Osservazioni e simulazioni dei precursori delle anomalie del vortice polare stratosferico nell’emisfero settentrionale
Erik W. Kolstad • Andrew J. Charlton-Perez
Abstract
Il vortice polare stratosferico dell’emisfero settentrionale è collegato al tempo atmosferico in superficie. In seguito a Stratospheric Sudden Warmings (SSWs) durante l’inverno, la circolazione troposferica tende spesso verso la fase negativa della Northern Annular Mode (NAM) e della North Atlantic Oscillation (NAO). Al contrario, un vortice stratosferico forte è frequentemente associato a condizioni positive del NAM/NAO. Affinché le associazioni tra stratosfera e troposfera siano utili per scopi di previsione, è cruciale comprendere e prevedere i cambiamenti del vortice stratosferico. Studi recenti hanno suggerito che esistono precursori troposferici agli eventi anomali del vortice stratosferico e che questi precursori possono essere compresi considerando la relazione tra i modelli di onde stazionarie e la variabilità regionale. Un altro fattore importante è il grado in cui la variabilità intrinseca della stratosfera in un modello atmosferico influenza la capacità di simulare i legami stratosfera-troposfera.
In questo studio esaminiamo la variabilità della bassa stratosfera utilizzando integrazioni di controllo pre-industriali di 300 anni da 13 modelli climatici accoppiati. Mostriamo che i precursori robusti delle anomalie del vortice polare stratosferico sono evidenti nell’ensemble multi-modello. La componente troposferica più significativa di questi precursori consiste in un dipolo di anomalie di altezza sopra l’Eurasia settentrionale e in grandi anomalie dei flussi di onde stazionarie ascendenti nella bassa stratosfera sopra il continente. La forza della variabilità stratosferica nei modelli è risultata dipendere dalla variabilità dei flussi di onde stazionarie ascendenti e dall’ampiezza delle onde stazionarie.
Parole chiave
Interazioni stratosfera-troposfera, variabilità stratosferica, onde stazionarie, riscaldamenti stratosferici improvvisi, modalità anulare settentrionale, modelli climatici.
1 Introduzione
La forza e la posizione del vortice polare stratosferico dell’emisfero settentrionale (NH) sono collegate alle anomalie di circolazione nella troposfera (Thompson et al. 2002; Scaife et al. 2005). Baldwin e Dunkerton (1999, 2001) hanno dimostrato che nei primi 60 giorni successivi all’inizio dei regimi del vortice stratosferico debolmente anomalo, o ai riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSWs) in inverno, la grande circolazione troposferica è orientata verso la fase negativa della Northern Annular Mode (NAM) e della North Atlantic Oscillation (NAO). La NAM/NAO è il modello meteorologico dominante nella regione dell’Atlantico settentrionale e le anomalie negative durante l’inverno scatenano anomalie di freddo vicino alla superficie in ampie regioni del NH (Thompson et al. 2002; Kolstad et al. 2010), come durante l’inverno del 2009-2010. Gli eventi di vortice stratosferico più forti del normale sono associati a condizioni NAM/NAO successive positive (Ambaum e Hoskins 2002; Wittman et al. 2004; Scaife et al. 2005). Alla luce di queste associazioni stratosfera-troposfera, il potenziale per la previsione troposferica basata sullo stato del vortice stratosferico è stato ampiamente studiato negli ultimi anni (Baldwin et al. 2003; Charlton et al. 2003, 2004; Douville 2009; Stan e Straus 2009). Se queste associazioni stratosfera-troposfera possano essere sfruttate a fini predittivi dipende da quanto bene i cambiamenti del vortice stratosferico possano essere compresi e previsti in anticipo (Limpasuvan et al. 2004; Polvani e Waugh 2004; Orsolini et al. 2010). È noto che le anomalie del vortice stratosferico sono precedute da positive poleward anomalies nei flussi di calore zonali medi nella bassa stratosfera (Polvani e Waugh 2004) e da un aumento dell’energia delle onde barocliniche associate a onde planetarie (Liberato et al. 2007; Castanheira et al. 2009). Tuttavia, la relazione tra le ampiezze delle onde planetarie troposferiche anomale e la successiva variabilità stratosferica è complessa e dipendente dallo stato del sistema stratosfera-troposfera al momento della generazione delle anomalie delle onde planetarie (Reichler et al. 2005). Una serie di studi ha collegato flussi anomali elevati di energia delle onde verso la stratosfera a variazioni nella copertura nevosa eurasiatica durante la transizione dall’autunno all’inverno. Una serie di articoli dalla fine degli anni ’90 (Cohen e Entekhabi 1999; Cohen et al. 2001; Saito et al. 2001) hanno introdotto l’idea che le variazioni annuali nella copertura nevosa di ottobre in Eurasia portino a variazioni nella struttura e nella forza dell’Alto Siberiano, che queste variazioni conducano a cambiamenti nel flusso di attività delle onde che entra nella stratosfera durante la stagione invernale, e che questi flussi siano responsabili di significative variazioni nella forza del vortice polare stratosferico (vedi discussione in Cohen et al. 2007). È stata sollevata una certa discussione nella letteratura sull’importanza di questi precursori (vedi Limpasuvan et al. 2004; Cohen et al. 2005; Limpasuvan et al. 2005b). Tuttavia, diversi studi recenti hanno mostrato sia che le perturbazioni della copertura nevosa eurasiatica possono essere utilizzate per fare previsioni riuscite delle temperature invernali (Cohen e Fletcher 2007) sia che le anomalie imposte della copertura nevosa siano capaci di generare significativa variabilità stratosferica, sebbene modulate dallo stato precedente della stratosfera (Fletcher et al. 2007, 2009). Recentemente, Garfinkel et al. (2010) e Smith et al. (2010) hanno proposto un nuovo quadro per comprendere i precursori troposferici della variabilità stratosferica. Entrambi gli studi suggeriscono che i precursori troposferici alla variabilità stratosferica potrebbero essere compresi considerando l’interferenza lineare tra il modello di onda stazionaria di fondo e la variabilità regionale anomala nell’NH. Oltre a comprendere i legami tra la copertura nevosa eurasiatica e la variabilità stratosferica attraverso l’interferenza lineare, queste idee potrebbero anche rivelarsi utili per comprendere i legami recentemente studiati tra la variabilità nel Pacifico tropicale e le condizioni invernali europee tramite un percorso stratosferico (Bell et al. 2009; Cagnazzo e Manzini 2009; Ineson e Scaife 2009).
Un altro fattore importante per comprendere i collegamenti stratosfera-troposfera è la misura in cui la variabilità intrinseca della stratosfera in un modello atmosferico influenza la sua capacità di simulare questi collegamenti (Gerber e Polvani 2009). I modelli differiscono notevolmente nella loro capacità di riprodurre la variabilità stratosferica osservata (Charlton et al. 2007; Maycock et al. 2010). Questa capacità non sembra dipendere semplicemente dall’altezza del limite superiore dei modelli o dalla risoluzione stratosferica.
Un modo per fare progressi su entrambe queste questioni è esaminare la relazione tra la variabilità stratosferica e i suoi precursori troposferici in un ampio insieme di modelli diversi. In questo studio, adottiamo un tale approccio esaminando la variabilità della bassa stratosfera in integrazioni di controllo pre-industriali di un sottoinsieme di modelli del progetto di interconfronto dei modelli accoppiati fase 3 (CMIP3) del programma di ricerca sul clima mondiale (WCRP) (Meehl et al. 2007). Il vantaggio dell’utilizzo di tali integrazioni è che l’influenza della variabilità climatica esternamente forzata (da vulcani, aerosol o tendenze nella forzatura dei gas serra) su stratosfera e troposfera viene eliminata. Il grande insieme disponibile per noi (abbiamo usato 300 anni per ciascuno dei 13 modelli) significa anche che la rilevazione dei collegamenti stratosfera-troposfera significativi è più facile. È comunque importante dichiarare all’inizio del nostro studio, tuttavia, che come in altri studi, la diagnosi di relazioni fisicamente significative dipende dal livello di realismo dei modelli interessati.
Hardiman et al. (2008) hanno utilizzato i modelli CMIP3 per esaminare i collegamenti tra la copertura nevosa eurasiatica e la variabilità stratosferica. Un punto importante da notare da Hardiman et al. (2008) è che i modelli CMIP3 sembrano mostrare un collegamento limitato tra la copertura nevosa eurasiatica e la temperatura invernale nell’NH. Hardiman et al. (2008) collegano questa debole connessione principalmente alla scarsa variabilità della copertura nevosa nei modelli. Qui desideriamo ampliare quello studio cercando di caratterizzare ampiamente i precursori troposferici degli eventi del vortice stratosferico forti e deboli. Come negli altri studi di interconfronto dei modelli, il processo fisico di interesse (qui i precursori troposferici agli eventi anomali del vortice stratosferico) varierà notevolmente tra i diversi modelli.
I due scopi principali di questo documento sono: (1) identificare precursori robusti degli eventi di variabilità stratosferica attraverso l’insieme multi-modello per migliorare la nostra comprensione dei collegamenti stratosfera-troposfera, e (2) confrontare la variabilità stratosferica attraverso l’insieme multi-modello per sviluppare ipotesi preliminari sul ruolo della troposfera nel determinare la variabilità del vortice stratosferico.
2 Dati e metodi
I dati medi mensili derivanti dalla rianalisi NCEP/NCAR (d’ora in poi NNR) (Kalnay et al. 1996) per il periodo dal inverno del 1958-1959 all’inverno del 2009-2010 sono stati utilizzati. La nostra analisi è stata ripetuta integralmente con il set di dati ERA-40 (Uppala et al. 2005), ma poiché le differenze rispetto al NNR sono state considerate trascurabili nel contesto del nostro studio, abbiamo deciso di presentare solo i risultati ottenuti con il NNR. I modelli CMIP3 utilizzati sono elencati nella Tabella 1, insieme a una selezione di parametri che si riferiscono al vortice polare stratosferico. Abbiamo utilizzato risultati da una versione più recente di BCM rispetto a quella usata in CMIP3, come descritto da Ottera˚ et al. (2009). Un’indagine approfondita sulla variabilità stratosferica di questi modelli e altri si trova in Cordero e Forster (2006). Tutti i modelli che hanno fornito 300 anni o più di simulazioni di controllo pre-industriale sono stati utilizzati, e abbiamo usato fette temporali di 300 anni ciascuna.
Molti indici sono stati utilizzati per caratterizzare la forza del vortice. L’indice più diretto è la velocità del vento zonale a 60N, ma Baldwin e Thompson (2009) hanno mostrato che gli indici NAM medi zonali o le anomalie geopotenziali medie dell’area del cappuccio polare sono più efficaci quando si studiano le connessioni stratosfera-troposfera. Qui calcoliamo le anomalie dell’altezza geopotenziale del cappuccio polare a 50-hPa medie mensili, area-medie, come l’altezza geopotenziale media di tutte le punti della griglia a nord di 65N rispetto alla sua media climatologica. Il livello 50-hPa è stato scelto perché era il livello più alto al di sotto dei 10 hPa disponibile per tutte le fonti di dati. Su scala temporale giornaliera, questo indice corrisponde strettamente all’indice NAM medio zonale (Baldwin e Thompson 2009).
Per esaminare la struttura della variabilità stratosferica nelle rianalisi e nei modelli CMIP3, i mesi con vortice debole (WVMs) e i mesi con vortice forte (SVMs) sono definiti come i mesi in cui l’indice è maggiore del 90° percentile invernale (dicembre-marzo: DJFM) o inferiore al 10° percentile invernale, rispettivamente. Quando due o più mesi consecutivi soddisfano questo criterio, viene incluso solo il primo di questi mesi.
Come indice dell’attività delle onde stazionarie, abbiamo usato una versione leggermente riscritta del componente verticale del vettore di flusso di Plumb, definito in una formula da Plumb (1985). In questa formula, sono stati utilizzati i venti geostrofici, come raccomandato da Karoly et al. (1989). Gli asterischi indicano anomalie rispetto alle medie zonali, a è il raggio della Terra, X è la sua velocità angolare di rotazione, φ è la latitudine, k è la longitudine e S è una misura della stabilità statica dell’NH. Nota che abbiamo calcolato questo indice per ogni mese, e non per i campi medi a lungo termine, come era stato fatto da Plumb (1985).

La Tabella 1 presenta le statistiche campionarie relative a diversi modelli climatici e rianalisi utilizzati per studiare la variabilità del vortice polare stratosferico.
- Model id (abbreviation): Elenco dei modelli e delle rianalisi con le rispettive abbreviazioni.
- Model Standard top (Low/High): Classifica i modelli con un “top” standard al di sotto o al di sopra dei 45 km.
- Standard deviation of Zpc anomalies (m): Deviazione standard delle anomalie di altezza geopotenziale al livello di 50 hPa.
- Skewness of Zpc anomalies (m): Skewness delle anomalie di altezza geopotenziale, che mostra la distribuzione delle anomalie rispetto alla media.
- Mean [U] at 50 hPa, 60°N (m s^-1): Velocità media del vento zonale a 50 hPa e 60°N.
- Standard deviation of [U] at 50 hPa, 60°N (m s^-1): Deviazione standard della velocità del vento zonale a 50 hPa e 60°N.
- [U] at 50 hPa, 60°N during WVMs (m s^-1): Velocità media del vento zonale durante i mesi con vortice debole (Weak Vortex Months, WVMs).
- [U] at 50 hPa, 60°N during SVMs (m s^-1): Velocità media del vento zonale durante i mesi con vortice forte (Strong Vortex Months, SVMs).
Queste statistiche aiutano a valutare la capacità di ciascun modello di simulare le variazioni nella circolazione stratosferica e le loro potenziali implicazioni nei fenomeni meteorologici collegati al vortice polare stratosferico.
3 Variabilità del vortice stratosferico
Prima di esaminare i modelli precursori delle anomalie del vortice stratosferico, è necessario valutare la variabilità nei diversi modelli. Le serie temporali delle medie stagionali (DJFM) e delle medie mobili su 15 anni dell’indice di forza del vortice ZPC per il NNR e i 13 modelli sono mostrate nella Figura 1. Gli anni del modello sugli assi x sono arbitrari poiché la forzatura esterna è costante nelle simulazioni di controllo pre-industriale. Questi dati non possono essere confrontati anno per anno con i dati NNR, che sono mostrati per il periodo 1959-2010.
Tra l’insieme dei modelli, ci sono notevoli differenze in diversi aspetti di ZPC. Le deviazioni standard di ZPC su scala mensile e il vento zonale geostrofico medio a lungo termine per ciascuna fonte di dati sono elencati nella Tabella 1. Diversi modelli mostrano una variabilità mensile molto inferiore rispetto al NNR. È importante verificare se queste discrepanze potrebbero essere dovute alle differenze nella lunghezza delle serie temporali, dato che abbiamo calcolato le deviazioni standard per tutti i periodi di 52 anni possibili nei dati del modello.
Non c’è una corrispondenza ovvia tra il top del modello e la quantità di variabilità interannuale nella stratosfera. È evidente che una notevole quantità di variabilità interdecadale è presente in alcuni dei modelli. Studi di attribuzione hanno dimostrato che le recenti tendenze stratosferiche possono essere ricondotte a un’influenza combinata dei gas serra e dei cambiamenti dell’ozono stratosferico. Tuttavia, la Figura 1 mostra che anche in simulazioni climatiche non perturbate, tendenze secolari in ZPC simili a quelle osservate nelle rianalisi si verificano in diversi punti dell’integrazione di alcuni dei modelli.
La skewness di ZPC per ciascuna fonte di dati è elencata nella quarta colonna della Tabella 1. Le distribuzioni con skewness positiva generalmente hanno una lunga coda a destra e il loro valore medio si posiziona a destra della mediana. Questo suggerisce che i mesi con vortice debole (WVMs) sono meno comuni ma più estremi rispetto ai mesi con vortice forte (SVMs). La skewness di ZPC nel NNR è 0.24. I modelli mostrano un’ampia gamma di valori di skewness, che varia da -0.42 nel modello UKMO, indicando una predominanza degli SVMs, fino a 1.00 nel modello IPSL.
Le capacità dei modelli di simulare grandi deviazioni nella forza del vortice possono essere valutate anche dalle due colonne più a destra della Tabella 1, dove sono riportati i venti occidentali geostrofici zonali a 50 hPa e 60N, mediati durante i WVMs e gli SVMs. Questi valori dovrebbero essere confrontati con la forza media del getto nella quinta colonna della Tabella 1. Solo alcuni modelli sono in grado di produrre venti deboli durante i WVMs come il NNR, ma per questi modelli, sia i venti medi che i venti durante gli SVMs sono più deboli rispetto al NNR.
Nella Figura 2, sono mostrate con sfumature colorate le anomalie medie dell’altezza geopotenziale a 50 hPa durante i WVMs per ciascuno dei modelli. Si osservano grandi anomalie positive sopra il cappuccio polare, con una struttura simile e una scala spaziale nei modelli e nel NNR. I modelli durante gli SVMs presentano una struttura spaziale simile, ma con anomalie di segno opposto rispetto ai pattern dei WVMs. Le medie climatologiche ponderate dell’altezza geopotenziale, con la media zonale rimossa, sono mostrate con contorni neri per indicare le posizioni e le ampiezze delle grandi onde stazionarie. I modelli concordano bene nel determinare la struttura delle onde stazionarie spaziali nella stratosfera, con un forte focus su un modello di cresta e fosso attraverso la regione dello stretto di Bering, anche se con ampiezze diverse. Si nota che i modelli con bassa variabilità del vortice stratosferico tendono ad avere un’ampiezza d’onda stazionaria debole, una relazione che verrà esplorata ulteriormente in una sezione successiva dove si esaminano le differenze tra i modelli.

La Figura 1 illustra le anomalie dell’altezza geopotenziale del cappuccio polare (ZPC) per vari modelli climatici e per la rianalisi NNR. Ogni pannello rappresenta un diverso modello o la rianalisi e mostra:
- Anomalie medie stagionali (DJFM) dell’altezza geopotenziale a 50 hPa a nord del 65°N, rappresentate in grigio.
- Medie mobili su 15 anni delle anomalie, mostrate in nero, escludendo i primi e gli ultimi 7 anni per evitare distorsioni.
Gli anni per i modelli climatici sono arbitrari a causa della natura costante delle simulazioni di controllo pre-industriale, mentre i dati del NNR coprono il periodo 1959–2010.
Questa visualizzazione permette di confrontare la variabilità delle altezze geopotenziali attraverso il tempo per ogni modello e per il NNR, evidenziando le frequenze e intensità delle anomalie positive e negative e mostrando le tendenze a lungo termine e la variabilità decennale tramite la linea nera.

La Figura 2 illustra le anomalie medie dell’altezza geopotenziale a 50 hPa durante i mesi con vortice debole (WVMs) per vari modelli climatici e la rianalisi NNR. Le anomalie sono rappresentate attraverso:
- Contorni colorati che indicano le variazioni dell’altezza geopotenziale, con i colori che spaziano dal blu (anomalie negative) al rosso (anomalie positive), evidenziando la portata delle anomalie da -300 a +300 metri.
- Linee bianche che tracciano contorni aggiuntivi a intervalli di 120 metri, iniziando da ±180 metri, per dettagliare ulteriormente le variazioni delle anomalie.
- Contorni neri che rappresentano le anomalie medie climatologiche (ponderate secondo il ciclo stagionale) rispetto alla media zonale, con contorni positivi in grassetto e negativi in tratto sottile. Il contorno zero è omesso e i contorni hanno un intervallo di 100 metri.
Questa visualizzazione offre un confronto tra i diversi modelli e la rianalisi NNR su come vengono simulate le variazioni dell’altezza geopotenziale al Polo Nord durante periodi di vortice debole, mettendo in luce differenze e somiglianze nella struttura delle onde stazionarie e nelle anomalie di pressione sopra la regione polare.
4 Precursori delle anomalie dei vortici
In questa sezione sono analizzate le anomalie standardizzate osservate e simulate nei mesi precedenti sia i mesi di vortice debole (WVMs) che i mesi di vortice forte (SVMs). Con “standardizzate” intendiamo che le anomalie sono state divise per la deviazione standard a lungo termine mensile. Questo è stato fatto per assegnare pesi uguali a tutti i modelli, poiché la varianza del vortice polare stratosferico differisce sostanzialmente tra di loro (cfr. Figura 1; Tabella 1).
4.1 Mesi di vortice debole
Nella Figura 3 sono mostrate le anomalie medie standardizzate dell’altezza geopotenziale a 700 e 100 hPa un mese prima dei WVMs per il NNR (Figura 3a, c, rispettivamente) e per l’insieme dei modelli (Figura 3b, d, rispettivamente). Si noti che alcuni dei modelli non sono definiti a 700 hPa sopra caratteristiche topografiche come la Groenlandia e l’Himalaya. Le sezioni trasversali di longitudine-altezza, mediate sull’area da 50N a 80N, sono mostrate anche per il NNR (Figura 3e) e per i modelli (Figura 3f).
A 700 hPa due anomalie significative appaiono sia nei modelli che nel NNR: una cresta sulla parte occidentale dell’Eurasia settentrionale e un avvallamento sulla regione del Nord-est asiatico/Stretto di Bering (Figura 3a, b). Questo dipolo di anomalie, e in particolare l’alta anomalia sull’Eurasia nord-occidentale, è stato dimostrato essere un precursore dei regimi di vortice stratosferico debole (Limpasuvan et al. 2004; Martius et al. 2009; Garfinkel et al. 2010; Orsolini et al. 2010). Come si può vedere forse più chiaramente nella Figura 3b, queste anomalie aumentano l’ampiezza del campo delle onde stazionarie attraverso il continente eurasiatico. Dalla Figura 3f, è evidente che il modello del dipolo di anomalie esiste in tutta la troposfera nei modelli. Nel NNR (Figura 3e), lo stesso modello è visibile, anche se è statisticamente significativo solo nella troposfera inferiore. Le anomalie negative sull’Europa meridionale e il Sud-est asiatico sono troppo a sud per essere incluse nella Figura 3e. A 100 hPa (Figura 3c, d) sono presenti alte anomalie tra le due creste stazionarie sull’Alaska e il Nord-est atlantico. La nostra interpretazione è che queste anomalie, insieme all’anomalia bassa nella regione vicino all’avvallamento stazionario sull’Asia, agiscano per spingere il campo dell’altezza geopotenziale polare nella stratosfera inferiore verso un modello di onda numero uno.
È chiaro, sia dai grafici orizzontali che verticali nella Figura 3, che esiste una inclinazione baroclinica verso ovest con l’altezza nel campo geopotenziale. Questo suggerisce che l’avvezione delle masse d’aria è un fattore chiave nello sviluppo atmosferico tridimensionale nei mesi precedenti i WVMs.
Nella troposfera, le modifiche al campo dell’altezza geopotenziale prima dei WVMs, sia nel NNR che nel vasto insieme di modelli multi-modello, agiscono per potenziare il campo delle onde stazionarie preesistente, come suggerito da Garfinkel et al. (2010). La somiglianza dei modelli sia per il NNR che per l’insieme di modelli suggerisce che, in larga misura, il comportamento del modello è simile a quello nell’analisi di re-analisi e conferma che tale potenziamento del campo delle onde stazionarie di fondo è un importante precursore dei WVMs stratosferici. Una domanda supplementare ovvia da considerare è se l’origine troposferica delle anomalie dell’altezza geopotenziale sia la stessa nei modelli come nei dati di re-analisi. Un diagnostico utile per rispondere a questa domanda è la componente verticale del flusso di Plumb.Le anomalie nella componente verticale del flusso di Plumb a 100 hPa prima dei mesi di vortice debole (WVMs) sono mostrate per il NNR nella Figura 4a e per l’insieme di modelli multi-modello nella Figura 4b. Sono mostrati anche i campi medi climatologici ponderati. Per l’insieme di modelli multi-modello, è evidente che le anomalie dell’altezza geopotenziale stazionaria a 100 hPa nella Figura 3d sono associate a un’attività ondulatoria in aumento migliorata sopra l’Asia Orientale da circa 50N a 80N (Figura 4b). I valori climatologici indicano che questa è la regione principale per l’attività ondulatoria stazionaria ascendente, quindi un potenziamento della componente verticale del flusso di Plumb in questa regione sarebbe coerente con il potenziamento del modello delle onde stazionarie nella troposfera sopra l’Eurasia, come visto nella Figura 3. Per il NNR, emerge un modello più complesso (Figura 4a). Come nell’insieme di modelli multi-modello, si osserva un potenziamento generale della componente ascendente del flusso di Plumb, ma la sua distribuzione orizzontale è piuttosto diversa da quella osservata nell’insieme di modelli multi-modello, con un significativo potenziamento del flusso sulla costa occidentale del Nord America.
Le Figure 4c e 4d, dove sono mostrati tagli verticali del flusso di Plumb, mediati per area da 50N a 80N, rivelano che questa differenza tra il NNR e l’insieme di modelli multi-modello non è limitata al livello di 100 hPa. Nei modelli (Figura 4d), le maggiori anomalie anomale del flusso di Plumb nella stratosfera sono confinate al continente eurasiatico (a ovest di 180E). La posizione dei flussi potenziati a 100 hPa supporta l’idea che la copertura nevosa eurasiatica sia un fattore importante nel determinare la forza del vortice stratosferico (Cohen et al. 2007), sebbene la magnitudine della forzatura delle onde sia inferiore e meno significativa nella troposfera rispetto alla stratosfera. La questione della copertura nevosa è discussa più dettagliatamente nella Sezione 6 in seguito. Nel NNR (Figura 4c), anche la regione sopra il Nord America è interessata da un eccesso di flussi di onde stazionarie. È interessante notare che la regione dello Stretto di Bering sembra essere la fonte troposferica più importante di eccesso di flussi di onde stazionarie nel NNR, mentre si trovano anomalie di flusso negative a ovest della Groenlandia (Figura 4c).

La Figura 3 illustra le anomalie dell’altezza geopotenziale standardizzata come precursori dei mesi di vortice debole (WVMs). Le anomalie sono presentate in unità di deviazione standard:
- (a) e (c) Dati NNR: Anomalie a 700 hPa (a) e 100 hPa (c), con contorni bianchi ogni 0,2 deviazioni standard da ±0,3 e contorni neri che rappresentano il campo delle onde stazionarie con intervalli di 50 m e 70 m.
- (b) e (d) Ensemble di 13 modelli: Simili ai pannelli NNR, mostrano le anomalie a 700 hPa e 100 hPa, interpolate sulla griglia NNR.
- (e) e (f) Sezioni trasversali di longitudine-altezza: Anomalie mediate da 50N a 80N, visualizzate in unità di deviazione standard su una griglia longitudinale di 10°. I punti indicano dove le anomalie sono significative al 5% secondo un test Monte Carlo di 1.000 membri.
Questa visualizzazione dettaglia come le anomalie dell’altezza geopotenziale influenzino i regimi di vortice debole nella stratosfera, essenziali per la comprensione dei loro impatti sul clima e sulle condizioni meteorologiche globali.
4.2 Mesi di vortice forte
Studi precedenti che hanno confrontato la struttura dei regimi di vortice forte e debole nella stratosfera nei dataset di ri-analisi (ad es. Limpasuvan et al. 2004, 2005a) hanno notato una forte asimmetria tra di loro. Per confrontare i precursori dei WVMs e SVMs nel NNR e nei modelli CMIP3, ripetiamo l’analisi della Sez. 4.1 per gli SVMs. La Figura 5 mostra le anomalie medie dell’altezza geopotenziale un mese prima degli SVMs.
Nelle Fig. 5a–d, la struttura delle anomalie è, in una certa misura, l’inverso della struttura nelle Fig. 3a–d. A 700 hPa, il modello delle onde stazionarie climatologiche attraverso l’Eurasia è ridotto (Fig. 5a, b), sebbene le magnitudini delle anomalie dei modelli siano piccole. A 100 hPa, il solco tra le due creste stazionarie sopra l’Alaska e il Nord-est Atlantico si approfondisce, mentre la cresta stazionaria sopra l’Asia Orientale è soppressa (Fig. 5c, d). In entrambi i set di dati, dominano le anomalie negative. Considerate insieme, le Fig. 5a–d suggeriscono che l’ampiezza della struttura delle onde stazionarie su larga scala è ridotta. Le anomalie nei grafici verticali, mediati da 50N a 80N (Fig. 5e, f) hanno segni opposti rispetto alle anomalie nelle Fig. 3e e f, ma notiamo che le uniche anomalie significative nei modelli sono associate all’anomalia bassa di livello superiore tra 180 e 60W (dallo Stretto di Bering alla Groenlandia).
La Figura 6 mostra le anomalie nella componente verticale del flusso di Plumb prima degli SVMs. Ci sono grandi differenze tra l’insieme di modelli multi-modello e il NNR. Nei mesi prima degli SVMs, c’è una forte riduzione del flusso di Plumb verticale sopra l’Eurasia nel gruppo di modelli a 100 hPa (Fig. 6b), in linea con la riduzione generale delle ampiezze delle onde stazionarie (Fig. 5b, d). Questo si allinea bene con i risultati di Orsolini et al. (2009; loro Fig. 5), che hanno trovato grandi anomalie negative del flusso di Plumb sopra l’Eurasia prima degli eventi di vortice freddo. Le anomalie del flusso di Plumb per il NNR non sono confinate all’Eurasia orientale e non hanno una struttura consistente e significativa a 100 hPa (Fig. 6a). Il grafico verticale per i modelli (Fig. 6d) è essenzialmente l’immagine speculare della Fig. 4d, suggerendo che i modelli mostrano una forte e significativa riduzione del flusso di onde stazionarie verticali sopra l’Eurasia sopra i 250 hPa un mese prima degli SVMs. Nel NNR, le maggiori anomalie negative del flusso di Plumb si trovano a est dello Stretto di Bering nella stratosfera inferiore, ma le anomalie non sono statisticamente significative in nessuna parte della Fig. 6c.

La Figura 4 mostra le anomalie del flusso di Plumb verticale come precursori dei mesi di vortice debole (WVMs) a 100 hPa:
- (a) e (b) – Anomalie medie standardizzate del flusso:
- (a) Visualizza i dati del NNR (Reanalisi Nazionale Oceano Atmosfera) con anomalie del flusso di Plumb verticali. I contorni bianchi rappresentano le deviazioni standard, iniziando da ±0.3.
- (b) Presenta i dati di un ensemble di 13 modelli climatici, anch’essi in unità di deviazione standard.
- (c) e (d) – Sezioni trasversali di longitudine-altezza delle anomalie medie standardizzate del flusso, mediate da 50N a 80N:
- (c) Mostra i dati del NNR su una griglia di longitudine con spaziatura di 10 gradi.
- (d) Mostra i dati dell’ensemble di modelli sulla stessa griglia di longitudine.
Questi grafici forniscono una visione dettagliata delle variazioni nel flusso di Plumb verticale nella stratosfera bassa prima dei mesi di vortice debole, evidenziando come le modifiche nella propagazione verticale delle onde atmosferiche possano influenzare la dinamica del vortice polare stratosferico.

La Figura 5 rappresenta le anomalie dell’altezza geopotenziale per i mesi di vortice forte (SVMs), simile alla Figura 3 ma focalizzata su un contesto atmosferico differente. La figura è articolata nei seguenti pannelli:
- (a) e (b) – Anomalie a 700 hPa:
- (a) Illustra le anomalie nel NNR (Reanalysis data), mostrando una riduzione del modello delle onde stazionarie climatologiche attraverso l’Eurasia.
- (b) Visualizza le anomalie per un ensemble di 13 modelli, evidenziando che, sebbene ridotte, seguono una tendenza simile a quella del NNR.
- (c) e (d) – Anomalie a 100 hPa:
- Le anomalie a questo livello di pressione sono rappresentate nel NNR (c) e nell’ensemble di modelli (d). Qui, il solco tra le due creste stazionarie sopra l’Alaska e il Nord-est Atlantico si approfondisce, mentre la cresta stazionaria sopra l’Asia Orientale è attenuata, indicando un chiaro contrasto rispetto ai mesi di vortice debole.
- (e) e (f) – Sezioni trasversali di longitudine-altezza delle anomalie medie standardizzate:
- Questi pannelli mostrano le sezioni trasversali da 50N a 80N, con le anomalie visualizzate in unità di deviazione standard per il NNR (e) e per l’ensemble di modelli (f). Le anomalie qui presentano segni opposti rispetto a quelle osservate per i mesi di vortice debole, con le anomalie significative prevalentemente associate agli strati superiori tra lo Stretto di Bering e la Groenlandia.
In ogni pannello, le anomalie sono indicate con una scala di colori che va dal blu (valori negativi) al rosso (valori positivi), con contorni bianchi che delineano specifici intervalli di deviazione standard. Queste visualizzazioni facilitano la comprensione di come le anomalie di geopotenziale si distribuiscano spazialmente e verticalmente nei mesi che precedono gli SVMs, offrendo spunti preziosi sulla dinamica atmosferica correlata a regimi di vortice stratosferico più intensi.

La Figura 6 mostra le anomalie del flusso di Plumb verticale come precursori dei mesi di vortice forte (SVMs), analogamente a quanto rappresentato nella Figura 4, ma specificamente per condizioni associate ai vortici forti. I dettagli sono visualizzati nei seguenti pannelli:
- (a) e (b) – Anomalie medie standardizzate del flusso a 100 hPa:
- (a) Rappresenta le anomalie per il NNR (Reanalysis data), con contorni che delineano le deviazioni standard.
- (b) Mostra le anomalie per un ensemble di 13 modelli climatici, illustrando le differenze significative tra i modelli e i dati di reanalisi.
- (c) e (d) – Sezioni trasversali di longitudine-altezza delle anomalie medie standardizzate del flusso, mediate da 50N a 80N:
- (c) Visualizza le anomalie lungo una griglia di longitudine per il NNR, esaminando la variabilità delle anomalie con la pressione dalla alta alla bassa stratosfera.
- (d) Mostra le anomalie per l’ensemble di modelli, permettendo una comparazione diretta con il pannello (c) per valutare le discrepanze tra i diversi livelli di pressione e interpretazioni dei modelli.
In tutti i pannelli, i punti indicano dove le anomalie sono statisticamente significative. Le mappe e le sezioni trasversali forniscono una comprensione dettagliata delle dinamiche del flusso di Plumb, essenziali per interpretare le interazioni nella stratosfera che influenzano il comportamento dei vortici polari. Questi dati sono fondamentali per comprendere come le modifiche nel flusso di Plumb verticale possano precedere e influenzare i regimi di vortice stratosferico forte, con implicazioni importanti per le condizioni meteorologiche sottostanti.
5 Comprensione delle differenze tra i modelli
Sebbene l’insieme di modelli multi-modello CMIP3 simuli grossolanamente le caratteristiche osservate della variabilità della stratosfera inferiore e i suoi precursori, i modelli e il NNR mostrano differenze significative tra le fonti di attività ondulatoria planetaria anomala che porta a tali anomalie. Questo risultato, unito alla grande variazione nella deviazione standard nella stratosfera inferiore tra i modelli, suggerisce che alcuni progressi nella comprensione delle ampie variazioni tra i modelli potrebbero essere ottenuti confrontando i flussi di Plumb in tutta la troposfera. Un’ipotesi molto semplice per spiegare le differenze tra i modelli è che quelli con basse quantità di variabilità stratosferica manchino di grandi variazioni nell’attività delle onde stazionarie che entrano nella stratosfera dal basso.
Nella Sezione 3 abbiamo scoperto che la varianza del vortice polare a livelli superiori sembrava essere in gran parte proporzionale all’ampiezza del campo delle onde stazionarie allo stesso livello. Ora indaghiamo se la varianza a lungo termine del vortice polare, su scala temporale mensile, sia associata alle onde stazionarie ad altre latitudini e livelli verticali. Per fare ciò, formiamo un vettore con elementi esclusi quelli per il NNR. Questo vettore, che chiamiamo rZ, viene poi correlato con vettori di elementi per una gamma di latitudini e livelli di pressione. I risultati di queste correlazioni mostrano che i modelli con grande variabilità in questo parametro hanno anche grandi valori di rZ nella stratosfera polare e nella regione della tropopausa, come indicato dalle correlazioni positive a nord del 50N e sopra certi livelli di pressione. Questo suggerisce che una grande varianza nel flusso delle onde stazionarie nella stratosfera è un fattore importante nella simulazione di un vortice polare stratosferico fortemente variabile.
Sebbene sia appena significativa, c’è una intrigante correlazione negativa tra la varianza del flusso delle onde stazionarie nella troposfera subtropicale e la varianza del vortice polare. Questo collegamento apparente è particolarmente interessante nel contesto dell’interesse recente nella regione subtropicale come una regione sorgente importante per le onde che possono influenzare il comportamento stratosferico. Studi recenti suggeriscono che i cambiamenti osservati nella circolazione atmosferica nel ventunesimo secolo potrebbero essere correlati ai cambiamenti nella generazione e propagazione delle onde planetarie dalla troposfera subtropicale.
6 Discussione
Abbiamo utilizzato la ri-analisi NCEP/NCAR e le lunghe integrazioni di controllo preindustriale di 13 modelli CMIP3 per esaminare la variabilità del vortice polare nella stratosfera. La ri-analisi copre solo circa 50 anni, mentre abbiamo utilizzato serie temporali di 300 anni da ciascuno dei modelli. Speriamo che la dimensione molto ampia del campione dei dati dei modelli e le grandi differenze inter-modello in termini di risoluzione sia orizzontale che verticale ci abbiano permesso di estrarre i precursori più robusti della variabilità del vortice polare stratosferico.
Producendo composizioni sia di WVMs che di SVMs da ri-analisi e modelli, siamo stati in grado di mostrare che questi eventi seguono cambiamenti al modello preesistente delle onde stazionarie nella troposfera. In linea con i risultati di Garfinkel et al. (2010), troviamo che i pattern precursori nella troposfera per i regimi di vortice debole sono una cresta sopra il Nord-Est Europa e un avvallamento sopra lo Stretto di Bering e il Nord-Est Asia. Queste anomalie fanno parte di una struttura baroclinica più ampia che tende ad intensificare il modello preesistente delle onde stazionarie su larga scala (predominantemente di numero d’onda uno). Confrontando queste strutture nel NNR e nella media dell’ensemble delle simulazioni di controllo dei modelli, siamo stati in grado di dimostrare che queste strutture sono generalmente ben catturate dai modelli.
Ora discutiamo la forzatura delle onde stazionarie trovata a precedere le anomalie della forza del vortice, le discrepanze tra i modelli e la ri-analisi, e le implicazioni del nostro studio per le previsioni.

La Figura 7 presenta le sezioni trasversali latitudine-altezza delle correlazioni inter-modello, mese per mese, riguardanti le deviazioni standard delle anomalie di ZPC (Zero Pressure Coefficient). Questi grafici illustrano due aspetti distinti del modello atmosferico:
- (a) Deviazioni standard del flusso verticale di Plumb medio zonale:
- Questo pannello visualizza la correlazione tra le deviazioni standard delle anomalie di ZPC e le deviazioni standard del flusso verticale di Plumb medio zonale.
- Le colorazioni variano dal blu (correlazioni negative) al rosso (correlazioni positive), evidenziando come la relazione tra le anomalie del flusso di Plumb e quelle del vortice polare varia a diverse altitudini e latitudini.
- I punti neri indicano dove le correlazioni sono statisticamente significative al 5%, segnalando regioni dove i modelli mostrano una relazione consistente e robusta tra queste due variabili.
- (b) Deviazioni standard dell’ampiezza delle onde stazionarie:
- Questo pannello mostra la correlazione tra le deviazioni standard delle anomalie di ZPC e le deviazioni standard dell’ampiezza delle onde stazionarie, calcolate come la differenza tra il valore massimo e minimo lungo ciascuna linea di latitudine.
- Analogamente, il range di colori dal blu al rosso rappresenta il grado di correlazione da negativo a positivo.
- I punti neri segnalano le correlazioni statisticamente significative, indicando aree dove l’ampiezza delle onde stazionarie mostra un legame forte e consistente con le variazioni nel vortice polare.
In conclusione, la Figura 7 è cruciale per capire come le variazioni nel flusso di Plumb e nelle onde stazionarie si correlino con le anomalie nel vortice polare stratosferico a diverse latitudini e pressioni atmosferiche. Questa analisi aiuta a identificare i potenziali driver o meccanismi attraverso cui il clima e i processi atmosferici superiori influenzano il comportamento del vortice polare.
6.1 Forzatura delle onde stazionarie
La nostra analisi della fonte delle perturbazioni delle onde stazionarie, utilizzando la diagnostica del flusso di Plumb verticale, ha mostrato che sia il NNR che i modelli presentano un eccesso di flusso di onde stazionarie verso l’alto prima dei WVMs. Questo è conforme alle aspettative e coerente con studi precedenti, come quello di Liberato et al. (2007), che hanno identificato una forte correlazione ritardata tra l’indice NAM stratosferico e le onde barocline di numero d’onda uno. Abbiamo scoperto che il precursore dell’anomalia dell’altezza geopotenziale dei WVMs nella Figura 3 ha agito per aumentare l’ampiezza del modello delle onde stazionarie. Suggeriamo che ciò conduca a una avvezione meridionale più vigorosa, che a sua volta potrebbe portare a flussi di calore meridionali amplificati, aumentando così il livello di propagazione verso l’alto del flusso di onde stazionarie nella stratosfera.
Al contrario, i precursori degli SVMs potrebbero agire per diminuire i flussi di onde verso l’alto. Un risultato interessante del nostro studio è che le anomalie nella propagazione delle onde verso l’alto erano principalmente confinate nella parte settentrionale dell’Eurasia. Stiamo attualmente indagando le ragioni di ciò e speriamo di presentare i nostri risultati in un futuro articolo. La restrizione eurasiatica del segnale delle onde stazionarie si allinea bene con i risultati di Cohen et al. (2007), che hanno proposto che le variazioni nella copertura nevosa eurasiatica di fine autunno spiegano un certo grado di variabilità del vortice polare invernale. Garfinkel et al. (2010) attribuiscono le loro anomalie precursori sia a monte che a valle dell’Eurasia settentrionale alla copertura nevosa eurasiatica. Tuttavia, l’analisi seguente supporta l’idea di collegamenti tra la copertura nevosa eurasiatica e i regimi di vortice debole nella stratosfera. La Figura 4 ha mostrato una chiara relazione tra le anomalie positive del flusso di Plumb a 100 hPa sopra l’Eurasia un mese prima di un indebolimento del vortice polare stratosferico. Ora definiamo una regione con angoli a 50N, 80N, 60E e 150E e calcoliamo le anomalie del flusso verticale di Plumb a 100 hPa medie dell’area rispetto alla climatologia all’interno di quella regione.
I flussi sono stati calcolati per il periodo da novembre a febbraio. Nella Figura 8 sono mostrati compositi delle anomalie dell’altezza geopotenziale durante i mesi in cui questo indice è maggiore del 90° percentile complessivo, rappresentati come grafici orizzontali a 700 e 100 hPa, e come grafici verticali longitudine-altezza mediati per area da 50N a 80N. A 700 hPa (Fig. 8a, b) si osserva un chiaro modello di treni d’onda dall’Atlantico al Pacifico. Il modello somiglia a quello nella Fig. 3a e b, con una cresta sopra la Russia occidentale e un avvallamento sul nord-est dell’Asia in entrambi i dati NNR e dei modelli. Le posizioni e le magnitudini di queste anomalie sono ben corrispondenti per entrambi i set di dati (Fig. 8a, b). A 100 hPa, si trova un dipolo anomalo costituito da un alto sull’Alaska e un basso sul nord-est dell’Asia (Fig. 8c, d). La posizione di questo dipolo è abbastanza simile al modello di dipolo visto nella Fig. 3c e d. I grafici verticali nella Fig. 8e e f mostrano che il dipolo anomalo eurasiatico troposferico si estende fino alla tropopausa sia nei modelli che nel NNR.
C’è una buona indicazione che i modelli nella Fig. 8 siano coerenti con e simili a quelli associati alla copertura nevosa quando i grafici orizzontali vengono confrontati con la Fig. 7 di Orsolini e Kvamstø (2009), che mostra le anomalie dell’altezza geopotenziale di dicembre dopo una copertura nevosa sopra la norma sull’Eurasia durante il passaggio autunno-inverno (ottobre-dicembre). Lo studio di modellazione di Fletcher et al. (2009) genera anche un treno d’onda Atlantico-Pacifico come risposta alle perturbazioni della copertura nevosa eurasiatica. Tuttavia, uno studio recente (Hardiman et al. 2008) ha indicato che i modelli climatici CMIP3 non sono in grado di riprodurre gli effetti osservati della copertura nevosa eurasiatica sul clima invernale nell’emisfero nordico, non abbiamo cercato di associare i flussi di onde stazionarie eurasiatiche potenziati alla copertura nevosa nei modelli. Questo studio evidenzia l’importanza di questa regione nella generazione di precursori alla variabilità stratosferica.
6.2 Differenze tra modelli e ri-analisi
Nonostante le somiglianze tra i pattern precursori nel NNR e nei modelli, ci sono anche differenze distinte tra le loro forzature delle onde stazionarie. In particolare, i modelli non mostrano i grandi cambiamenti nell’ampiezza delle onde stazionarie sopra l’America del Nord occidentale osservati nel NNR. La distinzione tra i modelli e il NNR è ancora più marcata quando si considera la fonte dei precursori di onde stazionarie anomale per gli SVMs. Nei modelli, le anomalie del flusso di Plumb per i WVMs e gli SVMs sono quasi simmetriche, mentre nel NNR, le anomalie del flusso di Plumb prima degli SVMs sono concentrate sopra l’America del Nord occidentale e l’Artico.
Quando mediati da 50N a 80N, queste strutture non erano significative a nessun livello o latitudine per il NNR. Questo solleva una domanda importante: Perché gli eventi di vortice estremi nei modelli CMIP3 non sono collegati a una fonte di onde stazionarie sopra l’America del Nord occidentale?
Garfinkel et al. (2010) e altri collegano la variabilità delle onde stazionarie nel Pacifico settentrionale e nell’America del Nord occidentale con la variabilità ENSO nel Pacifico settentrionale. Pertanto, la grande discrepanza nella rappresentazione della variabilità ENSO tra i modelli CMIP3 è un candidato ovvio per la fonte mancante di variabilità stratosferica in questa regione. È degno di nota, tuttavia, che la struttura delle onde stazionarie climatologiche nella stessa regione nei modelli CMIP3 è ben correlata con quella trovata nei prodotti di ri-analisi. Inoltre, come notato da Ting et al. (1996), gran parte della variabilità nella struttura e nell’ampiezza delle onde stazionarie è relativa alla struttura del vento zonale medio zonale troposferico, indipendentemente dalla forzatura delle SST tropicali. È anche importante prestare attenzione nel confronto dei WVMs stratosferici e degli SVMs, che è improbabile siano simmetrici. Come notato da Polvani e Waugh (2004): “In un certo senso solo gli eventi di vortice debole ESE [eventi stratosferici estremi] sono veri ‘eventi’, nella misura in cui effettivamente qualcosa è accaduta (notabilmente, una propagazione di onde molto più grande della media seguita dalla rottura dell’onda, tipica di un riscaldamento improvviso).”Oltre a considerare la performance dell’insieme multimodello, abbiamo anche confrontato la variabilità stratosferica e il comportamento delle onde stazionarie in tutto l’ensemble. Sia in termini di variabilità dell’ampiezza delle onde stazionarie sia della variabilità del flusso di Plumb, vi era una forte correlazione con la variabilità del vortice stratosferico. I modelli che presentano maggiori (minori) quantità di variabilità delle onde stazionarie nella troposfera superiore tendono anche ad avere una variabilità del vortice più forte (più debole) nella stratosfera. Le potenziali conseguenze della mancanza di fonti di variabilità delle onde stazionarie nei modelli climatici per la previsione della variabilità stratosferica sono notevoli, particolarmente nel contesto del ruolo della stratosfera nella prevedibilità della stagione invernale in Europa e Asia.
La comprensione della ricca gamma di comportamenti dinamici esibiti dai modelli climatici che risolvono la stratosfera è ancora in una fase iniziale. È chiaro, tuttavia, che i modelli con getti stratosferici climatologici sottostanti simili possono avere quantità molto diverse di variabilità stratosferica e produrre variabilità stratosferica con una struttura e un ciclo stagionale diversi (Charlton et al. 2007). Inoltre, finora non è stato possibile comprendere queste differenze nella variabilità stratosferica in termini di parametri di base del design del modello, come la posizione della cima del modello o la sua risoluzione verticale. Potrebbe quindi essere più utile tentare di comprendere queste differenze in termini delle loro fonti troposferiche di attività delle onde planetarie, come ENSO e la copertura nevosa eurasiatica.

La Figura 8 illustra le anomalie dell’altezza geopotenziale e dei flussi di Plumb nella stratosfera, specificamente per i mesi da novembre a febbraio, quando le anomalie del flusso verticale di Plumb a 100 hPa nella regione dell’Eurasia settentrionale superano il 90° percentile.
- (a) e (b) – Anomalie dell’altezza geopotenziale a 700 hPa:
- I pannelli (a) e (b) mostrano un modello di treni d’onda che si estendono dall’Atlantico al Pacifico, caratterizzati da una cresta sopra la Russia occidentale e un avvallamento sul nord-est dell’Asia. Questo pattern è consistente sia nei dati NNR che nei modelli, riflettendo le osservazioni simili nella Figura 3a e b.
- (c) e (d) – Anomalie dell’altezza geopotenziale a 100 hPa:
- Nei pannelli (c) e (d), si osserva un dipolo di anomalie, con un’alta pressione sull’Alaska e una bassa pressione sul nord-est dell’Asia, in modo simile al pattern di dipolo visto nella Figura 3c e d.
- (e) e (f) – Sezioni longitudine-altezza delle anomalie:
- Questi pannelli visualizzano la distribuzione verticale delle anomalie di flusso di Plumb, mediata tra 50N e 80N, per i mesi selezionati. È importante notare che lo schema di colorazione per questi pannelli è diverso da quello usato nei corrispondenti pannelli della Figura 3, il che può alterare la percezione visiva delle anomalie.
In sintesi, la Figura 8 mette in evidenza come i modelli specifici di anomalie atmosferiche, particolarmente quelli legati al flusso di Plumb, emergono durante i mesi invernali, influenzando significativamente la variabilità del vortice polare stratosferico. Queste osservazioni sono fondamentali per comprendere l’impatto delle variazioni stagionali e regionali sui fenomeni meteorologici a scala più ampia.

La Figura 9 illustra le anomalie dell’altezza geopotenziale a 700 hPa come precursori degli eventi di vortice debole (WVDs) e di vortice forte (SVDs) nella stratosfera. Le anomalie sono rappresentate durante intervalli di tempo specifici prima e dopo questi eventi, con misurazioni in metri.
Riga Superiore (Eventi di Vortice Debole – WVDs)
- Gli intervalli di tempo mostrati sono:
- 46-60 giorni prima: Visualizzazione delle anomalie a lungo termine prima dell’evento.
- 31-45 giorni prima
- 16-30 giorni prima
- 1-15 giorni prima: Anomalie più pronunciate, indicando influenze significative imminenti sul vortice.
- 0-14 giorni dopo: Anomalie subito dopo l’evento di vortice debole.
Riga Inferiore (Eventi di Vortice Forte – SVDs)
- Segue lo stesso schema temporale per gli eventi di vortice forte:
- 46-60 giorni prima: Inizio del periodo osservativo per gli eventi di vortice forte.
- 31-45 giorni prima
- 16-30 giorni prima
- 1-15 giorni prima: Anomalie che mostrano le condizioni immediatamente prima dell’evento.
- 0-14 giorni dopo: Condizioni post-evento.
I contorni bianchi rappresentano incrementi di 20 metri, a partire da ±30 metri, per evidenziare aree di maggiore o minore altezza geopotenziale.
Le zone con sfondo grigio nei pannelli sono allineate agli intervalli che corrispondono a un mese prima degli eventi WVMs e SVMs quando utilizzando dati medi mensili, facilitando il collegamento tra osservazioni giornaliere e analisi climatiche mensili.
In sintesi, la Figura 9 è cruciale per visualizzare come le anomalie dell’altezza geopotenziale variano nel periodo che precede e segue gli eventi di vortice debole e forte, offrendo insight su come le condizioni atmosferiche evolvono attorno a questi fenomeni stratosferici significativi.
6.3 Implicazioni per la previsione meteorologica
Forse la motivazione più importante per studi come questo è migliorare le prospettive della previsione stagionale. È noto che le anomalie nella forza e posizione del vortice stratosferico sono collegate a anomalie meteorologiche troposferiche ben comprese nei successivi 2 mesi circa. Se si possono identificare precursori affidabili delle anomalie del vortice stratosferico, c’è il potenziale per migliorare le previsioni meteorologiche a lungo termine.
Abbiamo identificato precursori troposferici robusti, ma poiché sono stati utilizzati solo dati medi mensili, la risoluzione temporale dei nostri risultati è grossolana. Per valutare il ciclo di vita del modello del precursore con una risoluzione temporale più alta, ora utilizziamo dati medi giornalieri del NNR per calcolare i valori giornalieri delle anomalie dell’altezza geopotenziale della calotta polare a 50 hPa come descritto in Kolstad et al. (2010) per i 52 inverni da dicembre 1958 a marzo 2010.
Definiamo i giorni di vortice debole (WVDs) come i giorni in cui le anomalie dell’altezza sono maggiori del loro 90° percentile complessivo e i giorni di vortice forte (SVDs) come i giorni in cui le anomalie sono inferiori al loro 10° percentile. Nella fila superiore della Figura 9 sono mostrate le anomalie medie dell’altezza geopotenziale a 700 hPa durante i periodi specificati rispetto ai WVDs. Le anomalie sono date in metri e non in unità di deviazione standard come prima.
Nell’intervallo da 16 a 45 giorni prima dei WVDs, che corrisponde al mese prima dei WVMs nei dati medi mensili, il precursore dei WVDs è dominato da un’alta anomalia sull’Eurasia occidentale, in accordo con la Fig. 3a. Questa congettura è supportata dalla dominazione del precursore dell’alta eurasiatica occidentale per i modelli nella Figura 3b. L’alta eurasiatica occidentale è presente anche nel periodo da 46 a 60 giorni prima dei WVDs (Figura 9)—un’altra indicazione della robustezza di questo precursore.
Nel periodo da 15 giorni prima a 14 giorni dopo i WVDs (Figura 9) l’alta anomalia si sposta verso ovest e si sviluppa gradualmente un pattern NAO negativo come previsto.
6.3 Implicazioni per la previsione meteorologica
La motivazione principale per studi come questo è migliorare le prospettive della previsione stagionale. È noto che le anomalie nella forza e posizione del vortice stratosferico sono collegate a anomalie meteorologiche troposferiche ben comprese nei successivi due mesi. Se precursori affidabili delle anomalie del vortice stratosferico possono essere identificati, esiste un potenziale per migliorare le previsioni meteorologiche a lungo termine.
Abbiamo identificato precursori troposferici robusti, ma poiché sono stati utilizzati solo dati medi mensili, la risoluzione temporale dei nostri risultati è grossolana. Per valutare il ciclo di vita del modello del precursore con una risoluzione temporale più alta, ora utilizziamo dati medi giornalieri del NNR per calcolare i valori giornalieri delle anomalie dell’altezza geopotenziale della calotta polare a 50 hPa come descritto in Kolstad et al. (2010) per i 52 inverni (DJFM) da dicembre 1958 a marzo 2010.
Definiamo giorni di vortice debole (WVDs) come i giorni in cui le anomalie dell’altezza sono maggiori del loro 90° percentile complessivo e giorni di vortice forte (SVDs) come i giorni in cui le anomalie sono inferiori al loro 10° percentile. Nella fila superiore della Figura 9, sono mostrate le anomalie medie dell’altezza geopotenziale a 700 hPa durante i periodi specificati rispetto ai WVDs. Le anomalie sono date in metri e non in unità di deviazione standard come prima.
Nell’intervallo da 16 a 45 giorni prima dei WVDs, che corrisponde al mese prima dei WVMs nei dati medi mensili, il precursore dei WVDs è dominato da un’alta anomalia sull’Eurasia occidentale, in accordo con la Fig. 3a. Questa congettura è supportata dalla dominazione del precursore dell’alta eurasiatica occidentale per i modelli nella Figura 3b. L’alta eurasiatica occidentale è presente anche nel periodo da 46 a 60 giorni prima dei WVDs (Figura 9)—un’altra indicazione della robustezza di questo precursore.
Nel periodo da 15 giorni prima a 14 giorni dopo i WVDs (Figura 9) l’alta anomalia si sposta verso ovest e si sviluppa gradualmente un pattern NAO negativo come previsto.
7 Conclusioni
Il precursore più robusto degli eventi del vortice polare stratosferico consisteva in un dipolo di anomalie dell’altezza geopotenziale attraverso la parte settentrionale del continente eurasiatico. Prima dei regimi di vortice debole (forte), questo precursore è stato associato a un aumento (diminuzione) della propagazione verso l’alto dei flussi di onde stazionarie sopra l’Eurasia. I modelli che avevano una grande (piccola) ampiezza delle onde stazionarie nella stratosfera e una forte (debole) variabilità del flusso delle onde stazionarie stratosferiche, entrambi nella regione intorno a 60N, avevano anche una forte (debole) variabilità del vortice polare stratosferico.
https://link.springer.com/article/10.1007/s00382-010-0919-7