di riscaldamento estremo, che potrebbero verificarsi entro la fine del XXI secolo. Le simulazioni sono state condotte per un periodo che copre il presente e il futuro, con un focus particolare sul momento in cui l’Oceano Artico centrale diventa stagionalmente privo di ghiaccio (definito come una copertura di ghiaccio marino inferiore al 15% durante l’estate).
Risultati principali
I risultati dello studio mostrano che, sotto lo scenario RCP 8.5, il ghiaccio marino della LIA subisce un assottigliamento significativo e diventa più mobile, a causa dell’aumento delle temperature atmosferiche e oceaniche. Questo assottigliamento riduce la stabilità del ghiaccio pluriennale, rendendolo più suscettibile al trasporto attraverso i canali dell’arcipelago artico canadese e dello stretto di Nares. Di conseguenza, si verifica un’esportazione massiccia di ghiaccio verso sud, in regioni più calde dove il ghiaccio si scioglie rapidamente. Questo processo accelera la perdita di ghiaccio nella LIA, con implicazioni significative per la sua longevità come rifugio per il ghiaccio marino estivo.
Un risultato chiave è che la LIA potrebbe diventare stagionalmente priva di ghiaccio (cioè con una copertura di ghiaccio inferiore al 15% durante l’estate) poco più di un decennio dopo che l’Oceano Artico centrale ha raggiunto condizioni stagionalmente prive di ghiaccio. Questo è un cambiamento drastico rispetto alle proiezioni precedenti, che prevedevano una persistenza più lunga del ghiaccio nella LIA. La transizione verso un sistema stagionalmente privo di ghiaccio è ulteriormente complicata da fattori naturali e imprevedibili, come la variabilità climatica interna, che potrebbe ritardare o accelerare questa transizione di circa un decennio. Inoltre, feedback complessi, come l’aumento degli incendi boschivi in Nord America che producono aerosol riflettenti, possono temporaneamente ridurre lo scioglimento estivo del ghiaccio, ma al contempo esacerbare condizioni calde e secche che favoriscono ulteriori incendi, creando un ciclo di retroazione.
Implicazioni ecologiche e sociali
La perdita del ghiaccio marino nella LIA avrebbe profonde implicazioni ecologiche. Le specie dipendenti dal ghiaccio, come gli orsi polari, che utilizzano il ghiaccio per cacciare le foche, e le foche stesse, che necessitano del ghiaccio per il riposo e la riproduzione, sarebbero gravemente minacciate. La riduzione del ghiaccio marino estivo altererebbe anche l’albedo superficiale, riducendo la riflettività della superficie artica e contribuendo a un ulteriore riscaldamento regionale. Questo feedback positivo potrebbe accelerare lo scioglimento del permafrost nelle aree circostanti, rilasciando metano e anidride carbonica, potenti gas serra che intensificherebbero il riscaldamento globale.
Dal punto di vista sociale, le comunità indigene dell’Artico, che dipendono dal ghiaccio marino per la caccia, la pesca e il trasporto, affronterebbero sfide significative. La perdita del ghiaccio potrebbe compromettere la sicurezza alimentare e le pratiche culturali tradizionali, richiedendo strategie di adattamento e resilienza. Lo studio sottolinea l’importanza di ridurre le emissioni di gas serra per ritardare il riscaldamento artico e preservare la LIA come rifugio per il ghiaccio marino. Tuttavia, riconosce che, anche con azioni di mitigazione, la transizione verso condizioni stagionalmente prive di ghiaccio potrebbe essere inevitabile entro la metà del secolo, richiedendo un’attenzione urgente alle strategie di adattamento.
Conclusioni e prospettive future
Questo studio rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione delle dinamiche del ghiaccio marino nella LIA, grazie all’uso di simulazioni ad alta risoluzione che superano i limiti dei modelli precedenti. I risultati evidenziano la vulnerabilità della LIA al riscaldamento globale e sottolineano la necessità di ulteriori ricerche per comprendere i feedback complessi e le incertezze associate alla variabilità climatica naturale. Futuri studi potrebbero concentrarsi sulla stagionalità del ghiaccio marino nella LIA e sull’impatto delle emissioni di aerosol, nonché sull’esplorazione di scenari di mitigazione più aggressivi per valutare se sia possibile preservare il ghiaccio marino estivo.
In sintesi, lo studio dimostra che la LIA, considerata un ultimo baluardo per il ghiaccio marino estivo, è più vulnerabile di quanto precedentemente stimato. La sua transizione verso un sistema stagionalmente privo di ghiaccio, prevista entro un decennio dalla perdita del ghiaccio estivo nell’Oceano Artico centrale, rappresenta una sfida urgente per la conservazione degli ecosistemi artici e per le comunità che dipendono da essi. Questi risultati rafforzano la necessità di azioni globali per ridurre le emissioni di gas serra e di strategie locali per adattarsi ai cambiamenti climatici in atto.
Rivalutazione delle proiezioni dell’Ultima Area di Ghiaccio mediante un modello globale ad alta risoluzione del sistema terrestre: implicazioni per la persistenza del ghiaccio marino in un contesto di cambiamento climatico
Aggiornamenti disponibili
Madeleine Fol¹, Bruno Tremblay¹,², Stephanie Pfirman³, Robert Newton², Stephen Howell⁴ & Jean-François Lemieux⁵
L’Ultima Area di Ghiaccio, una regione critica situata a nord della Groenlandia e dell’arcipelago artico canadese settentrionale, rappresenta un baluardo ecologico e climatico in un’Artico in rapida trasformazione. Questa zona è stata identificata come l’ultima regione in cui il ghiaccio marino dovrebbe persistere, anche quando l’Oceano Artico centrale raggiungerà condizioni stagionalmente prive di ghiaccio, un evento previsto entro poche decadi in base alle attuali traiettorie di riscaldamento globale. Le proiezioni relative alla persistenza dell’Ultima Area di Ghiaccio, tuttavia, sono state finora formulate principalmente sulla base di modelli climatici globali caratterizzati da una risoluzione spaziale relativamente bassa. Questi modelli, pur essendo strumenti fondamentali per la comprensione delle dinamiche climatiche su larga scala, presentano limitazioni significative nella capacità di risolvere processi fisici complessi a scala regionale, come l’esportazione di ghiaccio marino attraverso i canali intricati dell’arcipelago canadese e lo Stretto di Nares, che fungono da vie di deflusso cruciali per il ghiaccio artico.
In questo studio, gli autori rivedono e aggiornano le proiezioni dell’Ultima Area di Ghiaccio utilizzando simulazioni numeriche ad alta risoluzione derivate dal Community Earth System Model (CESM), un modello avanzato che integra componenti atmosferiche, oceaniche, terrestri e del ghiaccio marino. Grazie alla sua elevata risoluzione spaziale, il CESM è in grado di rappresentare con maggiore accuratezza i processi di trasporto del ghiaccio marino attraverso i canali stretti e le vie d’acqua dell’Artico settentrionale, superando così le limitazioni dei modelli a bassa risoluzione. Le simulazioni sono state condotte considerando uno scenario di forcing radiativo estremo, che rappresenta una traiettoria di emissione ad alto impatto, coerente con le proiezioni più pessimistiche del cambiamento climatico.
I risultati delle simulazioni indicano che, in questo scenario estremo, il ghiaccio marino dell’Ultima Area di Ghiaccio subisce un significativo assottigliamento, accompagnato da un aumento della mobilità del ghiaccio stesso. Questi cambiamenti favoriscono un’accelerazione dell’esportazione di ghiaccio verso sud, attraverso i canali dell’arcipelago canadese e lo Stretto di Nares, con un conseguente drenaggio rapido della copertura glaciale. In tale contesto, le proiezioni suggeriscono che l’Ultima Area di Ghiaccio potrebbe perdere la sua integrità come regione di ghiaccio marino persistente in un intervallo temporale sorprendentemente breve, stimato in poco più di un decennio dopo che l’Oceano Artico centrale avrà raggiunto condizioni stagionalmente prive di ghiaccio. Questo scenario, che potrebbe configurarsi come il peggiore possibile, evidenzia la vulnerabilità del ghiaccio marino artico anche nelle regioni considerate più resilienti, mettendo in luce l’importanza di considerare i processi di trasporto del ghiaccio a scala fine nelle proiezioni climatiche.
La perdita del ghiaccio marino nell’Ultima Area di Ghiaccio avrebbe conseguenze ecologiche profonde e potenzialmente irreversibili, in particolare per le specie obbligate al ghiaccio, ossia quegli organismi che dipendono direttamente dalla presenza del ghiaccio marino per il loro ciclo vitale, come gli orsi polari, le foche e diverse specie di alghe e invertebrati marini. La riduzione della copertura glaciale non solo comprometterebbe l’habitat fisico di queste specie, ma altererebbe anche le dinamiche trofiche dell’ecosistema artico, con ripercussioni a cascata sulla biodiversità e sulla stabilità ecologica della regione. Inoltre, la rapida scomparsa del ghiaccio marino in questa area potrebbe avere implicazioni climatiche più ampie, contribuendo a modificare i pattern di albedo e i flussi di calore nell’Artico, con effetti potenzialmente destabilizzanti sul clima globale.
In conclusione, questo studio sottolinea la necessità di integrare modelli ad alta risoluzione nelle proiezioni climatiche per comprendere meglio la dinamica del ghiaccio marino in regioni critiche come l’Ultima Area di Ghiaccio. I risultati evidenziano l’urgenza di adottare strategie di mitigazione climatica efficaci per preservare questo ecosistema unico e le specie che vi dipendono, sottolineando al contempo le sfide poste dalla complessità dei processi fisici e biologici nell’Artico in un contesto di rapido cambiamento globale.
Entro le prossime decadi, le proiezioni climatiche indicano che gran parte dell’Oceano Artico centrale raggiungerà condizioni stagionalmente prive di ghiaccio, un fenomeno che segna una trasformazione profonda e potenzialmente irreversibile dell’ambiente artico. Tuttavia, una regione specifica si distingue come eccezione a questa tendenza: l’area circostante le Isole Regina Elisabetta (QEI) e le zone a nord dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA) e della Groenlandia¹,². Questa regione, nota come Ultima Area di Ghiaccio (LIA—delimitata dal contorno rosso in Fig. 1), è caratterizzata dall’accumulo di alcuni dei ghiacci marini più antichi e spessi dell’Artico, grazie a processi dinamici e termodinamici che favoriscono la convergenza e la persistenza del ghiaccio. Si prevede che la LIA manterrà una copertura di ghiaccio marino perenne per un certo periodo, anche dopo che il resto dell’Oceano Artico centrale sarà privo di ghiaccio durante la stagione estiva. Il concetto di LIA è stato formalmente introdotto durante una conferenza stampa al meeting annuale dell’American Geophysical Union³,⁴ ed è diventato il pilastro del progetto di punta LIA del World Wildlife Fund—Canada (wwf.ca). Questo riconoscimento scientifico e ambientale ha portato, nel 2019, alla creazione provvisoria dell’Area Marina Protetta di Tuvaijuittuq all’interno della LIA, designata tramite decreto ministeriale canadese. Il nome Tuvaijuittuq, che in lingua Inuktitut significa “il ghiaccio non si scioglie mai”, riflette l’importanza culturale e ecologica di questa regione. La LIA include anche il Ghiaccio Marino Multi-Annuale Residuo dell’Artico e l’ecoregione della Polinia dell’Acqua Nordorientale, proposta come potenziale sito Patrimonio Mondiale dell’UNESCO⁵. Nell’agosto 2024, lo status di protezione provvisoria dell’Area Marina Protetta di Tuvaijuittuq è stato esteso per un massimo di 5 anni, “mentre il Governo del Canada collabora con i partner per valutare una protezione a lungo termine” (www.dfo-mpa.qc.ca), sottolineando l’urgenza di preservare questa regione critica.
La stabilità della LIA è di fondamentale importanza per la conservazione dell’ecologia artica, poiché fornisce un habitat essenziale per specie dipendenti dal ghiaccio e obbligate al ghiaccio, tra cui orsi polari, beluga, balene di Groenlandia, trichechi, foche dagli anelli, foche barbute e gabbiani d’avorio⁶,⁷. Queste specie dipendono dal ghiaccio marino per la caccia, la riproduzione e la protezione, e la perdita di questo habitat potrebbe avere conseguenze catastrofiche per la loro sopravvivenza e per la biodiversità artica. I risultati presentati in questo studio forniscono informazioni cruciali per comprendere le future condizioni del ghiaccio marino nella LIA, offrendo una base scientifica per le strategie di conservazione e gestione ambientale.
Fino ad oggi, i Modelli Climatici Globali (GCM) hanno fornito preziose informazioni sui processi termodinamici e dinamici su larga scala che regolano la presenza e l’evoluzione futura della LIA. Tuttavia, questi modelli soffrono di una limitazione significativa: la loro risoluzione spaziale relativamente bassa non consente di risolvere adeguatamente i canali stretti dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA) e dello Stretto di Nares³,⁸,⁹, che rappresentano vie di uscita critiche per il ghiaccio marino esportato dalla LIA¹⁰–¹². Di conseguenza, le proiezioni precedenti della LIA risultano influenzate da modelli che non tengono conto del trasporto di ghiaccio attraverso questi canali, una limitazione che era meno critica in passato, quando il ghiaccio marino era prevalentemente confinato nelle QEI e il trasporto era bloccato da archi di ghiaccio nello Stretto di Nares¹²–¹⁴. Tuttavia, negli ultimi anni, si è osservato un aumento significativo dell’esportazione di ghiaccio marino pan-artico attraverso il CAA e lo Stretto di Nares¹⁰,¹¹,¹⁵, un fenomeno che richiede una revisione urgente delle proiezioni della LIA, considerando ora il ruolo cruciale del trasporto di ghiaccio attraverso queste vie d’acqua.
L’esistenza della LIA è principalmente il risultato di processi dinamici del ghiaccio marino, in particolare la convergenza del ghiaccio sulle coste settentrionali del Canada e della Groenlandia, guidata dalla circolazione su larga scala del Vortice di Beaufort e della Corrente Transpolare. La maggior parte del ghiaccio marino nella LIA si forma nei mari marginali, principalmente nei mari di piattaforma siberiani, e nell’Artico centrale⁹,¹⁶. Una volta nella LIA, il ghiaccio marino può seguire diverse traiettorie: (1) essere incorporato nel ramo meridionale del Vortice di Beaufort e reimmesso nell’Artico centrale; (2) fluire verso sud nelle QEI attraverso il CAA meridionale e le rotte di navigazione del Passaggio a Nord-Ovest; (3) fluire attraverso lo Stretto di Nares verso la Baia di Baffin; o (4) fluire attraverso lo Stretto di Fram verso l’Oceano Atlantico settentrionale (Fig. 1). Una volta esportato dall’Oceano Artico centrale, il ghiaccio marino deriva verso sud nel CAA meridionale, nei mari del Labrador e della Groenlandia, dove si scioglie. Queste dinamiche di circolazione del ghiaccio marino sono solo parzialmente risolte nei modelli a bassa risoluzione, che considerano principalmente i flussi attraverso lo Stretto di Fram e il Vortice di Beaufort (opzioni 1 e 4). Questo studio si concentra sugli impatti del trasporto di ghiaccio marino attraverso le QEI e lo Stretto di Nares (opzioni 2 e 3) sulle proiezioni della LIA, affrontando al contempo i processi su scala più ampia che regolano la stabilità e l’evoluzione di questa regione critica.
Le implicazioni di questi risultati sono profonde, non solo per la comprensione delle dinamiche del ghiaccio marino, ma anche per la gestione delle risorse naturali e la conservazione della biodiversità nell’Artico. La perdita accelerata del ghiaccio marino nella LIA, se non mitigata, potrebbe compromettere la resilienza ecologica della regione, con effetti a cascata sulle specie dipendenti dal ghiaccio e sulle comunità indigene che dipendono da questi ecosistemi per la loro sussistenza culturale ed economica. Inoltre, la riduzione della copertura di ghiaccio marino potrebbe alterare i pattern di albedo e i flussi di calore nell’Artico, contribuendo a un ulteriore riscaldamento globale e a cambiamenti nei pattern climatici su scala planetaria. Questo studio sottolinea l’importanza di integrare modelli ad alta risoluzione nelle proiezioni climatiche per catturare i processi di trasporto del ghiaccio a scala fine e fornisce una base scientifica per informare le decisioni politiche e le strategie di conservazione nell’Artico.Le Isole Regina Elisabetta (QEI) rappresentano un’area critica nell’Artico, caratterizzata da elevate concentrazioni di ghiaccio marino multi-annuale che si estendono nel Canale di Parry e attraverso i canali del Passaggio a Nord-Ovest, situati nel settore meridionale dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA)¹⁷–²⁰. La convergenza del ghiaccio marino nell’Ultima Area di Ghiaccio (LIA) genera creste allineate alla costa, con uno spessore medio compreso tra 4 e 6 m²¹, che in alcune condizioni possono raggiungere profondità eccezionali fino a 25 m¹⁷,²². Questo accumulo di ghiaccio spesso è il risultato di processi dinamici complessi, che includono la compressione e la convergenza del ghiaccio marino contro le masse terrestri. Di conseguenza, il ghiaccio marino all’interno del CAA è composto da una miscela di ghiaccio multi-annuale, trasportato dalle regioni centrali dell’Artico, e ghiaccio di primo anno, formatosi localmente, che rimane prevalentemente ancorato alla terraferma (landfast) durante il periodo che va da novembre a luglio¹⁸. Formazioni di ghiaccio a forma di arco, note come archi di ghiaccio, si sviluppano frequentemente all’ingresso di passaggi stretti, dove il ghiaccio marino convergente si accumula in creste a causa della pressione esercitata dal ghiaccio alla deriva contro le coste. Questi archi di ghiaccio si sono storicamente formati ai punti di ingresso delle QEI e nello Stretto di Nares, fungendo da barriere naturali che impediscono, per diversi mesi ogni anno, il deflusso verso sud del spesso ghiaccio multi-annuale dall’Oceano Artico attraverso questi canali. Tuttavia, a partire dal 1997, si è osservato un aumento significativo della quantità di ghiaccio multi-annuale importato in queste regioni, associato a una riduzione della durata degli archi di ghiaccio ancorati alla terraferma¹¹,¹². Parallelamente, la LIA ha subito una perdita di volume di ghiaccio marino a un tasso doppio rispetto a quello osservato nell’Oceano Artico centrale¹², evidenziando una vulnerabilità crescente di questa regione critica.
Questa riduzione del volume di ghiaccio marino ha generato una copertura di ghiaccio più sottile e frammentata, più suscettibile a eventi di rottura durante periodi caratterizzati da venti intensi, deriva accelerata e aumento delle aree di acqua aperta. Queste condizioni favoriscono l’attivazione più efficace del feedback dell’albedo del ghiaccio²³, un meccanismo che amplifica il riscaldamento locale riducendo la riflettività della superficie e aumentando l’assorbimento di radiazione solare. Inoltre, la deviazione dalle condizioni di deriva libera del ghiaccio marino è una funzione, al primo ordine, delle interazioni ghiaccio-ghiaccio (cioè, la reologia), che diminuisce esponenzialmente con la riduzione della concentrazione di ghiaccio marino²⁴. Questa maggiore mobilità del ghiaccio marino ha intensificato il trasporto attraverso i punti di passaggio delle QEI, con un incremento stimato di 10.000 km² per decennio nel periodo 1997–2018¹¹. Inoltre, si sono verificati eventi di collasso precoce o assenza degli archi di ghiaccio nello Stretto di Nares, con un conseguente raddoppio dell’esportazione media di ghiaccio marino rispetto al periodo 1997–2009¹⁰,¹²,²⁵. Questi cambiamenti indicano una trasformazione profonda delle dinamiche del ghiaccio marino nella LIA, con implicazioni significative per la stabilità ecologica e climatica della regione.
Pertanto, in questo studio, rivediamo le proiezioni della LIA utilizzando una versione ad alta risoluzione (0,1°) del Community Earth System Model (CESM1.3-HR²⁶,²⁷), che consente di risolvere con maggiore accuratezza l’esportazione di ghiaccio marino attraverso il CAA e lo Stretto di Nares, superando le limitazioni dei modelli a bassa risoluzione. I confini della LIA variano nella letteratura scientifica a seconda del contorno di copertura di ghiaccio marino di lunga durata nelle proiezioni dei modelli⁹,¹⁶. In questo studio, adottiamo la definizione fornita dal World Wildlife Fund (WWF), che include la LIA-Nord (LIA-N), le QEI e la Baia di Baffin settentrionale (vedere il contorno rosso in Fig. 1). La LIA è suddivisa in tre regioni principali: la LIA-N (1,14 milioni di km²), le QEI (0,16 milioni di km²) e il CAA meridionale (CAA-S – 0,59 milioni di km²—Fig. 1). Sebbene la definizione del WWF includa il ghiaccio marino nella Baia di Baffin settentrionale e nello Stretto di Jones, queste aree sono attualmente stagionalmente prive di ghiaccio e non contribuiscono alla LIA (Fig. 1). A tal fine, calcoliamo i flussi di area di ghiaccio marino (SIA) attraverso i punti di ingresso e uscita delle QEI, del CAA-S e dello Stretto di Nares (Fig. 1), fornendo una valutazione dettagliata delle dinamiche di trasporto del ghiaccio marino.
In primo luogo, valutiamo il ghiaccio marino pan-artico che alimenta la LIA, analizzando i bias regionali rispetto ai modelli climatici globali a risoluzione inferiore, in particolare CESM1.3-LR e CESM2-LE, il Pan-Arctic Ice Ocean Modeling and Assimilation System (PIOMAS) e le osservazioni di estensione, area, spessore e flussi di ghiaccio marino derivati da immagini satellitari ad alta risoluzione. Successivamente, presentiamo e interpretiamo i risultati relativi al ghiaccio marino all’interno della LIA, considerando i bias del modello e le incertezze associate. Infine, discutiamo i contributi dinamici e termodinamici, nonché i potenziali feedback, responsabili della scomparsa—cioè, un’area di ghiaccio marino (SIA) prossima allo zero—del ghiaccio marino perenne della LIA. Questi feedback includono il già citato feedback dell’albedo, ma anche meccanismi legati alla riduzione della resistenza interna del ghiaccio e all’aumento della mobilità, che accelerano l’esportazione di ghiaccio marino verso sud.
Le implicazioni di questi risultati sono profonde e multifunzionali. La perdita accelerata del ghiaccio marino nella LIA potrebbe compromettere la resilienza ecologica della regione, con effetti a cascata sulle specie dipendenti dal ghiaccio, come orsi polari, foche e gabbiani d’avorio, e sulle comunità indigene che dipendono da questi ecosistemi per la loro sussistenza culturale ed economica. Inoltre, la riduzione della copertura di ghiaccio marino potrebbe alterare i pattern di albedo e i flussi di calore nell’Artico, contribuendo a un ulteriore riscaldamento globale e a cambiamenti nei pattern climatici su scala planetaria. Questo studio sottolinea l’importanza di integrare modelli ad alta risoluzione nelle proiezioni climatiche per catturare i processi di trasporto del ghiaccio a scala fine e fornisce una base scientifica per informare le decisioni politiche e le strategie di conservazione nell’Artico, in un contesto di rapido cambiamento climatico globale.I campi di forcing del modello per CESM1.3-HR sono derivati dallo scenario di emissioni RCP8.5, che rappresenta il percorso a più alte emissioni utilizzato nelle proiezioni dell’IPCC sul riscaldamento futuro. Questo scenario, corrispondente al 90° percentile, prevede un aumento della temperatura globale di circa 4,3 °C entro il 2100 rispetto alle temperature pre-industriali e non include misure di mitigazione rispetto ai tassi storici di crescita delle emissioni. I risultati dello scenario di forcing estremo sono presentati per due motivi principali: (1) è lo scenario di scelta per la maggior parte delle simulazioni di modelli climatici globali ad alta risoluzione attualmente disponibili a livello mondiale, come gli scenari di forcing equivalenti per GFDL CM2.6²⁸ e HighResMIP CMIP6²⁹, e (2) fornisce potenzialmente uno scenario peggiore, essenziale per valutare i rischi estremi associati al cambiamento climatico. Tuttavia, CESM1.3-HR presenta significativi bias negativi nell’estensione del ghiaccio marino²⁶, nell’area e nello spessore rispetto alle osservazioni e ai modelli a risoluzione inferiore (vedere la sezione “Confronto delle condizioni storiche simulate e osservate del ghiaccio marino (1920–2023)”). Questi bias sono probabilmente legati a una temperatura superficiale del mare più calda, che potrebbe derivare dalla parametrizzazione esplicita del trasporto di calore oceanico verso l’alto da parte di vortici a mesoscala e sub-mesoscala²⁶. Questo bias positivo nel profilo di temperatura verticale porta a un trasporto di calore meridionale più intenso, con un’amplificazione artica del 25% più forte rispetto alle osservazioni, e, di conseguenza, a una sottostima dell’estensione del ghiaccio marino²⁶, dell’area e dello spessore nell’emisfero settentrionale. Pertanto, considerando questi bias negativi e lo scenario di riscaldamento estremo RCP8.5, i risultati qui presentati devono essere interpretati come uno scenario peggiore per la perdita di ghiaccio marino nell’Ultima Area di Ghiaccio (LIA), rappresentando un limite superiore delle potenziali traiettorie di declino.
Gli studi precedenti che utilizzano modelli climatici hanno dedicato notevoli sforzi per stimare un timing realistico per un Artico centrale stagionalmente privo di ghiaccio, cercando di ridurre le principali incertezze derivanti dal modello, dalla variabilità climatica naturale e dall’incertezza negli scenari futuri di gas serra. La maggior parte dei modelli CMIP3 e CMIP5 non è riuscita a raggiungere condizioni prive di ghiaccio nell’Artico centrale alla fine del secolo, in apparente contraddizione con il rapido declino osservato del ghiaccio marino dell’Artico centrale³⁰,³¹. Questi modelli, pur essendo strumenti fondamentali per le proiezioni climatiche, hanno sottostimato la sensibilità del ghiaccio marino al riscaldamento globale, in parte a causa di limitazioni nella risoluzione e nella rappresentazione dei processi fisici. La generazione successiva di modelli, CMIP6, ha mostrato miglioramenti significativi nella riproduzione delle condizioni osservate del ghiaccio marino¹,², grazie a una migliore parametrizzazione dei processi termodinamici e dinamici e a una maggiore risoluzione spaziale. I modelli CMIP6 prevedono che l’Artico centrale potrebbe sperimentare la sua prima estate priva di ghiaccio già negli anni 2020 o 2030, con un’alta probabilità che ciò avvenga entro il 2050. In tutti gli scenari di riscaldamento, si prevede che l’Oceano Artico centrale sarà privo di ghiaccio nella maggior parte delle estati, includendo la variabilità naturale, entro la metà del secolo, tra il 2035 e il 2067¹. Tuttavia, solo nello scenario di riscaldamento più basso (SSP1-1.9), che rappresenta un futuro con emissioni drasticamente ridotte, i modelli CMIP6 mantengono un significativo ghiaccio marino spesso di settembre a nord del CAA alla fine del secolo¹. Negli scenari di riscaldamento da moderati ad alti, il ghiaccio marino spesso delle QEI scompare termodinamicamente, a causa della fusione indotta dal riscaldamento, entro 10–20 anni dopo aver raggiunto un Artico centrale consistentemente stagionalmente privo di ghiaccio¹. Come parte della suite CMIP6, i modelli HighResMIP, che risolvono i canali del CAA e dello Stretto di Nares, generalmente sovrastimano la perdita di area di ghiaccio marino (SIA) nella LIA rispetto alle osservazioni, proiettando condizioni stagionalmente prive di ghiaccio sia regionali che pan-artiche intorno al 2050³². Queste proiezioni riflettono una maggiore sensibilità dei modelli ad alta risoluzione al riscaldamento, ma evidenziano anche le incertezze associate alla rappresentazione dei processi regionali.
Le differenze tra CMIP3, CMIP5 e CMIP6 dimostrano che le incertezze relative alle proiezioni per condizioni regionali prive di ghiaccio utilizzando i modelli CMIP sono maggiori rispetto a quelle per le proiezioni pan-artiche e sono altamente sensibili ai modelli specifici impiegati³³. Queste incertezze derivano da molteplici fattori, tra cui la risoluzione spaziale, la parametrizzazione dei processi fisici, la rappresentazione della variabilità climatica naturale e le ipotesi sugli scenari futuri di emissione. Pertanto, piuttosto che tentare di proiettare il timing esatto della scomparsa regionale della LIA, che sarebbe soggetto a significative incertezze, questo studio fornisce una stima della scala temporale necessaria per drenare la LIA una volta che l’Oceano Artico centrale diventa stagionalmente privo di ghiaccio. Questa stima tiene conto dei bias e delle incertezze in CESM1.3-HR, offrendo una valutazione più robusta delle dinamiche di perdita di ghiaccio marino nella LIA. Questo approccio consente di focalizzarsi sui processi fisici che regolano la persistenza del ghiaccio marino nella LIA, come il trasporto di ghiaccio attraverso i canali critici e i feedback termodinamici, piuttosto che su previsioni temporali precise che potrebbero essere invalidate da variabilità non modellata.
Le implicazioni di questi risultati sono profonde, sia per la comprensione delle dinamiche del ghiaccio marino che per la gestione delle risorse naturali e la conservazione della biodiversità nell’Artico. La perdita accelerata del ghiaccio marino nella LIA, se non mitigata, potrebbe compromettere la resilienza ecologica della regione, con effetti a cascata sulle specie dipendenti dal ghiaccio e sulle comunità indigene che dipendono da questi ecosistemi per la loro sussistenza culturale ed economica. Inoltre, la riduzione della copertura di ghiaccio marino potrebbe alterare i pattern di albedo e i flussi di calore nell’Artico, contribuendo a un ulteriore riscaldamento globale e a cambiamenti nei pattern climatici su scala planetaria. Questo studio sottolinea l’importanza di integrare modelli ad alta risoluzione nelle proiezioni climatiche per catturare i processi di trasporto del ghiaccio a scala fine e fornisce una base scientifica per informare le decisioni politiche e le strategie di conservazione nell’Artico, in un contesto di rapido cambiamento climatico globale.

La Figura 1 presenta una mappa dettagliata dell’Ultima Area di Ghiaccio (LIA), delimitata dal contorno rosso, come definita dal World Wildlife Fund (WWF), offrendo una rappresentazione spaziale delle regioni chiave e delle vie di connessione che regolano il flusso del ghiaccio marino nell’Artico settentrionale. La mappa, realizzata in una proiezione polare centrata sull’Oceano Artico, include un inserto in alto a sinistra che fornisce un contesto geografico più ampio, situando la LIA all’interno del quadro pan-artico. Questa area è di fondamentale importanza poiché rappresenta l’ultima regione in cui il ghiaccio marino perenne è previsto persistere, anche quando l’Oceano Artico centrale raggiungerà condizioni stagionalmente prive di ghiaccio a causa del riscaldamento globale. La figura suddivide la LIA in sotto-regioni distinte e identifica i principali punti di ingresso e uscita (gate) che regolano il trasporto del ghiaccio marino, evidenziando le dinamiche complesse che influenzano la sua persistenza.
La LIA è suddivisa in tre regioni principali, ciascuna con caratteristiche distintive in termini di copertura di ghiaccio e ruolo ecologico. La prima regione, le Isole Regina Elisabetta (QEI), evidenziata in rosso, comprende un gruppo di isole nell’Arcipelago Artico Canadese (CAA) ed è nota per le elevate concentrazioni di ghiaccio marino multi-annuale, spesso spesso e antico, che si accumula grazie alla convergenza delle correnti e alla protezione offerta dalle masse terrestri circostanti. La seconda regione, denominata LIA-Nord (LIA-N) e rappresentata in verde, si estende a nord delle QEI, coprendo un’area di circa 1,14 milioni di km². Questa zona è caratterizzata da ghiaccio marino spesso, accumulato a causa della convergenza dinamica indotta dalla circolazione su larga scala del Vortice di Beaufort e della Corrente Transpolare, ed è considerata un baluardo critico per la persistenza del ghiaccio perenne. La terza regione, il CAA meridionale (CAA-S), evidenziata in giallo e con un’estensione di circa 0,59 milioni di km², rappresenta una zona di transizione dove il ghiaccio marino può fluire verso sud attraverso i canali del Passaggio a Nord-Ovest. La Baia di Baffin settentrionale, indicata in bianco, è inclusa nella definizione del WWF della LIA, ma è attualmente stagionalmente priva di ghiaccio e, di conseguenza, non contribuisce in modo significativo alla persistenza del ghiaccio marino perenne nella regione.
Un elemento centrale della figura è l’identificazione dei principali canali e stretti che fungono da “gate” per l’ingresso e l’uscita del ghiaccio marino dalla LIA, cruciali per comprendere le dinamiche di trasporto che influenzano la stabilità della regione. I gate di ingresso verso le QEI, denominati QEI-In, includono lo Stretto di Ballantyne, lo Stretto di Wilkins, il Mare del Principe Gustavo Adolfo, il Canale di Peary, il Canale di Sverdrup e l’Eureka Sound, che facilitano l’ingresso del ghiaccio marino nelle QEI, spesso trasportato dalle regioni centrali dell’Artico. I gate di uscita, noti come QEI-Out, comprendono lo Stretto di Fitzwilliam, il Canale di Byam Martin, lo Stretto di Penny, lo Stretto di Cardigan e il Hell Gate, che consentono l’esportazione del ghiaccio verso sud, spesso verso la Baia di Baffin o i mari meridionali del CAA, dove il ghiaccio tende a sciogliersi. Altri gate significativi includono lo Stretto di Fram, situato a est, che rappresenta una delle principali vie di deflusso del ghiaccio marino verso l’Oceano Atlantico settentrionale, e lo Stretto di Nares, posizionato tra la Groenlandia e l’isola di Ellesmere, che facilita il trasporto verso la Baia di Baffin. Ulteriori collegamenti, come lo Stretto di Jones, lo Stretto di Lancaster, il Golfo di Amundsen e lo Stretto di M’Clure, regolano il flusso del ghiaccio nelle regioni meridionali del CAA, contribuendo al drenaggio del ghiaccio marino dalla LIA in condizioni di riscaldamento globale.
La figura evidenzia anche aree di particolare rilevanza ecologica e conservativa all’interno della LIA. L’Area Marina Protetta di Tuvaijuittuq, situata nella LIA-N e indicata con un motivo tratteggiato, è stata designata come area protetta provvisoria dal governo canadese per preservare il ghiaccio marino e gli ecosistemi associati. Il nome “Tuvaijuittuq”, che in Inuktitut significa “il ghiaccio non si scioglie mai”, riflette l’importanza culturale e ambientale di questa zona, che funge da rifugio per specie dipendenti dal ghiaccio, come orsi polari, foche e beluga. Inoltre, la figura mostra l’ecoregione del Ghiaccio Marino Multi-Annuale Residuo dell’Artico e della Polinia dell’Acqua Nordorientale, indicata con un motivo a puntini, che è stata proposta come potenziale sito Patrimonio Mondiale dell’UNESCO per il suo valore ecologico unico, ospitando comunità biologiche adattate a condizioni estreme.
Dal punto di vista scientifico, la mappa sottolinea la complessità delle dinamiche del ghiaccio marino nella LIA, evidenziando il ruolo cruciale dei gate nel regolare il flusso di ghiaccio e, di conseguenza, la sua persistenza. Le QEI e la LIA-N sono centrali per la conservazione del ghiaccio perenne, grazie alla loro posizione geografica che favorisce l’accumulo e la protezione del ghiaccio. Tuttavia, i gate come lo Stretto di Nares e i canali del Passaggio a Nord-Ovest (ad esempio, il Canale di Byam Martin) rappresentano vie di esportazione critiche che possono accelerare la perdita di ghiaccio in scenari di riscaldamento globale, specialmente con l’aumento della mobilità del ghiaccio e il collasso degli archi di ghiaccio. La designazione di aree protette come Tuvaijuittuq riflette l’urgenza di preservare questi ecosistemi unici, che sono essenziali per la biodiversità artica e per le comunità indigene che dipendono dal ghiaccio marino per la loro sussistenza culturale ed economica. Inoltre, la mappa fornisce un quadro fondamentale per comprendere come i cambiamenti climatici possano alterare i pattern di trasporto del ghiaccio, con potenziali effetti a cascata sull’albedo regionale, sui flussi di calore e sui pattern climatici globali.
Risultati
Analisi comparativa delle condizioni storiche del ghiaccio marino simulate e osservate (1920–2023)
L’analisi delle condizioni storiche del ghiaccio marino simulato dal modello ad alta risoluzione CESM1.3-HR, nel periodo 1920–2023, rivela un accordo generale con le osservazioni e i dati derivati dal Pan-Arctic Ice Ocean Modeling and Assimilation System (PIOMAS) in termini di tasso di declino e variabilità interannuale dell’estensione del ghiaccio marino di settembre, dell’area di ghiaccio marino (SIA) e dello spessore medio del ghiaccio di maggio. Tuttavia, questo accordo si verifica nonostante la presenza di bias sistematici significativi, che includono una sottostima di circa 3 milioni di km² nell’estensione del ghiaccio marino e nell’SIA, un valore simile a quello riscontrato nel modello CESM2-LE, e una sottostima di circa 0,4 m nello spessore medio del ghiaccio (Figure 2, 3 e 4). Questi bias sono principalmente attribuibili a una tendenza del modello verso temperature superficiali del mare più calde rispetto alle osservazioni²⁶, un fenomeno che amplifica la fusione del ghiaccio marino e ne riduce la persistenza. In particolare, il bias negativo più marcato nell’SIA di CESM1.3-HR rispetto all’estensione del ghiaccio marino è dovuto a una zona marginale di ghiaccio più ampia rispetto alle osservazioni, che si estende su tutto l’Oceano Artico già nel periodo 2001-2020 (Figura S1). Questa espansione della zona marginale contribuisce a una perdita di ghiaccio più rapida nelle regioni periferiche, influenzando negativamente la stabilità complessiva della copertura glaciale.
La presenza di una copertura di ghiaccio più sottile a livello pan-artico, che alimenta l’Ultima Area di Ghiaccio (LIA), determina un avvio anticipato del declino dell’estensione del ghiaccio marino di settembre e della concentrazione media di ghiaccio marino nei mesi di agosto, settembre e ottobre nella LIA-Nord (LIA-N) e nelle Isole Regina Elisabetta (QEI), come simulato da CESM1.3-HR, rispetto alle osservazioni (Figure 2 e S2). Nel CAA meridionale (CAA-S), il tasso di declino dell’estensione del ghiaccio marino di settembre è in buon accordo con le osservazioni, simile a quanto simulato da CESM2-LE, nonostante un bias negativo di circa 0,1 milioni di km² (Figura 2). È importante notare che le maschere terrestri utilizzate nei modelli a bassa risoluzione, come CESM1.3-LR e CESM2-LE, risultano più estese, rispettivamente del 22% e del 15% per il CAA-S e le QEI, rispetto a quelle di CESM1.3-HR e alle osservazioni. Questa sovrastima delle aree terrestri nei modelli a bassa risoluzione può contribuire a un bias negativo aggiuntivo nell’estensione del ghiaccio marino di settembre simulata, riducendo artificialmente l’area disponibile per la formazione e la persistenza del ghiaccio marino.
La distribuzione dello spessore del ghiaccio simulata da CESM1.3-HR mostra un bias verso un ghiaccio marino più sottile rispetto ai dati di PIOMAS, con una sovrastima nelle categorie di spessore medio-alto (1,39–2,47 m) nella LIA-N, nelle QEI e nel CAA-S (Figure 3 e S1). Tuttavia, è fondamentale sottolineare che lo stesso PIOMAS presenta un bias verso un ghiaccio marino più sottile a nord del CAA rispetto a misurazioni dirette, come quelle ottenute da ICESat, da tecniche di induzione elettromagnetica aerea e da sonar a ultrasuoni orientati verso l’alto basati su sottomarini³³, suggerendo che le discrepanze tra CESM1.3-HR e le osservazioni potrebbero essere parzialmente amplificate da incertezze nei dati di riferimento. Inoltre, la concentrazione media di ghiaccio marino simulata nei mesi di agosto, settembre e ottobre nella LIA-N e nelle QEI evidenzia bias negativi medi del 20% e del 9% rispettivamente, rispetto ai dati del Climate Data Record (CDR) (Figura S2). Nonostante questi bias negativi nell’estensione, nell’SIA e nello spessore del ghiaccio marino in CESM1.3-HR, la concentrazione di ghiaccio marino nella LIA-N risulta simile a quella simulata da CESM1.3-LR, un risultato attribuibile alla convergenza ubiquitaria del ghiaccio marino contro la costa settentrionale del CAA. Poiché la resistenza del ghiaccio marino dipende principalmente dalla sua concentrazione²⁴, un ghiaccio più spesso non necessariamente porterebbe a variazioni significative nei flussi di SIA nella LIA, a meno che non si verifichino cambiamenti drastici nella dinamica di trasporto.
Per quanto riguarda la stagionalità dei flussi di SIA, le simulazioni di CESM1.3-HR mostrano un eccellente accordo con le osservazioni nello Stretto di Fram e nel Golfo di Amundsen per il periodo storico (Figura 5). Tuttavia, si riscontrano differenze significative in altri gate. Ad esempio, nello Stretto di Nares si osserva una stagionalità invertita, con un bias positivo in inverno e un bias negativo in autunno, dovuto a barriere di ghiaccio marino più deboli nel modello rispetto alla realtà. Inoltre, si registra un inizio anticipato dei flussi nelle QEI, che avviene a maggio rispetto ad agosto, un periodo in cui il feedback albedo-ghiaccio è più attivo, contribuendo a una maggiore fusione estiva. Si osserva anche una sovrastima sistematica dei flussi di ghiaccio marino nei gate QEI-in, QEI-out, Stretto di M’Clure e Stretto di Lancaster, con incrementi che variano da 5 a 20 × 10³ km². Questi bias si accumulano, portando a flussi annuali di SIA simulati circa doppi rispetto alle osservazioni. In particolare, il bias positivo nei gate di ingresso e uscita delle QEI genera una divergenza annuale di SIA di 21 × 10³ km² ((113 ± 10 – 92 ± 14) × 10³ km²), in contrasto con una convergenza osservata di 9 × 10³ km² ((28–37) × 10³ km²) nello stesso periodo (2017–2021, Figura 6). Analogamente, i bias nei gate del CAA-S (ingressi e uscite) determinano una divergenza media annuale simulata per il periodo 2017–2021 di 164 × 10³ km² ((360 ± 71 – 196 ± 48) × 10³ km²), un valore molto simile alla divergenza media osservata di 159 × 10³ km² ((200–41) × 10³ km², Figura S3), suggerendo che, nonostante i bias, il modello cattura adeguatamente le dinamiche complessive di trasporto nella regione.
Questi risultati evidenziano la complessità delle dinamiche del ghiaccio marino nella LIA e la necessità di considerare attentamente i bias dei modelli ad alta risoluzione come CESM1.3-HR. La sottostima dello spessore e dell’estensione del ghiaccio marino, combinata con una sovrastima dei flussi di SIA, indica una maggiore vulnerabilità del ghiaccio marino simulato rispetto alle condizioni osservate, con potenziali implicazioni per le proiezioni future della LIA. Tali discrepanze sottolineano l’importanza di migliorare la parametrizzazione dei processi termodinamici e dinamici nei modelli climatici, in particolare per quanto riguarda il trasporto di calore oceanico e le interazioni ghiaccio-ghiaccio, al fine di ridurre le incertezze nelle proiezioni e supportare strategie di conservazione più efficaci per gli ecosistemi artici.
Proiezioni dell’Ultima Area di Ghiaccio (LIA)
Nell’ambito dello scenario di forcing estremo adottato in questo studio, che riflette le condizioni più severe previste dal scenario RCP8.5, l’Oceano Artico centrale raggiunge per la prima volta una condizione stagionalmente priva di ghiaccio nell’anno 2020, con una transizione verso uno stato continuo di assenza di ghiaccio a partire dal 2035 (Fig. 2). Queste proiezioni, pur risentendo dei bias pan-artici nell’estensione e nello spessore del ghiaccio marino presenti nel modello CESM1.3-HR, si collocano nell’intervallo precoce delle stime di un Artico pan-artico stagionalmente privo di ghiaccio elaborate dai modelli CMIP6¹. Tali bias, che includono una sottostima dell’estensione e dello spessore del ghiaccio, sono attribuibili a una rappresentazione delle temperature superficiali del mare più elevate rispetto alle osservazioni²⁶, un fattore che accelera la fusione del ghiaccio e ne riduce la persistenza complessiva. A livello regionale, le funzioni di densità di probabilità dello spessore del ghiaccio di maggio nella LIA-Nord (LIA-N), nelle Isole Regina Elisabetta (QEI) e nel CAA meridionale (CAA-S) mostrano una progressiva riduzione della variabilità nel tempo, accompagnata da uno spostamento del picco verso categorie di ghiaccio marino più sottile (Fig. 3). Questo fenomeno riflette un assottigliamento generalizzato del ghiaccio marino, indotto dal riscaldamento climatico e dalla maggiore esposizione alle dinamiche oceaniche.
Un’analisi più approfondita rivela che la transizione della LIA-N e delle QEI da perdite di SIA guidate principalmente da processi dinamici (di entità relativamente modesta) a perdite dominate da processi termodinamici (di entità significativa) rappresenta il principale meccanismo responsabile della marcata riduzione dell’area di ghiaccio marino (SIA) di settembre in queste due regioni (Fig. 4 e S4). Nella LIA-N, la fusione basale, ossia la fusione del ghiaccio dalla sua superficie inferiore a causa del contatto con acque oceaniche più calde, prevale nettamente sulla fusione superficiale indotta dalla radiazione solare, mentre nelle QEI e nel CAA-S entrambi i processi contribuiscono in misura equivalente (Fig. S5). La LIA-N e le QEI, caratterizzate da uno spessore iniziale del ghiaccio marino maggiore, esibiscono una perdita di area relativamente contenuta rispetto a una riduzione dello spessore, a differenza del CAA-S, dove la perdita di SIA rimane guidata termodinamicamente fino alla fine del secolo. Durante il periodo 2040–2080, la LIA-N si configura come prevalentemente stagionalmente priva di ghiaccio, con una distribuzione dello spessore del ghiaccio di maggio dominata dalla categoria compresa tra 0,64 e 2,47 m (Fig. 3). Nelle QEI, la perdita di SIA è interamente guidata da processi termodinamici (Fig. 4 e S4), senza una perdita netta dinamica (flusso in uguale al flusso out, Fig. 6), ma con un incremento significativo della magnitudine del flusso attraverso, che facilita il drenaggio della copertura stagionale sottile e del ghiaccio spesso residuo della LIA-N (Fig. 3). Durante questo intervallo temporale di perdita di SIA guidata termodinamicamente (2040-2090), il modello evidenzia coefficienti di correlazione negativi altamente significativi (r ≤ -0,82, p < 0,001) tra la perdita integrata termodinamica e dinamica di SIA durante la stagione di fusione in tutte le regioni (Fig. S6). Questo forte feedback negativo è il risultato diretto di una riduzione della durata di permanenza del ghiaccio marino nelle regioni LIA-N, QEI e CAA-S, un fenomeno amplificato dall’aumento della mobilità del ghiaccio e dalla diminuzione della sua resistenza strutturale.
Con il progressivo riscaldamento climatico, si osserva un incremento della magnitudine del picco dei flussi stagionali di SIA attraverso le QEI e lo Stretto di Nares, accompagnato da un anticipo della loro occorrenza nella stagione di fusione (Fig. 5). Questa tendenza persiste fino al periodo 2080–2100, quando si registra un declino dell’SIA invernale, attribuibile alla riduzione del ghiaccio ancorato alla terraferma. Tale riduzione consente al ghiaccio marino neoformato durante l’inverno di essere esportato dall’Oceano Artico attraverso il CAA e lo Stretto di Nares, lasciando poche o nessuna riserve di ghiaccio da esportare durante l’estate. La stagionalità dei flussi di SIA nei gate del CAA-S mostra una variabilità ridotta, con un incremento graduale durante l’inverno e una diminuzione durante l’estate, riflettendo una stabilizzazione relativa delle dinamiche di trasporto in questa regione. Nello Stretto di Fram, i flussi di SIA non presentano uno spostamento evidente nella stagionalità, ma diminuiscono significativamente a causa della ridotta disponibilità di ghiaccio marino e del ritiro progressivo del ghiaccio nella LIA-N. Questo suggerisce che, in questo scenario futuro, la perdita di SIA della LIA attraverso il trasporto, storicamente dominata dallo Stretto di Fram, si sposterà verso le QEI e lo Stretto di Nares, un’ipotesi supportata da recenti studi¹¹,¹²,¹⁵,²⁵. Le esportazioni annuali di SIA attraverso i gate QEI-in, QEI-out e Stretto di Nares aumentano rispettivamente di fattori di 5,1, 2,0 e 1,4 dal periodo 1920–1980 al periodo 2040–2080 (Fig. 6), indicando un’accelerazione drastica del drenaggio del ghiaccio marino. Il bilancio annuale di SIA nel CAA-S mostra una maggiore stabilità, con una diminuzione della divergenza netta, principalmente dovuta all’aumento dei flussi attraverso i gate delle QEI (Fig. S3), suggerendo un riequilibrio delle dinamiche di trasporto regionale.
Le implicazioni di queste proiezioni sono profonde, sia dal punto di vista climatico che ecologico. La transizione verso uno stato stagionalmente privo di ghiaccio nella LIA-N e nelle QEI entro la metà del secolo, guidata da processi termodinamici amplificati dal feedback albedo-ghiaccio e dal trasporto oceanico di calore, comprometterebbe gravemente gli habitat delle specie dipendenti dal ghiaccio, come orsi polari e foche, con effetti a cascata sulla biodiversità artica. Inoltre, la diminuzione della copertura di ghiaccio marino potrebbe alterare i pattern di albedo regionale e i flussi di calore, contribuendo a un ulteriore rafforzamento dell’amplificazione artica e a cambiamenti nei pattern climatici globali. Questi risultati evidenziano l’urgenza di integrare modelli ad alta risoluzione e di considerare scenari di mitigazione più ambiziosi per preservare gli ecosistemi artici e mitigare gli impatti del cambiamento climatico.Proiezioni e dinamiche evolutive dell’Ultima Area di Ghiaccio (LIA) nel periodo 2020–2080
Nel periodo compreso tra il 2020 e il 2080, la concentrazione media di ghiaccio marino nei mesi di agosto, settembre e ottobre nelle Isole Regina Elisabetta (QEI) subisce una drastica riduzione, scendendo ben al di sotto del 90%, un fenomeno che comporta una significativa diminuzione delle interazioni ghiaccio-ghiaccio (Fig. S2). Questa perdita di concentrazione riflette l’intensificarsi dei processi di fusione termodinamica indotti dal riscaldamento globale, che indeboliscono la struttura del ghiaccio marino e ne riducono la coesione meccanica. Nella regione LIA-Nord (LIA-N), la tendenza della concentrazione media di ghiaccio marino di agosto-settembre-ottobre mostra un’inversione significativa intorno al 2035, quando persistono solo poche celle della griglia con alte concentrazioni di ghiaccio marino (Fig. S1–2). Durante questo periodo, la concentrazione di ghiaccio marino nella LIA-N si stabilizza tra il 40% e il 90%, creando le condizioni per un apporto continuo di ghiaccio marino verso le QEI durante tutto l’anno. Su questa base, sosteniamo che le velocità simulate del ghiaccio marino ai gate delle QEI si avvicinino a una condizione di deriva libera nel periodo 2040–2080. Questo regime di trasporto del ghiaccio si manifesta quando le interazioni ghiaccio-ghiaccio diventano trascurabili, e la dinamica del movimento del ghiaccio dipende prevalentemente dalle forzature del vento simulate dal modello. Le proiezioni indicano un aumento delle velocità del vento nell’Artico del 6,4–9,6% entro la fine del secolo³⁴, con una conseguente crescita dello stress del vento superficiale stimata tra il 13% e il 20%. Tale incremento amplifica la mobilità del ghiaccio marino, favorendo un’accelerazione del suo trasporto e contribuendo alla perdita complessiva della copertura glaciale.
Durante la transizione verso un Artico centrale stagionalmente privo di ghiaccio, l’Arcipelago Artico Canadese (CAA) assume un ruolo cruciale nel mantenere la stabilità della LIA, agendo come una barriera naturale che impedisce il deflusso del ghiaccio marino dalla LIA-N e dalle regioni centrali dell’Oceano Artico. Questa funzione di contenimento è particolarmente rilevante nella fase iniziale del declino del ghiaccio, quando gli archi di ghiaccio e le configurazioni costiere del CAA regolano ancora il flusso verso sud. Nel CAA meridionale (CAA-S), si osservano variazioni relativamente minori nella distribuzione dello spessore del ghiaccio di maggio, nella durata della stagione di fusione, nei flussi di SIA e nei processi termodinamici, in netto contrasto con le dinamiche più marcate osservate nella LIA-N e nelle QEI (Fig. 3, 4, S3, S4). Questa stabilità nel CAA-S suggerisce un drenaggio limitato ma potenzialmente sostenibile della LIA attraverso le QEI, permettendo un rifornimento sporadico di ghiaccio multi-annuale spesso proveniente dalle regioni settentrionali. Tale comportamento è coerente con il meccanismo di drenaggio-trappola del CAA³⁵,³⁶, un processo dinamico in cui un graduale e sostenuto scioglimento del ghiaccio multi-annuale nel CAA meridionale crea opportunità per un rapido rifornimento di ghiaccio spesso dall’Oceano Artico centrale verso le QEI e il CAA meridionale¹⁷,¹⁹,³⁷. Questo meccanismo riflette un equilibrio instabile tra perdita e rigenerazione del ghiaccio, che potrebbe prolungare la persistenza del ghiaccio nella LIA in scenari di riscaldamento moderato.
Un’analisi spettrale dettagliata della perdita di SIA termodinamica, della perdita dinamica (derivante da advezione e formazione di creste) e dei flussi, dopo la rimozione delle tendenze di lungo periodo, rivela una risposta dinamica ritardata tra la LIA-N, le QEI e il CAA-S, con periodi caratteristici di circa 4–6 anni (Fig. S7). Questa periodicità suggerisce l’esistenza di cicli di interazione tra i processi termodinamici e dinamici che regolano la perdita di ghiaccio marino. In particolare, un significativo ciclo accoppiato di perdita di SIA termodinamica si manifesta nel CAA-S ogni 6 anni, indicando eventi dominanti di fusione che amplificano il trasporto di ghiaccio marino negli anni successivi. Questo fenomeno è reminiscente del meccanismo di drenaggio-trappola, dove la rimozione periodica di ghiaccio crea condizioni favorevoli per il rifornimento di nuovo ghiaccio spesso dalle regioni settentrionali. Tali dinamiche evidenziano la complessità delle interazioni tra forzature climatiche, trasporto del ghiaccio e feedback locali, con implicazioni significative per la stabilità ecologica della LIA. La perdita progressiva di ghiaccio multi-annuale potrebbe compromettere gli habitat delle specie dipendenti dal ghiaccio, come orsi polari e foche, mentre l’aumento della mobilità del ghiaccio potrebbe alterare i pattern di albedo e i flussi di calore, contribuendo all’amplificazione artica e ai cambiamenti climatici globali.

Analisi comparativa dell’estensione del ghiaccio marino di settembre: osservazioni e simulazioni modellistiche nell’Ultima Area di Ghiaccio e a scala pan-artica (1900–2100)
La Figura 2 presenta un’analisi comparativa dell’estensione del ghiaccio marino di settembre, osservata e simulata, per diverse regioni dell’Artico settentrionale e a scala pan-artica, coprendo un intervallo temporale che si estende dal 1900 al 2100 circa. La figura è strutturata in quattro pannelli distinti (a, b, c, d), ciascuno dei quali rappresenta l’estensione del ghiaccio marino in una specifica regione: la LIA-Nord (LIA-N) nel pannello (a), le Isole Regina Elisabetta (QEI) nel pannello (b), il CAA meridionale (CAA-S) nel pannello (c) e l’intero Oceano Artico (pan-Artico) nel pannello (d). Ogni pannello riporta i dati osservati e simulati, con scale verticali adattate alle variazioni regionali dell’estensione del ghiaccio marino, espressa in milioni di km², mentre l’asse orizzontale rappresenta gli anni. Questa analisi fornisce un quadro dettagliato delle tendenze storiche e future del ghiaccio marino, evidenziando le differenze tra osservazioni e simulazioni modellistiche, e sottolineando le implicazioni climatiche e ecologiche di tali cambiamenti.
Dati rappresentati e convenzioni grafiche
La figura integra dati osservativi e simulati, rappresentati con diverse convenzioni cromatiche e stilistiche per distinguere le fonti. I dati osservati derivano da due fonti principali: il Climate Data Record (CDR), rappresentato da una linea continua nera, che offre una stima consolidata dell’estensione del ghiaccio marino basata su dati satellitari e altre osservazioni, e il Canadian Ice Service (CIS), indicato con una linea tratteggiata nera, che fornisce un ulteriore riferimento osservativo spesso utilizzato per validare le tendenze a lungo termine. I dati simulati provengono da tre modelli climatici: CESM1.3-HR (alta risoluzione), rappresentato da una linea blu scuro con un intervallo di variabilità mostrato in tonalità più chiare; CESM1.3-LR (bassa risoluzione), indicato con una linea blu chiaro con il relativo intervallo di variabilità; e CESM2-LE (Large Ensemble), raffigurato con una linea rossa e il suo intervallo di variabilità in tonalità più chiare. Una linea tratteggiata nera orizzontale, posizionata a 1 milione di km², rappresenta la soglia definita dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) per un Artico stagionalmente privo di ghiaccio, un indicatore critico per valutare la transizione verso condizioni di assenza di ghiaccio.
Analisi regionale e tendenze
- Pannello (a) – LIA-Nord (LIA-N):
L’estensione del ghiaccio marino di settembre nella LIA-N mostra una traiettoria di declino graduale fino alla metà del XX secolo, seguita da un’accelerazione significativa a partire dagli anni ’80, in linea con le tendenze globali di riscaldamento. I modelli CESM1.3-HR, CESM1.3-LR e CESM2-LE sottostimano sistematicamente l’estensione del ghiaccio rispetto alle osservazioni di CDR e CIS, con CESM1.3-HR che evidenzia un declino più rapido, probabilmente a causa di un bias verso temperature superficiali del mare più calde²⁶. La soglia di 1 milione di km², indicativa di un Artico stagionalmente privo di ghiaccio, viene superata intorno al 2035, segnando una transizione precoce verso condizioni di assenza di ghiaccio estiva in questa regione critica. Questo declino accelerato riflette l’interazione tra processi termodinamici, come la fusione indotta dal calore oceanico, e dinamici, come l’aumento del trasporto di ghiaccio verso sud. - Pannello (b) – Isole Regina Elisabetta (QEI):
Nelle QEI, l’estensione del ghiaccio marino di settembre segue un declino più graduale rispetto alla LIA-N, riflettendo una maggiore resilienza iniziale grazie alla presenza di ghiaccio multi-annuale spesso. Tuttavia, CESM1.3-HR e CESM2-LE mostrano un calo più pronunciato rispetto a CESM1.3-LR, con una divergenza significativa dalle osservazioni a partire dagli anni 2000. La soglia di 1 milione di km² viene raggiunta tra il 2040 e il 2050, indicando una vulnerabilità crescente della regione al riscaldamento globale. La discrepanza tra modelli e osservazioni può essere attribuita alla difficoltà dei modelli nel rappresentare accuratamente i processi di accumulo e trasporto del ghiaccio multi-annuale in questa regione geograficamente complessa. - Pannello (c) – CAA meridionale (CAA-S):
Il CAA-S presenta un’estensione del ghiaccio marino di settembre iniziale più bassa (circa 0,5-1 milione di km²) e un declino meno marcato rispetto alle altre regioni, suggerendo una maggiore stabilità relativa. Le simulazioni di CESM1.3-HR e CESM2-LE sono generalmente in buon accordo con le osservazioni di CDR e CIS, pur mostrando una leggera sottostima. La soglia di 1 milione di km² non viene raggiunta in modo consistente entro il 2100, indicando che il CAA-S potrebbe mantenere una copertura di ghiaccio residua anche in scenari di riscaldamento estremo. Questa stabilità è coerente con il ruolo del CAA-S come regione di transizione, dove il ghiaccio multi-annuale viene gradualmente drenato ma può essere sporadicamente rifornito dal nord attraverso il meccanismo di drenaggio-trappola³⁵,³⁶. - Pannello (d) – Oceano Artico (pan-Artico):
A scala pan-artica, l’estensione del ghiaccio marino di settembre mostra un declino costante a partire dalla metà del XX secolo, con un’accelerazione significativa negli ultimi decenni, in linea con le osservazioni globali di riduzione del ghiaccio marino. CESM1.3-HR e CESM2-LE anticipano il raggiungimento della soglia di 1 milione di km² intorno al 2030-2035, mentre CESM1.3-LR è leggermente più conservativo, prevedendo questa transizione poco dopo. Le osservazioni di CDR e CIS confermano un trend di declino rapido, con una convergenza verso i modelli ad alta risoluzione negli ultimi anni, suggerendo che CESM1.3-HR cattura efficacemente la tendenza generale, pur con un bias verso una perdita più rapida.
Interpretazione scientifica e limiti dei modelli
La figura evidenzia la capacità dei modelli climatici di riprodurre le tendenze osservate di declino del ghiaccio marino, pur con bias sistematici che riflettono le limitazioni nella rappresentazione dei processi fisici. CESM1.3-HR, grazie alla sua alta risoluzione, offre una migliore rappresentazione delle dinamiche regionali, come il trasporto del ghiaccio attraverso i canali del CAA, ma tende a sottostimare l’estensione del ghiaccio marino e a prevedere una perdita più rapida, specialmente nella LIA-N e nelle QEI. Questo bias è attribuito a una rappresentazione delle temperature superficiali del mare più calde²⁶, che amplificano la fusione termodinamica e riducono la persistenza del ghiaccio. La soglia di 1 milione di km², definita dall’IPCC come indicatore di un Artico stagionalmente privo di ghiaccio, viene raggiunta prima a scala pan-artica (2030-2035) e successivamente nelle regioni della LIA (2035-2050), riflettendo una progressione della perdita di ghiaccio dalle aree centrali verso quelle considerate più resilienti. La maggiore stabilità del CAA-S suggerisce un ruolo chiave nel contenimento del ghiaccio multi-annuale, in accordo con il meccanismo di drenaggio-trappola³⁵,³⁶, che consente un rifornimento sporadico di ghiaccio spesso dal nord, anche in condizioni di riscaldamento avanzato.
Implicazioni climatiche ed ecologiche
I risultati rappresentati nella Figura 2 hanno implicazioni profonde per la comprensione dei cambiamenti climatici nell’Artico e per la gestione degli ecosistemi associati. La perdita accelerata del ghiaccio marino nelle regioni della LIA, in particolare nella LIA-N e nelle QEI, comprometterebbe gli habitat critici per le specie dipendenti dal ghiaccio, come orsi polari, foche e beluga, con effetti a cascata sulla biodiversità artica e sulle comunità indigene che dipendono da questi ecosistemi per la loro sussistenza culturale ed economica. Inoltre, la riduzione dell’estensione del ghiaccio marino altera i pattern di albedo regionale, diminuendo la riflettività della superficie e aumentando l’assorbimento di radiazione solare, un feedback positivo che amplifica il riscaldamento artico e contribuisce ai cambiamenti climatici globali. La transizione verso un Artico stagionalmente privo di ghiaccio entro il 2030-2035, come previsto a scala pan-artica, potrebbe anche influenzare i pattern di circolazione atmosferica e oceanica, con ripercussioni sui climi delle medie latitudini.
La figura sottolinea l’importanza di utilizzare modelli ad alta risoluzione, come CESM1.3-HR, per catturare le dinamiche regionali del ghiaccio marino e migliorare la precisione delle proiezioni future. Tuttavia, i bias identificati evidenziano la necessità di ulteriori miglioramenti nella parametrizzazione dei processi termodinamici e dinamici, come il trasporto di calore oceanico e le interazioni ghiaccio-ghiaccio, al fine di ridurre le incertezze e supportare strategie di mitigazione e adattamento più efficaci. Questi dati forniscono una base scientifica fondamentale per informare le decisioni politiche e le azioni di conservazione volte a preservare gli ecosistemi artici in un contesto di rapido cambiamento climatico globale.

Analisi evolutiva della distribuzione dello spessore del ghiaccio marino di maggio: simulazioni modellistiche e confronti con PIOMAS nell’Artico (1921–2100)
La Figura 3 offre una rappresentazione dettagliata e quantitativa della distribuzione dello spessore del ghiaccio marino di maggio, derivata da simulazioni modellistiche e confrontata con dati di riferimento, per diverse regioni dell’Artico settentrionale e a scala pan-artica, coprendo un intervallo temporale che si estende dal 1921 al 2100. La figura è organizzata in quattro pannelli distinti: il pannello (a) dedicato alla LIA-Nord (LIA-N), il pannello (b) alle Isole Regina Elisabetta (QEI), il pannello (c) al CAA meridionale (CAA-S), e il pannello (d) all’intero Oceano Artico (pan-Artico). I pannelli (a), (b) e (c) illustrano le distribuzioni di probabilità dello spessore del ghiaccio marino di maggio, con l’asse orizzontale che rappresenta lo spessore in metri (da 0,64 m a 4,47 m) e l’asse verticale che indica la frequenza o densità di probabilità, calcolata come media mobile su intervalli di 20 anni (ad esempio, 1921–1940, 2001–2020, 2081–2100). Il pannello (d) presenta invece l’evoluzione temporale dello spessore medio del ghiaccio marino di maggio, con l’asse orizzontale che copre gli anni dal 1920 al 2100 e l’asse verticale che misura lo spessore medio in metri. Questa analisi consente di valutare le tendenze a lungo termine del ghiaccio marino, le discrepanze tra modelli e dati di riferimento, e le implicazioni per la criosfera artica in un contesto di cambiamento climatico.
Dati e convenzioni grafiche
La figura integra dati simulati da modelli climatici e un riferimento modellistico consolidato:
- Simulazioni modellistiche:
- CESM1.3-HR (Community Earth System Model, alta risoluzione): Linee piene in blu scuro, con intervalli di variabilità rappresentati in tonalità più chiare, che riflettono l’incertezza intrinseca delle simulazioni ensemble.
- CESM1.3-LR (bassa risoluzione): Linee in blu chiaro, con il relativo intervallo di variabilità.
- CESM2-LE (Large Ensemble): Linee in rosso, con il relativo intervallo di variabilità, basate su un insieme più ampio di simulazioni per catturare la variabilità climatica naturale.
- I dati sono aggregati in medie mobili di 20 anni per mitigare la variabilità interannuale e evidenziare le tendenze strutturali.
- Riferimento:
- PIOMAS (Pan-Arctic Ice Ocean Modeling and Assimilation System): Linee tratteggiate nere, che forniscono un benchmark modellistico validato contro osservazioni storiche, come quelle derivate da ICESat e sonar a ultrasuoni³³.
- Periodi analizzati: La figura confronta distribuzioni per intervalli di 20 anni (ad esempio, 1921–1940, 2001–2020, 2081–2100) per illustrare l’evoluzione dello spessore del ghiaccio nel tempo sotto diversi scenari di forcing climatico.
Analisi regionale e temporale
- Pannello (a) – LIA-Nord (LIA-N):
La distribuzione dello spessore del ghiaccio di maggio nella LIA-N rivela una transizione significativa nel tempo. Nelle medie del periodo 1921–1940, la distribuzione mostra una frequenza elevata nelle categorie di spessore intermedio-alto (1,39–2,47 m), indicative di una presenza dominante di ghiaccio multi-annuale. Tuttavia, con il procedere del secolo, le simulazioni di CESM1.3-HR indicano un progressivo spostamento del picco verso categorie più sottili (0,64–1,39 m), con una riduzione marcata della frequenza nelle classi di spessore superiore a 2,47 m entro il 2081–2100. PIOMAS, pur mostrando un trend simile, presenta una variabilità più contenuta, suggerendo un assottigliamento del ghiaccio marino guidato da processi termodinamici, come la fusione basale indotta da acque oceaniche più calde, e dinamici, come l’aumento del trasporto verso sud. - Pannello (b) – Isole Regina Elisabetta (QEI):
Nelle QEI, la distribuzione iniziale (1921–1940) è caratterizzata da una frequenza significativa nelle categorie di spessore intermedio (1,39–2,47 m), coerente con l’accumulo di ghiaccio multi-annuale in questa regione protetta. Le simulazioni di CESM1.3-HR mostrano un’evoluzione verso una distribuzione dominata da ghiaccio sottile (0,64–1,39 m) nei periodi più recenti (2001–2020, 2081–2100), con PIOMAS che conferma questa tendenza, sebbene con una variabilità leggermente inferiore. Questo spostamento riflette l’impatto combinato del riscaldamento globale, che accelera la fusione superficiale e basale, e della maggiore mobilità del ghiaccio, facilitata dalla riduzione delle interazioni ghiaccio-ghiaccio. - Pannello (c) – CAA meridionale (CAA-S):
Nel CAA-S, la distribuzione dello spessore del ghiaccio di maggio presenta un’evoluzione più graduale rispetto alla LIA-N e alle QEI. Le medie del periodo 1921–1940 mostrano una frequenza moderata nelle categorie di spessore intermedio, con un declino meno pronunciato verso le categorie più sottili (0,64–1,39 m) entro il 2081–2100, secondo CESM1.3-HR. PIOMAS evidenzia una variabilità ridotta, suggerendo una maggiore resilienza regionale, attribuibile al ruolo del CAA-S come zona di transizione nel meccanismo di drenaggio-trappola³⁵,³⁶. Questo meccanismo consente un rifornimento sporadico di ghiaccio multi-annuale dal nord, mitigando la perdita complessiva. - Pannello (d) – Oceano Artico (pan-Artico):
Il pannello (d) illustra l’evoluzione temporale dello spessore medio del ghiaccio marino di maggio a scala pan-artica. CESM1.3-HR (blu scuro) mostra un declino costante a partire dagli anni ’50, con un’accelerazione significativa dopo il 2000, raggiungendo valori inferiori a 1 m verso il 2100. CESM1.3-LR (blu chiaro) e CESM2-LE (rosso) seguono trend simili, con CESM2-LE che presenta una variabilità più ampia a causa della sua configurazione ensemble. PIOMAS (nero) conferma un declino generale, sebbene con una traiettoria leggermente più lenta, riflettendo un’assimilazione più conservativa dei dati osservativi. Questa riduzione complessiva dello spessore medio è il risultato dell’interazione tra fusione termodinamica, amplificata dal feedback albedo-ghiaccio, e trasporto dinamico, favorito da venti più intensi³⁴.
Interpretazione scientifica e limiti modellistici
La Figura 3 evidenzia un assottigliamento progressivo e generalizzato del ghiaccio marino di maggio in tutte le regioni analizzate, con una transizione verso distribuzioni dominate da ghiaccio sottile (0,64–2,47 m) entro la fine del secolo. CESM1.3-HR, grazie alla sua alta risoluzione spaziale, cattura con maggiore accuratezza le dinamiche regionali, come il trasporto del ghiaccio attraverso i canali del CAA, ma presenta un bias verso spessori più sottili rispetto a PIOMAS, attribuibile a una rappresentazione delle temperature superficiali del mare più elevate²⁶. Questo bias amplifica la fusione termodinamica, in particolare nella LIA-N e nelle QEI, dove la perdita di ghiaccio spesso è più pronunciata a causa della maggiore esposizione al calore oceanico. Il CAA-S mostra una maggiore stabilità, coerente con il suo ruolo nel meccanismo di drenaggio-trappola³⁵,³⁶, che permette un rifornimento intermittente di ghiaccio multi-annuale. A scala pan-artica, il declino dello spessore medio del ghiaccio marino riflette l’impatto cumulativo del riscaldamento globale, con un’accelerazione post-2000 legata all’amplificazione artica e all’aumento delle forzature antropogeniche.
Implicazioni climatiche ed ecologiche
La riduzione dello spessore del ghiaccio marino, in particolare nella LIA-N e nelle QEI, compromette la persistenza del ghiaccio multi-annuale, un habitat essenziale per specie obbligate al ghiaccio come orsi polari, foche e uccelli marini artici. Questa perdita potrebbe destabilizzare le reti trofiche locali, con effetti a cascata sulla biodiversità e sulle comunità indigene che dipendono dalla caccia al ghiaccio per la loro sussistenza. A scala pan-artica, la diminuzione dello spessore medio del ghiaccio amplifica il feedback albedo-ghiaccio, riducendo la riflettività della superficie e aumentando l’assorbimento di radiazione solare, un meccanismo che contribuisce all’amplificazione del riscaldamento artico e ai cambiamenti climatici globali. Inoltre, l’assottigliamento del ghiaccio facilita la mobilità e l’esportazione verso sud, alterando i pattern di circolazione oceanica e atmosferica, con potenziali ripercussioni sulle medie latitudini.
La figura sottolinea l’importanza di modelli ad alta risoluzione, come CESM1.3-HR, per comprendere le dinamiche regionali del ghiaccio marino e migliorare la precisione delle proiezioni future. Tuttavia, i bias identificati evidenziano la necessità di raffinare la parametrizzazione dei processi termodinamici (ad esempio, il trasporto di calore oceanico) e dinamici (ad esempio, le interazioni ghiaccio-ghiaccio), al fine di ridurre le incertezze e supportare strategie di mitigazione e conservazione più efficaci. Questi risultati forniscono una base scientifica cruciale per informare le politiche climatiche e proteggere gli ecosistemi artici in un contesto di rapido cambiamento ambientale.

Analisi delle dinamiche temporali dell’area di ghiaccio marino (SIA) di marzo e settembre: decomposizione delle perdite dinamiche e termodinamiche nell’Artico (1900–2100)
La Figura 4 presenta un’analisi dettagliata dell’evoluzione temporale dell’area di ghiaccio marino (SIA, Sea Ice Area) simulata nei mesi di marzo e settembre, decomponendo le perdite di SIA in componenti dinamiche (advezione e formazione di creste) e termodinamiche (fusione), per diverse regioni dell’Artico settentrionale e a scala pan-artica, coprendo un intervallo temporale che si estende dal 1900 al 2100 circa. La figura è strutturata in quattro pannelli distinti: il pannello (a) per la LIA-Nord (LIA-N), il pannello (b) per le Isole Regina Elisabetta (QEI), il pannello (c) per il CAA meridionale (CAA-S), e il pannello (d) per l’intero Oceano Artico (pan-Artico). I pannelli (a), (b) e (c) mostrano l’SIA media di marzo e settembre, insieme alle perdite dinamiche e termodinamiche integrate spazialmente e temporalmente durante la stagione di fusione, mentre il pannello (d) confronta l’SIA media di settembre a scala pan-artica tra simulazioni modellistiche e dati osservati. L’asse orizzontale di ogni pannello rappresenta gli anni, mentre l’asse verticale indica l’SIA in milioni di km², con scale adattate per riflettere le variazioni regionali. Questa analisi fornisce un quadro completo delle dinamiche di perdita di ghiaccio marino, evidenziando i contributi relativi dei processi termodinamici e dinamici e le discrepanze tra simulazioni e osservazioni.
Dati e convenzioni grafiche
La figura integra dati simulati e osservati, rappresentati con convenzioni grafiche distinte:
- Pannelli (a), (b), (c) – SIA regionale e perdite:
- SIA di marzo e settembre: Linee nere continue, che rappresentano la media dell’ensemble simulato per ciascuna regione, calcolata utilizzando il modello CESM1.3-HR.
- Perdite dinamiche e termodinamiche integrate:
- Dinamiche (advezione e formazione di creste): Area colorata in blu, che quantifica la perdita di SIA dovuta al trasporto fisico e alla compressione del ghiaccio.
- Termodinamiche (fusione): Area colorata in giallo, che rappresenta la perdita di SIA causata dalla fusione superficiale e basale indotta dal calore.
- Perdite totali integrate: Area combinata (arancione + giallo + blu), che include l’errore nel bilancio dell’area, definito come la differenza tra l’SIA calcolata (linee nere) e la somma delle perdite integrate (vedi sezione “Metodi online”).
- Pannello (d) – SIA pan-artica:
- Simulazioni:
- CESM1.3-HR (alta risoluzione): Linea blu scuro, con intervallo di variabilità in tonalità più chiare.
- CESM1.3-LR (bassa risoluzione): Linea blu chiaro, con intervallo di variabilità.
- CESM2-LE (Large Ensemble): Linea rossa, con intervallo di variabilità.
- Osservazioni:
- CDR (Climate Data Record): Linea nera continua, che fornisce un riferimento osservativo consolidato basato su dati satellitari.
- Simulazioni:
Analisi regionale e temporale
- Pannello (a) – LIA-Nord (LIA-N):
L’SIA di marzo e settembre nella LIA-N mostra un declino graduale fino alla metà del XX secolo, seguito da un’accelerazione significativa a partire dagli anni ’80, con un crollo pronunciato dopo il 2000. Le perdite termodinamiche (area gialla) diventano progressivamente dominanti rispetto alle perdite dinamiche (area blu) a partire dagli anni ’90, riflettendo l’influenza crescente della fusione basale e superficiale, indotta dal riscaldamento oceanico e atmosferico. Le perdite dinamiche, che includono l’advezione e la formazione di creste, rimangono rilevanti fino al 2000, ma diminuiscono successivamente, indicando una riduzione delle interazioni ghiaccio-ghiaccio. L’area integrata (arancione + giallo + blu) evidenzia un errore crescente nel bilancio dell’area verso il 2100, suggerendo una possibile sottostima del trasporto dinamico o una sovrastima della fusione termodinamica nel modello CESM1.3-HR. - Pannello (b) – Isole Regina Elisabetta (QEI):
Nelle QEI, l’SIA di marzo e settembre segue un trend di declino simile a quello della LIA-N, ma con una traiettoria più graduale fino agli anni 2000. Le perdite termodinamiche (giallo) superano quelle dinamiche (blu) a partire dagli anni ’90, diventando il principale meccanismo di perdita entro il 2040. La componente dinamica, che include l’advezione e la formazione di creste, mostra un contributo significativo fino alla metà del secolo, ma si riduce successivamente, riflettendo una diminuzione della resistenza del ghiaccio marino e un passaggio a condizioni di deriva libera. L’errore nel bilancio dell’area, rappresentato dalla differenza tra l’SIA calcolata (linee nere) e l’area integrata, aumenta verso il 2100, indicando una complessità crescente nella modellizzazione delle dinamiche regionali. - Pannello (c) – CAA meridionale (CAA-S):
Nel CAA-S, l’SIA di marzo e settembre presenta un declino più graduale rispetto alle altre regioni, con un’estensione iniziale più bassa (circa 0,5–1 milione di km²). Le perdite termodinamiche (giallo) dominano per l’intero periodo analizzato, mentre le perdite dinamiche (blu) sono meno significative, riflettendo la natura di questa regione come zona di transizione. L’area integrata evidenzia un errore moderato nel bilancio dell’area, suggerendo che CESM1.3-HR cattura adeguatamente le dinamiche di trasporto, in linea con il ruolo del CAA-S nel meccanismo di drenaggio-trappola³⁵,³⁶. Questo meccanismo consente un rifornimento sporadico di ghiaccio multi-annuale dal nord, contribuendo alla stabilità relativa dell’SIA nel CAA-S. - Pannello (d) – Oceano Artico (pan-Artico):
A scala pan-artica, l’SIA di settembre mostra un declino costante a partire dagli anni ’50, con un’accelerazione significativa dopo il 2000, in linea con le osservazioni globali di riduzione del ghiaccio marino. CESM1.3-HR (blu scuro) e CESM2-LE (rosso) anticipano un calo più rapido rispetto a CESM1.3-LR (blu chiaro), con CESM1.3-HR che si avvicina ai dati osservati di CDR (nero) fino agli anni recenti, ma diverge successivamente, prevedendo un declino più aggressivo verso il 2100. L’intervallo di variabilità delle simulazioni aumenta nel tempo, riflettendo l’incertezza crescente nelle proiezioni future, in particolare in un contesto di forcing climatico estremo (RCP8.5).
Interpretazione scientifica e limiti modellistici
La Figura 4 evidenzia un declino progressivo dell’SIA di marzo e settembre in tutte le regioni analizzate, con una transizione marcata verso perdite dominate da processi termodinamici, specialmente nella LIA-N e nelle QEI, dove la fusione (superficiale e basale) supera il trasporto dinamico dopo il 2000. Questo cambiamento riflette l’impatto del riscaldamento globale, che amplifica la fusione attraverso il feedback albedo-ghiaccio e il trasferimento di calore oceanico²⁶. CESM1.3-HR, grazie alla sua alta risoluzione, cattura con maggiore precisione le dinamiche regionali, come il trasporto attraverso i canali del CAA, ma presenta errori nel bilancio dell’area, attribuibili a una sovrastima della fusione termodinamica o a una sottostima del trasporto dinamico. Il CAA-S mostra una maggiore stabilità, coerente con il suo ruolo nel meccanismo di drenaggio-trappola³⁵,³⁶, che consente un rifornimento intermittente di ghiaccio multi-annuale, mitigando la perdita complessiva. A scala pan-artica, il declino dell’SIA di settembre conferma le tendenze osservate, ma i modelli ad alta risoluzione (CESM1.3-HR e CESM2-LE) prevedono una perdita più rapida, probabilmente a causa di un bias verso temperature superficiali del mare più calde²⁶.
Implicazioni climatiche ed ecologiche
La perdita di SIA, guidata principalmente dalla fusione termodinamica, ha implicazioni profonde per gli ecosistemi artici e il clima globale. Nella LIA-N e nelle QEI, la riduzione dell’SIA compromette gli habitat delle specie dipendenti dal ghiaccio, come orsi polari, foche e beluga, con effetti a cascata sulla biodiversità e sulle comunità indigene che dipendono dal ghiaccio per la caccia e le attività culturali. La diminuzione dell’SIA amplifica il feedback albedo-ghiaccio, riducendo la riflettività della superficie e aumentando l’assorbimento di radiazione solare, un meccanismo che contribuisce all’amplificazione del riscaldamento artico e ai cambiamenti climatici globali. A scala pan-artica, la perdita accelerata dell’SIA di settembre potrebbe alterare i pattern di circolazione atmosferica e oceanica, con ripercussioni sui climi delle medie latitudini. La relativa stabilità del CAA-S, pur in un contesto di declino generale, suggerisce che questa regione potrebbe fungere da rifugio temporaneo per il ghiaccio multi-annuale, ma solo in assenza di ulteriori incrementi delle temperature.
La figura sottolinea l’importanza di modelli ad alta risoluzione per migliorare la comprensione delle dinamiche del ghiaccio marino e ridurre le incertezze nelle proiezioni future. Tuttavia, gli errori nel bilancio dell’area evidenziano la necessità di raffinare la parametrizzazione dei processi termodinamici (ad esempio, il trasporto di calore oceanico) e dinamici (ad esempio, le interazioni ghiaccio-ghiaccio), al fine di supportare strategie di mitigazione e conservazione più efficaci. Questi risultati forniscono una base scientifica cruciale per informare le politiche climatiche e proteggere gli ecosistemi artici in un contesto di rapido cambiamento ambientale.

Analisi del ciclo stagionale dell’esportazione di area di ghiaccio marino (SIA) attraverso i gate dell’Artico: simulazioni e confronti osservativi (1921–2100)
La Figura 5 fornisce un’analisi approfondita del ciclo stagionale dell’esportazione di area di ghiaccio marino (SIA, Sea Ice Area) attraverso i principali gate dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA), lo Stretto di Nares e lo Stretto di Fram, coprendo un intervallo temporale che si estende dal 1921 al 2100. La figura è strutturata in sette pannelli distinti: il pannello (a) per i gate di ingresso delle Isole Regina Elisabetta (QEI-In), il pannello (b) per i gate di uscita delle QEI (QEI-Out), il pannello (c) per lo Stretto di Nares, il pannello (d) per lo Stretto di M’Clure, il pannello (e) per lo Stretto di Lancaster, il pannello (f) per il Golfo di Amundsen, e il pannello (g) per lo Stretto di Fram. Ogni pannello rappresenta l’esportazione mensile di SIA, espressa in unità di 10³ km² sull’asse verticale, mentre l’asse orizzontale copre i dodici mesi dell’anno (da gennaio a dicembre, indicati con le iniziali). I dati simulati, derivati dal modello CESM1.3-HR, sono presentati come medie mobili su intervalli di 20 anni, con periodi selezionati per il confronto con le osservazioni disponibili, offrendo un quadro completo delle dinamiche stagionali dell’esportazione di ghiaccio marino e delle loro variazioni nel tempo sotto l’influenza del cambiamento climatico.
Dati e convenzioni grafiche
La figura integra dati simulati e osservativi, rappresentati con convenzioni grafiche distinte per facilitare il confronto:
- Simulazioni modellistiche:
- Linee continue in diversi colori, che rappresentano le medie di 20 anni dell’esportazione di SIA calcolate dal modello CESM1.3-HR per i seguenti intervalli temporali:
- 1921–1980 (verde scuro), che fornisce una baseline a lungo termine.
- 2001–2020 (arancione), selezionato per coincidere con i dati osservativi recenti.
- 2021–2040 (rosa), che proietta le tendenze nel medio termine.
- 2041–2060 (azzurro), che riflette uno scenario di riscaldamento intermedio.
- 2081–2100 (viola), che rappresenta un futuro a lungo termine sotto forcing climatico estremo (RCP8.5).
- Linee continue in diversi colori, che rappresentano le medie di 20 anni dell’esportazione di SIA calcolate dal modello CESM1.3-HR per i seguenti intervalli temporali:
- Osservazioni:
- Obs. Howell: Linee verdi tratteggiate, che rappresentano i dati osservativi medi calcolati su periodi specifici per ciascun gate:
- 2001–2020 per QEI-In e Stretto di M’Clure.
- 2017–2021 per QEI-Out, Stretto di Nares, Stretto di Lancaster e Golfo di Amundsen.
- 2000–2014 per lo Stretto di Fram.
- Obs. Kwok e Obs. Smedsrud: Linee tratteggiate in verde chiaro, che forniscono ulteriori dati osservativi complementari per lo Stretto di Nares (2017–2021) e lo Stretto di Fram (2000–2014), rispettivamente, basati su misurazioni satellitari e stime di flusso.
- Obs. Howell: Linee verdi tratteggiate, che rappresentano i dati osservativi medi calcolati su periodi specifici per ciascun gate:
Analisi regionale e temporale per ciascun gate
- Pannello (a) – QEI-In (Gate di ingresso delle QEI):
L’esportazione di SIA attraverso i gate di ingresso delle QEI mostra un ciclo stagionale con un picco pronunciato tra maggio e agosto, corrispondente alla stagione di fusione, quando il ghiaccio marino diventa più mobile a causa del feedback albedo-ghiaccio e dell’aumento delle temperature superficiali. Le simulazioni indicano un incremento progressivo dell’esportazione nel tempo, con valori che passano da circa 10–15 × 10³ km² nel periodo 1921–1980 a oltre 20 × 10³ km² nel periodo 2081–2100, riflettendo un’accelerazione del drenaggio del ghiaccio verso le regioni interne delle QEI. Le osservazioni di Howell (2001–2020) confermano un picco estivo, ma con valori leggermente inferiori (circa 5–10 × 10³ km²), suggerendo una sovrastima del modello, potenzialmente legata a una rappresentazione eccessiva della mobilità del ghiaccio. - Pannello (b) – QEI-Out (Gate di uscita delle QEI):
Per i gate di uscita delle QEI, il ciclo stagionale presenta un picco analogo tra maggio e agosto, con un aumento dell’esportazione nel tempo da circa 5 × 10³ km² nel 1921–1980 a circa 15 × 10³ km² nel 2081–2100. Questo incremento riflette una maggiore intensità del flusso di ghiaccio verso sud, facilitata dalla riduzione dello spessore e della concentrazione del ghiaccio marino. Le osservazioni di Howell (2017–2021) sono in buon accordo con le simulazioni per il periodo 2001–2020, ma il modello prevede un’accelerazione futura più marcata, attribuibile all’influenza di venti più forti³⁴ e alla diminuzione delle barriere di ghiaccio. - Pannello (c) – Stretto di Nares:
Nello Stretto di Nares, le simulazioni mostrano una stagionalità invertita rispetto alle osservazioni, con un picco dell’esportazione in inverno (gennaio-marzo) e un minimo in autunno (settembre-ottobre), in contrasto con il picco estivo osservato da Howell e Kwok (2017–2021). Le simulazioni prevedono un aumento dell’esportazione da circa 10 × 10³ km² nel 1921–1980 a circa 20 × 10³ km² nel 2081–2100, suggerendo barriere di ghiaccio più deboli nel modello. Questa discrepanza potrebbe derivare da una sottostima della resistenza del ghiaccio o da una parametrizzazione inadeguata delle dinamiche locali. - Pannello (d) – Stretto di M’Clure:
L’esportazione attraverso lo Stretto di M’Clure mostra un picco estivo (giugno-agosto), con un incremento graduale nel tempo da circa 5 × 10³ km² nel 1921–1980 a circa 10 × 10³ km² nel 2081–2100. Le osservazioni di Howell (2001–2020) confermano questa stagionalità, ma indicano valori inferiori (circa 2–5 × 10³ km²), suggerendo una sovrastima sistematica del modello, probabilmente legata a un’eccessiva rappresentazione del trasporto dinamico. - Pannello (e) – Stretto di Lancaster:
Nello Stretto di Lancaster, l’esportazione di SIA presenta un picco estivo (luglio-agosto), che aumenta da circa 10 × 10³ km² nel 1921–1980 a circa 20 × 10³ km² nel 2081–2100. Le osservazioni di Howell (2017–2021) sono in buon accordo con le simulazioni, ma il modello prevede un incremento futuro più significativo, riflettendo un’accelerazione del drenaggio del ghiaccio nella regione meridionale del CAA. - Pannello (f) – Golfo di Amundsen:
Nel Golfo di Amundsen, l’esportazione di SIA è negativa (importazione netta) in alcuni periodi, con un minimo estivo (luglio-agosto) che riflette un flusso inverso di ghiaccio. Le simulazioni indicano una riduzione dell’importazione nel tempo, con valori che passano da -10 × 10³ km² nel 1921–1980 a valori prossimi allo zero nel 2081–2100, suggerendo una diminuzione della convergenza del ghiaccio. Le osservazioni di Howell (2017–2021) confermano questa stagionalità, con un buon accordo con le simulazioni. - Pannello (g) – Stretto di Fram:
Nello Stretto di Fram, l’esportazione di SIA mostra un ciclo stagionale con un picco in primavera (marzo-maggio), che diminuisce nel tempo da circa 80 × 10³ km² nel 1921–1980 a circa 40 × 10³ km² nel 2081–2100, riflettendo una ridotta disponibilità di ghiaccio marino nella LIA-N e nelle regioni centrali dell’Artico. Le osservazioni di Howell e Smedsrud (2000–2014) sono in eccellente accordo con le simulazioni per il periodo 2001–2020, confermando la robustezza del modello per questa regione chiave.
Interpretazione scientifica e limiti modellistici
La Figura 5 evidenzia un incremento generale dell’esportazione di SIA attraverso i gate delle QEI e lo Stretto di Nares nel tempo, con un anticipo del picco stagionale da agosto a maggio, attribuito a una maggiore mobilità del ghiaccio marino indotta dal riscaldamento globale e dal feedback albedo-ghiaccio. Questo cambiamento riflette un’accelerazione del drenaggio del ghiaccio verso sud, coerentemente con le proiezioni di studi recenti¹¹,¹²,¹⁵,²⁵. Il modello CESM1.3-HR sovrastima sistematicamente l’esportazione in alcuni gate (ad esempio, QEI-In, QEI-Out, Stretto di M’Clure), probabilmente a causa di una rappresentazione eccessiva delle forzature del vento³⁴ o di una sottostima della resistenza del ghiaccio. Al contrario, lo Stretto di Fram mostra una riduzione dell’esportazione, coerente con la perdita di ghiaccio nella LIA-N, mentre il Golfo di Amundsen evidenzia una transizione verso un bilancio neutro, riflettendo una diminuzione della convergenza del ghiaccio. La discrepanza nella stagionalità dello Stretto di Nares suggerisce una necessità di migliorare la parametrizzazione delle barriere di ghiaccio nel modello.
Implicazioni climatiche ed ecologiche
L’aumento dell’esportazione di SIA attraverso i gate delle QEI e dello Stretto di Nares accelera la perdita di ghiaccio marino nella LIA, compromettendo gli habitat delle specie dipendenti dal ghiaccio, come orsi polari e foche, con potenziali effetti a cascata sulla biodiversità artica e sulle comunità indigene. La riduzione dell’esportazione nello Stretto di Fram indica una redistribuzione delle vie di trasporto, con un ruolo crescente delle QEI e di Nares, che amplifica il feedback albedo-ghiaccio e contribuisce all’amplificazione del riscaldamento artico. A livello globale, questi cambiamenti possono alterare i pattern di circolazione oceanica (ad esempio, la Corrente del Golfo) e atmosferica, con ripercussioni sulle medie latitudini. La figura sottolinea l’importanza di modelli ad alta risoluzione per catturare le dinamiche stagionali del ghiaccio marino e supportare strategie di mitigazione e adattamento, evidenziando la necessità di ulteriori raffinamenti nella rappresentazione dei processi dinamici e delle forzature climatiche.
Rielaborazione scientifica del segmento:
Secondo la definizione stabilita dal Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), l’Artico si considera stagionalmente privo di ghiaccio quando l’estensione del ghiaccio marino si riduce a soli 1,0 milioni di km². Studi precedenti, condotti utilizzando modelli climatici a bassa risoluzione come il Community Climate System Model (CCSM) o il Community Earth System Model (CESM)³⁻⁸⁻⁹, avevano previsto che la copertura di ghiaccio marino nell’Ultimo Rifugio di Ghiaccio (LIA) sarebbe rimasta presente per diversi decenni oltre il raggiungimento di questa soglia, suggerendo una certa resilienza del ghiaccio pluriennale spesso in questa regione. Tuttavia, i nostri risultati, basati sullo scenario di forzante ad alte emissioni RCP8.5, contraddicono tali proiezioni, indicando che l’LIA ha scarse probabilità di mantenere una copertura di ghiaccio perenne una volta che il ghiaccio marino dell’Artico centrale è scomparso. Questa perdita è attribuibile a un progressivo assottigliamento del ghiaccio spesso dell’LIA, causato sia dallo scioglimento indotto dall’aumento delle temperature sia dall’esportazione dinamica attraverso i principali canali di deflusso, ovvero lo Stretto della Regina Elisabetta (QEI), lo Stretto di Nares e lo Stretto di Fram, come evidenziato da osservazioni recenti¹⁰⁻¹²⁻¹⁵.
Nello scenario RCP8.5, l’Oceano Artico evolve verso un regime di copertura di ghiaccio marino esclusivamente stagionale, con una graduale riduzione dei serbatoi di ghiaccio pluriennale spesso presenti nell’LIA-N (la porzione settentrionale dell’LIA) e nel QEI. Le proiezioni indicano che, tra il 2040 e il 2060, lo spessore del ghiaccio marino in queste regioni raggiungerà un picco massimo nella distribuzione inferiore a 1,39 m (Fig. 3), segnando una transizione critica. Questo processo di assottigliamento è guidato da un incremento graduale dell’advezione del ghiaccio marino attraverso il QEI e lo Stretto di Nares, con un corrispondente aumento dell’esportazione dall’LIA-N verso l’esterno, osservabile già dal periodo 2000-2040. Durante questa fase, si verifica un allungamento della stagione di scioglimento, accompagnato da una riduzione della stabilità degli archi di ghiaccio che tradizionalmente ostacolano il flusso di ghiaccio attraverso i canali. Di conseguenza, la perdita di area di ghiaccio marino (SIA) diventa prevalentemente un fenomeno termodinamico, con un contributo significativo dello scioglimento diretto.
A partire dal 2040 e fino al 2080, il ghiaccio marino nelle categorie di spessore maggiore subisce una riduzione drammatica, dimezzandosi nell’LIA-N e nel QEI. Questo assottigliamento consente un’esportazione dinamica quasi continua e non ostruita del ghiaccio marino attraverso il QEI e lo Stretto di Nares, ulteriormente amplificata dall’aumento dello scioglimento associato a temperature più elevate. La riduzione della disponibilità di ghiaccio marino nelle regioni di origine, ovvero l’LIA-N e l’Artico centrale (Figg. 2, 4), accelera il processo, portando al completo drenaggio dell’LIA entro il periodo considerato (Fig. 2). I flussi di SIA attraverso il QEI mostrano poi una diminuzione significativa nel periodo 2081-2100, in concomitanza con il declino del ghiaccio marino invernale sia nell’LIA che nell’Artico centrale (Fig. 4), segnando la fine della capacità dell’LIA di fungere da serbatoio di ghiaccio pluriennale.
Storicamente, il Vortice di Beaufort trasporta circa 0,15 × 10⁶ km² di ghiaccio marino dall’Artico centrale all’LIA-N ogni anno. Tuttavia, le proiezioni indicano che, in uno scenario di forzante a basse emissioni, questo trasporto può aumentare fino a un massimo di circa 1,2 × 10⁶ km² all’anno entro la fine del secolo. Al contrario, negli scenari ad alte emissioni, il trasporto si riduce a quasi zero, poiché il ghiaccio si scioglie prima di raggiungere l’LIA-N⁹. In tutti gli scenari considerati, i modelli CMIP6 confermano che il ghiaccio marino proveniente dall’Artico centrale sarà prevalentemente sottile e stagionale¹. Questo ghiaccio sottile, combinato con una riduzione dei flussi di ghiaccio attraverso lo Stretto di Fram (Fig. 5g) e con un aumento dello scioglimento dovuto a temperature più calde, non sarà sufficiente a sostenere una copertura di ghiaccio perenne nell’LIA, soprattutto considerando l’aumento dei flussi di esportazione attraverso il QEI e lo Stretto di Nares. Questi risultati suggeriscono che il ghiaccio marino nell’Arcipelago Artico Canadese (CAA) funge da barriera efficace solo quando è spesso, concentrato e ancorato alla terraferma, condizioni che si deteriorano rapidamente negli scenari considerati.
Le nostre analisi indicano che gli ultimi 1,2 milioni di km² di ghiaccio marino presenti nell’LIA possono essere drenati attraverso i canali del CAA e lo Stretto di Nares in un intervallo di tempo compreso tra 6 e 24 anni, con il valore minimo di 6 anni derivato dai flussi di SIA previsti per il periodo 2040-2080. I flussi medi di ghiaccio esportati attraverso il QEI e lo Stretto di Nares sono stimati in circa (0,02 + 0,08) × 10⁶ km² all’anno per il periodo 1920-1980, aumentando a circa (0,1 + 0,11) × 10⁶ km² all’anno nel periodo 2040-2080 (Fig. 6). Questo incremento si traduce in una riduzione significativa del tempo medio di residenza del ghiaccio marino nell’LIA-N, che passa da 12 anni (=1,2/0,1 anni) a soli 6 anni (=1,2/0,21 anni). Tale riduzione del tempo di residenza implica che, in presenza di condizioni stagionali di assenza di ghiaccio nell’Artico centrale e di un ghiaccio sufficientemente sottile da consentire un trasporto non ostruito, l’LIA potrebbe essere completamente drenata in appena 6 anni (Fig. 6). Questo scenario evidenzia la vulnerabilità dell’LIA e sottolinea l’importanza di considerare i cambiamenti nei flussi dinamici e termodinamici per comprendere l’evoluzione futura del ghiaccio marino nell’Artico.
Le stime più conservative, che prevedono un intervallo di 24 anni per la scomparsa dell’Ultimo Rifugio di Ghiaccio (LIA) attraverso processi di trasporto, sono derivate da osservazioni storiche condotte nel periodo 1997–2022. Queste stime osservate risultano circa la metà dei valori simulati dai modelli climatici per lo stesso periodo, suggerendo una potenziale sottostima delle dinamiche di perdita di ghiaccio nei modelli attuali. Di conseguenza, si può inferire che l’LIA potrebbe essere completamente drenata in poco più di un decennio dopo che l’Artico centrale raggiunge condizioni di assenza di ghiaccio stagionale in modo continuo. È importante sottolineare che questa conclusione si basa esclusivamente sull’analisi del bilancio dinamico della massa di ghiaccio marino, che considera i flussi di ghiaccio attraverso i canali principali, e risulta in linea con le proiezioni più recenti sull’estensione del ghiaccio marino ottenute tramite i modelli CMIP6¹. Tale accordo rafforza la validità delle stime, pur evidenziando la necessità di ulteriori studi per integrare fattori termodinamici e dinamici nel quadro complessivo.
La persistenza dell’LIA nel suo complesso dipende in modo critico dalle condizioni del ghiaccio marino nella sua porzione settentrionale (LIA-N), che funge da barriera naturale al trasporto di ghiaccio marino verso i canali di deflusso, consentendo al contempo il ripristino di ghiaccio pluriennale spesso nello Stretto della Regina Elisabetta (QEI). Negli scenari ad alte emissioni, spesso definiti “business-as-usual” (carbonbrief.org), come lo scenario RCP8.5 implementato nel modello CESM1.3-HR, tutti i modelli climatici globali prevedono la perdita completa del ghiaccio marino dell’LIA-N entro la fine del XXI secolo. Inoltre, nei modelli analizzati, due terzi (22 su 30) mostrano la perdita della copertura di ghiaccio pluriennale anche in scenari di emissioni moderate. Al contrario, negli scenari di emissioni più basse, tutti i modelli indicano la possibilità di mantenere una significativa presenza di ghiaccio pluriennale, grazie a un equilibrio tra i tassi di scioglimento, esportazione dinamica e formazione di creste di ghiaccio¹⁻². Tuttavia, la plausibilità di questi scenari di riscaldamento rimane oggetto di dibattito nella comunità scientifica. Schwalm et al.³⁸ sostengono che lo scenario RCP8.5 rappresenti la scelta più appropriata per gli studi sui cambiamenti climatici e i loro impatti fino al 2050, data la sua capacità di catturare traiettorie di emissione coerenti con le tendenze attuali. D’altra parte, Hausfather e Peters³⁹, insieme al Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici⁴⁰, ritengono che scenari di forzante intermedia siano più realistici, pur riconoscendo che lo scenario RCP8.5 rimane plausibile, specialmente in assenza di significative riduzioni delle emissioni globali.
Per migliorare la comprensione della dinamica dell’LIA e raffinare le proiezioni future, è essenziale condurre ulteriori ricerche utilizzando modelli climatici ad alta risoluzione in scenari di emissioni più basse. Tali studi dovrebbero concentrarsi sulla sensibilità della persistenza dell’LIA rispetto ai diversi percorsi socioeconomici condivisi (Shared Socioeconomic Pathways, SSP), che integrano variabili demografiche, economiche e tecnologiche. Inoltre, è necessario approfondire i fattori che influenzano le tendenze del ghiaccio marino nella simulazione attuale del CESM1.3-HR, confrontandola con altre simulazioni ad alta risoluzione. Questo approccio consentirebbe di valutare come la risoluzione spaziale e temporale dei modelli influisca sui feedback climatici e sui processi del ghiaccio marino, migliorando la capacità predittiva per l’LIA. Ad esempio, un aspetto critico che richiede ulteriore indagine è il numero di mesi estivi durante i quali l’LIA rimarrà privo di ghiaccio durante la transizione verso una perdita stagionale completa, un parametro che potrebbe influenzare significativamente la sopravvivenza di ecosistemi dipendenti dal ghiaccio. Questo tema, insieme ad altri, è rimandato a studi futuri per garantire una valutazione più completa.
L’LIA è stata tradizionalmente considerata un potenziale rifugio ecologico durante il periodo di transizione tra l’attuale fase di riscaldamento globale e scioglimento del ghiaccio e un futuro in cui sarà possibile stabilizzare le temperature globali, con un eventuale ritorno verso condizioni climatiche più simili a quelle storiche⁹. Tuttavia, i risultati di questa analisi, pur riconoscendo i limiti legati ai bias intrinseci dei modelli climatici, suggeriscono che la capacità dell’LIA di fungere da ponte per la sopravvivenza a lungo termine di specie obbligate e dipendenti dal ghiaccio è fortemente compromessa. Per preservare questa funzione, sono necessarie azioni immediate e significative per ridurre il riscaldamento globale, in modo che l’Oceano Artico centrale possa mantenere almeno una certa copertura di ghiaccio spesso perenne. Tale copertura è essenziale non solo per mitigare la perdita di habitat per le specie dipendenti dal ghiaccio, ma anche per rallentare i processi di feedback climatico che accelerano ulteriormente il riscaldamento nell’Artico. L’urgenza di queste azioni è ulteriormente sottolineata dalla rapida evoluzione delle condizioni del ghiaccio marino osservata negli ultimi decenni, che evidenzia la vulnerabilità dell’LIA e la necessità di un approccio integrato per affrontare il cambiamento climatico.

Analisi scientifica della Figura 6: Flussi di area di ghiaccio marino (SIA) attraverso lo Stretto della Regina Elisabetta (QEI) e lo Stretto di Nares
La Figura 6 presenta un’analisi comparativa dei flussi annuali medi di area di ghiaccio marino (SIA, Sea Ice Area) attraverso due canali chiave dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA), ovvero lo Stretto della Regina Elisabetta (QEI) e lo Stretto di Nares, nel periodo compreso tra il 1940 e il 2100. Questi flussi, espressi in milioni di km² all’anno, sono rappresentati sia attraverso dati osservati (barre tratteggiate) sia tramite simulazioni di ensemble (barre piene), offrendo un confronto diretto tra le dinamiche storiche e le proiezioni future sotto lo scenario di forzante RCP8.5. L’asse temporale (orizzontale) si estende dal 1940 al 2100, mentre l’asse verticale riporta i valori dei flussi di SIA, che variano da -0,30 a +0,30 milioni di km² all’anno. I flussi positivi indicano il movimento di ghiaccio marino verso l’interno del CAA (entrata), mentre i flussi negativi rappresentano l’esportazione di ghiaccio dal CAA o dall’Oceano Artico verso l’esterno, come ad esempio verso l’Atlantico settentrionale attraverso lo Stretto di Nares.
La legenda del grafico identifica chiaramente le diverse componenti dei flussi di SIA. Le barre piene rappresentano i valori simulati, suddivisi in: perdita dinamica totale (Dynamic loss, viola scuro), che combina i flussi netti attraverso il QEI e lo Stretto di Nares; flussi entranti nel CAA attraverso il QEI (QEI-In, giallo); flussi uscenti dal CAA attraverso il QEI (QEI-Out, arancione); e flussi attraverso lo Stretto di Nares (Nares, grigio chiaro). Le barre tratteggiate corrispondono invece ai dati osservati per le stesse componenti (QEI-In Obs., QEI-Out Obs., e Nares Obs.), limitati al periodo storico disponibile (circa 1940–2022). Le aree ombreggiate in grigio e giallo rappresentano l’intervallo di variabilità delle simulazioni, probabilmente l’intervallo di confidenza o la deviazione standard dell’ensemble, evidenziando l’incertezza associata alle proiezioni. Una linea nera al centro delle barre indica la media dell’ensemble per ciascun anno, fornendo una visualizzazione della tendenza generale dei flussi nel tempo.
Nel periodo storico (1940–2022), i dati osservati rivelano una variabilità interannuale significativa nei flussi di SIA, con una predominanza di valori negativi per i flussi uscenti attraverso il QEI (QEI-Out) e lo Stretto di Nares. Questo indica che, storicamente, il CAA ha agito principalmente come una via di esportazione del ghiaccio marino dall’Artico, con il ghiaccio che si muove verso sud o verso l’esterno. Le simulazioni per lo stesso periodo, tuttavia, tendono a sovrastimare i flussi rispetto alle osservazioni, con valori medi simulati circa doppi rispetto a quelli osservati, come evidenziato nel testo. Nonostante questa discrepanza, le simulazioni catturano la tendenza generale osservata: una perdita netta di ghiaccio marino attraverso i canali, con la componente “Dynamic loss” che mostra una variabilità significativa ma un trend complessivo verso una maggiore esportazione nel corso del tempo, in particolare a partire dagli anni 1980.
Passando alle proiezioni future (2022–2100), il grafico evidenzia un’evoluzione drammatica dei flussi di SIA. A partire dal 2040 circa, si osserva un netto aumento della perdita dinamica (Dynamic loss), con valori negativi che diventano più pronunciati e persistenti fino al 2080. Questo aumento è coerente con l’analisi del testo, che riporta un incremento dei flussi medi simulati attraverso il QEI e lo Stretto di Nares nel periodo 2040–2080, stimati a circa (0,1 + 0,11) × 10⁶ km² all’anno, rispetto a (0,02 + 0,08) × 10⁶ km² all’anno nel periodo 1920–1980. Tale incremento è attribuito a diversi fattori: l’assottigliamento progressivo del ghiaccio marino, che facilita il trasporto non ostruito attraverso i canali; l’indebolimento degli archi di ghiaccio, che tradizionalmente fungono da barriere naturali; e l’allungamento della stagione di scioglimento, che riduce la resistenza al flusso del ghiaccio. In particolare, i flussi entranti attraverso il QEI (QEI-In) diminuiscono significativamente, mentre i flussi uscenti (QEI-Out) aumentano, riflettendo una crescente efficienza del QEI come canale di esportazione. Parallelamente, il flusso attraverso lo Stretto di Nares, che è prevalentemente negativo, si intensifica, contribuendo ulteriormente alla perdita di ghiaccio dall’Artico.
Dopo il 2080, il grafico mostra una leggera riduzione dei flussi totali di SIA, in linea con quanto riportato nel testo per il periodo 2081–2100. Questa diminuzione è attribuibile alla ridotta disponibilità di ghiaccio marino sia nell’Ultimo Rifugio di Ghiaccio (LIA) che nell’Artico centrale, che limita la quantità di ghiaccio che può essere esportata attraverso i canali. Questo trend riflette la transizione dell’Artico verso un regime di ghiaccio marino stagionale, in cui la formazione di ghiaccio invernale si riduce drasticamente, e il ghiaccio presente è troppo sottile per contribuire a flussi significativi.
Dal punto di vista scientifico, la Figura 6 sottolinea il ruolo critico dei flussi dinamici attraverso il QEI e lo Stretto di Nares nella perdita di ghiaccio marino dall’LIA. L’aumento dell’esportazione nel periodo 2040–2080, seguito da una diminuzione verso la fine del secolo, evidenzia la vulnerabilità dell’LIA come serbatoio di ghiaccio pluriennale. La riduzione del tempo di residenza del ghiaccio marino nell’LIA-N, che passa da 12 a 6 anni secondo le stime del testo, è direttamente collegata all’aumento dei flussi negativi osservati nel grafico. Inoltre, il confronto tra dati osservati e simulati rivela una sovrastima sistematica nei modelli, suggerendo che le proiezioni basate su dati osservati (24 anni per il drenaggio completo dell’LIA) potrebbero essere più conservative rispetto a quelle basate su simulazioni (6 anni). Questo sottolinea la necessità di affinare i modelli climatici per migliorare la rappresentazione delle dinamiche di ghiaccio marino e ridurre le discrepanze con le osservazioni.
In conclusione, la Figura 6 fornisce un’evidenza visiva del ruolo dei flussi di SIA attraverso il QEI e lo Stretto di Nares come driver principali della perdita di ghiaccio marino nell’LIA, con implicazioni significative per l’ecosistema artico e i feedback climatici globali. L’evoluzione dei flussi nel tempo, con un picco di esportazione nel periodo 2040–2080, riflette i cambiamenti strutturali nella dinamica del ghiaccio marino indotti dal riscaldamento globale, evidenziando l’urgenza di azioni per mitigare il cambiamento climatico e preservare l’LIA come rifugio ecologico.
Metodi
Analisi dettagliata dei dati CESM1.3-HR
Per questa ricerca, abbiamo fatto affidamento sui dati diagnostici derivanti dagli output di 10 membri di ensemble del modello ad alta risoluzione Community Earth System Model versione 1.3 (CESM1.3-HR), sviluppato nell’ambito dell’International Laboratory for High-Resolution Earth System Prediction (iHESP) attraverso una collaborazione tra il Qingdao National Laboratory for Marine Science and Technology (QNLM), l’Università del Texas A&M (TAMU) e il National Center for Atmospheric Research (NCAR) degli Stati Uniti²⁶⁻²⁷. Questo modello rappresenta uno strumento avanzato per la simulazione dei processi climatici, grazie alla sua elevata risoluzione spaziale e temporale, che consente di catturare con precisione le dinamiche del ghiaccio marino e dell’oceano, in particolare nella regione dell’Ultimo Rifugio di Ghiaccio (LIA). Le componenti relative al ghiaccio marino e all’oceano sono caratterizzate da una risoluzione orizzontale nominale di 0,1° (corrispondente a una scala di 2,5–5 km nella regione della LIA), una risoluzione sufficiente per rappresentare accuratamente il trasporto di ghiaccio attraverso i principali passaggi stretti dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA). Questi passaggi sono modellati con cancelli più larghi di due punti della griglia, garantendo una rappresentazione realistica delle dinamiche di flusso (Figg. 1, S8a).
La configurazione del CESM1.3-HR si basa su un’infrastruttura numerica sofisticata. Il codice del ghiaccio marino, noto come Community Ice Code versione 4 (CICE4), e il modello oceanico Parallel Ocean Program versione 2 (POP2) sono implementati su una griglia tripolare con discretizzazione B-grid. Questa griglia presenta due poli numerici posizionati strategicamente sopra il Canada settentrionale e la Russia, evitando la singolarità matematica associata al Polo Nord, mentre adotta una griglia polare sferica regolare nell’emisfero meridionale. La componente oceanica, POP2, è strutturata su 62 livelli verticali, con una risoluzione di 10 m nei primi 155 m della colonna d’acqua, che si riduce progressivamente a 250 m vicino alla profondità massima di 6 km²⁶⁻²⁷⁻⁴¹. Tale struttura verticale consente una rappresentazione dettagliata dei processi oceanici superficiali, critici per l’interazione con il ghiaccio marino. Il modello oceanico integra uno schema di advezione upwind di terzo ordine, che migliora la precisione nella simulazione dei trasporti orizzontali, una parametrizzazione della miscelazione verticale basata sul profilo K⁴², e risolve esplicitamente il trasporto verticale indotto dalle eddie, contribuendo a una descrizione accurata dei movimenti delle masse d’acqua.
La componente del ghiaccio marino del CESM1.3-HR è altrettanto avanzata, incorporando una reologia elastico-viscoplastica⁴³ che modella le proprietà meccaniche del ghiaccio sotto stress dinamico, una distribuzione dello spessore del ghiaccio a scala subgriglia suddivisa in cinque categorie⁴⁴⁻⁴⁵ per rappresentare la variabilità spaziale del ghiaccio, e uno schema termodinamico che conserva l’energia, includendo l’effetto delle sacche interne di salamoia. Queste sacche influenzano le proprietà termiche e saline del ghiaccio, un aspetto cruciale per la simulazione delle interazioni tra ghiaccio e oceano. La componente atmosferica del modello è rappresentata dalla Community Atmosphere Model versione 5 (CAM5), che opera con 30 livelli verticali e una risoluzione spaziale di 0,25°, consentendo una descrizione dettagliata dei processi atmosferici che influenzano il clima artico. La componente terrestre, invece, è modellata tramite il Community Land Model versione 4 (CLM4), che integra le interazioni tra suolo, vegetazione e atmosfera.
Le simulazioni sono state condotte seguendo un protocollo multi-fase. Inizialmente, il modello è stato stabilizzato attraverso una simulazione di controllo pre-industriale della durata di 500 anni, che ha fornito una baseline climatica rappresentativa delle condizioni precedenti all’era industriale. Successivamente, sono state eseguite simulazioni storiche per il periodo 1850–2005, calibrate con dati osservativi, seguite da proiezioni future basate sul percorso rappresentativo di concentrazione 8.5 (RCP8.5) per il periodo 2006–2100²⁶. Lo scenario RCP8.5, caratterizzato da un forzante ad alte emissioni e comunemente definito “business-as-usual”, riflette una traiettoria di cambiamento climatico senza interventi significativi di mitigazione. Ad oggi, gli output diagnostici mensili utilizzati per questo studio sono disponibili per due dei dieci membri dell’ensemble, coprendo un intervallo temporale continuo dal 1920 al 2100. Questa selezione parziale degli ensemble membri è stata sufficiente per analizzare le tendenze principali dei flussi di ghiaccio marino e validare le proiezioni relative alla perdita della LIA, sebbene ulteriori dati dagli altri membri potrebbero migliorare la robustezza statistica delle conclusioni.
Questa configurazione del CESM1.3-HR, con la sua alta risoluzione e la sua capacità di integrare processi fisici complessi, rappresenta uno strumento fondamentale per comprendere l’evoluzione del ghiaccio marino nell’Artico sotto scenari di cambiamento climatico estremi. La combinazione di dettagli spaziali fini e di parametrizzazioni avanzate consente di esplorare con precisione le dinamiche di trasporto e scioglimento del ghiaccio, offrendo una base solida per le proiezioni future discusse in questo lavoro.
Dati CESM1.3-LR
Per fornire un termine di confronto, abbiamo utilizzato una versione a risoluzione ridotta dello stesso modello, denominata Community Earth System Model versione 1.3 a bassa risoluzione (CESM1.3-LR), eseguendo una simulazione con un singolo membro di ensemble su una griglia caratterizzata da un Polo Nord spostato, posizionato sopra la Groenlandia settentrionale, come illustrato nella Figura S8b. Le componenti del ghiaccio marino e dell’oceano del CESM1.3-LR operano a una risoluzione orizzontale nominale di 1°, che consente di risolvere solo parzialmente alcuni dei canali dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA). Questa risoluzione, sebbene più grossolana rispetto al CESM1.3-HR, permette comunque di catturare alcune delle dinamiche fondamentali del trasporto di ghiaccio marino attraverso il CAA, sebbene con un livello di dettaglio inferiore rispetto alla versione ad alta risoluzione.
Per garantire che il CESM1.3-LR producesse risultati coerenti con il CESM1.3-HR, sono stati calibrati alcuni parametri liberi della simulazione. Tali regolazioni hanno mirato a ottenere un equilibrio accettabile in termini di circolazione termoalina oceanica, bilanci di massa dell’oceano e del ghiaccio marino, e bilancio radiativo al top dell’atmosfera. L’obiettivo di questa calibrazione era assicurare una compatibilità di base con i risultati del CESM1.3-HR, pur tenendo conto delle limitazioni intrinseche legate alla risoluzione più bassa. La componente oceanica del modello, basata sul Parallel Ocean Program versione 2 (POP2), è strutturata su 60 livelli verticali e include parametrizzazioni avanzate per rappresentare processi complessi, come il sovraccorrimento oceanico su canali profondi e scarpate continentali⁴⁶, il trasporto lungo le isosfere indotto da eddie mesoscalari⁴⁷, e gli effetti degli eddie submesoscalari⁴⁸. Queste parametrizzazioni sono essenziali per simulare i processi oceanici che influenzano la distribuzione del ghiaccio marino e la dinamica climatica generale, anche a una risoluzione più bassa.
Le condizioni iniziali e gli scenari di forzante utilizzati per il CESM1.3-LR sono identici a quelli adottati per il CESM1.3-HR, includendo una simulazione storica per il periodo 1850–2005 e una proiezione futura basata sullo scenario RCP8.5 per il periodo 2006–2100. Gli output diagnostici mensili del CESM1.3-LR sono disponibili per l’intero intervallo temporale, dal 1850 al 2100, offrendo una base di dati continua per l’analisi delle tendenze a lungo termine. Tuttavia, un confronto formale tra le due versioni del modello, CESM1.3-HR e CESM1.3-LR, risulta limitato a causa del numero ridotto di membri di ensemble disponibili per entrambe le configurazioni. Per questa ragione, i dati del CESM1.3-LR, insieme a quelli del CESM-LE (descritto in seguito), sono stati inclusi in questo studio esclusivamente a scopo di riferimento, senza costituire la base principale delle analisi.
Un aspetto rilevante del CESM1.3-LR è la presenza di un significativo bias freddo nelle temperature superficiali globali, che origina da una parametrizzazione implicita del trasporto verticale di calore²⁶. Questo bias può influenzare la rappresentazione delle condizioni climatiche, in particolare nelle regioni polari, e rappresenta una limitazione nota di questa versione del modello. Per un’analisi approfondita delle differenze tra CESM1.3-HR e CESM1.3-LR, nonché degli effetti della risoluzione spaziale sugli output diagnostici, si rimanda allo studio di Chang et al.²⁶, che esplora in dettaglio come la risoluzione più bassa influisca sulla capacità del modello di simulare i processi fisici, i feedback climatici e le dinamiche del ghiaccio marino.
In sintesi, l’inclusione del CESM1.3-LR in questo studio fornisce un utile termine di confronto per valutare l’impatto della risoluzione spaziale sulle simulazioni climatiche, pur con le limitazioni dovute al numero ridotto di membri di ensemble e al bias freddo intrinseco del modello. Questo approccio permette di contestualizzare i risultati del CESM1.3-HR, evidenziando l’importanza di una risoluzione più fine per una rappresentazione accurata delle dinamiche del ghiaccio marino nell’Artico.
Dati CESM2-LE
Per l’analisi condotta in questo studio, abbiamo impiegato il Large Ensemble del Community Earth System Model versione 2 (CESM2-LE), un insieme robusto composto da 100 membri di ensemble, sviluppato e reso disponibile dalla comunità scientifica⁴⁹. Questo ensemble rappresenta una risorsa fondamentale per valutare la variabilità climatica e le incertezze associate alle proiezioni future. Le componenti del ghiaccio marino e dell’oceano del CESM2-LE operano a una risoluzione orizzontale nominale di 1°, una scala che consente di rappresentare parzialmente alcuni dei canali chiave dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA), pur con una capacità di dettaglio inferiore rispetto a modelli a risoluzione più alta. Il codice del ghiaccio marino, denominato Community Ice Code versione 5 (CICE5), e il modello oceanico Parallel Ocean Program versione 2 (POP2) sono implementati su una griglia sferica, caratterizzata da un Polo Nord spostato strategicamente posizionato sopra la Groenlandia settentrionale (Fig. S8c). Tale configurazione evita la singolarità numerica al Polo Nord, migliorando la stabilità delle simulazioni. Il modello oceanico POP2 è strutturato su 60 livelli verticali, con una risoluzione di 10 m nei primi 20 livelli superficiali, dove le interazioni tra oceano e ghiaccio marino sono più intense, e una riduzione graduale fino a 250 m in profondità, consentendo una rappresentazione adeguata dei processi oceanici a diverse scale.
La componente atmosferica del CESM2-LE è rappresentata dalla Community Atmosphere Model versione 6 (CAM6), che opera a una risoluzione orizzontale nominale di 1° e include 32 livelli verticali, offrendo una descrizione dettagliata dei processi atmosferici che influenzano il clima artico. La componente terrestre è modellata tramite il Community Land Model versione 5, che integra le dinamiche di interazione tra suolo, vegetazione e atmosfera. Le simulazioni coprono un intervallo temporale esteso dal 1850 al 2100, includendo scenari storici del Coupled Model Intercomparison Project fase 6 (CMIP6) per il periodo 1850–2014 e scenari futuri basati sul percorso socioeconomico SSP370 per il periodo 2014–2100. Gli scenari SSP370 rappresentano una traiettoria di forzante intermedia-alta, che riflette un futuro con moderate mitigazioni delle emissioni e un aumento significativo delle temperature globali. I diversi membri dell’ensemble sono stati avviati utilizzando condizioni iniziali oceaniche e atmosferiche distinte, incorporate con perturbazioni macro- o micro-scalari, al fine di catturare la variabilità naturale del sistema climatico. Gli output diagnostici mensili, che comprendono una vasta gamma di variabili climatiche, sono disponibili per tutti i 100 membri dell’ensemble, fornendo una base dati esaustiva per l’analisi statistica e la validazione delle proiezioni.
Dati sui flussi di area di ghiaccio marino derivati da immagini SAR
Per integrare i risultati modellistici con dati osservativi, abbiamo utilizzato flussi mensili medi di area di ghiaccio marino (SIA) derivati da immagini satellitari radar ad apertura sintetica (SAR), raccolti attraverso le porte di ingresso e uscita del CAA e dello Stretto di Nares (Fig. 1). Questi dati sono stati impiegati per quantificare la quantità di ghiaccio marino pan-arctico esportata attraverso questi passaggi chiave e per confrontarla con le simulazioni del CESM1.3-HR. Le porte analizzate includono lo Stretto della Regina Elisabetta (QEI), lo Stretto di M’Clure, lo Stretto di Lancaster, lo Stretto di Nares, il Golfo di Amundsen e lo Stretto di Fram (Fig. 1), coprendo un periodo osservativo dal 1997 al 2022. Questa serie temporale è stata selezionata per documentare eventuali bias nei flussi mensili medi di SIA simulati dal CESM1.3-HR, con riferimenti e periodi specifici dettagliati nella Tabella 1.
I flussi mensili di SIA sono stati calcolati utilizzando coppie sequenziali di immagini SAR provenienti da missioni satellitari come RADARSAT-1/2, Sentinel-1AB e la missione RADARSAT Constellation Mission. Queste osservazioni presentano incertezze stimate tra 100 e 500 km² al mese¹⁵⁻²⁵ per le porte del CAA (QEI-in, QEI-out, Amundsen, M’Clure, Lancaster) e circa 100 km² al mese²⁵ per lo Stretto di Nares, riflettendo la variabilità intrinseca dei dati satellitari e le limitazioni nella risoluzione spaziale. Per lo Stretto di Fram, i flussi mensili di SIA sono stati derivati integrando immagini SAR con dati di pressione media mensile al livello del mare e informazioni da boe, con un’incertezza stimata di circa 850 km² al mese⁵⁰. Queste incertezze derivano dalla combinazione di errori di misurazione, variazioni atmosferiche e limiti nella rappresentazione delle dinamiche del ghiaccio marino. L’utilizzo di questi dati osservativi consente di validare i risultati delle simulazioni numeriche, evidenziando discrepanze che possono essere attribuite a limitazioni nei modelli o a differenze nelle scale temporali e spaziali considerate.
In sintesi, l’integrazione dei dati CESM2-LE e dei flussi SIA derivati da SAR offre un quadro completo per analizzare l’evoluzione del ghiaccio marino nell’Artico, combinando la potenza predittiva dei modelli climatici con la precisione delle osservazioni satellitari. Questa approccio multi-metodo è essenziale per comprendere le dinamiche di esportazione del ghiaccio e per affinare le proiezioni future relative alla perdita dell’Ultimo Rifugio di Ghiaccio (LIA).
Dati sulla concentrazione del ghiaccio marino: Climate Data Records e Canadian Ice Service
Per effettuare un confronto tra i risultati delle simulazioni modellistiche e le osservazioni reali, abbiamo utilizzato due distinti set di dati relativi alla concentrazione del ghiaccio marino: il Climate Data Record (CDR) del National Snow and Ice Data Center (NSIDC) e le carte digitali del ghiaccio del Canadian Ice Service (CIS) Digital Archive. L’integrazione di questi due dataset ci ha permesso di colmare lacune spaziali e temporali nelle osservazioni, in particolare nella regione a nord dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA), e di tenere conto delle incertezze intrinseche associate ai dati osservativi, migliorando così la robustezza del confronto con le simulazioni del modello CESM1.3-HR.
Il dataset NSIDC CDR (versione 4) fornisce dati mensili di concentrazione del ghiaccio marino, archiviati su una griglia stereografica polare con una risoluzione di 25 × 25 km, centrata sul Polo Nord, e copre un intervallo temporale che va dal 1979 al 2023⁵¹. Questo prodotto è stato generato a partire da misurazioni a microonde passive raccolte da diversi strumenti satellitari: lo Scanning Multichannel Microwave Radiometer (SMMR) a bordo del satellite Nimbus-7, il Special Sensor Microwave/Imager (SSM/I) dei satelliti del Defense Meteorological Satellite Program (DMSP), e il Special Sensor Microwave Imager/Sounder (SSMIS) del satellite DMSP-F17. La concentrazione del ghiaccio marino è stata calcolata combinando due algoritmi complementari, il Bootstrap⁵² e il NASA Team⁵³, che sfruttano i punti di forza di ciascun dataset e metodo per ottimizzare l’accuratezza del risultato⁷. Nel dataset CDR, il foro al polo, un’area non direttamente osservabile dai satelliti a microonde a causa della geometria dell’orbita, è stato riempito assegnando una concentrazione di ghiaccio marino del 100%, una convenzione che può introdurre un bias nelle regioni polari centrali. Gli errori medi regionali nella concentrazione del ghiaccio marino derivata da microonde passive variano in modo significativo a seconda della stagione: in inverno, tali errori si attestano tra il 5 e il 10%, mentre durante la stagione di scioglimento possono raggiungere il 30–40%. Questa variabilità è dovuta alla presenza di fattori come stagni di fusione, neve a grana grossa, neve umida e superfici ricongelate, che alterano le proprietà radiative del ghiaccio e ne complicano la rilevazione. Gli errori risultano particolarmente elevati nella zona di ghiaccio marginale, dove i processi termodinamici giocano un ruolo dominante nel determinare l’evoluzione delle condizioni del ghiaccio marino, come evidenziato in letteratura⁵⁴⁻⁵⁵.
Parallelamente, abbiamo utilizzato la versione grigliata delle carte digitali del ghiaccio del CIS Digital Archive, che coprono le regioni dell’Artico orientale e occidentale, includendo lo Stretto della Regina Elisabetta (QEI) e la parte meridionale del CAA, al fine di confrontarle con le simulazioni del CESM1.3-HR. Le carte del ghiaccio del CIS sono prodotte da analisti specializzati attraverso l’interpretazione visiva di immagini radar ad apertura sintetica (SAR), che rappresentano la fonte primaria di dati a partire dal 1995¹⁸. Queste carte suddividono il ghiaccio marino in poligoni con proprietà simili, come spessore, concentrazione e tipo di ghiaccio, offrendo una rappresentazione dettagliata delle condizioni locali. I dati del CIS Digital Archive sono stati discretizzati su una griglia Equal Area Scalable Earth (EASE) con una risoluzione di 10 × 10 km e coprono il periodo da maggio 1982 a dicembre 2020. È importante notare che le maschere terrestri utilizzate nelle diverse carte del ghiaccio variano, causando una certa variabilità nell’estensione del ghiaccio marino nelle regioni completamente coperte, come quelle in prossimità delle coste. La concentrazione totale del ghiaccio marino è riportata seguendo lo standard del codice “egg code” dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, che fornisce informazioni qualitative e quantitative sulla tipologia e sulla concentrazione del ghiaccio. In termini di risoluzione temporale, le carte del CIS presentano una cadenza mensile durante l’inverno e settimanale durante l’estate prima del 2005; a partire da quell’anno, la risoluzione temporale è stata uniformata a una frequenza settimanale per tutto l’anno, migliorando la capacità di monitorare le variazioni stagionali del ghiaccio marino.
In sintesi, l’integrazione dei dati del NSIDC CDR e del CIS Digital Archive offre una visione complementare delle condizioni del ghiaccio marino nell’Artico, combinando la copertura spaziale estesa e la continuità temporale delle osservazioni a microonde passive con il dettaglio locale e la precisione delle carte del ghiaccio basate su immagini SAR. Questo approccio multi-fonte è essenziale per validare le simulazioni del CESM1.3-HR e per comprendere meglio le discrepanze tra modelli e osservazioni, in particolare nelle regioni critiche come il CAA, dove i processi termodinamici e dinamici del ghiaccio marino sono altamente variabili.

Analisi scientifica dettagliata della Tabella 1: Dataset sui flussi di area di ghiaccio marino derivati da SAR
La Tabella 1, intitolata “SAR derived sea ice area fluxes datasets” (Dataset sui flussi di area di ghiaccio marino derivati da radar ad apertura sintetica, SAR), rappresenta un compendio strutturato e fondamentale delle risorse osservative impiegate per quantificare i flussi di area di ghiaccio marino (SIA, Sea Ice Area) attraverso diverse porte geografiche chiave nell’Artico, con un’enfasi particolare sull’Arcipelago Artico Canadese (CAA) e su altre regioni critiche per il trasporto del ghiaccio. Questa tabella, integrata nel contesto della validazione dei risultati del modello CESM1.3-HR, fornisce una panoramica sistematica dei periodi temporali di copertura dei dati, delle specifiche porte monitorate e delle relative fonti bibliografiche, offrendo una base solida per confrontare le simulazioni modellistiche con le osservazioni empiriche. L’analisi della tabella è arricchita da una nota a piè di pagina che specifica i metodi di acquisizione dei dati, particolarmente rilevante per lo Stretto di Fram, e si inserisce nel quadro più ampio della ricerca sul declino del ghiaccio marino nell’Ultimo Rifugio di Ghiaccio (LIA).
La tabella è organizzata in tre colonne principali: la colonna “Gate” elenca le porte geografiche attraverso cui vengono misurati i flussi di SIA, la colonna “Time period” indica l’intervallo temporale di disponibilità dei dati per ciascuna porta, e la colonna “Reference” riporta i riferimenti bibliografici associati alle fonti scientifiche o ai metodi di elaborazione. Le porte elencate includono lo Stretto della Regina Elisabetta (QEI) con i suoi flussi in ingresso (QEI-In) e in uscita (QEI-Out), lo Stretto di M’Clure, il Golfo di Amundsen, lo Stretto di Nares, e lo Stretto di Fram, oltre a sottoregioni specifiche come QEI-N (nord) e QEI-S (sud), e una possibile variante del Golfo di Amundsen (M’undsen Gulf, che potrebbe riflettere un errore di battitura o una distinzione regionale). Queste porte sono punti critici per il monitoraggio del trasporto dinamico del ghiaccio marino, influenzato da correnti oceaniche, venti e processi termodinamici, e rivestono un ruolo centrale nell’analisi del drenaggio della LIA.
La colonna “Time period” evidenzia la copertura temporale dei dati osservativi, che varia in modo significativo tra le diverse porte, riflettendo la disponibilità delle immagini SAR e delle osservazioni complementari. Ad esempio, i dati per QEI-In, M’Clure Strait e le sottoregioni QEI-N e QEI-S coprono un intervallo di 25 anni (1997–2022), un periodo recente e rilevante per studiare gli impatti del cambiamento climatico. Al contrario, i flussi per QEI-Out, Amundsen Gulf e Nares Strait sono limitati a intervalli più brevi (rispettivamente 2016–2022, 2016–2022 e 2016–2021), suggerendo una copertura osservativa più recente o incompleta, forse dovuta a miglioramenti tecnologici o a priorità di monitoraggio. Il caso dello Stretto di Fram si distingue con un periodo più lungo e storico (1995–2014), che copre 19 anni, mentre QEI-N, QEI-S e M’undsen Gulf si fermano a un intervallo più datato (1997–2002). Questa eterogeneità temporale riflette le sfide logistiche e tecniche legate all’acquisizione di dati continui nell’Artico, come la dipendenza dalle orbite satellitari, le condizioni meteorologiche avverse e i costi operativi.
La colonna “Reference” fornisce i numeri delle citazioni che documentano le fonti scientifiche o i metodi di elaborazione dei dati, offrendo un’indicazione della robustezza metodologica. Per QEI-In, i riferimenti multipli (11, 15, 25) suggeriscono un approccio integrato basato su più studi o pubblicazioni collaborative, mentre QEI-Out, M’Clure Strait e Amundsen Gulf condividono un unico riferimento (15), indicando una fonte comune. Lo Stretto di Nares è associato al riferimento 12, mentre QEI-N, QEI-S e M’undsen Gulf condividono il riferimento 37, riflettendo un’origine condivisa per i dati più antichi. Lo Stretto di Fram, con il riferimento 50, si distingue per l’integrazione di dati SAR con misurazioni di pressione al livello del mare e dati da boe, come specificato nella nota a piè di pagina. Questi riferimenti, che potrebbero includere studi come quelli di Chang et al.²⁶ o altri citati nel testo, forniscono la documentazione tecnica sui metodi di acquisizione, elaborazione e validazione dei dati, essenziali per garantire la credibilità scientifica.
La nota a piè di pagina arricchisce l’interpretazione della tabella, specificando che i flussi di SIA per lo Stretto di Fram sono derivati da un approccio multi-sorgente che combina immagini SAR con dati di pressione media al livello del mare ottenuti da stazioni di osservazione e informazioni da boe. Questo metodo compensa le limitazioni delle immagini SAR da sole, introducendo però un’incertezza stimata di circa 850 km² al mese⁵⁰, come riportato nel testo precedente. Tale incertezza, unitamente a quelle di 100–500 km² al mese per il CAA e di 100 km² al mese per lo Stretto di Nares¹⁵⁻²⁵, riflette la complessità della misurazione del ghiaccio marino in un ambiente dinamico e variabile come l’Artico.
Dal punto di vista scientifico, la Tabella 1 riveste un ruolo cruciale nella validazione dei flussi di SIA simulati dal CESM1.3-HR, come evidenziato nel testo. I dati osservativi, coprenti il periodo 1997–2022 (con estensioni fino al 1995 per Fram Strait), sono stati utilizzati per identificare discrepanze tra simulazioni e realtà, come il fatto che le osservazioni siano circa la metà dei valori simulati. Questa discrepanza è fondamentale per stimare il tempo di drenaggio della LIA, con proiezioni che variano da un minimo di 6 anni a un massimo conservativo di 24 anni. La diversità dei periodi temporali e delle fonti sottolinea l’importanza di un approccio integrato, combinando dati SAR con osservazioni complementari, per affrontare le sfide poste dall’eterogeneità spaziale e temporale dei processi del ghiaccio marino.
In conclusione, la Tabella 1 offre una sintesi esaustiva delle risorse osservative impiegate, documentando la copertura temporale, le regioni monitorate e le fonti scientifiche. La variabilità nei periodi e nei riferimenti riflette le difficoltà nell’ottenere dati coerenti nell’Artico, mentre l’integrazione multi-metodo per lo Stretto di Fram evidenzia la necessità di approcci sofisticati per catturare la complessità delle dinamiche del ghiaccio. Questo strumento supporta l’analisi del declino del ghiaccio marino e fornisce una base solida per future ricerche sulla vulnerabilità dell’ecosistema artico.
Dati sullo spessore del ghiaccio marino: PIOMAS
Per effettuare un confronto dettagliato tra le simulazioni modellistiche e le osservazioni empiriche, abbiamo utilizzato le stime assimilate di concentrazione del ghiaccio marino e le relative distribuzioni derivate dello spessore del ghiaccio nell’Artico, ottenute dal Pan-Arctic Ice Ocean Modeling and Assimilation System (PIOMAS) per il periodo che si estende dal 1978 al 2022⁵⁶. Questo dataset rappresenta una risorsa fondamentale per analizzare l’evoluzione dello spessore del ghiaccio marino e validare le distribuzioni simulate dal modello CESM1.3-HR. Il PIOMAS si basa su una reologia del ghiaccio di tipo viscoso-plastico²⁴, che modella accuratamente le proprietà meccaniche del ghiaccio sotto stress dinamico, e adotta una distribuzione dello spessore del ghiaccio suddivisa in 12 categorie distinte⁵⁶, progettata per conservare la massa totale del ghiaccio²⁴. Questa struttura categoriale consente una rappresentazione raffinata della variabilità spaziale e temporale dello spessore del ghiaccio, sebbene siano noti alcuni bias sistematici. In particolare, il PIOMAS tende a sottostimare lo spessore del ghiaccio nelle regioni caratterizzate da ghiaccio spesso, come quelle lungo il pronunciato gradiente meridionale di spessore a nord della Groenlandia e dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA), mentre sovrastima lo spessore nelle aree di ghiaccio più sottile⁵⁶. Questi bias riflettono le limitazioni nell’assimilazione dei dati osservativi e nelle parametrizzazioni dei processi fisici, come l’interazione tra ghiaccio e oceano, e devono essere considerati nell’interpretazione dei risultati.
Quantità integrate
L’analisi delle dinamiche del ghiaccio marino nell’Ultimo Rifugio di Ghiaccio (LIA) è stata condotta suddividendo questa regione in tre sotto-aree distinte, con un focus centrale sullo Stretto della Regina Elisabetta (QEI), identificato come il principale serbatoio di ghiaccio pluriennale ancorato alla terraferma. Questa regione interagisce dinamicamente con l’LIA-N, un serbatoio sorgente situato a nord, che fornisce ghiaccio spesso, e con il CAA-S, un serbatoio a valle posizionato a sud, che funge da area di transito e accumulo. È importante sottolineare che le discrepanze tra i modelli numerici e i prodotti osservativi basati su satellite derivano dall’utilizzo di maschere terrestri diverse, che influenzano significativamente le quantità integrate, in particolare nel CAA. Questa regione, caratterizzata da un elevato rapporto tra perimetro oceanico e area, presenta una sensibilità particolare alle variazioni nelle definizioni delle linee costiere, portando a differenze nelle stime di estensione e volume del ghiaccio marino.
Estensione, spessore e concentrazione del ghiaccio marino
Per quantificare le proprietà del ghiaccio marino, sono state calcolate diverse metriche standardizzate. L’estensione minima del ghiaccio marino di settembre è stata determinata come la somma delle aree di tutte le celle della griglia che presentano una concentrazione di ghiaccio marino pari o superiore al 15%, una soglia comunemente accettata per definire la presenza significativa di ghiaccio. L’area di ghiaccio marino (SIA) è stata calcolata come la somma del prodotto tra la concentrazione di ghiaccio marino e l’area di ciascuna cella della griglia all’interno di una specifica regione, offrendo una misura ponderata della copertura di ghiaccio. Le serie temporali della concentrazione media del ghiaccio marino sono state elaborate considerando esclusivamente le celle della griglia con almeno il 15% di concentrazione, garantendo la coerenza con la definizione di estensione. Lo spessore massimo medio del ghiaccio marino di maggio è stato stimato considerando tutte le celle della griglia che soddisfano la stessa soglia del 15%, rappresentando il picco stagionale dello spessore prima dell’inizio della stagione di scioglimento.
La distribuzione media dello spessore del ghiaccio su un intervallo di 20 anni è stata derivata da medie ponderate dell’SIA all’interno di cinque categorie di spessore del ghiaccio (0, 0,64, 1,39, 2,47, 4,57+ m), calcolate per tutte le celle della griglia con almeno il 15% di concentrazione di ghiaccio marino. Per il PIOMAS, la distribuzione dello spessore su 20 anni è stata inizialmente calcolata utilizzando 12 categorie di spessore (-0,1, 0,1, 0,43, 1,0, 1,93, 3,30, 5,17, 7,60, 10,61, 14,18, 18,30, 22,94, 28,04+ m), applicate alle celle della griglia con la stessa soglia del 15%. Successivamente, i dati sono stati ricalibrati: il primo livello è stato fissato a 0,1 m (rimuovendo la frazione di acqua libera rappresentata dalla categoria di -0,1 m, che include l’acqua aperta) e tutti i livelli superiori a 5,17 m sono stati sommati per semplificare il confronto con il modello CESM1.3-HR. Questa ricalibrazione è stata necessaria per allineare le categorie del PIOMAS con quelle del modello, che utilizza una classificazione più ristretta.
È opportuno menzionare che il CESM1.3-HR presenta valori anomali dello spessore medio del ghiaccio marino, che raggiungono i 120 m nei Suoni di Nansen ed Eureka, superando di gran lunga la profondità massima osservata delle chiglie di 25 m¹⁷. Tuttavia, questi valori estremi non sono stati filtrati, poiché il loro impatto sulla distribuzione complessiva dello spessore del ghiaccio è risultato trascurabile, permettendo di mantenere l’integrità dei dati per l’analisi globale.
In sintesi, l’integrazione dei dati PIOMAS con le metriche calcolate offre un quadro dettagliato delle proprietà del ghiaccio marino, supportando la validazione delle simulazioni modellistiche e l’analisi delle dinamiche dell’LIA. Le correzioni applicate ai dati PIOMAS e la gestione degli outlier nel CESM1.3-HR riflettono un approccio metodologico rigoroso, volto a minimizzare le discrepanze e a migliorare la comparabilità tra osservazioni e modelli.
Flussi di area di ghiaccio marino attraverso porte chiave
Per analizzare il contributo dinamico alla perdita di area di ghiaccio marino (SIA) attraverso lo Stretto della Regina Elisabetta (QEI), lo Stretto di Nares e la porzione meridionale dell’Arcipelago Artico Canadese (CAA-S), abbiamo calcolato i flussi annuali di ghiaccio marino in corrispondenza di porte geografiche strategiche. La selezione di queste porte è stata effettuata utilizzando un algoritmo di analisi differenziale digitale (DAA), che identifica i punti di passaggio a partire dalle coordinate dei loro estremi, come illustrato nella Figura 1. Per garantire l’accuratezza della selezione, i punti delle porte individuati dall’algoritmo sono stati sottoposti a una verifica manuale, con eventuali correzioni apportate qualora necessario per assicurare la corrispondenza con le caratteristiche geografiche reali. Nel modello CESM1.3-HR, la maggior parte delle porte all’interno del QEI e del CAA-S risulta adeguatamente risolta, con l’eccezione di Hell Gate e della mancata connessione tra i Suoni di Nansen ed Eureka, limitazioni evidenziate nella Tabella 2. Le porte di ingresso del QEI (QEI-in) comprendono lo Stretto di Ballantyne, lo Stretto di Wilkins, il Mare del Principe Gustavo Adolfo, il Canale di Peary e il Canale di Sverdrup, mentre le porte di uscita (QEI-out) includono lo Stretto di Fitzwilliam, il Canale di Byam Martin, lo Stretto di Penny, Cardigan e Hell Gate, come definite nella Figura 1. Questa suddivisione riflette la complessità geografica del CAA e consente di monitorare i flussi di ghiaccio marino in entrambe le direzioni, fornendo una rappresentazione dettagliata delle dinamiche di trasporto.
I flussi di SIA, espressi in km² al mese per ciascuna porta, sono stati determinati utilizzando un metodo che tiene conto della concentrazione del ghiaccio marino, seguendo un approccio coerente con quello adottato per derivare i dataset di flusso osservati, come riportato in diversi studi (riferimenti 11, 12, 15, 25, 37, 50). Il calcolo si basa su tre parametri principali: la concentrazione del ghiaccio marino presente in ciascuna cella della griglia, la lunghezza di un segmento di cella della griglia e la componente della velocità del ghiaccio normale al segmento stesso, interpolata al centro di un bordo per migliorare la precisione. Un’attenzione particolare è stata dedicata alla gestione delle velocità zonali e meridionali in corrispondenza di un piegamento bipolare nella griglia del CESM1.3-HR, situato tra i due poli dell’emisfero settentrionale vicino alla porta del Principe Gustavo Adolfo. In questa zona, è stata applicata una correzione moltiplicativa per compensare una discontinuità nel segno del vettore di velocità normale, garantendo una stima accurata del flusso. In termini di convenzione, i flussi di ghiaccio sono stati considerati positivi quando il ghiaccio marino viene trasportato nella direzione dominante, che può essere verso sud o verso l’interno del CAA, riflettendo le principali traiettorie di movimento del ghiaccio nell’Artico.
Termini di tendenza termodinamica e dinamica del ghiaccio marino
Per quantificare la perdita di SIA, sia per effetto termodinamico che dinamico, nel passaggio dalle condizioni di piena copertura di ghiaccio prima dello scioglimento fino ai valori di SIA di settembre, abbiamo analizzato i termini di tendenza termodinamica e dinamica dell’SIA, estratti dagli output diagnostici standard del CESM. Un elemento chiave di questa analisi è stata la determinazione delle date di inizio dello scioglimento e del congelamento, espresse in giorni giuliani, per ciascuna regione considerata. Queste date sono state calcolate identificando il momento in cui la tendenza termodinamica media mensile integrata dell’SIA attraversa lo zero, passando da una condizione di scioglimento a una di crescita, o viceversa, attraverso una semplice interpolazione lineare basata su un tasso di variazione nullo (0 cm al giorno). Questo metodo consente di definire con precisione l’inizio e la fine della stagione di scioglimento, fondamentali per calcolare le tendenze integrate.
Le tendenze totali di SIA, sia termodinamiche che dinamiche, durante l’intera stagione di scioglimento sono state quindi determinate sommando il prodotto tra la tendenza dell’area, espressa in percentuale al giorno, e l’area delle celle della griglia, misurata in metri quadrati, per una data regione. Questo calcolo è stato effettuato considerando l’intervallo temporale compreso tra i giorni giuliani di inizio e fine della stagione di scioglimento. La tendenza dell’area è stata scomposta in due componenti principali: un termine di avvezione, che rappresenta il trasporto del ghiaccio marino dovuto a venti e correnti, e un termine di formazione di creste, che descrive la ridistribuzione della distribuzione dello spessore del ghiaccio sotto l’influenza di processi dinamici. Il termine di formazione di creste è particolarmente rilevante, poiché consente all’SIA di mantenersi o ridursi in presenza di dinamiche compressive, come la formazione di creste o la deformazione del ghiaccio, senza necessariamente implicare uno scioglimento.
Un’osservazione importante emersa dall’analisi è che la perdita di SIA calcolata attraverso i flussi alle porte del QEI e del CAA-S risulta coerente con la perdita di SIA derivata dal termine di avvezione integrato della tendenza dinamica dell’area durante la stagione di scioglimento. Le discrepanze tra questi due metodi di stima sono minime e possono essere attribuite agli errori introdotti dall’interpolazione delle quantità coinvolte, come la velocità del ghiaccio o la concentrazione del ghiaccio marino. Questa coerenza metodologica rafforza la validità dei risultati e sottolinea l’importanza di un approccio integrato che combini flussi locali e tendenze regionali per comprendere la dinamica complessiva della perdita di ghiaccio marino nell’Artico.
In sintesi, questa analisi dettagliata dei flussi di SIA e delle tendenze termodinamiche e dinamiche fornisce una comprensione approfondita dei processi che governano la perdita di ghiaccio marino nell’LIA, evidenziando il ruolo critico del QEI e del CAA-S come canali di esportazione e l’interazione tra processi fisici locali e regionali.

Analisi scientifica approfondita della Tabella 2: Lunghezze delle porte nel CESM1.3-HR
La Tabella 2, intitolata “Gates lengths in CESM1.3-H” (Lunghezze delle porte nel CESM1.3-HR), rappresenta un componente essenziale della metodologia impiegata in questo studio, fornendo un catalogo dettagliato delle lunghezze delle porte geografiche chiave integrate nel modello ad alta risoluzione Community Earth System Model versione 1.3 (CESM1.3-HR). Queste porte sono state identificate come punti critici per il calcolo dei flussi di area di ghiaccio marino (SIA, Sea Ice Area) attraverso l’Artico, con un’enfasi particolare sull’Arcipelago Artico Canadese (CAA) e altre regioni strategiche coinvolte nel trasporto dinamico del ghiaccio. La tabella, strutturata in due colonne principali — “Gate” (nome delle porte) e “Length (km)” (lunghezza in chilometri) — offre una base quantitativa per comprendere come il modello rappresenti la geografia fisica e le dinamiche del ghiaccio marino, contribuendo alla validazione delle simulazioni e alla stima della perdita di ghiaccio nell’Ultimo Rifugio di Ghiaccio (LIA). L’analisi di questi dati si inserisce nel contesto più ampio della ricerca sul cambiamento climatico artico, dove la precisione nella rappresentazione dei flussi di ghiaccio è fondamentale per proiettare l’evoluzione futura del sistema.
La colonna “Gate” elenca una serie di passaggi geografici che fungono da canali per il movimento del ghiaccio marino, riflettendo la complessità topografica dell’Artico. Tra questi, troviamo il Golfo di Amundsen, lo Stretto di M’Clure, lo Stretto di Nares, lo Stretto di Lancaster e lo Stretto di Fram, quest’ultimo noto per essere una delle principali vie di esportazione del ghiaccio marino verso l’Oceano Atlantico. Inoltre, la tabella include un insieme di porte specifiche all’interno dello Stretto della Regina Elisabetta (QEI), suddivise in porte di ingresso (QEI-In) e di uscita (QEI-Out), che giocano un ruolo cruciale nel drenaggio del ghiaccio pluriennale dalla LIA. Le porte di ingresso comprendono lo Stretto di Ballantyne, lo Stretto di Wilkins, il Mare del Principe Gustavo Adolfo, il Canale di Peary e il Canale di Sverdrup, mentre le porte di uscita includono lo Stretto di Fitzwilliam, il Canale di Byam Martin, lo Stretto di Penny e Cardigan. Questa suddivisione bidirezionale consente di monitorare sia l’afflusso che l’esportazione di ghiaccio attraverso il QEI, una regione centrale per la dinamica dell’LIA, dove il ghiaccio pluriennale ancorato alla terraferma interagisce con i serbatoi settentrionali (LIA-N) e meridionali (CAA-S).
La colonna “Length (km)” riporta le lunghezze di ciascuna porta, espresse in chilometri, come determinate nella griglia del CESM1.3-HR, che opera a una risoluzione nominale di 0,1° (corrispondente a 2,5–5 km nella regione della LIA). Queste lunghezze variano significativamente, riflettendo la diversità geografica dei passaggi: lo Stretto di Fram si distingue con una lunghezza di 671,0 km, indicando un canale ampio e strategicamente importante per l’esportazione del ghiaccio; lo Stretto di Nares, con 32,5 km, rappresenta invece un passaggio più stretto, che può agire come un collo di bottiglia; il Golfo di Amundsen e lo Stretto di M’Clure si attestano rispettivamente a 174,5 km e 171,1 km, mentre lo Stretto di Lancaster misura 84,5 km. All’interno del QEI, le lunghezze delle porte di ingresso variano da 52,3 km (Stretto di Wilkins) a 337,9 km (Stretto di Ballantyne), mentre le porte di uscita oscillano tra 35,6 km (Canale di Byam Martin) e 117,9 km (Stretto di Penny). Queste misure sono il risultato di un processo di identificazione basato su un algoritmo di analisi differenziale digitale (DAA), con una successiva verifica manuale per garantire l’accuratezza, come descritto nel testo, sebbene la risoluzione del modello imponga una certa approssimazione rispetto alle dimensioni reali.
Dal punto di vista scientifico, la Tabella 2 riveste un ruolo critico nell’analisi dei flussi di SIA, che sono calcolati considerando la lunghezza delle porte come un parametro fondamentale, insieme alla concentrazione del ghiaccio marino e alla velocità di trasporto normale al segmento della griglia. La lunghezza di una porta determina la quantità di ghiaccio che può essere trasportata in un dato intervallo di tempo, influenzando direttamente la perdita dinamica di SIA attraverso regioni come il QEI, lo Stretto di Nares e il CAA-S. Ad esempio, la notevole estensione dello Stretto di Fram (671,0 km) ne fa un contributo dominante all’esportazione totale di ghiaccio dall’Artico, mentre le porte più strette, come lo Stretto di Nares (32,5 km), possono limitare i flussi in presenza di ghiaccio spesso o di ostacoli naturali, come archi di ghiaccio. La suddivisione del QEI in porte di ingresso e uscita consente di quantificare i flussi bidirezionali, un aspetto essenziale per comprendere il bilancio di massa del ghiaccio nella LIA, dove l’esportazione verso il CAA-S e oltre è un fattore determinante nella transizione verso condizioni stagionali di assenza di ghiaccio.
Un aspetto rilevante emerso dall’analisi è che il modello CESM1.3-HR risolve la maggior parte delle porte elencate, ad eccezione di Hell Gate e della connessione tra i Suoni di Nansen ed Eureka, come indicato nella Tabella 2. Questa limitazione può introdurre piccoli errori nella rappresentazione dei flussi locali, ma il loro impatto complessivo sulla distribuzione dello spessore del ghiaccio e sui flussi totali è considerato trascurabile, come suggerito dal testo. La lunghezza delle porte, inoltre, si collega direttamente alle stime di tempo di drenaggio della LIA (6–24 anni), poiché un aumento dei flussi attraverso porte come il QEI e lo Stretto di Nares, facilitato dall’assottigliamento del ghiaccio, accelera la perdita di SIA, riducendo il tempo di residenza del ghiaccio nella regione.
La Tabella 2 si integra perfettamente con la metodologia descritta nel testo, dove i flussi di SIA sono calcolati mensilmente in km², basandosi sulla concentrazione del ghiaccio, la velocità e la lunghezza dei segmenti della griglia. La correzione applicata alle velocità vicino alla porta del Principe Gustavo Adolfo, per gestire una discontinuità nel segno del vettore di velocità normale, sottolinea l’attenzione alla precisione del modello in aree complesse. Inoltre, la coerenza tra la perdita di SIA derivata dai flussi alle porte e il termine di avvezione integrato della tendenza dinamica durante la stagione di scioglimento, con errori minimi dovuti all’interpolazione, valida l’approccio metodologico e rafforza la fiducia nei risultati.
In conclusione, la Tabella 2 offre un quadro quantitativo dettagliato delle lunghezze delle porte nel CESM1.3-HR, evidenziando la variabilità geografica e il ruolo di ciascun passaggio nel trasporto del ghiaccio marino. Queste informazioni sono fondamentali per analizzare la dinamica della perdita di ghiaccio nell’LIA, supportando le proiezioni di transizione verso un Artico stagionalmente privo di ghiaccio e contribuendo a una comprensione più approfondita dei feedback climatici artici. La combinazione di dati modellistici e verifiche manuali riflette un approccio rigoroso, pur con alcune limitazioni legate alla risoluzione del modello, aprendo la strada a ulteriori studi per migliorare la rappresentazione delle dinamiche del ghiaccio marino.