Caratteristiche degli eventi di riscaldamento stratosferico durante l’inverno boreale
Pauline Maury1,2, Chantal Claud1, Elisa Manzini3, Alain Hauchecorne2, e Philippe Keckhut2
1Laboratorio di Meteorologia Dinamica, IPSL, Ecole Polytechnique, Palaiseau, Francia, 2Laboratorio Atmosfere, Ambienti, Osservazioni Spaziali, IPSL, UVSQ, CNRS-INSU, Guyancourt, Francia, 3Istituto Max Planck di Meteorologia, Amburgo, Germania

Riassunto
Il forte interesse nei Riscaldamenti Stratosferici Improvvisi (SSWs) è motivato dal loro ruolo nel coupling dinamico bidirezionale stratosfera-troposfera. Mentre la maggior parte degli studi indaga solo i principali SSWs (distruzione del vortice), quelli minori (forte decelerazione del vortice) vengono trascurati. Questo lavoro mira a colmare questa lacuna fornendo una descrizione completa degli eventi di riscaldamento stratosferico senza distinzioni a priori tra SSWs maggiori e minori, portando a una stima più completa della variabilità stratosferica. Gli eventi di riscaldamento sono estratti da set di dati di rianalisi mediante un indice giornaliero della temperatura della calotta polare nella media stratosfera. Gli eventi sono caratterizzati da una distribuzione bimodale in ampiezza, con un picco ampio a piccole ampiezze (inferiore a 5K) e un picco netto intorno a 9K. A causa della dinamica intrinseca del vortice polare, l’ampiezza del riscaldamento presenta una distinta distribuzione stagionale. I riscaldamenti di piccola ampiezza si verificano principalmente durante l’inizio e la fine dell’inverno a differenza di quelli di grande ampiezza che si verificano durante la metà dell’inverno. Da metà novembre a metà marzo, i riscaldamenti di grande ampiezza (cioè, eventi di forte riscaldamento, SWEs) includono sia SSWs maggiori che minori, così come i riscaldamenti Canadesi e Finali. Sebbene i principali SSWs appartengano alla coda della distribuzione degli SWEs, non vi è una distinzione chiara tra i SSWs maggiori e minori secondo le proprietà considerate degli eventi. Tale risultato fa emergere l’idea di un “continuum di riscaldamento”. Inoltre, le diagnostiche del flusso di calore rivelano che non c’è differenza statistica tra gli SWEs per quanto riguarda i loro feedback sulle onde planetarie e quindi sul loro potenziale influsso nella troposfera.

1. Introduzione
A causa della notte polare in inverno, la media stratosfera ad alte latitudini è caratterizzata da venti occidentali attorno al polo: il cosiddetto vortice polare. Il vortice polare è una delle caratteristiche più variabili della circolazione media zonale dell’atmosfera terrestre, risultante da un’interazione non lineare tra le onde planetarie di Rossby e il flusso zonale [Charney e Drazin, 1961; Matsuno, 1971]. In pochi giorni, questa interazione tra onda e flusso medio porta a un indebolimento del flusso zonale e un aumento della temperatura sopra la calotta polare di oltre 40K in casi estremi [Scherhag, 1952; Labitzke, 1977]. Tali fenomeni sono noti come Riscaldamenti Stratosferici Improvvisi (SSWs) e costituiscono, dal loro rilevamento nel 1952 [Scherhag, 1952], l’evento dinamico più impressionante nel sistema climatico fisico. Gli SSWs sono comunemente definiti dal rovesciamento del gradiente di temperatura meridionale, e la differenziazione tra SSWs maggiori e minori è fatta secondo il rovesciamento del flusso polare stratosferico occidentale a 60°N e 10 hPa (McInturff [1978], Andrews et al. [1987], e Butler et al. [2015], per una discussione recente sulle definizioni degli SSW). Poiché gli SSWs maggiori giocano un ruolo importante nel coupling dinamico bidirezionale stratosfera-troposfera, molti studi si sono concentrati quasi esclusivamente su di essi [ad es., Charlton e Polvani, 2007; Gerber et al., 2009; Cohen e Jones, 2011]. Tuttavia, per comprendere la risposta della stratosfera alle forzanti troposferiche esterne e per caratterizzare meglio il ruolo della stratosfera nei percorsi della variabilità climatica, concentrarsi solo sui SSWs estremi potrebbe essere insufficiente. Infatti, la risposta stratosferica media durante l’inverno boreale al riscaldamento globale non è necessariamente direttamente correlata ai cambiamenti nella frequenza degli SSWs maggiori [Karpechko e Manzini, 2012]. Una stima completa della variabilità della stratosfera invernale, inclusi i casi non estremi, è necessaria per comprendere tali cambiamenti stratosferici medi. Pochi studi (Limpasuvan et al. [2004], tra gli altri) suggeriscono che anche gli SSWs minori possono avere una firma troposferica, giustificando l’esame degli SSWs minori. Inoltre, Coughlin e Gray [2009] hanno mostrato che gli SSWs minori e maggiori appartengono a un continuum di riscaldamenti stratosferici, senza una soglia ben definita tra i due tipi di SSW. Tali studi sollevano la questione se considerare gli SSWs maggiori e minori come eventi distinti abbia senso.

In questo contesto, questo lavoro mira a (i) ridurre il divario nella conoscenza della variabilità stratosferica non estrema, utilizzando definizioni di eventi meno restrittive e (ii) affrontare la questione di quanto siano distinti gli SSWs maggiori e minori. Per raggiungere questi obiettivi, forniamo una descrizione completa degli eventi di riscaldamento stratosferico che si verificano durante 54 inverni consecutivi nell’emisfero settentrionale, dal 1959 al 2013, senza alcuna distinzione tra SSWs maggiori e minori. Si tende a osservare che le anomalie della temperatura stratosferica si propagano verso il basso, ed è stato dimostrato che un’analisi delle funzioni ortogonali empiriche (EOF) della temperatura media della calotta polare è ben adatta a catturare la variabilità del vortice polare stratosferico e a studiarne la struttura verticale [Kodera et al., 2000; Kuroda e Kodera, 2004; Zhou et al., 2002; Hitchcock et al., 2013; Hitchcock e Shepherd, 2013]. L’originalità del presente studio risiede nel considerare solo le anomalie positive di una temperatura media giornaliera della calotta polare, calcolata verticalmente (50–10 hPa) e superiore a una deviazione standard dalla media climatologica lisciata. Per costruzione, il nostro metodo consente di selezionare eventi corrispondenti a una stratosfera media calda, corrispondente alla seconda EOF della temperatura nello studio di Hitchcock et al. [2013] [vedi Hitchcock et al., 2013, Figure 2 e 3]. Questo articolo documenta e esamina accuratamente le statistiche globali degli eventi caldi in termini di ampiezza e durata e discute le loro proprietà dinamiche associate.

Il documento è organizzato come segue: I dati e il metodo utilizzati sono introdotti nella sezione 2. La sezione 3 presenta le statistiche generali degli eventi di riscaldamento stratosferico. Si dimostrerà che le anomalie calde stratosferiche che si verificano durante l’inverno possono essere divise in due popolazioni per quanto riguarda la loro ampiezza. Quindi, la sezione 4 si concentra sulle anomalie calde più forti e offre un confronto approfondito tra le suddette anomalie calde e le climatologie ben note degli SSWs. Infine, un riassunto e una conclusione sono forniti nella sezione 5.

2. Dati e Metodo
Valutiamo le proprietà dei riscaldamenti stratosferici per il periodo che va dall’inizio di ottobre alla fine di aprile, qui definito come “inverno”. Per estendere l’arco degli anni analizzati, sono stati utilizzati due prodotti di rianalisi del Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine (ECMWF). Il primo set considera dati giornalieri per 20 anni da ERA-40 [Uppala et al., 2005], dal 1 ottobre 1959 al 30 aprile 1979. Il secondo prende in considerazione dati giornalieri per 34 anni da ERA-Interim (ERA-I) [Dee et al., 2011], dal 1 ottobre 1979 al 30 aprile 2013. Considerando che i dati di ERA-40 sono disponibili fino al 2002, è stato utilizzato un test di Student per verificare che i due prodotti di rianalisi non differiscano statisticamente in termini di media e variabilità durante l’inverno per i 20 anni di sovrapposizione. In questo modo, vengono utilizzati 54 inverni consecutivi, che vanno dal 1959 al 2013, e il prodotto risultante combinato è indicato come ERA nel seguito.

2.1 Indice della Temperatura della Calotta Polare Stratosferica
Gli eventi di riscaldamento stratosferico sono estratti dalla serie temporale giornaliera delle temperature ERA mediante un indice di anomalie della temperatura della calotta polare stratosferica media.

  1. Per ogni anno, viene calcolata una temperatura della calotta polare stratosferica a partire dalla temperatura media zonale giornaliera, mediando la temperatura ponderata dal coseno tra 70°N e 90°N e, verticalmente, la media ponderata dalla pressione tra 50 hPa e 10 hPa. Questo campo giornaliero è indicato con T(td,y), dove T rappresenta la temperatura e t il tempo, con i pedici d e y che denotano rispettivamente il giorno e l’anno.
  2. Per ogni anno, viene applicata una finestra mobile di 21 giorni sui valori giornalieri T(td,y) per rimuovere le variazioni ad alta frequenza. Dal campo filtrato risultante (in seguito, bassa frequenza)—indicato come T21d(td,y)—vengono calcolati la media e la deviazione standard. La media a bassa frequenza T21d(td) è rappresentata nella Figura 1a, insieme alla sua deviazione di ±1 deviazione standard.
  3. L’indice delle anomalie della temperatura della calotta polare stratosferica media è definito come la deviazione della temperatura giornaliera non filtrata dalla media a bassa frequenza, normalizzata dalla deviazione standard a bassa frequenza.

La Figura 1 presenta due grafici che illustrano le statistiche della temperatura della calotta polare e i venti zonali medi durante alcuni inverni specifici, basati su dati di rianalisi ERA dal 1959/1960 al 2012/2013.

(a) Statistiche della temperatura della calotta polare stratosferica

  • Area ombreggiata in grigio: rappresenta la gamma delle temperature medie giornaliere tra i livelli di pressione di 50 hPa e 10 hPa nel periodo considerato.
    • Grigio scuro: mostra i valori di temperatura tra il 20° e l’80° percentile.
    • Grigio medio: copre i valori di temperatura tra il 10° e il 90° percentile.
    • Grigio chiaro: segna i valori oltre il 95° percentile.
  • Linee grigio chiaro: segnano i valori minimi e massimi giornalieri delle temperature.
  • Linea nera sottile: indica la media mobile su 21 giorni delle temperature giornaliere.
  • Linee nere tratteggiate: rappresentano una deviazione standard sopra e sotto la media mobile su 21 giorni.
  • Curve colorate: mostrano le temperature specifiche per gli inverni 1979-1980 (verde), 1981-1982 (blu) e 2002-2003 (rosso), evidenziando come la temperatura varia in questi inverni specifici.

(b) Vento zonale medio zonale a 60°N e 10 hPa

  • Curve colorate: mostrano la velocità del vento zonale per gli stessi inverni rappresentati nel grafico delle temperature:
    • 1979–1980 (verde),
    • 1981–1982 (blu),
    • 2002–2003 (rosso).
  • Linea nera: rappresenta la media climatologica del vento zonale per il periodo considerato.

Questi grafici forniscono un’analisi visiva su come le temperature e i venti zonali si comportano durante inverni specifici, mettendo in evidenza le variazioni stagionali e le tendenze che possono essere collegate a eventi di riscaldamento stratosferico improvviso o ad altre importanti dinamiche atmosferiche.

2.2 Eventi di Riscaldamento Stratosferico
Gli eventi di riscaldamento stratosferico sono identificati selezionando solamente i giorni in cui l’anomalia della temperatura della calotta polare stratosferica media è maggiore o uguale a +1. Un evento di riscaldamento stratosferico è quindi definito da un insieme di giorni consecutivi durante i quali tale criterio rimane soddisfatto, permettendo di selezionare 188 eventi di riscaldamento nei 54 inverni analizzati. Ogni evento di riscaldamento stratosferico è caratterizzato da (i) una durata, (ii) un’ampiezza, (iii) una data del massimo della temperatura, dTmax, e (iv) il minimo della media quinquennale del vento zonale zonale (60°N, 10 hPa), U5d. La durata dell’evento (in giorni) corrisponde al periodo durante il quale il criterio dell’anomalia ≥ +1 rimane soddisfatto. L’ampiezza dell’evento (in Kelvin) è calcolata dall’integrale della deviazione giornaliera della temperatura dalla media a bassa frequenza, diviso per la durata.

Ad esempio, l’ampiezza di un evento di riscaldamento è valutata come l’integrale della temperatura giornaliera al di sopra della media mobile su 21 giorni, diviso per la durata dell’evento. Durante la durata di ogni evento, dTmax corrisponde al giorno con la temperatura giornaliera più alta e U5d corrisponde alla media di cinque giorni del vento zonale medio zonale a 60°N e 10 hPa intorno alla data del minimo del vento zonale.

L’efficacia del nostro approccio è dimostrata confrontando la deviazione standard a bassa frequenza dalla media con i valori percentili, mostrando che i nostri eventi di riscaldamento stratosferico comprendono il ventesimo percentile superiore delle temperature. Abbiamo così selezionato grandi eventi anomali, senza limitare la nostra selezione ai soli eventi estremi. Una selezione basata su soglie inferiori includerebbe fluttuazioni aggiuntive, che potrebbero aumentare il numero di eventi di piccola ampiezza e breve durata o estendere la durata e abbassare l’ampiezza degli eventi. Quest’ultimo effetto è causato dall’aggiunta di giorni con piccole fluttuazioni prima e dopo gli eventi selezionati con la soglia di 1 deviazione standard. La soglia di 1 deviazione standard appare come il miglior compromesso tra massimizzare la dimensione dell’insieme e il rifiuto delle piccole fluttuazioni.

La Figura 1a indica anche che l’intervallo di temperatura tra Tmin e Tmax è maggiore da dicembre a febbraio, minimo in ottobre-novembre, e ancora relativamente sostanziale in marzo-aprile, evidenziando le note variazioni sub-stagionali nella variabilità interannuale. Infine, il vento zonale medio zonale a 60°N e 10 hPa per i tre inverni precedenti (Figura 1b) illustra la forte anticorrelazione tra il vento e la temperatura, confermando l’uso di U5d come indicatore dello stadio di perturbazione del vortice polare.

(a) Amplitude of Warm Events by Date of Maximum Temperature

  • Questo grafico mostra l’ampiezza dei riscaldamenti stratosferici in relazione alla data in cui si verifica il massimo della temperatura.
  • I punti sono colorati per indicare i mesi da ottobre ad aprile, facilitando l’identificazione di quando si verificano eventi di riscaldamento di maggiore ampiezza durante i mesi invernali.
  • La linea rossa rappresenta il valore mediano dell’ampiezza di tutti gli eventi, fornendo un punto di riferimento centrale per la distribuzione delle ampiezze.

(b) Box-and-Whisker Plots of Warming Amplitude for Each Month

  • I grafici a scatola e baffi mostrano la distribuzione dell’ampiezza dei riscaldamenti per ciascun mese, da ottobre ad aprile.
  • Le scatole delimitano il primo e il terzo quartile dei dati, mostrando dove si collocano la maggior parte delle ampiezze degli eventi.
  • La banda rossa dentro ogni scatola indica il valore mediano, mentre la stella verde rappresenta la media dell’ampiezza, evidenziando la differenza tra mediana e media, che può indicare la simmetria della distribuzione.
  • Le estremità delle scatole (i baffi) estendono la visualizzazione agli eventi più estremi di minima e massima ampiezza registrati in ciascun mese, mostrando gli estremi della variabilità dell’ampiezza.

Questa figura fornisce una rappresentazione visuale dettagliata di come l’ampiezza degli eventi di riscaldamento varia nel corso dei mesi invernali, sottolineando i mesi in cui si verificano eventi più intensi e la variabilità mensile e interannuale di questi eventi.

Caratterizzazione Generale dei Riscaldamenti Stratosferici

Amplitude e Durata del Riscaldamento

Per valutare le caratteristiche dei riscaldamenti, l’ampiezza dell’evento è rappresentata in funzione della data in cui si verifica il massimo del riscaldamento, insieme ai grafici box-and-whisker per quantificare la dispersione dei valori di ampiezza per ciascun mese da ottobre ad aprile. L’ampiezza degli eventi di riscaldamento presenta una dipendenza stagionale. Tutti gli eventi di ottobre e il 75% di quelli di novembre hanno ampiezze che non superano mai i 5K, mentre circa l’80% dei riscaldamenti che si verificano tra dicembre e febbraio hanno un’ampiezza superiore ai 5K, estendendosi fino a circa 15K. Durante marzo, la media e la mediana delle ampiezze degli eventi sono minori rispetto a gennaio e febbraio, e simili a quelle di dicembre, ma la probabilità di avere eventi di ampiezza maggiore a dicembre è più alta che a marzo. In aprile, circa il 75% dei riscaldamenti ha un’ampiezza inferiore ai 5K, come a novembre. La dimensione del box è più grande per i mesi invernali rispetto agli altri mesi, indicando una maggiore dispersione dei valori di ampiezza.

Quando l’ampiezza è riportata in funzione della durata, si osserva una grande correlazione tra entrambe. In generale, la durata dei riscaldamenti aumenta con l’ampiezza, ma questa correlazione dipende dalla stagione. Ad esempio, i riscaldamenti con ampiezze tra 5K e 9K tendono ad essere più lunghi in novembre, marzo e aprile rispetto a quelli che si verificano nei mesi invernali. Questo può essere spiegato da un tempo di smorzamento radiativo più lungo in novembre rispetto ai mesi invernali. Rispetto al periodo di metà inverno, i riscaldamenti di ampiezza tra 5K e 9K possono essere sufficientemente grandi da disturbare durabilmente il vortice di fine inverno.

La funzione di densità di probabilità dell’ampiezza dell’evento e della durata rivela una distribuzione bimodale con due massimi relativi. Il primo massimo relativo è un picco largo a basse ampiezze, che si avvicina al valore mediano dell’ampiezza, e il secondo è a circa 9K e delimita il 20% superiore degli eventi di maggiore ampiezza. Considerando separatamente l’inizio, il metà e la fine dell’inverno, si rivela una dipendenza sub-stagionale della frequenza nei valori di ampiezza. Il primo insieme di riscaldamenti consiste principalmente di riscaldamenti di inizio inverno e circa la metà dei riscaldamenti di fine inverno. Al contrario, il secondo insieme di riscaldamenti consiste principalmente di riscaldamenti di metà inverno e l’altra metà dei riscaldamenti di fine inverno. La PDF della durata degli eventi è piuttosto marcatamente decrescente per i valori di durata minori, indicando che il 50% degli eventi selezionati dura meno di 10 giorni. Anche se meno pronunciata rispetto ai valori di ampiezza, anche la PDF della durata degli eventi suggerisce una bimodalità.

La Figura 3 si divide in due parti, (a) e (b), che esplorano le relazioni tra ampiezza e durata dei riscaldamenti stratosferici e mostrano come la durata di questi eventi vari nei diversi mesi dell’anno.

Parte (a): Questo grafico a dispersione correla l’ampiezza dei riscaldamenti con la loro durata. Ogni punto nel grafico rappresenta un evento specifico, posizionato in base alla sua ampiezza orizzontalmente e alla sua durata verticalmente. I colori e le forme dei punti differiscono in base ai mesi in cui si verificano questi eventi, seguendo uno schema di colorazione che non è visibile qui. Una linea rossa tracciata attraverso i punti indica una tendenza generale: eventi di maggiore ampiezza tendono a durare più a lungo, sebbene ci siano eccezioni a questa regola.

Parte (b): Questo è un grafico box-and-whisker che illustra la distribuzione della durata dei riscaldamenti per ogni mese dall’ottobre all’aprile. Le ‘scatole’ nel grafico indicano l’intervallo entro cui si trovano la metà dei dati per ciascun mese, con una linea che segna il valore mediano. I ‘baffi’ si estendono dalle scatole ai valori più estremi, escludendo eventuali valori anomali che sono mostrati come punti separati. Le stelle verdi rappresentano la media dei dati per ciascun mese.

Dalla parte (b) è evidente che la durata degli eventi cambia notevolmente a seconda del mese, con una prevalenza di eventi più lunghi nei mesi invernali. Questo è coerente con la parte (a), che mostra come eventi più intensi si verifichino più comunemente nei mesi invernali e tendano a estendersi per periodi più prolungati.

Questi grafici sono fondamentali per capire come le caratteristiche dei riscaldamenti stratosferici si modificano durante l’anno, offrendo agli studiosi una finestra sui processi atmosferici che influenzano questi eventi.

Eventi di Riscaldamento e il Vortice Polare Stratosferico In questa sezione si analizza la distribuzione temporale degli eventi di riscaldamento insieme alla condizione del vortice polare durante tali eventi. La Figura 5 mostra gli eventi di riscaldamento in base alla data del loro picco massimo, classificati per ampiezza. Si sovrappongono anche i dati del vento zonale medio a 60°N e 10 hPa per i 54 inverni.

Distribuzione dei Casi nei Vari Inverni La frequenza totale degli eventi per inverno è distribuita in modo quasi uniforme sui 54 inverni. Le principali differenze tra gli inverni derivano dal numero di eventi di piccola ampiezza. Eventi di piccola ampiezza avvengono principalmente durante ottobre, novembre e aprile, e tendono a verificarsi due volte o più in un breve periodo di tempo. Per gli eventi di ampiezza maggiore, ci sono due distinte distribuzioni degli eventi in base alla loro durata: eventi di breve durata che tendono a verificarsi vicino ad altri eventi, mentre quelli di lunga durata sono piuttosto isolati. Questi schemi di frequenza e durata aiutano a comprendere meglio la dinamica del vortice polare in relazione agli eventi di riscaldamento stratosferico.

La Figura 4 presenta la funzione di densità di probabilità (PDF) per ampiezze e durate dei riscaldamenti stratosferici attraverso due grafici, (a) e (b):

Parte (a) – Ampiezza dei Riscaldamenti:

  • Questo grafico visualizza la distribuzione delle ampiezze dei riscaldamenti.
  • Gli istogrammi in grigio chiaro rappresentano la distribuzione totale degli eventi analizzati.
  • Le barre colorate distinguono i riscaldamenti nei diversi periodi dell’inverno: blu per i riscaldamenti di inizio inverno (ottobre a metà novembre), grigio scuro per quelli di metà inverno (metà novembre a metà marzo), e rosso per quelli di fine inverno (metà marzo ad aprile).
  • Le linee rosse tratteggiate indicano i valori mediani di ampiezza, mentre le linee nere tratteggiate rappresentano il 80° percentile, evidenziando gli eventi con ampiezze superiori alla maggior parte degli altri.

Parte (b) – Durata dei Riscaldamenti:

  • Similmente al grafico delle ampiezze, qui è illustrata la distribuzione delle durate dei riscaldamenti.
  • Il colore delle barre segue lo stesso schema del grafico delle ampiezze, identificando i periodi dell’anno.
  • Le linee rosse tratteggiate marcano i valori mediani delle durate per ogni categoria temporale, e le linee nere tratteggiate indicano il 80° percentile delle durate, offrendo un’indicazione su quanto alcuni eventi tendono a protrarsi rispetto alla norma.

Interpretazione Generale:

  • I grafici forniscono una visione chiara di come variano ampiezza e durata dei riscaldamenti stratosferici nel corso dell’inverno.
  • Attraverso i valori mediani e i percentili, è possibile identificare non solo gli eventi tipici, ma anche quelli più estremi, permettendo agli studiosi di mettere in relazione le caratteristiche dei riscaldamenti con la progressione stagionale.

La Figura 5 visualizza gli eventi di riscaldamento stratosferico e le caratteristiche del vento zonale medio a 60°N e 10 hPa attraverso diverse stagioni invernali dal 1959 al 2013. Ecco i dettagli chiave per interpretare il grafico:

  1. Rappresentazione degli Eventi di Riscaldamento:
    • Gli eventi sono mostrati come cerchi, posizionati secondo la data del massimo riscaldamento (dTmax) lungo l’asse degli anni e i mesi da ottobre ad aprile.
    • La dimensione dei cerchi varia in base all’ampiezza del riscaldamento: piccoli (≤ 5K), medi (5K a 9K) e grandi (> 9K).
    • Le linee verticali nere che si estendono dai cerchi indicano la durata di ciascun evento di riscaldamento.
  2. Caratteristiche del Vento Zonale Medio (U):
    • Il colore di sfondo rappresenta la velocità del vento zonale:
      • Blu/viola per venti negativi o nulli (≤ 0 m/s), associati a vortici invertiti o molto deboli.
      • Verde per venti deboli (0 < U ≤ 10 m/s) e arancione per venti moderati (10 < U ≤ 20 m/s).
      • Bianco per venti forti (> 20 m/s), indicativo di un vortice polare robusto.

Importanza della Visualizzazione:

  • La figura evidenzia la frequenza e l’intensità degli eventi di riscaldamento in relazione ai cambiamenti nel vento zonale, che sono cruciali per la stabilità del vortice polare.
  • Le dimensioni variabili dei cerchi permettono di identificare rapidamente gli eventi più significativi e la loro collocazione temporale rispetto alla forza del vortice.
  • Questo approccio grafico aiuta a comprendere le dinamiche del vortice polare e come possono essere influenzate o precedute da significativi riscaldamenti stratosferici.

L’uso di questa visualizzazione offre una comprensione approfondita delle correlazioni tra i cambiamenti atmosferici stratosferici e i pattern meteorologici a scala globale, fondamentali per studi climatologici e meteorologici avanzati.

La Figura 6 esplora dettagliatamente la relazione tra l’ampiezza e la durata degli eventi di riscaldamento stratosferico e il vento zonale minimo su 5 giorni (U5d), categorizzando i dati per periodi specifici dell’inverno. Ecco come interpretare i vari pannelli del grafico:

  1. Pannelli (a) e (b):
    • (a) Ampiezza in funzione di U5d: Questo grafico mostra la relazione tra l’ampiezza degli eventi di riscaldamento e U5d. I marker blu indicano eventi di inizio inverno, i marker neri eventi di metà inverno, e i marker rossi eventi di fine inverno.
    • (b) Durata in funzione di U5d: Similmente, questo grafico correla la durata degli eventi di riscaldamento con U5d, utilizzando la stessa codifica colori per indicare la fase dell’inverno.
  2. Pannelli (c) e (d):
    • (c) PDF dell’ampiezza: Mostra la distribuzione di probabilità per l’ampiezza degli eventi di riscaldamento. Le barre bianche rappresentano la totalità degli eventi, mentre le barre grigie rappresentano eventi di metà inverno stratificati secondo i valori di U5d (grigio scuro per U5d ≤ 0 m/s, grigio medio per 0 < U5d ≤ 10 m/s, e grigio chiaro per U5d > 10 m/s).
    • (d) PDF della durata: Analogamente, mostra la distribuzione di probabilità per la durata degli eventi, stratificata in base ai valori di U5d per gli eventi di metà inverno.
  3. Pannelli (e) e (f):
    • (e) Ampiezza in funzione dell’anomalia di U5d: Illustra come varia l’ampiezza degli eventi di riscaldamento rispetto all’anomalia del vento zonale su 5 giorni.
    • (f) Durata in funzione dell’anomalia di U5d: Mostra come la durata degli eventi di riscaldamento varia in base all’anomalia di U5d.

Interpretazione:

  • I grafici evidenziano che il vento zonale può avere un impatto significativo sull’ampiezza e sulla durata degli eventi di riscaldamento. Eventi con un U5d molto basso tendono a coincidere con riscaldamenti di maggiore ampiezza e durata più lunga, particolarmente nei grafici che mostrano le anomalie.
  • La differenziazione per colore aiuta a visualizzare come gli eventi di riscaldamento si comportano diversamente a seconda della parte dell’inverno, con variazioni notevoli tra l’inizio, la metà e la fine della stagione.

Questi approfondimenti sono essenziali per comprendere come le dinamiche del vento zonale influenzino gli eventi di riscaldamento stratosferico, fornendo dati preziosi per studi climatici e meteorologici avanzati.

3.2.2. Vortice Polare Stratosferico

La Figura 5 mostra una chiara dipendenza stagionale tra l’ampiezza degli eventi e la forza del vortice polare. Durante novembre il vortice è debole (intorno ai 10 m s−1), ma si assiste a un’inversione totale del vento alla fine dell’inverno, in marzo e aprile, a seguito del suo decadimento. Analogamente, eventi di riscaldamento minori (con un incremento di temperatura inferiore a 5K) sono correlati a venti zonali di 15–20 m s−1 durante ottobre e la prima parte di novembre, ma registrano venti negativi durante la seconda parte di marzo e aprile.

Questi eventi minori riflettono fluttuazioni dell’intensità del vortice durante il suo rafforzamento o il suo decadimento, ma non inducono perturbazioni significative del vortice. Al contrario, durante il pieno inverno, riscaldamenti con un incremento di temperatura maggiore o uguale a 5K sono generalmente associati a perturbazioni drammatiche del vortice. In particolare, riscaldamenti con un incremento di temperatura superiore a 9K sono collegati a un crollo totale del vortice, mentre quelli con incrementi tra 5K e 9K indicano un vortice polare debole.

Il valore di 9K non stabilisce un confine netto tra due stati differenti del vortice, visto che eventi con grandi incrementi di temperatura possono presentarsi anche durante periodi di vortice debole. Solo gli eventi di metà inverno mostrano una forte correlazione tra l’ampiezza e la durata del riscaldamento e il minimo del vento zonale di 5 giorni U5d (Figura 6). Il valore mediano di 5K tende a dividere gli eventi di metà inverno in base al vento U5d = 10 m s−1, suggerendo un continuum di riscaldamenti piuttosto che due distinti stati invernali stratosferici.

La durata del riscaldamento si rivela un fattore discriminante per distinguere i riscaldamenti minori dai maggiori, con il 70% dei riscaldamenti associati a un vortice debole che persiste meno di 10 giorni. La correlazione tra l’ampiezza del riscaldamento e le anomalie del vento appare indipendente dalla stagione, mentre quella con la durata del riscaldamento rimane dipendente dalla stagione.

4. Focus sugli Eventi Forti

4.1. Selezione degli Eventi

L’analisi della sezione precedente ha dimostrato che il valore mediano di ampiezza divide gli eventi in due gruppi con proprietà stagionali e dinamiche distinte. Abbiamo scelto un valore di ampiezza superiore a 5K come soglia per gli eventi di grande ampiezza. Eventi che si verificano in successione ravvicinata e con un intervallo inferiore ai 20 giorni sono stati uniti. Dopo questa selezione, il numero di eventi di riscaldamento stratosferico è ridotto a circa il 40%. Questi sono denominati eventi di riscaldamento stratosferico forte (SWE).

4.2. Flusso di Calore Meridionale

Il flusso di calore meridionale è cruciale per comprendere il comportamento della stratosfera dell’emisfero nord. Il flusso di calore a 100 hPa, tra i 55°N e 80°N, è maggiore da dicembre a marzo, prevalentemente positivo, indicando una propagazione ondulatoria ascendente dalla troposfera. Questo presenta una variabilità interannuale correlata con gli SWE. Indipendentemente dall’ampiezza dell’evento, il flusso di calore è elevato prima del picco di temperatura degli SWE e diminuisce drasticamente dopo. In alcuni casi, diventa negativo dopo il picco di temperatura massima.

Il flusso di calore, essendo proporzionale alla componente verticale del flusso di Eliassen Palm, informa sulla propagazione delle onde planetarie attraverso l’atmosfera. Un flusso positivo indica che le onde si propagano verticalmente dalla troposfera alla stratosfera, mentre un flusso negativo indica una propagazione verso il basso. Un flusso di calore meridionale negativo dopo un importante SSW può indicare la riflessione delle onde planetarie dal vortice polare perturbato, portando a un’amplificazione delle onde planetarie nella troposfera che influisce sul clima. Questa riflessione delle onde può indurre forti venti occidentali sull’Atlantico settentrionale e blocchi meteorologici sul settore del Pacifico nord-occidentale. Interessantemente, è dimostrato che un flusso di calore meridionale negativo può verificarsi anche dopo gli SWE senza un’inversione del vento, suggerendo che anche SSW minori potrebbero influenzare il clima troposferico.

La Figura 7 visualizza il flusso di calore meridionale a 100 hPa tra i 55°N e 80°N, registrato quotidianamente per 54 inverni, da ottobre 1959 ad aprile 2013.

  1. Colori:
    • Colori caldi (giallo, arancione, rosso) mostrano un flusso di calore positivo, indicativo di un movimento ascendente delle onde dalla troposfera alla stratosfera.
    • Colori freddi (blu, azzurro) rappresentano un flusso di calore negativo, segnale di un movimento discendente delle onde verso la troposfera.
  2. Superposizione degli Eventi di Riscaldamento Stratosferico Forte (SWE):
    • Gli eventi sono rappresentati da cerchi sovrapposti al flusso di calore. I cerchi di dimensione media corrispondono a eventi con un aumento di temperatura tra 5K e 9K, mentre i cerchi più grandi indicano un aumento superiore a 9K.
  3. Tipo di Cerchio:
    • I cerchi pieni indicano eventi con venti zonali diretti verso ovest (negativi), mentre i cerchi tratteggiati rappresentano eventi con venti zonali diretti verso est (positivi).
  4. Linee Nere:
    • Le linee nere tracciano la durata degli eventi, collegando l’inizio e la fine di ciascun evento.

Questa figura è cruciale per capire come variazioni del flusso di calore meridionale si correlino con la frequenza e la durata degli eventi SWE, mostrando l’interazione tra fenomeni meteorologici nella troposfera e eventi nella stratosfera. Si osserva che il flusso di calore è generalmente elevato prima del picco di temperatura degli eventi e diminuisce significativamente dopo, con alcuni casi in cui il flusso diventa negativo, influenzando così il clima nella troposfera.

4.3. Composito delle Anomalie del Flusso di Calore Meridionale

I composti delle anomalie del flusso di calore sono stati valutati per gli eventi di riscaldamento stratosferico forte (SWE) di metà inverno con un aumento di temperatura tra 5K e 9K e superiore a 9K, centrati sulla data di massima temperatura corrispondente al giorno di ritardo = 0. I composti mostrano una differenza significativa circa 10 giorni prima del giorno di ritardo = 0, dove si osserva una forzatura maggiore per gli eventi con un aumento superiore a 9K rispetto agli eventi con un aumento tra 5K e 9K (Figura 8, curve rosse e arancioni). Tuttavia, sorprendentemente, non vi è una differenza significativa tra i due composti dal giorno di ritardo = -5 al giorno di ritardo = 25.

In caso di rottura del vortice, le onde non possono più propagarsi verso l’alto, spiegando la diminuzione nel composito dell’anomalia del flusso di calore per gli eventi con un aumento superiore a 9K, dato che sono prevalentemente costituiti da SSW maggiori. Ma il composito per gli eventi con un aumento tra 5K e 9K non è statisticamente differente da quello con un aumento superiore a 9K, sebbene questa popolazione di eventi sia principalmente associata a SSW minori.

Per dimostrare l’insensibilità al segno del vento zonale nell’evoluzione del flusso di calore per gli SWE, sono mostrati due composti aggiuntivi, per i quali gli SWE sono stratificati secondo il segno di U5d (linee nere e grigie nella Figura 8). Sebbene la forzatura e il grado di perturbazione del vortice differiscano tra gli eventi, il loro impatto sulle onde planetarie è comparabile. Infatti, dopo il giorno di ritardo = 0 e per tutto il periodo (fino al giorno di ritardo = +25) il flusso di calore scende al di sotto della climatologia per tutti i casi. Questo risultato suggerisce che una totale inversione del vento non è una condizione necessaria affinché l’attività ondulatoria diminuisca significativamente. Pertanto, la dinamica di un vortice perturbato non può essere distinta dal segno del vento zonale, corroborando l’idea di un “continuum” di SSW.

La Figura 8 illustra i composti delle anomalie del flusso di calore meridionale misurato a una certa altezza atmosferica tra le latitudini 55°N e 80°N, analizzati per un periodo di 51 giorni centrato sul giorno di massima temperatura durante gli eventi di riscaldamento stratosferico.

  1. Linee Colorate:
    • La linea arancione rappresenta gli eventi con un aumento di temperatura tra 5K e 9K.
    • La linea rossa indica gli eventi con un aumento di temperatura superiore a 9K.
    • La linea nera mostra gli eventi con un vento zonale medio diretto verso ovest.
    • La linea grigia mostra gli eventi con un vento zonale medio diretto verso est.
  2. Aree Sfumate:
    • L’area grigia chiara segnala i giorni in cui le differenze nei flussi di calore per diversi livelli di ampiezza degli eventi sono statisticamente significative rispetto al normale andamento climatico.
    • L’area grigia scura segnala i giorni in cui le differenze nei flussi di calore, classificati per il vento zonale, sono statisticamente significative.
  3. Linee Evidenziate:
    • Le linee marcate in grassetto indicano i giorni in cui le anomalie del flusso di calore mostrano variazioni statisticamente significative rispetto alla norma climatica.

Interpretazione:

  • Le curve mostrano un incremento significativo nel flusso di calore poco prima del picco di temperatura degli eventi, specialmente notevole negli eventi con un incremento superiore a 9K, come indicato dal picco massimo della linea rossa circa 10 giorni prima della data centrale.
  • Dopo il picco di temperatura, dal giorno -5 al giorno +25, le differenze tra i gruppi non mostrano variazioni significative, suggerendo una normalizzazione dell’attività delle onde rispetto alla climatologia abituale.

Questa visualizzazione mette in evidenza come il flusso di calore meridionale possa essere un indicatore chiave delle dinamiche atmosferiche, influenzando la propagazione delle onde dalla troposfera alla stratosfera e, di conseguenza, i pattern meteorologici.

La Figura 9 mostra una rappresentazione visiva dei eventi di riscaldamento stratosferico forte (SWEs) confrontati con varie climatologie di riscaldamenti stratosferici improvvisi (SSWs). I dettagli chiave della figura sono i seguenti:

  1. Simbologia degli Eventi SWE:
    • Cerchi neri: rappresentano gli SWEs. La dimensione del cerchio varia in base all’ampiezza dell’evento, con cerchi più grandi che indicano eventi di maggior ampiezza.
    • Linee verticali nere: mostrano la durata degli eventi. La lunghezza della linea riflette la durata dell’evento, con linee più lunghe che indicano eventi di durata maggiore.
  2. Riferimenti Specifici agli Studi:
    • Stelle rosse: si riferiscono agli eventi elencati nello studio di Charlton e Polvani (2007), che hanno focalizzato l’attenzione sui riscaldamenti stratosferici maggiori durante l’inverno.
    • Quadrati verdi: sono gli eventi analizzati da Mitchell et al. (2013), che hanno esaminato gli SSWs con un focus su aspetti dinamici e temporali.
    • Stelle blu: indicano gli eventi studiati da Hu et al. (2014). Le stelle di colore blu scuro segnalano i riscaldamenti di metà inverno, mentre quelle di colore blu chiaro indicano i riscaldamenti finali.
  3. Eventi Canadesi:
    • Linee verticali arancioni: indicano i mesi in cui si sono verificati riscaldamenti canadesi, come descritto da Labitzke e Naujokat (2000). Questi eventi sono noti per le loro caratteristiche distintive.

Analisi e Interazioni:

  • La figura visualizza la distribuzione temporale degli eventi SWEs lungo gli anni, mostrando come questi eventi si distribuiscano dal mese di ottobre fino ad aprile, offrendo una visione chiara della loro stagionalità.
  • Gli indicatori di colore aiutano a confrontare la frequenza e le caratteristiche degli SWEs con quelle osservate in studi precedenti, evidenziando similitudini e differenze nelle osservazioni.
  • Le linee arancioni forniscono contesto aggiuntivo sui periodi in cui gli eventi canadesi sono più comuni, arricchendo l’analisi degli impati e delle dinamiche stratosferiche.

Questa visualizzazione è fondamentale per comprendere la variabilità e la frequenza degli SWEs in relazione a studi e climatologie passate, fornendo una prospettiva dettagliata sulla loro distribuzione e confronto con altri eventi documentati.

https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/2015JD024226

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