Incremento dell’attività eolica nell’Olocene tardivo a Vesterålen, Norvegia settentrionale: aumento della tempestosità o impatto umano?

Riassunto: Questo studio esamina l’attività eolica dall’Olocene medio all’Olocene tardivo attraverso l’analisi dei sedimenti lacustri di un piccolo stagno, Nøkktjønna, situato circa 1,5 km a nord-est della costa, e attraverso indagini stratigrafiche sulle dune costiere di Fjærvoll, Langøya, a Vesterålen, nel nord della Norvegia. Per ricostruire i processi del bacino idrografico sono state impiegate diverse metodologie, tra cui l’analisi della litologia, del contenuto organico, della suscettibilità magnetica e della granulometria, integrati con tecniche avanzate come la fluorescenza a raggi X (XRF) e la tomografia computerizzata (CT). La presenza di granuli minerali grossolani (>125μm) è stata quantificata in tutto il nucleo lacustre tramite setacciatura umida manuale e analisi di soglia delle scansioni CT ad alta definizione. Si presume che questi granuli nel nucleo sedimentario siano stati trasportati da processi eolici dalle vicine dune e dalla sabbia della spiaggia durante gli eventi tempestosi. Sono stati identificati cinque periodi di intensificazione dell’attività eolica, rilevati quando i valori di afflusso superavano il 90° percentile, verificatisi circa nei periodi ~6950, ~6500, ~6100–6000, 5800–5750 e ~350–20 cal. yr BP, con l’ultimo intervallo identificato come il più intenso. L’incremento di sabbia eolica a Nøkktjønna è probabilmente il risultato di un insieme di fattori, tra cui cambiamenti nelle rotte delle tempeste, variazioni del livello del mare, condizioni di copertura nevosa o di superfici congelate e un aumento dell’attività umana. I tassi più elevati di afflusso sono stati registrati tra il 1600 e il 1930 d.C., periodo corrispondente alla Piccola Era Glaciale, nota per essere stata una fase di marcata tempestosità nella regione dell’Atlantico del Nord.

Introduzione

La Norvegia settentrionale è posizionata sul margine nord-orientale del percorso delle tempeste dell’Atlantico Nord, un sistema che influisce significativamente sul clima e sul meteo dell’Europa settentrionale. Le tempeste in questa regione sono particolarmente intense durante l’inverno e contribuiscono a un maggiore trasporto di energia verso il polo. In aggiunta, le correnti oceaniche calde che si spostano verso nord-est favoriscono un clima marittimo mite a queste latitudini (68°N) lungo la costa norvegese. La combinazione di questi modelli di circolazione atmosferica e le correnti oceaniche calde definiscono un contesto climatico unico e particolarmente sensibile, rendendo questa area cruciale per studi e ricostruzioni della variabilità climatica passata.

Il concetto di “tempo estremo” può essere interpretato in modi diversi, ma generalmente si riferisce a eventi meteorologici di bassa probabilità o rari. Negli ultimi decenni, la costa norvegese è stata colpita da vari cicloni devastanti che hanno provocato gravi danni nell’area nordica. Le registrazioni meteorologiche in Norvegia, che coprono circa gli ultimi 150 anni, rappresentano la principale fonte di informazioni per comprendere la dinamica atmosferica attuale e futura. Tuttavia, per apprezzare appieno la variabilità naturale delle tempeste e identificare cambiamenti nella loro frequenza e intensità su scale secolari, è necessario disporre di serie storiche più lunghe. Queste serie aiutano a contestualizzare la variabilità climatica attuale e futura, rendendo fondamentale l’acquisizione di dati sui pattern climatici e sugli eventi tempestosi passati su scale temporali da centenarie a millenarie. Solo così è possibile comprendere adeguatamente i modelli di tempestosità e sviluppare strategie di adattamento efficaci per un clima in evoluzione.

La comprensione dei cambiamenti ambientali del passato dipende dallo studio di archivi naturali che incorporano segnali sensibili alle variazioni climatiche, noti come registri proxy. I processi eolici, per esempio, sono in grado di trasportare particelle di sabbia per lunghe distanze durante periodi di forte vento o tempeste, e tali particelle possono accumularsi e conservarsi in laghi e torbiere vicine. Metodi promettenti per ricostruire la tempestosità passata includono la misurazione dell’accumulo di sabbia proveniente da spiagge e campi dunali in piccoli stagni, laghi e torbiere, oltre all’analisi di registrazioni di eventi di mobilizzazione della sabbia da stratigrafie dune eoliche.

Un notevole vantaggio di questi metodi è la capacità di fornire dati continui e inalterati che rappresentano la tempestosità, offrendo così uno spaccato sugli estremi paleoclimatici che non è immediatamente ottenibile da altri proxy climatici. Recentemente, Kylander e colleghi nel 2023 hanno introdotto i cosiddetti ‘storm stacks’, un approccio che consente di fare confronti regionali dei dati sull’accumulo di sabbia, per considerare le variazioni specifiche tra i diversi archivi e il clima. Questo studio propone di utilizzare modelli di punto di cambiamento per costruire gli ‘storm stacks’, presupponendo l’esistenza di vari studi e set di dati comparabili e ben datati, una condizione ancora non soddisfatta per il nord della Norvegia e della Svezia. Tuttavia, questo strumento si rivela prezioso per analizzare e comprendere i modelli passati della circolazione atmosferica regionale.

Nel presente studio, esaminiamo tre registri sedimentari da Fjærvoll, sull’isola di Langøya a Vesterålen, nel nord della Norvegia, un’area esposta a tempeste provenienti da sud-ovest. I principali obiettivi sono identificare e quantificare l’accumulo di sabbia nel lago Nøkktjønna e nelle dune costiere e esplorare la relazione tra le variazioni dell’accumulo di sabbia, l’attività eolica, l’impatto umano e la tempestosità nella zona di studio.

La Figura 1 offre una serie di mappe che ci orientano nell’area di studio situata nel nord della Norvegia. La prima mappa (a) ci posiziona nel contesto più ampio del nord Europa, segnando specificamente l’area di studio con una freccia nera per facilitarne l’identificazione. Avvicinandoci, la seconda mappa (b) focalizza la nostra attenzione sull’isola di Langøya, con l’area di studio a Fjærvoll distintamente contrassegnata da un quadrato nero. In questa mappa si nota anche un simbolo a stella che rappresenta un’area di interesse di un precedente studio, e cerchi aperti che indicano la posizione di tre stazioni meteorologiche importanti per gli studi sui venti locali. Infine, la terza mappa (c) ci porta direttamente nell’area di Fjærvoll, con un livello di dettaglio che mette in risalto la topografia locale, essenziale per comprendere le caratteristiche geografiche e ambientali specifiche di questa regione norvegese.

L’Area di Studio

Il villaggio di Fjærvoll si trova sulla costa sud-occidentale dell’isola di Langøya, parte dell’arcipelago Lofoten-Vesterålen nel nord della Norvegia. Caratteristica di questa località costiera è la presenza di una lunga spiaggia sabbiosa, denominata Fjærvollsanden, bordata da dune eoliche ricoperte di vegetazione.

Il substrato roccioso di Fjærvoll è composto principalmente da gneiss magmatico e metamorfico del Precambriano, annoverato tra le rocce più antiche ritrovate in Norvegia.

A breve distanza dalla spiaggia, circa 1,5 km verso nord-est, si trova lo stagno di Nøkktjønna. Questo specchio d’acqua, dalla superficie di 12.400 metri quadrati e dalla profondità massima di 4 metri, è incastonato in una depressione simile a un anfiteatro naturale e si situa a 61 metri sopra il livello del mare attuale. Lo stagno, che non riceve acqua da corsi d’acqua esterni, drena il suo contenuto verso nord-est e presenta tracce di passate attività di estrazione di torba nelle sue parti meridionale e sud-occidentale.

Nøkktjønna è protetto dai venti grazie alla presenza di tre montagne circostanti: Fjærvollfjellet a sud, Svartknausen a ovest e Nøkkhammaren a nord. A est, la presenza di una morena terminale, testimone del passato glaciale dell’area, delimita il lago. Un passaggio naturale tra Fjærvollfjellet e Svartknausen scende verso il mare, completando l’incantevole scenario naturale che caratterizza Fjærvoll.

L’evoluzione del paesaggio post-glaciale e la storia del livello del mare nella zona sono state ampiamente studiate e dibattute per più di un secolo. La parte nord-occidentale di Andøya, appena a nord dell’area di studio, era libera dai ghiacci durante l’ultima fase glaciale nota come Weichseliano Tardo e costituisce un sito chiave per lo studio del massimo glaciale dell’Europa settentrionale. In particolare, la deglaciazione dell’isola di Langøya è stata esaminata da diversi ricercatori.

A Fjærvoll si trova una morena terminale lunga 1,5 km risalente a un periodo compreso tra 13.400 e 17.500 anni fa. La fine della glaciazione in quest’area è stata associata agli eventi geologici locali di Langøy o Skogvoll, importanti per la ricostruzione di ampie serie storiche del clima della regione.

Nella zona si possono osservare anche diverse linee di spiagge rialzate, la più alta delle quali si trova a 14 metri sopra il livello del mare attuale. Studi precedenti hanno indicato che il limite massimo marino a Fjærvoll è circa 10 metri sopra il livello attuale del mare, basato su depositi marini trovati alla base della morena terminale. Nel corso dell’inizio dell’Olocene, si pensa che il livello del mare relativo fosse più basso dell’attuale fino a un innalzamento avvenuto tra l’Olocene inferiore e medio che ha raggiunto il picco massimo di 5-8 metri sopra il livello del mare attuale circa 6.800 anni fa. Da questa transizione, il livello del mare è diminuito gradualmente fino ai giorni nostri.

Oggi, l’escursione di marea a Fjærvoll è di 258 cm, calcolata in base alle maree previste per Andenes, con una differenza di tempo di 5 minuti e un fattore di scala di 1.01. La più alta ondata di tempesta registrat ad Andenes ha raggiunto i 333 cm durante un evento eccezionale nel novembre 2011, mentre il livello più basso di marea mai registrato è stato di -26 cm nell’aprile 1993. Questi dati forniscono un quadro chiaro delle condizioni marittime e delle variazioni del livello del mare che hanno caratterizzato la zona di Fjærvoll nel corso del tempo, elementi fondamentali per comprendere i cambiamenti climatici passati e presenti.

La Figura 2 ci regala uno scorcio della spiaggia di Fjærvoll, guardando verso il sudest. In primo piano, la spiaggia si unisce dolcemente a una duna emergente, impreziosita dalla presenza di alcune mucche che ne evidenziano la scala. Questa zona è un esempio vivo di interazione tra terra e mare, dove la sabbia viene continuamente plasmata dai venti che spirano attraverso un varco naturale. Sulla destra, si distinguono aree designate per ulteriori indagini: una è marcata come Sezione B, forse un’area di prelievo di campioni di sabbia, e l’altra come Sezione A, anch’essa di interesse scientifico. Lo sfondo è dominato dalle figure maestose di Fjærvollfjellet e della morena di Fjærvoll, testimoni silenti della storia geologica dell’area. Questa immagine non solo cattura la bellezza naturale della regione, ma serve anche da punto di riferimento per lo studio dei processi eolici e delle dinamiche costiere.

La Figura 3 ci fornisce un’analisi dettagliata del potenziale eolico nella zona di Bø, utilizzando dati provenienti da tre stazioni meteorologiche. Il primo grafico (a) traccia due serie di dati dal 1957 al 2019: la linea nera mostra il potenziale di trasporto della sabbia dal vento (DP), mentre la linea rossa indica la direzione e la forza prevalenti con cui la sabbia viene effettivamente trasportata, conosciuto come resultant drift potential (RDP). È evidente come la variabilità annuale e le tendenze di questi indici forniscono una comprensione delle forze eoliche al lavoro nell’area.

Le due rose dei venti (b) e (c) offrono una rappresentazione visiva delle condizioni dei venti nell’area di Bø, divise per tutte le stagioni e specificamente per la stagione invernale. Questi grafici a forma di rosa illustrano le velocità e le direzioni predominanti dei venti, rappresentati da varie sfumature di grigio che indicano differenti intervalli di velocità. Le frecce rosse segnalano le direzioni principali del vento che contribuiscono al movimento della sabbia. La maggiore intensità e prevalenza dei venti da ovest, specialmente in inverno, ci dà una chiara indicazione di come la sabbia venga spostata e di come si formino le dune in questa regione, particolarmente durante i mesi più freddi.

Clima Ventoso a Fjærvoll

Il clima di Fjærvoll è influenzato dalla vasta circolazione atmosferica dell’Atlantico Nord e dal trasporto di acque calde tramite la Corrente Atlantica Norvegese, risultando in un clima marittimo con temperature significativamente superiori alla media per quelle latitudini. I dati meteorologici utilizzati per questo studio provengono da tre stazioni (numeri 86750, 86760 e 86740), che sono state spostate nel tempo a seguito del cambio degli osservatori, da manuali ad automatici.

Durante l’estate (giugno-agosto), la temperatura media nella stazione di Bø (n. 86760), situata circa 5,6 km a sud dell’area di studio, è di 11,2°C, mentre in inverno (dicembre-febbraio) scende a -1,2°C. Le precipitazioni annuali si attestano intorno ai 1000 mm. La velocità media del vento registrata a Bø dal 1961 al 2019 è stata di 4,5 m/s, con variazioni stagionali: 5,1 m/s nei mesi invernali (ottobre-marzo) e 3,9 m/s nei mesi estivi (aprile-settembre).

Le tempeste, definite come eventi con venti medi superiori a 11 m/s, tendono a soffiare principalmente da sud-sudovest a nord-nordovest, anche se durante il periodo considerato i venti prevalenti provenivano da sud, nord ed est. Un evento estremo nel febbraio 2015 ha visto venti medi di 30,6 m/s, con raffiche che hanno raggiunto i 39,5 m/s. Nel corso di quell’evento, velocità del vento superiori ai 20 m/s sono state sostenute per un periodo di 10 ore. Ogni anno, si verificano raffiche di vento superiori a 11, 15 e 20 m/s rispettivamente il 13,1%, il 4,0% e lo 0,56% delle volte.

Il “Metodo di Fryberger” è stato adottato per valutare la capacità di trasporto del vento nell’area studiata, attraverso la stima del Potenziale di Deriva (DP) in unità vettoriali, del Potenziale di Deriva Risultante (RDP) e della Direzione di Deriva Risultante (RDD). Per calcolare il DP, RDP e RDD annuali, sono stati utilizzati i dati diurni, che includono la velocità media del vento e la sua direzione alle 12:00, raccolti dalle tre stazioni meteorologiche di Bø nel periodo dal 1957 al 2019. Queste analisi sono state effettuate con il software Windrose PRO3. Secondo i criteri stabiliti da Fryberger e collaboratori nel 1979, la soglia minima per il trasporto eolico è stata impostata a 6 m/s.

Il DP calcolato offre una misurazione del potenziale trasporto di sabbia per effetto del vento. Un ambiente con un DP superiore a 400 unità vettoriali è generalmente considerato ad alta energia, mentre quelli con un DP tra 200 e 400 unità vettoriali e quelli con meno di 200 unità vettoriali sono classificati come ambienti a energia intermedia e bassa, rispettivamente. I risultati dell’analisi, mostrati nella Figura 3, rivelano che Bø si trova in un ambiente eolico ad alta energia, con un DP medio di 600 unità vettoriali per il periodo di misurazione e un picco di 1340 unità vettoriali registrato nel 2015. Il RDD medio per tutto il periodo è di circa 55°, indicando una prevalente direzione di trasporto verso il nord-est.

la Figura 4 ci dà una rappresentazione visiva composta da tre parti dell’area di studio geomorfologica.

Parte (a): È una mappa dettagliata dell’area di studio, dove sono indicati i luoghi precisi dei siti di carotaggio (NØKU118/NØKR118) e le sezioni geologiche (A e B). La legenda ci aiuta a decifrare i simboli e i colori usati per rappresentare vari tipi di terreno, come le dune, i depositi spiaggiali e i sedimenti lacustri, oltre ad altre caratteristiche come la vegetazione e le zone di erosione eolica.

Parte (b): Mostra una mappa batimetrica, che è una rappresentazione grafica delle profondità del lago Nøkktjønna. Questa mappa è cruciale per comprendere come il fondo del lago sia modellato e per identificare le zone migliori dove effettuare i carotaggi dei sedimenti.

Parte (c): Presenta una sezione trasversale schematica che va da ovest a est, dalla spiaggia di Fjærvollsanden fino al lago Nøkktjønna. Questa vista ci permette di osservare come si dispongono i vari strati di sedimenti in superficie, che sono elementi chiave per interpretare gli archivi sedimentari del lago Nøkktjønna. Qui sono raffigurati diversi ambienti, dall’area di spiaggia alle zone più interne caratterizzate da depositi eolici, dune e segni di abrasione eolica.

La figura nel suo complesso fornisce una visione olistica e multidimensionale dell’area di studio, evidenziando la relazione tra le caratteristiche geomorfologiche attuali e gli ambienti sedimentari del passato, tutti elementi indispensabili per la comprensione delle dinamiche ambientali della regione.

Metodi

Lavoro sul Campo

Durante l’estate del 2018, abbiamo condotto una campagna sul campo di due settimane a Fjærvoll per mappare e classificare le forme del terreno e i depositi superficiali secondo i processi deposizionali primari. La nostra attenzione si è concentrata sui depositi eolici e marini intorno a Fjærvoll e sui depositi superficiali nel bacino di Nøkktjønna. Per la mappatura sul campo, abbiamo utilizzato ESRI Collector per ArcGIS, ora noto come ArcGIS FieldMaps.

Abbiamo registrato due sezioni naturali esposte vicino alla spiaggia attuale, identificate come Sezione A e Sezione B. Inoltre, abbiamo analizzato e datato i campioni di sedimenti prelevati dal lago distale di Nøkktjønna e dalla palude adiacente per indagare l’attività eolica storica nella zona. Durante il campo, abbiamo raccolto campioni dalla spiaggia e dalla cima della duna frontale, analizzando la granulometria con un Malvern Mastersizer 3000 dopo aver rimosso il carbonato di calcio e il materiale organico con acido cloridrico al 10% e perossido di idrogeno al 35%. Le analisi granulometriche sono state eseguite usando il software Gradistat v.8.

Per creare una mappa batimetrica del lago Nøkktjønna prima di effettuare i carotaggi, abbiamo utilizzato un ecoscandaglio Garmin montato su un plotter cartografico Garmin GPSmap 721xs. Abbiamo recuperato due carote sedimentarie simili dalla parte più profonda del lago, a 4 metri di profondità, utilizzando un carotiere a gravità Uwitec con un diametro del nucleo di 90 mm, operando da un gommone. A causa di uno strato denso nei sedimenti, entrambe le carote si sono interrotte a circa 110 cm di profondità. Nella palude a sud di Nøkktjønna, abbiamo effettuato carotaggi utilizzando un carotiere di torba “russo” da 75 mm, scegliendo una posizione lontana dai canali di drenaggio mappati per l’estrazione della torba, vicino al margine della palude. La carota di torba ottenuta copre da 550 a 130 cm di profondità in cinque sezioni di 1 metro ciascuna. Nonostante diversi tentativi, non siamo riusciti a prelevare adeguatamente i primi 130 cm di stratigrafia della torba a causa della bassa consolidazione del materiale. Le carote sono state trasportate verticalmente e conservate a 4°C prima delle analisi di laboratorio. Durante il trasporto e la conservazione, la parte più superficiale dei sedimenti del lago si è compattata di circa 10-15 cm.

Analisi dei Sedimenti

Le analisi di laboratorio sono state effettuate su una delle due carote prelevate dal lago Nøkktjønna, entrambe con identica stratigrafia e lunghezza. La carota scelta, denominata NØKU118, è stata esaminata utilizzando uno scanner CT ad alta risoluzione. Questa scansione è stata realizzata a una tensione di 120 kV e una corrente di 850μA, con un tempo di esposizione di 500 millisecondi. Per ottimizzare la qualità dell’immagine e ridurre l’indurimento del fascio, è stato impiegato un filtro di rame di 0.5mm. Le immagini ottenute sono state elaborate per ridurre le dimensioni dei file, risultando in una risoluzione finale dei voxel di 204μm. I dati sono stati poi analizzati con il software Avizo 2020.2, che ha permesso di visualizzare, segmentare e analizzare il nucleo in dettaglio.

I risultati della scansione CT sono stati visualizzati in scala di grigi, che indicano la densità relativa dei sedimenti. Dopo un’attenta ispezione visiva, è stata impostata una soglia di segmentazione a 2800 valori in scala di grigi per distinguere la matrice organica da particelle minerogeniche di densità superiore. Basandoci sulla metodologia di Cederstrøm et al. (2021), abbiamo quantificato il numero di granelli maggiori di 300μm, adottando tale dimensione in base alla risoluzione del voxel ottenuta dalla scansione CT.

Dopo aver diviso longitudinalmente le carote, abbiamo proceduto con l’ispezione visiva e la registrazione delle stesse. Abbiamo poi condotto analisi geochemiche sulla carota NØKU118 utilizzando uno scanner XRF Itrax, che ha effettuato misurazioni ogni 500μm utilizzando un tubo a raggi X di Molibdeno, con un tempo di esposizione di 10 secondi. I risultati hanno mostrato bassi tassi di conteggio per la maggior parte degli elementi, tipico nei sedimenti ricchi di materia organica, a causa dei limiti di rilevamento più bassi rispetto ai sedimenti minerogenici. Per migliorare la qualità dei dati XRF e per evidenziare meglio le variazioni nella composizione chimica, abbiamo applicato una trasformazione logaritmica centrata.

Infine, la carota è stata analizzata ogni 0,2 cm utilizzando un logger di suscettibilità magnetica CoreSusc MK III per rilevare variazioni più fini nella composizione del nucleo.

Analisi dei sedimenti: Contenuto organico, densità di massa secca e residuo di combustione

Per determinare il contenuto organico, la densità di massa secca (DBD) e il residuo di combustione (IR), abbiamo utilizzato il metodo della perdita all’accensione (LOI). Questo processo ha incluso la pesatura dei campioni sia in condizioni umide che dopo essere stati essiccati a 105°C per 12 ore. In seguito, i campioni sono stati inceneriti a 550°C per un’ora, raffreddati e pesati nuovamente per calcolare il LOI, basato sulla variazione percentuale tra il peso secco e il residuo dopo l’incenerimento.

Secondo la procedura di Nielsen et al. (2016c), abbiamo setacciato il residuo di combustione attraverso maglie da 250 e 125 μm per quantificare la presenza di granelli di sabbia nel nucleo. I granuli più grandi di 250μm sono stati contati al microscopio, mentre per quelli tra 125 e 250μm, abbiamo misurato il peso e calcolato la percentuale rispetto al residuo totale.

I primi 15 cm della carota NØKU118 sono stati analizzati ogni 0,5 cm per l’attività dei radionuclidi 210Pb e 137Cs, utilizzando tecniche di gamma-spettrometria presso il Gamma Dating Center dell’Università di Copenhagen. Queste misurazioni sono state effettuate con un rilevatore geiger di fondo ultra-basso per ottenere letture precise.

Inoltre, sono stati prelevati 20 campioni per la datazione al radiocarbonio-14. Questi includevano campioni dalla carota del lago e dalla torbiera, oltre a campioni dalle sezioni vicine alla spiaggia attuale. A causa della natura frammentaria dei materiali recuperati, come frammenti di foglie, ossa e conchiglie, non è stato possibile classificarli a livello specifico. I campioni sono stati analizzati tramite spettrometria di massa con acceleratore presso laboratori in Polonia e negli USA. Per la calibrazione dei campioni terrestri e marini, abbiamo utilizzato le curve IntCal20 e Marine20, con un aggiustamento di ΔR di 61±16 anni, basato su studi di molluschi marini del nord della Norvegia.

Risultati

Contesto Geomorfologico e Sezioni Studiate

Una mappa geomorfologica di Fjærvoll è stata realizzata utilizzando ArcGIS, seguendo il lavoro di campo. La spiaggia è caratterizzata da sabbia di conchiglie di granulometria media a grossolana, moderatamente selezionata, con una dimensione media del grano di 340μm e una selezione di 1,729. Alle spalle della spiaggia attuale si estende una duna frontale ben vegetata, che misura circa 140 metri di lunghezza, 80 metri di larghezza e raggiunge un’altezza massima di circa 14 metri. Questa duna presenta un profilo asimmetrico con tre livelli distinti a 3, 8 e 14 metri sul livello del mare. In passato, la parte nord della duna veniva utilizzata come cava di sabbia per usi locali, il che ha modificato significativamente la morfologia originale del sito, riducendone le dimensioni.

Durante il rilievo, è stato raccolto un campione dalla cima della duna, che ha mostrato una granulometria media di 345μm con una selezione di 1,497, indicativa di una sabbia media moderatamente ben selezionata. I contadini locali hanno riportato che durante le tempeste invernali, solitamente provenienti da sud-ovest e nord-ovest, si verifica un’intensa attività eolica e niveo-eolica. Questa attività lascia uno strato visibile di sabbia sulla neve, che si estende dalla spiaggia fino a oltre 600 metri all’interno, attraversando la strada principale.

I processi niveo-eolici, tipici dei climi artici e sub-artici, comportano il trasporto di sedimenti, solitamente sabbia, che viene depositata sulla neve o si mescola con essa. Le fotografie aeree dell’Autorità Cartografica Norvegese e le immagini storiche dal 1900 al 1940 mostrano un’erosione costiera e attività eolica molto più marcata rispetto al presente, con aree più estese di sabbia esposta. Oggi, la maggior parte delle dune a Fjærvoll sono stabili e ricoperte di vegetazione densa, usate per il pascolo, sebbene esistano ancora alcuni piccoli blowouts attivi in zone isolate vicine alla spiaggia attuale. Le aree oltre la duna frontale sono prevalentemente coperte da sedimenti eolici, oggi utilizzati per il pascolo e la coltivazione. È stata inoltre osservata abrasione eolica sui lati occidentali dei massi nella morena di ablazione, situata tra Svartknausen e Fjærvollfjellet.

Le strutture sedimentarie delle Sezioni A e B sono illustrate nella Figura 5. La Sezione A, situata alla duna frontale, comprende sabbia omogenea da media a grossolana con frammenti di conchiglia. Lungo i 6 metri di questa sezione, sono visibili alcune lamine scure, ma non si trovano resti vegetali al loro interno. I frammenti di conchiglia trovati a profondità di 5.4 e 4.4 metri (rispettivamente 8.6 e 9.6 metri sopra il livello del mare) sono stati datati, mostrando età di circa 4945±200 e 3995±180 anni calibrati prima del presente.

La Sezione B, un’antica cava di sabbia situata circa 200 metri nell’entroterra dalla spiaggia attuale e 80 metri a nord-est della Sezione A, è stata attiva dal 1945 al 1960. Nella parte inferiore della sezione, tra 4.5 e 3.3 metri di profondità (4.5–5.7 metri s.l.m.), troviamo sabbia laminata e incrociata con frammenti di conchiglia depositati su uno strato rosso, ricco di ferro e compatto, posto al livello della falda acquifera. Tra i 3.2 e i 2.25 metri (5.8–6.75 metri s.l.m.), la litologia è prevalentemente sabbia omogenea con frammenti di conchiglia, sebbene si notino alcuni strati più scuri con alto contenuto di carbonato di calcio a 3.1 e 2.9 metri di profondità. I frammenti di conchiglia a 3.3 metri (5.7 metri s.l.m.) sono stati datati a circa 5945±185 anni calibrati prima del presente. Un significativo strato spesso 15 cm, ricco di carbone, si trova tra i 2.25 e i 2.1 metri (6.75–6.9 metri s.l.m.), datato a circa 1765±60 anni calibrati prima del presente. Dai 2 ai 1.5 metri si osserva un incremento di strati sottili e ondulati (<2 cm) che contengono carbone e frammenti ossei. Un frammento di osso, trovato tra 1.8 e 1.6 metri di profondità (7.2–7.4 metri s.l.m.), è stato datato a 1720±30 anni calibrati prima del presente. La stratigrafia da 1.5 a 0.3 metri è composta principalmente da sabbia omogenea e priva di strutture, mentre i 0.3 metri superiori sono caratterizzati da un suolo ben sviluppato con radici.

Il nucleo di torba (NØKR118) non è descritto in dettaglio a causa della mancanza di dati sulla parte superiore del nucleo, ma è stato campionato per la datazione al radiocarbonio.

La Tabella 1 elenca le date ottenute tramite la datazione al radiocarbonio dai vari campioni prelevati nei siti di studio. Ecco una spiegazione più dettagliata dei dati presentati:

  • Numero di laboratorio: Questa è l’etichetta che identifica ogni campione analizzato, una sorta di codice di riferimento usato dai laboratori per tracciare i campioni.
  • Core/Sezione: Ci informa su quale nucleo o sezione del sito di studio il campione è stato raccolto, permettendoci di localizzare specificamente il punto di prelievo.
  • Profondità (cm): Mostra a che profondità nel nucleo o nella sezione il campione è stato prelevato. Questo aiuta a capire a quale strato geologico corrisponde ogni datazione.
  • Curva di calibrazione: Indica quale curva standard di calibrazione del radiocarbonio è stata usata per processare le date. Alcune curve sono specifiche per materiali terrestri, altre per materiali marini.
  • Materiale: Elenco dei materiali datati, come macrofossili, carbone, torba o conchiglie, che fornisce un’idea del tipo di deposito o di ambiente da cui provengono.
  • Età 14C (BP): Questo è l’anno stimato della morte dell’organismo dal quale il campione è stato preso, espressa in anni prima del 1950 (anno standard usato come “presente” nella datazione al radiocarbonio).
  • Età calibrata (BP 2 sigma): Fornisce l’età corretta del campione, tenendo conto delle variazioni nella concentrazione del radiocarbonio nel tempo, con un livello di confidenza statistica (spesso 95%, o “2 sigma”).
  • Mediana del range di età più probabile 2 sigma cal. yr BP: La mediana offre una stima più precisa dell’età del campione, posizionandosi nel mezzo dell’intervallo di età più probabile.

La campionatura marcata in corsivo è stata esclusa dalle analisi, forse a causa di anomalie o potenziali contaminazioni che ne compromettevano la credibilità. In generale, queste informazioni sono fondamentali per costruire una linea temporale degli strati sedimentari, aiutando gli scienziati a ricostruire la storia geologica e ambientale della zona di studio.

La Figura 5 offre un’analisi dettagliata delle stratificazioni sedimentarie e delle date al radiocarbonio relative a due specifiche aree: la duna frontale (Sezione A) e una cava di sabbia (Sezione B). Ogni sezione è accompagnata da immagini che mostrano le esposizioni manuali e corrispondono a differenti punti caratteristici della Sezione B.

Per la Sezione A, abbiamo una rappresentazione grafica dei sedimenti che formano la duna frontale, contrassegnata da campioni specifici a varie profondità. Questi campioni sono stati datati con il metodo del radiocarbonio, e le date ottenute sono indicate accanto ai punti di prelievo, fornendoci un quadro temporale dello sviluppo di questa duna.

Nella Sezione B, la colonna stratigrafica ci mostra la struttura interna della vecchia cava di sabbia. Qui sono evidenziati gli strati di sabbia e i palaeosuoli (strati di suolo antico) a varie profondità, con i relativi campioni e le date al radiocarbonio. Questo ci dice che l’area ha vissuto diversi stadi di deposizione, che sono stati poi disturbati dall’attività umana durante l’uso della cava.

Le fotografie forniscono un supporto visivo agli schemi stratigrafici:

  • (a) Illustra il limite superiore della Sezione B, mostrando il passaggio da suolo moderno a sabbia eolica.
  • (b) Mostra la transizione a circa 2 metri di profondità da sabbia eolica a strati più antichi di suolo, chiamati palaeosuoli.
  • (c) Espone la parte inferiore della Sezione B, dove possiamo vedere la sabbia con laminazioni incrociate, tipiche di un ambiente dinamico dove l’acqua e il vento hanno stratificato i sedimenti in modelli complessi.

La legenda aiuta a decifrare le varie rappresentazioni grafiche usate per descrivere le stratificazioni, identificando sabbia, campioni per la datazione, conchiglie, materiale organico e altri componenti sedimentari.

Complessivamente, questa figura integra dati stratigrafici e radiometrici per fornire una visione approfondita e temporalmente contestualizzata delle caratteristiche geologiche studiate, consentendoci di capire meglio la storia geologica dell’area.

La Figura 6 è una rappresentazione grafica di diversi parametri dei sedimenti del nucleo NØKU118. Iniziamo con una fotografia del nucleo, che ci fornisce una visione reale dei sedimenti e la loro disposizione, affiancata da una scala di profondità.

Accanto alla fotografia c’è un’immagine ottenuta da una scansione CT del nucleo, che ci mostra la struttura interna dei sedimenti in termini di densità. Le zone più chiare indicano materiali più densi, come i grani minerali, mentre le zone più scure suggeriscono materiali organici o meno densi.

Le date al radiocarbonio sono allineate con la profondità da cui i campioni sono stati prelevati e ci danno informazioni sull’età dei vari strati sedimentari. Spostandoci verso destra, troviamo la percentuale di perdita all’ignizione (LOI), che ci indica quanto materiale è stato perso bruciando i sedimenti, un indicatore importante della quantità di materiale organico presente.

Il grafico successivo mostra la densità di massa secca (DBD), ovvero quanto pesano i sedimenti una volta asciugati. Il residuo di combustione (IR) ci dice quanto materiale rimane dopo che i sedimenti sono stati bruciati, fornendoci informazioni sui componenti inorganici.

I successivi due grafici illustrano la granulometria dei sedimenti, distinguendo le particelle di dimensioni tra 125 e 250 micron e quelle maggiori di 250 micron. Queste misurazioni ci aiutano a capire le dinamiche di trasporto dei sedimenti all’interno del lago.

La spettroscopia a fluorescenza a raggi X (XRF) ci fornisce le concentrazioni di calcio (Ca) e ferro (Fe) nei sedimenti, indicando la composizione chimica e potenziali variazioni ambientali che hanno influenzato il deposito dei sedimenti.

La suscettibilità magnetica superficiale (MS) misura quanto i sedimenti reagiscono a un campo magnetico e può indicare la presenza di particelle metalliche come quelle di ferro.

Infine, l’analisi di soglia dalla scansione CT conta le particelle di dimensioni sabbiose maggiori di 300 micron lungo il profilo del nucleo, dandoci un’altra prospettiva sulla dimensione dei granuli presenti.

Le linee tratteggiate in ciascun grafico rappresentano il valore medio di ogni parametro sedimentario, offrendoci un punto di riferimento per valutare le variazioni lungo il profilo del nucleo. Complessivamente, questi dati forniscono una panoramica approfondita delle caratteristiche fisiche e chimiche dei sedimenti nel lago Nøkktjønna.

Analisi dei Sedimenti del Lago Nøkktjønna

I campioni di sedimenti prelevati dal lago Nøkktjønna sono caratterizzati da una composizione omogenea di grana fine, di colore marrone scuro, che si estende dall’alto verso il basso, ad eccezione di un sottile strato di sabbia chiara osservabile tra circa 0,5 e 2 cm di profondità, come illustrato nella Figura 6. I grani di sabbia di questo colore sono visibili attraverso il tubo trasparente del carotiere lungo tutta la lunghezza del nucleo, anche se con una frequenza variabile.

Le immagini ottenute dalla scansione CT, mostrate nella Figura 7, rivelano dettagli e strutture nei sedimenti che non sono evidenti all’ispezione visiva. Queste immagini in scala di grigi evidenziano le aree del nucleo con densità relativa superiore, mettendo in risalto i grani minerogenici più densi rispetto allo sfondo organico meno denso. I grani minerogenici sono presenti lungo tutto il nucleo, con una concentrazione massima tra 0,5 e 2 cm di profondità. La maggior parte dei grani di sabbia, eccetto quelli nello strato superficiale, appaiono come elementi isolati immersi nella matrice organica.

Nella parte superiore del nucleo, fino ai primi 10 cm, sono presenti due aree di bioturbazione, identificabili come strutture verticali lunghe 1-2 cm piene di particelle minerogeniche. L’analisi delle soglie di CT mostra che il numero di particelle minerogeniche maggiori di 300µm varia lungo il nucleo NØKU118, con i valori più elevati tra i 90-70 cm e i 30-0 cm, e i più bassi tra i 70 e i 45 cm. La parte superiore del nucleo (0,5-2 cm) si distingue per il numero più alto di particelle (2250).

La perdita all’accensione (LOI) varia lungo il nucleo, con i valori più bassi rilevati tra 0,5 e 2 cm (23%) e il valore più alto (45%) a 27 cm. Per il resto del nucleo, la LOI oscilla tra il 35% e il 45%. La densità di massa secca (DBD) rimane piuttosto costante lungo tutto il nucleo, con un valore medio di 0,15 g/cm³, raggiungendo il picco massimo di 0,28 g/cm³ a 1,5 cm.

La suscettibilità magnetica (MS) mostra un segnale basso e stabile, indicativo di una debole suscettibilità magnetica nei sedimenti, dovuta all’alta proporzione di materiale organico e acqua. L’unico picco significativo, a 2,5 cm, corrisponde allo strato minerogenico vicino alla cima del nucleo. Le proprietà geochimiche misurate tramite analisi XRF seguono tendenze simili a quelle di MS e DBD, con un picco distinto di calcio (Ca) a circa 1,4 cm, mentre il resto del nucleo mostra solo piccole variazioni, eccetto per un lieve incremento nei primi 20 cm. Rispetto agli altri elementi geochimici, il ferro (Fe) mostra una maggiore variabilità con picchi distinti nei primi circa 40 cm del nucleo.

La setacciatura a umido mostra che il numero medio di grani di sabbia più grandi di 250µm per campione è 7, anche se il valore mediano è solo di 1,5 grani. Si osserva un notevole aumento in questa misurazione nei primi 10 cm del nucleo, raggiungendo il picco massimo di 435 grani per cm³ a una profondità di 1,5 cm. Anche il peso dei grani tra 125 e 250µm segue un andamento simile, mostrando però una leggera maggiore variabilità nella parte superiore del nucleo.

A confronto con i dati ottenuti dalle scansioni CT, che misurano le particelle superiori a 300µm, i risultati della setacciatura a umido per le particelle superiori a 250µm indicano un numero molto inferiore di particelle per cm³. Questa discrepanza è riconosciuta e viene attribuita a diverse fonti analitiche, come la risoluzione della grandezza dei grani, differenze di densità e la sovrastima di oggetti dalla forma irregolare durante l’elaborazione delle immagini.

Nonostante queste differenze, i due metodi di analisi mostrano un alto grado di correlazione, indicando una simile variabilità lungo il profilo del nucleo. Questo suggerisce che, nonostante le differenze nei metodi di misurazione, entrambi gli approcci riflettono fedelmente le variazioni sedimentarie all’interno del nucleo.

La Figura 7 ci presenta un approccio sofisticato per esaminare i sedimenti prelevati da un nucleo, sfruttando la potenza della tomografia computerizzata a raggi X. La figura è organizzata in tre parti che ci offrono diverse prospettive:

Parte (a): Qui abbiamo un’immagine tridimensionale in scala di grigi che mostra il nucleo come apparirebbe se lo potessimo guardare attraverso. I toni di grigio riflettono la densità del materiale: le zone più scure potrebbero essere gas o materiali organici in decomposizione, mentre le parti più chiare indicano materiali più densi, come sabbia o particelle minerali.

Parte (b): In questa immagine, un filtro è stato impostato per mettere in risalto solo i componenti più densi del nucleo, quelli con valori di scala di grigio superiori a 2800. Ciò che vediamo in arancione rappresenta le particelle minerogeniche, distinte nettamente dal resto del materiale che è stato reso trasparente.

Parte (c): Accanto alle immagini CT ci sono i grafici del conteggio delle particelle sabbiose, identificate dalla scansione CT come quelle di dimensioni superiori a 300 micron. Ogni picco nel grafico corrisponde al conteggio delle particelle in quell’intervallo specifico di profondità. La linea tratteggiata mostra la media dei conteggi di particelle in tutto il nucleo, fornendo un punto di confronto per valutare l’abbondanza di particelle in ogni segmento.

Le macchie nere che si osservano nelle immagini della parte (a) sono bolle di gas, risultato della decomposizione del materiale organico che si è verificata dopo l’estrazione del nucleo. Questi dettagli evidenziano come il nucleo, una volta portato in superficie, possa continuare a evolvere e cambiare, specialmente nei suoi componenti organici.

Complessivamente, la Figura 7 ci mostra come sia possibile distinguere con precisione le variazioni all’interno dei sedimenti e quantificare i componenti solidi più densi, che sono cruciali per comprendere la composizione e la storia dei sedimenti in un determinato ambiente lacustre.

Cronologia

Il sistema di carotaggio Uwitec è stato progettato per catturare un’interfaccia sedimenti-acqua non disturbata. Dato che i nuclei lacustri (NØKU118 e 218) presentano una stratigrafia identica nella parte più superficiale, con uno strato di sabbia a circa 1,5 cm di profondità, si presume che questi nuclei contengano i sedimenti più recenti e più superficiali del lago. Tuttavia, i risultati delle datazioni al radiocarbonio mostrano che i quattro campioni più superficiali hanno età comprese tra 3000 e 3600 anni calibrati prima del presente, e sono considerati anomalie perché significativamente più vecchi rispetto alle altre date ottenute. È probabile che questi campioni siano stati influenzati da materiale vegetale reintrodotto nel lago a causa dell’estrazione di torba locale o trasportato dal vento, risultando così in età erroneamente elevate.

Le età rilevate a 30 e 50 cm di profondità sono anch’esse considerate anomalie, data la presenza di date più recenti sopra e sotto questi campioni. La datazione con piombo-210 ha rivelato livelli di piombo-210 non supportato di circa 100 Bq per kg e un profilo irregolare senza una diminuzione sistematica con la profondità. Il flusso calcolato di piombo-210 non supportato è solo di 38 Bq per m² all’anno, meno della metà di quello previsto, indicando che il sito potrebbe essere soggetto a periodi di erosione o mancata deposizione. La presenza di cesio-137 è risultata generalmente molto bassa, ma l’isotopo è stato rilevato lungo tutto l’intervallo indagato.

I nuclei NØKU118 e 218 non mostrano segni stratigrafici di erosione o slittamento, anche se si osservano periodi di maggiore afflusso di particelle di dimensioni sabbiose. La parte superiore umida dei nuclei si è compattata durante il trasporto, influenzando i tassi di sedimentazione modellati nella parte più superficiale. La datazione al carbonio-14 a una profondità di 20-21 cm fornisce un’età di 3920±85 anni calibrati prima del presente, indicando tassi di sedimentazione molto bassi, circa 0,005 cm all’anno, nei primi 20 cm del nucleo. Questo basso tasso di sedimentazione è confermato anche dal profilo del piombo-210, tuttavia, a causa del profilo irregolare e dell’assenza di segni stratigrafici di erosione o cedimento, i dati del piombo-210 sono stati scartati in questo contesto.

Il modello di età e profondità di NØKU118 è stato creato usando il software bacon 2.5.8 (Blaauw e Christen, 2011) e si basa sulle cinque date al carbonio-14 rimanenti. Il modello di età e profondità del nucleo di torba (NØKR118) è stato realizzato in clam 2.4 (Blaauw, 2010) in R, utilizzando un modello spline basato su tre date al carbonio-14 (Figura 8).

Discussione

Potenziale di Deriva, Attività Eolica e Occupazione Umana

Attualmente, Fjærvoll è situata in un’area caratterizzata da forte ventosità, con un Potenziale di Deriva (DP) che in alcuni anni ha superato le 1200 unità vettoriali (CE 1991, 1992 e 2015) come mostrato in Figura 3. I dati osservativi sono calcolati sulla base della velocità media del vento, ottenuta dalla media aritmetica dei valori giornalieri misurati ogni 10 minuti alle 0, 6, 12 e 18 UTC. Questo metodo tende a sottostimare il DP totale a causa del limitato numero di misurazioni giornaliere. Si è notato un incremento del DP negli ultimi 30 anni (CE 1990–2020), in contrasto con il periodo dal 1957 al 1990, che presentava valori più bassi e stabili. Le raffiche di vento superiori a 30 m/s sono un evento annuale a Fjærvoll, solitamente in gennaio o febbraio, anche se vi è una grande variabilità annuale. Per esempio, nel 2019 si sono registrati 4 giorni con raffiche di almeno 30 m/s, mentre nel 2018 non si sono verificate raffiche di tale intensità (DNMI, 2021). Tali condizioni di vento, in assenza di umidità, sono in grado di mobilizzare le particelle sabbiose delle spiagge e delle dune eoliche, spostandole verso l’interno dal loro luogo di origine (Pye e Tsoar, 2008).

Oltre a velocità e direzione del vento e alla frequenza delle raffiche, l’attività eolica è influenzata da vari fattori, come l’umidità del suolo, la copertura del suolo (vegetazione o neve), le attività antropiche, la disponibilità di sedimenti e le variazioni del livello del mare. Lungo la costa occidentale della Norvegia, un’intensa deforestazione operata dall’uomo ha portato alla formazione di lande a partire da circa 3250 anni cal. BP, come documentato da Hjelle et al. (2010).

Le analisi di polline e cere fogliari provenienti dalle torbiere del nord della Norvegia suggeriscono che l’agricoltura è stata introdotta nella regione durante la tarda Età del Bronzo, circa 3000 anni fa (Balascio e Wickler, 2018; D’Anjou et al., 2012; Johansen e Vorren, 1986; Sjögren e Arntzen, 2013). Un sito archeologico situato a Føre, a sud di Fjærvoll, datato tra il 400 e il 670 d.C. (1550–1620 anni cal. BP), indica che l’area era abitata e sfruttata per l’agricoltura già in quel periodo, vicino al luogo dello studio (Schanche, 1991). Secondo Fjærvoll (1968), la zona era abitata da almeno 1500 anni e le prime testimonianze documentate di insediamenti umani a Fjærvoll risalgono al XVI secolo, con una popolazione di circa 10-12 persone. La presenza umana e la deforestazione possono aumentare la deflazione e la quantità di polvere del suolo, influenzando così il materiale trasportato dall’aria verso l’interno e che si accumula nei laghi vicini (es. Neff et al., 2008). A Nøkktjønna, il tasso di sedimentazione (Figura 8) è risultato stabile e basso nella parte superiore del nucleo, anche considerando la compattazione della parte sommitale. Questo suggerisce che i tassi di accumulazione sono stati bassi in un periodo di crescente impatto umano sull’area.

la Figura 8 si compone di tre grafici che si riferiscono alla datazione e all’accumulazione dei sedimenti nel luogo di studio.

(a) Il primo grafico illustra il modello di età-profondità per il campione NØKU118, costruito usando le datazioni al radiocarbonio. La curva nera centrale rappresenta la stima più accurata delle età dei sedimenti a varie profondità, mentre l’area grigia attorno ad essa rappresenta l’intervallo di confidenza del 95%, che ci dà un’idea della possibile variazione delle stime. Le date colorate di rosso sono escluse dal modello perché si sospetta che i sedimenti siano stati disturbati o riportati in superficie, il che li renderebbe inaffidabili per una stima precisa dell’età.

(b) Nel secondo grafico è rappresentato il profilo del piombo-210 non supportato (210Pb) lungo il nucleo di sedimentazione. Il piombo-210 è un isotopo usato per datare i sedimenti che risalgono fino a circa 150 anni fa. Il profilo irregolare del 210Pb suggerisce che ci sono state fluttuazioni nella deposizione dei sedimenti o eventi che hanno perturbato i livelli originali.

(c) Il terzo grafico presenta un modello di età-profondità simile al primo, ma per il campione NØKR118. Ancora una volta, la linea nera indica le stime delle età per ciascuna profondità e l’area grigia mostra l’intervallo di confidenza del 95%.

Questi modelli sono fondamentali per comprendere come si sono depositati i sedimenti nel tempo e per ricostruire la storia geologica ed ecologica della zona studiata. Affidandosi alla datazione al radiocarbonio e notando l’assenza di disturbi significativi, i ricercatori possono costruire una cronologia dettagliata della sedimentazione.

Estrazione di Torba e Cronologia

Il Lago Nøkktjønna si trova in una depressione naturale protetta che ricorda un circo glaciale e ha una piccola area di bacino idrografico senza ingressi fluviali. Pertanto, è considerato un luogo ideale per la cattura di materiali trasportati dal vento, non essendo presenti altri processi naturali come erosione fluviale, movimenti di massa o azioni glaciali nel bacino idrografico. Nonostante ciò, l’area è stata occupata dall’uomo per migliaia di anni e si presume che la torba nelle vicinanze sia stata sfruttata come combustibile o materiale da costruzione (Gundersen et al., 1972; Fjærvoll, Data Sconosciuta). Borg, situata a circa 50 km a sud di Fjærvoll, fu un insediamento significativo e la dimora di un capotribù dall’Era Pre-Romana fino al XIII secolo (Munch et al., 2003; Solli, 2004). Le ricerche condotte da D’Anjou et al. (2012) sui sedimenti del Lago Lilandsvatnet, vicino all’insediamento preistorico di Borg, hanno evidenziato tracce di disboscamento tramite bruciature attorno a 2300 anni fa e un intensificarsi dell’occupazione umana e del pascolo attorno a 1500 anni fa, eventi questi associati al periodo delle grandi migrazioni in Scandinavia. Da queste evidenze, e quelle del sito di Føre, si deduce che l’impatto umano sul paesaggio abbia modellato l’area negli ultimi 2500-2000 anni.

La torba, o zolle di questo materiale palustre, è stata utilizzata in Scandinavia fin dal Neolitico per costruire tumuli, edifici e case lunghe (Bertelsen e Lamb, 1993; Mook e Bertelsen, 2007). L’estrazione della torba avveniva scavando fossati, utili sia per asportare pezzi di torba adatti sia per prosciugare le zone paludose circostanti. A sud del Lago Nøkktjønna si trovano almeno sette di questi fossati con profondità che variano da 0,8 a 1,2 metri (Figura 9). I fossati nella parte occidentale, posizionati circa un metro più in alto nel terreno e sopra la falda freatica, sono più invasi dalla vegetazione e risultano essere più antichi rispetto a quelli situati nella parte orientale, più umida, che appaiono più dritti e distinti. La relazione età-profondità della parte superiore del campione di torba indica che il fondo dei fossati (profondità da 0,8 a 1,2 metri), ovvero la superficie esposta più antica, ha un’età di circa 250-450 anni nella parte umida orientale (Figura 8).

La torba asciutta, essendo più compatta e accumulandosi più lentamente, è preferibile a quella umida per scopi combustibili e costruttivi. È ragionevole supporre che l’estrazione della torba a Nøkktjønna sia cominciata dalle aree più elevate rispetto alla falda freatica, cioè dalle zone dove la torba era più secca. Durante e dopo l’estrazione, è probabile che la torba antica sia stata trasportata al lago di Nøkktjønna attraverso le acque di pioggia o di fusione delle nevi, per poi essere redepositata. Con l’esaurirsi delle risorse di torba migliore e più compatta, si presuppone che sia stata poi sfruttata quella più umida e vicina al livello della falda, come quella nella parte est della torbiera.

La cronologia esatta dell’estrazione della torba nella zona rimane incerta; tuttavia, secondo le testimonianze della comunità locale, tale pratica si è conclusa intorno al 1950 d.C., e la maggior parte dell’estrazione avveniva nelle zone pianeggianti più prossime al livello del mare, perché più facilmente raggiungibili (come indicato nella Figura 4). A seguito di questa analisi, si ipotizza che le quattro datazioni al radiocarbonio più superficiali del campione NØKU118 siano state alterate dalla presenza di resti vegetali antichi portati nel lago dall’estrazione della torba. Questo fenomeno di redeposizione di materiale antico dalla torbiera circostante durante l’epoca di insediamento ha generato un gruppo di date anormalmente elevate nei sedimenti lacustri superiori. Sulla base del modello di età-profondità (Figura 8), si può dedurre che l’attività di ri-sedimentazione e di estrazione della torba abbia avuto inizio circa 2500–2000 anni fa.

La Figura 9 mostra una rappresentazione tridimensionale del bacino idrografico di Nøkktjønna, evidenziando le modificazioni del terreno dovute all’estrazione di torba, in particolare ai fossi di drenaggio. Questi fossi, che hanno una profondità media di un metro, sono visibili come rettangoli marroni sulla mappa. Le curve di livello, che hanno un intervallo di 5 metri sulla terraferma e di 0,5 metri nel corpo d’acqua, indicano le variazioni di altezza del terreno e della profondità del lago, rispettivamente.

La zona di torba secca, situata a circa un metro più in alto rispetto al livello del lago, ha una maggiore probabilità di erogare materiale nel lago a causa dell’erosione superficiale, un processo noto come in-wash. D’altra parte, la torba umida si trova alla stessa altitudine del lago, il che suggerisce una minore possibilità di in-wash a causa della sua vicinanza al livello dell’acqua.I punti di campionamento della torba, da cui sono stati estratti i campioni analizzati per la costruzione dei modelli di età-profondità, sono segnati con stelle rosse e identificati come NØKU118 e NØKR118. Le frecce nere indicano la direzione di scorrimento del terreno e forniscono una guida su come il materiale potrebbe essere stato trasportato nel lago. Questa mappa è quindi una chiave per comprendere l’impatto delle attività umane passate sul paesaggio e su come queste abbiano influenzato l’accumulo di sedimenti nel lago.

Fonti di Sabbia

La mappatura geomorfologica, unita all’analisi stratigrafica e alle date ottenute con il metodo del radiocarbonio, ha permesso di stabilire che i depositi eolici e le dune di sabbia presso Fjærvoll si sono formati dopo il picco della transgressione di Tapes, avvenuto intorno a 6800 anni fa. A quel tempo, il livello del mare aveva raggiunto la sua altezza massima, circa 9 metri sopra il livello attuale del mare, durante la parte centrale dell’Olocene. Il paesaggio naturale è stato da allora significativamente alterato, specialmente con l’introduzione di terreni coltivati a scopo agricolo. La duna antistante la zona di Fjærvoll, indicata come Sezione A, è oggi meno della metà della sua estensione originaria, ridotta dall’estrazione di sabbia; in passato, si estendeva per circa 400 metri nella parte settentrionale della baia. Questa duna, densamente vegetata e ormai stabile, mostra oggi soltanto una limitata attività eolica, con la formazione di nuove piccole dune lungo il litorale.

Nella duna antistante non si rilevano strati di paleosuoli, il che suggerisce una crescita costante con la possibilità che si siano verificati eventi erosivi dopo il periodo di massima elevazione del livello marino di Tapes. Il dato più antico trovato in questa duna, che si basa su frammenti di guscio, corrisponde a un’età di 4945±200 anni fa, situato a 8.6 metri sopra l’attuale livello del mare. Si ipotizza che le basse profondità marine davanti alla costa di Fjærvoll, unite a significative variazioni di marea e a condizioni favorevoli dei venti, abbiano favorito l’accumulo di sabbia e la formazione delle dune. I diversi livelli rilevati sulla duna potrebbero riflettere le varie fasi della sua formazione, avvenute durante un progressivo calo del livello del mare o a causa dell’erosione determinata dalle onde durante le tempeste.

La Sezione B, più all’interno rispetto alla duna frontale, testimonia condizioni marine o lagunari poco profonde, con sedimenti laminati e incrociati depositatisi durante e dopo il massimo di Tapes. Questo è confermato dalla data più antica registrata per questa sezione, di 5945±185 anni fa, a una altezza di 5.7 metri sopra l’attuale livello del mare.

I sedimenti portati dal vento che si trovano al di sopra di questo strato si sono depositati in un’epoca in cui il livello del mare stava calando, dopo il picco massimo della Transgressione di Tapes. Questo contesto ha creato le condizioni ideali per l’accumulo di sabbia che ha dato avvio alla formazione delle dune costiere a Fjærvoll. Gli strati arricchiti di carbone con frammenti di ossa, situati tra i 7 e i 7,5 metri sopra il livello del mare attuale, sono testimoni dell’occupazione umana e potrebbero essere legati alle pratiche agricole di taglio e bruciatura, comuni in Norvegia durante l’età del Bronzo (Sjögren e Arntzen, 2013). È anche ipotizzabile che questa sezione corrisponda a un antico deposito di rifiuti, o midden.

La datazione sia degli strati colmi di carbone sia dei singoli ossi dai livelli vicini indica un’età di 1765±60 e 1720±30 anni rispettivamente, posizionandoli nell’Età del Ferro Romana (tra l’anno 0 e il 400 d.C.) e in un periodo in cui l’agricoltura in Norvegia stava vivendo una fase di espansione (Kaland, 2008). Sopra questi strati con resti di carbone, si sono accumulati circa 1,5 metri di sedimenti eolici, segno di un rapido incremento dovuto a un massiccio afflusso di sabbia nel corso degli ultimi circa 1700 anni.

La Figura 10 combina diverse misurazioni e analisi per costruire un quadro complesso dell’evoluzione ambientale e climatica nella zona di Fjærvoll, in Norvegia.

(a) Inizia con la curva del Livello Relativo del Mare (RSL) ottenuta da dati raccolti a Ramså, che illustra come il livello del mare sia cambiato nel tempo. Sulla stessa trama, vediamo la crescita interpretata delle dune costiere nelle Sezioni A e B, con campioni data al radiocarbonio (14C) indicati dai quadratini rossi. Le linee nere marcano la velocità di accumulo delle dune nel tempo.

(b) Un secondo grafico rappresenta il rapporto tra la vegetazione forestale e quella delle praterie, dedotto dalla composizione chimica delle cere fogliari, e mostra come questo rapporto sia variato nel tempo nella regione di Vestvågøy.

(c) Segue un grafico sull’indice delle traiettorie delle tempeste che si è spostato nord nel corso del tempo, suggerendo cambiamenti nei percorsi delle tempeste atmosferiche.

(d) La ricostruzione della precipitazione invernale, ottenuta dai laghi lontani dai ghiacciai lungo la costa occidentale della Norvegia, ci fornisce un’idea della forza dei venti occidentali nel tempo, un indicatore di condizioni climatiche passate.

(e) Un quinto grafico traccia l’influsso di sedimenti eolici nel lago di Nøkktjønna, con i valori basati sulla dimensione dei grani di sabbia rilevati. Le linee tratteggiate mostrano la deviazione standard dalla media, mentre le aree grigie indicano periodi di moderato deposito di sedimenti eolici.

(f) Un altro grafico evidenzia le variazioni nell’intensità delle tempeste a Nykvåg, confrontando una scala logaritmica con una lineare.

(g) Infine, il confronto di cinque record di tempeste diversi, sia locali che regionali, dall’Europa settentrionale offre una panoramica su come gli eventi di tempesta sono stati registrati in differenti siti, inclusi Latjønna, Trehynnvatnet, questo studio, un accumulo di dati di tempeste dalla Svezia meridionale, e la palude di Laphroaig in Scozia.

Insieme, questi grafici mettono in luce come le condizioni ambientali, come la vegetazione e il clima, e gli eventi come le tempeste e le variazioni del livello del mare, abbiano influenzato la formazione e l’accumulo di sedimenti nelle dune di Fjærvoll nel corso di migliaia di anni.

Tempesta a Fjærvoll

Il carotaggio dei sedimenti del lago Nøkktjønna (NØKU118) ha rivelato tre tipi di sedimenti (vedi Figura 7): (1) sedimenti ricchi di materia organica (DBD=0,14g/cm³), (2) sedimenti ricchi di materia organica con inclusi granuli sabbiosi supportati dalla matrice (DBD=0,17 g/cm³), e (3) sedimenti prevalentemente sabbiosi con particelle organiche (DBD=0,24 g/cm³). Quest’ultimo tipo appare solo come un unico strato nella parte superiore del nucleo. Le analisi effettuate tramite scansione CT e la pesatura manuale dei granuli minerali indicano un arricchimento di sabbia nei 25 cm superiori del nucleo, corrispondenti agli ultimi circa 4500 anni cal. BP, secondo il modello di età-profondità (Figura 8).

L’area di drenaggio del lago è prevalentemente coperta da una torbiera, con presenze di morena e roccia esposta (per lo più vegetata), senza fonti evidenti di materiale sabbioso. Il lago è alimentato principalmente da acque sotterranee, non essendoci afflussi di corsi d’acqua superficiali. Di conseguenza, il trasporto fluviale non è considerato un meccanismo di trasporto delle particelle sabbiose nei sedimenti lacustri. L’incremento del contenuto di sabbia nel nucleo coincide anche con picchi e livelli più elevati di calcio (Ca) nei dati XRF, suggerendo un maggior apporto di sabbia ricca di conchiglie.

Si ritiene che i granuli di sabbia in Nøkktjønna vengano depositati durante periodi di forti venti che erodono e trasportano i sedimenti dalle spiagge e dalle dune di Fjærvoll. Questo fenomeno si verifica probabilmente per saltazione o sospensione durante l’inverno, quando l’attività dei venti è più intensa e il lago e le superfici circostanti sono ghiacciati o coperti di neve. Questo è confermato anche dal ritrovamento di granuli di sabbia sulla neve all’interno delle dune lungo la costa di Fjærvoll. Pertanto, il record sedimentario di Nøkktjønna riflette potenzialmente periodi di intensa attività eolica durante l’Olocene medio e tardo (ultimi 7250 anni cal. BP).

Per costruire un registro continuo degli eventi di trasporto eolico passati a Fjærvoll, è stato impiegato un approccio combinato che utilizza il metodo di Influsso di Sabbia Eolica (ASI), basato sulle dimensioni dei granuli tra 125 e 250 e superiori a 250 µm (secondo Björck e Clemmensen, 2004), insieme ai conteggi di particelle ottenuti dai dati CT del nucleo NØKU118. Questi dataset quantificano la presenza di granuli di sabbia nel nucleo e fungono da indicatori dell’influsso eolico. I dati sono stati adeguati in base al tasso di sedimentazione, standardizzati e integrati, formando una curva media con deviazioni standard che rappresentano l’attività eolica a Fjærvoll (vedi Figura 10e).

Il profilo storico a Fjærvoll è caratterizzato da un’attività eolica generalmente bassa, soprattutto durante il periodo di circa 2800 anni tra 4300 e 1500 anni cal. BP. Tuttavia, sono stati individuati brevi intervalli di intensa attività eolica (oltre il 90° percentile dell’influsso) intorno agli anni 6950-6900, 6500, 6100-6000, 5800-5750 e circa 350-20 anni cal. BP. L’ultimo di questi periodi, corrispondente alla Piccola Era Glaciale, è stato particolarmente intenso, come evidenziato dalla presenza di uno strato visibile di sabbia. Inoltre, un’influenza eolica moderata (sopra il 70° percentile dell’influsso) è stata documentata nei periodi 7250-6950, circa 6750-6400, 6100-5750, circa 1500-900 e 530-20 anni cal. BP.

Contesto Regionale e Clima dell’Atlantico Nord

A confronto con il vicino sito di Nykvåg, situato a circa 12 km a nord di Fjærvoll in un ambiente simile (Nielsen et al., 2016c), il record di Fjærvoll mostra una variabilità inferiore e una minore risoluzione temporale nella ricostruzione delle attività eoliche. La notevole differenza tra i due siti potrebbe essere attribuita alla diversa esposizione ai venti di sud-ovest, alle differenti aree di drenaggio, alle maggiori distanze di trasporto della sabbia da fonte a destinazione a Fjærvoll, o anche all’impiego umano del territorio a Fjærvoll. Nonostante ciò, entrambi i record indicano periodi di tempestosità da moderata ad alta dopo la trasgressione di Tapes (circa 6900–5700 anni cal. BP) e tra il 1500 e il 0 anni cal. BP, con particolare intensità durante il periodo della Piccola Era Glaciale (circa 1500–1900 d.C.), durante il quale sono stati registrati valori significativamente più alti. Il periodo intenso tra circa 6900 e 5700 anni cal. BP è probabilmente collegato a un calo del livello del mare dopo il picco della trasgressione di Tapes, che aumentò la disponibilità dei sedimenti per la deflazione. Di conseguenza, la disponibilità di sedimenti ha avuto un ruolo cruciale nella quantità di materiale eroso e trasportato nel lago durante il Mid-Olocene. Questo aumento dell’attività tempestosa durante la Piccola Era Glaciale è ben documentato da studi simili nell’area dell’Atlantico Nord, indicando un periodo di crescente frequenza o intensità delle tempeste in tutta la regione (ad esempio, Bampton et al., 2017; Clemmensen et al., 2009; Kylander et al., 2020; Orme et al., 2016a, 2016b; Wilson et al., 2004).

Le dune di Fjærvoll mostrano una significativa attività eolica, con quasi 2 metri di deposito di sabbia nella Sezione B dal 1500 anni cal. BP fino ai giorni nostri (Figura 10a). Questo dimostra che le dune sono più sensibili all’attività eolica rispetto ai sedimenti del lago Nøkktjønna. Un fenomeno simile è stato osservato anche nel campo di dune di Andøya, circa 50 km a nord-est di Fjærvoll, dove è stato registrato un notevole afflusso di sedimenti eolici al Lago Latjønna dal 1600 al 600 anni cal. BP (Figura 10g), interpretato come indicativo di un’intensa attività eolica nel periodo che ha causato la mobilizzazione delle dune (Nielsen et al., 2016b).

A Vestvågøy, situata a sud di Langøya, sono stati impiegati biomarcatori come steroli fecali, composti di cera fogliare e idrocarburi aromatici policiclici (PAHs) per quantificare la presenza iniziale degli umani e i cambiamenti nella vegetazione (D’Anjou et al., 2012). I dati rivelano un incremento delle praterie tra il 6500 e il 5500 e tra il 2250 e il 1500 anni cal. BP, fenomeni associati a deforestazione e all’aumento della popolazione umana e animale (Figura 10b). La prima fase di disboscamento segue i periodi di afflusso eolico a Nøkktjønna, iniziando nel 7250 anni cal. BP. La seconda fase precede la mobilizzazione delle dune a Fjærvoll, che inizia nel 1500 anni cal. BP, e coincide con un aumento dell’afflusso eolico a Nøkktjønna. Questi dati suggeriscono che non esista un collegamento diretto tra il disboscamento e l’attivazione della sabbia. Tuttavia, la rimozione continua della vegetazione facilita il movimento della sabbia eolica nel paesaggio.

Orme et al. (2017) propongono che un cambio nella direzione delle traiettorie delle tempeste verso nord sia avvenuto tra il 3000 e l’800 anni cal. BP (Figura 10c), spiegando così l’aumento di attività eolica e tempestosità a Fjærvoll a partire da circa 2000 anni cal. BP. In parallelo, si registra un incremento del flusso di acque atlantiche mosse dal vento nel Mare di Norvegia (Giraudeau et al., 2010). Questo cambiamento è stato interpretato come il risultato dell’insolazione e della pressione esercitata dal ghiaccio marino, che hanno causato un raffreddamento polare e un accentuato gradiente di temperatura latitudinale. Questi fattori confermano l’ipotesi di una traiettoria delle tempeste spostata verso nord, come indicato dagli archivi eolici terrestri.

Le analisi dei ghiacciai in Norvegia indicano che durante l’Olocene recente, in particolare negli ultimi circa 2000 anni, si sono verificate precipitazioni invernali abbondanti e forti venti occidentali (vedi Figura 10d) (ad esempio, Bakke et al., 2008; Jansen et al., 2016; Nielsen et al., 2016a). Queste condizioni di alta umidità possono generalmente limitare la deflazione eolica. Tuttavia, dato che nel nord della Norvegia le precipitazioni invernali si verificano generalmente sotto forma di neve, questo fenomeno potrebbe in realtà favorire il movimento della sabbia attraverso processi di attività niveo-eolica (ad esempio, Koster, 1988). Considerando che le aree di origine della sabbia a Fjærvollsanden sono spesso prive di neve o ghiaccio a causa delle variazioni di marea, si osservano periodi di intensa attività niveo-eolica.

Questa dinamica è stata osservata anche in studi simili condotti nel sud della Svezia (Björckl e Clemmensen, 2004; De Jong et al., 2006). Inoltre, le temperature vicine allo zero gradi tendono a formare una crosta ghiacciata sulla neve, come è stato il caso durante l’inverno del 2023 (www.senorge.no), riducendo la rugosità superficiale. Di conseguenza, il record di Nøkktjønna (Figura 10e) sembra riflettere periodi caratterizzati dalla presenza di neve e superfici ghiacciate, dall’apertura del paesaggio a seguito dello sviluppo agricolo e dal transito di tempeste particolarmente intense.

Conclusioni

Questo studio ha esaminato le attività eoliche passate a Fjærvoll, nel nord della Norvegia, analizzando le dune di sabbia costiere e i sedimenti lacustri del lago Nøkktjønna, situati circa 1,5 km dall’interno della costa. Abbiamo utilizzato una combinazione di tre parametri dei sedimenti del lago, che indicano l’afflusso di granuli minerali, come proxy per valutare l’attività eolica.

Le tendenze principali osservate in questo studio presentano similitudini con altre ricostruzioni nel nord della Norvegia, suggerendo che l’afflusso eolico a Nøkktjønna sia correlato ai pattern di circolazione atmosferica su larga scala nell’Atlantico del Nord. Sono stati identificati sei periodi di intenso afflusso eolico (oltre il 90° percentile dell’afflusso) registrati intorno agli anni 6950, 6500, 6100-6000, 5800-5750 e circa 350-20 cal. BP nel lago. L’aumento dell’afflusso di sabbia eolica sembra essere legato a variazioni nei percorsi delle tempeste, combinati con oscillazioni del livello del mare, condizioni di copertura nevosa o superfici ghiacciate e un incremento dell’impatto antropico negli ultimi 1500 anni. I tassi di afflusso più elevati sono stati osservati durante la Piccola Era Glaciale (CE 1600-1930), un periodo particolarmente freddo caratterizzato da una marcata tempestosità nel nord Europa.

https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/09596836231225724

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