Influenza dell’Oscillazione Quasi-Biennale Equatoriale sulla Stratosfera Extratropicale

Questo studio investiga come l’Oscillazione Quasi-Biennale Equatoriale (QBO) influenzi le regioni extratropicali, utilizzando un modello stratosferico meccanistico tridimensionale con troncamento zonale. I risultati indicano che la risposta delle zone extratropicali è fortemente dipendente dall’allineamento di fase della QBO con il ciclo annuale. Infatti, l’intensità della risposta varia significativamente, aumentando di un fattore otto tra l’allineamento di fase che provoca la minima risposta e quello che ne provoca la massima.

Analizzando le variazioni nella struttura temporale e altitudinale della QBO, il modello suggerisce che l’altezza equatoriale tra 21 e 23 km è particolarmente critica per determinare la risposta extratropicale. Inoltre, si osserva che il periodo di maggior influenza della QBO sulla circolazione extratropicale si verifica verso la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno.

Dal punto di vista statistico, il coefficiente di correlazione tra la QBO (misurata attraverso il vento zonale) e le regioni extratropicali (misurate mediante il vento zonale o la temperatura potenziale) può raggiungere il valore di 0,95. Tale coefficiente è più alto nelle simulazioni dove la forzatura delle onde al limite inferiore è meno intensa rispetto a quella che genera la maggiore variabilità interannuale extratropicale. Con una forzatura delle onde più intensa, il coefficiente di correlazione diminuisce leggermente, ma il coefficiente di regressione del termine lineare nell’analisi dei minimi quadrati risulta notevolmente superiore.

1. Introduzione

L’interesse scientifico riguardante l’effetto della fase dell’oscillazione quasi-biennale equatoriale (QBO) sulle zone extratropicali è ben consolidato. La teoria più accreditata, introdotta originariamente da Holton e Tan (1980, 1982) e da McIntyre (1982), è stata corroborata dall’analisi di dati raccolti in 16 anni dal National Meteorological Center (NMC). Holton e Tan hanno osservato che durante gli inverni in cui la QBO equatoriale era orientata verso est a 50 mb, l’altezza geopotenziale polare era tipicamente inferiore rispetto agli inverni con una QBO orientata verso ovest, risultando in venti occidentali più deboli.

Si ritiene che la variabilità invernale nell’emisfero nord, nota come QBO extratropicale o oscillazione di Holton–Tan, sia causata dallo spostamento equatoriale delle bande latitudinali con venti deboli. Queste condizioni favoriscono la dissoluzione delle onde di Rossby, che tendono a propagarsi verticalmente verso la stratosfera extratropicale. Con una QBO orientata verso ovest, la banda di venti deboli si estende maggiormente verso il polo, confinando le onde di Rossby vicino al vortice polare e intensificando il loro impatto sul riscaldamento invernale. Nonostante ciò, Holton e Tan non identificarono differenze significative nel flusso di Eliassen–Palm (EP) tra le fasi orientate verso est e ovest della QBO.

Ulteriori conferme sull’esistenza della QBO extratropicale e sulla validità del meccanismo dinamico proposto sono state fornite da analisi osservative di Dunkerton e Baldwin (1991) e di Baldwin e Dunkerton (1991). Utilizzando un’estensione dei dati NMC dal 1964 al 1988, hanno trovato una forte correlazione tra le fasi della QBO a 40 mb e i venti extratropicali a 62°N, 10 mb, specialmente tra novembre e febbraio. Hanno inoltre osservato che il getto notturno polare era più debole negli anni con una QBO orientata verso ovest, in linea con quanto riportato da Holton e Tan. Anche le fluttuazioni delle onde planetarie confermavano il meccanismo di Holton–Tan. Concludendo, Baldwin e Dunkerton hanno esteso l’analisi fino al 1990, includendo osservazioni dei tropici e dell’emisfero sud, dimostrando che la QBO extratropicale si prolunga fino alla stratosfera superiore. Recentemente, Naito e Yoden (2005) hanno analizzato il dataset di 46 anni della rianalisi NCEP–NCAR, esaminando la QBO extratropicale nella troposfera e nella stratosfera e valutando la significatività statistica dei segnali rilevati.

Holton e Austin (1991) hanno condotto studi di modellazione numerica per analizzare l’influenza della fase della QBO sulle regioni extratropicali, impiegando un modello stratosferico meccanicistico tridimensionale simile a quello descritto, ma senza troncamento zonale. Durante la stagione invernale, sono state eseguite coppie di simulazioni modello sotto identiche condizioni ambientali, ma inizializzate con venti QBO in fasi opposte nei Tropici. Le onde extratropicali sono state simulate tramite una perturbazione di onda-1 nella geopotenzialità al confine inferiore del modello. Sono stati impiegati tre diversi valori di ampiezza per la forzatura delle onde. Si è notato che la fase della QBO aveva scarso effetto in presenza di forzature extratropicali deboli o forti, mentre, a un livello intermedio di forzatura, si sono verificati riscaldamenti stratosferici in entrambe le simulazioni, con dettagli che variavano a seconda della fase della QBO, come illustrato nella Figura 3 di Holton e Austin (1991).

O’Sullivan e Young (1992) e O’Sullivan e Dunkerton (1994) hanno eseguito simulazioni appaiate, rappresentando la QBO con un unico strato profondo orientato verso est o verso ovest, a differenza della rappresentazione con vento verticalmente sfalsato utilizzata nella sezione 4. O’Sullivan e Young hanno osservato che, per valori intermedi di forzatura extratropicale, l’evoluzione invernale risultava più turbata nella simulazione con la QBO orientata verso ovest. Ulteriori simulazioni hanno dimostrato che ampliando la scala latitudinale dell’anomalia della QBO aumentava la differenza tra le simulazioni con QBO orientata verso est e ovest, mentre elevando di 9 km la quota della QBO (da 29,5 km a 38,5 km) questa differenza si riduceva.

O’Sullivan e Dunkerton (1994) hanno analizzato simulazioni simili e hanno discusso la QBO extratropicale in termini di una biforcazione, i cui dettagli dipendevano dai valori di forzatura del geopotenziale extratropicale. Naito e colleghi (2003) hanno utilizzato lunghe simulazioni invernali perpetue (10.800 giorni) in un modello semplificato di circolazione generale per dimostrare l’esistenza di una risposta extratropicale statisticamente significativa a perturbazioni continue simili alla QBO, come precedentemente ipotizzato.

Hamilton (1998) ha descritto un modello di circolazione generale (GCM) simulato su un periodo di 48 anni, includendo una troposfera realistica e utilizzando uno schema di rilassamento per forzare la QBO nella bassa stratosfera equatoriale. Utilizzando il vento della QBO a 40 mb, ha scoperto che, in media, la temperatura invernale polare nell’emisfero nord era più calda di 3°C negli anni con una QBO diretta verso ovest rispetto a quelli con una QBO diretta verso est, sebbene ci fosse una significativa variabilità all’interno di ciascuna fase.

Un recente studio di modellazione di Gray et al. (2001a) utilizzando un modello meccanicistico 3D e simulazioni pluriennali non ha trovato una reale oscillazione di Holton–Tan quando la QBO equatoriale era forzata su un intervallo di altezza standard (16–32 km), ma ha osservato che un’oscillazione di Holton–Tan realistica si verificava quando la QBO era forzata su un intervallo di altezza esteso (16–58 km). Articoli successivi (Gray 2003; Gray et al. 2003) hanno poi chiarito questa influenza dalla stratosfera superiore. La conclusione principale di Gray (2003) era che la QBO nella bassa stratosfera influenzava l’inizio dell’inverno quando il flusso è abbastanza lineare, ma più avanti nell’inverno, quando il flusso diventa altamente non lineare, la maggiore influenza potrebbe provenire dalla regione della stratopausa equatoriale. Gray et al. (2003) hanno ulteriormente esaminato questo comportamento non lineare e hanno evidenziato il possibile ruolo degli anticicloni viaggianti (numeri d’onda 3–6) nell’intensificare l’Alta pressione delle Aleutine. Gray et al. (2004) mostrano risultati di modellazione in cui la tempistica dei riscaldamenti stratosferici dipende dai venti equatoriali/subtropicali.

Diversi autori, come Gray et al. (2001b) e Naito e Hirota (1997), hanno notato che la relazione tra la QBO e i riscaldamenti invernali dell’emisfero nord potrebbe essere influenzata dalla fase del ciclo solare di 11 anni. Qui esaminiamo in dettaglio l’influenza della QBO equatoriale sulle extratropici in un modello meccanicistico 3D troncato zonalmente con forzatura delle onde planetarie extratropicali al confine inferiore artificiale. Una oscillazione simile alla QBO è forzata nel modello utilizzando uno schema di rilassamento, anche se il periodo dell’oscillazione non corrisponde necessariamente a quello della QBO osservata.Una QBO di durata esattamente biennale è impiegata per assicurare che l’allineamento di fase tra la QBO e il ciclo annuale si mantenga costante anno dopo anno. Le simulazioni vengono realizzate su più anni, permettendo un’interpretazione chiara della natura interannuale della risposta extratropicale e un’analisi dettagliata, dove necessario. Si esplorano, in particolare, tre aspetti della dinamica equatoriale e il loro impatto sulla risposta extratropicale alla QBO. In primo luogo, si varia l’allineamento di fase tra la QBO e il ciclo annuale in due serie di simulazioni: una con una QBO che presenta il classico taglio verticale e l’altra senza. I risultati sono analizzati attraverso il prisma del meccanismo di Holton–Tan. In secondo luogo, si conducono simulazioni in cui si modifica l’altezza della QBO nella stratosfera, confrontando i risultati con quelli di Gray et al. (2001a). In terzo luogo, si modifica più radicalmente l’evoluzione temporale della QBO equatoriale per valutare se specifici momenti dell’evoluzione stagionale influenzano in modo significativo la risposta extratropicale.

In seguito, si utilizza una QBO di periodo non intero in una simulazione pluriennale estesa. Questo approccio fa sì che la fase della QBO vari di anno in anno nel ciclo annuale, riflettendo le osservazioni reali. Si evidenziano la correlazione tra la QBO e le regioni extratropicali e la regressione delle regioni extratropicali rispetto alla QBO, discutendo anche l’effetto dell’ampiezza della forzatura delle onde extratropicali.

Il documento è strutturato come segue: la Sezione 2 dettaglia il modello numerico e la forzatura del segnale del vento della QBO equatoriale. La Sezione 3 stabilisce un criterio per misurare l’ampiezza della QBO extratropicale. La Sezione 4 analizza l’effetto dell’allineamento di fase tra la QBO equatoriale e il ciclo annuale sulla risposta extratropicale. La Sezione 5 esplora gli effetti delle variazioni di altezza e di tempo nella struttura della QBO equatoriale. La Sezione 6 tratta delle questioni di correlazione e regressione. Infine, la Sezione 7 riassume le conclusioni generali.

2. Il Modello Meccanicistico 3D

Il modello adottato in questa ricerca è un modello di equazioni primitive sviluppato originariamente da Saravanan nel 1992 e successivamente impiegato da Scott e Haynes nel 1998. Questo modello utilizza la pressione come coordinata verticale e adotta una rappresentazione spettrale nella dimensione orizzontale, operando all’interno di un dominio sferico. Risolve le equazioni primitive mediante una rappresentazione armonica sferica in orizzontale e una rappresentazione a griglia in verticale.

In particolare, la serie armonica sferica viene troncata anisotropicamente; sono incluse le armoniche con numero d’onda totale fino a 21, ma si limita la rappresentazione alle componenti media e di onda-1 in longitudine. Questa significativa troncatura longitudinale facilita l’esecuzione di numerose simulazioni pluriennali, essenziali per un’esplorazione approfondita dello spazio dei parametri. Tale scelta metodologica trova giustificazione nell’osservazione che i numeri d’onda zonali più bassi predominano nell’evoluzione su larga scala della stratosfera, come investigato in questo studio (ad esempio, Haynes e McIntyre 1987). Lo stesso modello numerico e approccio sono stati utilizzati anche in altre ricerche di Scott e Haynes (1998, 2000, 2002) per indagare variazioni stagionali e interannuali della stratosfera, ottenendo risultati promettenti.

Il modello definisce la pressione come coordinata verticale e i livelli sono disposti in modo equidistante in termini di altezza di pressione logaritmica, coprendo un intervallo da 10 a 70 km. I 10 km superiori del modello includono uno strato tampone per impedire riflessioni onde spurie. La condizione al contorno inferiore è stabilita specificando l’ampiezza della perturbazione dell’altezza geopotenziale sul livello di pressione più basso. Per l’avanzamento temporale si utilizza uno schema a salti di rana, integrato da un filtro di Robert per attenuare le modalità computazionali.

Nel modello utilizzato per questo studio sono integrati vari termini di smorzamento, tra cui il raffreddamento Newtoniano, l’attrito di Rayleigh e l’iperdiffusione su piccola scala. Di questi, il raffreddamento Newtoniano è particolarmente rilevante per le ricerche descritte qui, poiché rappresenta il ciclo stagionale attraverso l’adattamento del modello a una distribuzione di temperatura potenziale che varia nel tempo. Questa temperatura di equilibrio radiativo è calcolata come la combinazione di due distribuzioni di temperatura potenziale, che rappresentano rispettivamente l’estate e l’inverno. Queste distribuzioni sono a loro volta calibrate per essere in equilibrio con il vento termico, basato su profili di vento zonale medio ideali per l’estate e l’inverno. Ulteriori dettagli su questi profili di vento e distribuzioni di temperatura possono essere trovati nell’appendice di Scott e Haynes (1998).

Le onde possono essere simulate nel modello imponendo una perturbazione nel limite inferiore dell’altezza geopotenziale, che è configurata per attivarsi solo nell’emisfero nord. La forzatura delle onde è effettiva tra i 30°N e il Polo Nord, con intensità massima a 60°N. Dopo un periodo iniziale di avviamento, l’ampiezza di questa perturbazione viene mantenuta costante nel tempo.Il metodo più diretto per simulare una QBO equatoriale nel modello è quello di indirizzare gradualmente i venti zonali equatoriali verso un profilo di vento QBO predefinito, progettato per far sì che i venti risultanti assomiglino a quelli osservati nella QBO reale. Questo processo di rilassamento è implementato aggiungendo un termine specifico all’equazione del vento zonale per modellarne l’evoluzione prevista.

Le costanti utilizzate in questo contesto includono una costante giornaliera, una velocità di discesa per la QBO, un angolo di fase per la QBO, e un’ampiezza per la QBO. Inoltre, sono specificate tre altezze che definiscono i limiti delle regioni verticali importanti nel profilo della QBO. È importante notare che i valori delle costanti scelte non corrispondono precisamente alla QBO osservata, poiché il vento QBO idealizzato nel modello è orientato verso questa configurazione, ma non è completamente imposto.

Le caratteristiche del profilo QBO definito sono rappresentate in una serie di grafici. Il primo grafico mostra la struttura di tempo e altezza della QBO, evidenziando come varia l’effetto al cambiare del parametro di fase. Un secondo grafico presenta la struttura del profilo QBO non sfalsato, utilizzato in una sezione successiva dello studio. Un terzo grafico illustra la distribuzione di latitudine e altezza della QBO idealizzata. Il periodo della QBO, infine, può essere variato tra diverse simulazioni per esplorare scenari diversi.

3. Misurazione della Risposta Extratropicale al QBO

Per confrontare efficacemente un ampio numero di simulazioni modellistiche, è essenziale identificare un parametro che misuri la risposta extratropicale. Questo permetterà di quantificare e confrontare in modo sintetico le diverse simulazioni. La variazione più significativa nei campi extratropicali è di natura annuale, attribuibile al ciclo stagionale delle temperature. Le simulazioni differiscono principalmente nella loro deviazione da questo ciclo annuale regolare. Dall’analisi delle variabili in diverse simulazioni, si osserva che la perturbazione al ciclo annuale causata da un QBO forzato con periodo di durata interannuale può manifestarsi come: (a) trascurabile, (b) un ciclo biennale, come la “modalità di variabilità interna” descritta da Scott e Haynes nel 1998, (c) un’oscillazione periodica coincidente con il periodo del QBO equatoriale forzato, o (d) una variabilità interannuale senza schemi o periodi definiti. Queste perturbazioni si verificano tipicamente durante il pieno inverno nell’emisfero nord, influenzando variamente la disgregazione del vortice polare.

A livello di una specifica latitudine e quota, se la variazione del vento zonale medio nel tempo è regolare, essa presenterà un periodo di due anni o seguirà il periodo del QBO attenuato, o potrebbe risultare dalla combinazione di entrambi. Pertanto, per un confronto accurato delle risposte, si rende utile il calcolo dei componenti di Fourier relativi a questi periodi. Selezionando un periodo di analisi che sia multiplo sia di due anni sia del periodo del QBO attenuato, si possono evitare errori di aliasing nell’analisi di Fourier. Per minimizzare gli effetti di avviamento del modello, i primi quattro anni di ciascuna simulazione vengono esclusi dall’analisi.Le componenti di Fourier adeguate si calcolano analizzando l’output del modello per una durata specificata, utilizzando le misurazioni del vento zonale medio a una latitudine e quota fisse. Durante questa analisi, si considerano due componenti principali: una coseno e una seno, che variano in funzione del periodo considerato.

Dopo aver eseguito questa analisi di Fourier, è necessario ricavare un valore quantitativo unico che rappresenti l’ampiezza della risposta extratropicale. Questo si ottiene integrando le componenti di Fourier calcolate sull’area geografica che si estende oltre i Tropici. L’integrazione viene eseguita su tutte le altezze, dal fondo alla cima del modello, e sulle latitudini a nord del 25°N. Questo calcolo tiene conto del momento angolare per assicurare che la risposta extratropicale sia proporzionata correttamente.

In situazioni in cui non sia possibile un’analisi su più anni, si può valutare la variabilità invernale dell’emisfero nord esaminando l’intensità della perturbazione del vortice polare. In un modello tridimensionale, questa intensità viene efficacemente misurata attraverso la media del vento zonale e della temperatura potenziale in specifiche coordinate durante i mesi invernali. Questi dati forniscono l’indicazione più chiara delle variazioni extratropicali nel modello.

È importante riconoscere che esistono metodi alternativi e validi per misurare la variabilità extratropicale. I risultati presentati sono consistenti e mantenuti qualitativamente anche se si cambia il metodo di misurazione utilizzato.

La Figura 1 rappresenta l’andamento del vento zonale medio (uQBO) all’equatore per un QBO (Oscillazione Quasi-Biennale) idealizzato con un periodo di 2 anni. Ecco una descrizione dettagliata di ciascun pannello della figura:a) Standard

Questa parte della figura mostra come il vento zonale medio (uQBO) varia con il tempo e l’altezza all’equatore. Le linee continue rappresentano vari livelli di intensità del vento. L’asse orizzontale è marcato con fasi del QBO, divise in segmenti di π/3, 2π/3, e π, indicando il periodo di oscillazione. Le linee tratteggiate verticali segnano i punti corrispondenti a metà inverno, per diversi valori del parametro di allineamento di fase del QBO, mostrando come il vento varia in questi momenti critici.

b) Nonsheared

In questa visualizzazione, il modello rappresentato è quello in cui il vento non è soggetto a taglio. Le strutture circolari suggeriscono un vento costante che non mostra la variazione temporale osservata nel modello standard. Le linee tratteggiate continuano a rappresentare i momenti di metà inverno, evidenziando una dinamica del vento più omogenea rispetto al caso standard.

c) Struttura di latitudine-altezza del QBO standard al tempo T = 1.5 anni

Questo pannello illustra la distribuzione del vento zonale medio attraverso la latitudine e l’altezza in un istante specifico (1.5 anni dopo l’inizio del ciclo). Le ellissi indicano zone dove il vento raggiunge specifiche intensità, mostrando come le concentrazioni del vento variano con la latitudine e l’altezza.

In questa figura, si osserva l’influenza del QBO sul vento zonale all’equatore in diversi scenari e tempi. Si mette in evidenza il contrasto tra condizioni standard e non soggette a taglio, e come queste influenzino la distribuzione del vento in termini di altezza e latitudine in un momento specifico.

La Figura 2 illustra la variazione della risposta extratropicale a seconda dell’allineamento di fase tra l’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) e il ciclo annuale. Questa risposta è rappresentata per un QBO di periodo di 2 anni e diverse configurazioni del vento:

  • Curva (a) solida: Questa curva mostra la risposta quando il gradiente di vento verticale è presente. Si nota che la risposta aumenta fino a raggiungere un picco intorno alla metà dell’intervallo di fase, poi diminuisce verso la fine.
  • Curva (b) punteggiata: Rappresenta la configurazione in cui il gradiente di vento verticale è assente. La risposta qui è considerevolmente più bassa rispetto alle altre configurazioni, rimanendo quasi costante lungo tutte le fasi.
  • Curva (c) tratteggiata: Indica una situazione in cui il QBO non è soggetto a taglio del vento ma presenta un gradiente verticale di vento. La risposta extratropicale qui è notevolmente più alta, piccando anch’essa a metà dell’intervallo di fase.

Le curve sono tracciate rispetto all’allineamento di fase, che varia da metà a un intero ciclo. L’asse verticale rappresenta l’intensità della risposta extratropicale. Questo grafico dimostra efficacemente come differenti configurazioni del vento zonale influenzino l’ampiezza e la forma della risposta extratropicale al QBO, evidenziando l’importanza sia del gradiente di vento verticale che delle condizioni di taglio.

4. Variazione dell’allineamento di fase tra il QBO e il ciclo annuale

Per un QBO con un periodo di un numero intero di anni, l’allineamento di fase tra il QBO e il ciclo annuale rimane costante durante una singola simulazione. In questo contesto, viene esplorato l’effetto della variazione di questo allineamento di fase. Gli studi precedenti, come quelli di Butchart e Austin nel 1996, hanno analizzato gli effetti del cambiamento di questo allineamento, ma limitatamente a simulazioni di singoli inverni, a differenza delle simulazioni pluriennali trattate qui. Questi studi hanno rilevato che le risposte extratropicali più significative si verificavano quando le fasi del QBO erano allineate a metà del ciclo, con risposte quasi altrettanto estreme quando l’allineamento era completo. Tuttavia, confrontare direttamente questi risultati con quelli delle simulazioni pluriennali presentate qui non è immediato, data la diversa durata delle simulazioni considerate.

La Figura 2 mostra l’effetto della variazione dell’allineamento di fase per un QBO di due anni. I risultati di venti diverse simulazioni del modello, ognuna della durata di circa quindici anni, sono presentati. Ogni simulazione ha esplorato come un leggero cambio nell’allineamento di fase potesse scambiare gli anni in cui il QBO è orientato verso est o verso ovest, senza influenzare l’ampiezza della risposta extratropicale. Pertanto, l’allineamento di fase è stato variato nell’intervallo da zero a metà ciclo. I risultati evidenziano che l’allineamento di fase tra il ciclo annuale e il QBO influisce significativamente sull’ampiezza della risposta extratropicale, con variazioni fino a otto volte tra la configurazione che genera la minima risposta e quella che produce la massima.

Per confronto, la stessa analisi è stata effettuata anche senza alcun tipo di forza geopotenziale extratropicale. Confrontando i risultati delle due configurazioni, si nota che anche in assenza di forze extratropicali, la risposta al QBO equatoriale non è trascurabile. Tuttavia, la variazione nella risposta associata al cambio di allineamento di fase è molto meno marcata rispetto a quando è presente un gradiente verticale di vento. In assenza di forzature extratropicali, la risposta è principalmente legata alla circolazione meridionale media e ai cambiamenti nel flusso medio zonale indotti dal QBO equatoriale. Questa risposta è relativamente elevata a causa della predisposizione a considerare le latitudini più basse nel calcolo.La risposta osservata è coerente con una dinamica zonalmente simmetrica e linearizzata rispetto a uno stato di base inattivo, dove il ciclo annuale non esercita alcun effetto. La dipendenza relativamente debole da vari parametri è il risultato di interazioni non lineari tra il ciclo annuale, che influenza i venti zonali medi e la temperatura potenziale attraverso il processo di rilassamento newtoniano, e il ciclo QBO imposto.

Nel caso di un gradiente verticale di vento di 285 metri, la simulazione che mostra la risposta extratropicale massima si verifica quando il parametro di allineamento di fase si avvicina a circa 0.4 volte la metà del ciclo, con i venti del QBO che raggiungono la loro massima ampiezza, alternandosi tra est e ovest ogni anno, a metà inverno a circa 22 km di altezza. Al contrario, la simulazione che mostra la minima risposta si verifica quando questo parametro si avvicina a circa 0.9 volte la metà del ciclo, con i venti massimi del QBO a metà inverno a circa 27 km di altezza. È interessante notare che la differenza di fase tra le simulazioni che generano la risposta minima e massima è vicina a un quarto del ciclo completo.

Se l’altezza del massimo vento del QBO a metà inverno deve essere spiegata dal meccanismo di Holton-Tan per il QBO extratropicale, i venti verso ovest sono associati a un inverno perturbato con riscaldamento significativo, mentre i venti verso est sono associati a un inverno non perturbato. Tuttavia, come discusso in precedenti studi, la situazione è complicata dalla presenza di un taglio verticale nei venti zonali medi del QBO, che fa sì che i venti di ampiezza massima non si verifichino alla stessa altezza contemporaneamente. Poiché non è chiaro quale momento specifico dell’inverno sia più determinante nella risposta extratropicale al QBO, è difficile determinare quali venti e quali altezze siano associati a un inverno perturbato o non perturbato.

Un approccio per superare questa complessità consiste nell’utilizzare un QBO non soggetto a taglio verticale, dove i venti prescritti non variano in altezza. In questo modo, confrontando con il QBO standard, si considera un’altezza fissa di 23 km, semplificando così le comparazioni. Il QBO idealizzato senza taglio è mostrato nella figura precedentemente menzionata.La variazione della risposta extratropicale a causa del cambiamento dell’allineamento di fase tra un QBO non soggetto a taglio, con un periodo di 2 anni, e il ciclo annuale è mostrata nella curva (c) della Figura 2, per simulazioni con un gradiente verticale di vento di 285 metri. Non sorprende che il QBO non soggetto a taglio generi la massima risposta extratropicale per un valore diverso rispetto al QBO normale: il picco di risposta si verifica quando il parametro di allineamento di fase è circa la metà del ciclo.

Il vento zonale medio equatoriale è diretto verso est a metà inverno, indicativo di un inverno relativamente poco disturbato, in accordo generale con il meccanismo di Holton-Tan. Tuttavia, il vento zonale medio equatoriale non raggiunge il suo picco a metà inverno in questo caso, suggerendo che se sono proprio i venti massimi verso ovest e verso est a provocare le risposte estreme nei riscaldamenti invernali, allora metà inverno non è necessariamente il momento più influente.

Confrontando le risposte mostrate nelle curve (a) e (c) della Figura 2, si osserva che la massima risposta extratropicale possibile, in termini di variazione dell’allineamento di fase, è maggiore per il QBO non soggetto a taglio rispetto al QBO standard. Questo risultato è coerente con il meccanismo di Holton-Tan: se sono i venti verso est e verso ovest a determinare le risposte estreme per l’intensità dei disturbi invernali, allora l’uso di strati profondi di tali venti potrebbe produrre una risposta più estrema e quindi una maggiore variabilità interannuale rispetto all’uso di venti con taglio verticale.

Questi risultati possono essere utilizzati per proporre due metodi semplici per identificare un momento e un’altezza importanti nel QBO equatoriale per influenzare le zone extratropicali. Per la simulazione con il QBO non soggetto a taglio che produce la massima risposta extratropicale, i venti massimi verso ovest si verificano a metà novembre. È importante notare che la fase del QBO nel modello che si verifica a metà inverno non può essere facilmente dedotta, poiché i venti del QBO nel modello sono in ritardo rispetto ai venti prescritti a causa dell’uso dello schema di rilassamento. Se si assume che siano i venti verso ovest del QBO a influenzare significativamente la disgregazione del vortice polare, ciò suggerirebbe che metà novembre è il periodo di massimo impatto sull’evoluzione invernale polare dell’emisfero nord.

Inoltre, se si suppone che questo momento di massimo impatto sia lo stesso per il QBO standard, e che anche per le simulazioni del QBO standard siano i venti verso ovest a essere determinanti per la rottura del vortice, allora si può individuare un’altezza di massimo impatto osservando a quale altezza si verificano i venti massimi verso ovest in quel momento del ciclo annuale. Per la simulazione che ha dato la massima risposta extratropicale, ciò implica un’altezza di circa 23 km. L’idea di un momento di massimo impatto e di un’altezza di massimo impatto sull’evoluzione del vortice polare invernale sarà esplorata ulteriormente nella sezione successiva.

La Figura 2 illustra come la risposta extratropicale varia in base alla modifica dell’allineamento di fase tra un QBO non soggetto a taglio, di durata biennale, e il ciclo annuale. Le simulazioni evidenziate utilizzano un gradiente verticale di vento di 285 metri.

La risposta massima extratropicale per il QBO non soggetto a taglio si verifica a un valore di allineamento di fase diverso rispetto a quello del QBO standard. Nelle simulazioni presentate, il picco di risposta si osserva quando l’allineamento di fase è approssimativamente a metà del ciclo.

L’analisi del vento zonale medio equatoriale rivela che, durante un inverno relativamente non disturbato, il vento è diretto verso est a metà inverno. Questo comportamento è generalmente in accordo con il meccanismo di Holton-Tan. Tuttavia, il picco del vento zonale medio equatoriale non si verifica a metà inverno, il che suggerisce che, se sono i venti massimi verso ovest e est a determinare le risposte estreme durante i riscaldamenti invernali, allora metà inverno potrebbe non essere il periodo più influente.

Confrontando le curve della Figura 2, si osserva che la massima risposta extratropicale possibile, in termini di variazione dell’allineamento di fase, è maggiore per il QBO non soggetto a taglio rispetto al QBO standard. Questo risultato supporta ulteriormente il meccanismo di Holton-Tan: se sono i venti verso est e ovest a influenzare maggiormente la propagazione delle onde planetarie e quindi a provocare le risposte più estreme durante i disturbi invernali, l’utilizzo di strati profondi di questi venti nel QBO non soggetto a taglio dovrebbe generare una risposta più marcata e una maggiore variabilità interannuale rispetto all’utilizzo di venti con taglio verticale.

Queste osservazioni sono fondamentali per comprendere come le variazioni nell’allineamento di fase tra il QBO e il ciclo annuale possano influenzare significativamente la dinamica climatica extratropicale.

5. Variazione dell’altezza e dell’evoluzione temporale del QBO

Nelle simulazioni precedentemente descritte, il QBO equatoriale è stato simulato entro un intervallo di altezza standard (10-40 km) e ha mostrato un’evoluzione semi-realistica durante l’inverno. In questa sezione, apportiamo modifiche artificiali alla struttura e all’evoluzione temporale del QBO per esplorare se la fase del QBO in specifici momenti o altezze eserciti un’influenza maggiore sulla circolazione extratropicale rispetto ad altre.

a. Variazione dell’altezza del QBO

L’obiettivo è di determinare se esistano altezze specifiche all’interno del QBO equatoriale che influenzano in modo significativo l’evoluzione invernale extratropicale. Modifichiamo la struttura verticale del profilo di rilassamento del QBO, concentrandoci su un’area definita tra due altezze specifiche. Fuori da questo intervallo, il flusso equatoriale viene rilassato a zero, permettendo un controllo preciso sui venti zonali tropicali.

La dipendenza dall’altitudine viene eliminata dal coefficiente di rilassamento, applicando uniformemente il schema di rilassamento a tutte le altitudini del modello. Questo porta alla perdita di tutte le dinamiche equatoriali non-QBO, come l’oscillazione semestrale nella mesosfera, ma questo non rappresenta un problema per il nostro studio.

Variando la posizione dell’altezza centrale del QBO, osserviamo le risposte a diverse configurazioni. Usiamo un periodo di QBO di due anni e manteniamo costante il forzamento delle onde extratropicali. Ogni simulazione misura l’impatto di questi cambiamenti sulla risposta extratropicale. Anche se il QBO si estende oltre il limite superiore spesso citato di 30 km, studi recenti suggeriscono che è distinguibile fino alla stratopausa e oltre.

L’altezza scelta per il centro del QBO è tale da coprire sempre lo stesso numero di punti nella griglia verticale del modello. Evitiamo complicazioni dovute alla variazione dei venti del QBO utilizzando una configurazione senza taglio. L’allineamento di fase che ha prodotto la massima risposta extratropicale nelle sezioni precedenti viene mantenuto.

I risultati indicano un picco di influenzabilità attorno ai 21 km, suggerendo che a questa altitudine il segnale del vento equatoriale ha un impatto maggiore sull’evoluzione extratropicale rispetto ad altre altezze. Questo risultato è in linea con le misurazioni precedenti e conferma l’importanza di considerare le variazioni verticali nel QBO per comprendere meglio la sua influenza sul clima globale.

È importante notare che, oltre i 21 km di altitudine, l’influenza del QBO diminuisce progressivamente. Questo fenomeno, unitamente al fatto che un QBO confinato alla bassa stratosfera sia sufficiente a generare una risposta extratropicale (come osservato nella Figura 4 e nei risultati della sezione 4), contraddice le scoperte recenti di Gray et al. (2001a). Questi autori hanno riscontrato che la presenza del QBO solamente nella bassa stratosfera non era adeguata per elicere una risposta extratropicale significativa. Hanno invece constatato che era necessario un QBO che interessasse sia la bassa che l’alta stratosfera. Ulteriori studi (Gray 2003; Gray et al. 2003) hanno approfondito questa tematica, evidenziando come la bassa stratosfera influenzi le prime fasi dell’inverno, mentre nelle fasi avanzate la maggiore influenza sembra derivare dalla stratopausa equatoriale. È stato inoltre sottolineato il ruolo potenziale degli anticicloni mobili (numeri d’onda zonali 3–8) nel rafforzare l’Alta delle Aleutine.

Studi di modellizzazione precedenti, come quelli di O’Sullivan e Dunkerton (1994) e Hamilton (1998), hanno evidenziato una risposta extratropicale significativa a un QBO equatoriale limitato alla stratosfera bassa/media. Tuttavia, questi studi non hanno esteso il QBO oltre i 38 km di altitudine, non testando quindi se una estensione nella stratosfera superiore avrebbe potuto potenziare la risposta.

I modelli usati in questi esperimenti precedenti erano completamente non lineari e risolvevano componenti medie e d’onda-1 in longitudine, a differenza dei modelli utilizzati nei lavori di Gray e collaboratori. Per determinare se le differenze nei risultati siano dovute alle caratteristiche del modello o al numero di onde zonali considerate (e quindi al grado di non linearità), sarebbe necessario effettuare ulteriori esperimenti con il modello corrente, includendo un maggior numero di onde zonali.

Infine, Gray et al. (2004) hanno osservato che il timing dei riscaldamenti invernali era influenzato dai venti equatoriali nel loro studio di modellizzazione, un aspetto dell’influenza della regione equatoriale sugli extratropici che non è stato indagato in questo lavoro.

La Figura 4 illustra come varia la risposta extratropicale durante un periodo di due anni in relazione all’altezza del centro del QBO, che è mostrata sull’asse orizzontale in chilometri.

Nel grafico si osserva un picco significativo intorno ai 21 km, indicando che a questa altezza il QBO esercita la massima influenza sulla circolazione atmosferica extratropicale. Oltre questo picco, la risposta decresce progressivamente all’aumentare dell’altezza, suggerendo una minore efficacia del QBO nelle altezze superiori ai 21 km.

Questa visualizzazione evidenzia l’importanza critica del livello a 21 km nella stratosfera, sottolineando come sia particolarmente influente nella modulazione dei fenomeni climatici nelle aree extratropicali. La decrescita della risposta con l’aumento dell’altezza mostra chiaramente l’effetto limitato del QBO nelle regioni superiori della stratosfera.

Variazione dell’evoluzione temporale del QBO

L’obiettivo di questa sezione è identificare i momenti specifici durante l’evoluzione invernale che sono particolarmente significativi per l’influenza del QBO equatoriale dei tropici sulla circolazione extratropicale. A tal fine, vengono condotte diverse simulazioni in cui il vento QBO, precedentemente stabilito, viene modificato nel corso della simulazione. È noto che i venti QBO diretti verso ovest sono correlati a un inverno più turbolento, mentre quelli diretti verso est a un inverno più stabile.

Nelle simulazioni, il vento QBO viene cambiato da una direzione verso ovest o est a zero in momenti specifici durante l’inverno, variando questi momenti in simulazioni diverse. Questo permette di valutare quanto ciascun momento dell’inverno sia cruciale per l’evoluzione del vortice polare invernale dell’emisfero nord.

Per questi esperimenti, viene utilizzato un QBO non shearato. Prima di azzerare il vento QBO prescritto, il modello viene eseguito per diversi anni mantenendo il vento QBO costantemente diretto verso est o ovest. Quando il vento QBO viene azzerato, anche la costante di rilassamento viene aumentata per ridurre il ritardo tra la modifica del vento QBO e la conseguente risposta del modello.

I risultati delle simulazioni sono divisi in due gruppi: nel primo, il vento QBO è diretto verso ovest prima del momento di cambio e si prevede che l’inverno sarebbe stato relativamente tranquillo se il vento non fosse stato azzerato; nel secondo, il vento QBO è diretto verso est prima del cambio, indicando un inverno presumibilmente più turbolento se il vento fosse rimasto inalterato. Questa analisi aiuta a comprendere meglio l’importanza relativa dei vari momenti durante l’inverno per l’influenza del QBO sull’atmosfera extratropicale.

Esame delle simulazioni di controllo prima di variare l’evoluzione temporale invernale

Prima di analizzare l’impatto delle variazioni temporali durante l’inverno, è utile considerare come il modello si comporta nei successivi anni se il vento QBO non viene azzerato. In queste simulazioni di controllo, il vento QBO mantiene una direzione costante.

In una visione semplificata delle interazioni tra l’equatore e le regioni extratropicali, ci si aspetterebbe che con il vento QBO orientato verso ovest, tutti gli inverni siano turbolenti, mentre con il vento QBO orientato verso est, gli inverni siano tranquilli, senza variazioni significative da un anno all’altro. Questo è effettivamente ciò che accade quando il QBO è orientato verso est: non si osservano variazioni annuali significative dopo il periodo iniziale di adattamento e tutti gli inverni successivi risultano essere uniformemente tranquilli.

Tuttavia, con il QBO orientato verso ovest, la situazione è diversa. In questo caso si nota una certa variabilità annuale. I venti medi zonali risultano essere significativamente più deboli ogni anno, suggerendo che gli inverni sono generalmente più turbolenti. Inoltre, si osserva un’oscillazione biennale, alternando inverni moderatamente turbolenti a inverni fortemente turbolenti. Questo tipo di oscillazione biennale è stato precedentemente studiato e analizzato in altri lavori, anche se in condizioni leggermente diverse.

Per le simulazioni in cui viene modificata l’evoluzione invernale, diventa necessario quantificare la forza dei riscaldamenti invernali per poter confrontare quantitativamente le diverse simulazioni. A tale scopo, vengono utilizzate misurazioni del vento medio zonale e della temperatura potenziale media zonale in specifici punti di latitudine e altitudine, calcolati mediando i valori da metà inverno a tre mesi dopo. Questi dati servono a valutare l’intensità dei disturbi atmosferici durante l’inverno.

Analisi delle Variazioni Temporali del QBO e il loro Impatto sull’Evolvere Invernale

Nei casi in cui il QBO è orientato verso est, la scelta del momento esatto in cui modificare l’evoluzione a zero durante l’inverno risulta irrilevante, poiché tutti gli inverni risultano simili. Al contrario, per il QBO orientato verso ovest, la modifica viene apportata durante un anno particolarmente turbolento per ottenere un confronto il più estremo possibile.

I risultati di queste variazioni temporali mostrano che per il QBO orientato verso est, cambiare l’evoluzione dei venti a zero non altera significativamente il vortice polare dell’emisfero nord. La differenza nei risultati tra i momenti più estremi di modifica è minima. Tuttavia, si nota una lieve anomalia per modifiche effettuate tra tre e sei mesi prima di metà inverno, quando gli inverni risultano leggermente più turbolenti rispetto a modifiche effettuate più precocemente, senza una spiegazione immediata per tale comportamento.

Per il QBO orientato verso ovest, invece, l’impatto di cambiare l’evoluzione a zero è molto più marcato: si osservano cambiamenti significativi sia nel comportamento del vento che nella temperatura, passando da inverni fortemente disturbati a condizioni più stabili. La transizione tra questi estremi avviene in modo più graduale, principalmente nei mesi che precedono direttamente metà inverno.

È importante sottolineare che le tendenze osservate in entrambi gli scenari sono coerenti nelle diverse misure utilizzate per valutare la forza dei riscaldamenti invernali. Considerando che le variazioni nei venti zonali si verificano fino a mezzo mese dopo la modifica, i mesi che influenzano maggiormente l’evoluzione invernale extratropicale coincidono con l’inizio di novembre, sia per il QBO orientato verso est che per quello verso ovest. Questi risultati sono in linea con le teorie precedenti e con gli studi di modellazione che indicano le condizioni di inizio inverno come cruciali per l’evoluzione successiva.

La Figura 5 illustra l’andamento del vento medio zonale del vortice polare in una simulazione dove i tropici sono stati mantenuti con un QBO costantemente diretto verso ovest, senza variazioni temporali. Sull’asse orizzontale è rappresentato il tempo in anni, mentre sull’asse verticale è indicata la velocità del vento medio zonale in metri al secondo.

Il grafico mostra un’iniziale impennata del vento, seguita da un rapido calo fino a valori negativi, il che potrebbe indicare un’inversione della direzione del vento. Dopo questo inizio turbolento, il vento presenta oscillazioni meno estreme ma ancora significative, con periodi alternati di maggiore e minore intensità del vortice polare.

Le oscillazioni periodiche osservate nel grafico suggeriscono la presenza di cicli climatici, come oscillazioni biennali, che possono essere influenzati dalla condizione stabile del QBO diretto verso ovest. Questo pattern di variazione del vento è cruciale per comprendere come il QBO possa influenzare le condizioni meteorologiche estreme, inclusi freddi e calori estremi, nelle regioni extratropicali.

La Figura 6 illustra come l’intensità del riscaldamento invernale varia in risposta al momento in cui l’evoluzione del QBO, inizialmente orientato verso est, viene azzerata. Questi risultati sono divisi in due pannelli principali:

  1. (a) Vento medio zonale del vortice polare: Questo grafico mostra l’andamento del vento medio zonale del vortice polare attraverso i diversi mesi dell’anno, con particolare attenzione ai momenti in cui il QBO viene azzerato. Si osserva una riduzione significativa del vento zonale medio intorno a settembre, seguita da una stabilizzazione nei mesi successivi.
  2. (b) Temperatura potenziale del vortice polare: Questo grafico presenta la temperatura potenziale del vortice polare, evidenziando una drastica diminuzione nei mesi di agosto e settembre, dopodiché i valori tendono a stabilizzarsi.

Entrambi i grafici sono accompagnati da due linee di riferimento per il confronto:

  • Una linea tratteggiata mostra i valori nel caso in cui l’evoluzione del QBO non venga modificata.
  • Una linea puntinata rappresenta i valori quando l’evoluzione del QBO è stata azzerata un anno prima.

Queste linee di confronto sono cruciali per valutare l’impatto del cambiamento del QBO rispetto alla situazione in cui non vi sono interventi o l’intervento è avvenuto in anticipo. Esse offrono una chiara visualizzazione dell’effetto delle modifiche al QBO sulla dinamica atmosferica invernale, permettendo di comprendere meglio come tali cambiamenti possano influenzare il clima estremo nelle regioni extratropicali.

La Figura 7 illustra come l’intervento sulla traiettoria del QBO, originariamente orientato verso ovest, influisca sulla dinamica del vortice polare. Simile alla Figura 6 ma con una configurazione iniziale diversa del QBO, questa rappresentazione è divisa in due grafici principali:

  1. (a) Vento medio zonale del vortice polare: Questo grafico mostra una riduzione progressiva del vento zonale medio a partire da luglio, con un decremento continuo fino a novembre, seguito da una leggera ripresa nei mesi successivi. Ciò suggerisce una significativa perturbazione nel comportamento del vortice a seguito della modifica del QBO.
  2. (b) Temperatura potenziale del vortice polare: Il grafico rileva un aumento notevole della temperatura potenziale, iniziando da luglio e culminando con un picco evidente a novembre, prima di stabilizzarsi. Questa tendenza riflette una marcata influenza della modifica del QBO sulle condizioni termiche del vortice polare.

Entrambi i grafici presentano due linee di riferimento per facilitare il confronto:

  • Una linea tratteggiata che indica i valori quando il QBO non viene modificato.
  • Una linea puntinata che rappresenta i valori quando il QBO è stato modificato a zero un anno prima.

È importante notare che l’asse verticale in questi grafici differisce da quello della Figura 6, a causa delle diverse scale di misura necessarie per evidenziare le variazioni del QBO inizialmente diretto verso ovest. Questa differenza di scala permette di osservare più chiaramente l’effetto delle modifiche del QBO sulle variazioni di temperatura e sul comportamento del vento del vortice polare, offrendo una visione dettagliata di come tali cambiamenti possano influenzare le condizioni meteorologiche estreme durante l’inverno.

6. Correlazione e regressione tra la fase QBO e l’evoluzione extratropicale NH

Per effettuare analisi di correlazione con simulazioni di modelli tridimensionali, è essenziale scegliere un periodo QBO che si avvicini a quello dell’oscillazione osservata, evitando però di avvicinarsi troppo a una frazione esatta di un numero intero di anni. Questo permette di assicurare che una fase QBO selezionata possa variare attraverso tutte le possibili fasi del ciclo annuale. In questo contesto, viene utilizzato un QBO con un periodo di 2,31 anni, per simulazioni della durata di 65 anni, focalizzandosi su casi di notevole forzamento extratropicale.

Per quanto riguarda il vento zonale medio extratropicale e la temperatura potenziale polare, vengono utilizzate le misurazioni definite precedentemente. Il vento zonale QBO a una certa altezza, considerata quella più influente come identificato in precedenti analisi, è impiegato per la correlazione. Per ottimizzare i risultati della correlazione, viene variato il periodo di tempo durante il quale il vento QBO è misurato. Questo cambiamento è pressappoco equivalente a modificare l’altezza alla quale il vento QBO è rilevato.

Una particolare simulazione mostra come il vento QBO a questa altezza si correla con il vento extratropicale e la temperatura potenziale per vari periodi di media di tre mesi. Si osserva che la migliore correlazione si verifica quando il vento QBO è mediato intorno ai 15 giorni prima di metà inverno, ovvero circa tra novembre e gennaio.

L’analisi successiva utilizza il termine ueq per indicare questa media trimestrale del vento equatoriale a una specifica altezza. Se il tempo di correlazione fosse interpretato per indicare il momento più efficace dell’influenza del QBO sull’evoluzione extratropicale, si otterrebbe un momento leggermente più tardivo rispetto a quello identificato in un’analisi precedente, che indicava l’inizio fino a metà novembre. Altre analisi indicano dicembre-febbraio come il periodo in cui il QBO mostra la correlazione massima.

Infine, la correlazione tra il QBO e i fenomeni extratropicali viene chiaramente illustrata tracciando per ogni anno della simulazione il vento medio zonale all’equatore rispetto alle altre due misurazioni. Questi risultati sono rappresentati visivamente in grafici specifici per le diverse configurazioni di simulazione.

Nella simulazione con un valore iniziale di 250 metri, si osserva una correlazione quasi perfettamente lineare tra il vento QBO equatoriale e il vento zonale al bordo del vortice, con un coefficiente di correlazione molto elevato. Tuttavia, i venti QBO non influenzano in modo significativo l’evoluzione dell’emisfero nord, ossia non c’è una grande differenza tra gli inverni relativamente disturbati e quelli non disturbati.

Nel caso della simulazione con un valore iniziale di 285 metri, la correlazione non è così forte, anche se rimane alta, ma gli inverni disturbati sono molto più turbolenti rispetto alla simulazione con 250 metri. È interessante notare due aspetti: la correlazione è quasi lineare per i venti QBO diretti verso est, ma la modulazione del QBO è relativamente limitata. Al contrario, per i venti diretti verso ovest, anche se la correlazione è meno forte, l’effetto sulla modulazione del vortice polare è molto più marcato. Questo risulta coerente con gli studi precedenti che hanno mostrato una minore variabilità dinamica con un vento equatoriale orientato verso est, ma una maggiore variabilità con un vento orientato verso ovest.

Il grafico mostra che la maggior parte dei punti si allinea molto vicino a una curva liscia, ad eccezione di circa dieci punti che si discostano leggermente. Questo ci porta a concentrarci sulla simulazione con 285 metri a causa della modulazione più intensa del vortice polare NH da parte del QBO e del fatto che la correlazione osservata non è così lineare come quella osservata nella simulazione con 250 metri.

Ulteriori figure mostrano la correlazione e la regressione del vento zonale medio equatoriale a 22,7 km con il vento zonale medio e la temperatura potenziale media zonale in tutto il modello. Queste analisi evidenziano una forte modulazione del vortice polare da parte del QBO, con zone di forte regressione chiaramente visibili sia nel getto di vento zonale del vortice polare che nell’anomalia fredda del polo NH. Inoltre, una seconda regione di forte regressione emerge più in alto nella mesosfera polare NH, coerente con i forti effetti osservati nei venti zonali e nell’equilibrio termico del vento. Queste correlazioni, sebbene molto elevate, sono irrealisticamente alte rispetto alle osservazioni a causa della natura semplificata del modello utilizzato.Nei grafici di correlazione, le regioni di correlazione più alta non coincidono esattamente con quelle di regressione più elevata. Questo sottolinea i limiti di affidarsi esclusivamente al coefficiente di correlazione per misurare l’influenza del QBO sugli extratropici. La correlazione è effettivamente alta nel punto di maggiore regressione (come mostrato nella Figura 10), ma sia per il vento zonale che per la temperatura potenziale, è ancora più alta leggermente lontano dai centri di forte regressione. La ragione di ciò non è certa, ma potrebbe essere dovuta al fatto che c’è una minore variabilità interannuale complessiva nelle regioni di correlazione più alta. In particolare, la variabilità interannuale interna potrebbe non giocare un ruolo così importante, così che la modulazione (seppur minore) del QBO è quasi l’unica causa di variabilità interannuale.

I grafici del flusso di EP e della corrispondente divergenza del flusso di EP, quando vengono separati gli anni in cui gli inverni in cui il QBO era fortemente orientato verso ovest e quelli in cui il QBO era fortemente orientato verso est, mostrano che il flusso di EP ha una componente verticale più forte e che la divergenza del flusso di EP è maggiore alle medie latitudini, in particolare al bordo del vortice polare NH, negli anni in cui il QBO è orientato verso ovest rispetto a quando è orientato verso est. Di conseguenza, negli anni di QBO orientato verso ovest, le onde di Rossby si propagano più in alto nella regione del getto zonale medio del bordo del vortice polare NH e si rompono lì, avendo quindi un effetto maggiore nella distruzione del getto del vento zonale del vortice polare e causando un riscaldamento invernale. Questo è coerente con il meccanismo di Holton e Tan (1980) per la causa del QBO extratropicale.

La Figura 8 illustra la correlazione tra il vento zonale del QBO a 22 km e due specifiche variabili atmosferiche, variando il periodo di mediazione del vento zonale QBO. Le misure esaminate sono:

  1. (a) Vento zonale medio al bordo del vortice polare a 65°N e 49 km di altitudine.
  2. (b) Temperatura potenziale a 86°N e 40 km di altitudine.

Entrambe le misure sono calcolate come medie su un periodo di tre mesi successivi alla metà dell’inverno.

  • Nel grafico (a), osserviamo un incremento progressivo del coefficiente di correlazione tra il vento zonale QBO e il vento zonale al bordo del vortice polare. Il picco massimo di correlazione, circa 0.6, si verifica quando il centro del periodo di mediazione del vento QBO si colloca intorno a metà gennaio, seguito da un leggero declino man mano che il periodo di mediazione si sposta verso marzo.
  • Nel grafico (b), il comportamento è inverso: la correlazione inizia con un valore positivo quando il vento QBO è mediato attorno a luglio, diventa negativa man mano che il centro del periodo di mediazione si sposta verso gennaio e poi migliora (meno negativa) spostandosi verso marzo.

Questi grafici dimostrano come il timing del periodo di mediazione del vento QBO influenzi significativamente la correlazione con le misure extratropicali. Ciò sottolinea l’importanza del momento specifico in cui il vento QBO è mediato, rivelando come le variazioni temporali nel QBO possano impattare diversamente il vento e la temperatura al bordo del vortice polare.

La Figura 9 presenta due grafici che esplorano la relazione tra il vento zonale medio equatoriale e due variabili chiave nell’emisfero nord, durante una simulazione del QBO con un periodo di 2,31 anni e un forzamento di 250 metri.

  1. Vento zonale extratropicale NH:
    • Questo grafico mostra la correlazione tra il vento zonale equatoriale e il vento zonale extratropicale nell’emisfero nord.
    • Gli anni in cui il QBO è orientato verso est sono indicati con delle croci, mentre quelli in cui è orientato verso ovest sono segnati con degli asterischi.
    • È evidente una relazione curva tra i due, suggerendo che, con il cambiamento del vento equatoriale da valori negativi a positivi, il vento zonale extratropicale prima aumenta e poi diminuisce.
  2. Temperatura potenziale polare NH:
    • Questo grafico mette in relazione il vento zonale equatoriale con la temperatura potenziale al polo nord.
    • Similmente al primo grafico, le croci rappresentano anni con QBO orientato verso est e gli asterischi anni con QBO verso ovest.
    • La tendenza mostrata è più lineare, con un incremento del vento zonale equatoriale che corrisponde a una diminuzione della temperatura potenziale al polo nord.

Questi grafici sono fondamentali per comprendere come le variazioni nel vento zonale equatoriale possano influenzare direttamente le condizioni atmosferiche nelle regioni extratropicali dell’emisfero nord, evidenziando le differenze significative a seconda della direzione del QBO. Analizzare queste dinamiche offre una visione più profonda delle interazioni complesse all’interno del sistema climatico globale.

La Figura 10 presenta due grafici che esplorano le correlazioni tra il vento zonale equatoriale e due importanti misure atmosferiche nell’emisfero nord (NH), utilizzando una simulazione del QBO con un periodo di 2,31 anni e un forzamento di 285 metri.

  1. Vento zonale extratropicale NH:
    • Il primo grafico mostra la relazione tra il vento zonale equatoriale e il vento zonale extratropicale NH. I dati visualizzati indicano che non esiste una relazione lineare forte tra queste due variabili, suggerendo che la correlazione potrebbe essere influenzata da altri fattori o mostrare una dinamica non lineare.
  2. Temperatura potenziale polare NH:
    • Il secondo grafico correla il vento zonale equatoriale con la temperatura potenziale al polo nord. I punti sono distribuiti in modo più disperso, suggerendo una relazione meno diretta e più complessa tra le due variabili. Questa dispersione sottolinea che variazioni anche minori nel vento zonale equatoriale possono produrre cambiamenti significativi nella temperatura potenziale polare.

In entrambi i grafici, l’asse orizzontale rappresenta il vento zonale equatoriale, mentre l’asse verticale mostra rispettivamente il vento zonale extratropicale e la temperatura potenziale. Questi risultati sono fondamentali per comprendere come variazioni specifiche nel vento equatoriale influenzino direttamente le condizioni climatiche nelle regioni extratropicali, evidenziando l’importanza di studiare le complesse interazioni tra fenomeni equatoriali e dinamiche climatiche nelle latitudini superiori.

La Figura 11 presenta due mappe di correlazione che esaminano le interazioni tra il vento zonale medio QBO all’equatore a un’altezza specifica e due variabili atmosferiche globali, analizzate in un periodo specifico dell’anno.

  1. Vento zonale medio:
    • Questa mappa visualizza la correlazione tra il vento zonale medio QBO e il vento zonale medio globale su diverse latitudini e altitudini. I contorni rappresentano diversi livelli di correlazione, con una scala che va da zero a forti correlazioni negative. Questo indica come le variazioni nel vento zonale a quest’altezza influenzano i venti zonali su una vasta gamma di altitudini e latitudini.
  2. Temperatura potenziale zonale media:
    • La seconda mappa illustra la correlazione tra il vento zonale medio QBO e la temperatura potenziale zonale media, anch’essa analizzata su diverse latitudini e altitudini. Anche qui, i contorni delineano aree di diversa intensità di correlazione, mostrando le zone dove il QBO potrebbe avere un impatto significativo sulla distribuzione della temperatura nell’atmosfera.

In entrambe le mappe, i contorni di correlazione sono definiti a livelli chiave per evidenziare l’intensità e la direzione delle correlazioni. Le aree con correlazioni forti e negative sono particolarmente evidenziate, suggerendo che le variazioni nel vento zonale QBO possono avere effetti notevoli su venti e temperature a vasto raggio.

Queste analisi sono cruciali per capire come specifiche dinamiche nel QBO possano influenzare vari aspetti dell’atmosfera globale, offrendo insights su come i pattern di circolazione atmosferica e le distribuzioni di temperatura possano essere modulati da questi fenomeni equatoriali.

La Figura 12 presenta due mappe di regressione che analizzano l’impatto del vento zonale medio QBO all’equatore su altre variabili climatiche globali, simili alla Figura 11, ma focalizzandosi sui coefficienti di regressione anziché di correlazione.

  1. Regressione del vento zonale medio:
    • Questa mappa illustra la regressione tra il vento zonale medio QBO e il vento zonale medio a varie latitudini e altitudini. Le linee di contorno rappresentano diversi livelli di intensità del coefficiente di regressione, con intervalli che variano tra 0.2 e 0.46. Le aree con densità maggiore di contorni indicano regioni dove il vento QBO ha un impatto più diretto e significativo sul vento zonale.
  2. Regressione della temperatura potenziale zonale media:
    • La seconda mappa mostra la regressione tra il vento zonale medio QBO e la temperatura potenziale zonale media. I contorni, anch’essi con intervalli tra 0.2 e 0.46, definiscono le aree di maggiore impatto del vento QBO sulla distribuzione della temperatura.

Queste mappe di regressione sono strumenti cruciali per valutare quantitativamente come variazioni specifiche nel vento zonale equatoriale possano influenzare le dinamiche climatiche su scala globale. Forniscono una misura dell’influenza diretta del QBO su altre variabili atmosferiche, facilitando la comprensione delle connessioni dirette e dell’ampiezza dell’effetto che il QBO può avere sui venti e sulle temperature in varie parti del mondo. Questa analisi aiuta a delineare le interazioni complesse tra i fenomeni equatoriali e le dinamiche climatiche nelle latitudini superiori.

7. Conclusioni e lavori futuri

Questo studio ha esplorato in dettaglio come il QBO influenzi gli extratropici, in particolare il vortice polare invernale dell’emisfero nord e l’insorgenza dei riscaldamenti invernali. Il modello utilizzato è un modello stratosferico 3D meccanicistico con una troncatura zonale, a differenza di altri studi che utilizzano una rappresentazione zonale più estesa.

Si è osservato che l’allineamento di fase tra il QBO e il ciclo annuale svolge un ruolo cruciale nella risposta extratropicale al QBO. La risposta varia notevolmente in base alle fasi, con un fattore di differenza pari a otto tra la risposta minima e massima osservate. L’uso di un QBO senza shear verticale è in linea con i risultati di studi precedenti, indicando che i venti QBO diretti verso ovest sono collegati a un vortice polare robusto, mentre i venti diretti verso est sono associati a un vortice polare debole.

Gli esperimenti che hanno variato l’altezza e l’evoluzione temporale del QBO indicano che un’altitudine di 21-23 km è preponderante nella determinazione della risposta extratropicale. I cinque mesi intorno all’inizio di novembre risultano essere cruciali per l’influenza del QBO sull’evoluzione invernale extratropicale. Sarebbe vantaggioso condurre ulteriori studi con un maggior numero di numeri d’onda zonali per esaminare come le interazioni non lineari influenzino questi risultati e per effettuare confronti con altri studi di modellazione.

I grafici di correlazione e regressione per una simulazione con un QBO di periodo non intero e un intenso forcing delle onde extratropicali hanno mostrato una correlazione elevata tra i venti QBO e il vento extratropicale. Il coefficiente di regressione è particolarmente alto nella regione del vortice polare per i venti extratropicali e al polo per le temperature extratropicali. Tuttavia, la correlazione tra il QBO e gli extratropici è risultata più debole nella simulazione con un forcing più forte, sebbene il coefficiente di regressione fosse maggiore.

Un’ipotesi sui punti che non si allineano alla curva di miglior adattamento suggerisce che potrebbero corrispondere agli anni in cui la variabilità interannuale interna contribuisce significativamente, sebbene la natura di questa interazione con la risposta QBO rimanga poco chiara.

https://journals.ametsoc.org/view/journals/atsc/63/3/jas3657.1.xml

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »