Le espulsioni di massa coronale (CME) sono eventi caratterizzati da un significativo rilascio di plasma e campo magnetico dalla corona stellare. Le tecniche osservative più utilizzate per rilevare tracce dei CMEs sono tre: l’osservazione di segnali radio di tipo II, lo spostamento Doppler nelle righe dell’ottico/ultravioletto e l’assorbimento continuo nel dominio spettrale dei raggi X.
Tutte queste evidenze osservative si riscontrano per le espulsioni di massa coronale del Sole che hanno origine dalle regioni attive della sua superficie, ovvero le macchie solari. Poichè l’attività solare segue un ciclo undecennale, la frequenza con cui vengono prodotti i CMEs è variabile: si passa da tre eventi al giorno in prossimità dei massimi a un evento ogni cinque giorni avvicinandosi al minimo (Chen, 2011 ;Karpen et al., 2012; Webb & Howard, 2012 ). La velocità dei CMEs solari non supera i 4000 km/s. Ciò è dovuto ai limiti imposti dalle dimensioni delle regioni attive sulla superficie del Sole, dal loro contenuto magnetico e dall’efficienza con cui l’energia libera può essere convertita in energia cinetica dei CMEs (Airapetian et al., 2019 ). Le espulsioni di massa coronale più veloci causano l’accelerazione di elettroni, protoni e ioni pesanti che comunemente vengono chiamati particelle energetiche solari (spesso indicate con l’acronimo SEP che sta per “solar energetic particle”). In genere i CMEs sono legati ai flares, specialmente quando questi ultimi sono intensi mentre le espulsioni coronali risultano molto energetiche

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