La stratosfera polare invernale è dominata da venti occidentali (in inglese westerlies) generati dal divario termico che si viene a creare tra equatore e polo (Andrews et al. 1987). Ogni due anni circa, questo vortice polare subisce un disturbo causato da un riscaldamento anomalo e spesso repentino della stratosfera terrestre (SSW) (Charlton e Polvani 2007), il quale produce un rapido aumento della temperatura polare (McInturff 1978).Gli SSWs sono legati a un aumento dell’attività dell’onda planetaria (PW) nella stratosfera polare che deposita quantità di moto est andando a favorire una decelerazione della corrente a getto stratosferica invernale che come detto è westerlyal (Matsuno 1971).La circolazione Brewer-Dobson è un modello di circolazione atmosferica globale in cui l’aria presente nella troposfera tropicale sale nella stratosfera e poi si sposta verso il polo scendendo. La base della circolazione fu proposta per la prima volta da Gordon Dobson e Alan Brewer. Il termine “circolazione Brewer-Dobson” è stato usato per la prima volta nel 1963. Questo modello di circolazione spiega le osservazioni relative alla distribuzione dell’ozono e del vapore acqueo.
Le misurazioni effettuate da L. Teisserenc de Bort nel 1896 tramite l utilizzo dei primi palloni sonda , hanno rivelato
un’inversione della temperatura sopra gli 11 km. Questo fu l’inizio degli studi sulla stratosfera. Questo strato si estende dalla tropopausa isoterma (∼10 km) fino alla stratopausa (∼50 km).Data la stratificazione della temperatura, i movimenti verticali sono molto lenti rispetto a quelli della troposfera e sono limitati alle regioni ascendenti e discendenti situate rispettivamente ai tropici e ai poli. La stratosfera contiene il 90% dell’ozono atmosferico, mentre solo il 10% rimane nella troposfera. Questo rende la stratosfera essenziale per la sostenibilità della vita, poiché l’ozono assorbe la radiazione ultravioletta in arrivo dal Sole (per esempio, van der Leun et al. 1995).D’altra parte, contiene una bassa concentrazione di vapore acqueo e rappresenta solo il ∼15% della massa totale dell’atmosfera, quindi le nuvole di solito non si formano nella stratosfera, ad eccezione delle nuvole stratosferiche polari (PSC), che contribuiscono alla riduzione dell’ozono.
La stratosfera invernale
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Poiché in inverno non c’è riscaldamento radiativo sul polo, la stratosfera tende a raffreddarsi, e nello stesso tempo si crea un gradiente di temperatura negativo tra i tropici e le alte latitudini. Supponendo che l’atmosfera sia in equilibrio geostrofico e idrostatico, il vento medio zonale e la temperatura sono bilanciati dalla relazione vento-temperatura allo stato stazionario
(Equazione 1.1).

Dove Z è l’altezza geopotenziale, f è il parametro di Coriolis (f = 2Ωsinφ , dove Ω è la velocità angolare della Terra), R la costante specifica del gas e H l’altezza della scala. Così, una una circolazione di vento da ovest è indotta nella stratosfera a causa della differenza di temperatura che si crea tra l’equatore e il polo durante il periodo invernale . La distribuzione della temperatura media zonale e del vento zonale medio è illustrata nella Figura 1 in una sezione trasversale latitudine-altezza per per gli inverni boreali (dicembre-gennaio-febbraio, DJF) e australi (giugno-luglio-agosto, JJA). La distribuzione della temperatura media zonale e del vento zonale medio è illustrata nella Figura 1 in una sezione trasversale latitudine-altezza relativa a gli inverni boreali (dicembre-gennaio-febbraio, DJF) e australi (giugno-luglio-agosto, JJA). Nell’emisfero invernale, i venti occidentali presenti nella stratosfera si estendono dai subtropici al polo, con i venti più forti localizzati alle latitudini polari. Questo si traduce nella formazione del vortice polare stratosferico o il cosiddetto getto notturno polare, che domina la circolazione della stratosfera polare nel periodo invernale.
I maggiori valori positivi del vento nella stratosfera si trovano in corrispondenza del bordo del vortice, che si trova intorno ai 60◦ e si estende da 20 km a 50 km circa. Il vortice polare stratosferico si sviluppa nella parte più alta della stratosfera durante il tardo autunno, raggiunge il suo massimo a metà inverno e persiste fino alla primavera successiva. Durante il periodo estivo, il vortice polare è sostituito da deboli venti orientali e quindi da un area anticiclonica. Ci sono differenze a livello emisferico nell’intensità e nella variabilità del vortice polare che devono essere evidenziate. Il confronto tra l’inverno boreale e australe nella figura 1 mostra un vortice polare più forte e più freddo nell’emisfero sud (SH) che nell’emisfero nord (NH).Per un raffronto più chiaro, la figura 2 mostra il ciclo stagionale del vento zonale medio a 10hPa mediato sulla fascia latitudinale 50◦-70◦ di ogni emisfero . La forza massima del vortice polare nel SH è più del doppio rispetto al NH (cfr. linee blu in figura 2).Velocità del vento più elevate in Antartide sono coerenti con il vortice polare freddo, che è cruciale per la formazione di PSC e la riduzione dell’ozono, come discusso più avanti nella sezione 1.4. Inoltre, la transizione agli easterlies avviene prima nell’Artico che in Antartide, portando ad una vita più lunga del vortice polare antartico.
Figura 1: climatologia della temperatura media zonale (ombreggiatura) e del vento zonale (contorni) da la rianalisi 1ERA-Interim per il periodo 1979-2016 in DJF (sinistra) e JJA (destra). Gli intervalli di contorno ombreggiati sono ogni 10 K e gli intervalli di contorno neri sono ogni 10 ms-1.Linea costante: flusso verso est, linea tratteggiata: flusso verso ovest.

Il vortice artico mostra una grande variabilità sia su scala temporale intrastagionale che interannuale (cfr. i pannelli superiore e inferiore della Figura 2). La variabilità interannuale è associata a forzature esterne naturali come il ciclo solare o le eruzioni vulcaniche (Chiodo et al. 2012), e anche a variazioni interne del clima terrestre come l’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO), l’Oscillazione El Ni˜no-Sud (ENSO) e le loro interazioni non lineari (es, Calvo et al. 2009).Le osservazioni della stratosfera sono troppo brevi per isolare l’influenza statistica di alcune forzanti. Questo è particolarmente vero per il caso del ciclo solare di 11 anni e delle eruzioni vulcaniche, poiché ci sono solo misure stratosferiche relative a circa circa tre cicli solari e tre grandi eruzioni (Matthes et al. 2010, Mitchell et al. 2011).Ancora di più, c’è una sovrapposizione di diversi fattori forzanti nella documentazione osservativa, con due o più fattori che operano contemporaneamente, come gli anni con ENSO positivo e anni caratterizzati da fasi orientali della QBO, o le eruzioni vulcaniche con i massimi solari (ad esempio Chiodo et al. 2014).La presenza di diversi fattori rende difficile isolare la risposta stratosferica ad un singolo forzante. Inoltre, diversi studi hanno evidenziato che i segnali provenienti da fattori combinati si rivelano non additivi, mostrando risposte non lineari nei confronti della stratosfera (ad esempio, Calvo et al. 2009; Richter et al. 2011). Tutti questi aspetti dimostrano la complessa sfida nel cercare di comprendere la variabilità della stratosfera polare.
Figura 2: Serie temporale del vento zonale medio giornaliero a 10 hPa nel NH (in alto) e SH (in basso) mediato su una latitudine di 50◦-70◦. Le linee nere indicano i valori giornalieri per ogni anno dal 1979-2016 da ERA-Interim e le linee blu sono la corrispondente media.

D’altra parte, la figura 2 mostra anche una notevole variabilità intrastagionale, che ancora una volta è maggiore nel caso del vortice polare del emisfero boreale rispetto alla sua controparte ossia il vortice dell emisfero australe. La configurazione spaziale climatologica dei due vortici, può essere confrontata nella figura 3. Figura che mostra un vortice polare antartico più stabile, con una vorticità potenziale più forte e meno perturbata (PV) (Figura 3b), rispetto a quello artico (Figura 3a). Queste differenze sono causate dalla topografia più pronunciata su larga scala e dal contrasto terra-mare presenti nell’ NH , che determinano una più forte attività delle onde troposferiche nel NH e una maggiore propagazione delle onde verso l’alto ossia verso la stratosfera, dove può disturbare il vortice polare dal normale equilibrio radiativo (ad esempio, Wexler 1959).
Figura 3: PV medio climatologico sulla superficie isentropica a 850 K (∼10 hPa) nel NH a Gennaio (a) e SH in luglio (b). Da Waugh e Polvani (2010)

Dinamica delle onde
Al contrario della troposfera, nella quale la temperatura decresce con la quota, nella stratosfera essa aumenta con l’altezza dal suolo, con gli strati più caldi che si trovano verso l’alto, a temperature intorno a 270 K. La zona di passaggio tra troposfera e stratosfera è chiamata tropopausa ed è caratterizzata da una brusca inversione nell’andamento della temperatura con la quota, da decrescente a crescente. Il motivo di questo andamento termico risiede nel fatto che mentre la principale fonte di calore nella tropopausa è il riscaldamento della superficie terrestre che poi, per irraggiamento e convezione, riscalda la colonna atmosferica sovrastante, nella stratosfera l’energia solare nella sua componente ultravioletta è assorbita direttamente dai gas presenti (principalmente l’ozono) e dunque il meccanismo risulta più efficace alle quote più alte. In determinate circostanze, le onde troposferiche possono propagarsi nella stratosfera nel giro di pochi giorni, (ad esempio, Charney e Drazin 1961).Le onde atmosferiche sono disturbo periodico delle variabili atmosferiche (come la pressione superficiale o l’altezza geopotenziale, la temperatura o la velocità del vento) che può propagarsi (onda viaggiante) o meno (onda stazionaria). Le onde atmosferiche variano su scale spaziali e temporali, dalle grandi onde planetarie (onde di Rossby) alle onde sonore . Le onde atmosferiche trasportano la quantità di moto, che viene riportata nel flusso di fondo quando l’onda si dissipa. Questa forzatura ondulatoria del flusso è particolarmente importante nella stratosfera, dove questa dispersione della quantità di moto per mezzo delle onde Rossby su scala planetaria dà luogo a improvvisi riscaldamenti stratosferici e la dissipazione nella stratosfera da un raffreddamento radiativo dà luogo all’oscillazione quasi biennale. Le onde nell’atmosfera possono essere classificate a seconda in base alla forza di ristabilimento. Particolarmente importanti per questa sono le Onde Planetarie (PWs), indotte dal gradiente verso il polo della vorticità planetaria(tutte le cose sulla Terra, inclusi gli oceani, l’atmosfera, ed il catino d’acqua ruotano con la Terra. Questa rotazione impartita dalla Terra e’ la vorticita’ planetaria f. Essa e’ due volte la velocita’ di rotazione della Terra: La vorticita’ planetaria e’ il parametro di Coriolis che abbiamo usato in precedenza nella discussione del flusso nell’Oceano. E’ piu’ grande ai poli dove e’ il doppio della rotazione terrestre. Notare che la vorticita’ scompare all’equatore e nell’emisfero sud assume valori negativi perche’ φ e’ negativo., e le onde di gravità (GWs), generate dalla gravità o dal galleggiamento(Le onde di gravità atmosferica sono oscillazioni dell’aria, con un periodo che va dai 10 minuti fino al giorno, che provocano le caratteristiche increspature nelle nubi talvolta visibili in foto o dal finestrino di un aereo) . Le GWs sono eccitate quando le particelle d’aria si spostano verticalmente, di solito a causa della presenza di ostacoli come montagne su piccola scala (GWs orografici) o da sistemi frontali, convettivi o altre instabilità (GW non orografici) (per esempio, Fritts e Alexander 2003). L’impatto dell’onda sul flusso atmosferico è caratterizzato dal suo trasferimento di momento angolare, che è indicato come resistenza d ‘onda (Shepherd 1990). Il segno della resistenza delle onde è legato alla velocità di fase delle onde rispetto al flusso medio. In questo senso, le PW sono sempre associate a una resistenza negativa (verso ovest), mentre le GW possono generare entrambi, tipicamente una resistenza verso ovest in inverno e una verso est in estate.
Poiché la circolazione nella stratosfera è zonalmente simmetrica, è solitamente caratterizzata da una media zonale

che risulta dalla scomposizione del campo totale secondo la seguente formula:

dove il primo denota le componenti eddy.
La propagazione verso l’alto delle onde dalla troposfera alla stratosfera è governata dal criterio di Charney-Drazin
(Equazione 1.2; Charney e Drazin 1961):

Essa stabilisce le condizioni per la propagazione verso l’alto delle onde con una certa velocità di fase

dove

è la velocità del vento di fondo e

è la velocità critica del vento.
Questo valore critico è proporzionale a

, e dipende da

, l’altezza di scala (H), ∂y la frequenza di galleggiamento (N) e il numero di onda zonale e meridiana k e l. Le onde di Rossby sono per lo più provocate in superficie da sorgenti statiche, e secondo l’Eq. 1.2, le onde stazionarie

possono propagarsi solo in presenza di venti occidentali

a condizione che siano più deboli della velocità critica del vento

.
Questo significa che solo le onde di Rossby più grandi (zonali 1 – 3), dette anche PW, possono propagarsi nella stratosfera durante la stagione invernale. , mentre le onde più piccole risultano limitate ai livelli più bassi. Inoltre,
mentre la propagazione è favorita nel NH, i forti venti occidentali che caratterizzano il vortice polare antartico durante il periodo invernale, impediscono la penetrazione dell’onda nella stratosfera rimanendo intrappolate verticalmente. Questo fatto contribuisce ad avere un vortice polare più più disturbato nel NH, come mostrato nella figura 3
Figura 4: Profili approssimativi della quota del vento zonale medio in inverno (a sinistra pannello sinistro) e nel periodo estivo (pannello destro). Le velocità di fase consentite per la propagazione delle GWs e i loro livelli di rottura vengono mostrati in figura. Da Brasseur e Solomon (2006).

La figura 4 illustra la propagazione verso l’alto dei GW in entrambi gli emisferi. Ad una certa altitudine (chiamata livello critico), la velocità di fase dell’onda è uguale al vento zonale di fondo, e l’onda viene assorbita . Altrimenti, continuando a propagarsi verso l’alto, la loro ampiezza cresce come l’inverso del quadrato della densità, e ad una certa altitudine diventano convettivamente instabili e si rompono (Brasseur e Solomon 2006). Il ruolo dei GWs nel bilancio globale della quantità di moto aumenta con l’altitudine (poiché la densità atmosferica diminuisce e la loro ampiezza aumenta) così i loro maggiori effetti si verificano sopra la mesosfera (>50 km).Tuttavia, possono anche giocare un ruolo nella circolazione stratosferica e nella propagazione del PW nella stratosfera. Nell’atmosfera, l’intensità e la distribuzione del flusso zonale-medio che governa la propagazione delle onde, varia con la latitudine e l’altezza, Matsuno (1970) ha introdotto il cosiddetto indice di rifrazione(L’indice di rifrazione è una grandezza che indica quanto un mezzo modifica la velocità di un certo tipo di onde) per diagnosticare le caratteristiche della propagazione delle onde di Rossby.
Per un numero d’onda zonale, k, l’indice di rifrazione al quadrato è dato da:

dove

è il gradiente latitudinale di PV, che per lo più dipende dallo shear zonale e ∂φ dallo shear verticale di u. Conformemente all’interpretazione di Matsuno, le onde planetarie tendono a propagarsi verso regioni con alti valori di

e ad essere rifratte dalle regioni in cui i valori di

risultano bassi.
Come per le GW gravity waves (GW) , l’ampiezza delle planetary wave (PW) aumenta esponenzialmente quando si propagano verso l’alto, e quando la velocità di fase dell’onda si avvicina a quella del flusso, avviene la rottura dell’onda. Quindi, la propagazione non può avvenire in prossimità di superfici critiche (ad esempio,

Quando le PW raggiungono queste regioni, si rompono trasferendo la quantità di moto al flusso zonale. Poiché i PW trasferiscono la quantità di moto verso ovest alle correnti occidentali di fondo, la loro rottura agisce per decelerare il flusso medio nella stratosfera (Shepherd 2007). Questa caratteristica è stata osservata da McIntyre e Palmer (1983) come deformazioni nei contorni della PV. Le regioni in cui questo accade sono indicate come zona di surf, per analogia con le onde su un litorale. La rottura delle onde PW causa anche turbolenza e mescola i costituenti chimici (Fritts e Alexander 2003).
Coupling stratosfera-troposfera
Fino ai primi anni ’90, le interazioni tra la troposfera e la stratosfera venivano ipotizzate a senso unico, consistenti in perturbazioni d’onda dalla troposfera verso l’alto che influenzano la stratosfera (ad esempio Matsuno 1971). Gli studi sull’influenza della stratosfera sulla troposfera (conosciuta anche come accoppiamento verso il basso o stratosfera-troposfera accoppiamento) sono aumentati esponenzialmente negli ultimi due decenni. Un passo importante nell’ambito dell’accoppiamento stratosfera-troposfera è stata l’introduzione dei modi anulari per descrivere lo stato dell’atmosfera su scala emisferica (ad esempio, Thompson e Wallace 1998). Questi studi sono iniziati con quelli sull’Oscillazione Artica (AO), che è il primo modo di variabilità del campo di pressione a livello del mare nel NH (ad esempio, Ambaum et al. 2001).I modi anulari caratterizzano la variabilità dominante della circolazione extratropicale in ogni emisfero, quantificando le oscillazioni nella posizione delle correnti a getto troposferiche e la forza dei vortici polari stratosferici.
Quando viene esteso a tutti i livelli verticali della troposfera e della stratosfera usando l’altezza geopotenziale,
il risultato è noto come Northern Annular Mode (NAM, e.g., Thompson e Wallace 2000), ed è spesso usato come misura del coupling stratosfera-troposfera.
Nella stratosfera, valori positivi (negativi) di NAM indicano alti geopotenziali alle medie latitudini e bassi alle latitudini polari. Presenza di aria molto fredda in stratosfera. Questo fenomeno è spesso indicato come stratcooling. Il vortice polare stratosferico è quindi particolarmente profondo e attivo, mentre nella troposfera, l’indice NAM è associato alle fluttuazioni del jet stream guidato da eddy (ad esempio, Gerber et al. 2012). Utilizzando i compositi basati sul NAM, Baldwin e Dunkerton (2001) hanno illustrato che le anomalie stratosferiche possono propagarsi verso il basso dalla stratosfera alla troposfera, e persino alla superficie nel loro ben noto “dripping paint” (Figura 5).
Figura 5: Composto di sezioni tempo-altezza dell’indice NAM (adimensionale) per 18 eventi di vortici deboli. Gli eventi sono determinati dalle date in cui l’indice NAM 10-hPa giornaliero attraversa -3.0. L’intervallo di contorno per le ombreggiature a colori è di 0,25, e 0,5 per i contorni bianchi. I valori tra -0.25 e 0.25 non sono ombreggiati. La sottile linea orizzontale indica il confine approssimativo tra la troposfera e la stratosfera. Da Baldwin e Dunkerton (2001).

L’insieme degli eventi composti nella figura 5 riflette condizioni estreme nella forza del vortice polare stratosferico, più specificamente eventi di vortice anormalmente debole, identificati da valori NAM ampiamente negativi a 10 hPa. Anche se questi fenomeni sono stati denominati in letteratura con numerosi appellativi, essi vengono solitamente indicati come Sudden Stratospheric Warmings (SSWs) e rappresentano uno degli esempi più chiari dell’influenza stratosferica sulla sulla circolazione troposferica attraverso l’accoppiamento verso il basso su scale temporali intrastagionali.
Il coupling stratosfera-troposfera appare anche su scale temporali più lunghe. Così, è noto che l’ENSO, che opera su scale interannuali, ha un impatto sul clima europeo per mezzo della stratosfera (ad esempio, Ineson e Scaife 2009, Bell et al. 2009, Cagnazzo e Manzini 2009, Palmeiro et al. 2017a) favorito dal verificarsi di SSWs .
Una stratosfera ben risolta nei modelli climatici, ha dimostrato di essere la chiave per riprodurre altri fenomeni accoppiati atmosfera-oceano, come la relazione tra le temperature della superficie del mare dell’Oceano Atlantico settentrionale e la North Atlantic Oscillation (NAO), che è spesso considerata come la manifestazione regionale dell’AO sul settore euro-atlantico (ad esempio, Omrani et al. 2014).
SSWs nelle osservazioni
Gli SSWs sono i fenomeni più impressionanti che si verificano nella stratosfera su scale temporali intrastagionali.. Si verificano durante il periodo invernale (da novembre a marzo), principalmente nel NH, e sono associati ad aumenti di temperatura della calotta polare superiori a 20 K in meno di una settimana (Nakagawa e Yamazaki 2006) e un indebolimento del vortice polare, che in alcuni casi potrebbe addirittura rompersi e quindi dividersi in due nuclei distinti(split).Il maggiore interesse per gli SSWs deriva dalla loro influenza che esercitano sul tempo troposferico. Ciò può essere potenzialmente sfruttato per realizzare le previsioni stagionali riguardanti il periodo invernale nell’area extratropicale del NH (ad esempio, Sigmond et al. 2013). In alcuni studi si sostiene che la morfologia del vortice polare durante questi eventi è importante per le loro risposte di superficie. Per esempio, Mitchell et al. (2013) mostrano un segnale più forte dopo un evento di SSW quando il vortice si divide in due parti (i cosiddetti split SSW) rispetto agli eventi in cui il vortice polare risulta spostato dal polo displacement SSWs . Maycock e Hitchcock (2015) ha sostenuto che le differenze tra gli effetti delle separazioni e degli spostamenti del vps non erano coerenti. In seguito, Kodera e colleghi (2016) hanno classificato gli SSW in base al fatto che di essere seguiti o meno dalla riflessione di PWs nella stratosfera (cioè, riflettente e eventi di assorbimento), e hanno concluso che solo gli SSWs di assorbimento sono caratterizzati da forti risposte anulari del flusso troposferico.Più recentemente, Karpechko e colleghi (2017) hanno suggerito che le condizioni della bassa stratosfera nei primi giorni dopo l’inizio del SSW, sono più importanti rispetto a queste differenze. Se c’è propagazione d’onda nella stratosfera all’inizio del SSW e l’indice NAM è negativo nella bassa stratosfera, la probabilità che il SSW sia seguito da effetti troposferici aumenta.Gli SSWs sono inoltre importanti per comprendere la variabilità dell’ozono artico (Schoeberl e Hartmann 1991). Quando si verificano gli SSWs, il vortice polare si dissipa e l’aria ricca di ozono entra nella stratosfera polare (Madhu 2016). Ciò tende a verificarsi spesso nel NH, mentre gli SSWs sono molto più rari nell’SH a causa delle minori ampiezze del PW (per esempio van Loon et al. 1973).Nel settembre 2002, nel SH è stato registrato il primo SSWs (Kruger et al. 2005). Il buco dell’ozono antartico si è diviso in due parti e si è registrato un forte aumento della colonna totale di ozono (Allen et al. 2003). Diversi studi hanno associato questo evento con una attività anomala delle onde dalla troposfera alla stratosfera (per esempio, Allen et al. 2003, Nishii e Nakamura 2004), il che evidenzia il ruolo chiave delle dinamiche stratosferiche nell andare a ridurre o ad aumentare i quantitativi di ozono.Gli SSWs sono stati studiati dal 1952 (Scherhag 1952). Da allora, la teoria più ampiamente accettata sui fattori scatenanti del SSW è stata l’aumento dell’attività PW che entra nella stratosfera e si rompe nelle vicinanze del vortice polare (Matsuno 1971). Tuttavia, i meccanismi alla base della loro insorgenza non sono del tutto chiari. Inoltre, una definizione univoca di SSWs non è stata ancora stabilita. L’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha definito gli SSW, usando il vento zonale medio e il gradiente di temperatura meridiano a 10 hPa (McInturff 1978), distinguendo ulteriormente tra SSW minori (definiti come un inversione del gradiente di temperatura meridiano) e grandi riscaldamenti (quando, in aggiunta, c’è un’inversione del vento zonale medio).Tuttavia, alcuni studi usano solo il criterio del vento mentre molti altri hanno elaborato i propri metodi per rilevare quelli che chiamano eventi di vortici deboli (ad esempio, Butler et al. 2015).L’uso di diverse definizioni per analizzare le SSW può implicare discrepanze nella rilevazione degli eventi e dei loro segnali associati, con potenziali implicazioni sulla valutazione dell’abilità nelle previsioni stagionali degli SSWs.
.
Figura 6: Numero totale di SSWs nel periodo 1979-2012 nella rianalisi ERA-Interim in funzione dell’intervallo di latitudine in cui il vento zonale passa da ovest a est (soglia critica 0 ms-1). Gli eventi “locali” (blu) si verificano quando il vento zonale scende sotto la soglia critica ad una data latitudine. Un’inversione “coerente” (rosso) si verifica quando il vento zonale si inverte a tutte le latitudini entro 20 giorni dalla latitudine data. Una virata “media” (tratteggiata in nero) si verifica quando la media dei venti zonali da una data latitudine a 90◦ N scende sotto la soglia critica. Da Butler et al. (2015).

Indipendentemente dall’uso di campi diversi per individuare gli SSW, il fattore latitudine è un’importante fonte di discrepanza tra le definizioni.La figura 6 mostra il numero di SSW ottenuti usando il concetto di inversioni coerenti (per esempio, McInturff 1978), che richiede che l’inversione del vento avvenga ovunque a nord di una data latitudine (linee rosse), rispetto a quelli ottenuti usando una singola latitudine (cioè, inversioni locali, linea blu) o usando una media latitudine (linee nere tratteggiate). Le somiglianze tra le linee rosse e blu a nord di 60◦N indicano che la maggior parte degli SSW ottenuti a 60◦N sono anche inversioni di vento coerenti. Tuttavia, una media latitudinale può aumentare la frequenza ottenuta degli SSWs fino al ∼30%.Il dilemma di usare un criterio assoluto o un criterio relativo alle condizioni di fondo è altresì oggetto di discussione. (ad esempio, McLandress e Shepherd 2009a, Butler et al. 2015, Kim et al. 2017). Se la forza media del vortice polare cambia, il criterio assoluto potrebbe produrre tendenze nella frequenza di SSW che potrebbero non essere riprodotte da un metodo basato sulle anomalie.Le numerose definizioni che si trovano in letteratura evidenziano la necessità di chiarire quali sono gli elementi distintivi tra le varie definizioni di SSW e fino a che punto le loro differenze sono importanti. quanto siano importanti le loro differenze.
Poiché gli SSWs hanno un impatto sulla troposfera e sul tempo in superficie per diversi mesi, essi forniscono
nuove opportunità per le previsioni stagionali (per esempio, Baldwin et al. 2003).Miglioramenti nelle previsioni troposferiche sono stati osservati quando è inclusa nei modelli una stratosfera ben definita e diagnosticata. Questo è già stato suggerito da Boville e Baumhefner (1990).Charlton et al. (2004) sottolineano l’importanza di avere un quadro ben preciso delle condizioni presenti nella stratosfera al fine di avere previsioni a breve termine per la troposfera di buona qualità. Le potenzialità degli SSWs come strumento predittivo nel campo delle previsioni stagionali sono state dimostrate in Sigmond et al. (2013). Essi hanno scoperto che le previsioni inizializzate alla data di inizio degli SSWs hanno portato ad un miglioramento della previsione per alcune regioni durante diversi mesi dopo l evento di riscaldamento stratosferico .La figura 7 confronta le risposte climatiche superficiali della pressione a livello del mare e della temperatura dopo un SSWs nelle previsioni del modello e nelle osservazioni. Le previsioni sono state in grado di riprodurre in modo adeguato le temperature superficiali osservate sulla Russia settentrionale e e sul Canada orientale, così come le anomalie di precipitazione sull’Atlantico settentrionale.
Composti di anomalie di pressione a livello del mare (contorni, in hPa) e temperatura superficiale (ombreggiatura, in K) per 16-60 giorni dopo SSWs nelle osservazioni (a) e il modello previsionale (b). L’intervallo di contorno per la pressione a livello del mare è di 1 hPa e i contorni continui (tratteggiati) denotano valori positivi (negativi) a partire da 0,5 (-0,5) hPa. I punti neri rappresentano la significatività statistica della temperatura al livello di confidenza del 90% determinata mediante bootstrapping. Da Sigmond et al. (2013).

Nonostante questo, ci sono ancora molte incertezze in merito ai processi di innesco degli SSW, quindi trovare la migliore configurazione del modello per ottenere frequenze realistiche di SSWs è ancora una sfida, in particolare nei modelli climatici globali (Charlton-P´erez et al. 2013). A questo proposito, il progetto SPARC (Stratosphere-troposphere Processes And their Role in Climate), all’interno del World Climate Research Programme, include la Chemistry-Climate Modelling Initiative che mira ad ottenere una migliore rappresentazione dei processi atmosferici nei modelli chimico-climatici (CCM).Questa attività collaborativa utilizza modelli di circolazione globale con chimica interattiva ed estensione verticale dalla superficie alla stratosfera e oltre (i cosiddetti modelli high-top).Il confronto tra modelli high e low-top è molto utile per valutare l’impatto della stratosfera sul clima troposferico. In particolare, diversi studi nel quadro dell’ultima fase 5 del Coupled Model Intercomparison Project (CMIP5) hanno sottolineato l’importanza di disporre di studi ben approfonditi sulla stratosfera, per rappresentare correttamente l’impatto dell’accoppiamento stratosfera-troposfera sia a livello intrastagionale (ad esempio, SSWs) che a livello interannuale (ad esempio, ENSO, QBO) (ad esempio, Gerber et al. 2012; Hardiman et al. 2012; Calvo et al. 2017).Per esempio, Charlton-P´erez et al. (2013) hanno evidenziato l’importanza dei modelli ad alta copertura per ottenere frequenze realistiche degli SSW nei modelli CMIP5 (Figura 8). I modelli ad alta copertura in Figura 8 (barre rosse) sono per lo più all’interno dell’ intervallo di confidenza del 95% della rianalisi. Tuttavia, ci sono ancora alcuni modelli high-top che sottostimano la frequenza osservata degli SSW e alcuni modelli low-top che riproducono discretamente bene la frequenza.

In aggiunta ai modelli ad alta copertura, la risoluzione spaziale e le parametrizzazioni sub-grid costituiscono fattori essenziali per ottenere risultati realistici al fine di rappresentare correttamente diversi parametri tra cui la variabilità stratosferica , il coupling stratosfera-troposfera e le frequenze di SSW (ad esempio, Butler et al. 2015).Il modello ad alta risoluzione di Charlton-P´erez et al. (2013) ha dimostrato come la frequenza di SSW sia migliorata aumentando solo la risoluzione orizzontale .Ciò concorda con i risultati precedentemente riportati in cui si evidenzia una forte sensibilità della variabilità stratosferica alla risoluzione spaziale (Scott et al. 2004, Coy et al. 2009, Roff et al. 2011). Questo perché l’alta risoluzione è importante al fine di comprendere la propagazione e la dissipazione delle onde in tutta l’atmosfera.Per esempio, gli SSWs coinvolgono l’interazione delle onde planetarie verso l’alto con il flusso di fondo della stratosfera durante episodi in cui l’attività delle onde planetarie è maggiore nella troposfera (per esempio, Matsuno 1971, Polvani e Waugh 2004). In particolare, essi sono spesso preceduti da un blocco troposferico (ad esempio, Barriopedro e Calvo, 2014), la cui rappresentazione nei modelli climatici dipende dalla risoluzione spaziale (ad esempio, Davini e D’Andrea 2016).Un altro fattore importante che permette di ottenere una variabilità stratosferica più vicina alla realtà è la rappresentazione adeguata delle onde gravitazionali (GWs) (Palmer et al. 1986, McFarlane 1987). La resistenza delle onde gravitazionali (GWs) su piccola scala deve essere parametrizzata nei modelli climatici, date le risorse computazionali necessarie per simularle esplicitamente. Sfortunatamente, esistono altri problemi per rappresentare le onde gravitazionali (GWs) in modo realistico, e diverse semplificazioni e ipotesi sono spesso adottate dalla maggior parte dei modelli globali (ad esempio, Richter et al. 2010). Nei modelli climatici in cui le onde gravitazionali (GW) non sono simulate internamente ma parametrate , vengono considerate come perturbazioni che si propagano solo in verticale, che si rompono quando raggiungono la loro soglia di ampiezza, depositando il flusso di quantità di moto e generando il GW drag (McLandress 1998). le onde gravitazionali (GWs) possono essere originate da diverse fonti (orografia, convezione, fronti. . .). Le GW orografiche sono generate da una sorgente statica e quindi risultano più comprensibili di quelle non orografiche. Per le GW non orografiche o non stazionarie, i modelli di solito includono fonti arbitrarie che non sono necessariamente realistiche (Garcia e Solomon 1985). In questo senso, il Whole Atmosphere Community Climate Model (WACCM), nella sua versione 3.5 ha implementato una migliore
parametrizzazione delle GW che non include alcuna sorgente d’onda arbitraria. Essa consiste nella parametrizzazione individuale delle fonti, essendo possibile distinguere tra fonti frontali e convettive (Richter et al. 2010).Un’onda gravitazionale orografica trascinante (OGWD) correttamente rappresentata è essenziale anche nei modelli climatici per riprodurre la circolazione invernale nella stratosfera (per esempio, Palmer et al. 1986). La maggior parte di questa resistenza si verifica nei livelli più bassi della stratosfera, alle medie latitudini, e agisce decelerando il flusso di fondo. Come risultato, il getto subtropicale si separa dal getto polare, modificando le condizioni di rifrazione del flusso di fondo e i modelli di propagazione delle Planetary waves (PWs) (Sigmond e Scinocca 2010).A parte le fonti orografiche risolte dal modello che possono generare le onde gravitazionali GW, WACCM3.5 ha anche incluso la parametrizzazione dello stress superficiale dovuto all’orografia (Richter et al. 2010). Questo è indicato come Turbulent Mountain Stress (TMS) e segue l’approccio utilizzato nei modelli di previsione numerica come, per esempio, il modello unificato del Met Office (Webster et al. 2003).
La parametrizzazione TMS è stata trovata cruciale per riprodurre una realistica frequenza SSW in WACCM. Richter et al. (2010) hanno trovato differenze nella OGWD dovute all’implementazione del TMS. Simile alle spiegazioni in Sigmond e Scinocca (2010), hanno messo in relazione il miglioramento della frequenza SSW ai cambiamenti nella rifrazione del PW. Tuttavia, questo meccanismo non è in grado di spiegare la capacità stagionalmente variabile del WACCM di riprodurre gli SSW.Il capitolo 4 (Palmeiro et al., 2017b) rivisita questa questione nel tentativo di descrivere in dettaglio i meccanismi associati all’implementazione della TMS che portano a un miglioramento dell’incidenza degli SSW nel WACCM. Questo studio ha valutato i cambiamenti indotti da TMS in OGWD durante la stagione invernale e il suo ruolo nell’indurre SSW.
La circolazione Brewer-Dobson
Come detto nelle sezioni precedenti, le interazioni tra diversi tipi di onde e il flusso medio sono essenziali per comprendere la circolazione stratosferica e la sua variabilità. Le interazioni tra il flusso medio e i vortici possono essere descritte utilizzando un insieme di equazioni primitive e ipotesi quasi-geostrofiche, come indicato nelle equazioni
3.3.2a-e in Andrews et al. (1987). Tuttavia, l’approccio euleriano ivi descritto, non riproduce chiaramente i processi chiave che si verificano nell’atmosfera reale. Infatti, con questa formulazione e nel caso di onde stazionarie e conservative, il flusso di calore meridiano medio eddy heat flux è annullato dal riscaldamento/raffreddamento adiabatico associato al movimento verticale medio. Quindi, il trasporto eddy netto nel piano meridiano è ignorato. (Andrews e McIntyre 1978).Pertanto, per tentare di descrivere in modo più logico il collegamento tra i vortici e il flusso medio, Andrews e McIntyre (1976) hanno introdotto la media euleriana trasformata (TEM), la quale risulta nella circolazione residua

le cui componenti in coordinate sferiche sono:

In base a questa formulazione, l’equazione del momento zonale può essere espressa nel modo seguente:

dove

rappresenta la forza dovuta ai vortici su piccola scala e F è il vettore di flusso Eliassen-Palm (EP) che rappresenta l’attività dell’onda di flusso (Andrews et al. 1987). La divergenza del flusso EP,

è spesso usato come elemento diagnostico in merito all’interazione onda-flusso medio. Così, quando

è negativo, c’è convergenza dell’onda che può essere interpretata come regioni in cui si ha il wave breaking e di conseguenza l assorbimento dell onda dal flusso medio
Le componenti meridionali e verticali del flusso EP sono definite come segue:

In base all’equazione 1.6, per un flusso zonale-medio costante, una circolazione residua guidata dalle onde

è determinata quando c’è dissipazione delle onde

Il controllo verso il basso introdotto da Haynes et al. (1991) afferma che la componente verticale della circolazione residua ad una certa altitudine, z, può essere stimata tra le latitudini

e

attraverso il trascinamento dell’onda dall’alto, come segue:

dove

è il momento angolare
Così, il forcing delle onde produce una risposta che è prevalentemente verso il basso, e quindi, la circolazione ad una data altitudine può essere influenzata dal forcing proveniente dall’alto (Thompson et al. 2006).Questo criterio fornisce uno strumento pratico per stimare il contributo derivante delle diverse onde alla circolazione residua definita nelle Eq. precedentemente esposte .
Figura 9:
Rappresentazione schematica della BDC nell’atmosfera. L’ellisse denota la circolazione Hadley guidata termicamente nella troposfera. Le regioni ombreggiate (etichettate “S”, “P”, e “G”) denotano le regioni in cui le onde si infrangono (sinottiche, PWs e GWs, rispettivamente), responsabili della guida dei rami della circolazione stratosferica e mesosferica. Da Plumb (2002).

Secondo la rappresentazione schematica della figura 9, la BDC consiste in diverse celle di upwelling e downwelling (Plumb 2002).Nella stratosfera, si possono distinguere due rami distinti della circolazione , che operano su scale temporali diverse (Birner e Béonisch 2011). Uno è indicato come il ramo superficiale, con massimo upwelling nella bassa stratosfera tropicale e downwelling in quella subtropicale, ed è principalmente guidato da onde su scala sinottica.Il ramo superiore, chiamato ramo profondo, è principalmente guidato dalle Planetary waves (PWs) ed è caratterizzato da upwelling nella stratosfera tropicale superiore e downwelling nella stratosfera polare dell’emisfero invernale.Questa stagionalità è associata alle limitazioni del flusso di fondo sulla propagazione delle onde nella stratosfera come descritto sopra. Nella mesosfera, c’è una circolazione globale da polo a polo dall emisfero estivo, all’emisfero invernale, ed è principalmente guidata dalle gravity waves (GWs) (Plumb 2002).Di conseguenza, queste variazioni riguardanti la resistenza delle onde osservate prima e dopo uno Stratospheric sudden warmings (SSWs) dovrebbero avere un’impronta sulla forza della BDC (Matsuno 1971).In questo senso, Gerber (2012) ha sostenuto che l’aumento della resistenza delle planetary waves (PWs) deve portare ad un approfondimento della BDC e GomezEscolar et al. (2014) hanno riportato un aumento dell’upwelling tropicale nella stratosfera media prima di un Stratospheric sudden warmings (SSWs) McLandress e Shepherd (2009a) hanno mostrato un ∼10% aumento della forza della BDC a causa di un Stratospheric sudden warmings (SSWs). Abalos et al. (2015) hanno identificato picchi di forte upwelling tropicale a 70 hPa durante gli inverni caratterizzati da Stratospheric sudden warmings (SSWs) in diverse rianalisi (Figura 10).
Figura 10: Serie temporale dell’updraft tropicale destagionalizzato vicino a 70 hPa dopo la rimozione della variabilità associata a QBO e ENSO. Alla serie temporale mensile è stata assegnata una media mobile di cinque punti. I triangoli neri mostrano SSW (in verde, l’evento SH di settembre 2002), e i triangoli rossi in basso corrispondono all’evento di El nino (circa aprile 1982) e le eruzioni del Pinatubo (giugno 1991). Da Abalos et al. (2015)
