Prima di analizzare la stratosfera, risulta fondamentale capire la suddivisione dell atmosfera terrestre.

L’atmosfera terrestre si suddivide convenzionalmente in diversi strati con comportamento fisico diverso l’uno dall’altro. La suddivisione viene effettuata in base all’andamento della temperatura con la quota. Come mostrato in figura 1, il primo strato partendo dalla superficie e la troposfera, che si estende fino ad un’altezza di 10-18 km dal suolo in base alla latitudine del luogo (lo spessore `e minore ai poli e maggiore all’equatore); in questo strato si concentra circa l’85 % dei gas atmosferici e i 3/4 della massa dell’intera atmosfera. In troposfera la temperatura diminuisce con la quota fino ad un minimo di circa -60 C° alla tropopausa. Questo andamento della temperatura `e dovuto al fatto che in questo strato il meccanismo principale di riscaldamento `e tramite il calore emesso dalla superficie sotto forma di raggi infrarossi. Pertanto, il gradiente di temperatura (∇T) `e minore di zero, rendendo lo strato dinamicamente instabile. La troposfera, infatti, `e lo strato di atmosfera in cui avvengono i fenomeni meteorologici; i moti orizzontali e verticali
dell’aria assicurano il continuo rimescolamento dei gas garantendo la costanza della composizione chimica.. La tropopausa `e quella linea immaginaria di separazione tra la troposfera e la stratosfera dove avviene una repentina inversione del gradiente di temperatura; in stratosfera, infatti, hanno luogo dei meccanismi specifici che portano all’aumento della temperatura con la quota fino ad un massimo di circa -10 – 0 C° alla stratopausa. Per questo motivo in stratosfera i moti verticali sono piuttosto deboli e il rimescolamento dei gas molto lento, portando percio ad una stratificazione stabile, da cui il nome. Oltre la stratopausa, localizzata attorno ai 50 km di altezza, si sviluppa la mesosfera. In questo strato la temperatura riprende a diminuire con la quota fino ad un minimo di -90 C° attorno ai 90 km. Questa diminuzione di temperatura ha luogo a causa del venir meno, a queste quote, dei meccanismi di riscaldamento attivi in stratosfera. Successivamente, nella termosfera, la temperatura riprende ad aumentare, raggiungendo i 1000 C° a 300 km e valori molto più elevati a quote maggiori.

La stratosfera è quella parte di atmosfera che sovrasta lo strato inferiore in cui prendono luogo le vicende meteorologiche, la troposfera, differenziandosi da essa per composizione chimica e caratteristiche fisiche. La superficie di suddivisione tra i due strati, la tropopausa, è quella superficie di altezza variabile tra i circa 8 Km sopra i poli, e i 20 Km sopra l’equatore, in cui si inverte il gradiente termico verticale della troposfera (mediamente pari a – 6.5°/1000m) stabilizzandosi intorno ai -60°. Pertanto in stratosfera la temperatura aumenta leggermente con la quota e la modalità di trasmissione del calore per convezione non può avvenire, eccetto che in casi particolari. Questo aumento è legato a fenomeni chimici come quelli di dissociazione delle molecole di ozono e di ossigeno esposti alla radiazione solare. L’interesse per le analisi delle carte sinottiche stratosferiche risiede nel loro impatto sulle vicende meteorologiche durante l’inverno boreale. In questa stagione infatti l’interazione tra stratosfera e troposfera avviene in entrambe le direzioni e questi eventi influenzano la circolazione emisferica boreale alle più alte latitudini in accordo al Northern Annular Mode (NAM). La sua modalità positiva è associata ad una circolazione prevalentemente zonale alle medio-alte latitudini mentre, all’opposto, una modalità negativa è associata prevalentemente ad una circolazione antitetica alle latitudini artiche (antizonale) con frequenti break della corrente ondulata occidentale ed insorgenza di blocchi alla circolazione zonale. Le superfici isobariche della stratosfera variano dai circa 100 hPa, dello strato sopra la tropopausa, a 1 hPa (circa 50 Km di altezza)Per bassa stratosfera si intende lo strato più vicino a quello in cui avvengono i fenomeni meteorologici, fino alla superficie isobarica di 50hPa. Questa area di maggiore densità opera come un filtro tra i fenomeni che avvengono in alta (1 /5 hPa) o media stratosfera (10/30 hPa) e l’atmosfera a noi più vicina, condizionando spesso l’inverno meteorologico.

Il vortice polare stratosferico è un forte vento zonale che ruota attorno al Polo Nord tra fine autunno e inizio primavera isolando l’aria fredda polare da quella calda delle medie latitudini, la cui variabilità è controllata principalmente dalla propagazione verticale di onde planetarie provenienti dalla troposfera che rallentano il vento zonale stratosferico. gli ultimi aggiornamenti evidenziano il graduale declino del Vortice Polare Stratosferico (VPS).Declino che ci condurrà progressivamente verso la nuova stagione primaverile. Come ben sappiamo , nella stagione invernale vi è una area più fredda sopra l’Oceano Artico contornata da venti zonali con gradiente meridionale crescente (westerlies) fino alla latitudine di 65°N. Tale figura non è presente in estate in quanto è sostituita da un’area più calda contornata da venti antizonali (esterlies). Poiché in stratosfera non esistono moti convettivi, la temperatura è legata all’incidenza ed alla variazione della radiazione solare, cioè a cause astronomiche, ed ai suoi effetti sulla composizione chimica della stratosfera. In misura minore è legata a fenomeni di origine troposferica che analizziamo successivamente. Pertanto la temperatura nella stratosfera artica tende a seguire la stessa variabilità termica delle stagioni.
La molecola di ossigeno prodotta dopo una reazione di fotodissociazione, si lega di nuovo con un atomo di ossigeno a formare ozono. Dunque, in generale, le zone con grandi quantità totale di ozono sono soggette ai fenomeni di maggior riscaldamento stratosferico. In primavera la grande quantità di ozono e la maggiore incidenza delle radiazioni solari tendono a far scomparire il “buco” sopra l’artico. Dunque a fine periodo vi è un’area con elevate quantità di ozono responsabile del riscaldamento della stratosfera artica che legata ad altri fattori, come la decelerazione zonale dei venti stratosferici, fa sì che si sviluppi un anticiclone stratosferico boreale. All’opposto, la minore incidenza dei raggi solari in autunno inizia a ridurre drasticamente le reazioni chimiche che inducono un riscaldamento della stratosfera boreale. La ripresa autunnale della circolazione zonale unita alla presenza di un’area centrale in raffreddamento segna la nascita del vortice polare stratosferico.

Tornando in troposfera, ossia  la fascia sferoidale aeriforme dell’atmosfera terrestre che si trova in basso a diretto contatto con la superficie terrestre, di spessore variabile a seconda della latitudine (ai poli spessa solamente 8 km mentre all’equatore raggiunge i 16-20 km),la situazione appare ancora contraddistinta da un anomalia positiva di geopotenziale alla quota di 500 hPa dapprima sull europa centrale e settentrionale e successivamente anche sull italia. Ciò si andrà a concretizzare con condizioni mediamente stabili e quindi scarsità di precipitazioni. In un primo momento, l area anticiclonica posizionata sull europa centrale e settentrionale andrà a favorire lo scorrimento di masse d aria fredda sul suo bordo meridionale. Successivamente, questo canale andrà a chiudersi a seguito dello spostamento dell anticiclone favorendo in tal modo un certo recupero delle temperature.

Il geopotenziale è un parametro che in prima approssimazione misura la temperatura media di uno strato d’aria calcolando punto per punto (del suolo terrestre) la distanza verticale fra due superfici isobariche precedentemente scelte. A seconda di tale misura e dell’andamento di altri parametri (come la pressione al suolo, la temperatura ai vari livelli dell’atmosfera ed altre cose ancora) si possono associare ad ogni situazione alcuni fenomeni tipici, che in altri frangenti potrebbero non presentarsi. Nelle carte “tecniche” che vengono elaborate dai centri di calcolo, spesso e volentieri viene fornito anche il valore del geopotenziale fra le superfici isobariche dei 500 hPa (a circa 5,5 km di quota) ed i 1000 hPa (molto vicino al suolo), oppure fra gli 850 hPa (1300-1500 metri di altezza) ed i 1000 hPa. Attraverso queste due misure, comparandole e integrandole con la misura della temperatura alle quote indicate, si può capire in un certo qual modo se il tempo sarà stabile o no. Spesso infatti capitano situazioni nelle quali sono presenti al suolo depressioni piuttosto profonde, ma in quota il geopotenziale è elevato; a queste situazioni generalmente sono associati pochi fenomeni, ed il tutto si riduce ad un po’ di vento e poco più. Ci sono però anche situazioni nelle quali ad una depressione alle quote basse è associato un drastico calo del geopotenziale; questo porta a diverse conseguenze possibili: 1) se il geopotenziale che cala è quello 500-1000 hPa, e nei bassi strati la temperatura è relativamente elevata, per la definizione che abbiamo dato all’inizio dell’articolo avremo aria fredda in quota, e di conseguenza saranno possibili fenomeni di instabilità anche di notevole potenza, indipendentemente dal valore assoluto della pressione al suolo 2) se è sempre il geopotenziale 500-1000 hPa a calare, ma a quote prossime al suolo la temperatura è già bassa, non ci sarà instabilità; al più in regime di bassa pressione ed in prossimità del ramo occluso della depressione si verificheranno precipitazioni diffuse di moderata intensità 3) se invece scende il geopotenziale 850-1000 hPa, ma la temperatura alle quote medie è elevata, siamo in condizioni di relativa stabilità, quindi in regime depressionario nella maggior parte dei casi le nubi sono poco estese e con fenomeni associati molto deboli 4) infine se il geopotenziale 850-1000 hPa cala e la temperatura alle quote medie è bassa, bisognerà fare ulteriori verifiche sull’effettiva differenza di temperatura fra i due strati di atmosfera per capire se siamo in presenza di condizioni stabili o instabili Quindi come si vede la misura di questo parametro è più importante di quanto possa sembrare ad una prima occhiata, ed in alcune situazioni riesce a fornire dati che da altre misure risulterebbero incomprensibili.

Le mappe del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (CEPMMT; in inglese: European Center Medium Weather Forecast, in sigla ECMWF) è un’organizzazione intergovernativa sostenuta da 20 Stati membri europei e 14 Stati cooperativi ci aiutano a capire meglio quanto descritto sopra.

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