Affinamento delle variazioni del livello del mare dell’Olocene per gli arcipelaghi di Lofoten e Vesterålen, nel nord della Norvegia: implicazioni per le interazioni preistoriche uomo-ambiente

RIASSUNTO: Gli arcipelaghi di Lofoten e Vesterålen si trovano al largo della costa esterna del nord della Norvegia, distanti dal centro dell’antico Ghiacciaio Fennoscandiano e vicini al limite della piattaforma continentale. I dati attuali sul livello del mare relativo evidenziano una significativa trasgressione di metà Olocene e mostrano interessanti collegamenti con la storia degli insediamenti umani preistorici della regione. Questo studio introduce sette nuovi punti di riferimento per il livello del mare derivati dai bacini di isolamento e cinque punti limitanti terrestri ottenuti da una sequenza sedimentaria costiera, allo scopo di affinare la cronologia del livello del mare relativo della zona. I contatti di ingressione e isolamento nei sedimenti dei bacini di isolamento sono stati identificati attraverso l’analisi geo-chimica dei sedimenti, profili di fluorescenza a raggi X e studi del fitoplancton. L’età di questi contatti è stata stabilita mediante modelli di datazione al radiocarbonio. I nostri punti di riferimento variano da 11,2 a 1,5mila anni calibrati prima del presente (cal a BP) e sono stati integrati con dati preesistenti per modellare l’evoluzione spaziotemporale del livello del mare nella regione attraverso l’uso di un insieme di modelli empirici gerarchici spaziotemporali (STEHME). La nuova curva del livello del mare delimita il periodo della trasgressione di metà Olocene, avvenuta circa tra i 9.000 e i 6.000 anni cal a BP, quando il livello del mare è salito da -4 a +7 metri rispetto ai valori odierni. Tra circa 6.000 e 5.000 anni cal a BP, il livello del mare è sceso rapidamente a circa 4 metri sopra i valori attuali, per poi declinare più gradualmente a un ritmo medio di circa 0,8 metri per millennio negli ultimi 5.000 anni. Le mappe degli isobasi, create usando il STEHME, indicano una riduzione dei gradienti della linea costiera regionale dal massimo della trasgressione, passando da 0,25 a 0,07 metri per chilometro. I nostri dati offrono inoltre nuove prospettive su come le variazioni del livello del mare abbiano influenzato la localizzazione e la conservazione dei siti di insediamento costieri e dei porti dall’Età della Pietra fino ai periodi storici, arricchendo così la nostra comprensione delle interazioni tra uomo e ambiente nella regione.

Introduzione

La costa norvegese ha subito variazioni drammatiche del livello del mare relativo (RSL) da quando si è verificata la deglaciazione, influenzate principalmente dall’aumento del livello medio globale del mare (GMSL) e dai movimenti verticali del suolo a causa dell’aggiustamento isostatico glaciale (GIA) (Creel et al., 2022). Le modifiche del RSL sono state documentate attraverso la misurazione di spiagge sollevate, terrazze marine, sequenze sedimentarie, bacini isolati e siti archeologici. Queste ricostruzioni sono fondamentali per validare i modelli della struttura terrestre (Fjeldskaar, 1994; Steffen e Wu, 2011; Fjeldskaar e Bondevik, 2020), definire la storia del carico dei ghiacciai (Patton et al., 2017; Brendryen et al., 2020) e per comprendere i modelli spaziali del RSL attuale e i rischi potenziali che l’innalzamento futuro del RSL potrebbe comportare per le zone costiere (Simpson et al., 2014).

Nonostante l’abbondanza di dati sul livello del mare post-glaciale in Norvegia, rimane complesso districare le cause dei cambiamenti del RSL a livello regionale a causa delle incertezze relative allo spessore passato delle calotte glaciali, ai tassi di fusione e alle variazioni delle proprietà del suolo. È quindi necessario migliorare le misurazioni sul campo per colmare le lacune spaziali e temporali nei dati esistenti, particolarmente nelle aree vicine ai margini della precedente Calotta Glaciale Fennoscandiana (FIS), dove la complessa interazione tra GIA e GMSL ha causato periodi alternati di innalzamento e abbassamento del RSL. Un’analisi dettagliata di queste regioni offre nuove prospettive sui processi di RSL e GIA che possono essere applicate anche ad altri margini di ghiacciai marittimi passati e attuali, come la Calotta Glaciale Laurentide (Barnhardt et al., 1995, 1997), la Calotta Glaciale Britannico-Irlandese (Simms et al., 2022) e la Calotta Glaciale dell’Antartide Occidentale (Whitehouse et al., 2019). Inoltre, le variazioni del RSL lungo la costa della Norvegia hanno avuto un impatto significativo sulla storia umana regionale delle epoche antiche, influenzando i percorsi di migrazione, i luoghi di insediamento e i porti naturali, e orientando le interazioni tra l’uomo e l’ambiente (Glørstad, 2015).Le informazioni sul livello del mare relativo (RSL) possono essere raccolte da diversi ambienti costieri che presentano relazioni definite con il livello del mare antecedente, noti come significati indicativi (Shennan e Horton, 2002; Baranskaya et al., 2018; Creel et al., 2022). Questi dati si ottengono tramite i punti indice del livello del mare (SLIPs), i quali sono associati a specifici dati di marea, oppure attraverso punti limitanti, che definiscono il RSL al di sopra (limitanti marini) o al di sotto (limitanti terrestri) di una formazione geomorfica o di un deposito sedimentario (Shennan et al., 2015). I dati sul livello del mare in Norvegia, raccolti tra la metà e la fine del XX secolo, si basano prevalentemente su punti limitanti derivanti da datazioni di spiagge elevate e terrazze marine, che tuttavia presentano significative incertezze nella loro correlazione verticale con i livelli marini passati (Fægri 1944, Marthinussen 1962, Vorren 1978, Helskog 1978). Recentemente, si sono sviluppati gli SLIPs a partire da bacini costieri che sono diventati isolati dall’oceano a causa dell’isostasia. Questi bacini di isolamento, diffusi in Norvegia, conservano registri sedimentari continui databili tramite radiocarbonio (es. Kjemperud, 1981; Svendsen e Mangerud, 1987, 1990; Corner e Haugane, 1993; Corner et al., 1999; Lohne et al., 2007; Balascio et al., 2011; Romundset et al., 2010, 2011, 2015, 2018; Vasskog et al., 2019). Questi studi documentano variazioni nell’influenza marina nei bacini costieri durante le fasi di trasgressione e regressione, impiegando varie tecniche come l’analisi di microfossili algali, macrofossili di piante e animali e profili geo-chimici sedimentari. Le altezze delle soglie dei bacini di isolamento possono essere misurate con precisione attraverso sistemi di posizionamento globale o tecniche di mappatura LiDAR.

In questo studio, approfondiamo la storia del livello del mare relativo (RSL) degli arcipelaghi di Lofoten e Vesterålen nel nord della Norvegia. Le isole sono situate vicino al limite della piattaforma continentale e all’ex margine della Calotta Glaciale Fennoscandiana. Le coste della regione mostrano generalmente un’inclinazione verso nord-ovest, che riflette un aumento dello spessore del ghiaccio verso sud-est. I dati esistenti sul RSL, che sono stati recentemente compilati e analizzati attraverso l’utilizzo di modelli statistici bayesiani da Creel et al. (2022), indicano che la maggior parte della regione ha vissuto una rapida diminuzione del RSL durante il tardo Pleistocene, causata dal sollevamento del terreno seguito alla disgregazione della FIS. Secondo Creel et al. (2022), un episodio di innalzamento del livello del mare durante l’Olocene medio, conosciuto localmente come la trasgressione dei Tapes, rappresenta un periodo in cui l’incremento del livello medio globale del mare (GMSL) ha superato temporaneamente i tassi di sollevamento isostatico locale. Questo episodio è stato seguito da una riduzione del RSL nell’Olocene tardivo, dovuta al continuo sollevamento della regione fino ai giorni nostri. Tali tendenze sono state principalmente identificate attraverso l’analisi di punti limitanti marini e terrestri ottenuti da spiagge elevate, terrazze marine, depositi di torba interrati e siti archeologici.

Le ricostruzioni del RSL in Norvegia dall’inizio dell’Olocene sono state complicate dalla presenza di depositi di tsunami associati allo scivolamento di Storegga, una frana sottomarina avvenuta lungo il margine norvegese circa 8.1-8.2mila anni fa. Nonostante i depositi di questo tsunami non siano stati precedentemente segnalati negli arcipelaghi di Lofoten o Vesterålen, in questo studio emergono in alcuni bacini esaminati. Questo non sorprende, considerando che depositi simili attribuiti a questo evento sono stati ritrovati più a nord, in Finnmark.

La storia umana degli arcipelaghi di Lofoten e Vesterålen è stata profondamente influenzata dalle variazioni storiche del livello del mare. Ad esempio, si sono trovate prove di insediamenti umani nelle grotte costiere di Flakstadøya, a Lofoten, durante l’Olocene medio. Questi siti forniscono punti limitanti terrestri successivi alla trasgressione dei Tapes, evento che probabilmente ha sommerso molti altri siti archeologici più antichi (Møller, 1987). Nel tardo Olocene, con la nascita di comunità agricole stabili, i cambiamenti nel livello del mare relativo (RSL) hanno influenzato sia la localizzazione degli insediamenti che l’accessibilità ai porti naturali (Balascio e Wickler, 2018). Attualmente, sebbene l’aumento del livello globale del mare (GMSL) causato dal riscaldamento globale antropogenico sia mitigato dal continuo sollevamento isostatico, in aree come gli arcipelaghi di Lofoten-Vesterålen, che sono distanti dalla precedente Calotta Glaciale Fennoscandiana, il sollevamento è già superato dall’innalzamento del GMSL (Simpson et al., 2014).

I dati attuali sul RSL per Lofoten e Vesterålen presentano alcune limitazioni significative: sono per lo più punti limitanti marini o terrestri, che definiscono il RSL in modo meno preciso sia spazialmente che temporalmente; sono scarsi durante il tardo Olocene, periodo in cui l’attività umana nella regione è aumentata; e le variazioni spaziali tra le zone costiere interne ed esterne non sono chiaramente delineate. In questo contesto, il nostro studio mira a superare queste limitazioni presentando nuovi dati sul RSL e analisi spaziali per raffinare la cronologia del RSL olocenico a Lofoten e Vesterålen. Abbiamo sviluppato sette nuovi punti indice del livello del mare (SLIPs) per bacini di isolamento che coprono l’intero Olocene e quattro nuovi punti limitanti derivati da sequenze sedimentarie costiere. Abbiamo identificato fasi di ingressione e isolamento nei bacini lacustri analizzando le variazioni nelle firme geo-chimiche sedimentarie, che riflettono i cambiamenti nella salinità e la stratificazione della colonna d’acqua in risposta a diversi gradi di influenza marina. Questi nuovi punti indice, combinati con dati precedentemente pubblicati, ci hanno permesso di aggiornare la curva del RSL locale utilizzando un insieme di modelli gerarchici empirici spaziotemporali (STEHME). Questo approccio migliora la nostra capacità di definire i modelli di variazione spaziali e temporali e di valutare l’impatto potenziale sulla comprensione delle prime fasi della storia umana regionale.

La Figura 1 illustra le posizioni geografiche e gli areali di studio degli arcipelaghi di Lofoten e Vesterålen nel nord della Norvegia.

Nel dettaglio, la prima parte della figura (A) ci mostra gli arcipelaghi in relazione all’intero territorio norvegese, evidenziandone la posizione nell’estremità settentrionale e la loro vicinanza alla Svezia, con un’area ingrandita per offrire un’immagine più chiara della loro collocazione.

Nella seconda parte (B), l’attenzione è rivolta più specificatamente agli arcipelaghi stessi, con punti rossi che segnalano specifici siti di interesse per lo studio: questi sono i bacini di isolamento e le sequenze sedimentarie costiere vicino alla località di Ramså, che sono stati analizzati per raccogliere dati cruciali sulla storia del livello del mare relativo (RSL) della regione. Il punto blu rappresenta la posizione media di tutte le osservazioni del RSL fatte a Lofoten-Vesterålen, aggregando sia le nuove che quelle già pubblicate, e funge da riferimento per la curva del RSL modellata attraverso il metodo STEHME, che è dettagliata in altre parti dello studio non visualizzabili in questa immagine.

In sostanza, la figura fornisce una mappa visiva che aiuta a localizzare i punti chiave del territorio norvegese dove sono stati condotti rilievi e misurazioni per approfondire la comprensione delle variazioni storiche del livello del mare e del loro impatto sulla regione.

Siti di Ricerca

Nell’ambito del nostro studio, abbiamo indagato cinque bacini di isolamento e una sequenza stratigrafica costiera. I bacini di isolamento, chiamati Krystadvatnet, Storfjordvatnet, Farstadvatnet e Stortjønna, si situano sulle isole di Moskenesøya e Vestvågøya nell’arcipelago delle Lofoten, mentre Dragtjønna si trova sull’isola di Langøya nelle Vesterålen. Le altitudini delle soglie di questi bacini si collocano tra i 2,7 e i 6,4 metri sopra il livello medio del mare. Abbiamo inoltre raccolto dati aggiuntivi dai livelli terrestri limitanti il RSL da una sequenza stratigrafica in fase di transizione situata a Ramså, nella parte nord di Andøya, che era stata descritta in precedenza da Møller nel 1986. Quest’area comprende strati di torba sepolti sotto depositi di spiaggia, che affiorano lungo il corso del fiume Gårdselva sulla costa nord-orientale di Andøya.

La nostra analisi include anche un nucleo sedimentario prelevato da Inner Borgpollen, situato sull’isola di Vestvågøya. Il bacino presenta una soglia situata a 0,7 metri sopra il livello medio del mare, che risulta inferiore all’escursione delle maree primaverili moderne, implicando che non sia completamente isolato dall’influenza marina. Nonostante ciò, il sito di Inner Borgpollen riveste un’importanza storica notevole, in quanto serviva da porto durante l’età del ferro, attorno a 2,5-0,9mila anni fa. Questo luogo è associato all’insediamento di epoca vichinga di Borg ed è circondato dalla più densa concentrazione di capanni per imbarcazioni risalenti all’età del ferro presenti nel nord della Norvegia.

Si è teorizzato che il calo del livello del mare avvenuto nell’età del ferro potesse aver compromesso l’efficienza di Inner Borgpollen come porto naturale. Questa teoria è stata oggetto di ulteriori approfondimenti nel nostro studio, che prevede un’analisi dettagliata di indicatori geo-chimici per identificare variazioni di salinità, oltre a un’analisi statistica dei cambiamenti del livello del mare avvenuti nell’Olocene tardivo nell’intera regione.

I siti che abbiamo esaminato si trovano sia lungo la costa esterna, affacciata sul Mare di Norvegia, sia lungo la costa interna, lungo il Vestfjord. È importante notare che l’ampiezza delle maree attuali mostra significative variazioni in tutta la regione. Per valutare le incertezze legate alle escursioni di marea nei nostri modelli ricostruttivi, abbiamo utilizzato dati derivati dai porti secondari più vicini di Andenes e Kabelvåg. Qui, l’intervallo di marea tra la marea alta media di primavera e la marea bassa media di primavera è di 1,78 e 2,52 metri rispettivamente, secondo le misurazioni effettuate nel 2021 dall’ente cartografico norvegese Kartverket.

La Figura 2 ci presenta immagini satellitari di sei siti specifici degli arcipelaghi di Lofoten e Vesterålen.

  • Stortjønna (A), Krystadvatnet (B), Storfjordvatnet (C), Dragtjønna (D), e Farstadvatnet (E) sono bacini di isolamento identificati dalle lettere A a E. Questi siti sono stati selezionati per lo studio del livello del mare antico. Sulle immagini, le soglie dei bacini, ovvero i punti più bassi attraverso i quali l’acqua può scorrere entrando o uscendo dal bacino, sono segnalate insieme alle loro altitudini rispetto al livello medio del mare. Le altitudini variano da poco meno di tre metri a oltre sei metri, fornendo un importante riferimento per la comprensione delle variazioni storiche del livello del mare e dei processi di isolamento che questi bacini hanno sperimentato nel tempo.
  • Inner Borgpollen (F), contrassegnato dalla lettera F, è di particolare interesse storico. Si tratta di un antico porto risalente all’età dei Vichinghi, con una soglia molto bassa di solo 0.66 metri sopra il livello medio del mare, suggerendo che era un’area regolarmente influenzata dalle maree e quindi un sito vitale per la navigazione e l’ancoraggio nell’epoca vichinga.

Queste immagini satellitari non solo mostrano la posizione geografica di ogni sito, ma anche le caratteristiche del paesaggio circostante che possono avere influenzato l’uso storico e l’importanza di queste aree, soprattutto in relazione al livello del mare e all’insediamento umano.

Metodi

Lavoro sul Campo

Il nostro lavoro sul campo ha avuto come obiettivo principale il recupero di carote di sedimenti dalle aree più profonde di sei bacini isolati. Ogni bacino esaminato presenta soglie di roccia a vista o coperte da massi. Abbiamo raccolto le carote di sedimenti utilizzando tubi di plastica e due metodi di carotaggio: il carotiere a gravità Uwitec e un dispositivo di carotaggio a percussione. Dopo la raccolta, le carote sono state imballate e trasportate al Dipartimento di Geologia della William & Mary per le analisi. Durante le operazioni abbiamo anche raccolto dati altimetrici e campioni di radiocarbonio dalle sequenze stratigrafiche transgressive a Ramså nel nord di Andøya, come descritto in precedenza da Møller (1986).

Le altezze delle soglie di roccia e i cambiamenti nelle sequenze sedimentarie sono stati determinati usando un ricevitore GNSS Trimble GPS Pathfinder ProXRT, che riceveva correzioni GPS in tempo reale tramite OmniSTAR (DGPS). L’incertezza totale sulla misurazione verticale varia da 0,507 a 0,777 metri, come mostrato nella Tabella 1. Queste incertezze derivano dall’errore quadratico medio (RMSE) legato: (i) alla precisione del DGPS e all’errore nel convertire le misure dall’ellissoide al datum verticale norvegese NN2000; (ii) all’errore di estrapolazione nel calcolare l’altezza della marea dal porto secondario più vicino, basato sulle differenze tra MHWST e MSL rispetto al porto di riferimento e all’intervallo previsto per ciascun sito (Kartverket, 2021); e (iii) a un errore stimato basato sul significato indicativo dei contatti di isolamento, definito come metà della differenza tra la media dell’alta marea di quadratura (MHWNT) e il livello di alta marea con un intervallo di ricorrenza annuale. Non è stato possibile ottenere una connessione satellitare DGPS nei siti di Krystadvatnet e Drågtjønna, quindi le altezze delle soglie sono state determinate utilizzando i dati LiDAR disponibili, applicando conservativamente un margine di incertezza di 0,50 metri (Tabella 1).

Analisi Sedimentarie per Determinare i Contatti di Isolamento e di Ingressione

Nel nostro laboratorio, abbiamo diviso, descritto e prelevato campioni dai nuclei di sedimento per effettuare diverse analisi sedimentarie. Le interpretazioni preliminari dei cambiamenti deposizionali e dei contatti di isolamento si basano sulla litologia dei nuclei. Questa viene definita attraverso descrizioni visive e analisi radiografiche dei nuclei. Abbiamo misurato la suscettibilità magnetica ogni 1 cm lungo i nuclei usando un sensore Bartington MS2E, al fine di rilevare variazioni nella composizione minerogenica. Le modifiche nella sequenza sedimentaria, che indicano una transizione da ambienti marini poco profondi a lacustri, sono state identificate tramite variazioni di tessitura, colore e contenuto di materia organica. I contatti di isolamento, spesso chiaramente visibili, mostravano strati finemente laminati evidenziati dalle radiografie, segno di periodi di anossia nella colonna d’acqua dovuti alla stratificazione salina dopo la limitazione degli apporti marini.

Abbiamo anche misurato i contenuti di carbonio totale (%TC), azoto (%N) e zolfo (%S) per analizzare i cambiamenti nella composizione della materia organica e monitorare lo zolfo di origine marina. Nei vari siti, il carbonio è prevalentemente sotto forma organica, con presenze inorganiche occasionali come frammenti di conchiglie durante le fasi marine. Il %TC è utilizzato principalmente per dedurre variazioni nella produttività delle acque superficiali, ma può anche indicare cambiamenti nella conservazione della materia organica, soprattutto durante le fasi anossiche. Inoltre, il %TC può riflettere l’apporto di materia organica di origine terrestre; usiamo quindi il rapporto carbonio organico/azoto (C/N) per determinare la proporzione relativa di materia organica derivata da ambienti acquatici rispetto a quella terrestre.

I valori del rapporto carbonio/azoto (C/N) tra 4 e 10 sono generalmente ricondotti a fonti algali, mentre valori superiori a 10 suggeriscono una maggiore influenza delle piante terrestri, come indicato da Meyers nel 2003. Indipendentemente dalla fase di isolamento, la materia organica in questi bacini deriva principalmente dalle alghe, tuttavia i valori più alti di C/N possono manifestarsi durante le fasi lacustri. Questo accade specialmente quando gli apporti dal bacino idrografico diventano predominanti, in particolare nei bacini più piccoli o quelli situati in aree con pendii più accentuati. Lo zolfo nei sedimenti si presenta sia in forma organica che inorganica, correlato alle concentrazioni di solfato o solfuro nella colonna d’acqua e al livello di riduzione del solfato. In presenza di ferro ridotto, questo processo può portare alla formazione di solfuri di ferro, come osservato da Cornwell e Morse nel 1987, Mitchell e colleghi nel 1988, e Holmer e Storkholm nel 2001. Anche se il solfato è un componente principale dell’acqua marina, è presente solo in tracce nell’acqua dolce. Questo elemento è utilizzato per tracciare l’influenza marina negli ambienti costieri, oltre a monitorare la stratificazione della colonna d’acqua e le condizioni anossiche nelle acque di fondo, come dimostrato in studi come quelli di Jessen et al. nel 2008, Leng et al. nel 2012, e Ding et al. nel 2016. I campioni sono stati liofilizzati e macinati, e porzioni da 4 a 6 mg sono state analizzate con un analizzatore Elementar vario MICRO cube. L’apparecchiatura è stata calibrata utilizzando la sulfanilamide e la riproducibilità delle misurazioni è stata confermata attraverso analisi in triplicato. Le deviazioni standard medie dei risultati in triplicato per il contenuto percentuale di carbonio totale (%TC), azoto (%N) e zolfo (%S) sono state rispettivamente dello 0,3%, 0,06% e 0,04%.

L’analisi degli isotopi del carbonio organico è stata utilizzata come indicatore per valutare i cambiamenti relativi nella salinità delle acque superficiali. Questo metodo si basa su due osservazioni principali: primo, la composizione isotopica del fitoplancton può variare a seconda della forma di carbonio inorganico predominante nelle acque superficiali, come l’anidride carbonica disciolta o il bicarbonato; secondo, esistono differenze sostanziali nei valori isotopici del carbonio tra il fitoplancton marino e quello di acqua dolce. Gli isotopi di carbonio, abbinati alle misure del rapporto carbonio/azoto, sono stati impiegati per studiare i bacini di isolamento e per distinguere le varie fasi di isolamento. In particolare, si è osservato che gli intervalli marini mostrano valori isotopici più elevati rispetto agli intervalli salmastri e lacustri.

Ricerche precedenti sulle sequenze dei bacini di isolamento dell’Olocene in Scozia hanno definito dei range approssimativi per condizioni marine, salmastre e d’acqua dolce che si correlano con le paleo-salinità ricavate dai microfossili. Un’analisi simile tra i dati dei microfossili e quelli isotopici è stata condotta anche su un record di un bacino di isolamento dell’Olocene nelle Lofoten. Abbiamo misurato gli isotopi del carbonio lungo le sequenze di isolamento in ogni bacino. Per preparare i campioni all’analisi, i sottocampioni liofilizzati sono stati macinati e trattati con acido cloridrico al 10% in un desiccante per eliminare il carbonio inorganico. Questi campioni sono stati poi inviati all’UC Davis Stable Isotope Facility per l’analisi. I risultati sono stati espressi utilizzando la notazione delta rispetto a uno standard VPDB e l’incertezza delle misurazioni è stata di ±0.05‰, determinata dalle deviazioni standard medie delle analisi in triplicato.

Abbiamo documentato i cambiamenti geochemici nei sedimenti con alta precisione utilizzando uno scanner a fluorescenza X (XRF) Itrax™, equipaggiato con un tubo di molibdeno e un tempo di esposizione di 10 secondi, presso l’Osservatorio della Terra di Lamont-Doherty e l’EarthLab dell’Università di Bergen. La nostra analisi si è concentrata su specifici elementi per interpretare le variazioni nella composizione dei sedimenti e l’impatto dell’ambiente marino, seguendo metodologie simili a quelle impiegate in altri studi su bacini di isolamento.

Gli elementi analizzati includono lo zolfo (S), il bromo (Br), il ferro (Fe) e il titanio (Ti). Lo zolfo è stato utilizzato per tracciare i cambiamenti nel contributo di solfato marino, analogamente ai valori di %S ottenuti tramite analisi elementare. Abbiamo scoperto che i valori di S normalizzati rispetto al calcio (Ca) mostrano la migliore correlazione con i valori %S, pertanto abbiamo utilizzato il rapporto S/Ca. Il bromo, abbondante nell’acqua di mare e capace di legarsi a molecole organiche, è assente nella maggior parte degli ambienti terrestri ed è stato utilizzato per identificare la materia organica di origine marina nei sedimenti costieri e come indicatore dello spray marino negli ambienti costieri terrestri.

Il ferro e il titanio sono indicatori dei cambiamenti nell’apporto di sedimenti minerogenici. Il titanio è un elemento stabile, mentre il ferro, sensibile alle condizioni di riduzione-ossidazione, è solubile in ambienti a basso contenuto di ossigeno, tipici dei bacini con stratificazione salina durante l’isolamento. Utilizziamo il rapporto Fe/Ti come indicatore dei cambiamenti relativi nella stratificazione della colonna d’acqua.

Abbiamo estratto fitoplancton microscopico per l’analisi dal nucleo STOFP-118 del lago Storfjordvatnet per confermare le interpretazioni dei cambiamenti di salinità derivanti dai metodi geochemici. Sono stati prelevati otto campioni di 1 cm³. Questi campioni sono stati trattati seguendo il protocollo standard per la preparazione dei campioni di polline, che elimina il materiale minerogenico e organico indesiderato, mantenendo intatti pollini e fitoplancton che contengono sporopollenina nelle loro pareti cellulari. Questo include le cisti di dinoflagellati marini e alcune specie di alghe verdi d’acqua dolce microscopiche.

Per l’identificazione delle specie di alghe verdi, abbiamo utilizzato le chiavi tassonomiche di Jankovská e Komárek (2000) e Komárek e Jankovska (2001), osservando i campioni sotto un microscopio ottico Zeiss con contrasto di fase, e utilizzando una combinazione di un obiettivo da 63× e oculari da 12.5×. È stato presupposto che le cisti di dinoflagellati fossero di origine marina (polialobate), mentre le alghe verdi sono state classificate in gruppi halobiani in base alla loro tolleranza alla salinità, come descritto nel materiale supplementare online di Vasskog et al. (2019).

I contatti di isolamento sono stati identificati analizzando la successione dei campioni: si passa da campioni dominati da specie marine a campioni dominati da specie indifferenti all’oligohalobismo e all’alofobia (tipiche delle acque dolci), con un aumento temporaneo di specie alofile (tipiche di ambienti salmastri o d’acqua dolce) durante la transizione.

Questa tabella raccoglie dati dettagliati sui bacini di isolamento e sui campioni prelevati dalla sequenza sedimentaria di Ramså, che sono stati utilizzati per tracciare la storia del livello del mare e per definire i dati su come il territorio era limitato dal mare in tempi passati.

Per ogni sito di studio, la tabella fornisce:

  • Il punto di riferimento del dato, che serve a identificare univocamente il campione.
  • La posizione geografica precisa, con latitudine e longitudine, che ci dice dove esattamente ogni campione è stato raccolto.
  • Il contesto geologico in cui il campione è stato trovato, come le zone di transizione o di isolamento, che ci aiuta a capire le condizioni ambientali del tempo.
  • Informazioni sull’età del campione, con stime mediane e intervalli di età, che sono fondamentali per posizionare ogni dato nel corretto contesto temporale. Gli intervalli di età per gli SLIPs (punti indice del livello del mare) sono calcolati utilizzando modelli di età BACON, mentre gli intervalli di età per i dati TL (terrestrial limiting) sono basati su calibrazioni dei dati del radiocarbonio.

La tabella fornisce inoltre le modifiche all’elevazione dei campioni, per tenere conto delle variazioni del livello del mare e degli spostamenti della terra nel corso del tempo, e le incertezze verticali associate a ogni misurazione. Queste ultime sono calcolate attraverso una serie di metodi e contribuiscono all’incertezza verticale totale, che viene espressa in millimetri.

In sintesi, la tabella ci offre uno sguardo complessivo su come e dove i campioni sono stati raccolti e su come vengono interpretati per comprendere meglio i cambiamenti storici del livello del mare e dell’ambiente.

Datazione al Radiocarbonio dei Contatti di Isolamento

La datazione al radiocarbonio è stata eseguita utilizzando sia macrofossili vegetali prelevati dalle superfici delle carote divise, sia campioni di sedimenti grezzi, nei casi in cui i macrofossili non fossero facilmente isolabili (vedi Tabella 2). Le analisi sono state condotte presso il Keck Carbon Cycle AMS Laboratory dell’Università della California, Irvine, e presso il National Ocean Sciences AMS Laboratory del Woods Hole Oceanographic Institution. Le date ottenute sono state calibrate agli anni del calendario antecedenti al 1950 d.C. (cal a BP) mediante l’uso della versione 8.20 del software CALIB (Stuiver et al., 2020) e basandosi sul dataset di calibrazione IntCal20 (Reimer et al., 2020). È stata assegnata un’età anche alle cime delle carote, basata sull’anno in cui sono state raccolte, nel caso in cui fossero state estratte con un carotiere a gravità che mantiene intatta l’interfaccia tra sedimenti e acqua. Per ogni carota sono stati sviluppati modelli di età-profondità utilizzando il software Bacon, implementato in R (Blauuw e Christen, 2011). Questo metodo è stato scelto per evitare di basare l’interpretazione delle età di isolamento solo su alcuni campioni selezionati vicino alla transizione sedimentaria, permettendo così una migliore considerazione dei cambiamenti nei tassi di sedimentazione prima e dopo gli isolamenti, e per quantificare con maggiore precisione l’incertezza dell’età dei contatti di isolamento.

Modellazione Statistica del Livello del Mare Relativo (RSL)

Il Livello del Mare Relativo (RSL) è stato modellato usando un insieme di modelli gerarchici empirici spaziotemporali (STEHME), seguendo i metodi proposti da Creel et al. (2022). Abbiamo combinato sette punti indice e quattro punti limite con un database di osservazioni sul livello del mare, standardizzato e sottoposto a controllo di qualità (n = 1010). Su questa base, abbiamo addestrato un insieme di modelli statistici Bayesiani, ponderando ciascun modello in base alla sua capacità di adattarsi sia ai punti indice che ai punti limite. Questo processo ha permesso di ottenere una stima continua, sia nel tempo che nello spazio, del RSL in Norvegia per gli ultimi 16.000 anni.

Successivamente, abbiamo generato una serie temporale delle osservazioni di RSL per la regione di Lofoten-Vesterålen, utilizzando un approccio isobase modificato, sempre secondo Creel et al. (2022). Abbiamo selezionato la posizione media di tutte le osservazioni di RSL in Lofoten-Vesterålen come punto di riferimento per i grafici (68°43.765’N, 14°50.931’E; Fig. 1). Per ogni osservazione, abbiamo calcolato un termine di correzione che riflette la differenza di RSL tra il punto di riferimento e il sito dell’osservazione. Questo termine di correzione, aggiunto a ciascuna misurazione di RSL, ci ha permesso di rappresentare dati provenienti da diverse località in un’unica serie temporale. Il termine di correzione è stato determinato dalla differenza tra il RSL medio stimato dal modello STEHME per l’età e la posizione dell’osservazione e il RSL medio stimato dallo stesso modello per l’età corrispondente al punto di riferimento.

Risultati

Lago Farstadvatnet

Il lago Farstadvatnet si trova a Vestvågøy, 5 km a nord di Leknes (68°11.866′N, 13°39.131′E; 1,23 km²) come mostrato in Figura 2. Il suo bacino idrografico di 17,2 km² drena prevalentemente il versante occidentale della valle agricola principale dell’isola. Il lago è più basso nella parte sud-occidentale ma raggiunge la profondità massima di 14,5 metri vicino all’ingresso principale. La soglia del lago si trova a 4,28 metri sopra il livello medio del mare (MSL) ed è formata da massi che poggiano su roccia madre, visibile a valle dell’uscita.

Per documentare la stratigrafia del lago, è stato costruito un record sedimentario composito di 337 cm combinando dati geochimici e osservazioni visive da un nucleo superficiale di 92,5 cm (FSD-01-17) con due carote a pistone più lunghe (FSP-01-17, 228 cm; FSP-01-18, 378 cm). Sono state identificate cinque unità stratigrafiche collegate alle fasi di sedimentazione marina e lacustre (vedi Figura 3). La base del record (Unità I; da 337 a 291 cm) è costituita da limo argilloso grigio con alta suscettibilità magnetica e basso contenuto organico (media del 2,0%). Intorno ai 309 cm, i sedimenti passano gradualmente a un colore marrone scuro o nero con lamine organiche millimetriche, proseguendo fino a 291 cm. Questi strati sono interpretati come depositi lacustri, considerando i bassi livelli di zolfo (<2%) e Br e un valore medio di δ13C di -26,5‰, escludendo un valore anomalo rilevato alla base del record. Il cambiamento nella texture dei sedimenti e nel contenuto organico suggerisce un incremento della produttività del lago nel primo Olocene, in seguito al raffreddamento regionale associato al periodo del Younger Dryas.

Unità II (291-275 cm) è segnata da un incremento nei valori di zolfo, Fe/Ti e δ13C. A 285 cm, si osserva uno strato sottile di gyttja nera che coincide con un picco marcato nei valori di Fe/Ti e zolfo (18,5%), seguito da un rapido aumento dei valori di Br e δ13C (da −27,7 a −24,3‰). Questa transizione indica l’inizio dell’influenza marina nel bacino, associata a un breve periodo di stratificazione della colonna d’acqua e un conseguente aumento della salinità dell’acqua superficiale. Secondo il nostro modello di età, questa transizione a 291 cm si è verificata circa 8.200 ± 600 anni cal BP (Tabella 2). Questo intervallo temporale coincide con lo tsunami di Storegga, anche se non si osservano disturbi evidenti nei sedimenti.

Tra i 275 e i 90 cm (Unità III), i sedimenti sono generalmente fini, di colore marrone scuro e contengono frammenti di conchiglie che indicano condizioni marine. In questa unità, i livelli di zolfo aumentano da circa 4 a 10% e i valori di δ13C rimangono alti (media −23,4‰). A 90 cm, identifichiamo una fase salmastra (90–41 cm; Unità IV), caratterizzata da valori di δ13C più bassi che suggeriscono una riduzione della salinità, e da valori elevati di %S e Fe/Ti che indicano una maggiore stratificazione della colonna d’acqua. Al di sopra dei 41 cm, i valori di δ13C scendono a meno di circa −28‰, caratteristici di condizioni d’acqua dolce, e i sedimenti passano a una gyttja scura, da marrone a nera, ricca di macrofossili vegetali (41–0 cm; Unità V). Questa transizione a 41 cm è inoltre contrassegnata da una brusca riduzione nei valori di Fe/Ti e %S a meno dell’1,0%. Il nostro modello di età indica che l’isolamento a 41 cm risale a 3.900 ± 300 anni cal BP (Figura 3; Tabella 1).

la Tabella 2 presenta un elenco strutturato dei risultati delle datazioni al radiocarbonio eseguite su campioni raccolti da diversi bacini isolati. Per ogni sito di campionamento, come “Kydstadvatnet” o “Farstadvatnet”, sono elencate informazioni dettagliate. I codici univoci assegnati dai laboratori (Laboratory ID) aiutano a identificare ciascun campione.

La colonna “Composite depth (cm)” mostra a quale profondità nel nucleo sedimentario ciascun campione è stato prelevato, con la profondità espressa in centimetri. Questo dato è importante perché la profondità dei campioni nel nucleo può dare indicazioni sull’età relativa dei depositi.

Ogni campione ha un “Sample name” che funge da identificativo per facilitarne il tracciamento e la referenziazione. La natura del materiale datato è riportata nella colonna “Material dated”, che potrebbe includere resti di piante terrestri o semplicemente il sedimento grezzo.

L’età al radiocarbonio (“Radiocarbon age (14C a BP)”) è espressa come anni prima del 1950, che è l’anno di riferimento standard per la datazione al radiocarbonio. Questi sono i risultati non calibrati direttamente dal laboratorio.

Questi dati vengono poi calibrati per tenere conto delle variazioni nella concentrazione di carbonio atmosferico nel tempo, portando a un “Calibrated age range (cal a BP)”, che è un intervallo di tempo più accurato in termini di anni calendario, ancora prima del 1950.

Infine, la “Median age (cal a BP)” rappresenta il valore centrale dell’intervallo calibrato di età per ogni campione, che è spesso usato come la stima più affidabile dell’età effettiva del campione.

Complessivamente, questa tabella fornisce una risorsa essenziale per costruire un modello cronologico dettagliato della deposizione sedimentaria nei siti di studio, consentendo agli scienziati di comprendere meglio le dinamiche ambientali storiche di queste aree.

Storfjordvatnet

Storfjordvatnet, situato sul lato sud di Vestvågøy a soli 6 km a est di Leknes (68°9.488′ N, 13°44.574′ E; 0,18 km²), è caratterizzato da un bacino di 4,3 km² e una profondità massima di 10,7 m. Questo lago è incorniciato da ripidi pendii che raggiungono un’altezza di circa 450 m. Le sue acque si riversano verso est superando una soglia di roccia situata a 6,49 m sopra il livello del mare. Dalla parte più profonda del lago sono stati estratti due campioni di sedimenti tramite carotaggio a pistone: SFP-01-18 (140 cm) e STOFP-118 (495 cm).

Nel campione SFP-01-18 sono state identificate tre unità stratigrafiche che riflettono fasi di sedimentazione di ambiente marino, salmastro e lacustre. L’Unità I, che va da 140 a 63 cm, è composta da un fango limoso di colore marrone scuro con frammenti di conchiglie, indicativo di condizioni marine. I 16 cm inferiori di questa unità sono costituiti da un limo argilloso grigio, con basso contenuto organico e alti valori di suscettibilità magnetica. Questo segmento è caratterizzato da elevate concentrazioni di bromo, una percentuale di zolfo in aumento (dal 4 al 5%) e valori di δ13C che oscillano tra -25 e -20‰. A 63 cm si assiste a una transizione verso l’Unità II (da 63 a 32 cm), con una diminuzione dei valori di δ13C e bromo, che segnala una riduzione della salinità delle acque superficiali. Questo cambio è accompagnato da un notevole incremento dei rapporti Fe/Ti e della percentuale di zolfo, segnali di una stratificazione prolungata della colonna d’acqua. I valori di δ13C suggeriscono condizioni di acqua dolce (inferiori a -28‰) già a 40 cm di profondità, ma la persistenza di elevati valori di zolfo, bromo e Fe/Ti indica una continuata influenza marina fino ai 32 cm, punto in cui il bacino si è completamente isolato. A questa profondità, si registra un netto calo di zolfo e Fe/Ti, mentre i valori di bromo e δ13C restano sotto i -28‰ (Unità III; da 32 a 0 cm). Sette datazioni al radiocarbonio hanno permesso di definire i tassi di sedimentazione e, tramite un modello di età Bacon, di interpolare l’epoca dell’isolamento a 32 cm a circa 5.000 anni fa, con un margine di errore di 300 anni.

Il carotaggio STOFP-118 copre sia l’intero periodo dell’Olocene che parte del Tardo Glaciale. Abbiamo identificato cinque unità stratigrafiche legate a fasi di sedimentazione marina, salmastra e lacustre. L’Unità I, che va dai 495 ai 360 cm, è caratterizzata da un limo minerogenico denso e grigio, con una lieve laminazione e valori elevati di suscettibilità magnetica. Nei circa 30 cm superiori di questa unità, la laminazione è più marcata, i valori di suscettibilità magnetica diminuiscono e si osservano picchi nei valori di S/Ca e Br, che calano bruscamente alla base dell’Unità II. Questo limo grigio riflette l’apporto dei ghiacciai al lago all’inizio dell’Olocene, che si riduce nella parte superiore dell’Unità I, quando il bacino subisce probabilmente un’influenza marina, come indicato dai valori più alti di Br e S/Ca.

La transizione all’Unità II segna l’inizio delle condizioni lacustri, anche se manca un controllo cronologico per confermare con precisione l’età di questa isolamento iniziale. L’Unità II, che va dai 360 ai 240 cm, è definita da una sedimentazione lacustre con bassi valori di S/Ca, Br e Fe/Ti, e campioni di fitoplancton che indicano condizioni di acqua dolce. Questa fase di sedimentazione è interrotta da un deposito evento visibile nel nucleo da 315 a 255 cm, caratterizzato da un netto contatto basale e una transizione da gyttja a sabbia con inclusi clasti di limo e gyttja che si affinano verso l’alto. Basandoci su queste caratteristiche sedimentarie e l’età al radiocarbonio alla sommità di questo deposito, attribuiamo questo evento allo tsunami di Storegga.

L’Unità III, che si estende dai 240 ai 118 cm, rappresenta una transizione verso condizioni marine, con un significativo aumento nei valori di S/Ca, Br e Fe/Ti. Anche i campioni di fitoplancton registrano concentrazioni più elevate di specie tolleranti alla salinità. Il modello di età per questo nucleo suggerisce che questa transizione lacustro-marina a 240 cm sia avvenuta circa 7.400 anni fa. Le più recenti unità litologiche III, IV e V nel carotaggio STOFP-118 corrispondono alle Unità I, II e III nel carotaggio SFP-01-18, mostrando tendenze simili nei valori di S/Ca, Br e Fe/Ti e confermando tramite i dati del fitoplancton l’associazione di queste unità con le fasi marine, salmastre e lacustri.

Infine, l’età dell’ultimo isolamento in STOFP-118 a 62 cm è datata a circa 4.800 anni fa, che coincide con l’incertezza dell’età di isolamento identificata indipendentemente nel SFP-01-18. Tuttavia, utilizziamo la data del SFP-01-18, circa 5.000 anni fa, come età di isolamento presunta per Storfjordvatnet nella nostra ricostruzione regionale, dato che è supportata da un maggior numero di date al radiocarbonio sopra e sotto il punto di isolamento.

La Figura 3 rappresenta un insieme complesso di dati raccolti da un carotaggio di sedimenti prelevati dal lago Farstadvatnet, utilizzati per ricostruire le fasi ambientali del lago nel corso del tempo. Il grafico correla la profondità dei sedimenti, che aumenta man mano che si scende nel carotaggio, con diversi parametri chimici e fisici che ci danno indizi sulla storia del lago.

Le variazioni di suscettibilità magnetica lungo il nucleo indicano cambiamenti nella composizione minerale dei sedimenti, possibilmente segnalando periodi con maggiore apporto di materiali minerali, come quelli derivanti dall’erosione glaciale.

Il rapporto tra carbonio e azoto (C/N) ci aiuta a distinguere tra il materiale organico che proviene dalla terra (come le piante) e quello acquatico (come le alghe). La presenza di zolfo e calcio, visualizzata nel rapporto S/Ca, insieme ai valori di ferro e titanio (Fe/Ti), forniscono ulteriori dettagli sulle condizioni di ossidazione e sulle fonti dei sedimenti.

Le percentuali di carbonio totale e zolfo, il contenuto di bromo e i valori di isotopi di carbonio (δ13C) sono rappresentati da diverse curve che si intersecano lungo la profondità del carotaggio. Questi dati chimici ci parlano di come la produttività biologica, le condizioni di ossigenazione e la salinità del lago siano cambiate nel tempo.

Il grafico evidenzia anche la storia geologica del lago, segnando due momenti cruciali: l’ingressione, avvenuta circa 8.200 anni fa, quando l’acqua marina ha iniziato a influenzare l’ambiente lacustre, e l’isolamento, avvenuto circa 3.900 anni fa, quando il lago è stato tagliato fuori dalle influenze marine e ha acquisito condizioni esclusivamente d’acqua dolce.

La combinazione di tutti questi elementi nel grafico consente agli scienziati di leggere le pagine della storia del lago Farstadvatnet, comprendendo i cambiamenti ambientali e climatici che hanno avuto luogo durante l’Olocene, ovvero l’epoca geologica che comprende gli ultimi 11.700 anni fino ad oggi.

La Figura 4 ci porta in un viaggio attraverso le profondità del lago Storfjordvatnet, rivelando la storia sepolta nei suoi sedimenti. Attraverso la sequenza stratigrafica del carotaggio SFP-01-18, gli scienziati hanno disegnato una mappa del passato geochimico e biologico del lago.

L’asse verticale del grafico rappresenta la profondità, dove più ci si inoltra, più si risale indietro nel tempo. In cima, abbiamo la superficie dei sedimenti recenti, e scendendo, incontriamo strati che si sono depositati migliaia di anni fa.

La colonna dell’età segna il tempo trascorso, con punti chiave che mostrano quando certi strati si sono formati, rivelati attraverso tecniche di datazione al radiocarbonio. Questi punti sono come pietre miliari temporali; per esempio, vediamo un evento significativo di isolamento datato a 5.000 anni prima del presente, un momento in cui il lago ha cessato di avere scambi con il mare e si è trasformato in un corpo d’acqua dolce indipendente.

La suscettibilità magnetica ci sussurra storie di antiche correnti e materiali portati nei sedimenti del lago, forse da lontani ghiacciai. Il rapporto carbonio/azoto, rappresentato da una linea zigzagante, ci dice se il materiale organico proviene dal mondo terrestre o da quello acquatico.

I rapporti tra zolfo e calcio, così come quello tra ferro e titanio, si estendono come dita colorate che dipingono un quadro delle antiche condizioni ossidative e delle variazioni ambientali che hanno interessato il lago.

Infine, le curve di carbonio totale, zolfo, bromo e gli isotopi di carbonio disegnano gli alti e bassi della vita del lago — le sue fasi di prosperità biologica, i momenti di cambiamento nella qualità dell’acqua e le fluttuazioni nella salinità.

Insieme, tutti questi dati ci raccontano la storia di come il lago Storfjordvatnet è passato da un ambiente influenzato dal mare a un ecosistema lacustre isolato, ricco di vita d’acqua dolce e storie sedimentarie da esplorare.

Drågtjønna: Un Lago tra Mare e Montagna

Nel cuore delle Vesterålen, lungo l’Eidsfjord su Langøy, sorge il piccolo e incantevole lago Drågtjønna. Con le sue coordinate geografiche che segnano un punto preciso a nord del circolo polare, il lago occupa una superficie di soli 0,02 km². Nonostante le sue dimensioni ridotte, Drågtjønna giace in un suggestivo bacino montuoso di 0,28 km², con vette che si innalzano fino a circa 200 metri d’altezza, e profonda 7,2 metri.

Il lago è trattenuto da una soglia di roccia, posta a 4,66 metri sopra il livello del mare, un argine naturale che ne ha delineato la forma attuale. Gli studiosi hanno potuto esplorare la storia di questo bacino isolato attraverso l’analisi di un nucleo di sedimenti di 60 cm, identificato come DRP-01-19. Questi depositi raccontano una storia antica, con i loro strati più bassi, scuri e ricchi di sabbia grossa e ciottoli, che parlano di un tempo in cui il lago era sotto l’influenza del mare.

I sedimenti fino a 30 cm di profondità riflettono un passato marino, come testimoniano i ricchi valori di δ13C e la significativa presenza di zolfo. Questa firma geochimica si trasforma man mano che ci si avvicina alla superficie: dai 30 ai 20,5 cm, i segnali chimici suggeriscono un’ambiente salmastro, un mix tra acqua marina e acqua dolce, come dimostra il calo dei valori di δ13C e l’aumento di zolfo e Fe/Ti.

A un certo punto, precisamente a 24 cm dalla superficie, i dati si stabilizzano rivelando l’avvento di un’era di acqua dolce nel lago, sebbene alcuni segnali, come il persistente alto livello di zolfo e Fe/Ti, raccontino di una continua, seppur sporadica, influenza marina. È solo negli ultimi 20,5 cm che il lago rivela una completa transizione a condizioni di acqua dolce, caratterizzate da bassi livelli di zolfo, Fe/Ti e bromo, e valori di δ13C decisamente inferiori a -29‰.

Grazie a quattro misurazioni al radiocarbonio, gli esperti hanno potuto calcolare che la transizione definitiva del lago Drågtjønna a un ambiente completamente isolato dal mare si è verificata circa 2.500 anni fa, con una piccola incertezza di 200 anni. Questo evento ha segnato l’inizio di una nuova fase per Drågtjønna, che da allora conserva gelosamente la sua identità di lago d’acqua dolce, testimone silenzioso di millenni di cambiamenti.

Krystadvatnet: Uno Scorcio del Passato Acquatico

Immerso nella serenità del Torsfjord su Moskenesøya, troviamo il lago Krystadvatnet. Con coordinate che lo pongono solidamente dentro i confini del circolo polare artico, il lago si estende per un modesto 0,02 km². Alimentato da un bacino di 0,13 km², il lago presenta una profondità massima di 3,7 metri e viene trattenuto da una soglia di roccia che si erge a 2,69 metri sopra il livello medio del mare.

La storia geologica del lago è stata meticolosamente tracciata analizzando un nucleo di sedimenti profondo 70 cm, conosciuto come KRD-01-17. Questi sedimenti sono ricchi di materia organica e caratterizzati da una fine grana che persiste attraverso il nucleo. I 31 cm più profondi, tuttavia, raccontano una storia diversa: qui troviamo un aumento notevole della percentuale di zolfo, valori elevati di bromo e Fe/Ti, insieme a valori di δ13C moderatamente alti. Queste caratteristiche segnalano un’epoca in cui le acque del lago erano influenzate dalla presenza del mare.

Il cambiamento avviene a 39 cm di profondità, dove si osserva una riduzione significativa della percentuale di zolfo e dei valori di δ13C, segnando il passaggio a un ambiente più stabile e indicando che il lago si stava avviando verso l’isolamento dal mare. La fase che va dai 70 ai 39 cm di profondità rappresenta un periodo salmastro, un preludio all’isolamento definitivo del lago.

Grazie all’accuratezza di quattro date al radiocarbonio, di cui due posizionate quasi a contatto con il punto di transizione, i ricercatori hanno calcolato che l’isolamento definitivo del lago è avvenuto approssimativamente 1.500 anni fa, con una finestra di incertezza di 800 anni. Questo momento chiave segna una svolta nella storia di Krystadvatnet, trasformandolo da un ambiente influenzato dalle maree a un corpo d’acqua dolce, racchiuso tra le sue rive rocciose e le montagne circostanti.

Stortjønna: Segreti Geologici tra Mare e Montagna

Il piccolo lago Stortjønna giace nascosto tra le lande della Norvegia, con le sue acque tranquille adagiandosi in un bacino scolpito nel bedrock a basso rilievo, una distesa naturale tra Outer Borgpollen e l’infinito oceano. A solo 4,25 metri sopra il livello medio del mare, una soglia di roccia custodisce gelosamente le sue acque.

Il cuore del lago, attraverso un nucleo sedimentario di 46,5 cm, battezzato SJP-01-17, svela un affascinante affresco di quattro unità litostatigrafiche che raccontano l’avanzata e il ritiro delle maree dalla vita del bacino. Nella prima unità, i 10 centimetri più profondi, il sedimento parla di tempi antichi, con granelli di sabbia e ghiaia che si mescolano a frammenti di conchiglia, lasciando immaginare l’opera di un’antica onda marina che forse si abbatteva su quelle rive in tempi di tsunami.

Scendendo a 36,5 cm di profondità, si incontra una transizione netta: da granelli testimoni di burrasche a un sedimento organico fine e marrone scuro, custode di un passato più calmo. Questo strato, l’Unità II, ricco di carbonio e zolfo e con valori di Fe/Ti innalzati, suggerisce un’acqua che oscilla tra salato e dolce, un lago che cerca il proprio equilibrio dopo la turbolenza dello tsunami.

L’Unità III porta con sé il cambiamento: il sedimento diventa più chiaro, si alleggerisce in carbonio, zolfo e Fe/Ti, e accoglie maggiori tracce di bromo e δ13C. Questi segnali chimici disegnano un’era di mare aperto, confermando che un tempo il mare si estendeva fin qui, circa 7.800 anni fa.

Infine, l’Unità IV segna il destino attuale del lago: l’isolamento dal mare. Qui, i segni del bromo scemano e i valori di δ13C declinano, ma la cronologia si confonde, velata di incertezze e possibili pause nella storia raccontata dai sedimenti. Un enigma geologico che lascia aperte le pagine della storia di Stortjønna, un lago che tace i dettagli della sua separazione definitiva dal grande blu.

La Figura 5 ci offre una finestra sul passato del lago Storfjordvatnet, rivelando la storia geologica nascosta nei suoi sedimenti. Questo grafico multidimensionale ci racconta delle transizioni tra fasi marine, salmastre e lacustri nel corso di migliaia di anni.

Sul lato sinistro, la profondità del nucleo ci porta più in profondità nel tempo, con le età dei sedimenti annotate in migliaia di anni. È come se potessimo viaggiare indietro nel tempo, scendendo lungo il nucleo.

La suscettibilità magnetica, rappresentata dalla linea nera ondulata, ci svela l’intensità dei minerali magnetici presenti nei sedimenti, che possono dirci qualcosa sui cambiamenti nei materiali erosi e depositati nel bacino del lago.

Al centro, la presenza di materia organica si innalza in percentuale verso gli strati più giovani, indicando un aumento della vita e della produttività all’interno del lago col passare del tempo.

La curva blu scuro che rappresenta il rapporto solfuro/calcio e quella verde del rapporto ferro/titanio ci forniscono indizi sulle condizioni ambientali in cui i sedimenti si sono depositati, con cambiamenti che riflettono una storia di ambienti ora più ossidati, ora più riducenti.

Le tracce di bromo, con la loro colorazione gialla, si innalzano e cadono come onde, segnando periodi di maggiore e minore influenza marina, mentre le variazioni nei valori degli isotopi di carbonio (δ13C) ci danno informazioni sui cambiamenti nella composizione della materia organica nel corso del tempo.

Sorprendentemente, il grafico ci mostra anche la firma dello Storegga Tsunami, un evento catastrofico che si è impresso nei sedimenti con la deposizione di materiali unici a quella catastrofe. Successivamente, possiamo vedere come il lago ha attraversato una fase salmastra prima di passare a condizioni marine più chiare, con sedimenti di colore marrone chiaro che parlano di un mare che una volta entrava e usciva liberamente dal bacino.

Infine, il passaggio all’ultimo strato, l’Unità IV, segna un’epoca di isolamento: il lago si è chiuso, come mostrano la diminuzione di bromo e i valori più bassi di δ13C, e l’intera storia sedimentaria si complica con un cambiamento improvviso o una possibile interruzione che ci impedisce di stabilire con precisione l’età di questo isolamento.

Insieme, tutti questi dati ci regalano un racconto dettagliato di come il lago Storfjordvatnet sia mutato nel tempo, fornendoci una preziosa cronologia delle sue fasi ambientali.

la Figura 6 è un’affascinante rappresentazione della storia geologica del lago Drågtjønna, disegnata attraverso i sedimenti che si sono accumulati sul suo fondo nel corso dei millenni.

Alzando lo sguardo dall’asse verticale della profondità, ci immergiamo sempre più indietro nel tempo, dove ogni strato di sedimenti racconta un capitolo diverso della vita del lago. Il nucleo sedimentario ci fornisce un diario dettagliato che va dai tempi recenti ai 2.500 anni fa, dove è stata identificata una soglia cruciale: il momento in cui il lago si è isolato dalle influenze marine.

Il filo conduttore di questa storia è rappresentato dalla suscettibilità magnetica, una traccia che ci mostra la concentrazione di minerali magnetici nel sedimento, suggerendoci quali potrebbero essere state le condizioni di deposito e l’attività geologica all’epoca. Il rapporto tra carbonio e azoto ci fa intravedere l’origine del materiale organico, distinguendo tra quello portato dalle piante terrestri e quello prodotto dalla vita acquatica.

La vicenda prosegue con il rapporto solfuro/calcio e il rapporto ferro/titanio, ognuno raccontando una storia di ossigenazione e di provenienza dei sedimenti, indicazioni preziose che ci parlano delle condizioni redox passate e delle varie fasi ambientali.

Il grafico del carbonio totale, del zolfo e del bromo, accompagnato dalle variazioni di δ13C, è come una sinfonia di segnali chimici che oscilla tra episodi di maggiore e minore salinità. Vediamo le fasi di abbondanza di vita organica, le influenze marine, e poi il ritiro di queste ultime, lasciando posto a un ambiente lacustre isolato e sereno.

In fondo, la storia sedimentaria si conclude con il lago Drågtjønna che entra in una nuova era di isolamento, un periodo definito da una diminuzione di influenze marine, come testimoniano i sedimenti ricchi di vita d’acqua dolce, che oggi riposano tranquilli sotto la superficie calma del lago.

La Figura 7 ci apre uno squarcio sulla storia sedimentaria del lago Krystadvatnet, offrendoci un diario geologico che registra il passaggio dalle fasi salmastre a quelle lacustri. La figura è una rappresentazione visuale che traduce la stratigrafia, la geochimica e i dati cronologici in un racconto di come il lago si è trasformato nel tempo.

Dallo strato superficiale verso i sedimenti più antichi, la profondità del nucleo ci guida attraverso i secoli, dove ogni centimetro scende più a fondo nella memoria del lago. La cronologia impressa lungo l’asse ci dice che abbiamo di fronte sedimenti vecchi di 1.500 anni, dove avviene una svolta significativa: l’isolamento del lago dal mare.

La suscettibilità magnetica, delineata da una curva sinuosa, ci sussurra delle variazioni nella composizione minerale dei sedimenti. Come un segnale attraverso i tempi geologici, ci indica le variazioni nei processi di erosione e deposito che hanno modellato il fondale del lago.

Il rapporto carbonio/azoto si dipana lungo il nucleo, suggerendoci se il materiale organico ha origini terrestri o acquatiche, una distinzione importante per comprendere le dinamiche dell’ecosistema del lago. Accanto, il rapporto solfuro/calcio e il rapporto ferro/titanio dipingono un quadro delle condizioni ambientali sotto cui si sono formati questi strati, da condizioni più ossidanti a quelle più riducenti.

Poi ci sono le linee colorate che tracciano il carbonio totale, lo zolfo, il bromo, e i delicati equilibri degli isotopi di carbonio, ognuno parlando delle condizioni di vita, della salinità e della chimica dell’acqua nei vari momenti del passato del lago. Questi indicatori ci raccontano di un tempo in cui il mare influenzava la vita del lago, lasciando poi posto a un ambiente chiuso e isolato, caratterizzato da acqua dolce.

In questo modo, il grafico non solo mostra i dati raccolti dagli scienziati, ma anche come hanno interpretato questi dati per tessere una storia del lago Krystadvatnet, rivelando il momento critico in cui ha salutato il mare per diventare l’ambiente lacustre che conosciamo oggi, circa 1.500 anni fa.

Inner Borgpollen

Il complesso di Borgpollen è formato da due bacini costieri profondi situati vicino al livello del mare attuale, noti come Borgpollen Interno ed Esterno, che si estendono per circa 7 km nell’entroterra dalla costa nord di Vestvågøy. Entrambi sono bacini marini ristretti lungo la costa. Un canale stretto e poco profondo separa il Borgpollen Interno dall’Esterno, e due canali stretti collegano il Borgpollen Esterno all’oceano.

Il Borgpollen Interno drena un’area di circa 37.2 chilometri quadrati, ha una profondità di 45 metri ed è caratterizzato da acque di fondo anossiche e meromitiche. Le misurazioni effettuate sulla colonna d’acqua indicano che la base della termoclina estiva e dell’ossiclinio si trova a circa 20 metri di profondità, mentre la salinità varia da circa 3 parti per mille in superficie a circa 7 parti per mille più in profondità.

Durante una ricerca, è stato estratto un nucleo gravitazionale lungo 176 cm (IND-01-17) dalla parte più profonda del Borgpollen Interno. Questo studio ha permesso di identificare tre unità stratigrafiche che segnano il passaggio da un’influenza marina a condizioni salmastre. La base del nucleo (Unità I; da 176 a 67 cm) consiste in sedimenti organici densi di colore marrone chiaro con deboli bande di colore. Questi sedimenti, analizzati attraverso proprietà geochimiche, mostrano valori relativamente alti di δ13C (media = -21.2‰) e un aumento dei valori di Fe/Ti e di %S, dal 6 al 12%.

Proseguendo più in superficie, l’Unità II (da 67 a 30 cm) mostra sedimenti organici marrone scuro, meno densi e leggermente laminati. Questa unità segna l’inizio delle condizioni salmastre, con un incremento dei valori di Fe/Ti e %S (media = 12%) e una diminuzione dei valori di δ13C da -21.9 a -24.7‰.

L’ultima sezione del nucleo, i superiori 30 cm, è composta da sedimenti organici neri di molto bassa densità, caratterizzati da un ulteriore calo dei valori di δ13C e di %S, e da valori inferiori di Br e Fe/Ti. Questi cambiamenti nei sedimenti a 67 cm indicano l’avvio di condizioni salmastre, una marcata diminuzione della salinità dell’acqua superficiale e un aumento della stratificazione della colonna d’acqua.

Infine, il restringimento del bacino evidenziato a circa 30 cm è accompagnato da un brusco calo dei valori di Br e dalla continua diminuzione dei valori di δ13C, anche se i dati geochimici continuano a segnalare condizioni salmastre. Il modello cronologico suggerisce che l’inizio di questa transizione nelle condizioni della colonna d’acqua a 67 cm risalga a 1.5 ± 0.2mila anni calibrati prima del presente.

la Figura 8 presenta una panoramica dettagliata dei dati estratti dai sedimenti del fondo di Storjønna, una regione la cui storia geologica è stata scandita da varie fasi ambientali. Ecco una spiegazione integrata e coerente dei vari componenti della figura:

La figura mostra la profondità del nucleo sedimentario prelevato, indicata sul lato sinistro dell’immagine, che corre in verticale e rappresenta la sequenza temporale dei depositi, con i sedimenti più antichi in basso e quelli più recenti in alto.

In alto a sinistra, troviamo un grafico che traccia l’età dei sedimenti, permettendoci di risalire indietro nel tempo fino a 10.000 anni fa. Il punto in cui viene identificato il contatto di ingression, a 7.8k anni calibrati prima del presente, segna un momento significativo in cui l’acqua marina ha invaso l’ambiente, modificando la composizione dei sedimenti.

Spostandoci verso destra nella figura, troviamo le percentuali di carbonio totale e di zolfo, due indicatori cruciali della materia organica e delle condizioni chimiche dei sedimenti. La variazione della loro concentrazione con la profondità ci rivela come sono cambiate le condizioni ambientali nel tempo.

Proseguendo ancora a destra, si osserva la concentrazione di bromo e i valori di δ13C, con il δ13C che è particolarmente significativo poiché riflette la firma isotopica del carbonio nei sedimenti. Questi dati sono essenziali per capire la sorgente della materia organica e per identificare i cambiamenti negli ambienti marini, salmastri e lacustri.

Al di sotto di questi grafici, la stratigrafia è rappresentata da bande orizzontali di colore diverso che indicano quattro diverse unità stratigrafiche. Questi strati raccontano la storia della transizione tra ambienti, evidenziando come, dove e quando si sono verificati i cambiamenti dalle condizioni marine a quelle lacustri, passando per le fasi salmastre.

Infine, in basso, si trovano ulteriori misure geochimiche come la suscettibilità magnetica, il rapporto carbonio/azoto, il rapporto silicio/calcio e il rapporto ferro/titanio. Questi parametri offrono uno sguardo approfondito sulle caratteristiche fisiche e chimiche dei sedimenti, che possono essere correlate a cambiamenti nella vegetazione, nelle sorgenti di sedimentazione e nelle condizioni ambientali.

Complessivamente, questa figura ci consente di visualizzare e interpretare l’interazione tra vari fattori geologici e ambientali nel corso del tempo, fornendo una testimonianza chiara delle dinamiche storiche di Storjønna. Eventi geologici significativi come il tsunami di Storegga sono evidenziati come punti di riferimento importanti che hanno influenzato la deposizione dei sedimenti e le condizioni ambientali della regione.

La Figura 9 ci offre una finestra approfondita nel tempo geologico del Borgpollen Interno, dove ciascun livello di sedimenti ci parla delle fasi ambientali che hanno caratterizzato questa regione. L’asse verticale del grafico traccia la profondità, con i sedimenti più antichi che giacciono nei livelli più bassi e quelli più recenti verso l’alto.

Partendo dall’alto a sinistra, un grafico ci mostra l’arco temporale degli ultimi 4.000 anni, con particolare attenzione a un punto intorno a 1.500 anni fa, momento in cui si evidenzia una transizione verso condizioni salmastre—un cambiamento dall’acqua marina più salata all’acqua dolce portatrice di differenti caratteristiche chimiche e biologiche.

Spostando lo sguardo verso il lato sinistro, i grafici ci raccontano quanto carbonio organico e zolfo si trovano nei sedimenti, parametri che ci svelano la quantità di vita passata e le condizioni chimiche sottostanti. Questi valori oscillano, dimostrando come il ambiente e la vita in esso contenuta sono cambiati nel corso del tempo.

Proseguendo verso destra, incontriamo le concentrazioni di bromo e i valori di δ13C. Il bromo ci indica la presenza storica di acqua marina, mentre il δ13C ci aiuta a capire l’origine della materia organica nei sedimenti, che può derivare da fonti marine o terrestri, riflettendo così i mutamenti nell’ambiente.

Le tre unità stratigrafiche, evidenziate nel nucleo sedimentario, si distinguono visivamente e rappresentano differenti capitoli della storia ambientale, con strati che passano da tonalità chiare a scure, simbolo di transizioni da un’epoca all’altra.

Sulla parte inferiore, il grafico si arricchisce di altre misure geochimiche—la suscettibilità magnetica, il rapporto carbonio/azoto, il rapporto silicio/calcio e il rapporto ferro/titanio—che ci offrono indizi più tecnici riguardo le proprietà fisiche e chimiche dei sedimenti, fornendo dettagli sui processi di sedimentazione e sulle fonti dei materiali depositati.

In sintesi, questa figura ci illustra una narrazione composta da dati scientifici, dove ogni misura e ogni colore si unisce agli altri per ricostruire un racconto di mare e terra, di vita e cambiamento, tessendo insieme la storia geologica del Borgpollen Interno.

La Sequenza Sedimentaria Costiera di Ramså

Lungo il torrente Gårdselva, nella località di Ramså al nord di Andøya, si estende una sequenza trasgressiva che si è rivelata fondamentale per delineare la storia del livello del mare nella zona. Questa sequenza è stata analizzata attentamente in un punto preciso, la sezione S3, che Møller aveva già descritto nel 1986. Qui, la stratificazione è chiaramente visibile: uno strato di torba è ricoperto da sedimenti tipici di una spiaggia, con sabbia e ciottoli arrotondati.

Esplorando più in dettaglio, proprio vicino al letto del torrente, abbiamo notato come la sabbia sia intervallata da sottili strati di materiale organico, che poi si trasformano in uno spesso strato di torba densa, alto circa 60 cm. Questo strato di torba entra poi in contatto con i sedimenti di spiaggia ad un’altezza di 2,20 metri sopra il livello medio del mare.

Per comprendere meglio questo ambiente antico, abbiamo prelevato tre campioni di torba da diversi livelli per esaminarli al microscopio e per datarli tramite il radiocarbonio. Il campione più basso, preso a 67 cm sotto il punto di contatto tra torba e sedimenti di spiaggia, consisteva in una miscela di finissimi detriti organici, sabbia e resti di piante acquatiche come la Najas, suggerendo che un tempo lì potesse esserci stato un ambiente umido, forse addirittura un lago. La datazione al radiocarbonio di questi resti vegetali ha indicato che appartenevano a un periodo tra 11.170 e 11.240 anni fa.

Salendo al campione mediano, abbiamo trovato torba fortemente compressa, quasi priva di sabbia, arricchita di numerosi frammenti legnosi, identificati come appartenenti probabilmente a piante di betulla. Questi residui legnosi hanno rivelato un’età di circa 9.900 a 10.200 anni fa.

Infine, il campione più vicino al livello dei sedimenti di spiaggia era anch’esso composto da torba fortemente compressa, piena di frammenti organici e semi di Menyanthes, con scarsa presenza di sabbia. La datazione di questi frammenti ha fornito un’età che varia da 8.700 a 9.000 anni fa.

Questi ritrovamenti ci offrono una visione preziosa delle trasformazioni ambientali avvenute a Ramså nel corso di migliaia di anni, registrate in modo indissolubile nella memoria della terra sotto i nostri piedi.

Durante i nostri studi abbiamo esplorato una trincea di 3 metri di profondità a circa 250 metri ad ovest della sezione S3, situata a Ramså nel nord di Andøya. Questa trincea, scavata per il drenaggio in concomitanza con i lavori di costruzione di una strada, è posizionata esattamente alle coordinate 69.174057°N, 16.082057°E.

Nel fondo della trincea abbiamo trovato sabbia, intercalata da sottili strati di materiale organico simili a quelli osservati nella sezione S3, che subisce una netta transizione verso un significativo strato di sabbia eolica, dello spessore di circa 2 metri, che a sua volta è ricoperto da strati di torba. Il punto di contatto tra lo strato di torba più superficiale e lo strato di sabbia eolica si trova a un’altezza di 5,87 metri sopra il livello medio del mare.

Dallo studio di un campione prelevato dallo strato di torba superiore, abbiamo notato una combinazione di detriti organici e sabbie fini, arricchita da numerosi ramoscelli, frammenti di legno, foglie, parti di briofiti e elitre di coleotteri, tutti elementi che indicano un deposito in un ambiente terrestre umido. Questi resti di legno misti sono stati datati con il radiocarbonio, mostrando un’età compresa tra 7.400 e 7.600 anni fa.

Al di sopra dello strato di sabbia eolica, abbiamo riscontrato un altro strato di torba, il cui contatto con la sabbia si trova a un’altezza di 7,75 metri sopra il livello medio del mare. Il campione di torba più elevato presenta caratteristiche simili a quello inferiore e contiene un misto di culmi di cipero e piccoli frammenti di legno, i quali sono stati datati tra 5.500 e 5.700 anni fa.

Questi reperti contribuiscono alla comprensione delle condizioni ambientali storiche della regione e aggiungono dettagli significativi alla cronologia degli eventi geologici che hanno plasmato l’area intorno a Ramså nel corso dei millenni.

Discussione: Caratteristiche Geochimiche delle Sequenze dei Bacini di Isolamento

Le nostre ricerche sedimentarie dei bacini di isolamento hanno messo in luce una serie di tendenze geochimiche coerenti, che si manifestano durante i processi di ingressione marina e di successiva isolamento. Questi pattern sono in sintonia con quanto osservato in altri studi: condizioni marine chiaramente identificabili attraverso valori elevati di δ13C, percentuali di zolfo (%S) e livelli di bromo (Br). Gli intervalli di δ13C che abbiamo identificato per ambienti marini (circa -20 a -23‰), salmastri (circa -23 a -26‰) e d’acqua dolce (circa -23 a -26‰) rispecchiano quelli riportati in altre ricerche.

Abbiamo notato leggere fluttuazioni nei valori di δ13C all’interno delle fasi marine, che potrebbero essere il risultato di variazioni minime nella salinità tra le aree costiere interne ed esterne studiate. Oltre a rilevare i cambiamenti nella salinità dell’acqua di superficie, desumibili dai valori di δ13C, abbiamo anche evidenziato come le percentuali di zolfo (%S) e i rapporti S/Ca siano indicatori dei mutamenti dell’influenza marina e della stratificazione della colonna d’acqua.

Le condizioni lacustri sono state individuate attraverso valori di %S inferiori al 2% in tutti i periodi di acqua dolce analizzati. Integrando l’analisi di %S con quella dei valori di δ13C, abbiamo ottenuto una distinzione più marcata tra le variazioni delle condizioni delle acque superficiali e della stratificazione della colonna d’acqua. Questi intervalli si contraddistinguono anche per valori più bassi di bromo, rapporti Fe/Ti e valori di δ13C. Infine, abbiamo identificato condizioni salmastre durante periodi in cui i valori di δ13C diminuivano, situati tra le unità lacustri e marine, frequentemente in associazione con fasi di stratificazione salina.

Consideriamo la stratificazione della colonna d’acqua come segnale di un periodico afflusso marino, essenziale per il mantenimento di queste condizioni; l’isolamento si verifica quando la colonna d’acqua cessa di essere stratificata. Un esempio è fornito dal Borgpollen Interno che, influenzato dalle maree, mantiene una colonna d’acqua stratificata e mostra una salinità superficiale in costante diminuzione a partire da circa 1500 anni fa. La stratificazione è evidenziata da valori nettamente superiori di %S, S/Ca e Fe/Ti, i quali riflettono le condizioni anossiche in prossimità del fondale dei bacini. L’aumento di %S e Fe/Ti, che contraddistingue questi periodi, è spiegabile con un ambiente favorevole alla formazione di minerali di solfuro di ferro, come pirite e greigite, comuni in contesti marini anossici dove il solfuro e il ferro in forma ridotta sono abbondanti. Un’analisi dei rapporti S/Ca e Fe/Ti, ottenuti tramite spettrometria a raggi X (XRF), dimostra come questi possano essere impiegati per identificare con precisione le fasi di isolamento. Le nostre deduzioni sull’isolamento dei bacini, basate su dati geochimici, trovano conferma nell’analisi dei dati fitoplanctonici provenienti da Storfjordvatnet, un metodo più tradizionale che conferma le tendenze osservate nei cambiamenti di salinità che abbiamo ricostruito.

La Tabella 3 cataloga una gamma di resti biotici trovati in vari campioni prelevati dalla sequenza sedimentaria costiera di Ramså, fornendo indizi preziosi sull’ambiente passato e sulle condizioni ecologiche del sito. Per ogni punto specifico della sequenza, descritto sia attraverso la localizzazione (Ramså S3, S3-01-19, ecc.) che il tipo di sedimenti ritrovati (come torba o sabbia fine), la tabella segna la presenza di diversi resti di organismi.

Per esempio, troviamo tracce di piante del genere Rubus e Menyanthes, oltre a briofiti e Najas, quest’ultima una pianta acquatica. La presenza di questi resti vegetali suggerisce un ambiente umido, spesso associato a terreni acquitrinosi o zone lacustri. I campioni mostrano anche parti di insetti, come le elitre di coleotteri e i resti di Trichoptera, tipici di ambienti acquatici. I ramoscelli e i frammenti di legno, in alcuni casi specificatamente identificati come betulla (Betula), ci parlano di una copertura vegetale che poteva includere alberi e cespugli.

La presenza di sfere carbonacee potrebbe indicare processi di combustione o condizioni anossiche locali. L’identificazione di Hydrozetes, degli acari d’acqua dolce, è un altro tassello che contribuisce a ricostruire l’ecosistema della regione in tempi passati.

Insieme, questi reperti creano una vivida immagine delle condizioni ambientali durante la formazione di questi sedimenti, evidenziando periodi in cui l’area era dominata da condizioni umide con ricca vegetazione e vita acquatica, a momenti in cui il fuoco o l’anossia giocavano un ruolo significativo nell’ecosistema.

La Figura 10 ci illustra come i dati geochimici possano essere usati per differenziare tra condizioni marine, salmastre e lacustri nei sedimenti dei bacini di isolamento, tramite tre grafici distinti.

Nel primo grafico, che mette a confronto i valori di δ13C con il rapporto carbonio/azoto (C/N), possiamo vedere una separazione chiara tra ambienti marini, salmastri e lacustri. I valori di δ13C, che ci dicono molto sull’origine della materia organica, si combinano con il rapporto C/N per rivelare la predominanza di materia organica derivata da piante terrestri o marine. La disposizione dei punti in questo spazio ci fornisce una mappa che differenzia i tipi di ambiente.

Il secondo grafico correla i valori di δ13C con la percentuale di zolfo nei sedimenti, dove un’alta percentuale di zolfo può suggerire condizioni anossiche e la presenza di un ambiente marino. Anche qui, la distribuzione dei punti segue un pattern che riflette la transizione tra i diversi tipi di ambiente.

Infine, il terzo grafico ci presenta un confronto tra il rapporto S/Ca e Fe/Ti. I valori più alti di S/Ca si riscontrano in condizioni anossiche, tipiche di fondali marini, mentre i rapporti Fe/Ti possono indicare la formazione di minerali di ferro che si depositano sotto forma di solfuri in condizioni prive di ossigeno.

In ognuno di questi grafici, i colori dei punti – rosso per il marino, verde per il salmastro e nero per il lacustre – ci offrono una guida visiva immediata alle condizioni storiche dei bacini. Attraverso questa analisi, gli scienziati possono tracciare con precisione la storia di questi ambienti, comprendendo le variazioni nelle condizioni dell’acqua che si sono verificate nel corso del tempo.

Significati Indicativi e Punti di Riferimento del Livello del Mare

Il significato che attribuiamo ai contatti di isolamento e di ingressione nei bacini costieri è strettamente legato alla posizione geografica del bacino, alle sue forme geomorfologiche e agli apporti di acqua dolce. Per identificare questi contatti nei nostri studi, abbiamo utilizzato come riferimento il livello medio dell’acqua di alta marea durante le maree di tempesta (MHWST) e abbiamo considerato un intervallo che va dal livello medio dell’acqua di alta marea normale al livello dell’alta marea che si verifica una volta all’anno per tenere conto delle varie incertezze. Questo intervallo, più stretto di quello proposto in precedenza da altri ricercatori, si dimostra più efficace nel riflettere la posizione relativa delle soglie dei bacini rispetto al livello del mare.

Grazie a questa metodologia, abbiamo identificato sette nuovi Punti di Riferimento del Livello del Mare (SLIPs) analizzando i contatti di isolamento e ingressione in cinque bacini di isolamento, fornendo dati cruciali per definire la storia del livello del mare tra 8200 e 1500 anni fa.

Il significato degli indicatori sedimentari si basa sulla loro posizione all’interno dello strato geologico, soprattutto in relazione ai contatti trasgressivi o regressivi. Ad esempio, i campioni di torba da Ramså, che un tempo erano parte di un ambiente terrestre, sono stati successivamente coperti da depositi di spiaggia, offrendoci così un’età massima indicativa per il periodo di invasione marina. Questi dati ci suggeriscono che, in quel momento, il livello del mare era superiore al livello medio dell’alta marea durante le maree di tempesta.

Similmente, un campione di torba trovato sopra uno strato di sabbia eolica ci dà un’età minima e un’altitudine indicative del periodo di regressione che è seguito al massimo della trasgressione di Tapes, suggerendo che anche in questo caso, il livello del mare era più alto di MHWST.

Queste nuove informazioni rafforzano i dati già pubblicati da Møller nel 1986 sulla sequenza di Ramså, arricchendo il quadro complessivo con ulteriori dati limitanti che ci aiutano a definire con maggiore precisione la storia del livello del mare nella regione.

Analisi spaziotemporale delle tendenze del livello del mare olocenico per Lofoten-Vesterålen

I dati relativi al livello del mare olocenico di Lofoten-Vesterålen sono stati raccolti e valutati attraverso un modello STEHME che impiega la regressione del processo gaussiano, seguendo il metodo proposto da Creel et al. (2022). Questo approccio offre numerosi vantaggi: sfrutta tutte le fonti di dati disponibili sul livello del mare relativo (RSL), considera le incertezze sia temporali che verticali, e migliora la mappatura spaziale delle tendenze regionali del livello del mare. Per creare il modello STEHME sono stati utilizzati sia nuovi Punti di Indicizzazione del Livello del Mare (SLIPs) e punti limitanti terrestri ottenuti in questo studio, sia dati precedenti provenienti da bacini di isolamento, depositi di torba, spiagge sollevate, una terrazza marina e orizzonti culturali datati da siti archeologici. Una serie temporale del RSL per la regione è stata generata applicando un approccio isobase modificato che utilizza il STEHME per standardizzare i punti indice del RSL in una posizione comune.

Il modello STEHME per Lofoten-Vesterålen indica un abbassamento del livello del mare all’inizio dell’Olocene, da circa 12.000 a 9.000 anni calibrati prima del presente, con livelli del mare inferiori agli attuali. Questa fase è principalmente confermata dai depositi di torba sepolti e sommersi ritrovati nei siti di Lofoten e Vesterålen, supportati anche dalle nuove datazioni ottenute sui depositi di torba della sequenza di Ramså. La transgressione Tapes, avvenuta a metà-Olocene da circa 9.000 a 6.000 anni calibrati prima del presente, ha visto un incremento medio del STEHME da circa -4 a 7 metri sopra il livello del mare attuale, con un picco di circa 7.000 anni calibrati prima del presente. Questo evento è documentato da date di ingressioni marine e da altri dati di isolamento bacini precedentemente pubblicati, nonché da depositi di torba trasgressi. Dopo il picco della transgressione, si osserva una costante diminuzione del RSL da 6.000 a 5.000 anni calibrati prima del presente, con una media del STEHME che scende a 4 metri sopra il livello del mare attuale. Negli ultimi 5.000 anni, il livello del mare ha continuato a scendere, ma più gradualmente, con un tasso medio di circa 0,8 metri per millennio.

Il calo del livello relativo del mare (RSL) degli ultimi 6.000 anni è stato documentato attraverso i dati di isolamento raccolti a Storfjordvatnet, Farstadvatnet, Drågtjønna e Krystadvatnet. Ulteriori evidenze del declino del RSL durante l’Olocene tardivo provengono da un bacino di isolamento (Balascio et al., 2011), sequenze costiere (Marthinussen, 1962; Nydal et al., 1964; Møller, 1986) e siti archeologici (Utne, 1973; Møller, 1984; 1987). È stata inclusa nell’analisi anche una serie di dati sui punti indice delle paludi salmastre degli ultimi 3.300 anni, situati a sud-est della nostra area di studio nell’isola meridionale di Hinnøya (Barnett et al., 2015). Tuttavia, questi valori, notevolmente inferiori a circa 1,5 metri sopra l’attuale livello del mare, risultano anomali rispetto ad altri indicatori della regione e potrebbero essere influenzati da una subsidenza delle paludi salmastre non considerata precedentemente.

A causa della loro prossimità alla regione di Lofoten-Vesterålen, i dati di Barnett et al. (2015) hanno influenzato il modello STEHME, generando trend irrealistici del RSL dell’Olocene tardivo nella zona di Lofoten. In particolare, il modello STEHME incluso nello studio di Creel et al. (2022) mostrava un livello del mare vicino a Lofoten che raggiungeva il livello attuale già circa 3.000 anni fa, una stima incompatibile con le prove archeologiche e geomorfologiche disponibili. Questi dati sono stati quindi rivisti e inseriti nel nostro modello come punti limitanti marini.

Le incertezze associate al STEHME sono massime per i dati risalenti a più di 10.000 anni fa e tendono a diminuire progressivamente verso il presente. Le elevate incertezze dell’Olocene precoce sono attribuibili al limitato numero di punti indice disponibili per questo periodo, a fronte di un numero maggiore di dati che caratterizzano la transgressione dell’Olocene medio. Negli ultimi 5.000 anni, il modello STEHME mostra delle fluttuazioni minori, che probabilmente derivano dal modo in cui il modello è stato ottimizzato per adattarsi ai nostri dati SLIPs dell’Olocene tardivo. Tuttavia, data l’incertezza del modello in questo intervallo, tali fluttuazioni non sono considerate significative.

Infine, la storia del RSL per Lofoten-Vesterålen definita dal STEHME aggiorna e conferma la curva precedentemente presentata da Møller (1986), mostrando simili tendenze temporali per l’inizio della transgressione Tapes e il suo picco massimo. Il STEHME, inoltre, delinea meglio le tendenze del RSL degli ultimi 4.000 anni basandosi sui nostri nuovi dati SLIPs.

Dettagli aggiuntivi sul modello spaziale delle variazioni del livello relativo del mare (RSL) per le isole Lofoten-Vesterålen possono essere visualizzati attraverso le mappe isobase create utilizzando il modello STEHME, come mostrato nella Figura 12. Queste linee isobase delineano i contorni dei cambiamenti equivalenti del RSL tra l’attualità e momenti specifici nel passato. Ad esempio, le isobase risalenti a 7.000 anni fa illustrano le differenze nelle altezze del RSL nella regione tra oggi e il picco massimo della transgressione Tapes. Durante questo picco, il gradiente della linea costiera era di 0,25 metri per chilometro, variando da circa 5 a 10 metri dal bordo esterno verso le isole interne dell’arcipelago.

Le mappe isobase relative ai periodi successivi al picco della transgressione, specificatamente a 5.000 e 3.000 anni fa, rivelano una progressiva riduzione del gradiente costiero regionale a 0,14 e 0,07 metri per chilometro rispettivamente. Queste mappe evidenziano anche lo spostamento verso il mare della linea isobase zero, che corrisponde al contorno della “linea di cerniera” dove il RSL non subisce né aumenti né diminuzioni. La migrazione di questa linea di cerniera, che si verifica a una velocità di circa 7 chilometri per millennio tra i 7.000 e i 3.000 anni fa, è comparabile ai tassi di migrazione del rigonfiamento periferico osservati lungo il margine orientale del ghiacciaio Laurentide, come documentato da Barnhardt e colleghi nel 1995. Questo fenomeno è probabilmente influenzato dalla struttura della Terra solida sottostante la regione.

la Figura 11 illustra come si è modificato il livello relativo del mare (RSL) nelle isole Lofoten-Vesterålen durante l’Olocene, ossia gli ultimi 12.000 anni circa. I dati sono presentati con vari simboli che rappresentano diversi tipi di indicatori:

  • Punti rossi: Sono indicatori terrestri che marcano i livelli più bassi raggiunti dal mare in passato, come i depositi lasciati quando il mare si ritira.
  • Punti gialli: Rappresentano punti indice, ossia marcatori diretti del livello del mare passato, come strutture costruite a una certa altezza sopra il livello del mare o depositi specifici.
  • Punti blu: Indicano i punti limitanti marini, che mostrano il massimo livello raggiunto dal mare in certi periodi.

I punti indice derivati da questo studio sono evidenziati con un contorno nero per distinguerli da quelli ottenuti in studi precedenti. La linea e le bande grigie indicano le previsioni del modello STEHME:

  • Banda grigia chiara: Questa è l’area di confidenza al 95%, che ci dice dove è probabile che si trovasse il livello del mare con alta sicurezza.
  • Banda grigia scura: Mostra l’intervallo di confidenza al 68%, che è una stima più precisa ma con meno certezza rispetto alla banda più chiara.
  • Linea nera: Indica la media delle previsioni del modello STEHME, che è la nostra migliore stima del livello del mare in quel punto temporale specifico.

Dall’asse orizzontale possiamo leggere il tempo in migliaia di anni prima del presente (ka), e sull’asse verticale vediamo il livello del mare relativo al presente in metri (m). La figura mostra un aumento generale del livello del mare dall’inizio dell’Olocene, culminante in un picco durante la transgressione Tapes circa 7.000 anni fa, seguito da una graduale discesa al livello attuale. Questi movimenti del mare riflettono i cambiamenti climatici e geologici che hanno avuto luogo nel corso dell’Olocene, incluso lo scioglimento dei ghiacciai e le conseguenti variazioni nel volume degli oceani.

La Figura 12 è una rappresentazione grafica delle variazioni del livello relativo del mare (RSL) per la regione di Lofoten-Vesterålen, come predetto dal modello empirico gerarchico spaziotemporale (STEHME). Tre pannelli affiancati mostrano la configurazione delle linee isobase, che sono i contorni che uniscono punti con lo stesso RSL, a tre diversi periodi storici: 7.000, 5.000 e 3.000 anni fa.

  • Pannello di Sinistra (7 ka): Qui si evidenziano le linee isobase al tempo del picco della transgressione Tapes. Le tonalità più scure indicano le regioni in cui il RSL era più elevato rispetto ad oggi, mentre le tonalità più chiare mostrano dove il RSL era più basso.
  • Pannello Centrale (5 ka) e Pannello di Destra (3 ka): Questi mostrano come il RSL sia progressivamente diminuito negli anni successivi al picco della transgressione Tapes, con le linee isobase che si spostano verso il mare, indicando un graduale abbassamento del livello del mare nella regione.

La barra nera attraverso la linea isobase a 0 metri in ogni pannello indica l’incertezza approssimativa della posizione di quella linea isobase specifica. La “linea di cerniera” o linea isobase a 0 metri rappresenta il punto in cui il RSL è rimasto invariato rispetto al livello attuale del mare.

Man mano che il tempo procede dai 7.000 ai 3.000 anni fa, possiamo osservare un restringimento del gradiente costiero. Questo implica che il movimento del mare durante quel periodo stava procedendo più lentamente, con un abbassamento progressivo del RSL che ci porta verso la configurazione attuale della costa. La migrazione della linea di cerniera, in particolare, ci dà un’indicazione di come il RSL si sia modificato nel tempo, e la velocità di questo cambiamento fornisce informazioni sulle proprietà della Terra solida nella regione e sulle risposte post-glaciali del sistema terrestre.

Il legame tra il livello del mare e i primi insediamenti umani nelle isole Lofoten-Vesterålen

I cambiamenti del livello del mare durante l’Olocene hanno avuto un ruolo decisivo nella scelta dei luoghi in cui insediarsi lungo le coste di Lofoten-Vesterålen, a partire dall’Età della Pietra fino a periodi storici. La prova archeologica più antica della presenza umana in quest’area risale a circa 8.000 anni fa nel rifugio di Storbåthellaren sull’isola di Flakstad, a Lofoten. È plausibile che le prime presenze umane in queste isole siano state ancora più remote nel tempo, ma è probabile che molti dei potenziali siti di insediamento siano oggi sommersi o abbiano subito alterazioni a causa della transgressione Tapes. Il sito di Storbåthellaren, situato tra i 7 e gli 8 metri al di sopra del livello medio del mare, offre dati cruciali per capire il calo del livello del mare dopo il massimo della transgressione Tapes, e ci fornisce indizi sulla vicinanza del mare durante le prime fasi dell’insediamento umano.

La nostra comprensione dell’Età della Pietra nelle isole Lofoten e Vesterålen è ancora limitata. Nonostante l’abbondanza di siti, solo pochi sono stati esaminati dagli archeologi. Tra questi, vi sono i resti di un insediamento a Kolvika su Vestvågøy, scoperti parzialmente negli scavi del 1969 e del 1978, che mostrano tracce di occupazione risalenti all’Età della Pietra e alla prima Età del Ferro. Inoltre, un sito residenziale dell’Età della Pietra Tardiva, datato tra i 5.600 e i 5.300 anni fa, è stato esplorato a Tjelbergvika su Austvågøy dal Museo Universitario dell’Artico della Norvegia nel 2022. Molti dei siti dell’Età della Pietra si trovano nelle baie riparate, ora a 10-20 metri sopra il livello del mare corrente, che all’epoca fornivano eccellenti condizioni portuali. La ricostruzione dettagliata della storia del livello del mare per questa regione aiuta a comprendere meglio la distribuzione dei livelli marini durante l’Età della Pietra e potrebbe indicare la posizione o la conservazione di altri siti archeologici nell’area.

Nell’Olocene tardivo, l’evoluzione degli insediamenti umani nelle isole Lofoten-Vesterålen è strettamente legata ai cambiamenti del livello del mare, testimoniata dalla costruzione delle boathouses, ossia capanne per barche. A seguito dell’introduzione dell’agricoltura nella regione, intorno a 4.200 anni fa, furono fondati insediamenti stabili più strutturati durante l’Età del Ferro, tra i 2.500 e i 900 anni fa. Le boathouses diventarono caratteristiche salienti delle comunità costiere, erette lungo le rive in funzione del livello del mare del tempo.

A Vestvågøy, isola delle Lofoten, si trova la più densa concentrazione di resti di boathouses dell’Età del Ferro in tutta la Norvegia settentrionale, con circa 62 esemplari datati a quel periodo. A causa dell’abbassamento del RSL, le boathouses più vecchie si trovano oggi a un’altitudine maggiore rispetto a quelle costruite in seguito. La correlazione tra la loro ubicazione e il livello del mare è però complessa, non essendo solo una questione di geografia, ma anche di contesto sociale: costruire una boathouse richiedeva notevoli risorse e tempo, e aveva un ruolo importante nell’organizzazione della comunità.

Queste strutture erano comunemente edificate in baie protette lungo la costa, che fungevano da porti naturali sicuri, anche questi influenzati dall’abbassamento del RSL. Un esempio illustre è rappresentato da Inner Borgpollen a Lofoten, usato come porto per tutto l’arco dell’Età del Ferro e legato a un noto insediamento di un capo vichingo a Borg. Oggi, Inner Borgpollen è quasi isolato dall’oceano, con collegamenti stretti e poco profondi, e caratterizzato da acque stratificate per salinità, dovute a un ingresso limitato di acqua marina in confronto a quella dolce del bacino idrografico. Si pensa che l’abbassamento del livello del mare in quel periodo, di circa 2 metri superiore all’attuale, abbia ridotto l’efficacia di Inner Borgpollen come porto naturale, rendendo difficile l’accesso via mare, specialmente in inverno, quando il congelamento delle acque superficiali poteva ostacolare le attività di pesca del merluzzo, fondamentali per la comunità. Datazioni effettuate sui reperti culturali nelle boathouses intorno a Inner Borgpollen, risalenti all’epoca dell’Età del Ferro Romana fino al primo Medioevo, confermano questa teoria.

La ricerca che abbiamo condotto su Inner Borgpollen offre un quadro preciso dell’evoluzione della salinità nel bacino, il più accurato ad oggi (Fig. 8). Abbiamo rilevato che le condizioni di acque brackiche hanno avuto inizio circa 1.500 anni fa, segnando la fine dell’Età del Ferro Antica, prima di quanto precedentemente ipotizzato. Questo cambiamento ha coinciso con segnali di una maggiore stratificazione dell’acqua e un’iniziale diminuzione della salinità delle acque di superficie. Nonostante i valori esatti di salinità e le eventuali conseguenze, come il congelamento durante i mesi invernali, rimangano indefiniti, i nostri ritrovamenti indicano che le variazioni delle condizioni ambientali a Inner Borgpollen sono iniziate all’alba dell’Età del Ferro Tarda, proseguendo per tutto il periodo vichingo, dai 1.500 ai 900 anni fa. È probabile che questi cambiamenti abbiano contribuito al progressivo declino di Inner Borgpollen come scalo portuale verso la fine del periodo vichingo.

L’influenza delle variazioni del livello del mare sulla funzionalità dei porti non si è limitata ai tempi antichi, ma ha avuto ripercussioni anche nei periodi storici seguenti. Il porto naturale di Storvågan, situato nell’isola di Austvågøy nelle Lofoten, ha svolto un ruolo fondamentale per l’insediamento storico di Vágar, favorendo l’espansione degli insediamenti medievali tra gli 800 e i 600 anni fa. Tuttavia, l’abbassamento progressivo ma inesorabile del livello del mare ha reso progressivamente più difficile l’accesso al porto per le navi di maggiore stazza, che divennero sempre più frequenti nel tardo Medioevo. Questa difficoltà di accesso ha contribuito al declino dell’insediamento stesso.

Conclusioni

Lo studio attuale introduce nuovi dati sul Livello del Mare Relativo (SLIPs) per gli arcipelaghi di Lofoten e Vesterålen, integrandoli con informazioni precedentemente pubblicate per migliorare la nostra comprensione delle variazioni del livello del mare durante l’Olocene. Gli SLIPs derivano dall’analisi stratigrafica di cinque bacini di isolamento e di una sequenza sedimentaria costiera. Abbiamo illustrato come i dati geochemici dei sedimenti, inclusi isotopi di carbonio, scansioni XRF e percentuali di zolfo, possono dettagliare le diverse fasi di sedimentazione – marine, brackiche e lacustri – nei bacini di isolamento. Integrando questi nuovi SLIPs con i dati RSL esistenti attraverso un modello STEHME, siamo stati in grado di delineare con maggiore precisione i modelli spaziali e temporali delle variazioni del RSL, considerando anche le incertezze verticali e temporali di ciascun punto indice e delle mappe isobase risultanti. La curva RSL da noi rivisitata delimita la transgressione Tapes tra i 9.000 e i 6.000 anni fa, connessa a un innalzamento del mare da -4 a +7 metri rispetto al livello attuale. Dopo questa transgressione, abbiamo registrato una rapida caduta del RSL tra i 6.000 e i 5.000 anni fa, seguita da una diminuzione più graduale fino ai nostri giorni.

Le mappe isobase create a partire dal modello STEHME illustrano le modifiche del RSL nell’arco degli ultimi 7.000 anni, mostrando i cambiamenti nelle zone costiere interne ed esterne delle isole di Lofoten e Vesterålen e evidenziando la progressiva riduzione del gradiente del RSL nella regione. Inoltre, i dati forniscono una visione approfondita dell’interazione tra il RSL e la storia degli insediamenti umani locali. Fin dall’Età della Pietra, il RSL ha influenzato la collocazione e la conservazione dei siti abitativi costieri e dei porti nelle isole Lofoten e Vesterålen. Abbiamo analizzato nello specifico i cambiamenti nella salinità a Inner Borgpollen, un porto risalente all’Età dei Vichinghi correlato all’insediamento del capo di Borg su Vestvågøya. I nostri dati rivelano che l’inizio delle condizioni brackiche, circa 1.500 anni fa, coincideva con la tarda Età del Ferro e ha probabilmente giocato un ruolo nel declino dell’utilità del porto, un’ipotesi supportata da dati archeologici. Questo caso mette in luce come le variazioni del RSL rappresentino un’importante dinamica di interazione tra l’uomo e l’ambiente nelle zone costiere della Norvegia e in altre aree soggette a significative variazioni del livello del mare nell’Olocene.

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jqs.3604

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