Lo studio “Intra-seasonal variability of extreme boreal stratospheric polar vortex events and their precursors” analizza in dettaglio i processi che portano alla formazione e alla variabilità intra-stagionale degli eventi estremi del vortice polare stratosferico boreale, concentrandosi in particolare sui fattori precursori che contribuiscono a tali eventi e sulle loro conseguenze per la circolazione atmosferica globale.
CONTESTO GENERALE
Il vortice polare stratosferico è un’ampia circolazione di venti occidentali (nell’emisfero nord) che si forma durante i mesi invernali a latitudini polari. La sua struttura è caratterizzata da temperature molto basse e forti gradienti di temperatura e pressione, che lo rendono un elemento cruciale nella dinamica troposfera-stratosfera. Quando il vortice polare è “forte”, esso risulta ben definito, e tende a confinare masse d’aria fredda alle alte latitudini. Al contrario, quando il vortice polare è “debole” o si “divide” (come avviene in eventi di riscaldamento stratosferico improvviso o “Sudden Stratospheric Warming”, SSW), l’aria fredda può fluire più facilmente verso latitudini medie, influenzando drasticamente il tempo meteorologico in superficie.
OBIETTIVI DELLO STUDIO
1. Caratterizzare la variabilità intra-stagionale (ovvero su scale temporali di alcune settimane) degli eventi estremi del vortice polare: lo scopo è comprendere meglio con quale frequenza e in che modo il vortice subisca drastici cambiamenti di intensità o struttura.
2. Identificare i precursori dinamici e termodinamici di questi eventi estremi: ciò include l’analisi dei flussi d’onda (planetari e sinottici), delle anomalie di temperatura e dei possibili accoppiamenti con la troposfera.
3. Valutare l’impatto di questi eventi sulle condizioni meteorologiche al suolo: un vortice polare estremo (molto forte o molto debole) può influenzare i regimi di blocco atmosferico, la posizione del getto polare e la circolazione a scala emisferica, con ripercussioni su ondate di freddo o di calore in Europa, Asia e Nord America.
METODOLOGIA
**- Dati di rianalisi e osservazioni satellitari: gli autori si sono avvalsi di dataset di rianalisi a lungo termine (ad esempio ERA-Interim, ERA5 o simili) per ricostruire la circolazione stratosferica e troposferica. Le rianalisi offrono la possibilità di studiare gli eventi estremi del passato con elevata risoluzione sia temporale che spaziale.
- Analisi di componenti principali (PCA) e metodi statistici avanzati: queste tecniche sono fondamentali per individuare le strutture coerenti dei campi di vento e temperatura che precedono o accompagnano gli eventi estremi del vortice polare.
- Studio dei flussi d’onda (Wave Activity Flux): particolare attenzione è posta ai flussi d’onda di Rossby che, partendo dalla troposfera, interagiscono con il vortice stratosferico. L’ampiezza e la fase di tali onde possono agire come forzanti che destabilizzano (o rafforzano) il vortice.
- Identificazione di eventi estremi: i ricercatori hanno definito soglie specifiche per la velocità zonale media (ad esempio su 60°N a 10 hPa) o per l’ampiezza del vortice, in modo da identificare quando il vortice polare è “insolitamente forte” o “insolitamente debole”.**
PRINCIPALI RISULTATI
1. Variabilità intra-stagionale marcata: lo studio conferma che il vortice polare può subire cambiamenti significativi anche nell’arco di poche settimane. Non si tratta quindi di un fenomeno meramente stagionale (da inizio a fine inverno), ma di un continuo rimescolamento di fasi più o meno intense.
2. Ruolo chiave delle onde planetarie di bassa frequenza: le onde di Rossby provenienti dalla troposfera possono anticipare di circa 1-2 settimane l’indebolimento del vortice, facilitando eventi estremi. Viceversa, l’assenza di forte attività ondulatoria favorisce un vortice polare più stabile e forte.
3. Effetti della Madden-Julian Oscillation (MJO): in diverse ricerche collegate è stato evidenziato come certe fasi della MJO possano modulare la propagazione verso l’alto delle onde di Rossby, contribuendo a favorire o meno un evento di riscaldamento stratosferico improvviso. Questo studio sottolinea come, in alcuni casi, la MJO rappresenti un importante precursore di futuri indebolimenti del vortice polare.
4. Interazioni con il ciclo ENSO (El Niño-Southern Oscillation): sebbene non sia la componente principale, alcune fasi di El Niño o La Niña possono modificare la circolazione troposferica a scala globale, influenzando indirettamente la robustezza del vortice polare attraverso la riorganizzazione dei pattern di onde planetarie.
5. Effetti persistenti in troposfera: dopo eventi estremi del vortice polare, in particolare dopo SSW, si osservano spesso prolungati periodi di blocco atmosferico alle medie latitudini e deviazioni durature del getto. Ciò può causare, ad esempio, inverni particolarmente rigidi in Eurasia o Nord America.
IMPLICAZIONI PER LE PREVISIONI STAGIONALI E SUB-STAGIONALI
Uno degli aspetti più rilevanti di questo tipo di ricerca è il potenziale miglioramento delle previsioni sub-stagionali e stagionali. Comprendere come e quando si verificheranno eventi estremi del vortice polare, infatti, permette di avvertire in anticipo la possibilità di ondate di freddo intenso o di cambiamenti repentini dei pattern meteorologici alle medie latitudini. L’identificazione di segnali precursori, come la fase della MJO o l’analisi dei flussi d’onda, contribuisce ad aumentare l’accuratezza predittiva di tali eventi.
CONCLUSIONI
**- Lo studio dimostra che la variabilità del vortice polare stratosferico su scala intra-stagionale è determinata principalmente dalla dinamica ondulatoria a grande scala e dalle interazioni con la troposfera.
- L’esistenza di precursori (tra cui le onde di Rossby, la MJO, il pattern ENSO) offre potenziali opportunità per previsioni anticipate degli eventi estremi, con grandi vantaggi per la modellistica sub-stagionale.
- La comprensione di questi meccanismi è cruciale in un contesto di cambiamento climatico: la stratosfera si sta riscaldando o raffreddando in modo differenziato rispetto alla troposfera, e la redistribuzione delle onde atmosferiche potrebbe mutare, modificando la frequenza e l’intensità di futuri eventi estremi del vortice polare.**
In sintesi, la ricerca pone in luce l’importanza di analizzare la stratosfera e i suoi stretti legami con la circolazione troposferica allo scopo di migliorare la previsione di eventi atmosferici estremi, con impatti significativi sulla società e sui sistemi socio-economici.
Variabilità Intra-Stagionale degli Eventi Estremi del Vortice Polare Stratosferico Boreale e dei Loro Precursori
Autori: Adelaida Díaz-Durán^1, Encarna Serrano^1, Blanca Ayarzagüena^2, Marta Abalos^3, Alvaro de la Cámara^3
Sintesi
Il vortice polare stratosferico boreale, un protagonista dominante nella dinamica climatica invernale dell’Emisfero Settentrionale, è tradizionalmente studiato aggregando i dati dell’intero inverno o focalizzandosi esclusivamente sui mesi di dicembre, gennaio e febbraio. Recentemente, tuttavia, è emersa una consapevolezza crescente riguardo alle significative differenze intra-stagionali che caratterizzano la dinamica stratosferica boreale. Il presente studio si dedica all’esame approfondito della variabilità intra-stagionale dell’attività ondulatoria anomala che antecede gli eventi estremi del vortice polare nell’Emisfero Settentrionale, utilizzando i dati di ri-analisi ERA-Interim.
Metodologia
Gli eventi del vortice polare, classificati come deboli (WPV) e forti (SPV), sono stati analizzati raggruppandoli in sub-periodi definiti come inizio, metà e fine inverno, basandosi sulla loro data di inizio. Questo permette di distinguere con precisione le dinamiche atmosferiche che precedono tali eventi, fornendo una disamina dettagliata delle interazioni dinamiche coinvolte.
Risultati
Le analisi rivelano che le anomalie più intense dell’attività ondulatoria si verificano generalmente a metà inverno per gli eventi SPV, mentre le più deboli si registrano agli inizi dell’inverno per gli eventi WPV. È stata inoltre osservata una correlazione significativa tra la fase dell’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) e la tipologia di evento del vortice polare: la maggior parte degli eventi WPV agli inizi dell’inverno si verifica durante la fase est della QBO, accompagnata da un incremento dell’attività ondulatoria di wavenumber-1 (WN1), mentre gli eventi SPV si verificano comunemente sotto l’influenza della fase ovest della QBO, che si associa a una riduzione di WN1.
Durante i periodi di metà e fine inverno, gli eventi WPV sono preceduti da un vortice particolarmente intenso e un rafforzamento delle attività ondulatorie WN1 e WN2. Tuttavia, la struttura spaziale delle attività ondulatorie anomale e la fase della QBO differiscono notevolmente. Specificamente, prima dei WPV di metà inverno, l’incremento di WN2 è strettamente legato al predominio di condizioni di La Niña e si associa a fenomeni di blocco atmosferico sopra la Siberia. Al contrario, gli eventi SPV di metà inverno mostrano una fase negativa del pattern Pacifico-Nord America, che contribuisce significativamente all’inibizione di WN1 nella stratosfera.Conclusioni
Questi risultati suggeriscono che le caratteristiche dinamiche che precedono gli eventi estremi del vortice polare a metà inverno non dovrebbero essere generalizzate agli altri sub-periodi invernali. La comprensione dettagliata delle variazioni intra-stagionali è cruciale per migliorare le previsioni meteorologiche e climatiche a lungo termine, nonché per informare le strategie di mitigazione dei rischi associati agli estremi climatici invernali.
Parole Chiave
Variabilità intra-stagionale, attività ondulatoria, estremi del vortice polare stratosferico, precursori troposferici, forzamento troposferico, dinamica stratosferica.
Introduzione
Il vortice polare stratosferico boreale rappresenta un elemento cruciale nella dinamica climatica dell’Emisfero Settentrionale, essendo sensibile a una serie di forzamenti esterni che ne modulano le caratteristiche e le variazioni. Tra i principali agenti di perturbazione figurano l’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO) (Holton e Tan 1980), l’El Niño-Oscillazione del Sud (ENSO) (Manzini et al. 2006; Taguchi e Hartmann 2006; Butler e Polvani 2011), i blocchi troposferici (Martius et al. 2009; Woollings et al. 2010; Barriopedro e Calvo 2014; Ayarzagüena et al. 2015) e le variazioni nel contenuto di ghiaccio marino artico (García-Serrano et al. 2015; Kolstad et al. 2015). Questi studi hanno fornito una comprensione basata su osservazioni dirette, modelli numerici e un’approccio ibrido, delineando come tali forzamenti influenzino l’attività ondulatoria ascendente verso la stratosfera, che a sua volta induce anomalie nel vortice polare stratosferico (Palmer 1981; Li et al. 2007; Solomon 2014).
In dettaglio, un vortice polare debolmente anomalo (WPV, di seguito) è generalmente preceduto da un’intensa attività ondulatoria ascendente dalla troposfera, che provoca un riscaldamento della regione polare stratosferica e un conseguente indebolimento della circolazione ciclonica polare (Limpasuvan et al. 2004; Polvani e Waugh 2004). L’opposto si verifica per eventi di vortice polare forte (SPV, di seguito), come descritto da Christiansen (2001). L’evento più estremo di vortice debole nell’emisfero settentrionale durante l’inverno è noto come riscaldamento stratosferico maggiore (MSW), caratterizzato da un incremento drammatico delle temperature polari in pochi giorni, l’inversione del gradiente termico equatore-polo e il passaggio del flusso zonale a regime easterly (Andrews et al. 1987).
La rilevanza di tali eventi stratosferici estremi per la variabilità climatica troposferica è stata ampiamente documentata (Baldwin e Dunkerton 1999, 2001), e diversi studi hanno dimostrato che l’integrazione di informazioni stratosferiche può significativamente migliorare le previsioni climatiche stagionali attraverso l’uso di modelli e metodi statistici avanzati (Christiansen 2005; Scaife et al. 2014).
Storicamente, l’analisi del vortice polare boreale e della sua dinamica è stata effettuata considerando l’intero inverno esteso (da novembre a marzo) o focalizzandosi sui mesi più dinamicamente attivi (dicembre, gennaio e febbraio) come rappresentativi della stagione invernale (Kodera et al. 2003). Tuttavia, recenti studi hanno evidenziato significative differenze intra-stagionali nella dinamica del vortice durante l’inverno boreale esteso. Utilizzando un modello clima-chimico (CCM), Ayarzagüena et al. (2013) hanno individuato una diversa risposta stratosferica polare ai cambiamenti climatici futuri nei diversi sub-periodi dell’inverno, con una tendenza a una maggiore frequenza di eventi MSW durante la metà e la fine dell’inverno in scenari di clima futuro. Analogamente, Solomon (2014) ha classificato gli episodi di intensificazione dell’attività ondulatoria in quattro categorie, osservando che gli episodi maggiori sono più frequenti a metà inverno, mentre gli altri si distribuiscono più uniformemente lungo l’intero periodo.
Nonostante queste classificazioni, le cause della variabilità dell’attività ondulatoria tra i sub-periodi invernali e i potenziali precursori per ciascun tipo di episodio non sono stati completamente esplorati. Il presente lavoro mira a colmare questa lacuna analizzando la variabilità intra-stagionale della circolazione stratosferica anomala nell’Emisfero Settentrionale e a investigare i meccanismi dinamici che guidano gli eventi estremi del vortice polare nei diversi periodi dell’inverno esteso.
Il documento è strutturato come segue: la Sezione 2 descrive i dati e la metodologia impiegati per identificare gli eventi estremi del vortice polare e per analizzare la propagazione anomala dell’attività ondulatoria troposferica. La Sezione 3 presenta e discute le differenze intra-stagionali nella climatologia dell’attività ondulatoria, nonché le differenze nelle attività ondulatorie anomale e nelle strutture di circolazione anomale che precedono gli eventi WPV e SPV nei tre sub-periodi invernali (inizio, metà e fine inverno). Infine, la Sezione 4 riassume le principali conclusioni del nostro lavoro.
2 Dati e Metodologia
Per questo studio, abbiamo adottato un approccio basato sull’analisi di serie temporali di dati medi giornalieri, che comprendono le tre componenti del vento, la temperatura e l’altezza geopotenziale. Questi dati provengono dalla rianalisi ERA-Interim, descritta in dettaglio da Dee et al. (2011). Questa rianalisi è stata scelta per la sua capacità di fornire un quadro accurato e coerente dei cambiamenti climatici e meteorologici su scala globale. I dati utilizzati sono stati calcolati mediando le osservazioni ogni sei ore, garantendo così una rappresentazione dettagliata e continua delle variabili atmosferiche dal 1979 al 2011.
La copertura verticale dei dati si estende dall’altitudine di 1000 hPa fino a 1 hPa, distribuiti su 37 livelli verticali, offrendo una risoluzione dettagliata della struttura atmosferica dalla troposfera alla stratosfera. Il dominio spaziale del nostro studio abbraccia l’Emisfero Settentrionale e la regione subtropicale dell’Emisfero Meridionale, estendendosi dai 20ºS ai 90ºN e dai 180ºW ai 180ºE. Questa scelta è stata dettata dalla necessità di comprendere le dinamiche atmosferiche in aree chiave che influenzano e sono influenzate dal vortice polare stratosferico.
Una particolarità del nostro approccio metodologico riguarda la limitazione dell’analisi all’era post-satellitare. Questa decisione è stata presa per evitare le incongruenze che possono emergere dalla fusione di dati raccolti in epoche con differenti tecnologie di osservazione. Studi precedenti, come quello di Gomez-Escolar et al. (2012), hanno evidenziato significative discrepanze nella climatologia della temperatura stratosferica polare tra l’era pre-satellitare e quella post-satellitare, probabilmente a causa dell’assimilazione dei dati satellitari che non era disponibile nei periodi più antichi. Queste osservazioni hanno rafforzato la nostra scelta di utilizzare ERA-Interim, nonostante la disponibilità di altri set di dati di rianalisi che coprono periodi temporali più estesi, come JRA-55 o NCEP-NCAR.
Il vantaggio principale di concentrarsi sull’era post-satellitare è la maggiore omogeneità e affidabilità dei dati, che sono cruciali per analizzare fenomeni complessi come le variazioni intra-stagionali del vortice polare stratosferico. L’omogeneità dei dati è essenziale per garantire che le tendenze e le variazioni osservate siano attribuibili a dinamiche atmosferiche reali e non a artefatti derivanti da cambiamenti nei metodi di osservazione.
Caratterizzazione e Analisi degli Eventi Estremi del Vortice Polare Stratosferico
Metodologia di Rilevamento e Analisi
In questo studio, la forza del vortice polare stratosferico è stata quantificata attraverso l’uso dei valori giornalieri del vento zonale medio a 60ºN (u60) a 10 hPa. La selezione di questa specifica metrica è dovuta alla sua efficacia nel rappresentare le dinamiche atmosferiche di grande scala. Il giorno centrale di un evento di vortice polare debole (WPV) è stato identificato come il primo giorno in cui u60 a 10 hPa cade sotto il 15° percentile della climatologia giornaliera, mentre per gli eventi di vortice polare forte (SPV), tale giorno corrisponde al primo in cui u60 raggiunge o supera l’85° percentile, entrambi calcolati per il periodo 1979-2011.
Gli eventi sono considerati estremi se persistono per almeno 10 giorni, con due eventi consecutivi ritenuti indipendenti se separati da almeno 10 giorni. Questo intervallo è stato scelto in base alla scala temporale di rilassamento radiativo invernale a 10 hPa e 60ºN. Gli eventi sono stati ulteriormente categorizzati in base al loro periodo di occorrenza: ottobre-novembre-dicembre (OND, inizio inverno), gennaio-febbraio (JF, metà inverno) e marzo-aprile (MA, fine inverno), con l’inclusione di ottobre motivata dallo sviluppo precoce del vortice polare.
Durante il periodo di studio, sono stati registrati 33 eventi WPV e 32 SPV. È interessante notare che otto dei nove eventi WPV avvenuti durante JF soddisfano le condizioni di un riscaldamento stratosferico maggiore (MSW), fenomeno durante il quale il gradiente di temperatura meridionale a 10 hPa si inverte e u60 diventa easterly.
Correlazioni con Variabili Climatiche
La distribuzione degli eventi WPV e SPV è stata analizzata in relazione alle fasi dell’ENSO e della QBO, con dati estratti dai database NOAA. Queste analisi sono cruciali per comprendere l’influenza di tali fenomeni sulle dinamiche del vortice polare.
Questo studio dettagliato non solo evidenzia l’importanza di monitorare le variazioni intra-stagionali del vortice polare stratosferico, ma offre anche spunti per future ricerche mirate a migliorare le previsioni climatiche basate su questi significativi eventi atmosferici.

Figura 1 presenta una serie di grafici che analizzano la dinamica del vortice polare stratosferico e le sue fluttuazioni estreme correlate con le condizioni dell’El Niño-Southern Oscillation (ENSO) e le fasi dell’Oscillazione Quasi-Biennale (QBO). Ogni pannello fornisce una visualizzazione specifica dei dati meteorologici e delle loro interazioni con fenomeni climatici globali dal 1979 al 2011 durante l’inverno esteso, da ottobre ad aprile.
(a) Variazioni Giornaliere delle Percentuali del Vento Zonale Medio Zonale a 10 hPa e 60ºN:
– Linee Rosse: Queste linee indicano il 15° percentile (linea inferiore) e l’85° percentile (linea superiore) del vento zonale medio a 10 hPa e 60ºN. Il 15° percentile è utilizzato per definire i giorni con un vortice polare debole (WPV), mentre l’85° percentile segnala i giorni con un vortice polare forte (SPV).
– Linea Blu: La linea blu mostra il 50° percentile, ovvero la mediana del vento zonale, fornendo un punto di riferimento per la variabilità normale del vento zonale in questo strato atmosferico.
(b) Distribuzione degli Eventi WPV (Vortice Polare Debole):
– Colonne Colorate: Le colonne rappresentano la distribuzione temporale degli eventi WPV durante i diversi mesi dell’inverno—OND (Ottobre, Novembre, Dicembre), JF (Gennaio, Febbraio), MA (Marzo, Aprile)—e sono colorate in base alle condizioni dell’ENSO e alla direzione del vento zonale equatoriale a 50 hPa (fasi della QBO).
– Numeri nelle Colonne: I numeri indicano il totale degli eventi WPV registrati per ciascuna combinazione di condizione climatica e periodo invernale, evidenziando le influenze stagionali e climatiche sugli estremi del vortice polare.
(c) Distribuzione degli Eventi SPV (Vortice Polare Forte):
– Simile al pannello (b), questo grafico mostra la distribuzione degli eventi SPV nei diversi periodi invernali e sotto diverse condizioni climatiche.
– Numeri nelle Colonne: Forniscono un conteggio degli eventi SPV che si sono verificati sotto specifiche condizioni dell’ENSO e fasi della QBO, permettendo di identificare modelli e tendenze nel comportamento del vortice polare forte rispetto a variabili climatiche globali.
Questa analisi complessiva rivela l’importante impatto delle variazioni climatiche e atmosferiche su uno dei principali meccanismi di circolazione dell’atmosfera terrestre, il vortice polare stratosferico, e fornisce intuizioni cruciali per la comprensione delle sue interazioni con fenomeni climatici a larga scala come l’ENSO e la QBO.

La Tabella 1 presenta un elenco dettagliato delle date centrali in cui sono stati identificati eventi di Vortice Polare Debole (WPV) e Vortice Polare Forte (SPV) nel corso del periodo invernale esteso tra il 1979 e il 2011, utilizzando i dati della rianalisi ERA-Interim. Questi dati sono essenziali per comprendere la dinamica del vortice polare stratosferico e le sue fluttuazioni estreme, che sono di fondamentale importanza per la meteorologia e la climatologia.
La prima colonna, denominata “Central date of WPV (33 events),” riporta le date specifiche di 33 eventi in cui il vortice polare è stato classificato come debole. Un evento WPV è definito dalla caduta del vento zonale medio zonale a 60ºN e 10 hPa sotto il 15° percentile della distribuzione climatologica giornaliera. Questo indica una notevole diminuzione dell’intensità del vortice, che può avere significative ripercussioni sul clima delle regioni adiacenti. Le date variano dal 23 novembre 1979, segnalando il primo evento registrato, fino al 26 gennaio 2010, indicando l’ultimo evento di questo tipo nel periodo osservato.
La seconda colonna, intitolata “Central date of SPV (32 events),” elenca invece le date di 32 eventi in cui il vortice polare è stato riconosciuto come forte. Gli eventi SPV si verificano quando il vento zonale a 60ºN e 10 hPa supera l’85° percentile della climatologia giornaliera, denotando un rafforzamento significativo del vortice. Questi eventi sono stati registrati a partire dal 16 gennaio 1980 fino all’8 febbraio 2011. La presenza di un vortice polare forte è associata a differenti pattern meteorologici rispetto a quelli riscontrati durante gli eventi WPV, spesso influenzando i modelli di circolazione atmosferica globale e le condizioni meteorologiche estreme nelle latitudini medie e alte.
Complessivamente, la tabella fornisce una panoramica cruciale delle variazioni temporali degli eventi estremi del vortice polare, offrendo dati vitali per l’analisi delle interazioni tra la stratosfera e la troposfera. Queste informazioni sono indispensabili per gli studi che cercano di prevedere e mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici e per migliorare l’accuratezza delle previsioni meteorologiche a lungo termine.
2.2 Analisi della Propagazione dell’Attività Ondulatoria Anomala e il Suo Impatto sul Flusso Stratosferico Medio
Nello studio della dinamica invernale dell’emisfero settentrionale, è essenziale comprendere come l’attività ondulatoria anomala influenzi il flusso stratosferico medio. Questa analisi si concentra sulla settimana che precede la manifestazione degli eventi di Vortice Polare Debole (WPV) e di Vortice Polare Forte (SPV), esaminando i compositi delle anomalie nel flusso di Eliassen-Palm e nella sua divergenza, una metodologia fondamentale per identificare le variazioni nel trasporto di momento ed energia nella stratosfera.
Il nostro esame si estende alla valutazione del flusso di calore eddy meridionale anomalo, una metrica critica per quantificare la quantità di energia trasportata verticalmente dall’atmosfera troposferica verso la stratosfera. Questa misura è strettamente collegata alla componente verticale del flusso di Eliassen-Palm, permettendo una valutazione diretta dell’impatto delle onde troposferiche sulla struttura e dinamica del vortice polare.
Per approfondire ulteriormente, l’analisi si avvale di filtri di trasformata di Fourier veloce per isolare i contributi specifici dei primi due numeri d’onda zonali. Questo dettaglio permette di distinguere le diverse modalità attraverso cui le onde atmosferiche influenzano la stratosfera, offrendo una visione più granulare delle dinamiche in gioco.
Inoltre, l’analisi non si limita a una semplice aggregazione spaziale, ma include anche la valutazione del flusso di calore eddy in specifiche regioni, consentendo di identificare le aree geografiche che più contribuiscono alla modifica dell’iniezione delle onde nella stratosfera. Questo approccio è completato dalla lisciatura dei dati di vento meridionale e temperatura con una media mobile di cinque giorni, che aiuta a filtrare le variazioni giornaliere e a concentrarsi sulle onde quasi stazionarie, le quali giocano un ruolo cruciale nelle dinamiche di lungo termine della stratosfera.
La ricerca delle regioni principali responsabili delle variazioni nell’iniezione delle onde è fondamentale per comprendere come le strutture di circolazione persistenti nella troposfera influenzino gli eventi estremi nella stratosfera. Questo lavoro di decomposizione e analisi delle diverse componenti del flusso di calore eddy fornisce intuizioni preziose su come le anomalie climatiche e meteorologiche modulino le onde climatologiche esistenti, influenzando così la dinamica complessiva del vortice polare.
2.3 Validazione Statistica dei Risultati
La significatività statistica dei risultati ottenuti attraverso l’analisi composita è verificata mediante un test Monte Carlo, impiegando 5000 campioni per garantire robustezza e affidabilità delle inferenze. Ogni campione è composto da blocchi di otto giorni consecutivi, scelti casualmente all’interno di ogni sub-periodo invernale analizzato, con l’accortezza di mantenere una separazione adeguata tra gli eventi per rispettare la distinzione tra eventi forti e deboli osservati.
Questo metodo di test statistico, integrato da un intervallo di confidenza del 95%, permette di stabilire con precisione la rilevanza delle anomalie osservate nei compositi rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare per caso, offrendo così una solida base per confermare le tendenze identificate nella dinamica del vortice polare in risposta all’attività ondulatoria atmosferica.
3 Risultati e Discussione
3.1 Analisi dell’Attività Ondulatoria Climatologica
In questo segmento della nostra analisi, ci dedichiamo allo studio della variabilità intra-stagionale dell’attività delle onde atmosferiche, mettendo in luce le differenze osservate tra i tre sub-periodi dell’inverno e l’attività ondulatoria tipica dell’intero periodo invernale esteso. Attraverso la Figura 2, presentiamo sezioni trasversali del flusso di Eliassen-Palm (E-P), della sua divergenza, e del vento zonale, rappresentate nel piano della latitudine (φ) e del logaritmo della pressione (log(p)), per i periodi definiti come inverno esteso, inizio inverno, metà inverno e fine inverno, corrispondenti rispettivamente ai mesi di ottobre-novembre-dicembre (OND), gennaio-febbraio (JF) e marzo-aprile (MA).
Il flusso E-P climatologico nei tre sub-periodi invernali mostra una conformità generale con quello dell’inverno esteso, tuttavia emergono differenze significative tra i periodi analizzati. Si evidenzia un’intensificazione dell’attività ondulatoria nella stratosfera subpolare durante la metà dell’inverno (JF), accompagnata da una marcata convergenza nella stratosfera, come illustrato dalla Figura 2c. Tale fenomeno suggerisce che la climatologia del flusso E-P nella stagione invernale estesa è prevalentemente influenzata dai processi dinamici propri dei mesi di metà inverno. Nei mesi di inizio (Figura 2b) e fine inverno (Figura 2d), la convergenza massima si localizza specificamente nella stratosfera subpolare, intorno ai 10 hPa e tra i 50ºN e 60ºN.
Proseguendo con l’analisi, la Figura 3 descrive la variabilità intra-stagionale del flusso di calore meridionale delle eddies (vʹTʹ) a 100 hPa. I massimi valori climatologici di vʹTʹ a 100 hPa durante l’inverno esteso sono rilevati nella stratosfera inferiore, tra i 50ºN e i 70ºN (Figura 3a), confermando i risultati delle sezioni trasversali del componente verticale del flusso E-P visualizzati nella Figura 2a. Si identificano due principali regioni di flussi positivi significativi, localizzate nella Siberia Orientale e Centrale, e una zona di flussi negativi intensi nel Nordovest del Canada. Differenze notevoli si manifestano tra i sub-periodi invernali; i valori più elevati di vʹTʹ a 100 hPa nella parte estrema orientale della Siberia sono osservati durante la metà dell’inverno (Figura 3c), mentre i centri di flusso positivo sopra la Scandinavia e la Siberia Centrale raggiungono i picchi più alti verso la fine dell’inverno (Figura 3d). Questi dati evidenziano la complessa dinamica stagionale e la distribuzione geografica delle interazioni termiche e dinamiche nell’atmosfera superiore.
3.2 Attività Ondulatoria Anomala Precedente gli Eventi Estremi
3.2.1 Propagazione dell’Attività Ondulatoria Media Zonale
Nell’ambito della nostra indagine sulle variazioni intra-stagionali relative all’attività ondulatoria anomala che precede gli eventi estremi, ci focalizziamo sull’analisi dei differenti sub-periodi invernali. La Figura 4, nella sua colonna sinistra, illustra i compositi di latitudine e altezza del flusso E-P anomalo e del vento zonale nella settimana antecedente agli eventi di riscaldamento della stratosfera polare (WPV). È evidente che, per i tre sub-periodi invernali considerati, l’attività ondulatoria risulta significativamente più intensa rispetto alla norma climatologica. Ciò si manifesta attraverso un marcato flusso E-P diretto verso l’alto e una decelerazione dell’eccezionale flusso medio, indotta dalle eddies nella stratosfera. Questo fenomeno sottolinea l’importanza cruciale delle onde planetarie nell’influenzare e modulare gli eventi WPV.
Questa dinamica tra l’attività ondulatoria anomala e il flusso zonale medio stratosferico invernale conduce a un indebolimento del vento zonale nella stratosfera extratropicale, proprio all’avvicinarsi degli eventi WPV. Durante l’analisi, emergono variazioni significative tra i sub-periodi invernali. Le anomalie più pronunciate del flusso E-P, della sua divergenza e del vento zonale si verificano durante il periodo di metà inverno (Fig. 4c), in linea con le osservazioni documentate da Solomon nel 2014. Inoltre, solo nel periodo di metà inverno, la propagazione ondulatoria anomala statisticamente significativa sopra i 10 hPa si estende fino alle regioni subtropicali.
Nella stratosfera equatoriale, si osserva una configurazione simile a quella del QBO orientale (EQBO), caratterizzata da venti orientali anomali nella parte inferiore della stratosfera e da venti occidentali sopra di essi, che precedono l’occorrenza degli eventi WPV all’inizio dell’inverno (Fig. 4a). Sebbene in misura minore, una struttura analoga a EQBO è rilevabile anche nei periodi di metà inverno, mentre per gli eventi WPV di fine inverno prevalgono i venti di tipo QBO occidentale (WQBO). Nonostante i venti zonali equatoriali anomali non raggiungano una significatività statistica al 95% di confidenza, queste strutture verticali risultano coerenti con le statistiche relative alle fasi del QBO e agli eventi di vortice debole illustrati nella Figura 1b.
La predominanza dell’EQBO nei WPV all’inizio dell’inverno (11 su 15 eventi) e a metà inverno (6 su 9 eventi) rispecchia la relazione teorizzata da Holton e Tan nel 1980, che correla le fasi del QBO con lo stato del vortice polare stratosferico. Tuttavia, il predominio del WQBO nella fase finale dell’inverno (6 su 9 eventi) sfugge a tale schema interpretativo, presumibilmente a causa della transizione predominante da WQBO a EQBO che si verifica principalmente nei mesi di primavera e estate (da aprile ad agosto), come documentato da Dunkerton nel 1990.
Nel quadro delle ricerche condotte sulle dinamiche stratosferiche invernali, i lavori di Gray (2003) e Gray et al. (2004) hanno apportato significativi contributi attraverso sperimentazioni su modelli che evidenziano una maggiore sensibilità della stratosfera polare alle fasi del QBO durante le prime fasi dell’inverno. Questi studi hanno rilevato che, con il progredire della stagione, il comportamento del flusso atmosferico diventa più non lineare, rendendo così più rilevante l’influenza delle regioni subtropicali e equatoriali della stratosfera superiore (Gray et al. 2004). Successivamente, White et al. (2016) hanno esaminato l’evoluzione stagionale dell’effetto Holton-Tan durante l’intero inverno dell’emisfero settentrionale, trovando una notevole corrispondenza con i risultati del presente studio. Hanno dimostrato che, sotto condizioni di EQBO all’inizio dell’inverno, si verifica un’intensificazione della circolazione meridionale nella bassa stratosfera e una convergenza delle onde nella stratosfera media ad alte latitudini, che conduce ad un indebolimento del vortice polare. Verso metà febbraio, si assiste a una graduale ripresa del vortice polare dall’indebolimento precedente, culminando in una forza anomala per quel periodo dell’anno (White et al. 2016).
Nell’analisi dell’attività ondulatoria nella settimana antecedente l’instaurarsi degli eventi di Sudden Polar Vortex (SPV), si osserva una generale debolezza rispetto alla climatologia ordinaria. La Figura 4, nella sua colonna di destra, illustra un flusso E-P anomalo discendente e una divergenza anomala positiva, equivalente a una riduzione della convergenza, nelle latitudini medie e alte durante i tre sub-periodi invernali. Le anomalie più marcate di attività ondulatoria, identificate prima degli eventi SPV, emergono nel periodo di metà inverno (Fig. 4d). Tuttavia, è nel tardo inverno che si registrano le anomalie più significative del vento zonale, specificatamente nella stratosfera extratropicale (Fig. 4f). È necessario trattare con cautela queste osservazioni a causa del limitato numero di eventi SPV registrati in questo periodo (solo quattro casi).
In contrasto con gli eventi di Warm Polar Vortex (WPV), la Figura 4b evidenzia la presenza di una struttura WQBO associata agli SPV all’inizio dell’inverno, un pattern già anticipato dalla Figura 1c, che documenta la prevalenza del WQBO durante gli eventi SPV in questo periodo (12 su 17 casi). Sebbene la struttura WQBO non risulti evidente né a metà né alla fine dell’inverno (Fig. 4d e Fig. 4f), gli eventi SPV si verificano durante la fase WQBO in otto dei undici casi a metà inverno e in tre dei quattro casi a fine inverno. Nonostante il numero limitato di casi renda problematico formulare conclusioni definitive sul potenziale legame tra le fasi del QBO e gli eventi estremi del vortice polare, i dati di ri-analisi indicano una tendenza per specifiche fasi del QBO durante gli eventi estremi identificati all’inizio e a metà inverno. Questi risultati sottolineano l’importanza di continuare ad esplorare queste dinamiche complesse per una migliore comprensione delle interazioni atmosferiche in condizioni estreme.

La figura illustra la climatologia del flusso di Eliassen-Palm e della sua divergenza durante diverse fasi dell’inverno esteso, coprendo un arco temporale dal 1979 al 2011. Ogni pannello della figura è dedicato a un particolare segmento della stagione invernale, offrendo una visualizzazione dettagliata delle variazioni atmosferiche che si verificano in periodi specifici.
Il Pannello (a) visualizza i dati per l’intera durata dell’inverno esteso, da ottobre a marzo. In questo pannello, i vettori rappresentano la direzione e l’intensità del flusso di Eliassen-Palm, che è una misura critica per comprendere il trasporto di quantità di moto ed energia attraverso le onde atmosferiche. Le ombreggiature indicano la divergenza del flusso di Eliassen-Palm, che è un indicatore della presenza di onde che depositano o assorbono quantità di moto nella stratosfera. Le linee di contorno sono utilizzate per rappresentare la velocità del vento zonale medio, che è essenziale per diagnosticare la struttura e la dinamica del vento a diverse latitudini.
Il Pannello (b) si concentra sui mesi di ottobre, novembre e dicembre, mostrando le caratteristiche atmosferiche relative all’inizio dell’inverno. Anche in questo caso, i vettori, le ombreggiature e le linee di contorno seguono lo stesso schema del pannello precedente, ma riflettono le condizioni specifiche di questo sub-periodo, che può essere caratterizzato da una configurazione dinamica diversa rispetto al resto dell’inverno.
Nel Pannello (c), l’attenzione si sposta sui mesi di gennaio e febbraio, rappresentando la metà dell’inverno. Questo periodo è spesso associato a intensificazioni del flusso di Eliassen-Palm e a variazioni significative nel vento zonale, che possono influenzare la dinamica del vortice polare e altri fenomeni meteorologici significativi.
Infine, il Pannello (d) copre i mesi di marzo e aprile, illustrando la fase finale dell’inverno. Le dinamiche visualizzate in questo pannello possono offrire spunti su come le transizioni stagionali verso la primavera influenzano le interazioni tra onde atmosferiche e circolazioni zonali.
Ogni pannello, quindi, non solo rappresenta distintamente le variazioni stagionali e sub-stagionali nel comportamento dei venti zonali e del flusso di Eliassen-Palm, ma offre anche una visione complessiva di come queste dinamiche atmosferiche cambiano nel corso dei diversi segmenti dell’inverno, fornendo una base per ulteriori indagini scientifiche e comprensioni meteorologiche.

La figura illustra in modo dettagliato la climatologia del flusso di calore meridionale delle eddies a un livello di pressione di 100 hPa, esaminando le variazioni di questo importante parametro climatico durante diverse fasi dell’inverno esteso, dal 1979 al 2011. La rappresentazione è suddivisa in quattro pannelli distinti, ciascuno corrispondente a un diverso segmento della stagione invernale, offrendo una panoramica comprensiva delle dinamiche termiche stagionali.
Nel Pannello (a), dedicato all’intero inverno esteso che copre i mesi da ottobre a marzo, osserviamo una visualizzazione aggregata delle interazioni termiche che si verificano durante questo ampio intervallo temporale. Le aree colorate sul mappa rappresentano l’intensità del flusso di calore, con zone rosse che indicano un flusso elevato e zone blu che denotano valori più bassi. Questo pannello fornisce una visione generale delle tendenze climatiche invernali, evidenziando come il calore viene trasportato attraverso diverse latitudini nel corso della stagione.
Il Pannello (b) si focalizza sull’inizio dell’inverno, includendo i mesi di ottobre, novembre e dicembre. Questo segmento offre una prospettiva più dettagliata sul comportamento iniziale del flusso di calore meridionale delle eddies, mostrando le variazioni regionali che emergono all’avvio della stagione fredda. L’analisi di questo periodo è fondamentale per comprendere come si stabiliscono i primi pattern climatici che influenzeranno i mesi successivi.
Passando al Pannello (c), che copre la metà dell’inverno nei mesi di gennaio e febbraio, vediamo generalmente un’intensificazione del trasporto di calore. Le colorazioni diventano più marcate, suggerendo un aumento delle attività dinamiche e termiche. Questo periodo è cruciale per analizzare le interazioni tra il vortice polare e la distribuzione di calore globale, poiché le condizioni meteorologiche estreme spesso si manifestano durante questi mesi.
Infine, il Pannello (d) esplora la fase finale dell’inverno, comprendendo marzo e aprile. Qui, le modifiche nella distribuzione del flusso di calore possono essere osservate in risposta alla transizione verso la primavera. Questo pannello aiuta a chiarire come le dinamiche termiche evolvono con l’indebolimento del vortice polare e l’incremento delle temperature più miti.
Ogni pannello di questa figura non solo dimostra come il flusso di calore meridionale delle eddies varia significativamente attraverso le diverse fasi dell’inverno, ma fornisce anche preziose informazioni sulla complessità delle interazioni climatiche e sulle loro implicazioni per la meteorologia e la climatologia globale.
3.2.2 Propagazione verticale dell’attività ondulatoria
Nell’ambito dello studio delle dinamiche atmosferiche legate agli estremi del vortice polare stratosferico, è fondamentale individuare le regioni geografiche da cui origina l’attività ondulatoria anomala. Questa attività è stata analizzata attraverso la creazione di composizioni basate su dati relativi al flusso di calore eddico meridionale anomalo, osservato a 100 hPa. In particolare, le figure 5 e 6 del nostro studio illustrano rispettivamente le attività relative ai vortici polari deboli (WPVs) e forti (SPVs), fornendo una panoramica chiara delle differenze regionali nell’attività ondulatoria prima degli eventi climatici estremi.
Dalle analisi risulta evidente che il comportamento climatologico dell’attività ondulatoria, nei giorni precedenti l’inizio degli eventi WPV, non solo si conforma ma tende a intensificarsi. Questo fenomeno è particolarmente marcato nelle aree principali di propagazione delle onde, sebbene l’intensità dell’anomalia varii in base ai diversi sottoperiodi dell’inverno. Le osservazioni suggeriscono che le anomalie più deboli si manifestano nei primi periodi dell’inverno, con cambiamenti significativi localizzati in specifiche regioni come la Siberia Centrale, il Mare di Bering e le aree che comprendono la Groenlandia e il Nord-est del Canada.
Inoltre, a metà inverno, la regione della Siberia Centrale mostra un evidente aumento dell’attività ondulatoria che precede gli eventi WPV. Questo aumento si accompagna a una notevole iniezione di attività ondulatoria nella stratosfera sopra lo Stretto di Bering, estendendosi più a est sul Canada rispetto ai valori climatologici medi. A confermare questa tendenza, il centro climatologico negativo situato sul Nord Canada si intensifica ancor più prima degli eventi WPV che si verificano verso la fine dell’inverno. Parallelamente, si registra un incremento significativo del centro climatologico positivo sopra lo Stretto di Bering e le regioni scandinave.
Il nostro studio riconosce analogie con le ricerche precedenti, come quella condotta da Garcia-Serrano et al. nel 2015, che hanno esaminato l’influenza della variabilità interannuale del ghiaccio marino artico sull’atmosfera dell’Euro-Atlantico in inverno. Questi studi hanno suggerito che le variazioni nel ghiaccio marino possono provocare risposte dinamiche significative nella struttura della pressione atmosferica a livello del mare durante i mesi invernali. Tuttavia, la nostra analisi delle concentrazioni di ghiaccio marino artico durante gli eventi di vortice debole ha mostrato una correlazione statistica bassa, lasciando aperte le questioni riguardo al ruolo esatto del ghiaccio marino nella modulazione della variabilità stratosferica nei primi periodi dell’inverno.
Concludendo, il rafforzamento osservato dell’attività ondulatoria prima degli eventi WPV sembra essere prevalentemente guidato dall’interazione tra le onde climatologiche esistenti e quelle anomale, evidenziata nelle colonne laterali delle nostre rappresentazioni grafiche. Tale interazione è particolarmente rilevante nelle regioni dove l’iniezione di attività ondulatoria nella stratosfera si mostra indebolita nei periodi di metà e fine inverno. Questi risultati enfatizzano la complessità e l’interdipendenza dei fenomeni atmosferici che regolano i cambiamenti climatici estremi, suggerendo un campo fertile per ulteriori indagini scientifiche.
L’analisi dell’attività ondulatoria atmosferica a 100 hPa che anticipa gli eventi di Vortice Polare Stratosferico (SPV) rivela dinamiche significative nella struttura e nell’intensità delle onde atmosferiche. In particolare, abbiamo osservato una diminuzione generalizzata dell’attività ondulatoria climatologica, che tipicamente si inietta nella stratosfera dalle principali regioni di propagazione delle onde durante gli eventi invernali. Questo modello di attività ondulatoria si mostra in modo coerente per tutti gli eventi SPV analizzati, sebbene le variazioni intra-stagionali siano marcate sia in termini di magnitudine che di ubicazione delle anomalie.
Ad esempio, durante gli eventi SPV di metà inverno, si registra una marcata riduzione dell’attività ondulatoria sopra l’Alaska e il nord Europa, indicando un cambiamento significativo rispetto ai centri climatologici tradizionali. Interessante notare che la struttura spaziale degli eventi SPV a metà inverno non coincide esattamente con quella dei centri climatologici usuali, suggerendo una possibile dislocazione o modifica dei pattern di propagazione delle onde atmosferiche. Proseguendo verso la fine dell’inverno, le analisi mostrano che il pattern spaziale tende a indebolire ulteriormente la struttura climatologica precedentemente osservata.
Analogamente a quanto riscontrato per gli eventi di Vortice Polare debole (WPV), anche per gli SPV è emerso che la modulazione delle onde climatologiche attraverso le anomalie ondulatorie rappresenta il fattore predominante nell’influenzare il comportamento del (vʹTʹ)a a 100 hPa. Questa interazione si mostra con intensità variabile nei diversi sottoperiodi dell’inverno, evidenziando un picco di attività particolarmente pronunciato durante la metà e la fine dell’inverno.
Per approfondire ulteriormente le differenze intra-stagionali, è stata esaminata l’evoluzione temporale dell’attività ondulatoria anomala in relazione agli eventi estremi del vortice polare. È stata particolarmente illuminante l’analisi della media del (vʹTʹ)a a 100 hPa tra i 45°N e 75°N, considerando separatamente i componenti dei numeri d’onda zonali 1 e 2. I risultati hanno rivelato che, per gli eventi WPV, il componente del numero d’onda 1 è stato preponderante nell’amplificare l’attività ondulatoria extratropicale media. Tuttavia, nei periodi di metà e fine inverno, anche il componente del numero d’onda 2 ha mostrato un aumento significativo nella settimana che precede gli eventi, suggerendo una complessa interazione tra i vari componenti ondulatori.
Questa dinamica è coerente con studi precedenti che hanno collegato il fenomeno della La Niña all’attivazione del componente del numero d’onda 2 prima degli eventi WPV di metà inverno. Tale legame è stato rinforzato dall’osservazione che numerosi eventi WPV in questo periodo erano stati preceduti da condizioni di La Niña, confermando l’influenza di questo fenomeno climatico sulle configurazioni ondulatorie nella stratosfera.
Relativamente agli SPV, l’analisi ha evidenziato una predominanza della riduzione del componente del numero d’onda 1 nella media del (vʹTʹ)a a 100 hPa, con le anomalie negative che si intensificano progressivamente prima dell’inizio degli eventi SPV di primo e metà inverno. Tuttavia, i valori anomali rimangono costantemente negativi anche durante gli eventi di fine inverno, sebbene non siano statisticamente significativi a causa del numero limitato di eventi analizzati. Questa persistente riduzione dell’attività ondulatoria potrebbe essere attribuita alla successione di eventi WPV durante il metà inverno, che sembra indebolire la propagazione delle onde planetarie troposferiche nel periodo successivo, noto come periodo di raffreddamento di fine inverno.
In sintesi, queste osservazioni suggeriscono una stretta interdipendenza tra le variazioni climatiche e le dinamiche ondulatorie atmosferiche, offrendo spunti significativi per comprendere meglio i meccanismi che regolano gli estremi del vortice polare stratosferico e le loro implicazioni sul clima globale.

La figura in esame illustra composizioni latitudinali ed altitudinali dei flussi di Eliassen-Palm anomali, le loro divergenze anomale, e le anomalie del vento zonale medio zonale, misurate la settimana precedente agli eventi del Vortice Polare debole (WPV) e del Vortice Polare forte (SPV). L’analisi è divisa in sei pannelli che corrispondono a tre intervalli temporali distinti dell’inverno: inizio, metà e fine.
In ciascuno dei pannelli, sono rappresentate due colonne: la colonna di sinistra visualizza i dati relativi agli eventi WPV, mentre quella di destra riguarda gli SPV. Questa disposizione permette un confronto diretto delle condizioni atmosferiche che caratterizzano ciascun tipo di evento in diversi momenti dell’inverno.
Le frecce nei pannelli indicano i flussi di E-P anomali, evidenziando specificamente la componente verticale quando questa risulta essere statisticamente significativa. Le frecce sono quindi un indicatore diretto delle variazioni significative nel trasporto di quantità di moto e energia all’interno dell’atmosfera superiore.
L’ombreggiatura, variabile in intensità, rappresenta la divergenza anomala di tali flussi, espressa come un cambiamento nel tempo delle dimensioni e delle direzioni dei flussi stessi. Aree con ombreggiature più intense segnalano regioni con maggiore divergenza, implicando significative modifiche nei modelli atmosferici che possono influenzare i comportamenti del vortice polare.
I contorni neri delineano le anomalie del vento zonale medio zonale, con i contorni gialli che ne sottolineano le caratteristiche statisticamente significative. Questi contorni sono cruciali per comprendere come le velocità del vento a varie altitudini differiscano dalla norma in periodi prossimi agli eventi di WPV e SPV, offrendo una visione più dettagliata della dinamica atmosferica.
Ciascun set di dati è stato analizzato con un approccio statistico rigoroso, impiegando un test Monte Carlo con 5000 campioni casuali per garantire un livello di confidenza del 95%. Ciò assicura che le osservazioni presentate siano non solo di interesse scientifico ma anche statisticamente robuste.
Complessivamente, i pannelli forniscono una rappresentazione visiva ed analitica delle interazioni dinamiche e dei cambiamenti atmosferici che precedono gli eventi di WPV e SPV. Questi dati sono fondamentali per gli studi climatologici e meteorologici che cercano di prevedere e comprendere meglio l’impattante fenomeno del vortice polare, con le sue estese conseguenze sul clima globale.
3.3 Analisi delle Strutture Circolatorie Troposferiche Anomale Precedenti gli Estremi del Vortice Polare
Nell’ambito dello studio delle dinamiche atmosferiche associate agli eventi estremi del vortice polare stratosferico, emerge l’importanza di esplorare le interazioni tra le strutture circolatorie della media troposfera e l’attività ondulatoria anomala. Questo segmento dell’analisi si concentra sullo studio di tali strutture, con l’obiettivo di identificare eventuali collegamenti causali o correlazioni significative che possano contribuire a una migliore comprensione dei meccanismi sottostanti che influenzano la formazione e l’intensificazione dei vortici polari stratosferici.
La metodologia adottata prevede l’analisi di compositi dell’altezza geopotenziale a 500 hPa (Z500), rilevata nella settimana precedente all’inizio degli eventi di Vortice Polare debole (WPV) e Vortice Polare forte (SPV), durante i diversi sottoperiodi dell’inverno. Questo livello di altezza geopotenziale è particolarmente rilevante poiché rappresenta una regione chiave per la comprensione delle dinamiche troposferiche e delle loro interazioni con la stratosfera superiore.
Al fine di approfondire l’analisi, si è inclusa anche l’osservazione delle altezze geopotenziali eddiche climatologiche a 500 hPa. Questo permette di esaminare le interazioni tra le onde climatologiche standard e quelle anomale che si manifestano in prossimità degli eventi estremi. L’obiettivo è di identificare le possibili interferenze costruttive o distruttive che queste interazioni possono generare. Tali interferenze sono di fondamentale importanza per comprendere come le strutture ondulatorie possano amplificare o attenuare le anomalie nella circolazione atmosferica, influenzando così direttamente la dinamica del vortice polare.
L’analisi delle anomalie nell’altezza geopotenziale fornisce dunque una visione dettagliata delle variazioni della circolazione atmosferica che precedono gli estremi del vortice polare. Attraverso questa indagine, si cerca di decifrare il complesso dialogo tra la troposfera e la stratosfera, che è cruciale per la previsione e la comprensione degli impatti dei cambiamenti climatici estremi sul sistema atmosferico globale.
In sintesi, l’approccio adottato in questa sezione mira non solo a identificare le anomalie specifiche associate agli eventi estremi del vortice polare, ma anche a comprendere come le dinamiche troposferiche influenzano e sono influenzate da tali eventi. Questo sforzo analitico contribuisce in modo significativo alla letteratura scientifica esistente, fornendo nuove prospettive e dettagli sulle interazioni atmosferiche che precedono e potenzialmente precipitano gli estremi meteorologici collegati ai vortici polari.
3.3.1 Analisi degli Eventi di Vortice Polare Debole (WPV)
L’analisi delle strutture circolatorie troposferiche anomale prima degli eventi di vortice polare debole (WPV) durante l’inverno rivela differenze significative nei pattern circolatori tra i diversi sottoperiodi della stagione. Questi cambiamenti sono illustrati dettagliatamente nella Figura 8, dove si osservano distinti centri di azione nelle diverse fasi dell’inverno, che suggeriscono una complessa interazione tra le onde climatologiche e quelle anomale.
All’inizio dell’inverno, il pattern di circolazione anomala mostra una configurazione che richiama la struttura dell’onda zonale numero uno (WN1), caratterizzata da due principali centri di azione: un massimo geopotenziale positivo situato sulla Groenlandia e la Siberia Occidentale, e un minimo negativo sulla Siberia Orientale. Questa disposizione si trova in prossimità delle strutture climatologiche dominanti, ovvero la cresta eurasiatica e il solco del Pacifico, suggerendo un’intensificazione delle stesse attraverso un meccanismo di interferenza costruttiva. I dati relativi al flusso di calore eddico mostrano che tali interazioni sono non solo presenti ma risultano in un effettivo rafforzamento dell’onda WN1, come evidenziato dalla Figura 7a. Questo fenomeno è simile alle osservazioni di García-Serrano et al. (2015), che hanno documentato pattern simili a 200 hPa associati alla diminuzione della concentrazione di ghiaccio marino nei mari di Barents-Kara, confermando ulteriormente la relazione tra le variazioni climatiche regionali e le anomalie della circolazione atmosferica.
A metà inverno, l’analisi del geopotenziale a 500 hPa (Z500) rivela una combinazione più complessa delle strutture WN1 e WN2. I principali centri di anomalie si manifestano ancora una volta sulla Siberia, sia occidentale che orientale, con aggiunte di minor intensità sopra il Canada e la Groenlandia, quest’ultimo senza significatività statistica. Le anomalie positive di Z500 sul Canada appaiono disallineate rispetto alle eddies climatologiche, risultando in un impatto ridotto sulle interazioni generali. Tuttavia, queste possono influenzare l’iniezione di attività ondulatoria anomala nella stratosfera, un fenomeno osservato durante il Major Sudden Warming (MSW) di gennaio 2009, come descritto da Ayarzagüena et al. (2011). Inoltre, le anomalie di Z500 interagiscono costruttivamente con le onde WN1 e WN2, facilitando un incremento dell’attività di queste onde, in linea con quanto osservato nella Figura 7c.
Il contesto mid-winter è ulteriormente arricchito dalla presenza di blocchi atmosferici sopra la Siberia, un fenomeno spesso influenzato dagli eventi La Niña, come indicato da Barriopedro e Calvo (2014). Questi blocchi tendono a potenziare l’attività dell’onda WN2, una correlazione confermata dagli studi di Nishii et al. (2011) e riflessa nei risultati presentati nella Figura 5f.
In conclusione, l’analisi delle strutture circolatorie troposferiche anomale prima degli eventi WPV illustra un quadro intricato e dinamico, dove le interazioni tra le diverse scale di moti atmosferici e le loro risposte ai cambiamenti climatici regionali giocano un ruolo cruciale nel modellare i fenomeni meteorologici estremi associati al vortice polare. Queste osservazioni offrono spunti preziosi per la comprensione delle dinamiche atmosferiche su scala globale, essenziali per affinare le previsioni meteo-climatiche e per studiare l’impatto dei cambiamenti climatici sulle circolazioni atmosferiche invernali.Nel tardo inverno, l’analisi delle strutture circolatorie evidenzia una combinazione complessa dei pattern WN1 e WN2, simile a quanto osservato a metà inverno, ma con caratteristiche distintive significative. In particolare, il centro delle anomalie negative, situato sulla Groenlandia, emerge come il più pronunciato e si estende verso est oltre la sua posizione abituale. Questo minimo anomalo si posiziona vicino al solco climatologico del nord-est americano, amplificando quindi la struttura esistente. Questa dinamica contribuisce a intensificare le condizioni meteorologiche tipiche della regione, influenzando potenzialmente anche le condizioni climatiche a vasto raggio.
Contrariamente al periodo di metà inverno, i centri di anomalie positive e negative dello Z500 presentano un’intensità ridotta e sono più contenuti geograficamente, concentrati prevalentemente sull’area del Pacifico. Nonostante la riduzione generale delle intensità, le anomalie mantengono una sincronia con gli antinodi delle onde climatologiche, e l’interferenza costruttiva tra queste e le onde anomale rimane statisticamente significativa, come evidenziato nella Figura 5i.
Proseguendo l’indagine sugli effetti di queste strutture circolatorie anomale, abbiamo esaminato in modo approfondito l’attività delle onde WN1 e WN2 che si propagano verso l’alto, basandoci sui dati illustrati nella Figura 8. La Figura 9 fornisce un’analisi dettagliata attraverso sezioni trasversali dell’altezza geopotenziale eddica anomala e climatologica, media calcolata tra i 55°N e 75°N. Questa latitudine è stata scelta per corrispondere alle regioni dove si osservano i principali centri di anomalie di Z500 e le altezze geopotenziali eddiche climatologiche. I risultati indicano una consistenza nella fase delle onde anomale WN1 e WN2 con quelle climatologiche, suggerendo una dinamica coerente lungo l’arco dell’inverno.
Nel dettaglio, durante l’inizio dell’inverno, l’onda anomala WN1 si dimostra in fase con l’onda climatologica e mostra una propagazione verso l’alto, caratterizzata da un’inclinazione verso ovest con l’altezza. Questo comportamento corrobora il potenziamento dell’onda WN1 in questo periodo, come anticipato. A 500 hPa, le strutture di fase delle onde corrispondono alle ubicazioni delle anomalie identificate nella Figura 8a, con il minimo siberiano orientale e i massimi su Groenlandia e Siberia Occidentale. Al contrario, l’onda anomala WN2 non mostra interazioni significative con l’onda climatologica durante il primo periodo dell’inverno.
Verso la metà e la fine dell’inverno, sia le onde WN1 che WN2 presentano una configurazione che rimane in fase con le onde climatologiche, evidenziando un’inclinazione verso ovest con l’altezza e confermando l’intensificazione di queste onde che precede gli eventi di WPV. Queste osservazioni sono fondamentali per comprendere le dinamiche atmosferiche in gioco e per prevedere l’impatto delle variazioni climatiche sulle strutture circolatorie a scala globale.

La Figura 5 fornisce una rappresentazione dettagliata e strutturata dei compositi del flusso di calore eddico meridionale anomalo misurato a 100 hPa, esaminato nella settimana antecedente agli eventi di Vortice Polare debole (WPV) durante i diversi sottoperiodi dell’inverno. Le tre righe della figura sono dedicate ai tre momenti chiave dell’inverno: l’inizio, la metà e la fine, mostrando rispettivamente 15, 9 e 9 eventi. Questa suddivisione permette un confronto sistematico delle dinamiche atmosferiche stagionali relative agli eventi WPV.
Nella colonna di sinistra di ciascuna fila, viene visualizzato il flusso di calore eddico meridionale anomalo totale. Questa visualizzazione rivela le variazioni predominanti nel trasporto di calore dall’equatore verso i poli, evidenziando aree di intensa attività e di deviazioni significative rispetto alla norma climatologica. Le anomalie qui rappresentate sono cruciali per comprendere come i cambiamenti nella distribuzione del calore possano influenzare o precipitare eventi meteorologici estremi.
Le colonne centrale e destra approfondiscono l’analisi, esplorando i termini specifici che contribuiscono al flusso di calore eddico complessivo. Queste sezioni disegnano una mappa più dettagliata delle interazioni fisiche all’interno dell’atmosfera, scomponendo il flusso totale in componenti che evidenziano le dinamiche di interazione tra diverse masse d’aria e configurazioni di pressione. La colonna centrale può, ad esempio, illustrare il contributo delle variazioni di temperatura, mentre la colonna destra potrebbe focalizzarsi sulle modifiche nella velocità del vento o altre proprietà dinamiche.
Le regioni tratteggiate in ogni pannello denotano significatività statistica al 95% confidenza, calcolata attraverso un test tipo Monte Carlo con 5000 campioni casuali. Questa metodologia statistica rigorosa assicura che le anomalie identificate non siano il frutto del caso, ma riflettano piuttosto cambiamenti ambientali autentici e rilevanti. L’identificazione di queste aree tratteggiate è fondamentale per focalizzare l’attenzione su zone chiave dove l’attività atmosferica anomala è particolarmente pronunciata e potenzialmente collegata a meccanismi di amplificazione o mitigazione degli eventi WPV.
In conclusione, la Figura 5 offre una panoramica comprensiva e dettagliata delle fluttuazioni del flusso di calore nella troposfera superiore e delle sue componenti contributive nei periodi critici precedenti gli eventi di Vortice Polare debole. Attraverso queste osservazioni, i ricercatori possono meglio isolare e studiare le specifiche interazioni atmosferiche che precedono questi fenomeni climatici estremi, contribuendo così significativamente alla nostra comprensione delle dinamiche climatiche globali.

La Figura 6 fornisce un’analisi dettagliata della variabilità del flusso di calore eddico meridionale anomalo e dei suoi componenti, questa volta associata agli eventi di Vortice Polare forte (SPV). Analogamente alla Figura 5, che si concentra sugli eventi di Vortice Polare debole (WPV), questa rappresentazione si suddivide in tre sezioni corrispondenti ai principali sottoperiodi invernali, permettendo così di esaminare l’evoluzione stagionale delle anomalie. In particolare, i dati mostrano i compositi relativi a 17 eventi di SPV verificatisi all’inizio dell’inverno (fila superiore), 11 eventi a metà inverno (fila centrale) e 4 eventi alla fine dell’inverno (fila inferiore). Questa suddivisione consente di individuare differenze sostanziali nella dinamica atmosferica legata agli eventi SPV nei diversi periodi dell’inverno.
La struttura della figura è articolata in tre colonne, ognuna delle quali mostra aspetti distinti delle anomalie del flusso di calore eddico meridionale.
- La colonna di sinistra rappresenta il flusso di calore eddico meridionale anomalo totale (VʹTʹa), illustrando le variazioni predominanti nel trasporto di calore dalla troposfera alla stratosfera. Le aree colorate indicano le zone in cui si verificano le anomalie più pronunciate, evidenziando i meccanismi che influenzano il raffreddamento o il riscaldamento della stratosfera prima degli eventi di SPV. L’analisi di questo parametro è fondamentale per comprendere come i cambiamenti nella propagazione delle onde planetarie possano alterare la stabilità del vortice polare, contribuendo al suo rafforzamento.
- La colonna centrale mostra il contributo delle anomalie nell’interazione tra vento e temperatura eddica (VʹaTʹa), che rappresenta una componente essenziale nel determinare il grado di scambio di energia tra la troposfera e la stratosfera. Attraverso questa visualizzazione, è possibile individuare le regioni in cui le perturbazioni atmosferiche risultano più intense, suggerendo un possibile legame tra la circolazione troposferica e le variazioni nella dinamica del vortice polare.
- La colonna di destra evidenzia un altro termine critico del flusso di calore eddico meridionale (VʹcTʹa + VʹaTʹc), che rappresenta la modulazione delle onde climatologiche da parte delle anomalie ondulatorie. Questo parametro aiuta a comprendere se l’anomalia osservata sia il risultato di un’amplificazione o di un indebolimento delle onde planetarie esistenti. L’interazione tra onde climatologiche e anomalie è infatti un meccanismo chiave nella modulazione del trasporto di energia verticale e può fornire preziose informazioni sulle condizioni che precedono un evento SPV.
Un aspetto cruciale della figura è rappresentato dalle aree tratteggiate, che segnalano le regioni in cui le anomalie del flusso di calore eddico meridionale sono statisticamente significative al 95% di confidenza, sulla base di un test Monte Carlo con 5000 campioni casuali. Questo garantisce che le variazioni osservate non siano il risultato di fluttuazioni casuali, ma riflettano processi atmosferici effettivamente rilevanti e riconducibili alla dinamica del vortice polare.
Dal confronto tra le diverse righe della figura emergono pattern distinti nei diversi sottoperiodi invernali. Nella prima fila, corrispondente agli eventi SPV di inizio inverno, si osservano anomalie distribuite in modo relativamente simmetrico, con un trasporto di calore generalmente più debole. A metà inverno, le anomalie risultano più marcate, con un’influenza crescente delle onde planetarie, come indicato dalla colonna di destra. Questo suggerisce una maggiore interazione tra onde climatologiche e anomalie troposferiche, un elemento che potrebbe influenzare l’evoluzione del vortice polare. Nella fila inferiore, relativa agli eventi SPV di fine inverno, si notano anomalie più localizzate e meno diffuse, probabilmente a causa della minore frequenza di tali eventi in questa fase stagionale.
In conclusione, la Figura 6 fornisce un’analisi approfondita del comportamento del flusso di calore eddico meridionale e delle sue componenti nei diversi periodi dell’inverno precedenti agli eventi SPV. Le variazioni osservate suggeriscono che la dinamica dell’interazione tra onde troposferiche e stratosferiche svolge un ruolo fondamentale nel determinare la forza e la persistenza del vortice polare. Comprendere questi processi è essenziale per migliorare la previsione degli eventi di rafforzamento del vortice polare e il loro impatto sulle condizioni meteorologiche su scala emisferica.
3.3.2 Dinamiche degli Eventi di Vortice Polare Forte (SPV)
A differenza degli eventi di Vortice Polare debole (WPV), le configurazioni atmosferiche precedenti gli eventi SPV mostrano dinamiche notevolmente diverse. In particolare, nei tre sottoperiodi invernali analizzati, la disposizione delle anomalie di Z500 durante gli eventi SPV si caratterizza per la presenza di un centro di anomalie negative sulla Siberia Occidentale e un centro di anomalie positive sulla Siberia Orientale-Pacifico. Questa configurazione è stata confermata anche da studi precedenti, come quello di Kolstad e Charlton-Perez (2011), che hanno identificato un modello simile negli inverni estesi (DJFM). Questi centri sono posizionati vicino agli elementi classici della circolazione atmosferica, come la cresta eurasiatica e il solco del Pacifico, ma tendono a mitigare il modello ondulatorio climatologico, suggerendo un’influenza significativa sugli schemi atmosferici regionali.
Un aspetto rilevante è l’intensità variabile di queste anomalie nei diversi periodi dell’inverno. Nei mesi iniziali della stagione fredda, le anomalie risultano meno marcate rispetto a quelle osservate nei periodi successivi. In particolare, l’alta pressione anomala sulla Siberia Orientale gioca un ruolo chiave nell’inibire l’attività ondulatoria attraverso l’interazione con l’onda climatologica, contribuendo significativamente alla stabilizzazione della struttura del vortice in questa fase. I dati di interazione del flusso di calore confermano questa dinamica, con valori negativi statisticamente significativi che indicano un effetto inibitorio sulle onde atmosferiche.
Durante il periodo di metà inverno, emerge una fase pseudo-negativa del pattern Pacifico-Nord Americano, come illustrato nella figura 8d. Questo schema è noto per indebolire il minimo climatologico sulla Siberia Orientale-Pacifico, influenzando negativamente la componente WN1 dell’attività ondulatoria. Questo fenomeno è stato documentato in studi precedenti che hanno osservato configurazioni simili sopra il Pacifico occidentale prima di un raffreddamento stratosferico polare, evidenziando una correlazione tra i modelli climatici regionali e le variazioni stratosferiche.
Nel tardo inverno, le anomalie di Z500 sulla Siberia Centrale si intensificano ulteriormente rispetto agli altri sottoperiodi, con un modello di circolazione anomalo che assume una configurazione simile a quella dell’onda WN1, ma in fase opposta rispetto all’onda climatologica. Questa opposizione fa sì che vi sia una soppressione dell’attività dell’onda WN1, come mostrato nella figura 7f, indicando un’inversione del normale rafforzamento stagionale delle onde atmosferiche.
Per validare ulteriormente queste osservazioni, abbiamo analizzato le onde WN1 e WN2 in propagazione verso l’alto, come illustrato nella figura 10. Le onde WN1 anomale mostrano una fase opposta rispetto alle onde climatologiche nella troposfera e stratosfera, indicando un’interferenza distruttiva tra le due. Inoltre, durante la metà e la fine dell’inverno, mentre l’onda WN2 anomala sembra allinearsi con l’onda climatologica, l’effetto complessivo dell’inibizione dell’onda WN1 è predominante, mostrando come le dinamiche specifiche di queste onde possano avere un impatto critico sulla modulazione del clima e sul comportamento del vortice polare.
Questi risultati enfatizzano l’importanza di comprendere le interazioni dinamiche tra le anomalie troposferiche e stratosferiche e il loro impatto sulle grandi scale di circolazione atmosferica, contribuendo così a una più profonda comprensione dei meccanismi che regolano gli eventi estremi legati ai vortici polari.

La Figura 7 presenta un’analisi dettagliata dell’evoluzione temporale del flusso di calore meridionale anomalo v′T′ a 100 hPa, estesa su un arco temporale che va da 15 giorni prima a 15 giorni dopo l’occorrenza degli eventi di Vortice Polare debole (WPV) e Vortice Polare forte (SPV). Il grafico è articolato in sei pannelli, suddivisi in due colonne distinte che rappresentano rispettivamente gli eventi WPV (colonna sinistra) e SPV (colonna destra), con ogni fila dedicata a uno specifico sotto-periodo dell’inverno: inizio, metà e fine inverno.
Ogni pannello del grafico mostra le variazioni del flusso di calore per differenti numeri d’onda zonali: il numero d’onda 1 (rappresentato dalla linea rossa), il numero d’onda 2 (linea verde) e la somma di tutti i numeri d’onda (linea blu). Questa suddivisione consente di esaminare la specifica contribuzione di ciascun numero d’onda all’attività complessiva del flusso di calore e di visualizzare come questa interagisce con la dinamica atmosferica legata agli eventi di vortice polare.
Analisi dei Pannelli WPV:
- (a, c, e) Eventi WPV durante i tre sottoperiodi dell’inverno: In questi grafici, si osserva una variazione significativa nell’intensità del flusso di calore meridionale anomalo. Il picco nelle linee rosse e verdi può indicare un aumento dell’attività delle onde atmosferiche che precedono direttamente l’evento di WPV. La variazione di intensità tra i diversi sottoperiodi può riflettere le fluttuazioni stagionali o le specifiche condizioni meteorologiche che potrebbero influenzare la stabilità del vortice polare.
Analisi dei Pannelli SPV:
- (b, d, f) Eventi SPV durante i tre sottoperiodi dell’inverno: I grafici relativi agli SPV mostrano una dinamica meno intensa rispetto agli WPV, con fluttuazioni più contenute delle linee rosse e verdi. Questo suggerisce che gli eventi SPV potrebbero essere influenzati da meccanismi dinamici differenti o che il vortice polare forte è meno sensibile alle variazioni del flusso di calore meridionale rispetto al vortice polare debole.
Significatività Statistica:
- Asterischi nei grafici: Gli asterischi presenti indicano i punti in cui le misurazioni del flusso di calore raggiungono una significatività statistica del 95%, confermata attraverso test di Monte Carlo con 5000 campioni casuali. Questi punti di significatività statistica sono fondamentali per confermare che le variazioni osservate non sono il risultato di fluttuazioni casuali ma sono piuttosto indicative di veri cambiamenti nella dinamica atmosferica associata agli eventi di vortice polare.
In conclusione, la Figura 7 fornisce una comprensione approfondita delle interazioni tra i flussi di calore meridionali anomali e gli eventi di vortice polare, mettendo in luce le differenze sostanziali tra gli eventi WPV e SPV e tra i vari sottoperiodi dell’inverno. Questa analisi è cruciale per decifrare il ruolo delle onde atmosferiche e del trasporto di calore nelle dinamiche del vortice polare, offrendo spunti preziosi per la previsione e la comprensione dei cambiamenti climatici estremi.

La Figura 8 presenta una serie di compositi che illustrano l’altezza geopotenziale anomala a 500 hPa, misurata per la settimana precedente agli eventi di Vortice Polare debole (WPV) e Vortice Polare forte (SPV), distribuiti in sei pannelli organizzati in due colonne. La colonna di sinistra dettaglia gli eventi WPV mentre quella di destra gli eventi SPV. Ogni fila corrisponde a un diverso sottoperiodo invernale, mostrando le variazioni per l’inizio inverno (fila superiore), metà inverno (fila centrale) e fine inverno (fila inferiore).
All’interno di ogni pannello, le anomalie dell’altezza geopotenziale sono rappresentate attraverso un sistema di colorazione, dove le tonalità di blu indicano valori negativi e quelle di rosso valori positivi. Queste anomalie suggeriscono rispettivamente abbassamenti e innalzamenti della pressione atmosferica rispetto al valore medio. Le aree tratteggiate segnalano la significatività statistica di queste anomalie, confermata attraverso un test Monte Carlo con 5000 campioni, con un livello di confidenza del 95%. Questo metodo assicura che le anomalie osservate non siano frutto di variazioni casuali ma indicativi di cambiamenti atmosferici effettivi.
I contorni in grigio e arancione rappresentano l’altezza geopotenziale eddica climatologica a 500 hPa, con gli intervalli di contorno impostati a 30 gpm. Questi contorni fungono da benchmark per valutare quanto le anomalie attuali si discostino o si allineino con i pattern climatologici storici. Una prossimità tra le anomalie attuali e i contorni climatologici potrebbe indicare un rafforzamento delle onde atmosferiche esistenti, mentre una maggiore distanza può suggerire un cambiamento atmosferico significativo.
L’analisi di queste configurazioni fornisce intuizioni critiche su come gli eventi WPV e SPV modifichino o siano influenzati dalla circolazione atmosferica generale. Ad esempio, la differenza nella disposizione e intensità delle anomalie tra gli eventi WPV e SPV potrebbe riflettere modalità distinte di interazione tra la dinamica del vortice polare e le configurazioni atmosferiche predominanti. Inoltre, la variazione delle anomalie attraverso i sottoperiodi invernali offre una prospettiva sulle dinamiche stagionali e su come queste influenzino o siano influenzate da eventi estremi del vortice polare.
In sintesi, la Figura 8 offre una panoramica esaustiva e dettagliata delle dinamiche di altezza geopotenziale in risposta a eventi atmosferici estremi, illustrando come queste variazioni geopotenziali si collocano rispetto agli schemi climatici a lungo termine e come variino significativamente tra i diversi stadi dell’inverno. La comprensione di questi pattern è essenziale per decifrare il comportamento del vortice polare e per anticipare le possibili implicazioni climatiche associate a tali eventi estremi.

La Figura 9 fornisce una rappresentazione dettagliata delle componenti dell’altezza geopotenziale anomala associate agli eventi di Vortice Polare debole (WPV), specificamente per le onde zonali WN1 e WN2, analizzate nella settimana precedente a tali eventi. Questi dati sono stati raccolti e mediati tra i 55ºN e 75ºN, e sono visualizzati in sei distinti pannelli organizzati in due colonne che corrispondono alle onde WN1 (colonna di sinistra) e WN2 (colonna di destra), attraverso i tre sottoperiodi dell’inverno: inizio inverno (fila superiore), metà inverno (fila centrale) e fine inverno (fila inferiore).
Le ombreggiature nei grafici rappresentano le anomalie dell’altezza geopotenziale a 500 hPa, con le tonalità di rosso che indicano valori positivi e le tonalità di blu che indicano valori negativi. Queste anomalie riflettono variazioni nella pressione atmosferica che possono influenzare la dinamica del vortice polare e la circolazione atmosferica generale. Le aree tratteggiate denotano regioni in cui queste anomalie sono statisticamente significative al 95% di confidenza, come determinato da un test di Monte Carlo con 5000 campioni casuali, assicurando che le osservazioni non siano attribuibili a mere fluttuazioni casuali ma a cambiamenti sostanziali nella struttura atmosferica.
I contorni neri tratteggiati e pieni visualizzano le componenti climatologiche delle onde WN1 e WN2 rispettivamente per le altezze geopotenziali negative e positive. Questi contorni forniscono un contesto per valutare come le anomalie attuali si confrontano con i modelli climatologici a lungo termine, offrendo una prospettiva su come le condizioni anomale possano rafforzare o deviare dalle configurazioni atmosferiche tipiche.
L’analisi dei pannelli fornisce insight critici sui comportamenti stagionali del flusso atmosferico e sull’impatto di questi pattern anomali:
- Inizio Inverno: Rivela come le anomalie iniziali possano stabilire le condizioni che influenzano la dinamica del vortice polare durante l’intero inverno.
- Metà Inverno: Offre una visione delle interazioni più intense e complesse tra le anomalie geopotenziali e la dinamica del vortice, tipiche del picco della stagione invernale.
- Fine Inverno: Esplora il declino o la transizione delle condizioni atmosferiche, che potrebbero segnalare l’adattamento del sistema climatico verso la primavera.
In conclusione, la Figura 9 non solo illustra la variabilità significativa delle altezze geopotenziali durante eventi WPV ma evidenzia anche l’importanza di comprendere le fluttuazioni verticali e geografiche di tali anomalie per anticipare e interpretare le dinamiche complesse del vortice polare. L’analisi dettagliata delle onde WN1 e WN2 amplia ulteriormente la nostra comprensione delle forze atmosferiche in gioco, offrendo spunti fondamentali per la previsione meteorologica e la ricerca climatica.
Analisi Evolutiva delle Anomalie nella Circolazione Stratosferica a 60ºN e le Loro Implicazioni Climatiche
La comprensione delle dinamiche stratosferiche e il loro impatto sul clima globale richiede un’analisi approfondita delle anomalie del vento zonale medio zonale, particolarmente a latitudini elevate. La Figura 11 illustra con precisione le variazioni temporali e altitudinali di tali anomalie, monitorate durante un periodo esteso di 180 giorni, centrato sull’insorgenza di eventi estremi atmosferici. Questa analisi è cruciale per decifrare le interazioni tra la stratosfera e la troposfera e le loro implicazioni per la variabilità climatica stagionale.
Caratterizzazione Pre-evento e Post-evento dei Vortici Polari
Le anomalie del vento zonale mostrano comportamenti distintivi tra i vortici polari caldi (WPV) e i vortici polari forti (SPV). Prima dell’evento, si osservano anomalie positive che suggeriscono un rafforzamento del flusso zonale medio. Tuttavia, dopo l’evento, emerge una riduzione marcata di tale intensità, particolarmente evidente nei WPV, in linea con Baldwin e Thompson (2009). Questo riflette un’affievolimento del vortice, con gli SPV che mostrano un’inversione delle anomalie precedute da anomalie negative più deboli.
Persistenza delle Anomalie nella Troposfera Superiore e Interazioni Barocline
Le anomalie osservate rimangono confinate nella troposfera superiore, dove sono capaci di influenzare significativamente l’attività baroclina. Questa persistenza modula potenzialmente i pattern meteorologici a larga scala, un fenomeno documentato da Baldwin et al. (2003). La comprensione di queste dinamiche è essenziale per interpretare la cascata di processi che influenzano il clima a latitudini medie e alte.
Variabilità Intra-stagionale e Precondizionamento del Vortice nei WPV
I WPV mostrano una chiara variabilità intra-stagionale durante l’inverno esteso. All’inizio dell’inverno, sono spesso preceduti da anomalie negative deboli e non significative, mentre in metà e fine inverno si osserva un precedente rafforzamento del vortice polare. Questo schema di precondizionamento è corroborato dallo studio di Albers e Birner (2014), che hanno evidenziato come la predisposizione del vortice prima dei Major Sudden Warming sia correlata all’intensificazione dell’attività delle onde di Rossby WN2.
Dinamiche degli SPV e Implicazioni dei Pattern Anomali Tardivi
A differenza dei WPV, gli SPV sono influenzati dal rilassamento radiativo con una scala temporale più estesa. Gli SPV di fine inverno sono preceduti da anomalie negative, evidenziando una complessa interazione tra la propagazione delle onde planetarie e gli eventi WPV precedenti. Questa dinamica sottolinea la riduzione della propagazione delle onde planetarie osservata dopo gli eventi WPV, come indicato dalla Figura 7f.
In conclusione, l’esame dettagliato dell’evoluzione temporale delle anomalie del vento zonale alla latitudine di 60ºN offre preziose intuizioni sulle dinamiche stratosferiche e il loro impatto sul sistema climatico della troposfera. Queste osservazioni non solo supportano studi precedenti ma aprono anche nuove prospettive per indagare l’interazione onda-flusso e i suoi effetti sul clima terrestre.

La figura in esame illustra una serie di diagrammi temporali-altitudinali che rappresentano le anomalie del vento zonale durante eventi caratterizzati da un Vortice Polare Forte (SPV). Ogni pannello, suddiviso per diversi periodi stagionali e classificato secondo l’attività delle onde planetarie di primo e secondo tipo (WN1 e WN2), offre una rappresentazione dettagliata delle dinamiche atmosferiche stratosferiche.
I pannelli (a) e (b) si focalizzano sui mesi di Ottobre, Novembre e Dicembre (OND), mostrando le anomalie relative a questi mesi di transizione autunnale. Le onde WN1, che si caratterizzano per avere una singola cresta e una singola depressione per ciclo longitudinale, e le onde WN2, con due creste e due depressioni, sono rappresentate separatamente. Le regioni colorate in rosso indicano anomalie positive del vento zonale, suggerendo venti più forti della media, mentre le aree blu indicano anomalie negative, ossia venti più deboli.
Procedendo ai pannelli (c) e (d), l’attenzione si sposta sui mesi invernali di Gennaio e Febbraio (JF). Questi diagrammi illustrano come le strutture delle onde WN1 e WN2 influenzino diversamente la circolazione, riflettendo le variazioni nella dinamica del vortice polare rispetto ai mesi autunnali precedentemente analizzati. Le mappe di anomalia continuano a delineare le variazioni di intensità e direzione del vento zonale attraverso l’uso contrastante di colori rosso e blu.
Infine, i pannelli (e) e (f) esplorano i mesi di Marzo e Aprile (MA), un periodo critico che segna la transizione dalla fine dell’inverno alla primavera. Questi mesi sono particolarmente significativi per osservare come le dinamiche atmosferiche evolvano in risposta ai cambiamenti stagionali. Anche in questi grafici, la distinzione tra le configurazioni delle onde WN1 e WN2 offre uno spaccato dettagliato su come le diverse modalità di onde planetarie modulino le anomalie nella circolazione stratosferica e troposferica.
Ogni pannello è strutturato con linee di contorno che presumibilmente rappresentano valori medi del vento zonale o altri parametri atmosferici correlati, fornendo un’ulteriore dimensione analitica per interpretare le zone di intensità massima e minima delle anomalie di vento. Questa configurazione visiva è cruciale per comprendere i pattern di circolazione atmosferica e la loro evoluzione temporale e altitudinale, essenziali per l’analisi dei cambiamenti climatici e degli eventi meteorologici estremi.

La figura presentata mostra una serie di diagrammi che rappresentano compositi di altezza-tempo delle anomalie standardizzate del vento zonale medio zonale a 60ºN, analizzati intorno all’insorgenza di eventi relativi ai Vortici Polari Caldi (WPV) e Forti (SPV). I diagrammi sono distintamente separati in due colonne, con quella di sinistra dedicata agli eventi WPV e quella di destra agli eventi SPV, coprendo un intervallo temporale che va da 90 giorni prima a 90 giorni dopo l’insorgenza degli eventi. Questi compositi sono ulteriormente suddivisi per periodi specifici all’interno dell’inverno esteso, permettendo un’analisi dettagliata delle variazioni stagionali.
I pannelli (a) e (b) mostrano le anomalie complessive dei venti zonali durante tutti gli eventi nel corso dell’intero inverno. Queste anomalie sono rappresentate tramite colorazioni che indicano intensità del vento superiore alla media (in rosso) e inferiore alla media (in blu), fornendo una visione generale dell’impatto degli eventi WPV e SPV sulla circolazione atmosferica.
I pannelli (c) e (d) sono focalizzati sugli eventi che si verificano nei mesi iniziali dell’inverno (OND – Ottobre, Novembre, Dicembre), esplorando le anomalie specifiche che caratterizzano l’avvio della stagione fredda. Questa segmentazione temporale permette di osservare come i primi disturbi nei pattern del vento zonale possano influenzare le condizioni atmosferiche successive.
I pannelli (e) e (f) illustrano le anomalie durante gli eventi di metà inverno (JF – Gennaio, Febbraio), un periodo critico per la stabilità e la dinamica del vortice polare. Le anomalie in questi mesi sono particolarmente rilevanti per studiare l’influenza dei vortici sulla distribuzione termica e sulla circolazione globale.
Infine, i pannelli (g) e (h) dettagliano le anomalie negli eventi di fine inverno (MA – Marzo, Aprile), evidenziando come le dinamiche di fine stagione possano prefigurare le condizioni meteorologiche della primavera imminente.
In tutti i pannelli, punti neri indicano i valori statisticamente significativi al 95% di confidenza, ottenuti tramite un test Monte Carlo con 5000 campioni random. Questi punti sono cruciali per distinguere le variazioni del vento zonale che sono robustamente supportate da prove statistiche, offrendo così una conferma dell’affidabilità delle anomalie osservate.
Complessivamente, questi diagrammi forniscono una rappresentazione visiva essenziale per comprendere le interazioni complesse tra i vortici polari e la circolazione atmosferica generale, sottolineando l’importanza di monitorare questi fenomeni per prevedere e interpretare le variazioni climatiche nelle latitudini elevate.
4. Sintesi e Conclusioni
Nel presente studio, abbiamo intrapreso un’analisi dettagliata della variabilità intra-stagionale nell’attività delle onde anomale che penetrano nella stratosfera, anticipando gli eventi estremi associati ai vortici polari nell’Emisfero Nord, basandoci sui dati di rianalisi ERA-Interim per il periodo 1979-2011. Abbiamo focalizzato la nostra attenzione sugli eventi caratterizzati da vortici polari deboli (WPV) e forti (SPV), categorizzandoli in tre sottoperiodi invernali basati sulla loro data di insorgenza: inizio inverno (OND), metà inverno (JF) e fine inverno (MA).
Le nostre indagini hanno permesso di identificare specifici modelli di comportamento che precedono l’occorrenza degli estremi dei vortici polari in ciascun sottoperiodo invernale. In generale, è emerso che gli eventi WPV sono associati a un’interferenza costruttiva tra l’attività ondulatoria anomala e i modelli climatologici prevalenti in ogni sottoperiodo invernale, mentre gli eventi SPV sono collegati a un’interferenza distruttiva. Questa distinzione si manifesta con differenze intra-stagionali significative nell’intensità delle attività ondulatorie anomale che precedono i due tipi di eventi estremi: gli eventi di metà inverno tendono a essere preceduti dalle anomalie di attività ondulatoria più marcata, mentre quelle che precedono gli eventi di inizio inverno sono generalmente le più deboli.
Nello specifico, abbiamo osservato che nel periodo dell’inizio inverno, la propagazione ondulatoria verso l’alto che precede i WPV e gli SPV è influenzata rispettivamente da strutture simili a WQBO ed EQBO. Il pattern geopotenziale anomalo a 500 hPa mostra una struttura WN1-like in fase (o fuori fase) con l’onda climatologica, che facilita (o inibisce) la propagazione ascendente dell’onda WN1. È interessante notare come i modelli spaziali di iniezione ondulatoria anomala nella stratosfera possano essere collegati al percorso stratosferico dell’influenza del ghiaccio marino artico autunnale sul clima invernale euro-atlantico, come dimostrato da recenti studi, sebbene i nostri risultati non siano definitivi in questo senso.
Per quanto riguarda gli eventi WPV che si verificano durante la metà e la fine dell’inverno, questi sono generalmente preceduti da un vortice robusto con una geometria specifica che favorisce la propagazione delle onde planetarie verso il polo. Tuttavia, è soltanto durante la metà dell’inverno che questi eventi WPV sono influenzati da una struttura simile a EQBO, sebbene in misura minore rispetto a quella osservata all’inizio dell’inverno. Il modello anomalo dell’iniezione verticale delle onde nella stratosfera prima dei WPV in questi periodi include un contributo sia delle onde WN1 che WN2. Questo fenomeno è attribuibile all’interferenza costruttiva tra le onde climatologiche e le anomalie sopra la regione della Siberia orientale-Pacifico e della Siberia occidentale, che culmina in un incremento della propagazione ascendente delle onde WN1 e WN2. Per gli eventi WPV di metà inverno, l’incremento dell’attività delle onde WN2 potrebbe essere associato alla predominanza di condizioni di La Niña rispetto a El Niño, correlato a un aumento dei blocchi atmosferici sopra la Siberia e alle perturbazioni della stratosfera polare legate all’attività delle onde WN2.
In conclusione, il nostro studio evidenzia l’importanza delle dinamiche intra-stagionali e dei modelli climatologici nel modulare gli eventi estremi del vortice polare, offrendo una visione approfondita su come le variazioni nell’attività delle onde possono influenzare significativamente la dinamica atmosferica a scale temporali e spaziali estese. Questi risultati non solo arricchiscono la nostra comprensione delle interazioni atmosferiche a livello stratosferico, ma forniscono anche indicazioni cruciali per la previsione degli eventi climatici estremi associati ai vortici polari.
Riguardo agli eventi di Vortice Polare Forte (SPV) nelle fasi di metà e fine inverno, abbiamo identificato che sono generalmente preceduti da una configurazione atmosferica che ricorda una struttura WQBO, benché questa non sia chiaramente osservabile nelle Figure 4d e f. Inoltre, è stato constatato che gli eventi SPV di fine inverno sono spesso anticipati da eventi di Vortice Polare Caldo (WPV), coerentemente con il modello di raffreddamento tardo-invernale proposto da Labitzke nel 1981. La dinamica di modulazione dei modelli climatologici attraverso l’intervento di eddies anomali si rivela essere il principale fattore responsabile della diminuzione dell’attività delle onde atmosferiche che precedono gli SPV nei periodi di metà e fine inverno. In entrambi i sottoperiodi, la soppressione dell’attività ondulatoria è prevalentemente attribuibile all’inibizione del componente WN1 delle onde. Per esempio, gli eventi SPV di metà inverno presentano una fase negativa del pattern Pacifico-Nord Americano, che è stata storicamente associata a una riduzione dell’attività delle onde WN1, come documentato in studi precedenti (Nishii et al. 2010, 2011; Kolstad e Charlton-Perez 2011).
È importante sottolineare che il periodo di tempo relativamente ristretto coperto dai dati e il corrispondente numero limitato di eventi polari estremi potrebbero rappresentare una limitazione alla robustezza dei nostri risultati. Al fine di mitigare questa problematica, abbiamo implementato un test di significatività statistica non parametrico, specificatamente un test di tipo Monte Carlo, per conferire maggiore affidabilità alle nostre conclusioni. Tuttavia, il numero di eventi SPV osservati in fine inverno è particolarmente esiguo (solo quattro), portandoci a evitare di formulare conclusioni di rilievo per questo gruppo di eventi. L’adozione di un insieme di dati più ampio avrebbe potenzialmente attenuato questa problematica, ma abbiamo scelto di non combinare i dati pre e post l’era dei satelliti per mantenere coerenza e precisione metodologica, come ulteriormente dettagliato nella Sezione 2 del nostro studio.
I risultati ottenuti sostengono le conclusioni di ricerche precedenti relative alle diverse forze motrici dei regimi estremi del vortice polare e alla loro efficacia temporale. Per quanto ci è noto, il presente lavoro costituisce il primo tentativo di analizzare la variabilità intra-stagionale dei meccanismi che innescano questi eventi. Una implicazione rilevante di questo studio è che il comportamento dinamico associato agli eventi verificatisi nei mesi di metà inverno non può essere esteso ad altri sottoperiodi invernali, in particolare per quanto concerne i precursori e l’attività ondulatoria che precede gli eventi estremi del vortice polare. I nostri risultati indicano che la considerazione della variabilità intra-stagionale degli estremi del vortice polare può contribuire significativamente al miglioramento della rappresentazione delle interazioni stratosfera-troposfera nei modelli climatici e nei sistemi di previsione stagionale.