Il lavoro qui descritto esamina l’influenza dell’oscillazione quasi-biennale equatoriale (QBO) sugli extratropici utilizzando un modello stratosferico meccanicistico tridimensionale con troncamento zonale. I risultati del modello indicano che la risposta degli extratropici alla QBO è fortemente dipendente dall’allineamento di fase della QBO con il ciclo annuale: il segnale di risposta degli extratropici varia di un fattore di 8 tra l’allineamento di fase che determina la risposta minima e quello che determina la risposta massima. Le simulazioni di modello nelle quali sono variate la struttura temporale e in altezza della QBO suggeriscono che, in questo modello con troncamento zonale, l’intervallo di altezza equatoriale di 21–23 km è il più influente sulla risposta extratropicale, e che il periodo di fine autunno/inizio inverno è quello in cui la QBO esercita la maggiore influenza sulla circolazione extratropicale. Il coefficiente di correlazione tra la QBO (misurata mediante il vento zonale) e gli extratropici (misurati mediante il vento zonale o la temperatura potenziale) può raggiungere 0,95. Il coefficiente di correlazione è maggiore per le simulazioni con una forzatura delle onde al confine inferiore meno intensa di quella che genera la maggiore variabilità interannuale extratropicale. Per una forzatura delle onde extratropicali più intensa, il coefficiente di correlazione è leggermente inferiore, ma il coefficiente di regressione del termine lineare in un fit ai minimi quadrati è significativamente maggiore.
Il testo descrive una ricerca scientifica focalizzata sull’analisi dell’influenza dell’Oscillazione Quasi-Biennale Equatoriale (QBO) sulla stratosfera delle regioni extratropicali. La QBO è un fenomeno atmosferico caratterizzato da una variazione periodica dei venti equatoriali nella stratosfera, con un ciclo che si completa circa ogni due anni. Questa oscillazione può influenzare i modelli meteorologici ben oltre la regione equatoriale.
Ecco i punti chiave del testo per una migliore comprensione:
- Modello di studio: La ricerca utilizza un modello meccanicistico tridimensionale della stratosfera, che è stato semplificato eliminando le variazioni zonali (est-ovest). Questo modello aiuta a isolare e studiare gli effetti specifici della QBO sugli extratropici, ovvero le regioni al di fuori dei tropici.
- Dipendenza dalla fase della QBO: I risultati mostrano che l’impatto della QBO sulle regioni extratropicali varia enormemente a seconda di come la fase della QBO (cioè, se i venti sono principalmente orientati verso est o verso ovest) si allinea con il ciclo annuale. In particolare, c’è una variazione significativa (fino a otto volte) nella risposta extratropicale tra l’allineamento di fase che produce la minima risposta e quello che produce la massima.
- Importanza dell’altezza e del periodo dell’anno: Le simulazioni indicano che l’altezza equatoriale tra i 21 e i 23 chilometri è la più critica per influenzare le regioni extratropicali. Inoltre, la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno sono i periodi in cui la QBO ha il maggiore impatto sulla circolazione extratropicale.
- Correlazione con la forzatura delle onde: La ricerca ha trovato una forte correlazione (fino a 0,95) tra la QBO e le variazioni nella stratosfera extratropicale, misurate attraverso il vento zonale o la temperatura potenziale. Questa correlazione è particolarmente forte quando la forzatura delle onde al limite inferiore del modello è debole. Con una forzatura delle onde più forte, la correlazione diminuisce leggermente, ma il rapporto diretto tra la QBO e i cambiamenti nella stratosfera extratropicale diventa più evidente.
In sintesi, lo studio sottolinea come la QBO possa avere un effetto notevole sui modelli climatici e meteorologici nelle regioni lontane dall’equatore, e come questo effetto varii significativamente in base a fattori specifici come l’allineamento di fase della QBO e le condizioni di forzatura delle onde. Questa comprensione aiuta i ricercatori a migliorare i modelli climatici e meteorologici, contribuendo a previsioni più accurate.
1. Introduzione
Il tema relativo all’influenza della fase dell’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) equatoriale sugli extratropici ha già ricevuto considerevole attenzione scientifica. L’ipotesi più diffusamente accettata oggi è stata originariamente avanzata da Holton e Tan (1980, 1982) e da McIntyre (1982). Analizzando 16 anni di dati del National Meteorological Center (NMC), Holton e Tan osservarono che l’altezza geopotenziale polare invernale a 50 mb (circa 21 km) tendeva ad essere inferiore, indicando venti est-ovest (ossia occidentali) più deboli, negli anni caratterizzati da una QBO equatoriale orientata verso est a 50 mb rispetto agli anni con una QBO orientata verso ovest (e quindi orientale).
Si presume che questa variabilità legata alla QBO negli extratropici dell’Emisfero Nord, spesso citata come la QBO extratropicale o l’Oscillazione di Holton-Tan, sia il risultato dello spostamento, indotto dalla QBO equatoriale, della fascia di latitudini tropicali e subtropicali dove i venti sono più deboli e dove le onde di Rossby quasi-stazionarie tendono a frammentarsi e dissolversi. Queste onde di Rossby si propagano verso l’alto nella stratosfera extratropicale. In presenza di una QBO orientata verso ovest, la banda di venti deboli subtropicali si estende più verso i poli, confinando le onde di Rossby più vicino al vortice polare e rendendole più efficaci nel disturbare il vortice stesso e causare un riscaldamento invernale. Tuttavia, Holton e Tan (1980, 1982) non riuscirono a identificare differenze significative nel flusso di Eliassen-Palm (EP) tra le fasi orientate verso est e verso ovest della QBO.
L’esistenza della QBO extratropicale e la validità del meccanismo dinamico proposto sono state ulteriormente confermate dalle analisi osservative effettuate da Dunkerton e Baldwin (1991) e da Baldwin e Dunkerton (1991). Dunkerton et al. (1988) correlarono la fase della QBO con i riscaldamenti invernali definendo come riscaldamento maggiore invernale secondo la definizione dell’Ufficio Meteorologico Mondiale e utilizzando la profondità dei venti orientati verso est della QBO come statistica di fase della QBO, osservando che i riscaldamenti maggiori non avvenivano mai quando c’erano venti profondi della QBO orientati verso est a metà inverno. Dunkerton e Baldwin (1991), utilizzando un’estensione del dataset (NMC 1964–88) impiegato da Holton e Tan (1980), rilevarono la massima correlazione impiegando i venti della QBO a 40 mb e i venti extratropicali a 62°N, 10 mb per quantificare l’entità del riscaldamento invernale. La correlazione più elevata si verificò nei mesi da novembre a febbraio.
Scoprirono che il getto notturno polare era meno intenso negli anni caratterizzati da una QBO orientata verso ovest rispetto a quelli con una QBO orientata verso est, in conformità con i risultati ottenuti da Holton e Tan (1980). Inoltre, constatarono che i flussi delle onde planetarie erano in linea con il meccanismo proposto da Holton-Tan. Baldwin e Dunkerton (1991) utilizzarono dati aggiuntivi per il periodo 1978-1990 (inclusi osservazioni relative ai Tropici e all’Emisfero Sud) per dimostrare che la QBO extratropicale si estendeva fino alla stratosfera superiore. Più di recente, Naito e Yoden (2005) hanno impiegato il dataset di rianalisi di 46 anni del National Centers for Environmental Prediction–National Center for Atmospheric Research (NCEP–NCAR) per analizzare la QBO extratropicale nella troposfera e nella stratosfera, ponendo particolare enfasi sulla significatività statistica dei segnali rilevati.
Holton e Austin (1991) condussero studi di modellizzazione numerica per valutare l’influenza della fase della QBO sugli extratropici, utilizzando un modello stratosferico meccanicistico tridimensionale (simile a quello qui impiegato, ma non troncato zonalmente). Furono eseguite coppie di simulazioni modello corrispondenti per una stagione invernale in condizioni identiche, eccetto per l’inizializzazione con venti QBO idealizzati in fase opposta nei Tropici. La forzatura delle onde extratropicali fu ottenuta mediante una perturbazione di onda-1 nel geopotenziale al limite inferiore (come nel modello 3D qui utilizzato). Furono impiegati tre diversi valori di ampiezza della forzatura dell’onda. La fase della QBO ebbe un impatto minimo sia per forzature extratropicali deboli sia per quelle forti. Al valore di forzatura intermedio, si verificarono riscaldamenti stratosferici in entrambe le simulazioni, ma i dettagli dipendevano dalla fase della QBO [cfr. Holton e Austin (1991), loro Fig. 3].
O’Sullivan e Young (1992) e O’Sullivan e Dunkerton (1994) eseguirono coppie di simulazioni corrispondenti, ma rappresentando la QBO mediante un unico strato profondo orientato verso est/ovest, come per la QBO “non stratificata” discussa successivamente nella sezione 4, anziché un vento verticalmente stratificato. O’Sullivan e Young (1992) riscontrarono che, per valori intermedi di forzatura extratropicale, l’evoluzione invernale era più turbolenta nella simulazione con la QBO orientata verso ovest rispetto a quella con la QBO orientata verso est.
Ulteriori simulazioni con il modello hanno evidenziato che la differenza tra le simulazioni con QBO orientata verso est e quelle orientate verso ovest si accentuava ampliando la scala latitudinale dell’anomalia della QBO e che tale differenza si riduceva innalzando di 9 km la posizione altitudinale della QBO (passando da una centratura a 29,5 km a una a 38,5 km). O’Sullivan e Dunkerton (1994) hanno analizzato simulazioni di modelli analoghi, discutendo la concezione della QBO extratropicale in termini di una biforcazione i cui particolari dipendono dai valori di forzamento geopotenziale extratropicale. Naito et al. (2003) hanno utilizzato simulazioni di un inverno perpetuo della durata di 10.800 giorni in un modello di circolazione generale semplificato (cioè, con una troposfera attiva, ma senza parametrizzazioni fisiche avanzate) per mostrare che esiste una risposta extratropicale statisticamente significativa a perturbazioni stabili simili alla QBO del tipo previsto dai risultati sopra menzionati.
Hamilton (1998) ha descritto una simulazione con un modello di circolazione generale (GCM) estesa su 48 anni, includendo una troposfera realistica e impiegando un meccanismo di relax per indurre la QBO nella stratosfera equatoriale inferiore. Utilizzando il vento della QBO a 40 mb, ha scoperto che, in media, la temperatura invernale polare nell’emisfero nord era più calda di 3°C negli anni con una QBO orientata verso ovest rispetto a quelli con una QBO orientata verso est, benché ci fosse una variabilità significativa all’interno di ciascuna fase.
Uno studio di modellizzazione recente di Gray et al. (2001a), utilizzando un modello meccanicistico tridimensionale e simulazioni pluriennali, non ha rilevato nessuna oscillazione Holton–Tan realistica quando la QBO equatoriale era indotta su un intervallo di altezza standard (16–32 km), ma ha osservato che un’oscillazione Holton–Tan realistica si manifestava quando la QBO era indotta su un intervallo di altezza esteso (16–58 km). Studi successivi (Gray 2003; Gray et al. 2003) hanno approfondito questa influenza dalla stratosfera superiore. La conclusione principale di Gray (2003) era che la QBO della stratosfera inferiore influenzava l’inizio dell’inverno, quando il flusso è relativamente lineare, ma più avanti nell’inverno, quando il flusso diventa fortemente non lineare, l’influenza maggiore potrebbe derivare dalla regione della stratopausa equatoriale. Gray et al. (2003) hanno ulteriormente indagato su questo comportamento non lineare, evidenziando il possibile ruolo degli anticicloni migratori (numeri d’onda 3–6) nel rafforzare l’Alta delle Aleutine. Gray et al. (2004) hanno presentato risultati di modellizzazione secondo cui la tempistica dei riscaldamenti stratosferici dipende dai venti equatoriali/subtropicali.
Diversi autori, tra cui Gray et al. (2001b) e Naito e Hirota (1997), hanno notato che il legame tra l’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) e i riscaldamenti invernali nell’emisfero nord potrebbe essere influenzato dalla fase del ciclo solare undecennale. In questo studio, analizziamo dettagliatamente l’influenza del QBO equatoriale sugli extratropici utilizzando un modello meccanicistico tridimensionale con troncamento zonale, che incorpora il forzamento delle onde planetarie extratropicali al confine inferiore artificiale. Nel modello viene indotta un’oscillazione simile al QBO attraverso uno schema di rilassamento. Sebbene il periodo di tale oscillazione non corrisponda necessariamente a quello del QBO osservato, utilizziamo un QBO con un periodo di esattamente due anni per garantire che l’allineamento di fase tra il QBO e il ciclo annuale si ripeta annualmente. Le simulazioni sono condotte su più anni per permettere un’interpretazione chiara della risposta interannuale degli extratropici e, ove necessario, per esaminare gli aspetti in maggiore dettaglio. In particolare, esaminiamo l’influenza di tre fattori della dinamica equatoriale sulla risposta extratropicale al QBO: primo, variando l’allineamento di fase tra il QBO e il ciclo annuale in due diversi set di simulazioni, una con un QBO che presenta un tipico taglio verticale e l’altra senza. I risultati sono analizzati alla luce del meccanismo di Holton-Tan. Secondo, conduciamo una serie di simulazioni variando l’altezza del QBO nella stratosfera per confrontare i risultati con quelli di Gray et al. (2001a). Terzo, modificando drasticamente l’evoluzione temporale del QBO equatoriale per valutare se determinati momenti dell’evoluzione stagionale siano più rilevanti di altri per la risposta degli extratropici ai Tropici. Successivamente, utilizziamo un QBO con un periodo non intero di anni in una simulazione pluriennale estesa. Ciò significa che la fase del QBO varia annualmente rispetto al ciclo annuale, riflettendo le osservazioni reali. Mostriamo sia la correlazione tra il QBO e gli extratropici, sia la regressione degli extratropici rispetto al QBO, discutendo l’impatto dell’ampiezza del forzamento delle onde extratropicali.
La struttura dell’articolo è organizzata come segue: la Sezione 2 dettaglia il modello numerico e il meccanismo di forzatura del segnale dei venti del QBO equatoriale. La Sezione 3 definisce un criterio adeguato per misurare l’ampiezza del QBO extratropicale. La Sezione 4 esamina l’effetto dell’allineamento di fase tra il QBO equatoriale e il ciclo annuale sulla risposta degli extratropici. La Sezione 5 esplora le conseguenze della variazione dell’altezza e della struttura temporale del QBO equatoriale. La Sezione 6 affronta le tematiche legate alla correlazione e alla regressione. Infine, la Sezione 7 offre le conclusioni complessive.
- Il modello meccanicistico tridimensionale
Il modello impiegato in questa ricerca è un modello meccanicistico basato sulle equazioni primitive, sviluppato da Saravanan nel 1992 e precedentemente utilizzato da Scott e Haynes nel 1998. Questo modello adotta la pressione come coordinata verticale e si avvale di una rappresentazione spettrale in orizzontale all’interno di un dominio sferico. Le equazioni primitive sono risolte tramite rappresentazione armonica sferica in orizzontale e una griglia in verticale. Le serie armoniche sferiche sono troncate in modo anisotropico, includendo armoniche fino al numero d’onda totale di 21, ma limitando le componenti alla media e all’onda-1 in longitudine. Questo marcato troncamento longitudinale è stato adottato per consentire l’esecuzione di numerose simulazioni pluriennali, essenziali per un’analisi dettagliata dello spazio dei parametri. Questa scelta è parzialmente giustificata dall’osservazione che sono i numeri d’onda zonali inferiori a dominare l’evoluzione su larga scala della stratosfera oggetto di studio (es. Haynes e McIntyre, 1987). Lo stesso modello numerico e questo approccio generale sono stati applicati da Scott e Haynes in vari studi (1998, 2000, 2002) per indagare altre questioni legate alla variazione stagionale e interannuale della stratosfera, ottenendo risultati promettenti.
Il modello utilizza la pressione come coordinata verticale e seleziona livelli distanziati uniformemente in altezza logaritmica della pressione. Copre un intervallo di altezza da 10 a 70 km in coordinate di pressione logaritmica. I superiori 10 km del modello implementano uno strato assorbente per evitare riflessioni onde spurie. La condizione al bordo inferiore è definita specificando l’ampiezza della perturbazione dell’altezza geopotenziale al livello di pressione più basso. Per l’avanzamento temporale si utilizza uno schema a leapfrog, complementato da un filtro di Robert per attenuare le modalità computazionali.
Nel modello sono inclusi termini di smorzamento sotto forma di raffreddamento Newtoniano, attrito di Rayleigh e smorzamento su piccola scala mediante iperdiffusione al ottavo ordine. Il raffreddamento Newtoniano è particolarmente significativo per le ricerche qui presentate, rappresentando il ciclo stagionale attraverso il rilassamento del modello verso una distribuzione di temperatura potenziale variabile nel tempo. Questa temperatura potenziale di equilibrio radiativo viene calcolata come la sovrapposizione sinusoidale di due distribuzioni di temperatura potenziale, rappresentanti le stagioni estiva e invernale, calcolate per essere in equilibrio del vento termico con profili di vento zonale medio ideali per estate e inverno. Per dettagli su questi profili di vento e distribuzioni di temperatura, si rimanda all’appendice di Scott e Haynes (1998). Il testo prosegue spiegando come generare onde nel modello imponendo una perturbazione con numero d’onda zonale-1 all’altezza geopotenziale del bordo inferiore, limitata all’emisfero settentrionale. Questa perturbazione è presente solo tra i 30°N e il Polo, con il suo picco a 60°N, e rimane costante dopo un periodo iniziale di stabilizzazione. Cerco di spiegarlo senza ricorrere alle equazioni.
Per simulare un QBO equatoriale nel modello, si adotta un approccio di rilassamento verso un profilo di vento QBO prescritto, cercando di riprodurre i venti equatoriali osservati nel QBO. Questo processo include una serie di parametri come la velocità di discesa del QBO, l’ampiezza del QBO, e l’allineamento di fase tra il QBO e il ciclo annuale, oltre a funzioni specifiche che definiscono la distribuzione del QBO nello spazio e nel tempo.
Il meccanismo di rilassamento, aggiunto all’equazione che predice il vento zonale, è influenzato da una costante che determina l’intensità del rilassamento e da funzioni che dipendono dalla latitudine e dall’altitudine, mirate a modulare l’effetto del rilassamento nelle aree più influenzate dal QBO.
Le variabili del modello includono un tasso di rilassamento, la velocità di discesa del QBO, un angolo che determina l’allineamento di fase del QBO con il ciclo annuale, l’ampiezza del QBO e specifiche altitudini che indicano regioni di interesse nella stratosfera. Si sottolinea che i valori di queste variabili non replicano esattamente il QBO reale, poiché l’obiettivo è approssimare il comportamento del QBO, non replicarlo fedelmente.
Infine, il testo illustra come le caratteristiche del profilo QBO scelto siano rappresentate in varie figure: una mostra la struttura tempo-altezza del QBO, evidenziando l’effetto della variazione di un parametro chiave; un’altra figura mostra il profilo senza taglio verticale utilizzato in un’altra sezione dello studio; e un’ultima figura descrive la struttura latitudine-altezza del QBO idealizzato. Queste illustrazioni aiutano a comprendere l’impatto delle variazioni dei parametri e la periodicità del QBO può essere modificata tra diverse simulazioni per esplorare vari scenari.
- Misurazione della risposta extratropicale al QBO
Visto l’elevato numero di simulazioni del modello da confrontare, si rende necessaria l’identificazione di un metodo per quantificare la risposta extratropicale. Ciò permetterà di comparare le diverse simulazioni in maniera quantitativa e sintetica. La variazione principale in tutti i campi extratropicali è di natura annuale, dovuta al ciclo stagionale delle temperature. Le simulazioni mostrano variazioni nella deviazione dal ciclo annuale standard. Dall’analisi delle variabili in diverse simulazioni, emerge che la perturbazione al ciclo annuale regolare, per un QBO forzato con un periodo di un numero intero di anni, può essere: (a) trascurabile, (b) un ciclo biennale [la modalità di variabilità “interna” individuata da Scott e Haynes (1998)], (c) un’oscillazione periodica con lo stesso periodo del QBO equatoriale forzato, o (d) variabilità interannuale senza un modello o periodo evidente. Le simulazioni che si discostano dal ciclo annuale regolare tendono a manifestare questa perturbazione principalmente nel pieno inverno dell’emisfero nord, in forme di vario grado di disgregazione del vortice polare nordico.
A una data latitudine e altitudine, la variazione temporale del vento zonale medio, se regolare, avrà un periodo di 2 anni, il periodo del QBO rilassato, o potenzialmente una combinazione dei due. Per confrontare le risposte, è utile calcolare i componenti di Fourier corrispondenti a questi periodi. Scegliendo un periodo di analisi che sia multiplo sia di due che del periodo del QBO rilassato, si evitano errori di aliasing nell’analisi di Fourier. I primi quattro anni di ciascuna simulazione del modello sono esclusi per evitare gli effetti dell’avviamento del modello.
Per produrre un valore quantitativo unico che rappresenti l’entità della risposta extratropicale, il metodo adottato consiste nell’integrare il componente di Fourier calcolato sull’area esterna ai Tropici, ovvero integrando su tutte le altitudini (dal fondo al top del modello) e sulle latitudini a nord dei 25°N. Quest’integrazione è ponderata in modo da essere proporzionale al momento angolare, definendo così il componente di Fourier della risposta extratropicale per un dato periodo.
Come alternativa, nelle simulazioni in cui un’analisi pluriennale non è possibile, si può misurare la variabilità invernale dell’emisfero nord osservando la forza della perturbazione del vortice polare. Questo approccio è efficacemente rappresentato misurando il vento zonale medio e la temperatura potenziale in specifiche coordinate, mediate tra gennaio e marzo, che corrispondono ai punti di maggiore variazione extratropicale nel modello.
Si riconosce che esistono diversi metodi validi per misurare la variabilità extratropicale. È importante sottolineare che i risultati presentati rimangono qualitativamente solidi anche variando il metodo di misurazione scelto.
La Figura 1 mostra i profili medi zonali del vento relativi a un QBO (Oscillazione Quasi-Biennale) idealizzato all’equatore con un periodo di 2 anni. La figura è suddivisa in tre pannelli, ognuno dei quali illustra diversi aspetti della simulazione del QBO.
a) Il primo pannello (in alto) rappresenta la struttura temporale e in altezza del vento zonale medio standard del QBO all’equatore. L’asse verticale indica l’altezza (in km), mentre l’asse orizzontale mostra il tempo in anni. Le linee tratteggiate verticali rappresentano i diversi momenti corrispondenti al centro dell’inverno per vari valori del parametro di allineamento di fase del QBO. Le linee continue rappresentano contorni di uguale velocità del vento zonale.
b) Il secondo pannello (centrale) mostra la struttura temporale e in altezza del vento zonale medio per un QBO non shearato (cioè senza variazione della velocità del vento con l’altezza). Anche in questo caso, l’altezza è sull’asse verticale e il tempo (in anni) sull’asse orizzontale. Il pattern di contorni aiuta a visualizzare come il QBO non shearato si sviluppa nel tempo e nello spazio senza la componente dello shear.
c) Il terzo pannello (in basso) illustra la struttura in latitudine e altezza del QBO standard al tempo T = 1,5 anni. L’asse verticale mostra ancora l’altezza, mentre l’asse orizzontale mostra la latitudine in gradi. Questo pannello fornisce una rappresentazione di come il QBO si estenda attraverso diverse latitudini a un dato momento nel tempo, indicato con T = 1,5 anni.
Nelle figure, i contorni positivi sono rappresentati da linee continue, mentre i contorni negativi da linee tratteggiate. I numeri lungo i contorni indicano i valori della velocità del vento zonale medio. Queste visualizzazioni sono utili per comprendere come il vento zonale medio varia con l’altezza nel corso del tempo e come questa variazione è influenzata dalla fase del QBO.
La Figura 2 presenta un’analisi della variazione della risposta extratropicale al QBO (Oscillazione Quasi-Biennale) a seconda di come il QBO è allineato in fase con il ciclo annuale. La risposta extratropicale è indicata con I2 ed è misurata sul lato verticale del grafico.
Sul lato orizzontale del grafico è rappresentato l’allineamento di fase, Ψ, tra il QBO e il ciclo annuale. Questo va da 0 a π, che rappresenta l’intervallo completo tra due fasi estreme di allineamento.
Le tre curve sono le seguenti:
- Curva a (solida): Rappresenta la risposta extratropicale quando l’ampiezza della perturbazione 00 è di 285 metri. Questa curva mostra come l’intensità della risposta varia con l’allineamento di fase. Ha un picco evidente, che suggerisce che esiste un allineamento di fase particolare che massimizza la risposta extratropicale.
- Curva b (puntinata): Illustra la risposta quando non c’è perturbazione (00 è 0), il che significa che non vi è alcuna forzatura del QBO nella simulazione. La risposta qui è relativamente piatta e bassa, indicando che senza la forzatura del QBO, la risposta extratropicale è minima o trascurabile.
- Curva c (tratteggiata): Mostra la risposta con una perturbazione di 285 metri per un QBO senza shear, cioè una situazione in cui non vi è variazione della velocità del vento con l’altitudine nel QBO. La risposta in questo caso è differente da quella del QBO con shear (curva a), e sembra essere generalmente più alta su tutto l’intervallo di allineamento di fase rispetto alla curva a.
In sintesi, questa figura è progettata per mostrare l’impatto dell’allineamento di fase tra il QBO e il ciclo annuale sulla risposta del sistema climatico nelle regioni extratropicali. La presenza di un picco nelle curve a e c indica che vi sono condizioni specifiche di fase che possono rafforzare o ridurre tale risposta. Questo tipo di informazioni è cruciale per i climatologi per capire come vari fenomeni atmosferici a larga scala, come il QBO, possano influenzare i modelli climatici nelle latitudini medie e alte.
4. Variazione dell’allineamento di fase tra la QBO e il ciclo annuale
Quando la QBO presenta un periodo esattamente annuale, il suo allineamento di fase con il ciclo annuale rimane invariato in ogni simulazione. Questo studio approfondisce come tale allineamento di fase influenzi i risultati. Butchart e Austin nel 1996 avevano già esplorato gli effetti di variazioni in questo allineamento, ma limitatamente a singole simulazioni invernali, a differenza delle analisi pluriennali adottate qui. Scoprirono che le fasi della QBO corrispondenti a π/2 erano quelle con la risposta extratropicale più marcata, sebbene fasi corrispondenti a π mostrassero effetti quasi altrettanto intensi. Tuttavia, i loro risultati non sono direttamente comparabili con i nostri, poiché si basavano su singole simulazioni invernali anziché su studi pluriennali.
La Figura 2, attraverso la curva (a), mostra l’effetto della variazione dell’allineamento di fase per una QBO biennale e una configurazione di 0.285 m. Qui, l’ampiezza della risposta extratropicale, misurata tramite l’indicatore I2 introdotto precedentemente, viene correlata al parametro di allineamento di fase della QBO, ε, come definito precedentemente. Questi risultati derivano da 20 simulazioni modello diverse, ciascuna della durata di circa 15 anni. Data la periodicità biennale della QBO, uno spostamento di fase di π alterna semplicemente gli anni di orientamento est/ovest della QBO, senza influire sull’ampiezza della risposta extratropicale. Di conseguenza, ε varia tra 0 e π, mostrando che l’allineamento di fase ha un impatto significativo sull’ampiezza della risposta extratropicale, con I2 che varia quasi di un fattore 8.
Per contro, la curva (b) della Figura 2 esamina il caso senza forzanti geopotenziali extratropicali (0.0). Il confronto tra le curve (a) e (b) rivela che la risposta extratropicale alla QBO equatoriale non è trascurabile anche in assenza di forzanti, ma l’effetto della variazione di ε è molto meno pronunciato in presenza di 0.285 m. La risposta extratropicale in assenza di forzanti è legata alla circolazione meridionale media e ai cambiamenti nel flusso zonale medio associati alla QBO equatoriale, mostrando un’ampia variabilità dovuta alla ponderazione verso le latitudini più basse.
La dinamica zonalmente simmetrica linearizzata predice bene questa risposta, basandosi su uno stato di base di quiete, senza l’influenza del ciclo annuale. La dipendenza da ε deriva dall’interazione non lineare tra il ciclo annuale e il ciclo QBO, influenzati dal rilassamento newtoniano.
Con un parametro di 0.285 m, la simulazione che genera la massima risposta extratropicale ha ε circa pari a 0.4π, con i venti QBO di massima ampiezza a metà inverno, a un’altezza di circa 22 km (43 mb). La simulazione con la risposta minima presenta ε vicino a 0.9π, con i venti QBO più intensi a metà inverno a circa 27 km (21 mb). La differenza di fase tra le simulazioni di risposta minima e massima si avvicina a π/2.
Se l’analisi dei venti QBO e delle loro altitudini a metà inverno deve riflettere il meccanismo di Holton-Tan per la QBO extratropicale, allora i venti occidentali dovrebbero corrispondere a un inverno più turbolento, e quelli orientali a uno più calmo. Tuttavia, la complessità derivante dalla variazione verticale dei venti zonali medio equatoriali complica l’interpretazione, poiché i venti di massima ampiezza non si verificano simultaneamente a tutte le altitudini. Non essendo chiaro quale momento dell’inverno sia determinante per la risposta extratropicale alla QBO, o se tale momento esista, diventa arduo stabilire correlazioni dirette tra specifici venti, altitudini e condizioni invernali.
La soluzione proposta è l’adozione di un modello QBO non influenzato dallo shear verticale dei venti, il che rende la sua variabilità indipendente dall’altitudine e facilita il confronto con il QBO standard. Questo approccio permette di isolare l’influenza di un QBO non shearato, con periodo biennale, sul ciclo annuale attraverso specifiche simulazioni, evidenziando come un QBO non shearato possa produrre risposte extratropicali massime per fasi diverse da quelle del QBO standard.
La ricerca dimostra che l’epoca più influente per i riscaldamenti invernali potrebbe non coincidere con la metà dell’inverno, suggerendo un impatto significativo dell’allineamento di fase QBO-ciclo annuale sull’ampiezza della risposta extratropicale. Questa constatazione apre la strada a ulteriori indagini sull’interazione tra QBO, ciclo annuale e dinamiche climatiche invernali, offrendo nuove prospettive per la comprensione e la previsione dei fenomeni climatici estremi.
La Figura 3 è una mappa di contorno che visualizza la velocità media del vento zonale a metà novembre, risultante da una simulazione che assume un QBO standard con una fase che determina la massima risposta extratropicale, identificata dalla fase con un valore di circa 0.4π.
Ecco una spiegazione dettagliata di ciò che la figura rappresenta:
- Asse Verticale (Altezza): Questo asse si estende da 0 a oltre 35 km di altitudine nell’atmosfera. Ogni livello di altezza potrebbe essere associato a diversi strati atmosferici, con i valori più alti che si avvicinano al limite inferiore della mesosfera.
- Asse Orizzontale (Latitudine): Varia da -60 gradi (emisfero sud) a +60 gradi (emisfero nord). Questo asse mostra come i venti cambiano da una parte all’altra dell’equatore.
- Linee Curve (Isoplete): Le linee curve rappresentano linee di costante velocità del vento zonale medio. Le linee continue indicano i venti che soffiano verso est (positivi), mentre le linee tratteggiate indicano i venti che soffiano verso ovest (negativi). La distanza tra le linee dà un’indicazione dell’intensità del gradiente di velocità: più sono vicine, più forte è il gradiente di velocità, il che potrebbe indicare venti più forti o cambiamenti più rapidi della velocità del vento.
- Pattern delle Isoplete: Si nota che i venti sono più forti (le linee sono più fitte) e orientati verso est a latitudini medie nell’emisfero nord e verso ovest a latitudini medie nell’emisfero sud, con una zona di transizione presso l’equatore. L’aspetto di queste linee può dare indicazioni su come le onde atmosferiche interagiscono con questi venti zonali, potenzialmente influenzando fenomeni come il collasso del vortice polare o le variazioni meteorologiche stagionali.
In sintesi, questa mappa di contorno è un utile strumento visivo per gli scienziati atmosferici e climatologi, che consente loro di osservare e analizzare i comportamenti del vento in diverse parti dell’atmosfera a livello globale e di interpretare come questi comportamenti possano influenzare i sistemi climatici e meteorologici su vasta scala.
5. Variazione dell’Altezza e dell’Evoluzione Temporale del QBO
La sezione fa riferimento a studi che hanno manipolato alcuni aspetti del QBO, che è l’oscillazione quasi biennale che si verifica nell’atmosfera equatoriale. In precedenza, nelle simulazioni menzionate, il QBO veniva impostato a forzare l’atmosfera in un intervallo di altezze comprese tra i 10 e i 40 km, che è tipicamente dove il QBO esercita la sua influenza nell’atmosfera terrestre. Inoltre, il QBO veniva fatto evolvere in un modo che simulava abbastanza fedelmente il suo comportamento reale durante i mesi invernali.
Tuttavia, in questa particolare sezione, si esplora cosa succede quando la struttura del QBO e la sua progressione temporale sono alterate in modo artificiale. Lo scopo di questi esperimenti modificati è di identificare se ci siano specifici momenti o specifiche altezze nel ciclo del QBO che hanno un impatto più significativo sulla circolazione atmosferica extratropicale, ovvero al di fuori della regione equatoriale.
Questa analisi potrebbe rivelare momenti critici o strati atmosferici dove le variazioni del QBO sono particolarmente efficaci nel modulare il clima e i pattern meteorologici a latitudini maggiori, influenzando potenzialmente fenomeni come il vortice polare e le ondate di freddo o caldo estremo.
a. Variazione dell’altezza del QBO
All’interno della ricerca climatologica, uno dei fattori cruciali per comprendere l’evoluzione invernale extratropicale è individuare le altezze specifiche nell’atmosfera dove l’oscillazione quasi-biennale equatoriale (QBO) ha l’influenza maggiore. Per approfondire questa questione, gli studiosi hanno apportato delle modifiche mirate alla struttura verticale del QBO nei loro modelli di simulazione. Queste modifiche hanno l’obiettivo di capire se esistono altitudini critiche in cui il QBO impatta in modo particolarmente significativo sulla circolazione atmosferica lontano dall’equatore.
Nel processo di modifica, il flusso di vento equatoriale, nell’ambito del modello, è stato portato a rilassarsi a zero al di fuori di un’area verticale definita. Questo approccio garantisce un maggiore controllo sul vento zonale reale all’interno della zona tropicale. In aggiunta, i ricercatori hanno eliminato la dipendenza dell’altitudine dal coefficiente di rilassamento del modello, consentendo così che il metodo di rilassamento fosse applicabile a qualsiasi altitudine all’interno del modello stesso. Questa decisione comporta la perdita di alcune caratteristiche dinamiche equatoriali non legate al QBO, come l’oscillazione semestrale nella mesosfera; tuttavia, per gli scopi di questo studio specifico, la perdita di tali dettagli non costituisce un problema.
Per determinare la posizione verticale del QBO all’interno del modello, i ricercatori si sono focalizzati su un valore specifico, che chiameremo “altezza centrale”. Questa altezza centrale è stata variata tra diversi esperimenti, ed è stata sempre affiancata da un’altitudine superiore e inferiore, poste a una distanza fissa di 5 km da essa. Utilizzando un QBO con un periodo di due anni e mantenendo costante la forzatura delle onde extratropicali, ogni simulazione ha permesso di valutare l’intensità della risposta extratropicale alla forzatura equatoriale.
Gli studi hanno preso in considerazione altitudini che si estendono anche oltre il limite comunemente accettato di 30 km per il QBO, basandosi su osservazioni recenti che ne rilevano la presenza fino alla stratopausa e oltre. L’analisi ha cercato di mantenere una coerenza nella copertura dei punti della griglia verticale del modello atmosferico, in modo da assicurare che le variazioni fossero attribuibili alle altezze e non a un diverso numero di punti di griglia.
L’esplorazione di queste variazioni artificiali nell’altitudine del QBO è stata completata utilizzando un QBO privo di shear, per evitare ulteriori complicazioni nei risultati. Inoltre, si è scelto di mantenere un preciso allineamento di fase tra il QBO e il ciclo annuale, allineamento che in una sezione precedente dell’analisi aveva mostrato di indurre la massima risposta extratropicale. Attraverso questa metodica, lo studio mira a isolare e identificare i momenti o le regioni atmosferiche in cui il QBO può esercitare l’effetto più marcato sul clima delle latitudini superiori, una conoscenza fondamentale per la previsione metereologica e la comprensione dei sistemi climatici globali.
Nell’ambito della ricerca che esplora il rapporto tra l’oscillazione quasi-biennale equatoriale (QBO) e l’evoluzione del clima extratropicale, i risultati evidenziati nella Figura 4 mostrano una distinta prominenza attorno ai 21 km di altitudine. A questa quota, il segnale dei venti equatoriali sembra avere un impatto preponderante sull’evoluzione climatica extratropicale, più di quanto non avvenga ad altre altitudini. L’importanza di questa fascia altimetrica di 21 km è in linea con i risultati ottenuti da analisi semplificate nella sezione 4, considerando anche il limite di risoluzione della griglia verticale del modello, che è di circa 3 km.
Da notare è anche che, superata questa “zona critica” dei 21 km, l’influenza del QBO tende a diminuire in modo costante con l’aumentare dell’altezza. Questa tendenza contraddice studi più recenti, in particolare quelli di Gray e collaboratori, che avevano concluso come la presenza del QBO fosse insufficiente, se confinata unicamente nella stratosfera inferiore, a produrre una significativa risposta climatica nelle zone extratropicali. Contrariamente a tali risultati, Gray e i suoi colleghi avevano individuato la necessità di un QBO che interessasse sia la stratosfera inferiore che quella superiore.
Approfondimenti successivi hanno messo in luce come la stratosfera inferiore sia determinante per le dinamiche climatiche dell’inizio dell’inverno, mentre nelle fasi più avanzate, l’influenza maggiore potrebbe essere esercitata dalla stratopausa equatoriale. Inoltre, è stato sottolineato il ruolo che potrebbero avere gli anticicloni migratori nel rafforzare l’Alto dell’Aleutico.
Studi di modellazione precedenti avevano già riscontrato una significativa reazione extratropicale a un QBO confinato alla stratosfera inferiore e media, ma questi studi non avevano esteso il QBO al di sopra dei 38 km per verificare se un’ampiezza maggiore avrebbe potenziato la risposta. Gli esperimenti del modello presentati in questa ricerca si sono concentrati esclusivamente sulle componenti medie e di onda-1 in longitudine, a differenza di modelli completamente non lineari utilizzati in studi precedenti. Per determinare se le discrepanze nei risultati siano attribuibili a dipendenze dal modello o alla diversa risoluzione zonale e quindi al livello di non linearità, sarebbero necessari ulteriori esperimenti che includano un maggior numero di numeri d’onda zonali.
Infine, va menzionato che uno studio di Gray e collaboratori ha messo in luce la sensibilità della tempistica dei riscaldamenti invernali ai venti equatoriali. Questa particolare influenza della regione equatoriale sul clima extratropicale non è stata esaminata nel presente lavoro, lasciando spazio a future indagini per una comprensione più completa di questi complessi meccanismi climatici.
La Figura 4 è una rappresentazione grafica che mette in luce come la risposta extratropicale varia in funzione dell’altezza del centro del QBO, che è stata manipolata nel modello di simulazione. L’asse orizzontale del grafico mostra l’altezza centrale del QBO, che si estende da 20 km a 60 km. L’asse verticale quantifica la risposta extratropicale, denominata l2, che è il parametro usato per misurare l’effetto del QBO sul clima al di fuori dei tropici su un periodo di due anni.
Il grafico presenta un picco significativo a circa 21 km, dove la risposta extratropicale raggiunge il suo massimo. Questo suggerisce che, all’interno del modello utilizzato, il segnale del vento equatoriale a questa altitudine specifica ha un impatto molto più forte sull’evoluzione del clima extratropicale rispetto alle altezze inferiori o superiori.
Al di sopra di questo picco, la risposta extratropicale si riduce man mano che si sale in altitudine, suggerendo che la capacità del QBO di influenzare le condizioni extratropicali diminuisce con l’aumentare dell’altitudine. Questa diminuzione progressiva fornisce una comprensione importante delle dinamiche atmosferiche, poiché indica che la presenza del QBO nella parte superiore della stratosfera potrebbe non essere così influente come si pensava in precedenza.
Questa osservazione contrasta con alcuni studi precedenti che sostenevano la necessità di un QBO sia nella stratosfera inferiore che superiore per generare una risposta significativa nelle regioni extratropicali. Tuttavia, il grafico suggerisce che un QBO confinato nella stratosfera inferiore può comunque essere sufficiente per influenzare il clima a latitudini maggiori.
Infine, il grafico solleva questioni interessanti sulla possibile discrepanza tra i risultati ottenuti da diversi modelli e metodologie di simulazione, indicando la necessità di ulteriori ricerche e sperimentazioni per chiarire il ruolo del QBO nell’intero sistema climatico.
Variazioni Temporali dell’Influenza della QBO
Lo scopo di questo studio è individuare i momenti durante l’evoluzione invernale che rivestono un’importanza particolare per l’influenza della regione equatoriale dei Tropici, in particolare della Oscillazione Quasi-Biennale (QBO), sulle regioni extratropicali. Per raggiungere questo obiettivo, vengono condotte una serie di simulazioni utilizzando una configurazione della QBO in uno stato rilassato, con un intervallo di altezza standard. Durante le simulazioni, la velocità del vento caratteristica della QBO, indicata con uQBO, viene variata. Si sottolinea che i venti occidentali della QBO sono collegati a un inverno perturbato, mentre i venti orientali sono associati a un inverno stabile. Alterando uQBO da una direzione occidentale (o orientale) a zero in specifici momenti dell’evoluzione invernale – variando questi momenti tra le diverse simulazioni – si intende esplorare l’importanza relativa di diversi periodi durante l’inverno per l’evoluzione del vortice polare invernale nell’Emisfero Nord.
Per questi esperimenti, viene utilizzata una configurazione della QBO senza shear, fissata a un determinato valore. Prima di azzerare uQBO, il modello viene eseguito per diversi anni mantenendo uQBO costantemente orientato verso est o verso ovest. Nel momento in cui uQBO viene impostato a zero, anche la costante di rilassamento, c, viene modificata per assumere un valore maggiore, allo scopo di ridurre al minimo il ritardo temporale tra la variazione di uQBO e la corrispondente variazione di u.
Le variazioni di T2 sono esplorate tra le diverse simulazioni. Per quanto riguarda i parametri di rilassamento, il valore di c1 è selezionato come nei casi precedenti. Successivamente, c2 viene ottimizzato entro i limiti di stabilità numerica per evitare errori di calcolo. Adottando questo specifico valore di c2, il vento equatoriale passa da una forte direzione occidentale/orientale a quasi zero in meno di circa 0,05 anni, permettendo un cambiamento significativo del vento equatoriale in meno di mezzo mese. Lo studio si articola in due parti principali: una concentrandosi sulle simulazioni in cui il vento della QBO è orientato verso ovest prima di T2, indicando così un’evoluzione invernale che sarebbe relativamente stabile se uQBO non venisse azzerato; l’altra analizzando i casi in cui uQBO è orientato verso est prima di T2, situazione in cui l’evoluzione invernale risulterebbe relativamente più perturbata se uQBO non subisse variazioni.
Prima di approfondire l’effetto delle variazioni temporali nell’evoluzione invernale, è importante esaminare i risultati di base, osservando come il modello si comporta negli anni successivi senza modificare il vento della QBO a zero. In questo scenario di controllo, il vento della QBO e la costante di rilassamento mantengono le loro configurazioni iniziali.
Nell’interazione tra le zone equatoriali e extratropicali, si potrebbe intuitivamente prevedere che un vento della QBO orientato verso ovest porterebbe a inverni sistematicamente perturbati, mentre un vento orientato verso est condurrebbe a inverni stabili, senza variazioni da un anno all’altro. Questo è esattamente ciò che accade quando la QBO soffia verso est: dopo un periodo di adeguamento iniziale, tutti gli inverni successivi procedono senza disturbi significativi, con il vento zonale medio che mantiene un’ampiezza costante, solo leggermente superiore rispetto a quella degli anni non perturbati nella simulazione con una QBO non variata.
Al contrario, con la QBO orientata verso ovest, emerge una certa variabilità interannuale. Le osservazioni indicano che il vento zonale medio si riduce ogni anno, suggerendo inverni complessivamente più turbolenti. È interessante notare, però, la presenza di un’oscillazione biennale, con anni alternati tra inverni moderatamente e fortemente perturbati. Questo fenomeno di oscillazione biennale, già osservato e analizzato in precedenti studi, si manifesta qui sotto condizioni leggermente differenti per quanto riguarda le basse latitudini.
Per valutare adeguatamente le simulazioni in cui l’evoluzione invernale è stata modificata, si rende necessario quantificare la forza dei riscaldamenti invernali. A questo scopo, si utilizzano il vento zonale medio a 65°N e la temperatura potenziale media zonale a 86°N, calcolati dalla metà dell’inverno fino a tre mesi dopo, per misurare l’intensità delle perturbazioni invernali.
Quando il vento della QBO è orientato verso est, il momento preciso in cui l’evoluzione viene portata a zero risulta irrilevante, dato che tutti gli inverni risultano identici. In caso di vento orientato verso ovest, invece, l’evoluzione viene modificata durante un anno particolarmente turbolento, per ottenere il confronto più marcato possibile. I risultati evidenziano che, per la QBO orientata verso est, modificare l’evoluzione della QBO in venti nulli non altera drasticamente l’evoluzione del vortice polare dell’emisfero nord, con differenze minime tra i valori estremi. Il periodo più significativo per un cambiamento, seppur lieve, si colloca tra i 2 e i 3 mesi prima della metà dell’inverno. Vi è una leggera anomalia nei periodi che vanno da 3 a 6 mesi prima della metà dell’inverno, dove l’inverno risulta leggermente più perturbato rispetto a una situazione in cui i venti della QBO fossero stati azzerati molto prima, senza una spiegazione chiara per questa variazione.
Nel caso di una QBO orientata verso ovest, modificare l’evoluzione a venti nulli ha un impatto molto più marcato, trasformando inverni fortemente perturbati in inverni calmi, con differenze sostanziali nei valori misurati. La transizione tra le risposte estreme si verifica in modo più graduale, nel periodo che va dalla metà dell’inverno a 5 mesi prima.
Per quanto riguarda le analisi effettuate nelle figure 6 e 7, è rilevante sottolineare che le tendenze osservate nelle due misurazioni, uW e ΘW, risultano coerenti. Questo aspetto è fondamentale, poiché conferma che entrambi gli indicatori sono efficaci nel fornire una valutazione dell’intensità dei riscaldamenti invernali. Tenendo conto del fatto che il vento zonale u impiega fino a mezzo mese per registrare un cambiamento significativo dopo il periodo T2, per la configurazione della QBO orientata verso est, ciò colloca il mese di novembre, o più precisamente l’inizio di questo mese, come un momento determinante per l’influenza sull’evoluzione invernale nelle regioni extratropicali. Per la QBO orientata verso ovest, invece, il periodo cruciale si estende ai cinque mesi che circondano l’avvio di novembre.
Questa osservazione trova riscontro nell’argomentazione semplificata introdotta nella sezione 4, che identificava la metà di novembre come il momento di massima influenza. Tale concetto trova ulteriore conferma negli studi di modellazione citati in Scott e Haynes (2002), secondo cui le condizioni all’esordio dell’inverno svolgono un ruolo chiave nell’orientare l’evoluzione meteorologica della stagione verso la sua fase finale. Questa sequenza di osservazioni e analisi mette in luce l’importanza critica delle condizioni atmosferiche precoci e la loro influenza sullo sviluppo del clima invernale nelle zone al di fuori dei tropici.
La Figura 5 mostra un grafico che traccia l’andamento della velocità del vento zonale medio associato al vortice polare durante una simulazione in cui le condizioni nella regione tropicale sono state mantenute costanti, con la particolarità di avere una Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) equatoriale che non evolve nel tempo e che è orientata persistentemente verso ovest.
Sull’asse verticale del grafico è misurata la velocità del vento zonale medio in metri al secondo (m/s). I valori positivi rappresentano venti che soffiano verso est, mentre i valori negativi indicano venti diretti verso ovest. L’asse orizzontale mostra il trascorrere del tempo su una scala di anni, che in questo grafico si estende per un periodo di sei anni.
Il grafico presenta una sequenza alternata di picchi e valli. I picchi indicano momenti in cui il vento zonale è relativamente più forte, che potrebbero corrispondere a periodi di stabilità o di minor disturbo all’interno del vortice polare. Al contrario, le valli suggeriscono momenti in cui il vento è più debole, implicando fasi di maggiore turbolenza o disturbo nel vortice.
Notiamo un pattern che appare ciclico, con la velocità del vento che aumenta e diminuisce in modo regolare. Questo potrebbe indicare la presenza di un’oscillazione biennale, ovvero un ritmo che si ripete ogni due anni, caratteristica che potrebbe avere implicazioni significative per i modelli climatici e le previsioni meteorologiche. Per esempio, fasi in cui il vento zonale è più debole possono essere associate a maggiori possibilità di eventi meteorologici estremi, come ondate di freddo, nelle regioni extratropicali. Questo comportamento oscillatorio potrebbe quindi fornire indizi sul potenziale impatto delle dinamiche equatoriali sul clima delle latitudini medie e alte.
la Figura 6 mostra l’effetto di variare il momento, indicato come T2, in cui si interrompe l’evoluzione della Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) orientata inizialmente verso est, valutando come questo influisce sull’intensità del riscaldamento invernale nell’atmosfera polare. Il grafico è diviso in due parti principali:
(a) Nella parte superiore, il grafico mostra la velocità del vento zonale medio del vortice polare, indicata con uW. L’asse verticale misura la velocità del vento in metri al secondo e l’asse orizzontale rappresenta i mesi dell’anno. Ogni punto sul grafico corrisponde all’intensità del vento zonale medio quando l’evoluzione della QBO viene fermata in un dato mese. La linea tratteggiata mostra la velocità del vento quando l’evoluzione della QBO non viene interrotta, mentre la linea punteggiata rappresenta l’intensità del vento quando l’evoluzione della QBO viene arrestata un anno prima del momento in questione.
(b) Nella parte inferiore, il grafico mostra la temperatura potenziale del vortice polare, indicata con ΘW. L’asse verticale misura la temperatura potenziale in Kelvin e l’asse orizzontale, come nel pannello superiore, rappresenta i mesi dell’anno. Anche in questo caso, i punti sul grafico indicano l’intensità della temperatura potenziale associata al momento in cui si interrompe l’evoluzione della QBO. Le linee tratteggiata e punteggiata rappresentano gli stessi casi di riferimento menzionati in precedenza.
In sintesi, la Figura 6 è una rappresentazione visiva dell’esperimento che dimostra come la manipolazione temporale della QBO influenzi le condizioni invernali nell’atmosfera polare. La distinzione tra i mesi evidenziata dai punti nel grafico indica che il tempo scelto per azzerare la QBO può avere un impatto significativo sul clima, in particolare sull’intensità del riscaldamento invernale misurato sia dal vento zonale che dalla temperatura potenziale. Da questa analisi emerge che esistono momenti critici, in prossimità dell’inizio dell’inverno, che sono particolarmente sensibili a tali cambiamenti, un’informazione preziosa per la comprensione delle dinamiche del sistema climatico terrestre.
La Figura 7 si presenta come un complemento alla Figura 6, ma si distingue per il fatto che esamina la situazione in cui l’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) è orientata inizialmente verso ovest. Il grafico è diviso in due parti, ciascuna delle quali misura un aspetto diverso dell’effetto che ha il fermare l’evoluzione della QBO su vari aspetti del vortice polare.
(a) Nella parte superiore, osserviamo la variazione della velocità del vento zonale medio del vortice polare, indicata con uW. L’asse verticale quantifica questa velocità in metri al secondo, mentre l’asse orizzontale segna i diversi mesi dell’anno. I dati sono rappresentati da punti connessi da linee, mostrando come l’intensità del vento zonale medio si modifica a seconda del mese in cui si decide di arrestare l’evoluzione della QBO. È importante prestare attenzione alla scala dell’asse verticale, che potrebbe differire da quella utilizzata nella Figura 6, e interpretare i valori di conseguenza.
(b) Il pannello inferiore si concentra sulla temperatura potenziale del vortice polare, rappresentata con ΘW. Anche qui, l’asse verticale mostra la temperatura in kelvin, e l’asse orizzontale continua a tracciare il tempo in mesi. I dati, segnati ancora con punti e connessi da linee, evidenziano come la temperatura potenziale varia in relazione al momento in cui viene fermata la QBO.
Questi grafici ci permettono di osservare l’impatto della cessazione dell’evoluzione della QBO a seconda del suo orientamento iniziale, fornendo così intuizioni su come le condizioni iniziali possono influenzare l’atmosfera polare. In entrambi i casi, le linee tratteggiate e punteggiate probabilmente rappresentano scenari di controllo: uno in cui la QBO non viene mai interrotta e un altro dove l’interruzione è avvenuta un anno prima. Questi riferimenti servono a fornire un contesto all’interno del quale possiamo misurare l’efficacia e le conseguenze delle modifiche introdotte nell’evoluzione della QBO, offrendo così una preziosa prospettiva sull’influenza che tali interventi hanno sulla dinamica climatica della regione polare.
6. Correlazione e Regressione tra la Fase della QBO e l’Evoluzione Extratropicale nell’Emisfero Nord
Nell’ambito delle analisi di correlazione condotte su simulazioni di modelli tridimensionali, è fondamentale selezionare un periodo per la QBO che sia vicino a quello dell’oscillazione reale osservata, evitando però che sia troppo prossimo a una frazione intera di anno. Questo accorgimento garantisce che la fase della QBO selezionata possa coprire tutte le possibili fasi del ciclo annuale. In questo contesto, abbiamo adottato un periodo della QBO di 2,31 anni, con simulazioni di modello estese su un arco temporale di 65 anni. La nostra attenzione si concentra su casi di significativa forzatura extratropicale, esplorando intervalli di 0 – 250 m e 0 – 285 m.
Per analizzare il vento zonale medio extratropicale e la temperatura potenziale polare, ricorriamo alle misure uw e Φw, che vengono definite nella parte conclusiva della sezione 3. Il vento zonale della QBO a un’altezza di 22,7 km (pari a circa 39 mb) è stato selezionato per effettuare le correlazioni, poiché questa quota rappresenta il livello più influente come identificato nella sezione 5a. Per ottimizzare i risultati della correlazione, abbiamo variato il periodo di tempo su cui viene misurato il vento della QBO. Questo approccio, dettato dalla discesa regolare della QBO idealizzata, risulta sostanzialmente analogo alla modifica del livello di altezza a cui si misura il vento della QBO. Nelle simulazioni con un intervallo di 0 – 285 m, è emerso che la correlazione più forte si verifica mediando il vento della QBO su un periodo di tre mesi, centrato su 15 giorni prima della metà dell’inverno, ossia nel periodo novembre-gennaio. Da questo momento in poi, utilizzeremo il termine ueq per indicare questa media trimestrale del vento equatoriale a 22,7 km.
Si nota che interpretando il tempo di correlazione come indicativo del momento più efficace dell’influenza della QBO sull’evoluzione extratropicale, e mediando i risultati per ottenere metà dicembre, si individua un periodo leggermente successivo a quello identificato nell’analisi della sezione 5b, la quale segnalava un intervallo temporale da inizio a metà novembre. Analogamente, l’analisi condotta sulla simulazione con un range di 0 – 250 m rivela che il periodo tra dicembre e febbraio corrisponde al momento di massima correlazione con l’influenza della QBO.
La relazione tra la QBO e le zone extratropicali emerge con chiarezza quando si rappresentano, per ciascun anno di simulazione, il vento zonale medio all’equatore (ueq) rispetto al vento zonale uw e alla temperatura potenziale Φw. Tale correlazione è illustrata nella Figura 9 per la simulazione che considera un intervallo di 0 – 250 m, e nella Figura 10 per quella con 0 – 285 m.
Nel caso della simulazione con 0 – 250 m, si osserva una correlazione quasi perfettamente lineare, con un coefficiente di correlazione di 0.988 tra il vento QBO equatoriale e il vento zonale al margine del vortice. Tuttavia, l’impatto dei venti della QBO sull’evoluzione dell’emisfero nord (NH) non è particolarmente marcato, indicando che non vi è una sostanziale differenza tra gli inverni considerati relativamente turbolenti e quelli più calmi. Diversamente, per la simulazione con 0 – 285 m, benché la correlazione non sia altrettanto forte (pur rimanendo elevata con un coefficiente di 0.785), gli inverni disturbati risultano molto più turbolenti rispetto alla situazione con 0 – 250 m. Due elementi di questo grafico spiccano in particolare: innanzitutto, la correlazione appare quasi lineare per i venti QBO orientati verso est, benché la modulazione risultante da parte della QBO sia relativamente limitata. Per i venti diretti verso ovest, invece, la correlazione non è altrettanto forte, ma la modulazione sul vortice polare risulta significativamente più intensa. Questo riscontro è in linea con quanto emerso nella sezione 5b (come illustrato nella Figura 5) e con gli studi di Gray et al. (2003), che evidenziano una minore variabilità dinamica in presenza di perturbazioni del vento equatoriale verso est, a fronte di una variabilità maggiore con perturbazioni dirette verso ovest.
In pratica il testo descrive un’analisi scientifica che mira a comprendere come la Quasi-Biennial Oscillation (QBO), un fenomeno atmosferico caratterizzato da venti alternati che soffiano a est e a ovest lungo l’equatore, influenzi l’evoluzione del clima nelle zone extratropicali dell’emisfero nord. Ecco una spiegazione dettagliata del contenuto:
- Interpretazione del Tempo di Correlazione: Il tempo di correlazione viene analizzato per identificare il momento più efficace in cui l’influenza della QBO sull’evoluzione extratropicale è massima. La media dei risultati suggerisce che tale momento si colloca a metà dicembre, un periodo leggermente successivo rispetto a quanto precedentemente identificato (da inizio a metà novembre). Questo suggerisce che l’impatto della QBO sul clima extratropicale potrebbe essere più marcato o più facilmente osservabile in questo intervallo temporale.
- Analisi per Diversi Range di Altezza: L’analisi viene effettuata per due diverse configurazioni di simulazione, una con un range di 0 – 250 m e l’altra con un range di 0 – 285 m. Per la configurazione 0 – 250 m, il periodo tra dicembre e febbraio mostra la massima correlazione con l’influenza della QBO, indicando che questo è il momento in cui l’effetto della QBO è più forte.
- Correlazione Lineare e Coefficienti: Viene evidenziata una correlazione quasi perfettamente lineare tra il vento della QBO all’equatore e il vento zonale al margine del vortice per la simulazione con 0 – 250 m, con un coefficiente di correlazione molto elevato (0.988). Tuttavia, si nota che, nonostante questa forte correlazione, l’influenza della QBO sull’evoluzione del clima nell’emisfero nord non è particolarmente forte, indicando che le variazioni tra gli inverni più turbolenti e quelli più calmi non sono molto pronunciate.
- Differenze tra i Range di Altezza: Per la simulazione con 0 – 285 m, la correlazione tra il vento della QBO e le condizioni climatiche extratropicali non è altrettanto forte (coefficiente di 0.785), ma gli effetti sui periodi invernali disturbati sono molto più pronunciati rispetto alla simulazione con 0 – 250 m. Questo suggerisce che, a maggiori altitudini, l’influenza della QBO sulle perturbazioni invernali diventa più evidente.
- Modulazione dei Venti e Implicazioni: L’analisi mostra che, mentre la correlazione per i venti della QBO diretti verso est è quasi lineare e l’impatto relativo è minore, per i venti diretti verso ovest la correlazione non è altrettanto forte, ma la modulazione sul vortice polare è molto più significativa. Ciò è in linea con precedenti studi che hanno evidenziato come le perturbazioni dei venti equatoriali diretti verso ovest possano portare a una maggiore variabilità climatica rispetto alle perturbazioni dei venti diretti verso est.
In sintesi, il testo esplora come l’influenza della QBO varia in relazione a diversi parametri di simulazione e periodi dell’anno, evidenziando la complessità delle interazioni tra fenomeni equatoriali e clima extratropicale. Le scoperte sottolineano l’importanza della QBO come fattore che può influenzare significativamente l’evoluzione del clima nelle zone extratropicali.
la Figura 8 rappresenta due grafici che tracciano il rapporto di correlazione tra il vento zonale della QBO a un’altezza di 22 km e due importanti misure atmosferiche nelle regioni polari, calcolato su medie di tre mesi dopo metà inverno.
Nel grafico (a), si osserva la correlazione tra il vento zonale QBO e il vento zonale medio misurato al bordo del vortice polare, a 65°N e 49 km di altitudine. Il picco positivo della curva indica che c’è un periodo specifico dell’anno in cui il vento zonale QBO a 22 km è maggiormente correlato con il vento zonale polare. La posizione del picco suggerisce che la QBO ha la sua influenza più marcata su questa variabile atmosferica in quel momento.
Nel grafico (b), la curva descrive la correlazione tra il vento zonale QBO e la temperatura potenziale polare a 86°N e 40 km di altitudine. Il picco negativo indica che esiste un periodo in cui il vento zonale QBO è fortemente inversamente correlato con la temperatura potenziale polare. Questo suggerisce che una fase specifica della QBO può determinare una diminuzione della temperatura potenziale in quelle coordinate geografiche e altitudinali.
L’asse orizzontale di entrambi i grafici mostra il centro del periodo su cui viene mediato il vento zonale QBO, che si sposta lungo l’anno. I dati mostrati nei grafici aiutano a comprendere come la tempistica del vento zonale QBO influenzi in modi specifici e significativi sia il vento zonale che la temperatura nelle zone polari, offrendo una prospettiva preziosa per le previsioni meteorologiche e per l’analisi della dinamica del clima nelle alte latitudini.
La Figura 9 illustra due grafici che emergono da una simulazione basata su un periodo QBO di 2.31 anni e una forzatura di 0 – 250 m, ognuno dei quali riflette una relazione distinta nell’emisfero nord (NH).
Nel grafico (a), viene esplorata la connessione tra il vento zonale equatoriale, ueq, e il vento zonale extratropicale dell’emisfero nord, uw. I dati sono rappresentati in una nuvola di punti che tende ad aumentare, suggerendo un rapporto diretto tra l’intensità del vento zonale all’equatore e quello extratropicale. Le croci indicano gli anni in cui la QBO si muove verso est, mentre gli asterischi segnalano un movimento verso ovest. Ciò che risalta è una correlazione distintamente differente in base alla direzione della QBO, indicando che il vento extratropicale risponde diversamente a seconda che i venti equatoriali soffino da est o da ovest.
Nel grafico (b), viene esaminata la relazione tra lo stesso vento zonale equatoriale, ueq, e la temperatura potenziale polare dell’emisfero nord, Φw. Ancora una volta, la disposizione dei punti dimostra una correlazione, che in questo caso sembra essere inversa; la temperatura potenziale tende a diminuire man mano che l’intensità del vento equatoriale si accentua, indipendentemente dalla direzione. Anche qui, le croci rappresentano gli anni con QBO orientata ad est, e gli asterischi ad ovest.
Questi grafici illustrano come la direzione del vento zonale QBO possa avere impatti distinti sul vento zonale extratropicale e sulla temperatura potenziale polare. Le differenze nelle relazioni basate sulla direzione del vento equatoriale rivelano una complessa interdipendenza tra la QBO e il clima dell’emisfero nord, con implicazioni significative per la comprensione della variabilità climatica e meteorologica.
Il grafico analizzato suggerisce una relazione interessante tra i dati simulati e un modello teorico. La maggior parte dei dati si allinea strettamente lungo una curva prevedibile, sebbene un piccolo gruppo di circa dieci osservazioni si discosti leggermente. Questo fenomeno ci porta a focalizzare l’attenzione sulla simulazione realizzata con una forzatura di 0 – 285 m. Il motivo di questa scelta è duplice: da un lato, questa configurazione mostra una modulazione più marcata del vortice polare dell’emisfero nord causata dalla QBO, e dall’altro, le correlazioni osservate sono meno lineari rispetto a quelle riscontrate nella simulazione con 0 – 250 m.
Approfondendo l’indagine con le Figure 11 e 12, emergono correlazioni e regressioni tra il vento zonale equatoriale medio a 22,7 km e le variabili corrispondenti dell’emisfero nord, tutte calcolate su periodi di tre mesi. I grafici di regressione evidenziano con chiarezza come la QBO influenzi in maniera significativa il vortice polare: si notano, in maniera netta, aree di forte regressione sia nella corrente a getto del vortice polare sia nell’anomalia del polo freddo. Si osserva anche un’interessante area di regressione nella mesosfera polare dell’emisfero nord, un riscontro che si allinea con i risultati precedenti e conferma il rapporto tra la dinamica del vento e le variazioni termiche.
Tuttavia, è importante notare che i livelli di correlazione riportati sono anormalmente alti rispetto a quelli che si osservano in natura, un artefatto attribuibile alla semplificazione del modello utilizzato per la simulazione.
Inoltre, i punti di massima correlazione non coincidono precisamente con quelli di massima regressione, un dettaglio che mette in luce le limitazioni di un’analisi basata esclusivamente sul coefficiente di correlazione per valutare l’impatto della QBO sul clima extratropicale. Sebbene i punti di massima regressione mostrino una correlazione elevata, i punti di correlazione massima si trovano leggermente spostati, suggerendo una variabilità interannuale minore in queste regioni specifiche. Questo potrebbe indicare che la variabilità interna da un anno all’altro è meno influente in queste aree, lasciando alla QBO un ruolo preponderante nel determinare le fluttuazioni climatiche osservate.
Analizzando i dati climatici, emergono pattern distinti quando si distinguono gli anni con una QBO (Quasi-Biennial Oscillation) fortemente orientata verso occidente da quelli con una QBO decisamente orientata verso oriente. Si osserva che il flusso di Eliassen-Palm, un indicatore chiave nella dinamica atmosferica, presenta una componente verticale più pronunciata durante gli anni con una QBO verso occidente. Inoltre, la divergenza di questo flusso è più accentuata nelle medie latitudini, diventando particolarmente evidente vicino al margine del vortice polare nell’emisfero nord.
Questa osservazione ci suggerisce che, nei periodi con la QBO orientata ad ovest, le onde di Rossby – delle onde atmosferiche che svolgono un ruolo cruciale nel trasportare energia e momento tra diverse parti del globo – tendono a propagarsi verso l’alto in modo più efficace. Queste onde raggiungono la zona del getto zonale medio al limite del vortice polare, dove si frantumano. Il loro “frantumarsi” ha implicazioni significative: contribuisce a minare la stabilità del getto di vento zonale del vortice polare e, di conseguenza, a innescare un riscaldamento invernale.
Questo comportamento si allinea con quello descritto dal meccanismo proposto da Holton e Tan nel 1980, un modello che spiega l’influenza della QBO sul clima delle regioni extratropicali. Secondo questo meccanismo, gli anni di QBO occidentale sono quindi cruciali per la dinamica del vortice polare e possono avere un impatto diretto e significativo sul riscaldamento delle regioni polari durante l’inverno.
La Figura 10 illustra due grafici che esaminano le interazioni tra il vento zonale all’equatore e il clima dell’emisfero nord, svelando come le variazioni nella QBO influenzino le dinamiche atmosferiche a latitudini più elevate.
Nel grafico superiore (a), si osserva la relazione tra il vento zonale equatoriale, denominato ueq, e il vento zonale extratropicale dell’emisfero nord, o uw. I vari punti rappresentati potrebbero suggerire una correlazione tra l’intensità del vento all’equatore e quello nei vasti spazi extratropicali, offrendo un’immagine visiva di come i cambiamenti in un’area possano essere legati a quelli in un’altra.
Il grafico inferiore (b) esplora invece la connessione tra ueq e la temperatura potenziale polare dell’emisfero nord, Φw. Questo insieme di punti cerca di catturare le sfumature di come le variazioni del vento equatoriale possano avere un impatto sulle temperature all’interno della regione polare, un fattore che può avere implicazioni profonde per la comprensione dei meccanismi che regolano il riscaldamento invernale e la stabilità del vortice polare.
Entrambi i grafici sono stati generati utilizzando dati da una simulazione con un periodo QBO di 2,31 anni e una forzatura di 0 – 285 m. Questi dati sono particolarmente preziosi perché mettono in luce come la QBO, un fenomeno prevalentemente equatoriale, possa avere ripercussioni significative su aree molto più ampie del pianeta, influenzando il vento e la temperatura a migliaia di chilometri di distanza.
La Figura 11 ci offre una visione approfondita delle correlazioni atmosferiche su scala globale, tracciando la danza complessa tra il vento zonale equatoriale della QBO a un’altezza di 22.7 km e i parametri climatici dell’emisfero nord.
Nel grafico in alto (a), ci troviamo di fronte a un’illustrazione della correlazione tra il vento zonale medio della QBO e il vento zonale medio lungo diverse latitudini. Le linee di contorno mappano la forza di questa correlazione, che varia da zero, indicando nessuna correlazione, a valori negativi come -0.5 fino a -0.97, con quest’ultimi che evidenziano una relazione inversa sempre più forte. Queste correlazioni negative implicano che un aumento nel vento zonale QBO tende ad essere accompagnato da una diminuzione nel vento zonale medio e viceversa.
Scendendo al grafico in basso (b), ci si concentra sulla relazione tra lo stesso vento zonale QBO e la temperatura potenziale zonale media. Anche qui, le linee di contorno segnano vari gradi di correlazione negativa. Tale correlazione suggerisce che venti QBO più intensi possono corrispondere a temperature potenziali più fredde nelle regioni indicate, e anche in questo caso, una correlazione negativa sta a significare che gli effetti di un fenomeno all’equatore si propagano fino a influenzare le temperature a latitudini molto più distanti.
Insieme, questi due grafici sono un testimone visivo dell’impronta che la QBO lascia sull’atmosfera della Terra. Con le loro linee di contorno che attraversano latitudini e altitudini, si rivelano come strumenti fondamentali per decifrare come un ciclo atmosferico tropicale possa avere conseguenze sul vento e sulle temperature in regioni che si estendono ben oltre la sua origine equatoriale.
La Figura 12 esibisce due grafici che raffinano la nostra comprensione dell’influenza della QBO, non più in termini di semplice correlazione, ma attraverso i coefficienti di regressione che svelano la forza e la direzione delle relazioni atmosferiche.
Nel primo grafico (a), vediamo esposto il legame tra il vento zonale medio equatoriale della QBO e il vento zonale medio a diverse latitudini. Le curve di livello delineano i coefficienti di regressione, variando da 0.2 a 0.46. Queste contornature non solo confermano l’esistenza di una connessione, ma quantificano l’influenza esercitata dal vento zonale QBO sui venti a diverse altitudini e latitudini, offrendo uno sguardo sul quanto un cambiamento in uno possa guidare le variazioni nell’altro.
Il secondo grafico (b) approfondisce la regressione della temperatura potenziale media zonale con il vento zonale QBO. Qui, i coefficienti delineano una storia dettagliata di come le fluttuazioni della temperatura potenziale rispondano ai movimenti del vento QBO. Questo è particolarmente evidente nei contorni più densi e intensi, che suggeriscono un legame robusto e significativo tra queste due componenti atmosferiche.
Uniti, questi grafici ci permettono di visualizzare e quantificare l’influenza della QBO oltre la zona equatoriale, rivelando l’impronta che lascia sui venti e sulle temperature dell’emisfero nord. Questa analisi avanzata è fondamentale per i climatologi e i meteorologi, fornendo strumenti predittivi più potenti che collegano il fenomeno tropicale con effetti atmosferici più ampi e distanti.
7. Conclusioni e lavori futuri
In questo studio abbiamo esplorato con attenzione il modo in cui la QBO, l’oscillazione quasi-biennale, influisce sulle regioni extratropicali, concentrando la nostra attenzione sulle dinamiche del vortice polare invernale nell’emisfero nord e sul fenomeno dei riscaldamenti invernali. Per fare ciò, abbiamo utilizzato un modello stratosferico tridimensionale meccanicistico con una specifica troncatura zonale, che differisce dalle rappresentazioni zonali più complete adottate in altri studi.
Uno degli aspetti più interessanti emersi è l’importanza cruciale dell’allineamento di fase tra la QBO e il ciclo annuale: la risposta extratropicale alla QBO può variare di un fattore 8 tra le fasi di risposta minima e massima. Inoltre, quando la QBO non presenta variazioni verticali significative, i risultati sono in linea con studi precedenti: venti QBO occidentali si associano a un vortice polare forte, mentre venti QBO orientali sono legati a un vortice polare debole.
Abbiamo poi sperimentato con diverse altezze e evoluzioni temporali della QBO, arrivando a identificare una fascia compresa tra i 21 e i 23 km come la più influente nell’affectare le risposte extratropicali nel nostro modello. È emerso in particolare che i cinque mesi a partire dall’inizio di novembre sono un periodo chiave per l’impatto della QBO sull’evoluzione invernale extratropicale.
Sarebbe estremamente utile poter estendere le ricerche, incorporando un numero maggiore di numeri d’onda zonali per osservare come interazioni non lineari aggiuntive possano modificare questi risultati e per poterli mettere a confronto con quelli ottenuti attraverso altri approcci modellistici.
Analizzando le correlazioni e le regressioni in una simulazione con un periodo QBO non intero e una significativa forzatura ondulatoria extratropicale, abbiamo riscontrato un’elevata correlazione tra i venti della QBO a 22.7 km e il vento extratropicale, con un coefficiente di regressione particolarmente alto nella regione del vortice polare per i venti extratropicali e presso il polo per le temperature. Tuttavia, per quanto la correlazione risultasse più debole nella simulazione con forzatura di 0 – 285 m rispetto a quella con 0 – 250 m, il coefficiente di regressione era in realtà maggiore.
Una delle ipotesi per spiegare i punti che si allontanano dalla curva di miglior adattamento in Figura 10 è che rappresentino gli anni in cui la variabilità interannuale interna, individuata da Scott e Haynes nel 1998, ha un suo ruolo. Ciò detto, la natura precisa dell’interazione tra questa variabilità e la risposta della QBO secondo il modello di Holton e Tan resta una questione aperta, meritevole di ulteriori indagini.