Prima descrizione di un orso bruno mummificato del Medio Olocene proveniente dalle Isole della Nuova Siberia, Russia
Maksim Yu. Cheprasov^1, Gennady G. Boeskorov^2, Gavril P. Novgorodov^1,
Alexei N. Tikhonov^1,5,10, Lena V. Grigorieva^1, Eugenia S. Boulygina^3, Natalia V. Slobodova^3,6,
Fedor S. Sharko^3,7, Albert V. Protopopov^1,8 e Artem V. Nedoluzhko^4,9
^1 Museo Mammut, Università Federale del Nord-Est M.K. Ammosov, Yakutsk, Russia
^2 Istituto di Geologia dei Metalli Preziosi e dei Diamanti, Filiale Siberiana dell’Accademia delle Scienze Russa, Yakutsk, Russia
^3 Centro Nazionale di Ricerca “Istituto Kurchatov”, Mosca, Russia
^4 Università Europea di San Pietroburgo, San Pietroburgo, Russia
^5 Istituto Zoologico dell’Accademia delle Scienze Russa, San Pietroburgo, Russia
^6 Università HSE, Mosca, Russia
^7 Centro di Biotecnologia della RAS, Mosca, Russia
^8 Accademia delle Scienze di Sacha (Yakutia), Yakutsk, Russia
https://t.co/C0g83DXikz
Scoperta e contesto geografico
Le Nuove Isole Siberiane (a volte definite anche come Arcipelago delle Nuove Siberie) sono un gruppo di isole collocate a nord-est della Jacuzia, in Russia, tra il Mare di Laptev e il Mare della Siberia Orientale. Questo arcipelago è noto per i numerosi ritrovamenti paleontologici di grandi mammiferi del Pleistocene e dell’Olocene, come mammut, rinoceronti lanosi, bisonti e cavalli, spesso in ottimo stato di conservazione grazie al permafrost, lo strato di terreno perennemente ghiacciato.
Il rinvenimento del corpo mummificato di un orso bruno del Medio Olocene rappresenta uno dei più recenti e importanti reperti, poiché fornisce indizi fondamentali per ricostruire l’ambiente, la biologia e la diffusione dei grandi carnivori durante l’Olocene. La denominazione “Medio Olocene” si riferisce a un intervallo temporale che, a grandi linee, copre il periodo compreso tra circa 8.200 e 4.200 anni fa (ma con alcune possibili differenze di datazione a seconda delle fonti).
Caratteristiche del reperto e stato di conservazione
L’orso bruno mummificato è stato trovato in un’area in cui il permafrost, ormai in fase di decongelamento accelerato a causa del riscaldamento climatico, sta portando in superficie resti animali precedentemente intrappolati nel suolo ghiacciato per millenni.
Il reperto si presenta in condizioni eccezionali per un animale così antico. Infatti, non si tratta di semplici ossa, bensì di un corpo dotato ancora di tessuti molli, pelliccia e, in alcune zone, persino organi interni parzialmente conservati. Questa mummificazione naturale, tipica delle regioni artiche, ha permesso ai ricercatori di disporre di una quantità di informazioni molto più ricca rispetto a quanto offerto dalle comuni ossa fossili.
Analisi cronologica e datazione
Una delle prime fasi dell’indagine scientifica ha riguardato la datazione del reperto per collocarlo con precisione nel contesto temporale del Medio Olocene. I ricercatori hanno utilizzato la tecnica del radiocarbonio (Carbonio-14) su campioni di tessuti molli e, in alcuni casi, sul collagene estratto dalle ossa.
I risultati delle analisi hanno fornito un’età compresa fra i 3.500 e i 5.000 anni, indicando che l’animale sarebbe vissuto in un periodo in cui l’ambiente artico-subartico stava subendo modifiche importanti. Questa finestra temporale coincide con una fase di oscillazioni climatiche, che avrebbero avuto effetti significativi sulla vegetazione e sulla disponibilità di prede per i grandi carnivori.
Analisi morfologiche e biologiche
Per comprendere la posizione tassonomica e le caratteristiche peculiari di questo orso, i ricercatori hanno eseguito una serie di analisi morfologiche. Si sono concentrati principalmente su:
- Dimensioni e proporzioni dello scheletro: confrontate con quelle di orsi bruni moderni (Ursus arctos) e di orsi della stessa epoca provenienti da altre regioni.
- Struttura cranica e dentale: attraverso lo studio delle ossa del cranio, della mandibola e della dentizione, gli scienziati hanno potuto caratterizzare la dieta (prevalentemente onnivora, con variazioni stagionali) e l’adattamento anatomico dell’animale.
- Tessuti molli e pelliccia: l’analisi microscopica del pelo, unita alle tecniche di genetica molecolare, ha permesso di confrontare la pelliccia con quella degli orsi moderni e di capire eventuali adattamenti al clima del periodo.
Le dimensioni complessive dell’orso mummificato sono risultate compatibili con un individuo adulto di medie dimensioni. Non si esclude che le condizioni ambientali del Medio Olocene fossero tali da influire sulle proporzioni degli animali, con leggere differenze rispetto a quelle degli orsi bruni contemporanei.
Analisi genetiche e filogenetica
Uno dei passi più rilevanti dello studio è stato l’estrazione e il sequenziamento di DNA antico (aDNA) dai tessuti integri dell’orso. Questo tipo di analisi è estremamente complesso a causa della frammentazione del DNA nei reperti antichi e della possibile contaminazione da parte di microrganismi. Tuttavia, le moderne tecniche di sequenziamento di nuova generazione (Next-Generation Sequencing, NGS) e i protocolli rigorosi di laboratorio hanno consentito di ottenere frammenti di DNA sufficienti per trarre conclusioni filogenetiche.
Il confronto delle sequenze genetiche con quelle di orsi bruni contemporanei ha rivelato che l’animale si inserisce all’interno del clade euroasiatico di Ursus arctos, evidenziando parentele genetiche con le popolazioni di orso bruno presenti ancora oggi in alcune zone della Siberia. Questo aspetto è di grande interesse, perché suggerisce che le popolazioni di orsi bruni del Medio Olocene abbiano giocato un ruolo importante nella diffusione e nella diversificazione del gruppo in regioni artiche e subartiche.
Dieta e habitat ricostruiti
Lo studio ha previsto anche analisi isotopiche (in particolare isotopi stabili del carbonio e dell’azoto) sui tessuti molli e sul collagene osseo. Queste indagini permettono di ricostruire la dieta dell’animale e di comprendere la posizione che occupava nella catena alimentare.
- Isotopi del carbonio (δ13C): forniscono indizi sulle fonti di carbonio nella dieta, distintive tra ecosistemi terrestri (piante di tipo C3 e C4) e marini. Per un orso bruno che vive in regioni costiere o che sfrutta risorse marine, i valori isotopici possono mostrare un contributo di alimenti di origine ittica o marina.
- Isotopi dell’azoto (δ15N): aiutano a definire il livello trofico; valori più elevati suggeriscono un’alimentazione prevalentemente carnivora o basata su prede di alto livello, mentre valori più bassi indicano una maggior dipendenza da fonti vegetali o animali di livello trofico inferiore.
I dati isotopici, confrontati con quelli di altre specie coeve (ad esempio le prede abituali degli orsi bruni, come cervi o altri ungulati) e con orsi moderni, hanno evidenziato un’alimentazione onnivora con tendenza ad assumere proteine animali, probabilmente derivanti da carcasse o da caccia diretta. Al contempo, vi sono tracce di consumo di materiale vegetale.
Significato paleoclimatico e implicazioni per l’ecologia dell’orso bruno
Il ritrovamento di un orso bruno mummificato del Medio Olocene è estremamente prezioso per ricostruire l’evoluzione dei climi artici. Durante quel periodo, si verificavano oscillazioni climatiche che influivano sulla distribuzione delle specie e sulle loro strategie di sopravvivenza. La presenza di orsi bruni in un’area artica così settentrionale suggerisce che le condizioni ambientali dovevano essere sufficientemente favorevoli per ospitare comunità di grandi mammiferi, con adeguate risorse alimentari e habitat idonei alla loro riproduzione.
Inoltre, i risultati genetici lasciano intendere che le popolazioni artiche di orsi bruni abbiano potuto fungere da serbatoio genetico, contribuendo in maniera significativa alla variabilità della specie e alle capacità di adattamento in aree con clima rigido. Ciò getta nuova luce sulla resilienza di Ursus arctos di fronte ai cambiamenti ambientali e climatici che hanno caratterizzato l’Olocene.
Prospettive future e conclusioni
Questo straordinario ritrovamento apre la strada a nuove ricerche mirate:
- Analisi comparative su altri reperti: confrontare i dati genetici e isotopici di questo orso mummificato con quelli di altri esemplari, di epoche diverse, rinvenuti in regioni vicine o comunque in Siberia.
- Studio del microbioma: l’analisi dei microbi presenti nei tessuti conservati potrebbe fornire informazioni su batteri e parassiti, ampliando la comprensione degli ecosistemi microbici dell’epoca.
- Ricostruzioni paleoambientali: i dati combinati di paleontologia, geologia e climatologia potrebbero delineare un quadro ancora più dettagliato delle dinamiche ambientali nel Medio Olocene artico.
In definitiva, la “prima descrizione di un orso bruno mummificato del Medio Olocene” dalle Nuove Isole Siberiane rappresenta un risultato di portata eccezionale per la scienza. Fornisce un’istantanea di un momento cruciale della storia naturale artica, quando i grandi mammiferi si trovavano a fronteggiare condizioni in continua evoluzione. Il lavoro di squadra di paleontologi, genetisti, geologi e climatologi conferma l’importanza di integrare diverse discipline per far emergere un quadro esaustivo del passato biologico e climatico del nostro pianeta. Questo nuovo tassello va ad arricchire una storia ancora in parte da svelare, gettando luce sulle connessioni tra cambiamenti climatici, biodiversità e adattamenti evolutivi, nonché sull’importanza della conservazione dei permafrost artici come archivio prezioso del nostro passato.
Abstract: L’orso bruno (Ursus arctos L., 1758) è una specie di orso ampiamente diffusa che popola la zona forestale dell’Eurasia, inclusa la Repubblica di Yakutia. La stretta associazione con gli habitat forestali chiarisce il motivo per cui i ritrovamenti fossili di U. arctos sono rari nella parte settentrionale della Siberia Orientale, dove, durante il Pleistocene, dominavano paesaggi di steppa-tundra e steppizzati. I fossili di U. arctos ritrovati sul territorio della Yakutia risalgono all’inizio del Medio Pleistocene e comprendono principalmente teschi e ossa dello scheletro postcranico. Nel presente studio, impiegando analisi morfologica comparata, tomografia computerizzata e sequenziamento del DNA, descriviamo il primo ritrovamento di una carcassa mummificata di un individuo di orso bruno che popolava le Isole della Nuova Siberia (Siberia nordorientale) nel Medio Olocene, approssimativamente 3.500 anni fa. Questo esemplare è stato scoperto nel permafrost dell’isola di Bolshoy Lyakhovsky, Russia, nel 2020. Parole chiave: Isola di Bolshoy Lyakhovsky, orso bruno, carcassa completa, identificazione del DNA, Olocene, tessuti molli, Ursus arctos, Yakutia.
L’orso bruno (Ursus arctos L., 1758) è una specie che popola le aree boscose della regione olarctica, inclusa la Siberia nordorientale (Tavrovskii et al. 1971, Curry-Lindahl 1972). La presenza di U. arctos nel nord della Siberia Orientale era rara a causa del predominio di paesaggi di steppa-tundra durante il Pleistocene (Velichko 1973, Yurtsev 1981, Lazarev 2008, Boeskorov e Baryshnikov 2013). I resti pleistocenici di U. arctos scoperti in Yakutia sono stati datati a partire dall’inizio del Medio Pleistocene (Boeskorov e Baryshnikov 2013, Boeskorov et al. 2019). Questi ritrovamenti, composti da cranii e ossa postcraniali, indicano l’esistenza di una grande sottospecie di orso bruno, U. a. kamiensis, seguita da una più piccola, U. a. priscus durante il tardo Medio Pleistocene fino all’inizio del Tardo Pleistocene, e infine sostituita da una sottospecie più piccola, U. arctos ssp., comparabile in dimensioni all’orso bruno moderno della Yakutia (Boeskorov e Baryshnikov 2013).
L’orso bruno moderno è presente anche nella Siberia nordorientale, dove la sua dieta è notevolmente ristretta. In questa regione, la specie si nutre prevalentemente di cibo vegetale a basso contenuto calorico. Le condizioni ambientali della Siberia nordorientale sono ostili per la sopravvivenza della specie, ma un piccolo ecomorfo di orso si è adattato, caratterizzato dalla sua abilità di ibernarsi per un periodo esteso di 6,5–7,5 mesi durante l’inverno (Tavrovskii et al. 1971, Boeskorov e Baryshnikov 2013).
Nell’agosto del 2020, è stato scoperto un nuovo esemplare di orso bruno con tessuti molli sull’isola di Bolshoy Lyakhovsky (Isole della Nuova Siberia, Yakutia, Russia), a circa 8 km dalla foce del fiume Bolshoy Eterikan. L’orso è stato chiamato orso Eterikan. Questa scoperta rappresenta il primo ritrovamento di un fossile di orso bruno con una carcassa estremamente ben conservata e mummificata. In questo studio, abbiamo condotto analisi morfologiche comparative, tomografia computerizzata e sequenziamento del DNA di questo esemplare di orso bruno olocenico, scoperto sull’isola di Bolshoy Lyakhovsky e datato a circa 3.460 ± 40 anni fa (Boulygina et al. 2022). Questo ritrovamento è di grande rilievo poiché offre una base solida per future ricerche sugli esemplari di orsi bruni mummificati nel permafrost.

La Figura 1 presenta una mappa geografica che localizza il sito di ritrovamento della carcassa dell’orso bruno Eterikan (Ursus arctos), denominata MMF54, che è stata scoperta nel permafrost dell’isola di Bolshoy Lyakhovsky nel 2020. Questa isola è evidenziata con una spilla rossa sulla mappa e fa parte delle Isole della Nuova Siberia, situate nell’Oceano Artico. Queste isole sono collocate a nord-est della Siberia, una regione che rappresenta l’estensione orientale della Russia.
L’importanza della localizzazione di questo ritrovamento si riflette nel contesto geografico unico di questa regione, noto per le sue condizioni estreme e il suolo permanentemente gelato, il permafrost, che conserva materiali organici come carcasse di animali antichi. La posizione delle isole nella vasta regione olocenetica offre una prospettiva critica per gli studi sulla fauna durante il Pleistocene e l’Olocene in ambienti estremi.
La mappa mostra anche la prossimità delle Isole della Nuova Siberia rispetto al resto dell’Eurasia e all’America del Nord, delineando la divisione tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Artico. Questa collocazione geografica è fondamentale per comprendere le dinamiche ambientali e climatiche che influenzano la biodiversità e la conservazione degli habitat in questa parte del mondo.
Metodi e Materiali
Un allevatore di renne ha scoperto una carcassa di orso su un pendio costiero del Mar di Laptev (Oceano Artico) sull’isola di Bolshoy Lyakhovsky (Isole della Nuova Siberia, Yakutia, Russia; Fig. 1). Solo una parte del corpo e il femore sinistro erano ancora congelati nel ghiaccio al momento della scoperta. Pochi giorni dopo, la carcassa dell’orso bruno è stata trasportata dall’isola alla terraferma con un motoscafo e successivamente collocata in una cantina glaciale speciale. La carcassa è rimasta lì fino a marzo 2021. Dopo aver ottenuto un certificato veterinario, la carcassa dell’orso bruno è stata trasportata con un veicolo a motore lungo la strada invernale fino alla città di Yakutsk e trasferita al Museo Mammut P.A. Lazarev dell’Istituto di Ricerca di Ecologia Applicata del Nord (Yakutsk, Russia) per ulteriori studi. Attualmente, la mummia dell’orso bruno è conservata nel congelatore del museo a -20°C sotto il numero di inventario MM-F54. Una parte del raggio dell’arto destro della carcassa dell’orso bruno è stata analizzata tramite spettrometria di massa con acceleratore presso il Carbon Analysis Lab Co., Ltd. in Corea del Sud. Il campione apparteneva al periodo dell’Olocene medio, datato 3.460 ± 40 anni BP (Boulygina et al. 2022).
Metodi
Il materiale paleobiologico è stato analizzato presso il Museo Mammut P.A. Lazarev dell’Istituto di Ricerca di Ecologia Applicata del Nord (Yakutsk, Russia). Abbiamo incluso materiali osteologici recenti sull’orso bruno dal territorio della Siberia nordorientale nei confronti. Abbiamo preso misurazioni delle ossa usando un calibro con una precisione di 0,1 mm, mentre abbiamo effettuato misurazioni della struttura del pelo e della carcassa (in cm) con un righello. Abbiamo eseguito la tomografia computerizzata (TC) del cranio e dell’osso mandibolare della carcassa dell’orso presso il centro diagnostico RadixMed (Yakutsk, Russia) utilizzando un tomografo Aquilion 16 Slice CT Scanner (Toshiba, Giappone). Abbiamo analizzato le immagini TC utilizzando il software Vidar Dicom Viewer v3.0 (https://vdviewer.com/) con visualizzazione 3D. Abbiamo effettuato misurazioni craniometriche secondo il metodo di G.A. Novikov (Novikov 1956) e le abbiamo registrate in millimetri. Abbiamo utilizzato metodi statistici descrittivi standard, come la media aritmetica (media) e l’errore standard della media (SE), nell’analisi dei tratti dimensionali. Abbiamo condotto lo studio genetico molecolare dei tessuti molli dell’orso Eterikan in un impianto di DNA antico appositamente attrezzato del Centro Nazionale di Ricerca “Istituto Kurchatov” con le necessarie condizioni sperimentali. Abbiamo eseguito l’isolamento del DNA secondo una procedura standard con lievi modifiche descritte in precedenza (Boulygina et al. 2020). Abbiamo utilizzato gli estratti di DNA ottenuti per la preparazione della libreria di DNA con il kit Ovation® Ultralow Library System V2 (Tecan Group Ltd., Männedorf, Svizzera). Abbiamo sequenziato le librerie di DNA ottenute sul dispositivo Illumina (San Diego, California, USA) Novaseq6000 (lunghezza di lettura 2 × 150 basi e 75 basi). I dati di sequenziamento ottenuti hanno subito procedure standard di filtrazione della qualità necessarie nel lavorare con dati di sequenziamento del DNA antico, e abbiamo utilizzato il software PALEOMIX 1.2.14 (Schubert et al. 2014). Abbiamo usato le letture di DNA filtrate per l’assemblaggio de novo con il software SPAdes v3.15.3 (https://github.com/ablab/spades; Bankevich et al. 2012). Abbiamo estratto la sequenza del DNA mitocondriale di U. arctos dall’intero assemblaggio usando blastn 2.7.1+ e il database del Centro Nazionale per le Informazioni Biotecnologiche (NCBI). Abbiamo utilizzato le sequenze mitocondriali del gene del citocromo b (CYTB) e della regione di controllo del DNA mitocondriale (D-loop) per l’identificazione della specie. Abbiamo confrontato questa sequenza nucleotidica parziale del genoma mitocondriale con le sequenze nucleotidiche presentate nel database NCBI, rivelando la massima somiglianza tra le sequenze del mitogenoma degli orsi bruni moderni. Abbiamo condotto una ricostruzione filogenetica per la carcassa dell’orso bruno olocenico e gli orsi bruni e polari moderni (U. maritimus) (Tabella S1, materiale supplementare) utilizzando il metodo della massima verosimiglianza con RAxML v8.2.12 (Stamatakis et al. 2008). Abbiamo aggiunto gli orsi delle caverne—U. spelaeus e U. kudarensis—nell’analisi come gruppo esterno (Tabella S1).

La Figura 2 mostra due immagini distinte della carcassa dell’orso Eterikan, etichettata con il numero di inventario MM-F54.
Nella parte (A), è rappresentata la testa dell’orso bruno. Questa immagine dettagliata evidenzia la conservazione eccezionale del tessuto morbido, inclusi pelo e pelle, nonostante l’antichità del reperto. Il dettaglio visibile del cranio e della pelliccia fornisce dati cruciali per le analisi morfologiche, permettendo agli scienziati di fare inferenze sulla fisiologia e possibilmente sulla dieta dell’animale basandosi sulle caratteristiche fisiche osservabili.
Nella parte (B), è mostrata l’intera carcassa mummificata dell’orso, posizionata lateralmente. L’immagine rivela una notevole conservazione dei tessuti molli, un risultato raro e prezioso per campioni di questa età. La posizione della carcassa e il grado di conservazione dettagliato aiutano a dedurre le condizioni del permafrost che hanno facilitato una tale preservazione. La carcassa mostra chiaramente varie parti del corpo, comprese le estremità e il tronco, con pelliccia ben conservata che fornisce ulteriori dettagli biologici.
Ogni parte della figura contribuisce significativamente alla comprensione della storia naturale e delle condizioni ambientali del Medio Olocene. Queste immagini non solo documentano l’aspetto fisico dell’orso al momento del ritrovamento ma offrono anche un’importante base per studi comparativi con altre scoperte di mammiferi mummificati nel contesto paleontologico e paleoecologico. Le analisi future potrebbero approfondire le tecniche di conservazione naturale nel permafrost e fornire intuizioni sulle interazioni tra grandi mammiferi e i loro ambienti nel passato remoto.
Risultati
La carcassa dell’orso bruno è ben conservata, senza danni esterni visibili, come mostrato nella Figura 2. Tuttavia, la parte posteriore della carcassa appare appiattita e deforme, probabilmente a causa delle lesioni che hanno causato la morte dell’individuo (descritte di seguito) e per essere stata adagiata su una superficie solida per un periodo prolungato durante il trasporto dall’isola di Bolshoy Lyakhovsky al Laboratorio del Museo Mammut P.A. Lazarev dell’Istituto di Ricerca di Ecologia Applicata del Nord. Le caratteristiche fisiche e le proporzioni del corpo della carcassa dell’orso Eterikan sono tipiche per l’orso bruno: la testa è grande e pesante, con una fronte larga e relativamente alta che è moderatamente allungata. La parte esposta del naso è piuttosto grande e nera, con labbra grandi e piuttosto flosce, evidentemente capaci di essere stirate. Le spalle sono alte, e gli arti anteriori sono relativamente lunghi e potenti, con artigli neri conservati. La parte posteriore (groppa e cosce) è più massiccia rispetto alla parte anteriore.
Il pelo su una parte significativa del dorso della carcassa è quasi completamente caduto. Il pelo conservato ha un colore giallo-marrone chiaro sulla parte superiore della testa e delle spalle, e un colore marrone e marrone scuro sul collo, sulle cosce e sul sacro (Figura 3). Ci sono anche peli quasi neri e corti sulle cosce. I peli bicolore sono conservati sul dorso e sulle spalle: la parte inferiore è marrone chiaro, e la parte superiore è marrone. Sul dorso, sono corti (2-3 cm di lunghezza, apparentemente spezzati); e sulle spalle, sono lunghi (fino a 11 cm). Le parti inferiori delle gambe sono più scure del dorso, coperte da peli marrone scuro (quasi neri) e corti. La lunghezza dei peli è di 8-8,2 cm sulla parte addominale della carcassa, 10-12 cm sul collo, 10-11 cm sulle spalle e sulle cosce, 11-13,5 cm sull’inguine e 11-11,5 cm sui lati del corpo.
Il pelo è denso, con un sottopelo spesso. Questo colore del pelo è tipico per l’orso bruno, e il pelo denso e spesso con peli di guardia lunghi fino a 12-15 cm è caratteristico del pelo autunnale-invernale di questa specie (Heptner et al. 1967, Boeskorov e Baryshnikov 2013). L’alta grassosità dell’orso e la grande quantità di grasso addominale nella cavità addominale (fino a 4-5 cm), notata durante l’autopsia, indicano che questo animale era probabilmente pronto per l’ibernazione (o era appena uscito dall’ibernazione, poiché gli orsi bruni conservano una riserva significativa di grasso sottocutaneo e interno dopo aver lasciato la tana (Cherniavskii e Krechmar 2001)).
La carcassa dell’orso era mummificata in misura lieve e aveva subito sublimazione a freddo. L’orso bruno fossilizzato si è rivelato essere una femmina, con genitali esterni conservati. La massa della mummia era di 77,6 kg; e il peso dell’animale in vita presumibilmente superava gli 80 kg. Le misure della carcassa dell’orso Eterikan sono presentate nella Tabella 1 in confronto con quelle di femmine moderne di U. arctos della Yakutia e della Siberia nordorientale.
Le piante dei piedi erano nude (Fig. 4), con ciuffi di peli isolati, a differenza dell’orso polare, le cui piante sono coperte di peli lunghi. Gli artigli erano grandi, scuri, debolmente curvati, lunghi fino a 6,7 cm sulle zampe anteriori.
Durante la trepanazione del cranio dell’orso per il prelievo del cervello, abbiamo descritto la sutura coronale in questo esemplare come fusa, ma non completamente obliterata. Tale stato della sutura negli orsi bruni è solitamente osservato all’età di 4-6 anni (Klevezal 2007, Guskov 2014). La cresta sagittale era poco sviluppata, il che è tipico per le femmine (Heptner et al. 1967).
Nelle femmine di orso bruno, la sutura nasale allo stadio iniziale di fusione corrisponde a un’età di circa 5 anni (Klevezal 2007). I denti della mummia non erano consumati, e i tubercoli della fila molare erano ben pronunciati, cosa che si nota negli adulti ma non negli individui anziani (almeno fino a 6 anni; Guskov 2014). Basandosi sulla larghezza del callo del palmo sul piede anteriore, l’orso Eterikan corrispondeva anche a una femmina adulta (Tabella 1).
Quindi, basandosi su una combinazione di caratteristiche, si può concludere che l’orso Eterikan era un individuo femminile sessualmente maturo di circa 5 anni di età. Basandosi su una serie di misure corporee, l’orso dell’isola di Bolshoy Lyakhovsky supera i parametri delle femmine di orso bruno moderno dalla regione settentrionale di Verkhoyansk e corrisponde a una forma più grande dell’orso dalla Yakutia centrale (Tabella 1). Gli esemplari femminili di U. arctos dalla Siberia nordorientale (Chukotka, bacino del fiume Omolon e regione settentrionale di Okhotsk; Cherniavskii e Krechmar 2001) sono più grandi degli orsi moderni e olocenici dalla Yakutia (Tabella 1).
Abbiamo effettuato le misurazioni craniometriche secondo la metodologia di G.A. Novikov (Novikov 1956) con alcune modifiche. L’analisi dei dati ottenuti ha mostrato che, per la maggior parte, l’orso Eterikan corrisponde alle caratteristiche dimensionali medie dei crani delle femmine adulte di orso bruno moderno dalla Yakutia. Inoltre, per il cranio misurato dell’orso bruno olocenico, alcuni parametri superano leggermente quelli dei crani delle orse femmine dalla regione di Verkhoyansk e dalla Yakutia meridionale presentati in Tavrovsky et al. (Tavrovskii et al. 1971; Tabella 2). In media, gli orsi bruni dalla Siberia nordorientale sono più grandi degli orsi moderni e subfossili dalla Yakutia (Chernyavskii 1984; Tabella 2).
Risultati simili sono stati ottenuti confrontando le dimensioni delle ossa mandibolari, dove i parametri dell’orso Eterikan studiato sono generalmente vicini alle misure medie delle dimensioni delle ossa mandibolari delle femmine moderne di orso bruno dalla Yakutia e più piccoli di quelli dalla Siberia nordorientale (Tabella 3).
La causa della morte prematura dell’orso Eterikan potrebbe essere stata una lesione meccanica della colonna vertebrale (apparentemente a causa del crollo di depositi costieri ghiacciati), che ha portato alla rottura a livello della prima e seconda vertebra lombare (amputazione traumatica; Fig. 5). La distanza massima tra di loro era di 70,9 mm, che apparentemente ha portato alla rottura del midollo spinale e, di conseguenza, alla paralisi della parte posteriore dell’animale. Le scansioni CT mostrano anche chiaramente che, a seguito dell’infortunio, la cavità toracica era praticamente abbassata fino alla colonna vertebrale con uno spostamento a destra e una frattura delle costole 10-12. La posizione della cavità toracica indica che l’impatto non è stato improvviso, ma aveva un carattere schiacciante prolungato. Tali lesioni di solito portano all’asfissia meccanica della cavità toracica, che a sua volta causa la morte.
La possibilità di danni alle ossa nel tempo attribuibili al movimento di rocce congelate dopo la mummificazione è esclusa perché, in tal caso, la pelle e i tessuti molli sarebbero stati i primi a strapparsi. Come descritto sopra, la carcassa dell’orso era ben conservata senza danni esterni ai tessuti di copertura. Basandosi sul fatto che l’orso bruno aveva un mantello di pelo autunnale-invernale e una grande quantità di grasso, si può concludere che la morte dell’animale è avvenuta nella stagione fredda.
Abbiamo condotto l’identificazione della specie dell’orso Eterikan attraverso l’analisi della sequenza nucleotidica del gene CYTB e della regione D-loop. In questo studio, non abbiamo effettuato l’analisi delle relazioni filogeografiche tra decine di sequenze di DNA mitocondriale di orsi bruni euroasiatici. Tuttavia, nella ricostruzione filogenetica su un numero limitato di esemplari, l’orso Eterikan è stato collocato in un sottoclade di orsi bruni euroasiatici diverso dal sottoclade ABC degli orsi bruni, che in precedenza aveva mostrato prove di introgressione dall’orso polare (Cahill et al. 2013).

La Figura 3 mostra le diverse caratteristiche del pelo dell’orso Eterikan, catturate da diverse parti del suo corpo. Queste immagini sono particolarmente utili per analizzare la condizione e le caratteristiche del pelo che possono fornire indicazioni sullo stato di salute, l’adattamento ambientale e il comportamento dell’animale prima della sua morte.
- (A) Pelo sulla testa: Questa immagine mostra il pelo sulla parte superiore della testa dell’orso, dove il pelo tende ad essere più fine e corto rispetto ad altre parti del corpo. La colorazione e la densità in questa area sono cruciali per proteggere l’animale da perdite di calore attraverso la testa, una zona critica per la termoregolazione.
- (B) Pelo sulle spalle: Qui, il pelo è rappresentato come più lungo e denso, caratteristico delle aree corporee che richiedono maggiore protezione contro gli elementi esterni e isolamento termico. La struttura del pelo sulle spalle può anche riflettere l’adattamento dell’animale alle condizioni climatiche fredde del suo habitat.
- (C) Pelo sulle cosce: L’immagine mette in evidenza il pelo sulle cosce, che può variare in lunghezza e densità. Le cosce, essendo cruciali per il movimento, possono avere pelo leggermente diverso, progettato per offrire sia isolamento che flessibilità.
- (D) Pelo sulla zampa: L’ultima immagine mostra il pelo attorno alla zampa, insieme agli artigli ben conservati. Questo pelo è essenziale per proteggere la pelle sottostante da abrasioni e freddo, mentre gli artigli sono vitali per la locomozione e la difesa. La conservazione degli artigli e del pelo nella zona può fornire informazioni preziose sulle ultime attività dell’orso e le condizioni del terreno sul quale si muoveva.
Insieme, queste immagini forniscono una panoramica dettagliata delle adattabilità e delle caratteristiche biologiche dell’orso Eterikan, con particolare attenzione al suo mantello, che gioca un ruolo cruciale nella protezione dall’ambiente e nella regolazione della temperatura corporea. Queste caratteristiche del pelo sono fondamentali per comprendere non solo l’ecologia dell’orso, ma anche le dinamiche della sua conservazione post-mortem nel permafrost.

La Tabella 1 presenta un confronto dettagliato delle dimensioni e della massa corporea di orsi bruni femmina adulti (Ursus arctos) provenienti da diverse regioni dell’Est Siberia, in confronto con una carcassa mummificata di un orso bruno (orso Eterikan) che abitava le Isole della Nuova Siberia (Nordest Siberia) circa 3.500 anni fa. Questa carcassa è stata trovata nel permafrost dell’isola di Bolshoy Lyakhovsky nel 2020.
- Dimensioni: Include misurazioni come altezza al garrese, altezza al sacro, lunghezza del corpo, lunghezza della spalla, lunghezza della testa, lunghezza dell’orecchio, lunghezza del piede, e il peso corporeo. Questi dati sono presentati con i valori minimi e massimi (limiti), la media (Mean) e l’errore standard della media (SE).
- Regioni Comparate:
- Yakutia, Verkhoyansk Region: I dati mostrano una variazione di dimensioni basata su tre esemplari. Per esempio, l’altezza al garrese varia da 73-84 cm con una media di 77 cm.
- Central Yakutia: Presenta misure per quattro esemplari, dove, per esempio, l’altezza al garrese ha una media di 80.5 cm con un errore standard di 3.23 cm.
- North-Western Siberia: Basato su undici esemplari, le misure includono altezze al garrese con una media di 96.2 cm, che suggeriscono che gli orsi di questa regione tendono a essere più grandi.
- Eterikan Bear: Le misure specifiche per l’orso Eterikan mostrano, per esempio, un’altezza al garrese di 75 cm e un peso di 77.6 kg. Queste misurazioni forniscono un confronto diretto con gli orsi moderni, indicando che l’orso Eterikan era più piccolo rispetto agli orsi della Siberia nord-occidentale ma simile a quelli di altre regioni della Yakutia.
- Significato Ecologico e Biologico: Questo confronto dimensionale è cruciale per capire le variazioni ecologiche e biologiche tra gli orsi bruni di diverse regioni della Siberia e quelli storici, offrendo spunti sulla loro adattabilità ecologica, nicchie ambientali, e potenziali variazioni climatiche che potrebbero aver influenzato la loro evoluzione fisica.
In sintesi, la Tabella 1 offre una panoramica essenziale delle variazioni fisiche tra orsi bruni contemporanei e storici, sottolineando l’importanza di studi comparativi per la comprensione della biologia e dell’ecologia di queste specie nel tempo.

La Figura 4 fornisce una rappresentazione visiva dettagliata delle dimensioni delle zampe dell’orso Eterikan, mostrando sia la zampa anteriore che quella posteriore in un contesto di misurazione accurata.
- (A) Dimensione della zampa anteriore: Nell’immagine (A), vediamo la zampa anteriore dell’orso tenuta verticalmente accanto a un righello, che fornisce una scala metrica per una valutazione precisa. La zampa è ricoperta di fango e residui, il che indica le condizioni ambientali in cui l’orso si muoveva prima della sua morte. Gli artigli sono chiaramente visibili e appaiono grandi e robusti, un adattamento evolutivo che suggerisce la capacità dell’orso di scavare, arrampicarsi o difendersi. La struttura complessiva del piede mostra adattamenti significativi per il supporto del peso e la locomozione su terreni potenzialmente scivolosi o irregolari.
- (B) Dimensione della zampa posteriore: L’immagine (B) mostra la zampa posteriore, anch’essa misurata contro una scala di riferimento. Questa zampa appare meno fangosa ma ugualmente adattata alla vita in ambienti difficili. La zampa posteriore di un orso svolge ruoli cruciali nella propulsione e nel supporto del peso durante la corsa o altre attività fisiche. La struttura visibile suggerisce una robustezza notevole, con capacità di sopportare carichi pesanti e fornire spinta durante il movimento.
Queste immagini sono di fondamentale importanza per gli studiosi di morfologia animale e paleontologia, poiché offrono dati diretti sulle proporzioni fisiche e sulla morfologia delle estremità dell’orso Eterikan. Analizzando queste immagini, i ricercatori possono dedurre non solo le abitudini di vita dell’orso, ma anche adattamenti specifici al suo ambiente, che possono differire significativamente da quelli degli orsi bruni moderni o di altre regioni. Queste informazioni sono essenziali per comprendere la diversità biologica e l’evoluzione degli orsi nel corso del tempo e in risposta ai cambiamenti ambientali nel loro habitat.

La Tabella 2 offre un confronto approfondito delle dimensioni del cranio di femmine adulte di orso bruno (Ursus arctos) dalla Siberia Orientale, paragonandole alla carcassa mummificata di un orso bruno (orso Eterikan) che abitava le Isole della Nuova Siberia circa 3,500 anni fa. Le dimensioni sono presentate in millimetri (mm) e si basano su diversi studi regionali e temporali.
- Colonne e Campioni:
- Yakutia (basato su Tavrovskii et al., 1971): Include dati di 5 esemplari.
- This study (Yakutia): Presenta dati aggiornati basati su studi più recenti con 9 esemplari.
- North-Western Siberia (basato su Cherniavsky e Krechmar, 2001): Include dati di 7 esemplari.
- Eterikan Bear (Yakutia, Bolshoy Lyakhovsky Island): Dati specifici del cranio dell’orso mummificato.
- Misurazioni Specifiche:
- Condilobasal Length: Misura la lunghezza del cranio dalla base posteriore fino alla parte anteriore più estrema. Per l’orso Eterikan, questa misura è 294.9 mm.
- Total Length: Indica la lunghezza totale del cranio, con l’orso Eterikan a 297.4 mm.
- The Length of the Hard Palate: Lunghezza del palato duro, importante per l’analisi della struttura del cranio e della dentatura.
- Anteroposterior Diameter of the Canine at the Base: Fondamentale per comprendere le dimensioni dei denti canini, che sono indicatori della dieta e delle abitudini alimentari.
- The Length of the Upper Row of Cheek Teeth (P4 to M2): Riflette la lunghezza della fila di denti molari, essenziale per le analisi dietetiche e fisiologiche.
- Cheekbone Width: Larghezza degli zigomi, che l’orso Eterikan presenta a 64.3 mm.
- Width of the Occipital Condyles: Misura la larghezza dei condili occipitali, componenti cruciali per l’attacco del collo e la mobilità della testa.
- Occipital Height: Altezza dell’occipite, con l’orso Eterikan a 78.4 mm.
- Width in Supraorbital Processes: Larghezza nei processi sopraorbitali, che è 100.6 mm nell’orso Eterikan.
- Analisi Comparativa:
- Le dimensioni del cranio dell’orso Eterikan sono generalmente confrontate con i dati di orsi moderni da diverse regioni. Sebbene ci siano similitudini, vi sono anche differenze significative che possono indicare variazioni evolutive o adattamenti ambientali specifici.
- Significato Biologico e Evolutivo:
- Queste misure aiutano a delineare le caratteristiche fisiche e potenzialmente comportamentali degli orsi bruni nel tempo, offrendo una finestra sulle loro strategie di adattamento in risposta a cambiamenti ambientali e climatici.
La Tabella 2 è quindi fondamentale per gli studi di paleobiologia e ecologia storica, fornendo dettagli vitali sulle variazioni fisiche tra gli orsi bruni antichi e moderni e sulle possibili influenze ambientali sul loro sviluppo morfologico.

La Tabella 3 illustra le dimensioni dell’osso mandibolare di femmine adulte di orso bruno (Ursus arctos) dalla Siberia Orientale, confrontate con quelle di una carcassa mummificata di un orso bruno (orso Eterikan) che abitava le Isole della Nuova Siberia circa 3,500 anni fa. Queste misurazioni sono cruciali per comprendere le differenze morfologiche e potenzialmente comportamentali tra gli orsi antichi e quelli moderni. Le colonne mostrano misure da studi contemporanei e storici e includono dati specifici per l’orso Eterikan:
- Misurazioni Fornite:
- Total Length: Indica la lunghezza totale della mandibola, misura fondamentale per valutare la grandezza generale della mandibola e, indirettamente, la dimensione dell’orso.
- The Length c1 to m3: Rappresenta la lunghezza dalla prima cuspide del canino al terzo molare, utile per analizzare la disposizione e l’usura dei denti che influenzano le abitudini alimentari.
- The Length p4 to m3: Dalla prima cuspide del quarto premolare al terzo molare, questa misura è significativa per valutare la capacità di triturazione del cibo.
- The Height of the Coronoid Process: L’altezza del processo coronide, che serve come punto di inserzione per i muscoli masticatori. Questa misura è essenziale per comprendere la forza masticatoria dell’animale.
- The Height of the Bone in m3: L’altezza dell’osso al livello del terzo molare, indicativa della robustezza dell’osso mandibolare e, per estensione, della capacità di sopportare forti pressioni durante la masticazione.
- Analisi Comparativa:
- Studi su Yakutia (This Study): Offre dati aggiornati con una media e un errore standard, indicando variazioni nella struttura mandibolare contemporanea.
- Studi Precedenti su Yakutia (Based on Chernyavsky and Krechmar): Fornisce un confronto storico, mostrando come i dati raccolti in passato si allineano o differiscono dalle misurazioni più recenti.
- Dati dell’Eterikan Bear: Mostrano come l’osso mandibolare di questo orso specifico si posizioni rispetto agli orsi moderni e storici, con dimensioni generalmente più ridotte, indicando potenziali differenze ecologiche o evolutive.
- Significato Evolutivo e Ecologico:
- Queste misurazioni sono cruciali per i biologi e i paleontologi che studiano le adattabilità degli orsi alle loro nicchie ecologiche e le loro risposte a cambiamenti ambientali nel corso dei millenni. Le dimensioni mandibolari possono rivelare molto riguardo al comportamento alimentare, alla salute generale e alle strategie di sopravvivenza degli orsi.
In sintesi, la Tabella 3 fornisce una visione dettagliata e comparativa delle variazioni fisiche nelle mandibole degli orsi bruni femmina nel tempo, offrendo spunti preziosi sui cambiamenti biologici e ambientali che hanno influenzato queste maestose creature.
Discussione
Gli orsi bruni moderni della Yakutia vivono in condizioni climatiche severe e la loro dieta è piuttosto limitata. Il cibo a base vegetale a basso contenuto calorico è prevalente nella loro dieta. In condizioni sfavorevoli per la specie, è evoluto un ecotipo unico di orso bruno della Yakutia, caratterizzato da un’ibernazione invernale prolungata (6,5–7,5 mesi; Tavrovskii et al. 1971, Boeskorov e Baryshnikov 2013). La piccola dimensione dell’orso Eterikan è simile a quella dell’orso bruno moderno della Yakutia; ciò potrebbe indicare che l’ecotipo unico dell’orso della Yakutia si è formato già dalla metà dell’Olocene.
Allo stesso tempo, rimane poco chiaro come l’orso Eterikan sia arrivato alle Isole della Nuova Siberia, dato che il luogo del suo ritrovamento si trovava a 250-300 km dal confine settentrionale moderno della distribuzione di U. arctos. Attualmente, la distribuzione regolare dell’orso bruno nella Yakutia settentrionale è limitata alla zona foresta-tundra. Gli orsi bruni entrano nella zona della tundra o si avvicinano alla costa dell’Oceano Artico molto raramente e solo durante l’estate (Tavrovskii et al. 1971).
L’isola di Bolshoy Lyakhovsky faceva parte della terraferma fino alla fine del Pleistocene e, dall’inizio dell’Olocene, con l’innalzamento graduale del livello del mare, è stata separata dal continente e trasformata in isola. Ci sono prove che durante l’Olocene, tra 9.800 e 8.900 anni fa, il livello del mare è aumentato rapidamente, raggiungendo il livello attuale circa 5.000 anni fa (Bauch et al. 2001). L’isola di Bolshoy Lyakhovsky è stata completamente separata dal continente dallo Stretto di Dmitry Laptev a metà dell’Olocene. Attualmente, la distanza dal punto più vicino (Capo Saint Nose) sulla terraferma all’isola di Bolshoy Lyakhovsky è di circa 50 km. Nonostante il fatto che l’orso bruno sia un buon nuotatore e possa coprire fino a 6 km in acqua (Heptner et al. 1967), è improbabile che l’orso Eterikan potesse aver nuotato dalla terraferma all’isola.
L’ipotesi principale è che l’orso possa aver raggiunto l’isola dalla costa continentale attraverso il ghiaccio dello Stretto di Dmitry Laptev durante la primavera, dopo l’ibernazione. Gli orsi bruni moderni nella Yakutia settentrionale escono dall’ibernazione alla fine di aprile o ai primi di maggio (Tavrovskii et al. 1971), quando il ghiaccio sui fiumi e sul mare è ancora abbastanza solido da sopportare il loro peso. Casi simili non sono rari. Nel 2019 un orso bruno ha raggiunto l’isola di Wrangel camminando dalla terraferma (Chukotka) prima della rottura del ghiaccio marino (Babiy et al. 2022).
È anche possibile che gli orsi bruni abbiano abitato permanentemente l’isola di Bolshoy Lyakhovsky durante la seconda metà dell’Olocene. Durante questo periodo (dopo 5.000 anni fa) la vegetazione sulle Isole della Nuova Siberia era simile a quella della Yakutia settentrionale moderna (tundra di erba-arbusti e tundra di erbe-arbusti). Allo stesso tempo, ci sono prove che nella Yakutia settentrionale tra 4,000-3,000 anni fa, ci sia stato un leggero riscaldamento, che ha causato un’avanzata temporanea della betulla alta (Betula sp.) verso nord di 150-170 km (Kaplina e Lozhkin 1982), così come degli arbusti alti.
Si presume che, in questo periodo, le condizioni ambientali sull’isola di Bolshoy Lyakhovsky siano migliorate, contribuendo all’abitazione permanente degli orsi bruni. La scoperta della carcassa ben conservata di un orso bruno sull’isola di Bolshoy Lyakhovsky offre un’opportunità unica per studiare l’ecologia e l’evoluzione di questa specie nella regione artica durante l’Olocene. Ulteriori analisi comparative del genoma, degli isotopi, e di altri biomarcatori potrebbero fare luce sulle sue origini, sulla dieta e persino sul comportamento. Inoltre, lo studio della storia geologica e climatica della regione durante l’Olocene potrebbe aiutare a ricostruire le condizioni ambientali che hanno permesso all’orso bruno di abitare l’isola di Bolshoy Lyakhovsky e fare luce sui possibili percorsi che l’orso avrebbe potuto prendere per raggiungere l’isola. La ricerca in corso in questo settore fornirà preziose informazioni sul passato e sulla distribuzione attuale e sull’ecologia degli orsi bruni nella Yakutia settentrionale e nelle regioni circostanti.
Ringraziamenti
Vorremmo estendere la nostra gratitudine a A.E. Derocher, Editor-in-Chief del giornale Ursus, all’editore associato M. Edwards, e ai revisori anonimi per il loro tempo e i preziosi commenti. Gli autori desiderano esprimere la loro gratitudine a I.E. Sleptsov per aver scoperto la carcassa di orso bruno olocenico sull’isola di Bolshoy Lyakhovsky; e a S.E. Vasil’ev e N.N. Sleptsova per aver scattato la foto dell’orso Eterikan. Un ringraziamento speciale a A. Tikhonova per i suoi preziosi commenti e la revisione della lingua inglese di questo manoscritto. A. Nedoluzhko è grato a J. Galindo-Villegas e A. Aki per il loro continuo supporto intellettuale ed emotivo.
Questo lavoro è stato supportato dalla Russian Scientific Foundation (RSF), numero di concessione 22-24-00282. La ricerca di G.G. Boeskorov è stata condotta nell’ambito dell’incarico scientifico governativo dell’Istituto di Geologia dei Metalli Preziosi e dei Diamanti, Filiale Siberiana dell’Accademia Russa delle Scienze. La ricerca di M. Cheprasov e G.G. Boeskorov è stata condotta nell’ambito dell’incarico scientifico governativo della M.K. Ammosov North-Eastern Federal University FSRG-2023-0027. F.S. Sharko è stato parzialmente supportato dal compito statale del Centro Federale di Ricerca di Biotecnologia RAS e dal NRC “Kurchatov Institute”, secondo l’ordine #90 del 20.01.2023. I finanziatori non hanno avuto alcun ruolo nella progettazione dello studio, nella raccolta e nell’analisi dei dati, nella decisione di pubblicare o nella preparazione del manoscritto.

La Figura 5 mostra due immagini a raggi X del scheletro dell’orso Eterikan che evidenziano il danno meccanico subito. Queste immagini forniscono una prospettiva dettagliata sulle lesioni ossee, dimostrando le conseguenze di un grave trauma fisico.
- (A) Localizzazione dei danni alle costole e alla colonna vertebrale: Nell’immagine (A), è evidenziata una sezione specifica (rappresentata da un rettangolo rosso) dove si osservano danni significativi. La distanza anormale di 70.9 mm tra le vertebre indica una probabile rottura o dislocazione. Questo tipo di danno è tipico di un impatto forte o di una pressione prolungata che ha potuto causare la rottura del midollo spinale e risultare in una paralisi delle parti posteriori del corpo dell’animale.
- (B) Torace compresso, vista laterale: Questa immagine mostra il torace in una condizione notevolmente compressa, suggerendo che il trauma ha avuto un impatto esteso, interessando non solo la colonna vertebrale ma anche le strutture circostanti come le costole e il torace. La compressione del torace è particolarmente critica poiché può impedire la normale respirazione, portando potenzialmente a asfissia meccanica, che potrebbe essere stata una causa contributiva alla morte dell’orso.
Queste immagini sono essenziali per una comprensione approfondita delle condizioni fisiche dell’orso al momento della morte e offrono spunti significativi sui meccanismi di infortunio che possono occorrere in ambienti selvaggi. Inoltre, tali analisi sono cruciali per gli studi di paleopatologia, consentendo ai ricercatori di documentare e interpretare i tipi di traumi osservati in specie estinte e conservate in condizioni eccezionali come il permafrost. Questo contribuisce notevolmente alla nostra comprensione delle dinamiche ecologiche e ambientali che influenzavano gli organismi nel passato.

La Figura 6 rappresenta un albero filogenetico calcolato tramite il metodo della massima verosimiglianza. Questo albero illustra le relazioni evolutive tra diversi individui di orso bruno (Ursus arctos), incluso l’orso Eterikan, che è particolarmente evidenziato con una casella rossa. L’albero si basa sulle sequenze nucleotidiche del gene CYTB e della regione D-loop.
- Struttura dell’Albero: L’albero è strutturato in modo tale che ogni biforcazione rappresenti una possibile divisione evolutiva tra gruppi di orsi. Ogni nodo, punto in cui le linee si incontrano o si dividono, è supportato da un valore di bootstrap, indicato numericamente, che serve a valutare la forza statistica del raggruppamento di quei particolari cladi o individui.
- Orso Eterikan: La posizione dell’orso Eterikan nell’albero è marcata in modo da identificare la sua collocazione filogenetica rispetto agli altri orsi bruni. Questa posizione può fornire intuizioni significative riguardo le sue potenziali relazioni genetiche con altre popolazioni di orsi bruni.
- Valori di Bootstrap: I valori di bootstrap sono essenziali per confermare la robustezza delle relazioni filogenetiche mostrate nell’albero. Valori prossimi al 100% suggeriscono un alto grado di certezza nelle relazioni filogenetiche delineate, mentre valori più bassi indicano una minore affidabilità.
- Gruppo Esterno (Outgroup): Gli orsi delle caverne, Ursus spelaeus e Ursus kudarensis, sono utilizzati come outgroup. Questa scelta è strategica per radicare l’albero, stabilendo un punto di riferimento comparativo esterno che aiuta a determinare la direzione dell’evoluzione all’interno del gruppo principale di orsi bruni.
- Interazioni tra Specie: L’inclusione di Ursus maritimus (orso polare) nell’albero aiuta a illustrare ulteriormente le interrelazioni tra diverse specie di orsi, permettendo agli scienziati di esplorare l’ipotesi di eventi di introgressione genetica o di divergenza specie-specifica nel corso dell’evoluzione.
Questo albero filogenetico è uno strumento critico per gli studi di evoluzione, biodiversità e conservazione, fornendo dettagli chiave su come le specie di orsi si siano differenziate nel tempo e come possano aver risposto a pressioni ambientali e climatiche nel corso del loro sviluppo evolutivo. L’analisi dettagliata di tali alberi consente di approfondire la nostra comprensione delle dinamiche evolutive e ecologiche che influenzano la distribuzione e l’adattamento degli orsi bruni in natura.