Lo studio dal titolo “Atlantic Ocean influence on a shift in European climate in the 1990s” esamina come i cambiamenti nelle condizioni dell’Oceano Atlantico abbiano contribuito a modificare il clima europeo a partire dagli anni Novanta. Gli autori analizzano principalmente l’impatto delle temperature superficiali del mare (SST, Sea Surface Temperature) dell’Atlantico Settentrionale e la loro interazione con la variabilità atmosferica, mostrando come queste componenti abbiano favorito una transizione climatica importante sull’Europa. Di seguito, viene presentata una spiegazione articolata e scientifica dei principali elementi dello studio.
1. CONTESTO E OBIETTIVO DELLO STUDIO
Negli ultimi decenni del XX secolo, l’Europa ha sperimentato un cambiamento significativo nelle sue condizioni climatiche, con inverni più miti e spesso più umidi in diverse regioni, accompagnati talvolta da estati caratterizzate da ondate di calore eccezionali. Gli autori dello studio si sono posti la domanda se queste alterazioni fossero legate esclusivamente a fenomeni atmosferici (come il North Atlantic Oscillation, NAO) o se ci fosse un’influenza fondamentale delle temperature oceaniche dell’Atlantico, in particolare di una porzione definita “Subpolar Gyre”. L’obiettivo principale è stato individuare il meccanismo attraverso il quale l’oceano può aver forzato o amplificato la variabilità climatica sul continente europeo.
2. IMPORTANZA DELLA VARIABILITÀ ATLANTICA
La circolazione termoalina nell’Atlantico e la variabilità multidecadale delle temperature superficiali (notoriamente associata all’Atlantic Multidecadal Oscillation, AMO) esercitano un ruolo di primo piano sul clima dei continenti circostanti. La redistribuzione di calore e umidità dovuta alle correnti oceaniche (come la Corrente del Golfo) influenza il pattern di pressione atmosferica invernale, definito in parte dal North Atlantic Oscillation (NAO). Tuttavia, lo studio evidenzia che, oltre a questi processi noti, i cambiamenti nello stato termico dell’Oceano Atlantico Settentrionale negli anni Novanta hanno contribuito a una vera e propria “svolta” climatica in Europa, con un impatto più marcato di quanto si pensasse in precedenza.
3. DATI E METODI UTILIZZATI
Gli autori hanno impiegato una combinazione di osservazioni da dataset storici di SST, di modelli climatici globali e di analisi statistiche avanzate per isolare il segnale dell’Atlantico dal “rumore” di altre fonti di variabilità. In particolare:
- Analisi dei dati osservativi: confronto delle anomalie di temperatura superficiale del mare e di pressione atmosferica sul Nord Atlantico.
- Esperimenti con modelli: simulazioni con e senza vincoli sulle SST atlantiche per testare quanto queste influenzino la circolazione atmosferica e le condizioni superficiali (temperatura e precipitazioni) in Europa.
- Indagini sulla persistenza temporale: studio di come i pattern di SST e pressione si siano evoluti su diverse scale temporali (anni, decenni) e quanto siano stati coerenti con i cambiamenti climatici osservati in Europa.
4. RISULTATI PRINCIPALI
Dalle analisi svolte emerge che negli anni Novanta si è verificato un riscaldamento relativamente rapido delle acque superficiali dell’Atlantico Settentrionale, in particolare nel settore subpolare. Questo ha favorito una modificazione nella circolazione atmosferica, innescando un aumento della frequenza di condizioni meteorologiche caratterizzate da inverni miti e, in alcune regioni, più umidi. I risultati evidenziano anche:
- Un rafforzamento dell’anello di retroazione positivo tra oceano e atmosfera: le SST elevate hanno influenzato la traiettoria e l’intensità delle tempeste atlantiche, modificando la ripartizione della pressione atmosferica nel Nord Europa.
- Una tendenza verso valori di NAO positivi: ciò si è tradotto, soprattutto sulle aree settentrionali e occidentali dell’Europa, in temperature più alte e precipitazioni invernali abbondanti, sebbene con variazioni regionali.
- La sinergia con altri fattori di forzatura: i risultati suggeriscono che il riscaldamento globale di origine antropica possa aver amplificato la tendenza, ma l’influenza dell’Atlantico è valutata come un motore decisivo del cambiamento.
5. DISCUSSIONE E INTERPRETAZIONE
Lo studio sottolinea che l’oceano non è un semplice “serbatoio di calore”, ma un attore attivo nella variabilità e nel cambiamento climatico dell’Europa. Grazie a processi di interazione aria-mare, le anomalie di temperatura dell’oceano sono in grado di influenzare la circolazione atmosferica di grande scala, rafforzando o indebolendo pattern ricorrenti quali il NAO. Inoltre, la persistenza di anomalie nelle SST dell’Atlantico Settentrionale, spesso su scale temporali multidecadali, rende l’oceano un fattore cruciale nella modulazione del clima europeo. Lo spostamento avvenuto negli anni Novanta dimostra l’importanza di seguire con attenzione le variazioni oceaniche per comprendere futuri scenari climatici su scala regionale.
6. IMPATTI SULLA SOCIETÀ E SUL FUTURO DELLA RICERCA
Il cambiamento climatico europeo degli anni Novanta, associato all’aumento di eventi estremi come le ondate di calore estive e le precipitazioni intense, ha conseguenze significative su agricoltura, risorse idriche, infrastrutture e salute pubblica. La comprensione dei meccanismi oceanici alla base di questi cambiamenti fornisce preziose indicazioni per la pianificazione a lungo termine e per l’adattamento a condizioni climatiche più variabili. Dal punto di vista della ricerca, lo studio apre la strada all’approfondimento di alcuni aspetti:
- Importanza di simulazioni accoppiate ad alta risoluzione: per catturare meglio i processi di interazione tra oceano e atmosfera.
- Studio dell’impatto delle dinamiche subpolari sulla circolazione globale: la regione subpolare atlantica rappresenta uno dei motori della circolazione termoalina, essenziale per il bilancio energetico del pianeta.
- Integrazione con i trend di riscaldamento globale: distinguere la quota di cambiamento dovuta a fenomeni naturali di variabilità multi-decennale rispetto alla forzante antropica diventa fondamentale per proiezioni climatiche più accurate.
7. CONCLUSIONI
In sintesi, la ricerca dimostra come l’Atlantico Settentrionale e le sue dinamiche termiche abbiano giocato un ruolo determinante nel plasmare il clima europeo a partire dagli anni Novanta, favorendo lo sviluppo di pattern atmosferici caratterizzati da inverni più miti e spesso più umidi, nonché da estati potenzialmente più calde. Questa svolta climatica non è spiegabile unicamente dalle classiche oscillazioni atmosferiche (come il NAO), ma richiede di tenere conto di un processo di retroazione oceano-atmosfera multidecadale. La comprensione dettagliata di questi meccanismi risulta cruciale per prevedere e mitigare gli impatti futuri dei cambiamenti climatici sul territorio europeo.
In ultima analisi, “Atlantic Ocean influence on a shift in European climate in the 1990s” rappresenta un contributo significativo alla letteratura scientifica, sottolineando che il clima europeo degli ultimi decenni è stato in parte determinato dall’evoluzione termica dell’Atlantico, e indicando la necessità di includere nelle proiezioni climatiche sia la variabilità interna dell’oceano sia la crescita costante dei gas serra.
Impatto dell’Oceano Atlantico su una Variazione del Clima Europeo negli Anni Novanta
Rowan T. Sutton e Buwen Dong
Centro Nazionale per le Scienze Atmosferiche, Dipartimento di Meteorologia, Università di Reading
La variabilità climatica europea si manifesta attraverso una molteplicità di scale temporali, dalla stagionale alla pluriennale. Un’analisi approfondita di questa variabilità, nonché l’identificazione dei suoi principali determinanti, rappresentano un’imprescindibile premessa per l’elaborazione di previsioni climatiche di lungo termine e la valutazione accurata dei rischi connessi.
La letteratura scientifica pregressa ha ripetutamente evidenziato il potenziale ruolo dell’Oceano Atlantico come fattore di variabilità climatica in Europa su scale decennali, riferendosi a studi che documentano questa influenza in vari contesti storici. Tuttavia, la rilevanza di tali dinamiche nelle recenti decadi è rimasta oggetto di incertezza. Tale incertezza deriva principalmente dalle complessità associate alla distinzione degli effetti attribuibili all’Oceano Atlantico da quelli correlati ad altri sistemi, quali l’Oceano Pacifico tropicale e la stratosfera.
Nel presente studio, dimostriamo che il decennio degli anni ’90 ha segnato un cambiamento significativo nel clima europeo, evolvendosi verso configurazioni climatiche caratterizzate da estati eccezionalmente miti e piovose nel nord del continente e da estati calde e aride nel sud. Tali variazioni stagionali sono state accompagnate da modificazioni analoghe durante le stagioni di primavera e autunno. Questa transizione climatica ha coinciso temporalmente con un’intensa fase di riscaldamento dell’Oceano Atlantico settentrionale, che ha raggiunto condizioni termiche paragonabili a quelle registrate ultimamente negli anni ’50.
Le configurazioni climatiche osservate nel corso degli anni ’90 si allineano con precisione a quelle precedentemente associate agli effetti modulatori dell’Oceano Atlantico. Le evidenze raccolte confermano in modo convincente che l’Oceano Atlantico ha svolto un ruolo determinante in tale processo, agendo come principale catalizzatore dei cambiamenti climatici osservati.
I risultati del nostro studio prospettano che il recente schema di anomalie climatiche in Europa perdurerà per tutto il periodo in cui l’Oceano Atlantico manterrà le sue attuali condizioni di anomala temperatura superficiale. Questa persistenza implica un’esigenza critica di monitoraggio continuo dell’Oceano Atlantico e di integrazione di tali dati nei modelli climatici, per affinare ulteriormente le previsioni e migliorare la capacità di risposta ai cambiamenti climatici in Europa.
Variazioni Multidecennali della Temperatura Superficiale del Mare nell’Atlantico Nord e l’Oscillazione Multidecennale Atlantica (AMO)
L’analisi delle variazioni della temperatura superficiale del mare (SST) nell’Atlantico Nord evidenzia un fenomeno noto come Oscillazione Multidecennale Atlantica (AMO), il quale è chiaramente illustrato nel grafico della Figura 1. I dati strumentali registrano fluttuazioni di temperatura rispetto alla media globale degli oceani, oscillando tra fasi calde e fredde, ciascuna persistente per diverse decadi. Studi paleoclimatici supportano l’ipotesi che tali variazioni si estendano ben oltre il periodo coperto dai record strumentali, indicando una persistenza di questo fenomeno attraverso vasti archi temporali.
Le simulazioni dei modelli climatici hanno dimostrato che le variazioni simil-AMO nelle SST sono intrinsecamente legate alle fluttuazioni della Circolazione Meridionale di Riversamento dell’Atlantico (AMOC). Queste variazioni possono emergere indipendentemente da forzanti esterni, ma sono anche suscettibili di essere influenzate da tali forzanti esterne. Attualmente, la comunità scientifica è attivamente impegnata nello studio del grado di influenza che questi forzanti esterni hanno avuto sulle recenti variazioni dell’AMO. Nonostante l’interesse per i meccanismi sottostanti l’AMO, questo lavoro si concentra primariamente sugli impatti climatici associati all’AMO piuttosto che sui suoi driver.
Secondo i modelli climatici, le variazioni dell’AMO sono capaci di generare significativi impatti climatici in diverse regioni del mondo, tra cui il Nord Africa, il Nord e il Sud America, l’Asia meridionale e orientale e l’Europa. Specificatamente in Europa, le ricerche condotte da Sutton e Hodson hanno evidenziato come una fase calda dell’Atlantico Nord tra il 1931 e il 1960, rispetto al periodo 1961-90, abbia indotto anomalie di bassa pressione atmosferica e un aumento delle precipitazioni nell’Europa occidentale durante l’estate. Inoltre, gli studi di Knight e collaboratori hanno analizzato la variabilità dell’AMO attraverso una simulazione prolungata di controllo del modello climatico, riscontrando impatti estivi sulla pressione atmosferica e sulle precipitazioni estremamente coerenti con i risultati precedentemente ottenuti da Sutton e Hodson. Questi studi hanno anche rilevato impatti climatici dell’AMO durante altre stagioni. Ulteriori analisi hanno dimostrato una correlazione significativa tra l’indice AMO e l’indice della temperatura centrale dell’Inghilterra durante l’estate e l’autunno. Successivamente, Folland e collaboratori hanno scoperto che l’AMO è correlata, su scale temporali decennali, anche con un indice di circolazione atmosferica, denominato Oscillazione Nord Atlantica estiva (NAO).
Nel corso degli anni ’90, l’Atlantico Nord ha ripreso uno stato termico caldo, simile a quello osservato intorno al 1931-60, come mostrato nella Figura 1. Recenti studi indicano che questo riscaldamento degli anni ’90 è stato prevalentemente causato da un’intensificazione dell’AMOC, che ha comportato un maggior trasporto di calore verso nord, in risposta alla fase positiva persistente della NAO invernale durante gli anni ’80 e i primi anni ’90. Questi risultati enfatizzano l’importanza di continuare a monitorare l’AMO e l’AMOC per comprendere meglio i loro potenziali impatti sul clima globale.
Le condizioni termiche rilevate nell’Atlantico Nord dal 1996 al 2010 mostrano una notevole somiglianza con quelle del precedente periodo caldo del 1931 al 1960, sebbene si registri una lieve intensificazione delle anomalie termiche in determinate aree, come evidenziato nelle subfigure c e d della Figura 1. Queste osservazioni suggeriscono una persistenza delle fasi calde che influenzano significativamente il clima di vasti settori del pianeta, includendo regioni esterne all’Atlantico Nord, dove però le anomalie risultano essere più deboli e disorganizzate. È importante notare che le somiglianze tra i due periodi caldi si riducono sensibilmente al di fuori dell’Atlantico Nord quando non si applica una detrendizzazione ai dati, come dimostrato dalla Figura S5 e dal Supplemento Informativo.
Il riconoscimento di pattern simili nei due periodi caldi nell’Atlantico Nord suggerisce la possibile ripetizione di meccanismi climatici comparabili, responsabili non solo delle transizioni osservate ma anche dei conseguenti impatti sul clima. Per approfondire gli effetti di tali transizioni termiche, è stata analizzata la distribuzione delle anomalie di temperatura dell’aria superficiale, delle precipitazioni e della pressione atmosferica al livello del mare durante i periodi caldi rispetto al periodo intermedio di raffreddamento approssimativamente compreso tra il 1964 e il 1993. L’analisi si concentra sulle stagioni di primavera, estate e autunno, dato che durante l’inverno diventa complesso distinguere l’influenza dell’oceano sull’atmosfera da quella dell’atmosfera sull’oceano.
Nella detrendizzazione dei dati osservativi, è stato impiegato un indice filtrato passa-basso delle SST al di fuori dell’Atlantico Nord per isolare l’effetto specifico di quest’ultimo, come dettagliato nella Figura 1 e nel Sommario dei Metodi. I risultati evidenziano un marcato parallelismo tra i pattern di temperatura dell’aria superficiale (SAT) osservati nei due periodi caldi. Durante la primavera, le anomalie termiche, più marcate nell’Europa occidentale continentale, hanno raggiunto valori superiori a 0,8°C. In estate, l’estensione delle anomalie calde si è ampliata verso est, raggiungendo l’Europa centrale e orientale, con picchi superiori a 1,0°C nelle regioni meridionali vicino al Mediterraneo. In autunno, invece, le anomalie calde si sono concentrate maggiormente nel nord Europa, particolarmente in Scandinavia, dove hanno superato il valore di 1,0°C.
La coerenza tra i due periodi caldi emerge chiaramente anche dall’analisi dell’evoluzione stagionale della Temperatura dell’Inghilterra Centrale (CET) e della temperatura dell’aria superficiale europea, come riportato nel Supplemento Informativo, Figura S1. In entrambi i periodi, entrambi gli indici hanno mostrato temperature superiori alla norma da marzo a settembre, estendendosi anche a novembre. Questi dati sono coerenti con le correlazioni stagionali medie tra l’AMO e la CET precedentemente riportate, confermando che un Atlantico Nord in fase calda tende a favorire condizioni climatiche più miti durante la primavera, l’estate e l’autunno in Inghilterra e in generale in Europa.
L’analisi delle anomalie delle precipitazioni durante i due distinti periodi caldi dell’Atlantico Nord rivela una certa variabilità, con modelli più disordinati rispetto a quelli relativi alle temperature dell’aria superficiale (SAT), ma evidenzia comunque un’alta coerenza, in particolare durante la stagione estiva (Figura 3). Durante la primavera, si osservano anomalie di precipitazioni secche sul Regno Unito e la Francia, mentre anomalie umide predominano sulla penisola iberica, benché i modelli risultino particolarmente disordinati e variabili, soprattutto nelle regioni più orientali. In estate, si distingue un pattern molto definito: una sequenza di anomalie umide si estende attraverso l’Europa settentrionale e centrale, interrotta da una piccola zona di anomalie secche lungo la costa occidentale della Norvegia, mentre il sud Europa, dall’estremità occidentale del Portogallo fino alla Turchia, presenta significative anomalie di siccità. Queste anomalie rappresentano una variazione che va dal 5 al 20% rispetto alla media stagionale locale delle precipitazioni, come indicato nel Supplemento Informativo.
Nel corso dell’autunno, le anomalie secche, che possono raggiungere fino al 20% del valore medio stagionale, si manifestano prevalentemente in Scandinavia, mentre anomalie umide di entità simile interessano il Regno Unito e il sud-est europeo in entrambi i periodi considerati. È interessante notare come le anomalie sull’Iberia mostrino un’inversione di segno tra i due periodi analizzati.
Il persistente stato caldo dell’Oceano Atlantico Nord è in grado di influenzare le anomalie di temperatura in Europa senza alterare significativamente la circolazione atmosferica, attraverso il meccanismo di advezione di masse d’aria riscaldate dall’oceano verso la terraferma. Tuttavia, l’osservazione di modelli coerenti e consistenti di anomalie nelle precipitazioni suggerisce la presenza di modifiche nella circolazione atmosferica, come confermato dalla Figura 4. Nella stagione primaverile, emerge un crinale di alta pressione atmosferica (SLP) sull’Europa centrale, flanqueato da due fosse di bassa pressione sul nord-est dell’Atlantico e sull’Europa nord-orientale. È probabile che tale crinale sia associato alle anomalie di precipitazioni ridotte osservate su Regno Unito e Francia in questo periodo (Figura 3). Il flusso di correnti anomale meridionali sopra l’Europa occidentale potrebbe anche contribuire alle rilevate anomalie termiche (Figura 2).
In estate, i modelli di anomalie di pressione al livello del mare (SLP) sul Nord Africa, l’Atlantico nord-orientale e l’Europa occidentale mostrano una coerenza tra i due periodi. In particolare, la fossa di bassa pressione centrata sull’Europa occidentale si correla strettamente con una banda di anomalie di precipitazioni elevate che si estende dal Regno Unito verso il centro e il nord dell’Europa (Figura 3), un modello che ricorda l’Oscillazione Nord Atlantica estiva. Durante l’autunno, un modello dipolare di anomalie di SLP caratterizza l’Europa, con un crinale anomalo sopra Scandinavia e Europa nord-orientale e una fossa anomala che si estende dal sud Europa fino al Mar Mediterraneo e Nord Africa. Questo schema risulta consistente con le anomalie di precipitazioni registrate, segnando condizioni più secche su Scandinavia e Europa nord-orientale e più umide su Europa centrale e meridionale (Figura 3).
Questi risultati enfatizzano come, in ogni stagione, i modelli di anomalie di SLP e precipitazioni si mantengano sorprendentemente simili anche in assenza di detrendizzazione, un aspetto che non viene illustrato. Questo indica una robustezza del legame tra le condizioni oceaniche e i pattern atmosferici su scala europea.
La coerenza osservata tra i due distinti periodi caldi dell’Atlantico Nord nei modelli di anomalie relative alla temperatura dell’aria superficiale (SAT), alla precipitazione e alla pressione atmosferica al livello del mare (SLP) rappresenta un’importante prova circostanziale che l’Oceano Atlantico abbia giocato un ruolo cruciale nelle fluttuazioni climatiche europee su scala decennale. Questa tesi è ulteriormente corroborata dalle correlazioni, misurate su intervalli temporali decennali, tra l’indice dell’Oscillazione Multidecennale dell’Atlantico (AMO) e gli indici di variabilità media stagionale di SAT, SLP e precipitazioni, dettagliatamente documentate nelle Figure S2-S4 e nella Tabella S1 del Supplemento Informativo.
In particolare, un corpus sostanziale di evidenze, specialmente per il periodo estivo, emerge dalla coerenza tra i modelli di anomalie osservati e quelli generati da simulazioni climatiche nelle quali l’influenza dell’Atlantico è esplicitamente modellata come forza trainante principale (si veda la Figura 2 di SH05 e la Figura 3 di KFS06). Il quadro di anomalie recentemente identificato per il periodo caldo corrisponde in maniera consistente con le previsioni formulate alla conclusione dello studio SH05, che anticipavano un incremento delle precipitazioni e delle temperature estive nell’Europa occidentale, relativamente al periodo 1961-90. L’insieme di questi dati fornisce un’argomentazione convincente a favore dell’ipotesi che l’Oceano Atlantico sia stato il catalizzatore del mutamento climatico estivo in Europa negli anni ’90.
Tuttavia, le anomalie riscontrate da KFS06 per le stagioni di primavera e autunno presentano alcune discrepanze rispetto a quelle da noi osservate. Mentre i modelli di anomalie di SLP registrati sopra l’Atlantico Nord appaiono simili (in particolare durante la primavera), si notano differenze significative sull’Europa. Queste variazioni nelle anomalie di circolazione si traducono, come atteso, in differenze nelle anomalie di precipitazioni; ad esempio, per l’autunno, KFS06 segnala un incremento delle precipitazioni nel nord Europa e una riduzione nel sud Europa, in netto contrasto con il modello opposto da noi individuato. Proponiamo che tali divergenze possano derivare da bias presenti nel modello climatico impiegato da KFS06. La verifica di questa ipotesi mediante l’impiego di altri modelli climatici costituisce una direzione cruciale per la ricerca futura. Una teoria alternativa suggerisce che fattori addizionali, non contemplati nelle simulazioni di KFS06, possano giocare un ruolo rilevante nelle stagioni di primavera e autunno; tuttavia, per giustificare i risultati ottenuti, tali fattori dovrebbero manifestarsi in concomitanza con le fasi dell’AMO.I risultati del nostro studio contribuiscono in modo sostanziale alla crescente base di evidenze che attestano l’Oscillazione Multidecennale dell’Atlantico (AMO) come un determinante fondamentale nella variabilità decennale del clima non solo in Europa ma anche in altre regioni del mondo. Inoltre, indicano che l’attuale configurazione climatica, caratterizzata da estati miti e umide nel nord Europa e da estati calde e secche nel sud Europa, insieme ai correlati modelli stagionali di primavere calde e secche nel nord-ovest europeo, autunni caldi e secchi in Scandinavia, e autunni umidi nel sud-est europeo, potrebbe perdurare fintanto che si mantiene la fase calda attuale dell’AMO. Tuttavia, la durata di questa fase rimane incerta.
Questa incertezza è dovuta principalmente alle lacune nella nostra comprensione dei meccanismi che regolano l’AMO. Le evidenze che il comportamento della Circolazione Meridionale di Riversamento dell’Atlantico (AMOC) abbia avuto un ruolo cruciale nel determinare la transizione verso una fase calda negli anni ’90 implicano che l’AMOC potrebbe essere un elemento chiave nel definire il futuro dell’AMO. È verosimile aspettarsi un declino dell’AMOC, che favorirebbe il ritorno a una fase fredda dell’AMO. Questo declino potrebbe essere innescato dal calo dell’indice dell’Oscillazione Nord Atlantica (NAO) invernale, osservato dopo il suo picco nei primi anni ’90, oppure come reazione al riscaldamento superficiale recente e previsto, che ostacola la formazione di acque profonde nell’Atlantico Nord subpolare.
Una transizione interessante potrebbe essere quella verso una fase fredda dell’AMO, che potrebbe avvenire rapidamente, similmente a quanto osservato nell’ultima transizione da una fase calda a una fredda. Se tale scenario dovesse verificarsi, i risultati del nostro studio suggeriscono che ciò porterebbe a un cambiamento rapido del clima europeo, sebbene l’ampiezza di tale cambiamento rimanga difficile da prevedere. Tale potenziale rapidità di transizione implica un impatto significativo sulle proiezioni climatiche future e sottolinea l’importanza di una monitorizzazione continua e approfondita dell’AMO e dell’AMOC per anticipare e gestire le implicazioni climatiche associate.
Analisi Metodologica Dettagliata dei Dati Climatici Storici
Nel presente studio, abbiamo impiegato quattro dataset climatici essenziali, derivanti da serie storiche di osservazioni ambientali. In particolare, il dataset HadISST26, elaborato dal Met Office del Regno Unito, ha fornito i dati relativi alla temperatura media mensile della superficie marina (SST) per il periodo 1871-2010, distribuiti su una griglia geografica di 1° x 1°. Parallelamente, il dataset HadSLP2r ha offerto aggiornamenti quasi in tempo reale della pressione media mensile a livello del mare (SLP) dal 1851 al 2010, su una griglia di 5° x 5°. Complementare a questi, il dataset HadCET28 ha tracciato la temperatura media mensile del centro dell’Inghilterra (CET) a partire dal lontano 1659 fino al 2010.
Questi primi tre insiemi di dati sono accessibili attraverso il portale online del Met Office (http://www.metoffice.gov.uk/hadobs/). Il quarto dataset utilizzato, denominato CRU TS3.129, è stato prodotto dall’Unità di Ricerca Climatica (CRU) presso l’Università dell’East Anglia. Questo dataset particolarmente dettagliato comprende i dati sulla temperatura media mensile della superficie terrestre (SAT) e sulle precipitazioni terrestri, raccolti dal 1901 al 2009 su una griglia di 0.5° x 0.5°. È disponibile per la consultazione e l’analisi attraverso il British Atmospheric Data Centre (http://badc.nerc.ac.uk/view/badc.nerc.ac.uk__ATOM__dataent_1256223773328276).
Per la nostra analisi, abbiamo calcolato i valori medi stagionali per le stagioni di primavera (Marzo-Maggio, MAM), estate (Giugno-Agosto, JJA) e autunno (Settembre-Novembre, SON), basandoci sulle medie dei valori mensili per SAT, SLP e precipitazioni. L’indice di Oscillazione Multidecennale Atlantica (AMO), visualizzato nella Figura 1a, è stato definito come l’anomalia della temperatura media annuale della superficie del mare (SST) di HadISST, calcolata per la regione tra 0° N e 60° N e tra 75° W e 7.5° W. In aggiunta, l’indice globale della media della SST escludendo l’Atlantico del Nord (gSSTmA; Figura 1a) è stato calcolato come la media annuale globale delle temperature della superficie del mare, escludendo l’Atlantico del Nord.
Per analizzare la variabilità interannuale e identificare le tendenze di lungo periodo, abbiamo applicato un filtro passa-basso di Chebyshev di tipo ricorsivo con una frequenza di taglio di 11 anni agli indici AMO e gSSTmA. Successivamente, abbiamo proceduto alla detrendizzazione dei dati SAT, SLP e precipitazioni eliminando la regressione in ogni punto della griglia rispetto all’indice gSSTmA filtrato a basso passaggio. Questo approccio ha permesso di calcolare le medie e le varianze delle variabili detrendizzate per i periodi caldi dell’Atlantico del Nord (1931-1960 e 1996-2010, con l’eccezione del 1996-2009 per SAT e precipitazioni) e per il periodo freddo (1964-1993).
Le anomalie sono state successivamente determinate come le differenze tra le medie dei periodi caldi e la media del periodo freddo. L’analisi della significatività statistica delle differenze osservate è stata effettuata mediante un test t di Student a due code, fornendo una robusta valutazione statistica della variabilità climatica nel tempo.

La Figura 1 rappresenta una disamina dettagliata dell’Oscillazione Multidecennale Atlantica (AMO) attraverso una serie di grafici e mappe, illustrando con precisione l’evoluzione temporale e le distribuzioni spaziali delle anomalie della temperatura superficiale del mare (SST) relative all’AMO.
Nel pannello (a), l’indice AMO viene visualizzato tramite una linea nera, che quantifica la variabilità della SST nell’Atlantico del Nord. Parallelamente, l’indice gSSTmA, rappresentato dalla linea sottile di colore blu, misura la SST nelle regioni esterne all’Atlantico del Nord. Le linee spesse in rosso e blu sovraimposte rappresentano le versioni degli indici filtrati a basso passaggio, una metodologia adottata per ridurre l’influenza delle fluttuazioni su base annuale e concentrarsi su trend pluriennali. Questo approccio di filtraggio è essenziale per isolare le componenti di variazione a lungo termine dalle oscillazioni stagionali e interannuali che possono mascherare i veri trend sottostanti.
Il pannello (b) presenta l’indice AMO detrendizzato, risultante dalla sottrazione dell’indice gSSTmA filtrato a basso passaggio dall’indice AMO grezzo. Le linee orizzontali nere spesse indicano i periodi selezionati per definire le fasi calde e fredde dell’AMO, che sono cruciali per comprendere le dinamiche temporali dell’oscillazione e per identificare i cambiamenti nei pattern di temperatura correlati.
I pannelli (c) e (d) mostrano le mappe delle anomalie della SST annuale per le due fasi calde rispetto alla fase fredda intercorrente, dopo il detrending effettuato tramite l’indice gSSTmA filtrato a basso passaggio. Queste mappe sono colorate per riflettere le variazioni di temperatura, con scale che vanno dal blu per le temperature più fredde al rosso per quelle più calde. Questa rappresentazione grafica fornisce una visualizzazione immediata e intuitiva delle differenze termiche associate alle diverse fasi dell’AMO, evidenziando come l’oscillazione influenzi non solo l’Atlantico del Nord ma anche le dinamiche climatiche globali.
Complessivamente, queste visualizzazioni forniscono un’analisi approfondita degli impatti climatici dell’AMO, dimostrando come variazioni periodiche nella temperatura della superficie del mare possano avere ripercussioni significative sul clima globale, con effetti che variano a seconda delle regioni geografiche e dei periodi considerati.

La Figura 2 illustra dettagliatamente le anomalie nella temperatura dell’aria superficiale (SAT) durante le fasi calde recenti dell’Oscillazione Multidecennale Atlantica (AMO), rispetto alla fase fredda intermedia, attraverso sei pannelli che separano le osservazioni in base a periodi temporali e stagioni specifiche. Questi dati offrono una visione comprensiva delle variazioni climatiche stagionali influenzate dalle fluttuazioni termiche dell’Atlantico del Nord.
Nei pannelli (a), (b) e (c), vengono presentate le anomalie medie stagionali della SAT per il periodo compreso tra il 1931 e il 1960, sottraendo i valori del periodo dal 1964 al 1993. Ogni pannello rappresenta una stagione distinta, ossia la primavera (MAM), l’estate (JJA) e l’autunno (SON), rispettivamente. Le regioni colorate indicano le aree in cui le anomalie sono statisticamente significative al livello del 90%. L’uso di una scala cromatica che varia dal blu (indicante temperature inferiori alla media) al rosso (indicante temperature superiori alla media) permette di visualizzare l’intensità e la distribuzione delle anomalie termiche.
Analogamente, i pannelli (d), (e) e (f) seguono la stessa strutturazione stagionale dei primi tre, ma considerano il periodo più recente, dal 1996 al 2009, sottraendo i dati del periodo 1964-1993. Questa seconda serie temporale serve a confermare o a comparare le tendenze osservate nel precedente set di dati, offrendo un quadro aggiornato delle influenze climatiche dell’AMO nelle stesse stagioni.
Per entrambe le serie temporali, le anomalie sono state calcolate dopo un processo di detrendizzazione, rimuovendo la regressione lineare correlata all’indice gSSTmA filtrato a basso passaggio. Questo metodo di detrendizzazione è cruciale per isolare le influenze specifiche delle fasi dell’AMO dalle tendenze climatiche più ampie o dalla variabilità globale, assicurando così che le anomalie osservate siano direttamente attribuibili alle oscillazioni dell’AMO.
Le mappe risultanti forniscono non solo una visualizzazione immediata delle variazioni climatiche regionali legate alle fasi dell’AMO, ma anche una base empirica per ulteriori ricerche e analisi su come queste oscillazioni influenzino le condizioni meteorologiche e climatiche in Europa e nelle zone adiacenti dell’Atlantico del Nord. Identificare le aree con anomalie significative permette agli scienziati di focalizzare le indagini future, mirando a una comprensione più profonda degli impatti regionali e stagionali dell’AMO.

La Figura 3 fornisce una rappresentazione dettagliata delle anomalie nella precipitazione durante le fasi calde recenti dell’Oscillazione Multidecennale Atlantica (AMO) in confronto con la fase fredda intermedia. Questa analisi si articola in sei pannelli che coprono due distinti intervalli temporali per tre diverse stagioni meteorologiche: primavera (MAM), estate (JJA) e autunno (SON).
Nei pannelli (a), (b) e (c), le anomalie di precipitazione sono visualizzate per il periodo 1931-1960 sottratto al periodo 1964-1993. Ogni pannello corrisponde a una stagione specifica, con (a) per la MAM, (b) per la JJA, e (c) per la SON. Le anomalie sono espresse in percentuale rispetto al valore climatologico medio calcolato per il periodo 1901-2009. La scelta di questo parametro come riferimento climatologico fornisce un confronto standardizzato, consentendo una valutazione più precisa delle deviazioni stagionali dalle norme a lungo termine.
Similmente, i pannelli (d), (e) e (f) replicano l’analisi per il periodo più recente, 1996-2009, confrontato nuovamente con il periodo 1964-1993, seguendo il medesimo schema stagionale. Questo consente di esaminare le tendenze nella precipitazione sotto le influenze climatiche recenti, confermando o confrontando le osservazioni del set precedente di dati.
La gamma di colori utilizzata nelle mappe varia dal blu, indicante una riduzione delle precipitazioni rispetto alla norma, al rosso, che indica un aumento. Questo schema cromatico facilita l’identificazione visiva delle regioni dove le precipitazioni hanno subito variazioni significative, sia in termini di riduzione che di aumento, relative al periodo medio di riferimento.
Importante notare è l’assenza di un taglio di significatività locale per le precipitazioni, il che implica che tutte le variazioni rilevate sono rappresentate indipendentemente dalla loro significatività statistica. Nei pannelli per le stagioni JJA (b) e SON (c), vengono inoltre evidenziate specifiche aree delimitate da caselle, le quali sono state utilizzate per calcolare gli indici di precipitazione per queste stagioni, ulteriormente discussi nella figura successiva (Fig S3).
Queste visualizzazioni offrono una panoramica esaustiva delle modifiche stagionali e regionali nelle precipitazioni che possono essere collegate alle fasi dell’AMO, fornendo agli scienziati e ai climatologi dati cruciali per comprendere meglio come le variazioni della temperatura superficiale dell’Atlantico del Nord possano influenzare l’idrologia e i regimi delle precipitazioni in Europa e nelle aree atlantiche limitrofe.

La Figura 4 fornisce un’analisi dettagliata delle anomalie nella pressione atmosferica a livello del mare (SLP) durante le fasi calde dell’Oscillazione Multidecennale Atlantica (AMO), confrontate con la fase fredda intermedia. Le anomalie sono esposte attraverso una serie di mappe che coprono due periodi storici distinti e sono categorizzate per tre stagioni specifiche: primavera (MAM), estate (JJA) e autunno (SON).
I pannelli (a), (b) e (c) visualizzano le anomalie medie stagionali di SLP per il periodo 1931-1960 sottratte ai valori del periodo 1964-1993. Questi pannelli sono rispettivamente dedicati alle stagioni MAM, JJA e SON. Le anomalie sono misurate in ettopascal (hPa), e la colorazione delle mappe varia dal blu, che indica una riduzione della pressione atmosferica, al rosso, che denota un aumento. Questo schema cromatico permette una percezione immediata delle deviazioni dalla pressione media, evidenziando le aree geografiche dove la pressione si discosta significativamente dalla norma.
I pannelli (d), (e) e (f) replicano l’analisi per un arco temporale più recente, dal 1996 al 2009, confrontato con il periodo 1964-1993, seguendo lo stesso schema stagionale dei pannelli precedenti. L’adozione di questo schema comparativo tra due periodi temporali distinti permette di valutare l’evoluzione delle condizioni atmosferiche in relazione alle variazioni climatiche e oceaniche indotte dall’AMO.
In tutte le mappe, i contorni neri solidi rappresentano le regioni dove le anomalie raggiungono un livello di confidenza del 90%, indicando una significatività statistica delle variazioni osservate. Questo elemento è fondamentale per stabilire la robustezza dei dati e per sostenere l’interpretazione delle anomalie di SLP come indicativi di cambiamenti climatici coerenti e significativi.
Le caselle delineate nelle mappe indicano le aree geografiche selezionate per il calcolo degli indici di SLP, i cui risultati sono presentati in dettaglio nella Figura S4. Questo approccio metodologico assicura che l’analisi degli indici sia ancorata a regioni specifiche, facilitando così un’interpretazione più mirata e geograficamente rilevante delle influenze dell’AMO sulla pressione atmosferica.
In sintesi, la Figura 4 offre una panoramica esauriente delle dinamiche di pressione atmosferica associate alle fasi dell’AMO, fornendo una comprensione approfondita delle loro implicazioni stagionali e regionali. Queste osservazioni sono essenziali per gli studiosi del clima, poiché offrono una base empirica per ulteriori indagini sull’interazione tra l’AMO e i pattern meteorologici a vasta scala.