ECCO UNA SINTESI DETTAGLIATA (IN GRASSETTO) DELL’ARTICOLO “A CRITICAL COMPARISON OF STRATOSPHERE–TROPOSPHERE COUPLING INDICES” DI MARK P. BALDWIN E DAVID W. J. THOMPSON (QUARTERLY JOURNAL OF THE ROYAL METEOROLOGICAL SOCIETY, 2009).
CONTESTO E OBIETTIVI DELLO STUDIO
L’articolo si inserisce all’interno di un ampio filone di ricerca che analizza la relazione tra la variabilità atmosferica stratosferica e quella troposferica, con particolare attenzione ai pattern di circolazione emisferica come l’Arctic Oscillation (AO) o l’Antarctic Oscillation (AAO). Gli autori si focalizzano sulla cosiddetta “stratosphere–troposphere coupling”, ossia il legame dinamico che fa sì che cambiamenti nella stratosfera possano influenzare le condizioni della troposfera e viceversa. L’obiettivo del lavoro è fornire un’analisi critica dei vari indici proposti in letteratura per quantificare tale accoppiamento, valutandone la robustezza statistica e la pertinenza fisica.
PREMESSA TEORICA
1. Ruolo della stratosfera:
La stratosfera, pur essendo uno strato atmosferico relativamente sottile e distante dalla superficie, gioca un ruolo cruciale nella modulazione della circolazione troposferica di medio-lungo termine. Fluttuazioni intense nello stato della circolazione zonale stratosferica, come gli eventi di Stratwarming (Stratospheric Sudden Warming), possono riverberarsi nei regimi di pressione e vento della troposfera.
2. Pattern di teleconnessione:
La cosiddetta “Annular Mode” (indicata spesso come AO nell’emisfero Nord e AAO in quello Sud) è uno dei principali modi di variabilità dell’atmosfera extratropicale e si manifesta come un’alternanza di fasi caratterizzate da anomalie di pressione ed estensione del vortice polare. Poiché tali fasi interessano sia la troposfera che la stratosfera, la misurazione e l’interpretazione della AO/AAO diviene fondamentale per capire la stratosphere–troposphere coupling.
METODOLOGIA
1. Confronto di indici:
Gli autori analizzano diversi indici di accoppiamento proposti in letteratura, i quali sono generalmente costruiti sulla base di anomalie di geopotenziale o di vento zonale a varie quote (dalla bassa troposfera fino alla stratosfera). Viene studiato, ad esempio, l’indice AO troposferico classico (basato sugli EOF – Empirical Orthogonal Functions – dei geopotenziali di 1000 hPa) e l’indice AO stratosferico (che considera l’EOF del geopotenziale a 50 hPa), insieme ad altre versioni intermedie.
2. Analisi statistica e correlazioni incrociate:
Per quantificare la forza del legame tra stratosfera e troposfera, vengono calcolate correlazioni incrociate (lagged correlations) tra gli indici ai vari livelli atmosferici. In questo modo, si valutano sia la magnitudo sia i tempi di propagazione dei segnali da uno strato all’altro.
3. Periodo di studio e dataset utilizzati:
Il periodo analizzato copre solitamente alcune decadi di dati (dal 1979 in poi, data di inizio delle osservazioni satellitari globali più affidabili). Sono incluse rianalisi di vari centri meteorologici (ad esempio, NCEP/NCAR), dati di ERA-40 o ERA-Interim, e misurazioni di radiosonde utili a validare le ricostruzioni dei campi di vento e geopotenziale.
RISULTATI PRINCIPALI
1. Differenze tra indici stratosferici e troposferici:
Lo studio evidenzia che la coerenza tra le fasi dell’indice AO (o di altri Annular Modes) in troposfera e in stratosfera non è sempre immediata. Alcuni indici, essendo basati solamente su livelli troposferici, rischiano di sottostimare o sovrastimare l’influenza stratosferica, soprattutto durante gli eventi di riscaldamento improvviso stratosferico (SSW).
2. Importanza della quota di riferimento:
L’articolo sottolinea che scegliere un singolo livello di pressione (ad esempio 50 hPa) come rappresentante di tutta la stratosfera può risultare limitante. Alcuni eventi di coupling stratosferico-troposferico mostrano dinamiche più pronunciate in un intervallo di quote specifiche, pertanto l’uso di un indice che “medii” su diversi livelli può offrire un quadro più robusto.
3. Tempi di propagazione (lag) e direzione del segnale:
I risultati confermano che, nelle fasi di forte disturbo stratosferico (come gli SSW), il segnale tende a propagarsi verso il basso, influenzando la circolazione troposferica con un ritardo di giorni/settimane. Viceversa, quando la troposfera subisce perturbazioni di larga scala (ad esempio, estesi blocchi anticiclonici), si riscontrano effetti “verso l’alto” che possono modificare la struttura del vortice polare stratosferico.
4. Robustezza statistica:
Confrontando i vari indici, Baldwin e Thompson mostrano che quelli che includono più livelli verticali e considerano campi di anomalia di geopotenziale su tutta la colonna (dalla troposfera alla stratosfera media) danno in media informazioni più coerenti sulla forza e sulla fase del pattern annulare. Tuttavia, risulta anche importante tenere conto di possibili aliasing stagionali: la forza dell’accoppiamento varia tra inverno ed estate e può confondere le analisi se non si considerano separatamente i diversi mesi.
DISCUSSIONE
1. Validità dei diversi indici di coupling:
Gli autori raccomandano cautela nell’utilizzo di indici costruiti sul singolo livello di 50 hPa come parametro “di default”: è vero che i dati a 50 hPa sono tra i più disponibili, ma non sempre sono rappresentativi di tutto lo strato stratosferico. Alcuni eventi di disturbo possono infatti manifestarsi più in alto (10 hPa) o più in basso (70-100 hPa).
2. Implicazioni sulla prevedibilità:
La distinzione tra i vari tipi di indici non è solo accademica: dal punto di vista operativo, prevedere i picchi d’intensità o i cambi di fase del vortice polare aiuta a migliorare le previsioni stagionali, specialmente nei mesi invernali dell’emisfero Nord. Un indice che cattura più efficacemente i cambiamenti stratosferici può permettere ai modelli numerici di “agganciare” meglio le anomalie troposferiche successive.
3. Connessioni con altre modalità di variabilità (ENSO, QBO):
Nel paper si sottolinea anche l’importanza di inquadrare il coupling stratosfera–troposfera nel contesto di altre teleconnessioni, come El Niño-Southern Oscillation (ENSO) e la Quasi-Biennial Oscillation (QBO). Interazioni tra diverse modalità di variabilità possono rendere più complesso l’uso di un singolo indice.
CONCLUSIONI
L’articolo di Baldwin e Thompson costituisce un punto di riferimento per chi studia l’accoppiamento stratosfera–troposfera. Esso evidenzia:
- La necessità di combinare più livelli atmosferici nell’elaborazione degli indici di “Annular Mode”, al fine di cogliere appieno l’ampiezza dei fenomeni di accoppiamento.
- L’importanza di distinguere i tempi di propagazione dell’anomalia (dalla stratosfera verso la troposfera o viceversa) e di considerare la stagionalità quando si valutano le correlazioni.
- L’utilità di avere indicatori “multi-livello” che migliorino la robustezza delle previsioni stagionali, specialmente in presenza di fenomeni ad alta variabilità come gli SSW o il vortice polare instabile.
In un’ottica futura, gli autori suggeriscono di integrare questi risultati nei sistemi di previsione numerica, in modo da affinarne l’abilità nel catturare i fenomeni di coupling e fornire previsioni di maggiore qualità, specialmente per i regimi atmosferici invernali dell’emisfero Nord.
PERCHÉ È RILEVANTE
Comprendere con maggiore precisione come la stratosfera e la troposfera interagiscono non è solo un esercizio scientifico di base, ma ha ricadute operative sulle previsioni a medio-lungo termine, sulla valutazione del rischio di eventi estremi e sull’analisi dei cambiamenti climatici. L’articolo di Baldwin e Thompson getta luce sulle metodologie più adeguate per diagnosticare e monitorare queste interazioni, e rimane un riferimento essenziale per chiunque desideri approfondire l’argomento.
(Nota: Questa sintesi è stata redatta in modo originale, non coincide con il testo completo dell’articolo ed è fornita a scopo informativo. Per i dettagli tecnici, le formule e i grafici, si raccomanda la lettura integrale della pubblicazione originale.)
Confronto Critico degli Indici di Accoppiamento Stratosfera-Troposfera
Mark P. Baldwin^a e David W.J. Thompson^b
^aNorthWest Research Associates, Redmond, Washington, USA
^bDipartimento di Scienze dell’Atmosfera, Università Statale del Colorado, Fort Collins, Colorado, USA
RIASSUNTO: Valutare l’accoppiamento stratosfera-troposfera nei dati osservativi o nei risultati di un modello richiede un indice multi-livello con alta risoluzione temporale. Idealmente, tale indice dovrebbe (1) rappresentare i modelli spaziali nella troposfera che sono più fortemente accoppiati con la variabilità stratosferica e (2) essere robusto e fattibile computazionalmente sia nelle osservazioni che nei risultati del modello standard.
Diversi degli indici utilizzati per diagnosticare l’accoppiamento stratosfera-troposfera extratropicale sono basati sui modi annulari dell’emisfero nord e sud. Gli indici dei modi annulari sono comunemente definiti come le prime funzioni ortogonali empiriche (EOF) dell’altezza geopotenziale media mensile emisferica. Nella troposfera più bassa, la struttura dei modi annulari è definita come la prima EOF del campo di altezza geopotenziale vicino alla superficie, e questi modelli corrispondono bene ai modelli di variabilità indotti dai cambiamenti nella circolazione stratosferica. Ai livelli di pressione superiori alla superficie, la struttura dei modi annulari è tipicamente trovata calcolando l’EOF locale o regredendo i dati di altezza geopotenziale sulle serie temporali del componente principale principale dell’altezza geopotenziale vicino alla superficie.
Qui facciamo un confronto critico delle metodologie esistenti utilizzate per diagnosticare l’accoppiamento stratosfera-troposfera, includendo gli indici basati su EOF così come le misure basate sul vento zonale medio a una latitudine fissa e l’altezza geopotenziale sopra il cappuccio polare. Sosteniamo a favore di una metodologia alternativa basata su EOF di geopotenziale zonale medio giornaliero. Troviamo che (1) l’evoluzione giornaliera degli eventi di accoppiamento stratosfera-troposfera è vista più chiaramente con questa metodologia, e (2) la metodologia è robusta e richiede poche scelte soggettive, rendendola facilmente applicabile ai risultati dei modelli climatici disponibili solo in forma media zonale. Copyright © 2009 Royal Meteorological Society
1. Introduzione
I modi annulari degli emisferi Nord e Sud (NAM e SAM) rappresentano le forme predominanti di variabilità dinamica nei rispettivi emisferi, e gli indici dei modi annulari sono frequentemente utilizzati come strumenti diagnostici climatici. La struttura spaziale dei modi annulari è comunemente definita come la principale funzione ortogonale empirica (EOF) delle anomalie geopotenziali medie mensili vicino alla superficie a nord del 20°, e la variabilità temporale nei modi annulari è spesso definita come la corrispondente serie temporale del Principale Componente (PC) principale (ad esempio, Kidson, 1988; Karoly, 1990; Thompson e Wallace, 1998, 2000; Limpasuvan e Hartmann, 2000; Quadrelli e Wallace, 2004). Tuttavia, sono anche ampiamente utilizzati nella letteratura una serie di metodi alternativi, a seconda dell’applicazione. Ad esempio, Baldwin e Dunkerton (2001) hanno generato indici dei modi annulari con risoluzione giornaliera e come funzione del livello verticale proiettando i dati giornalieri sulle principali EOF delle anomalie di altezza geopotenziale media mensile calcolate separatamente a tutti i livelli. Hurrell et al. (2003) hanno definito il NAM come la principale EOF del campo della pressione al livello del mare (SLP, equivalente a 1000 hPa geopotenziale) sul settore dell’Atlantico Nord. Kidson (1988), Hartmann e Lo (1998) e Lorenz e Hartmann (2001, 2003) hanno definito i modi annulari come le principali EOF del vento zonale medio extratropicale. Gong e Wang (1999) e Marshall (2003) hanno definito il SAM come la differenza lineare tra le pressioni medie lungo circa 65°S e 40°S, mentre Li e Wang (2003) e Braesicke e Pyle (2004) hanno utilizzato differenze di SLP medie zonali simili nell’emisfero Nord. Christiansen (2005, 2009) ha definito la variabilità annulare come il vento zonale medio lungo 60° di latitudine. Ciascuna delle metodologie esistenti offre vantaggi per il calcolo dei modi annulari. Gli indici altezza-tempo giornalieri di Baldwin e Dunkerton (2001), basati su EOF calcolate separatamente per ogni livello, facilitano una migliore comprensione dell’accoppiamento verticale tra stratosfera e troposfera e rendono possibile il calcolo di una vasta varietà di diagnostici che variano verticalmente, come il tempo di dimezzamento e la varianza dei modi annulari (ad esempio, Norton, 2003; Gerber et al., 2008a, 2008b).Le EOF del settore dell’Atlantico Nord sono utili per analizzare la dinamica locale alla traccia delle tempeste dell’Atlantico Nord. Le EOF del vento zonale medio zonale usate in Hartmann e Lo (1998) e Lorenz e Hartmann (2001) forniscono indici temporali che possono essere utilizzati per valutare quantitativamente le relazioni tra i flussi di momento turbolento e la tendenza del flusso zonale medio zonale. L’uso di dati lungo latitudini fisse, per esempio, la pressione al livello del mare (SLP) lungo 65°S e 40°S (Gong e Wang, 1999; Marshall, 2003) o il vento zonale lungo 60°N (Christiansen, 2005, 2009), semplifica il calcolo degli indici dei modi annulari e può essere realizzato utilizzando dati di stazioni sparse.
Tuttavia, esistono anche svantaggi nelle metodologie attuali, particolarmente riguardo all’analisi del collegamento verticale profondo dei modi annulari. La prima EOF del campo dell’altezza geopotenziale della troposfera superiore dell’emisfero nord (come usato in Baldwin e Dunkerton (2001)) non indica puramente la variabilità annulare nella troposfera libera, ma riflette la variabilità dovuta sia al NAM che al modello Pacifico–Nord Americano (PNA) (Quadrelli e Wallace, 2004). Le EOF regionali sono inevitabilmente sensibili ai confini longitudinali utilizzati nell’analisi. Il centro di azione delle medie latitudini del SAM nel campo della pressione si trova a circa 50° di latitudine (cioè non a 40° di latitudine, come usato in alcuni studi), e la latitudine del centro di azione polare dei modi annulari nel campo del vento zonale varia tra la stratosfera e la troposfera.
Infine, il calcolo degli indici giornalieri multi-livello dei modi annulari richiede un grande volume di dati – decenni di dati emisferici tridimensionali giornalieri.La prima EOF del campo di altezza geopotenziale della troposfera superiore dell’emisfero settentrionale (come usato in Baldwin e Dunkerton (2001)) non è puramente indicativa della variabilità annulare nella troposfera libera, ma riflette la variabilità dovuta sia al NAM che al modello Pacifico–Nord Americano (PNA) (Quadrelli e Wallace, 2004). Le EOF regionali sono inevitabilmente sensibili ai confini longitudinali utilizzati nell’analisi. Il centro di azione delle medie latitudini del SAM nel campo della pressione si trova a circa 50° di latitudine (cioè non a 40° di latitudine, come usato in alcuni studi), e la latitudine del centro di azione polare dei modi annulari nel campo del vento zonale varia tra la stratosfera e la troposfera. Infine, il calcolo degli indici giornalieri multi-livello dei modi annulari richiede un grande volume di dati – decenni di dati emisferici tridimensionali giornalieri. Questo non rappresenta un problema per le osservazioni, come le rianalisi del National Centers for Environmental Prediction (NCEP) e del European Centre for Medium-range Weather Forecasts (ECMWF). Tuttavia, il volume di dati richiesto può essere un impedimento per ottenere indici giornalieri multi-livello dei modi annulari da lunghe simulazioni di modelli. Tipicamente, le mappe giornaliere di latitudine-longitudine della geopotenzialità a molti livelli non vengono archiviate in lunghe simulazioni climatiche, rendendo impossibile il calcolo degli indici annulari giornalieri basati sui metodi esistenti. Ad esempio, l’output archiviato dai modelli dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) AR4 è fornito solo in forma media mensile, rendendo possibile valutare le tendenze a lungo termine nei modi annulari (Miller et al., 2006), ma non le diagnostiche di accoppiamento stratosfera-troposfera. Qui valutiamo criticamente le metodologie esistenti utilizzate per diagnosticare l’accoppiamento stratosfera-troposfera. Sulla base dei risultati, sosteniamo che l’evoluzione giornaliera degli eventi di accoppiamento stratosfera-troposfera è più chiara e più facilmente valutabile dalle serie temporali del PC principale di altezza geopotenziale media giornaliera, media zonale, durante tutto l’anno, calcolata come funzione del livello verticale. Il metodo richiede poche scelte soggettive e un volume di dati modesto, e gli indici risultanti sono più fortemente accoppiati verticalmente rispetto a qualsiasi altro insieme di indici attualmente utilizzati per valutare l’accoppiamento stratosfera-troposfera. Nella sezione 2 delineiamo le metodologie esistenti e la ricetta proposta. Nella sezione 3 confrontiamo i risultati della ricetta proposta con quelli basati sulle metodologie esistenti. Nella sezione 4 discutiamo le implicazioni della ricetta proposta per l’analisi della variabilità osservata e simulata nei modi annulari.
2. Calcolo degli indici dei modi annulari In questa sezione, descriviamo due metodi esistenti per calcolare i modelli spaziali e gli indici del NAM e del SAM. Successivamente, dettagliamo un terzo metodo basato sui dati medi giornalieri e zonali. I dati geopotenziali per un dato livello di pressione sono organizzati in una matrice che contiene osservazioni temporali di geopotenziale definite in punti spaziali, tipicamente su una griglia di latitudine e longitudine. Il ciclo stagionale è rimosso dai dati e la media temporale dei dati in ogni punto della griglia è zero.
2.1. Relazione tra modelli spaziali e proiezioni dei dati Un modello spaziale può essere rappresentato da un vettore di modelli spaziali, mentre una serie temporale può essere rappresentata da un vettore di serie temporali di anomalie centrate. Una matrice di dati può quindi essere espressa come una combinazione di questi modelli spaziali e serie temporali. Un modello spaziale può essere ottenuto da una serie temporale applicando un processo di regressione dei dati sulla serie temporale. Questo metodo può essere usato per derivare un modello spaziale da qualsiasi insieme di dati e serie temporale che condividano la stessa dimensione temporale.
Analogamente, una serie temporale può essere derivata da un modello spaziale proiettando i dati su tale modello. Questo processo può includere una ponderazione spaziale per compensare le disuguaglianze nelle dimensioni delle caselle di griglia. Definiamo una misura di ponderazione che è proporzionale all’area di ogni casella di griglia. Una serie temporale può essere ottenuta proiettando una matrice di dati su un modello spaziale.
Nelle discussioni seguenti, utilizzeremo il metodo di regressione per adattare i dati alle serie temporali e il metodo di proiezione per adattare i dati ai modelli spaziali.2.2. Metodo numero uno: EOF basate sulla superficie Il metodo basato sulla superficie per definire un modello spaziale di modo annulare e un indice corrispondente si basa sull’analisi delle EOF dell’altezza geopotenziale troposferica inferiore media mensile (Thompson e Wallace, 1998, 2000). L’analisi può includere tutti i mesi, o può essere limitata a una stagione selezionata, ad esempio ai mesi invernali nell’emisfero nord. Il NAM è definito come la principale EOF di Zm1000 e l’indice NAM come la corrispondente serie temporale PC ym1000; il SAM è definito in modo analogo ma si basa tipicamente invece sull’altezza di 850 o 500 hPa. Per trovare la struttura del modo annulare ad altri livelli di pressione, i campi Z sono regrediti su ym1000.
Un indice NAM giornaliero, per tutto l’anno, può essere costruito proiettando il geopotenziale quotidiano di 1000 hPa sul modello NAM em1000.
Ci sono diversi svantaggi nella metodologia sopra descritta per valutare l’accoppiamento stratosfera-troposfera. Primo, il metodo non cattura necessariamente la variabilità annulare nella stratosfera media. Questo perché le EOF della troposfera non sono il miglior criterio per definire la variabilità annulare stratosferica, e anche perché la regressione non tiene conto del ritardo temporale tra la variabilità nella stratosfera media e il flusso superficiale. Secondo, la regressione è sensibile alle stagioni utilizzate nell’analisi, in particolare quando si genera la struttura dei modi annulari ai livelli stratosferici. Terzo, la generazione di indici con risoluzione giornaliera a un dato livello è ingombrante, poiché richiede prima di calcolare la principale serie temporale PC dell’altezza geopotenziale superficiale media mensile, regredendo i dati dell’altezza geopotenziale al livello per ottenere mappe spaziali a ciascun livello, e poi proiettando i dati dell’altezza geopotenziale media giornaliera al livello sulla mappa di regressione corrispondente.2.3. Metodo numero due: EOF dipendenti dall’altezza Il metodo dipendente dall’altezza è simile a quello basato sulla superficie a 1000 hPa, ma a tutti gli altri livelli il modo annulare è definito come la principale EOF dell’altezza geopotenziale mensile media, variante zonalmente, a quel livello di pressione. Denotiamo l’EOF come il modello NAM o SAM a ogni livello di pressione, e l’indice corrispondente come una serie temporale con risoluzione mensile. Gli indici giornalieri vengono ottenuti a ogni livello di pressione proiettando i dati geopotenziali giornalieri sui modelli spaziali corrispondenti.
I principali svantaggi della metodologia dipendente dall’altezza per valutare l’accoppiamento stratosfera-troposfera includono: (1) il metodo è computazionalmente costoso, poiché richiede mappe geopotenziali medie giornaliere a tutti i livelli, e (2) nella troposfera superiore dell’emisfero nord, la principale EOF non rappresenta accuratamente il modello più fortemente associato alla variabilità stratosferica, ma è piuttosto una miscela di variabilità annulare e del modello Pacifico–Nord Americano.
2.4. Metodo numero tre: EOF medie zonali Il terzo metodo per valutare l’accoppiamento stratosfera-troposfera si basa sull’altezza geopotenziale media giornaliera, media zonale, per tutto l’anno. Questo approccio è un’estensione delle EOF medie zonali calcolate per i dati di pressione al livello del mare e per un singolo livello di geopotenziale in studi precedenti. Gli indici NAM o SAM medi zonali giornalieri sono serie temporali, ma le EOF sono funzioni solo di latitudine. I modelli NAM e SAM variabili zonalmente a ciascun livello di pressione sono determinati regredendo i dati dell’altezza geopotenziale media giornaliera o mensile sui valori medi giornalieri o mensili delle serie temporali.
Come dimostrato, le EOF medie zonali non sono affette dagli svantaggi associati ai primi due metodi. A tutti i livelli in entrambi gli emisferi, le EOF medie zonali producono strutture coerenti con la variabilità annulare, le strutture stratosferiche non dipendono dalla definizione di un ritardo temporale tra il flusso superficiale e stratosferico, e la ricetta proposta fornisce indici con risoluzione giornaliera come funzione dell’altezza con relativamente pochi calcoli e scelte soggettive.
3. Risultati
In questa sezione confrontiamo i modelli spaziali e le serie temporali derivanti dai tre metodi descritti nella sezione 2. I confronti rivelano la coerenza tra tutti e tre i metodi, ma evidenziano anche gli svantaggi dell’utilizzo dei metodi basati sulla superficie e multilivello. La definizione dell’EOF principale non è sensibile alla posizione precisa del confine equatoriale. Abbiamo calcolato l’indice NAM zonale medio giornaliero per tutti i livelli di dati tra mille e tre ettapascal utilizzando confini equatoriali di zero, dieci nord, venti nord e trenta nord. A ogni livello, le correlazioni tra questi indici sono state generalmente sopra zero virgola nove nove nove e mai sotto zero virgola nove nove cinque. Per tutti i calcoli seguenti abbiamo usato l’Equatore come confine.
La variabilità stratosferica tende a indurre modelli annulari nella troposfera. Nella Figura 1 mostriamo i modelli di altezza a mille e trecento ettapascal associati alle anomalie dei venti stratosferici invernali profondi da novembre a marzo a sessanta nord. La colonna di sinistra mostra i modelli di regressione basati sui valori standardizzati delle anomalie dei venti zonali medi zonali mediati tra cento e tre ettapascal a sessanta nord. Le due colonne di destra sono composte basate sui giorni in cui il vento mediato verticalmente tra cento e tre ettapascal supera cinque metri al secondo, un criterio che include più del venti percento di tutti i giorni durante l’inverno in ciascuna categoria. I modelli derivati dalle regressioni e dalle composizioni sono efficacemente identici, il che indica che sono robusti nei dettagli dell’analisi. Sono anche lineari, nel senso che i modelli corrispondenti a venti stratosferici deboli assomigliano molto agli opposti di quelli corrispondenti a venti stratosferici forti.
Valutazione dell’accoppiamento stratosfera-troposfera
Tutti i risultati si basano sui dati di rianalisi e operativi ECMWF ERA-40 che coprono il periodo dal millesettecentocinquantotto al duemilasette. I dati ERA-40 consistono in medie giornaliere del geopotenziale su una griglia di latitudine-longitudine di uno punto uno due cinque gradi, a ventitré livelli di pressione standard da mille a uno ettapascal per il periodo da gennaio millesettecentocinquantotto ad agosto duemiladue, e l’archivio dati operativi estende la rianalisi ERA-40 dopo tale data. Dove necessario, il ciclo stagionale è stato rimosso dai dati giornalieri sottraendo i valori filtrati a basso passaggio di novanta giorni per ciascun giorno in ciascun punto della griglia. Il ciclo stagionale è stato rimosso dai dati medi mensili sottraendo i valori medi per ciascun mese.
I modelli nella colonna centrale assomigliano da vicino alle anomalie troposferiche osservate nei 0-60 giorni successivi ai riscaldamenti stratosferici improvvisi. I modelli nella Figura 1 possono essere considerati come un punto di riferimento per determinare l’efficacia dei metodi delineati nella sezione 2 nel valutare i modelli troposferici più strettamente associati alla variabilità stratosferica.
La Figura 2 esamina la struttura spaziale del NAM a 1000, 300, 30 e 3 hPa per i tre metodi descritti nella sezione 2. I dati utilizzati sono le anomalie medie mensili geopotenziali durante tutto l’anno, con un dominio latitudinale dall’Equatore al Polo. Per definizione, la polarità positiva del modo anulare presenta un’anomalia di altezza geopotenziale negativa sopra il cappuccio polare. La colonna di sinistra mostra la struttura del NAM come derivata dalla metodologia basata sulla superficie, la colonna centrale mostra la struttura del NAM come derivata dalla metodologia dipendente dall’altezza, e la colonna di destra mostra la struttura del NAM come derivata dalla metodologia media zonale proposta. In questo caso, mostriamo le regressioni sulle medie mensili delle serie temporali giornaliere del PC, come indicato precedentemente.
Per costruzione, a 1000 hPa i primi due metodi producono modelli identici, ovvero entrambi corrispondono alla regressione dell’altezza geopotenziale a 1000 hPa sulla serie temporale del PC principale del campo geopotenziale a 1000 hPa che varia zonalmente.Il modello associato alla metodologia media zonale (pannello di destra) presenta un’amplitudine relativamente debole sul settore nord-atlantico, ma per il resto è largamente identico ai modelli nei pannelli centrale e sinistro. La correlazione spaziale ponderata sull’area tra coppie di modelli è mostrata nella Tabella I. Pertanto, come discusso in Thompson e Wallace (2000), alla superficie le forme dominanti di variabilità nelle circolazioni medie zonali e variabili zonalmente sono largamente indistinguibili l’una dall’altra. Tutti i modelli sono molto simili ai modelli osservati di anomalie a 1000 hPa mostrati nella fila inferiore della Figura 1, e quindi tutti i metodi delineati nella sezione 2 catturano il modello di variabilità vicino alla superficie associato ai cambiamenti nella forza dei venti stratosferici.
Le differenze tra i tre metodi sono più pronunciate al livello di 300 hPa. Il modello derivato dall’EOF basato sulla superficie (pannello di sinistra) della Figura 2 è più ondulatorio rispetto al suo corrispondente di superficie, con un’amplitudine potenziata sul settore nord-atlantico. Il modello ottenuto dall’EOF dipendente dall’altezza (pannello centrale) della Figura 2 è più asimmetrico zonalmente, con distorsioni sostanziali dalla simmetria zonale riscontrate sia nei settori nord-atlantico che pacifico. L’EOF media zonale (pannello di destra) della Figura 2 fornisce il modello più simmetrico zonalmente e quindi strutturalmente più simile al suo corrispondente di superficie. Sia il NAM basato sulla superficie che il NAM media zonale corrispondono strettamente alle anomalie a 300 hPa osservate illustrate nella Figura 1, indicando che entrambi i metodi rispecchiano fortemente il modello di variabilità troposferica associato ai cambiamenti nella forza dei venti stratosferici. Al contrario, il NAM dipendente dall’altezza è molto più ondulatorio rispetto al modello a 300 hPa mostrato nella Figura 1.
Le differenze tra i modelli a 300 hPa possono essere interpretate nel seguente modo. Nel caso del pannello di sinistra, il modello a 300 hPa riflette la giustapposizione di variabilità simmetrica zonalmente nel NAM e una struttura ondulatoria indotta dall’avvezione di temperatura dal flusso medio zonale in superficie. L’avvezione fredda sull’America del Nord orientale e l’avvezione calda sull’Asia centrale guidano le anomalie di spessore che danno origine al solco a ovest della Groenlandia e alle dorsali sopra l’Europa e l’Asia orientale.Nel caso della colonna centrale, il modello a 300 hPa è contaminato dal secondo EOF del campo SLP, risultando così una miscela del NAM e del PNA (Quadrelli e Wallace, 2004). Questo è evidenziato nella Figura 3. I pannelli superiori in questa figura mostrano i modelli ottenuti regredendo il campo dell’altezza geopotenziale a 300 hPa sulle prime (sinistra) e seconde (destra) serie temporali del PC dell’altezza geopotenziale a 1000 hPa. Di conseguenza, il pannello superiore sinistro nella Figura 3 rappresenta una ripetizione del NAM basato sulla superficie a 300 hPa dalla Figura 2, mentre il pannello superiore destro mostra risultati analoghi per il PNA basato sulla superficie a 300 hPa, assumendo che il PNA corrisponda alla seconda coppia EOF/PC del campo di altezza a 1000 hPa (vedi Quadrelli e Wallace, 2004). I pannelli inferiori nella Figura 3 confrontano l’EOF dipendente dall’altezza a 300 hPa dalla Figura 2 (ripetuto nel pannello inferiore sinistro della Figura 3) con una combinazione lineare dei modelli nei pannelli superiori (mostrata nel pannello inferiore destro della Figura 3). La combinazione lineare è formata pesando i pannelli superiori con i loro rispettivi coefficienti di regressione lineare rispetto al modello nel pannello inferiore sinistro. Come evidenziato nei pannelli inferiori, il NAM dipendente dall’altezza a 300 hPa riflette una combinazione dei primi e secondi EOF del campo di altezza a 1000 hPa (i modelli nei pannelli inferiori sono correlati a r = 0,98). La contaminazione dell’indice NAM dipendente dall’altezza dal secondo PC del campo di altezza a 1000 hPa raggiunge il picco a circa 300 hPa ma è prevalente in gran parte della troposfera e della stratosfera più bassa (Figura 4).
Nel caso del NAM medio zonale a 300 hPa (Figura 2, destra), il modello cattura la componente simmetrica zonalmente del NAM, ma non è contaminato dal modello PNA (come nel pannello centrale) e ha meno distorsioni sul settore atlantico a causa degli effetti dell’avvezione della temperatura superficiale (come nel pannello di sinistra). I modelli medio zonali e basati sulla superficie mostrano la somiglianza più forte con le mappe di regressione e composito di riferimento nella Figura 1. Le differenze tra i tre metodi sono altrettanto pronunciate nella stratosfera medio-alta (prime due file della Figura 2). I risultati per gli EOF dipendenti dall’altezza e medio zonali sono indistinguibili l’uno dall’altro (le correlazioni dei modelli superano 0,99 a 30 e 3 hPa – vedi Tabella I). Pertanto, come avviene in superficie, le modalità principali di variabilità nella circolazione stratosferica variabile zonalmente e medio zonale sono in gran parte identiche. I risultati per il NAM basato sulla superficie (sinistra) sono sorprendentemente diversi, in particolare a 3 hPa. Le differenze tra i pannelli di sinistra e centro/destra a 3 hPa sono dovute principalmente a (1) il ritardo tra la variabilità nella stratosfera superiore e la superficie (Baldwin e Dunkerton, 1999), e (2) il fatto che la struttura nel pannello di sinistra è determinata interamente dalla covariabilità con la superficie, che diminuisce con l’altitudine.La Figura 5 offre ulteriori approfondimenti sulle differenze tra le tre metodologie. La linea nera mostra le correlazioni tra l’indice NAM dipendente dall’altezza a 1000 hPa e l’indice NAM dipendente dall’altezza a tutti i livelli. La linea grigia mostra le correlazioni tra l’indice NAM dipendente dall’altezza a 1000 hPa e l’indice NAM medio zonale a tutti i livelli. Nel caso del NAM dipendente dall’altezza, le correlazioni mostrano un minimo pronunciato nella troposfera superiore. Questo minimo è evidente anche nei compositi di accoppiamento stratosfera-troposfera presentati in Baldwin e Dunkerton (2001). Come notato in precedenza, il minimo non è fisico ma piuttosto un artefatto della mescolanza di PNA e NAM negli EOF dipendenti dall’altezza a quei livelli.
Per valutare quale dei tre indici fornisca la migliore misura dell’accoppiamento con le anomalie dei venti stratosferici, la Figura 6 mostra le correlazioni (giornaliere, novembre-marzo) tra tutti e tre gli indici e le serie temporali delle anomalie dei venti zonali medi zonali a 60°N e 100 hPa. In linea con le figure precedenti, l’indice NAM dipendente dall’altezza mostra correlazioni notevolmente ridotte nella troposfera superiore. Gli indici NAM basati sulla superficie mostrano correlazioni più alte nella troposfera media, ma le correlazioni più elevate si trovano in associazione con l’indice NAM medio zonale. L’unica eccezione è vicino alla superficie, dove le correlazioni per i metodi di superficie e multilivello superano leggermente quelle per il metodo medio zonale (0,54 contro 0,56).
I primi due pannelli nella Figura 7 mostrano compositi di eventi stratosferici deboli e forti basati sugli indici NAM medio zonali; i due pannelli inferiori mostrano risultati analoghi basati sugli indici NAM dipendenti dall’altezza. Per la maggior parte, l’evoluzione nel tempo/altezza dei risultati basati su entrambi i metodi è indistinguibile. Tuttavia, come ricordato nelle Figure 1 e 2, gli indici NAM medio zonali forniscono modelli troposferici che sono i più vicini ai modelli associati alla variabilità stratosferica. La Figura 8 è analoga alla Figura 2, ma mostra i risultati per l’emisfero meridionale. I risultati nella colonna di sinistra si basano sul PC principale dell’altezza geopotenziale a 1000 hPa per tutti i mesi (1979-2007), ma risultati praticamente identici sono derivati per analisi basate sulla serie temporale del PC principale dei campi di altezza a 850 o 500 hPa. In generale, le discrepanze tra i tre metodi sono molto minori nell’emisfero meridionale rispetto a quello settentrionale, particolarmente nella troposfera superiore. Le correlazioni tra coppie di modelli sono mostrate nella Tabella II. Come nell’emisfero settentrionale, il metodo basato sulla superficie produce strutture degradate ai livelli stratosferici. Tuttavia, a differenza dell’emisfero settentrionale, sia i metodi dipendenti dall’altezza che quelli medio zonali forniscono rappresentazioni consistenti della variabilità del modo anulare in tutta la troposfera. Rispetto all’emisfero settentrionale, i modelli nell’emisfero meridionale sono più simmetrici zonalmente, più coerenti attraverso la troposfera e la stratosfera, e variano meno in funzione della metodologia.

La Figura 1 presenta una serie di mappe che illustrano le anomalie di geopotenziale troposferico e le loro relazioni con le anomalie dei venti stratosferici durante i giorni invernali (novembre-marzo). Le mappe sono suddivise in due righe: la superiore per i 300 hPa e l’inferiore per i 1000 hPa, rappresentando diverse altitudini nell’atmosfera.
Colonne della figura:
- Colonna di Sinistra (Regressione): Queste mappe mostrano le relazioni di regressione tra le anomalie giornaliere dei venti stratosferici a 60°N (media logaritmica di pressione da 100 a 3 hPa) e il campo di geopotenziale a 300 hPa e 1000 hPa. Illustrano come le variazioni tipiche dei venti stratosferici influenzano il geopotenziale a queste due specifiche altitudini durante l’inverno.
- Colonne di Centro e Destra (Venti Stratosferici Deboli e Forti): Le mappe in queste colonne rappresentano i pattern medi di anomalie di geopotenziale troposferico durante i giorni con venti stratosferici deboli (colonna centrale) e forti (colonna destra). I giorni con venti stratosferici deboli sono definiti da anomalie di vento zonale medio negative a tutti i livelli tra 100 e 3 hPa, con un valore medio inferiore a -5 m/s. Analogamente, i giorni con venti stratosferici forti sono caratterizzati da anomalie positive, con valori medi superiori a 5 m/s.
Interpretazione delle mappe:
- Le mappe dimostrano come il geopotenziale troposferico vari in risposta alla forza dei venti stratosferici. Le differenze tra i giorni con venti stratosferici deboli e forti sono evidenziate, con strutture diverse mostrate nelle due colonne di destra.
- La correlazione spaziale ponderata per l’area tra i pannelli di sinistra e di destra è molto alta in valore assoluto ma negativa (−0.96 a 300 hPa e −0.94 a 1000 hPa), indicando che le mappe di regressione (sinistra) sono quasi opposte rispetto alle mappe dei venti stratosferici deboli e forti. Questo suggerisce che i modelli di vento stratosferico hanno un impatto significativo ma contrario sulle configurazioni di geopotenziale osservate a queste altitudini.
In conclusione, ogni pannello rappresenta la media di oltre 4500 giorni di dati, fornendo un’analisi robusta dell’influenza dei venti stratosferici sulla dinamica troposferica durante l’inverno.

La Figura 2 mostra i modelli spaziali del Northern Annular Mode (NAM) analizzati a diverse altitudini atmosferiche e attraverso diverse metodologie. I modelli sono rappresentati per diverse pressioni atmosferiche: 3 hPa, 30 hPa, 300 hPa e 1000 hPa, ognuna riflettendo una sezione verticale distinta dell’atmosfera, dalla stratosfera superiore alla superficie terrestre.
Descrizione delle colonne:
- Colonna di Sinistra (NAM basato sulla superficie): Presenta i modelli del NAM basati sulla superficie, con un livello base di 1000 hPa. Questi sono definiti usando l’equazione (3), come discusso nei lavori di Thompson e Wallace (1998, 2000). Questi modelli enfatizzano la variabilità del NAM come osservata direttamente alla superficie terrestre.
- Colonna Centrale (NAM dipendente dall’altezza): Mostra i modelli (EOFs, ovvero Funzioni Ortogonali Empiriche) del NAM che dipendono dall’altezza, secondo lo studio di Baldwin e Dunkerton (2001). Questa analisi considera l’intera colonna dell’atmosfera, evidenziando come il NAM varia con l’altezza sopra la superficie terrestre.
- Colonna di Destra (NAM medio zonale): Visualizza i modelli del NAM medio zonale, definiti usando l’equazione (6). Questi modelli riflettono una visione media lungo le longitudini, evidenziando le strutture più uniformi e simmetriche del NAM lungo latitudini differenti.
Significato dei modelli:
- Ogni riga rappresenta una specifica pressione atmosferica, permettendo di osservare come i modelli del NAM differiscano con l’aumentare dell’altezza dalla superficie.
- Alla pressione di 3 hPa (stratosfera superiore), si notano strutture largamente concentriche e simmetriche nelle rappresentazioni dipendenti dall’altezza e medie zonali, mentre la superficie mostra strutture meno definite.
- A 30 hPa e 300 hPa, i modelli mostrano come il NAM influenzi la troposfera media e alta.
- A 1000 hPa, i modelli riflettono l’influenza del NAM alla superficie terrestre, dove è più diretto l’impatto sui fenomeni meteorologici come temperature e venti.
Questa figura aiuta a comprendere la complessità e la variabilità verticale del NAM, offrendo una visione dettagliata di come le dinamiche di questo modo anulare cambino con l’altezza e secondo differenti metodologie di calcolo.

La Tabella I mostra le correlazioni spaziali ponderate per l’area tra le coppie di pannelli nella Figura 2, che rappresenta differenti modelli del Northern Annular Mode (NAM) a varie pressioni atmosferiche. Le correlazioni sono calcolate tra i modelli spaziali mostrati nelle tre colonne della figura:
- Colonne 1–2: Correlazione tra il NAM basato sulla superficie e il NAM dipendente dall’altezza.
- Colonne 1–3: Correlazione tra il NAM basato sulla superficie e il NAM medio zonale.
- Colonne 2–3: Correlazione tra il NAM dipendente dall’altezza e il NAM medio zonale.
Valori di Correlazione:
- A 3 hPa: Le correlazioni sono moderate tra il modello basato sulla superficie e gli altri due modelli (0.414 e 0.432 rispettivamente), ma molto alta tra il NAM dipendente dall’altezza e il NAM medio zonale (0.996).
- A 30 hPa: La correlazione aumenta significativamente tra il modello basato sulla superficie e gli altri due modelli (0.889 e 0.905), e rimane estremamente alta tra il NAM dipendente dall’altezza e il NAM medio zonale (0.999).
- A 300 hPa: La correlazione rimane alta tra il modello basato sulla superficie e gli altri due modelli (0.853 e 0.944), ma è leggermente inferiore tra il NAM dipendente dall’altezza e il NAM medio zonale (0.803).
- A 1000 hPa: Qui, la correlazione è perfetta o quasi perfetta tra tutti i modelli (1.00 e 0.996).
Interpretazione:
- Elevate Correlazioni a Pressioni Basse: A pressioni più basse, come a 30 hPa, le correlazioni sono estremamente elevate, suggerendo una forte coerenza tra i modelli del NAM a queste altitudini, indipendentemente dalla metodologia utilizzata.
- Variazioni a 300 hPa: A questa pressione, c’è una leggera riduzione nella correlazione tra i metodi dipendenti dall’altezza e medio zonali, indicando possibili differenze nella rappresentazione del NAM tra questi due approcci a livelli medio-alti.
- Correlazioni Perfette a 1000 hPa: La perfetta correlazione a questa pressione suggerisce che a livello della superficie, i modelli del NAM convergono a mostrare risultati molto simili, indipendentemente dalla metodologia.
Questa tabella è cruciale per comprendere quanto siano allineati i vari modelli del NAM in differenti strati dell’atmosfera e secondo differenti metodologie analitiche.

La Figura 3 illustra come diverse analisi del modello del Northern Annular Mode (NAM) e del Pacific North American pattern (PNA) a 300 hPa si combinano per fornire una visione complessiva delle dinamiche atmosferiche a questa altitudine. La figura è suddivisa in quattro pannelli che rappresentano modelli spaziali calcolati attraverso diverse regressioni e combinazioni.
Descrizione dei pannelli:
- Pannello A (300 hPa Surface-based NAM): Mostra il modello NAM basato sulla superficie a 300 hPa, calcolato regredendo il geopotenziale medio mensile a 300 hPa sulla serie temporale del primo EOF a 1000 hPa. Questo modello riflette il modo primario di variabilità associato al NAM come osservato a livello di superficie proiettato a 300 hPa.
- Pannello B (300 hPa PNA): Visualizza il pattern del PNA a 300 hPa, calcolato attraverso la regressione del geopotenziale medio mensile a 300 hPa sulla serie temporale del secondo EOF a 1000 hPa. Il PNA è un altro importante pattern climatico che influisce sul clima dell’America del Nord, mostrando qui come si manifesta alla stessa altitudine del NAM.
- Pannello C (300 hPa Height-dependent NAM): Questo pannello ripropone il NAM dipendente dall’altezza a 300 hPa, come visto in precedenti figure. Illustra la variabilità del NAM tenendo conto delle variazioni di altezza nell’atmosfera.
- Pannello D (Linear Combination of A and B to fit C): Presenta una combinazione lineare dei modelli A e B, ottimizzata per corrispondere il più fedelmente possibile al modello mostrato in C. Questo pannello dimostra come i modelli NAM e PNA si possano sovrapporre o interagire a questa altitudine, con una correlazione spaziale tra C e D di 0.98, indicando un’elevata somiglianza tra il modello combinato e il modello dipendente dall’altezza del NAM.
Interpretazione complessiva:
Questi pannelli illustrano come due importanti modi di variabilità atmosferica, NAM e PNA, manifestano le loro caratteristiche a 300 hPa e come la loro interazione possa essere studiata per comprendere meglio i loro effetti combinati sulla dinamica atmosferica. La forte correlazione tra il modello combinato (D) e il modello NAM dipendente dall’altezza (C) suggerisce che, almeno in parte, il comportamento del NAM a questa altitudine può essere descritto attraverso l’interazione di questi due pattern climatici. Questa analisi aiuta a chiarire le dinamiche complesse che governano i cambiamenti atmosferici e può fornire intuizioni importanti per la previsione meteorologica e la comprensione dei cambiamenti climatici.

La Figura 4 illustra le correlazioni tra la serie temporale del secondo EOF (Funzione Ortogonale Empirica) a 1000 hPa e l’indice NAM dipendente dall’altezza, variando in funzione della pressione atmosferica.
Interpretazione del grafico:
- Asse Verticale (Pressione): L’asse verticale del grafico rappresenta la pressione atmosferica in hPa (ettapascal), che diminuisce man mano che si sale in quota. Parte da 1000 hPa vicino alla superficie e scende fino a 100 hPa, che rappresenta una quota più alta nell’atmosfera.
- Asse Orizzontale (Correlazione): L’asse orizzontale mostra il valore di correlazione, che varia da 0 a 0.5. Questi valori indicano la forza e la direzione della correlazione tra le due serie temporali analizzate.
Analisi dei risultati:
- Correlazione Variabile con l’Altitudine: Il grafico mostra che la correlazione tra l’indice NAM dipendente dall’altezza e il secondo EOF a 1000 hPa varia significativamente con l’altitudine.
- Pressione Elevata (Bassa Altitudine): A pressioni più elevate (vicino alla superficie, circa 1000 hPa), la correlazione inizia intorno a 0.3, indicando una correlazione moderata.
- Diminuzione della Correlazione con la Quota: Man mano che la pressione diminuisce (cioè, salendo in quota), la correlazione diminuisce, arrivando a essere molto bassa o quasi nulla intorno a 600-700 hPa.
- Aumento della Correlazione: A pressioni ancora più basse (altitudini più elevate), la correlazione inizia ad aumentare nuovamente, suggerendo un’interazione maggiore tra le due serie temporali a queste altitudini.
Implicazioni:
Questo pattern di correlazione potrebbe indicare come le influenze del secondo EOF a 1000 hPa si manifestino diversamente a varie altitudini del NAM. La variazione della correlazione con l’altitudine suggerisce che le caratteristiche dinamiche e strutturali del NAM e del secondo EOF possono avere impatti diversi a seconda dell’altezza considerata. Questo potrebbe essere rilevante per studi sulla dinamica atmosferica e per la comprensione di come i diversi livelli atmosferici interagiscono nel contesto del clima e dei modelli meteorologici.

La Figura 5 mostra le correlazioni tra l’indice NAM basato sulla superficie e due diverse versioni del NAM: l’indice NAM dipendente dall’altezza e l’indice NAM medio zonale. Le correlazioni sono misurate lungo diverse altitudini atmosferiche, rappresentate in hPa (ettapascal) sull’asse verticale del grafico.
Dettagli del grafico:
- Asse Verticale (Pressione): Questo asse rappresenta la pressione atmosferica, con valori che vanno da 1000 hPa (vicino alla superficie) a 100 hPa (una quota significativamente più alta nell’atmosfera).
- Asse Orizzontale (Correlazione): L’asse orizzontale mostra il livello di correlazione tra l’indice NAM basato sulla superficie e le altre due versioni del NAM, variando da 0.5 a 1.0, dove 1.0 indica una correlazione perfetta.
Interpretazione delle curve:
- Curva Nera (NAM dipendente dall’altezza): La curva nera illustra come varia la correlazione tra l’indice NAM basato sulla superficie e il NAM dipendente dall’altezza a varie quote. Inizia con una correlazione relativamente alta vicino alla superficie, diminuendo gradualmente fino a circa 300 hPa, e poi scendendo rapidamente verso correlazioni più basse a quote superiori.
- Curva Grigia (NAM medio zonale): La curva grigia rappresenta la correlazione tra l’indice NAM basato sulla superficie e il NAM medio zonale. Questa curva mostra una tendenza generalmente simile a quella della curva nera, ma rimane leggermente più alta in tutto l’intervallo di pressione, indicando che il NAM medio zonale mantiene una correlazione leggermente migliore con l’indice basato sulla superficie rispetto al NAM dipendente dall’altezza.
Conclusioni:
Le curve indicano che entrambe le versioni del NAM mostrano una forte correlazione con il NAM basato sulla superficie a pressioni più basse (più vicine alla superficie terrestre), con una diminuzione progressiva di questa correlazione man mano che si sale in quota. La performance leggermente migliore del NAM medio zonale potrebbe indicare che la sua definizione e calcolo forniscono una rappresentazione più coerente o meno variabile del NAM rispetto al modello dipendente dall’altezza, particolarmente a quote superiori. Questi risultati possono avere implicazioni importanti per l’interpretazione delle dinamiche del NAM e per la previsione meteorologica, in particolare per comprendere come varia l’influenza del NAM con l’altezza.

La Figura 6 mostra le correlazioni tra l’anomalia del vento zonale giornaliero a 60°N e 100 hPa e tre diversi indici del Northern Annular Mode (NAM) durante il periodo da novembre a marzo. La figura illustra come ciascun indice NAM sia correlato con le dinamiche del vento zonale ad altezze diverse nell’atmosfera.
Dettagli del grafico:
- Asse Verticale (Pressione): Rappresenta la pressione atmosferica in hPa, da 1000 hPa (vicino alla superficie) fino a 100 hPa (alta atmosfera), indicando l’altitudine relativa.
- Asse Orizzontale (Correlazione): Mostra il livello di correlazione, che varia da 0.4 a 1.0, dove 1.0 indica una perfetta correlazione.
Interpretazione delle curve:
- Linea Nera (Surface-based NAM): Indica la correlazione tra l’indice NAM basato sulla superficie e l’anomalia del vento zonale a 60°N e 100 hPa. Questa linea mostra una correlazione che varia in modo significativo con la quota, aumentando nettamente a pressioni più basse.
- Linea Rossa (Height-dependent NAM): Mostra la correlazione tra l’indice NAM dipendente dall’altezza e l’anomalia del vento zonale alla stessa latitudine e quota. Questa linea ha un andamento simile a quello della linea nera, con variazioni di correlazione che seguono un trend simile, ma con valori generalmente più bassi rispetto alla linea nera.
- Linea Blu (Zonal-mean NAM): Rappresenta la correlazione tra l’indice NAM medio zonale e l’anomalia del vento zonale. Questa linea mostra una correlazione generalmente alta lungo tutte le quote, mantenendo valori costantemente elevati, soprattutto nelle quote medio-alte.
- Linea tratteggiata (U60 at 100 hPa with other levels): Illustra la correlazione tra l’anomalia del vento zonale a 60°N e 100 hPa con la stessa quantità ad altre quote. Questa linea serve come riferimento per confrontare quanto fortemente l’anomalia del vento zonale sia correlata su diverse altitudini.
Conclusioni:
Il grafico evidenzia come il NAM medio zonale tenda a mostrare una correlazione più forte e stabile con l’anomalia del vento zonale rispetto agli altri due indici del NAM, suggerendo che potrebbe essere un migliore indicatore delle dinamiche del vento ad alte quote. La variazione delle correlazioni tra gli indici basati sulla superficie e dipendenti dall’altezza con l’anomalia del vento zonale mostra come la comprensione delle interazioni tra questi indici e le condizioni atmosferiche possa essere cruciale per la previsione meteorologica e studi climatici.

La Figura 7 presenta i compositi dello sviluppo temporale e verticale dell’indice Northern Annular Mode (NAM), sia nella sua forma medio zonale che dipendente dall’altezza, durante eventi di vortice polare debole e forte. La figura è divisa in quattro pannelli, ciascuno illustrando un differente scenario di interazione tra il NAM e l’atmosfera durante specifici eventi di vortice polare.
Dettagli dei pannelli:
- Pannello (a) – Compositi di Eventi di Vortice Debole Zonal-Mean NAM: Questo pannello mostra l’indice NAM medio zonale durante 29 eventi di vortice polare debole, determinati dalle date in cui l’indice NAM a 10 hPa scendeva sotto -3.0. I contorni colorati e bianchi rappresentano varie intensità dell’indice NAM, con intervalli di contorno per la colorazione di 0.25 e per i contorni bianchi di 0.5. Le aree tra -0.25 e 0.25 non sono colorate. Le linee orizzontali sottili indicano l’approssimativa posizione della tropopausa.
- Pannello (b) – Compositi di Eventi di Vortice Forte Zonal-Mean NAM: Simile al pannello (a), ma per 29 eventi di vortice polare forte, in cui l’indice NAM a 10 hPa superava il valore di 2.0.
- Pannello (c) – Compositi di Eventi di Vortice Debole Height-Dependent NAM: Utilizza le stesse date degli eventi di vortice debole del pannello (a) ma illustra l’indice NAM dipendente dall’altezza.
- Pannello (d) – Compositi di Eventi di Vortice Forte Height-Dependent NAM: Utilizza le stesse date degli eventi di vortice forte del pannello (b) ma illustra l’indice NAM dipendente dall’altezza.
Interpretazione:
- Dinamiche Temporali e Verticali: I pannelli mostrano come l’indice NAM varia non solo nel tempo ma anche con l’altezza durante gli eventi specifici. I valori positivi (in rosso) e negativi (in blu) dell’indice NAM indicano fluttuazioni significative nell’atmosfera correlate a questi eventi.
- Eventi di Vortice Debole vs. Forte: La differenza tra gli eventi di vortice debole e forte è visivamente rappresentata nei cambiamenti dei colori e dei contorni sull’asse della pressione. Questo mostra come il NAM interagisce diversamente con l’atmosfera in risposta alla forza del vortice polare.
- Implicazioni dei Dati: Questi compositi forniscono intuizioni cruciali su come gli eventi legati ai vortici polari influenzino il comportamento del NAM su diversi livelli dell’atmosfera. Comprendere queste dinamiche è essenziale per la previsione meteorologica e per lo studio dei cambiamenti climatici, in quanto fornisce dettagli su come vari eventi atmosferici estremi possano manifestarsi e influenzare il clima globale.
In sintesi, la Figura 7 evidenzia l’importanza del NAM e del suo impatto verticale e temporale sull’atmosfera terrestre durante eventi di vortice polare, sia deboli che forti, e fornisce una rappresentazione grafica della variazione dell’indice NAM in relazione a questi fenomeni atmosferici critici.

La Figura 8 presenta le strutture spaziali dell’indice Southern Annular Mode (SAM) a diverse quote atmosferiche, utilizzando tre diverse metodologie di analisi. I modelli mostrati aiutano a visualizzare come il SAM si manifesta a diversi livelli di pressione atmosferica, dalla superficie fino alla stratosfera superiore.
Descrizione delle colonne:
- Colonna di Sinistra (Surface-based SAM): Presenta i modelli del SAM basati sulla superficie, calcolati a un livello di base di 1000 hPa. Questi sono definiti utilizzando l’equazione (3), come descritto nei lavori di Thompson e Wallace (1998, 2000). I modelli in questa colonna mostrano il SAM come osservato direttamente al livello della superficie.
- Colonna Centrale (Height-dependent SAM): Mostra i modelli del SAM che variano con l’altitudine, calcolati come Funzioni Ortogonali Empiriche (EOFs). Questi modelli prendono in considerazione le variazioni del SAM a diverse altezze, offrendo una visione più completa della sua struttura verticale.
- Colonna di Destra (Zonal-mean SAM): Illustra i modelli del SAM medio zonale, definiti usando l’equazione (6). Questi modelli rappresentano una media zonale del SAM, mostrando come il pattern si manifesti come una media lungo tutte le longitudini.
Livelli di Pressione Atmosferica:
- 3 hPa: Questo livello si trova nella stratosfera superiore. Qui, i modelli possono evidenziare l’influenza del SAM sugli strati superiori dell’atmosfera.
- 30 hPa: Anche questo livello è nella stratosfera, ma un po’ più vicino alla tropopausa. I modelli qui possono fornire informazioni su come il SAM influisce sulla parte alta della troposfera.
- 300 hPa: Situato nella troposfera media, questo livello è critico per studiare l’impatto del SAM sulla dinamica atmosferica media.
- 1000 hPa: Questo livello corrisponde quasi alla superficie terrestre. I modelli qui sono particolarmente rilevanti per comprendere come il SAM influisca sul clima e sulle condizioni meteorologiche superficiali.
Significato dei Modelli:
Questi modelli aiutano a comprendere la struttura e l’effetto del SAM su diverse scale verticali e offrono una visione d’insieme di come questo importante pattern climatico si manifesti a diverse altitudini. La visualizzazione di queste diverse metodologie e quote aiuta i ricercatori e i meteorologi a valutare l’influenza del SAM sul clima globale e sui singoli eventi meteorologici, consentendo previsioni più accurate e una migliore comprensione dei cambiamenti climatici.

La Tabella II fornisce i valori delle correlazioni spaziali ponderate per l’area tra le coppie di pannelli nella Figura 8, che rappresentano i modelli del Southern Annular Mode (SAM) a varie quote atmosferiche e utilizzando diverse metodologie.
Dettaglio delle Colonne nella Tabella:
- Colonne 1–2: Mostra la correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM dipendente dall’altezza.
- Colonne 1–3: Mostra la correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM medio zonale.
- Colonne 2–3: Mostra la correlazione tra il SAM dipendente dall’altezza e il SAM medio zonale.
Valori di Correlazione per Ogni Quota:
- A 3 hPa:
- Correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM dipendente dall’altezza: 0.581
- Correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM medio zonale: 0.516
- Correlazione tra il SAM dipendente dall’altezza e il SAM medio zonale: 0.957
- A 30 hPa:
- Correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM dipendente dall’altezza: 0.906
- Correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM medio zonale: 0.855
- Correlazione tra il SAM dipendente dall’altezza e il SAM medio zonale: 0.976
- A 300 hPa:
- Correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM dipendente dall’altezza: 0.990
- Correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM medio zonale: 0.989
- Correlazione tra il SAM dipendente dall’altezza e il SAM medio zonale: 0.976
- A 1000 hPa:
- Correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM dipendente dall’altezza: 1.00
- Correlazione tra il SAM basato sulla superficie e il SAM medio zonale: 0.986
- Correlazione tra il SAM dipendente dall’altezza e il SAM medio zonale: 0.986
Interpretazione:
Le correlazioni mostrano una forte coerenza tra i modelli SAM a diverse quote. In particolare, le correlazioni sono eccezionalmente elevate a 1000 hPa, dove i tre modelli di SAM mostrano quasi perfetta correlazione. Questo suggerisce che, al livello della superficie, i tre metodi di calcolo del SAM convergono molto strettamente. A quote superiori, mentre le correlazioni tra il SAM medio zonale e quello dipendente dall’altezza rimangono elevate, le correlazioni tra questi e il SAM basato sulla superficie tendono a diminuire, in particolare a 3 hPa.
In generale, questi dati indicano una buona coerenza tra i vari approcci di modellazione del SAM attraverso le quote, con particolare uniformità nelle correlazioni tra le metodologie di SAM medio zonale e dipendente dall’altezza. Questo conferma l’utilità di questi diversi metodi per analizzare la dinamica del SAM in diversi strati dell’atmosfera.

La Figura 9 illustra la correlazione tra l’indice NAM zonale medio giornaliero e l’anomalia del geopotenziale media dell’area del cappuccio polare, definita da 40°N a 90°N. Il grafico mostra come la correlazione varia al cambiare della latitudine inferiore del cappuccio polare attraverso diverse quote atmosferiche, espressa in hPa.
Dettagli del Grafico:
- Asse Verticale (Pressione): Indica l’altezza atmosferica misurata in hPa, con valori che vanno da 1000 hPa (vicino alla superficie terrestre) a 3 hPa (alta stratosfera).
- Asse Orizzontale (Latitudine): Mostra la latitudine inferiore del cappuccio polare, variando da 40°N a 90°N.
Interpretazione delle Curve e delle Aree Ombreggiate:
- Curve di Contorno: Queste curve rappresentano differenti valori di correlazione tra l’indice NAM e le anomalie del geopotenziale nel cappuccio polare. Ogni linea di contorno indica un livello di correlazione, con valori che mostrano da una correlazione inversa a nessuna correlazione significativa. Ad esempio, le linee etichettate con -0.95 indicano una forte correlazione negativa.
- Area Ombreggiata: Le aree ombreggiate indicano dove la correlazione supera -0.95, suggerendo che in queste regioni e livelli di pressione, l’anomalia del geopotenziale del cappuccio polare e l’indice NAM sono fortemente inversamente correlati.
Curve Grigie:
- La curva grigia indica la latitudine inferiore del cappuccio polare che massimizza la correlazione con l’indice NAM. Questo significa che la posizione di questa curva rappresenta la latitudine alla quale la relazione tra le anomalie del geopotenziale del cappuccio polare e l’indice NAM è più forte, suggerendo un legame significativo tra i cambiamenti nella dinamica atmosferica a quella latitudine e il comportamento complessivo del NAM.
Conclusioni:
Questa figura aiuta a comprendere in quale regione del cappuccio polare (in termini di latitudine) e a quale quota (in hPa) le anomalie del geopotenziale sono più strettamente legate all’indice NAM. La forte correlazione negativa in specifiche aree e quote può indicare zone dove i cambiamenti nel geopotenziale influenzano maggiormente o sono influenzati dall’indice NAM, offrendo intuizioni preziose per studi climatici e meteorologici sulla dinamica polare e le interazioni con modelli climatici globali.

La Figura 10 mostra la correlazione tra l’indice NAM zonale medio giornaliero e l’anomalia del vento zonale medio, che si estende dalle latitudini 40°N a 90°N. Il grafico visualizza come questa correlazione varia in funzione della latitudine e della quota atmosferica.
Dettagli del Grafico:
- Asse Verticale (Pressione): Rappresenta la quota atmosferica misurata in hPa, con valori che vanno da 1000 hPa (vicino alla superficie terrestre) a 3 hPa (alta stratosfera).
- Asse Orizzontale (Latitudine): Mostra la latitudine, che varia da 40°N a 90°N.
Interpretazione delle Curve e delle Aree Ombreggiate:
- Curve di Contorno: Le linee di contorno sul grafico rappresentano differenti livelli di correlazione tra l’indice NAM e le anomalie del vento zonale. Ogni linea di contorno è etichettata con il valore di correlazione, che va da -0.5 a 0.9.
- Area Ombreggiata: Le aree ombreggiate indicano regioni dove la correlazione supera 0.95, suggerendo una forte correlazione positiva tra le due variabili in queste specifiche aree della mappa.
Curve Grigia:
- La curva grigia tracciata attraverso il grafico indica la latitudine del vento zonale medio che massimizza la correlazione con l’indice NAM. Questa curva aiuta a identificare la latitudine specifica a cui il vento zonale è più strettamente legato alle variazioni dell’indice NAM, evidenziando le regioni di particolare interesse per ulteriori studi e analisi.
Conclusioni:
La Figura 10 è utile per comprendere in quale latitudine e a quale quota le anomalie del vento zonale mostrano la maggiore correlazione con l’indice NAM. Le forti correlazioni in specifiche aree indicano una possibile influenza diretta del NAM sulle dinamiche dei venti zonali in quelle regioni. Questo tipo di analisi è cruciale per i meteorologi e i climatologi che studiano i modelli di circolazione atmosferica e il loro impatto sul clima globale e regionale.
4. Discussione
I risultati nella sezione precedente rivelano tre aspetti chiave delle metodologie delineate nella sezione 2: (1) La definizione basata sulla superficie dei modi annulari rende difficile generare indici dei modi annulari giornalieri a tutti i livelli, ma particolarmente a livelli stratosferici medi e superiori. (2) La metodologia dipendente dall’altezza è robusta sia in superficie che nella stratosfera, ma non è appropriata per generare indici dei modi annulari nella troposfera superiore. Ciò è dovuto al fatto che le EOF dipendenti dall’altezza nella troposfera libera riflettono una combinazione delle due principali EOF dell’altezza geopotenziale vicino alla superficie. (3) La metodologia a media zonale minimizza gli aspetti indesiderati dei primi due metodi per diagnosticare il coupling stratosfera-troposfera. È anche meno dipendente da scelte soggettive, produce correlazioni più alte tra la variabilità ai livelli stratosferici e troposferici, e richiede due ordini di grandezza meno dati.
Come si confronta la metodologia a media zonale con gli indici semplici basati sulla geopotenzialità sopra il cappuccio polare e sul vento zonale a una latitudine fissa? Cohen et al. (2002) hanno approssimato l’indice NAM mediazionale calcolando la media delle anomalie geopotenziali sul cappuccio polare. Come mostrato in Figura 9, l’anomalia geopotenziale media del cappuccio polare è una buona approssimazione dell’indice NAM a media zonale a tutti i livelli dalla superficie fino a 3 hPa, ma è sensibile alla definizione del cappuccio polare. Le correlazioni tra le anomalie geopotenziali giornaliere del cappuccio polare e l’indice NAM a media zonale sono più alte quando il confine del cappuccio polare è tra i 60° e i 70° in entrambi gli emisferi, e raggiungono il picco vicino ai 65°. Usando i 65°N per definire il cappuccio polare, le correlazioni giornaliere tra i due indici superano −0.96 in tutta la troposfera e −0.99 nella stratosfera. Le correlazioni SAM a 65°S (non mostrate) sono nell’intervallo da −0.91 a −0.99. Un’anomalia geopotenziale del cappuccio polare (da 65° al Polo) è utilizzata come diagnostico climatico dal NOAA Climate Prediction Center. Christiansen (2005, 2009) ha diagnosticato il coupling stratosfera-troposfera utilizzando il vento zonale a media zonale a 60°N. Come nel caso dell’altezza geopotenziale media sul cappuccio polare, il vento zonale a media zonale è una quantità facilmente osservabile e rappresenta una buona approssimazione dell’indice NAM a media zonale nella stratosfera (Figura 10). Tuttavia, come illustrato in Figura 10, le correlazioni con l’indice NAM sono inferiori a 0.70 nella troposfera. Inoltre, come indicato dalla linea tratteggiata in Figura 6, le correlazioni tra il vento zonale a 60°N a 100 hPa e i livelli troposferici sono inferiori a quelle trovate in associazione con i valori troposferici degli indici NAM a media zonale.
In conformità, le composizioni di eventi di vortice stratosferico deboli e forti basate sul vento zonale a 60°N sottostimano notevolmente la forza del coupling stratosfera-troposfera come suggerito dagli indici NAM (confronta le Figure 11 e 7). Pertanto, la media geopotenziale del cappuccio polare è un sostituto efficace per l’indice NAM a media zonale. Tuttavia, la latitudine ottimale del confine del cappuccio polare è ultimamente determinata dai metodi basati su EOF, e può variare da modello climatico a modello climatico. In questo senso, il metodo basato su EOF è più flessibile e non richiede la giustificazione di una scelta arbitraria nella definizione del cappuccio polare.
Un argomento pratico per l’uso della metodologia EOF a media zonale è che i dati di output del modello sono raramente disponibili per calcolare gli indici dei modi annulari usando gli altri metodi basati su EOF. La mancanza di output dell’altezza geopotenziale variabile zonalmente è stato un impedimento all’analisi del coupling stratosfera-troposfera nei modelli come quelli valutati dall’IPCC. Suggeriamo che il geopotenziale a media zonale giornaliero diventi un output standard dei modelli, consentendo il calcolo degli indici dei modi annulari giornalieri e robusti interconfronti tra modelli.
Il metodo del modo annulare a media zonale può essere utilizzato per confrontare le osservazioni con i modelli, ma si deve prestare attenzione a (1) normalizzare gli indici rispetto alle osservazioni e (2) alle tendenze nelle osservazioni o nei modelli. Per costruzione, il metodo a media zonale produrrà sempre serie temporali di AM con varianza unitaria, indipendentemente dall’ampiezza dei corrispondenti schemi spaziali. Per tenere conto delle differenze nelle ampiezze dei modi annulari modellati e osservati, l’ampiezza ponderata di base dell’EOF a media zonale può essere definita dalle osservazioni come A(z) = RMS(e(z)W), dove e(z) è il profilo latitudinale dipendente dall’altezza dell’EOF e W è il coseno della latitudine. L’ampiezza degli indici AM del modello può quindi essere scalata dal rapporto di A(z) calcolato per gli EOF modellati e osservati.
Alcune corse dei modelli possono presentare tendenze significative nei modi annulari a causa di cambiamenti prescritti nei gas serra o altri fattori. Affinché le tendenze non contaminino le definizioni degli schemi e degli indici del modello annulare, i dati possono essere detrendizzati prima di calcolare i pattern EOF. In questo caso, gli indici AM del modello sono trovati proiettando i dati originali sui pattern EOF usando l’Equazione (2).
Ringraziamenti Ringraziamo J.M. Wallace e un revisore anonimo per le recensioni perspicaci. Ringraziamo P. Braesicke, P. Canziani, B. Christiansen, J. Cohen, J. Li e I. Watterson per i commenti sul manoscritto. MPB è stato finanziato dalla National Science Foundation nell’ambito del programma US CLIVAR e dell’Office of Polar Programs. DWJT è stato finanziato dal Climate Dynamics Program della National Science Foundation sotto il numero di bilancio ATM-0613082.

La Figura 11 mostra due grafici, (a) e (b), che rappresentano le composizioni degli eventi di vortice stratosferico debole e forte rispettivamente, utilizzando un indice del vento zonale medio a 60°N. Questi grafici sono rappresentati come grafici di contorno delle anomalie di vento zonale nel tempo (asse x, indicato come Lag Days) e in altezza (asse y, indicata sia in hPa che in km).
- Panello (a) – Composizione di eventi di vortice debole:
- Il grafico mostra che durante gli eventi di vortice debole, si osservano forti anomalie positive (rappresentate dai colori caldi come il rosso e l’arancione) concentrate intorno al giorno zero e estese verticalmente fino a circa 10 hPa. Questo indica venti zonali più deboli del normale in questo periodo e regione.
- Le anomalie negative (colori freddi come blu) ai lati delle anomalie positive indicano un rinforzo dei venti zonali prima e dopo l’evento del vortice debole.
- Panello (b) – Composizione di eventi di vortice forte:
- In questo grafico, un’intensa anomalia negativa (blu scuro) è centrata anch’essa intorno al giorno zero e si estende fino a 10 hPa, indicando venti zonali particolarmente forti durante questi eventi.
- Le anomalie positive poco prima e dopo l’evento suggeriscono una diminuzione temporanea dei venti, seguita da un rafforzamento durante l’evento del vortice.
In entrambi i casi, l’asse delle ordinate mostra la pressione in hPa e l’altezza corrispondente in chilometri, con valori di pressione che diminuiscono (e quindi altezze che aumentano) verso l’alto nel grafico, riflettendo la struttura verticale dell’atmosfera. L’asse delle ascisse rappresenta i giorni di lag, con il giorno zero rappresentante l’evento di picco del vortice stratosferico, e l’intervallo da -90 a +90 giorni intorno a questo evento.
Questi grafici sono utili per studiare la dinamica dell’atmosfera superiore e la connessione tra variazioni nei venti zonali a latitudini elevate e fenomeni atmosferici a scala più ampia, come il coupling stratosfera-troposfera.
https://rmets.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/qj.479